COMMISSIONI RIUNITE
II (GIUSTIZIA) E XII (AFFARI SOCIALI)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 21 marzo 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XII COMMISSIONE MIMMO LUCÀ

La seduta comincia alle 14,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, sugli intendimenti del Governo in merito alle iniziative per la modifica della normativa vigente in materia di consumo di sostanze stupefacenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, sugli intendimenti del Governo in merito alle iniziative per la modifica della normativa vigente in materia di consumo di sostanze stupefacenti.
Signor ministro, la ringraziamo sentitamente per la disponibilità manifestata nonostante l'infortunio che l'ha colpita, del quale ovviamente ci dogliamo. Pertanto, apprezziamo molto la sua presenza, anche per la rilevanza del tema al nostro esame: siamo tutti assai interessati a conoscere le cose importanti che sicuramente avrà da comunicarci al riguardo.
Nel rinnovare al ministro il nostro benvenuto, gli cedo la parola.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Ringrazio tutti voi e mi scuso per il ritardo, ma l'incapacità di muoversi senza un braccio determina qualche inconveniente.
Innanzitutto, vorrei brevemente segnalare i termini della questione che ci accingiamo ad affrontare, peraltro in larga parte noti, sia grazie al rapporto sulle tossicodipendenze relativo al 2005, distribuito ormai diversi mesi fa (quindi dovrebbe essere dato per conosciuto), sia perché le notizie giornalistiche hanno, in parte, segnalato quello che a me pare il fenomeno più significativo: il consumo di sostanze illegali è in aumento - e in modo considerevole -, in particolare negli ultimi cinque anni, quelli a cui si riferisce il rapporto sopra menzionato.
A fronte di una relativa stabilità del consumo di eroina, si assiste, infatti, ad un consistente aumento sia del consumo di cannabis, intesa come complesso delle droghe leggere, sia del consumo di cocaina - di fatto raddoppiato - e di altre sostanze (che pure hanno un'incidenza meno rilevante) di tipo anfetaminico. In sostanza, il quadro con il quale ci troviamo a misurarci è quello di un deciso aumento, in particolare sul versante di cocaina e cannabis, dell'utilizzo delle sostanze stupefacenti.
Vi è un secondo elemento, che si può legare a questo, inerente alle condizioni di mercato: assistiamo ad una significativa riduzione dei prezzi di sostanze come la cocaina, che vengono immesse sul mercato, appunto, a prezzi molto bassi; si parla perfino di prezzi inferiori ai 10 euro a dose, quindi accessibili a qualsiasi portafoglio. Mentre prima la cocaina era considerata una droga di élite, oggi, la sua diffusione è piuttosto indifferenziata nel


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complesso delle classi sociali, ed anche, per certi versi, delle classi di età. L'uso di eroina è significativamente correlato a fattori «generazionali»: in altre parole, c'è una generazione, che è sostanzialmente la mia, quella dei quarantenni-cinquantenni, in cui si riscontra un notevole consumo di eroina, che tra i più giovani è invece più ridotto. La cocaina, al contrario, presenta una distribuzione molto più omogenea.
Questi sono solo alcuni elementi del quadro in cui ci muoviamo. Un ulteriore aspetto che mi pare significativo è l'aumento delle cosiddette poliassunzioni, nel senso che non vi è più il consumo di una sostanza, ma la sommatoria di diverse sostanze, da parte dello stesso soggetto. Tra le sostanze che compongono questi mix, ve ne sono alcune che non hanno la caratteristica dell'illegalità. Ad esempio, è del tutto evidente - vi sono notizie giornalistiche abbastanza significative da questo punto di vista - che si riscontra non un aumento del consumo di alcol, sostanzialmente in diminuzione da svariati decenni, ma una modifica della modalità di assunzione dello stesso. Specie per le giovani generazioni, l'alcol tende a fuoriuscire dal circuito alimentare - il consumo del vino, ad esempio, faceva parte del ciclo alimentare - per diventare sostanza «da sballo» in senso stretto: mi riferisco all'assunzione di alcol concentrata nel tempo e in dimensioni significative, per ottenere l'effetto dello stordimento. Le poliassunzioni includono, al proprio interno, anche il consumo di alcolici: per questo si tratta, più che di un aumento del consumo di alcol in generale, di una modifica delle modalità di assunzione dello stesso.
Il policonsumo si ha anche su un altro versante, quello del doping. In questo campo, viene innanzitutto segnalata una diffusione molto significativa nel complesso delle persone che praticano attività sportiva. Ciò pone un problema non piccolo, dal momento che siamo stati abituati a considerare lo sport come un elemento educativo e come uno stile di vita positivo, dal punto di vista della salute. L'estendersi del fenomeno del doping non solo nello sport di alto livello, ma anche nello sport praticato dalle persone «normali» - nelle palestre, ma non solo - segnala un problema pesante, aggravato dal fatto che una significativa distribuzione di prodotti dopanti avviene attraverso il mercato informatico, con l'acquisto attraverso Internet. Si segnala, inoltre, un elemento di collegamento tra l'uso di doping e cocaina, a volte abbinati.
Dunque, sia sul versante alcol, sia sul versante prodotti dopanti, vi sono forme di intreccio con sostanze illegali. Segnalo che, quando parliamo di droghe - o di droga, come qualcuno dice, al singolare -, ci riferiamo sostanzialmente ai derivati di tre sostanze di tipo vegetale: coca, oppio (quindi eroina), cannabis. I derivati da sintesi chimica prodotti dall'industria si collocano al di fuori della mappatura che di solito si riesce a fare; non sfugge a nessuno, invece, che la quantità di prodotti di questo tipo immessi sul mercato, di cui si conoscono solo fino ad un certo punto gli effetti, è assolutamente significativa, ed è in via di espansione.
Quanto ho riferito, oltre a fornire elementi di un quadro in larga parte conosciuto, indica anche l'estrema mobilità - se vogliamo affrontare il problema dell'utilizzo delle sostanze dal punto di vista della pericolosità per la salute - da una sostanza all'altra. In sede europea, è abbastanza evidente (perlomeno, nelle discussioni alle quali ho potuto partecipare da quando sono ministro) che il tema dell'alcol tende ad essere quello primario: in particolare, tra i giovani e i giovanissimi, si assiste alla modifica del consumo degli alcolici e all'uso di questi come «sballo», che ha assunto dimensioni assolutamente rilevanti. In alcuni paesi, come la Spagna, tale problema ha assunto proporzioni gigantesche, con raduni di massa che diventano fenomeni di costume, in cui migliaia di ragazzi «sballano» scientificamente con l'uso dell'alcol. A seguito di ciò, si riscontra un aumento di coma etilici fra i minorenni, ragazzi di dodici o tredici anni, dunque età di ingresso in questa forma di «sballo» assolutamente molto basse; in particolare, aumentano


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in modo preoccupante i coma etilici di persone che in genere non bevono mai e che il sabato sera entrano in coma per abuso di sostanze.
Essendo la materia complessa e prestandosi particolarmente ad una discussione di tipo simbolico ed ideologico, che prescinde significativamente dal merito della questione, il ministero che rappresento sta cercando di svolgere una discussione, la più ampia possibile, per confrontarsi sul merito delle questioni a partire dai problemi reali. Dal mio punto di vista, l'odierna audizione rappresenta uno dei tasselli di questo lavoro. Vi sono, poi, altre iniziative, svolte con il concorso della consulta, e si sono già tenute un paio di riunioni interministeriali per tentare di costruire un percorso che porti ad una proposta.
Non abbiamo, dunque, una proposta già elaborata, ma cerchiamo di portare avanti questo lavoro proprio con l'intento di costruirne una che sia frutto di un'ampia discussione. L'indirizzo su cui pensiamo di muoverci è sostanzialmente quello proposto dall'Organizzazione mondiale della sanità e dall'Unione europea. Nell'ambito di tale indirizzo, vengono individuati quattro pilastri indispensabili per un'efficace politica sulle droghe: la lotta al narcotraffico e al traffico degli stupefacenti, la prevenzione, la cura e la riabilitazione, la riduzione del danno. Si intende, dunque, agire su tutti questi fronti.
Con riferimento al contrasto al traffico degli stupefacenti, non c'è un problema particolare di modifica legislativa, giacché l'attuale normativa permette di svolgere sostanzialmente questo lavoro. Si tratta, più che altro, di avviare una discussione sull'impiego delle forze dell'ordine e sul potenziamento delle attività sul terreno dell'investigazione, ossia di quelle che danno un risultato maggiore. La linea che sarebbe opportuno seguire è la seguente: invece di concentrarsi sulla repressione del consumo minuto, che ovviamente richiede una quantità di forze dell'ordine significativa, si dovrebbe tentare di destinare maggiori risorse - in termini di personale e di intelligence - alla repressione e all'individuazione dei grandi traffici, responsabili di far entrare le ingenti quantità di droga nel paese, i quali, proprio per la loro estensione, permettono la riduzione dei prezzi precedentemente citata. La riduzione dei prezzi è tanto più pericolosa in quanto si intreccia con la diminuzione delle conoscenze che i consumatori hanno circa la pericolosità effettiva delle sostanze. Pertanto, accade che i ragazzi passino dal fumare la cannabis al fumare i cristalli di cocaina senza avere ben chiara la differenza di pericolosità tra queste due sostanze.
Il primo intervento, dunque, consiste nella lotta al narcotraffico: su questo versante, non si tratta di introdurre una modifica legislativa ma di potenziare l'azione investigativa. Il passaggio successivo consiste nella previsione di elementi di depenalizzazione del consumo personale e nell'adozione di misure alternative alla detenzione per le persone dipendenti. Prima dell'indulto, circa 30 mila persone erano in carcere a causa di reati correlati alla droga; si tratta di una percentuale indubbiamente altissima.
In tale quadro, l'unificazione delle sostanze in un'unica tabella e l'individuazione della dose massima di principio attivo consentito per l'uso personale, come soglia che determina l'individuazione della distinzione tra consumo e spaccio, rischiano di far aumentare il numero delle persone che finiscono in carcere per l'uso delle sostanze in questione. Parlo di rischio perché, sebbene siano stati pubblicati moltissimi articoli sui giornali, ad oggi non disponiamo ancora di dati significativi, dal punto di vista della comparazione, per quanto riguarda l'adozione della tabella unica e delle ultime misure a questo riguardo. Ricordo, infatti, che la normativa risale al dicembre 2005; essa è entrata in vigore, per quanto riguarda le tabelle, nell'estate 2006, con presumibili periodi - come sempre accade quando entra in vigore una nuova disciplina - in cui le forze dell'ordine hanno dovuto adeguare i meccanismi esistenti. Pertanto, ad oggi non abbiamo dati significativi al riguardo. Gli stessi dati pubblicati da fonti autorevoli


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- penso al Sole 24 Ore - tenevano in conto un periodo in cui per soli due mesi su dodici le nuove norme avevano efficacia, mentre per i restanti dieci mesi si applicava la disciplina legislativa precedente.
Alla luce di tali considerazioni, preferisco non citare dati, né in un senso, né nell'altro, proprio perché non sono in grado di dare informazioni che abbiano una qualche validità statistica dal punto di vista del maggiore o minore circuito penale. Quello che noto è che circa 30 mila persone erano in carcere per reati correlati all'uso delle sostanze.
Inoltre, l'intreccio tra le norme sulle sostanze stupefacenti e la cosiddetta legge Cirielli fa sì che, per i recidivi reiterati - e siamo su un terreno in cui la recidività è significativa -, si possa arrivare, nel caso dei consumatori problematici, a cui non possono essere applicate le attenuanti, ad avere una pena base di sei anni di carcere. Quindi, il combinato disposto di queste norme determina, tendenzialmente, un aumento delle pene. È a tutti chiaro cosa ciò comporti dal punto di vista del circuito penale, ed è altrettanto chiaro cosa determini dal punto di vista della difficoltà a seguire concretamente i tossicodipendenti che sono in carcere, in ordine ai percorsi di cura e di riabilitazione. Su tale piano, l'idea è di ritornare ad una situazione in cui, anziché un'unica tabella di sostanze, vi siano tabelle differenziate - come accadeva prima dell'ultima modifica normativa - per pericolosità e per famiglie di sostanze, in modo da avere una fotografia chiara. Inoltre, proponiamo di eliminare il confine rigido tra spaccio e consumo basato sulla quantità, reintroducendo l'elemento per cui spetta al giudice definire se la fattispecie del reato si configura come consumo o come spaccio. Il meccanismo del confine rigido, oggi adottato, rischia infatti di determinare situazioni paradossali, per cui, mentre lo spacciatore particolarmente «sveglio» non viene mai preso, può esserlo, invece, il consumatore in particolari condizioni.
Inoltre, l'ampliamento, in particolare per le pene di lieve entità, dei percorsi di alternativa al carcere e, dunque, di tutte le misure alternative alla pena detentiva, oggi poco praticate anche per carenza di risorse, riteniamo debba essere potenziato.
Riteniamo, altresì, necessaria, in particolare per il circuito delle pene riguardanti lo spaccio, in conformità con la legislazione europea, una differenziazione tra pene relative al grande narcotraffico e pene relative al microspaccio, che sovente confina con il consumo.
Il terzo punto riguarda le sanzioni amministrative e la prevenzione. La legge prevede le sanzioni amministrative per chi è consumatore da moltissimi anni, tuttavia, nel funzionamento intrinseco delle sanzioni amministrative, si pone un problema relativo ai tempi: sovente, i tempi con cui tali sanzioni vengono segnalate e comminate sono lunghissimi, addirittura anni. Questo ritardo, accettando il principio della sanzione amministrativa, mette in discussione l'efficacia della stessa. Al riguardo, l'idea su cui abbiamo sviluppato un'attenta riflessione e che vi proponiamo è la seguente. L'azione dello Stato si dovrebbe concentrare, oltre che sulla lotta al narcotraffico, e sul tentativo di avere in carcere il minor numero possibile di persone legate alla tossicodipendenza, favorendo forme alternative rispetto alle pene, anche sulla prevenzione e, all'interno di questo meccanismo, sull'informazione circa la pericolosità delle sostanze. È necessaria un'azione di informazione che non sia solo scientifica, ma preveda un'educazione tra pari, ossia un passaggio di informazioni ed esperienze, per arrivare ad una fortissima responsabilizzazione e consapevolezza della pericolosità delle sostanze in questione. Lo Stato deve utilizzare la fortissima carica della prevenzione.
Da questo punto di vista, segnalo che stiamo lavorando, in rapporto anche con l'Unione europea, alla costruzione di un piano stralcio sulla lotta alla droga. L'Italia è l'unico paese, assieme a Malta, a non aver ancora predisposto - per il periodo 2004-2007 - il piano nazionale di lotta alla droga. In sede di Unione europea, dunque, insieme a Malta, siamo l'unico paese che, nonostante se ne sia parlato


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molto, non ha fatto nulla - dal punto di vista del coordinamento delle azioni delle diverse amministrazioni e della relazione tra le amministrazioni italiane e l'amministrazione europea - per mettere in campo azioni coordinate. A tale riguardo, abbiamo discusso con il commissario europeo competente per materia, Frattini, per operare uno stralcio dell'ultima parte di questo periodo, in modo da mettere l'Italia in regola rispetto agli altri paesi e permetterci di proseguire lungo questa strada.
Dunque, è importante la centralità della prevenzione. L'ipotesi su cui lavoriamo è che vi siano non sanzioni amministrative sul consumo, ma segnalazioni, per quanto riguarda i minorenni, alle famiglie, per verificare la possibilità di promuovere corsi o, comunque, forme di dialogo e di informazione. Proponiamo, inoltre, che ci siano sanzioni per le diverse modalità di consumo. L'esempio concreto è rappresentato dal tossicodipendente che si buca davanti ad una scuola: questo atteggiamento, evidentemente, deve essere sanzionato, perché il messaggio che trasmette è assolutamente negativo.
Suggeriamo, poi, che siano sanzionate tutte le condotte che, in seguito all'assunzione di una sostanza, determinino pericoli per gli altri. A tal fine, il Governo ha già assunto alcune iniziative sul versante della guida in stato di ebbrezza, per quanto riguarda l'alcol; si tratta di farlo anche per l'uso delle sostanze stupefacenti e, in generale, per tutti i comportamenti capaci di determinare effetti negativi sugli altri (l'abbandono di siringhe usate è solo un esempio di tali fattispecie). L'idea è dunque quella di mantenere le sanzioni amministrative come misura omogenea e di focalizzare un'attenzione fortissima sul versante dei minori e della responsabilizzazione delle famiglie. Sul consumo, infine, qualora determini effetti negativi per gli altri, pensiamo di assumere un atteggiamento duro.
Si tratta, altresì, di intervenire sulle sostanze legali. A tale proposito, in sintonia con quanto avviene in altri paesi d'Europa, stiamo predisponendo un disegno di legge in conformità alle direttive europee, che renda meno esposti i minori e i giovani alla pubblicità degli alcolici e dei superalcolici. Tale disegno di legge, in particolare, vieta la pubblicità degli alcolici e dei superalcolici in televisione, perché riteniamo dannoso trasmettere un messaggio che, anche implicitamente, leghi il successo di una persona all'uso della sostanza, non solo per il merito della sostanza propagandata, ma per il rischio di comunicare un concetto fuorviante.
Inoltre, si tratta di capire come si possa intervenire rispetto al gioco d'azzardo, essendovi ormai fenomeni piuttosto pesanti di assuefazione e di dipendenza su questo versante, anche se tale fenomeno ha una connotazione meno legata alla questione della salute in senso stretto.
Sul fronte della cura e della riabilitazione, il sistema pubblico dei SERT, per quanto significativamente diffuso, va potenziato in più aspetti. Il primo è l'ambito psicologico e sociale: oggi i SERT, anche per ragioni economiche, sono particolarmente concentrati sul versante sanitario, a fronte di una scarsa concentrazione sul versante psicologico e sociale, ossia sulla presa in carico dell'utente. È chiaro che ciò rischia, sovente, di dar luogo a percorsi di puro mantenimento, senza che si cerchi di lavorare effettivamente sul terreno della cura.
Da tale punto di vista, riteniamo che il sistema pubblico debba riacquisire questo forte elemento, con la presenza di personale provvisto della professionalità necessaria, allo scopo di prestare assistenza alle persone tossicodipendenti e, quindi, di intervenire positivamente sul versante della cura.
Allo stesso modo, pensiamo che vada valorizzato il circuito dell'intervento per quanto riguarda il privato sociale, che va mantenuto. Anche sotto questo profilo, si pone un problema di risorse: infatti, molte comunità sono in condizioni disperate dal punto di vista economico, a causa dei ritardi nei pagamenti effettuati dagli enti pubblici (quindi a causa nostra). Si tratta, dunque, di intervenire sia sul pubblico, per ampliare la capacità di intervento e la


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presa in carico del paziente, sia sul privato sociale, per garantire che esso possa funzionare in condizioni di civiltà e non di emergenza.
Per quanto riguarda il pubblico, inoltre, occorre ampliare la capacità di interlocuzione con le nuove figure di assuntori. In sostanza, mentre i SERT funzionano - ci vengono invidiati per questo dal resto d'Europa - per i tossicodipendenti da eroina che sono in grado di contattare, essi si rivelano inefficaci per quanti siano dipendenti da altre sostanze, ad esempio, da cocaina. Ciò è dovuto sia al fatto che chi assume questa sostanza tendenzialmente non pensa di essere un drogato, di avere un problema (la comprensione di avere comportamenti rischiosi per sé avviene molto in là nel tempo e nell'assunzione), sia alla diversità di tipologie sociali. Chi assume cocaina, infatti, non si sente una persona con una stimmate sociale, come il consumatore di eroina, ma pensa di essere sulla cresta dell'onda. È difficile, quindi, per il SERT, oggi, riuscire ad interagire con queste tipologie di consumatori che utilizzano sostanze di tipo diverso.
Per questo motivo, il problema dei SERT è sia quello di ampliare il numero di soggetti dipendenti da assistere, sia quello di differenziare le modalità di presa in carico, in modo da poter interagire con la totalità delle tipologie di consumatori esistenti.
In merito alla riduzione del danno, vorrei sottolineare che questo quarto pilastro è stato, per certi versi, il più sacrificato, soprattutto negli ultimi anni. Sul piano europeo, invece, viene svolto un forte lavoro in tal senso: c'è, infatti, una grande produzione di documentazione scientifica proprio in merito all'efficacia delle politiche di riduzione del danno, tese ad evitare che al consumo di sostanze responsabili di provocare dipendenza si associ una serie di questioni disastrose per la salute delle persone o per la società circostante, sia sul versante sanitario sia su quello sociale ( basti solo pensare alla diffusione dell'AIDS a seguito dell'uso di eroina e alla limitazione di questo fenomeno garantita, appunto, dalle politiche di riduzione del danno).
Da questo punto di vista, riteniamo fondamentale fare in modo che la politica della riduzione del danno sia strutturale nei servizi, e non affidata a progetti cui efficacia è limitata ad un anno: questi ultimi, infatti, conferiscono una forma di precarietà al servizio assolutamente non funzionale. Si tratta, quindi, di riuscire a stabilizzare, a mettere a regime la politica della riduzione del danno; successivamente, su questa base e sulla scorta delle evidenze scientifiche (verifica delle migliori pratiche, anche a livello europeo), bisognerà assicurare - a partire dalle regioni, titolari di competenze in materia sanitaria - la presenza di percorsi specifici, allo scopo di rendere possibile la sperimentazione di dette politiche. Sul piano penale, quindi, gli operatori vanno messi in condizioni di agire, senza il rischio che finiscano in carcere solo perché hanno attuato una politica di riduzione del danno.
Cito un solo esempio in tal senso. La Croce rossa italiana sta adottando, a Roma, una «politica» che consiste nella presenza di un camper in luoghi frequentati da tossicodipendenti, nel quale vengono distribuite siringhe pulite. Sul camper, inoltre, ci sono dei medici. Il tossicodipendente si presenta, prende la siringa, si va a «fare» - a drogare - sapendo che, se non torna a restituire la siringa entro dieci minuti, il medico lo andrà a cercare: in questo modo, si evita almeno che la persona muoia di overdose. Così facendo, negli ultimi anni sono state salvate - i dati ci sono stati forniti dalla Croce rossa - più di 200 persone.
Iniziative di questo tipo, come predisporre un distributore di siringhe con lo scambio di queste ultime - ovviamente, solo sul versante dell'eroina - o prevedere una serie di interventi di bassa soglia, rappresentano, a nostro parere, un altro strumento da utilizzare nel quadro delle politiche in esame.
Vorrei concludere dicendo che, a differenza di quanto viene sostenuto da più


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parti, a nostro parere, le sostanze illegali rimangono tali. Quindi, il nostro intento non è legalizzare o liberalizzare certe sostanze, ma assicurare centralità all'intervento di prevenzione sul complesso delle sostanze, sia legali sia illegali. L'obiettivo da perseguire, infatti, è la riduzione dei consumi e la modifica di quegli stili di vita che affidano all'utilizzo di sostanze il benessere delle persone e la capacità di costruire relazioni.
In tale quadro, lo Stato deve intervenire sul versante della prevenzione (sicuramente, non attraverso le sanzioni amministrative, che a nostro parere si sono dimostrate inefficaci) e con adeguate politiche di cura, riabilitazione e riduzione del danno. Si tratta, cioè, di dar vita ad un meccanismo diretto ad evitare l'uso di tali sostanze da parte di tutti coloro che abbiano sviluppato forme di dipendenza (a partire da quella di relativa alle sostanze più pericolose) e che preveda, qualora il percorso di uscita dalla dipendenza non si realizzi, politiche di riduzione del danno, ossia la riduzione dei danni concreti alla persona e alla società. Questi sono gli indirizzi su cui stiamo lavorando.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per l'ampia esposizione.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

SALVATORE MAZZARACCHIO. Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori, per domandarle di rinviare il seguito dell'audizione ad altra seduta, dal momento che i componenti della Commissione affari sociali del gruppo Forza Italia sono impegnati in un'altra riunione già prestabilita, presso la consulta nazionale.

PRESIDENTE. Onorevole Mazzaracchio, per il momento, ritengo doveroso dare corso agli interventi dei colleghi iscritti a parlare: deciderò in seguito se accogliere la sua richiesta - della quale prendo atto -, in base all'andamento dei nostri lavori.

DONATELLA PORETTI. Innanzitutto, ringrazio il ministro per l'intervento. Non è la prima volta che si pronuncia in materia in questa Commissione e, il più delle volte, non ho potuto far altro che condividere le sue proposte.
A questo punto, il problema è passare - come si dice - dalle parole ai fatti: continuare ad illustrare proposte di modifica, o di intervento legislativo, senza poi produrre un disegno di legge, o comunque delle indicazioni concrete, non ha senso. Bisogna fare in modo che il Governo si esprima e, nell'attesa che assuma una decisione, invito i colleghi delle Commissioni affari sociali e giustizia a fare chiarezza: vogliamo mettere in calendario i testi di legge che già sono stati depositati in materia oppure no? È una decisione che va presa. Io, ovviamente, auspico che la risposta sia affermativa. È vero che i testi si presentano in Parlamento e poi vengono, di fatto, assegnati alle Commissioni competenti, tuttavia, la decisione politica conseguente deve essere assunta da chi fa parte di quelle stesse Commissioni.
Ritengo che questa decisione vada presa e, per quanto mi riguarda, che debba essere nel senso di affrontare questo argomento. Se il Governo, in seguito, sarà in grado di produrre un disegno di legge, ben venga: facendo parte della maggioranza, non posso fare altro che augurarmelo. Indipendentemente da ciò, ritengo comunque opportuno che le Commissioni calendarizzino l'esame dei testi di iniziativa parlamentare già presentati, uno dei quali, tra l'altro, quello dell'onorevole Boato, è stato sottoscritto da moltissimi parlamentari. Citandolo, quindi, non sto neanche «tirando acqua al mio mulino»; si tratta di un testo dei Verdi, che però ha trovato larga ed ampia condivisione.
Mi premeva, intanto, rivolgere un appello ai componenti delle due Commissioni, affinché si esprimano. Accetterò, ovviamente, qualsiasi decisione. Credo, comunque, sia utile parlarne, ma non solo in occasione dell'audizione del ministro Ferrero: naturalmente, ministro, mi fa piacere averla qui con noi, ma penso che la sua presenza in questa sede sarebbe più efficace


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se si parlasse di come intervenire e se si mettesse sul tappeto un testo di legge. Penso, inoltre, che la sua presenza sarebbe doppiamente utile: lei, infatti, potrebbe farci conoscere la posizione del Governo in merito agli eventuali punti in discussione.
Il ministro Ferrero ci ha ricordato come il consumo di droga aumenti, come le sostanze si differenzino e come aumentino i consumatori (del resto, quest'ultimo dato era emerso anche dall'ultima relazione consegnata al Parlamento); si è parlato del raddoppio dei consumatori di cannabis e di cocaina, sebbene più inquietante sia il dato relativo al calo dei prezzi delle sostanze stupefacenti, a fronte di un evidente incremento dei loro consumatori.
Evidentemente, qualcosa non funziona nella politica attuale di repressione. Personalmente, non la condivido per principio, ma potrei accettarla se funzionasse, se criminalizzando, punendo, proibendo, i numeri testimoniassero che una certa sostanza non viene più utilizzata. Purtroppo, però, questo non succede: quella sostanza non scompare, ma anzi i suoi consumatori aumentano mentre i prezzi diminuiscono.
Dall'ultimo rapporto annuale dell'International narcotics control board dell'ONU, che ci offre un'anteprima del problema che stanno affrontando gli Stati Uniti (solitamente, sono gli antesignani, si sperimenta lì ciò che, prima o poi, arriva anche da noi), emerge un dato inquietante, che dovrebbe farci riflettere: mi riferisco al calo dei consumi delle altre droghe, all'utilizzo sempre alto della cannabis, ma principalmente all'aumento impressionante del consumo di farmaci.
Su tale fronte, si alimenta addirittura un mercato grigio: ci sono medici che prescrivono farmaci non tanto per la cura di una particolare patologia, a cui sarebbero destinati, ma per usi stupefacenti. Da questo fenomeno dovremmo dunque dedurre che, sia che il mercato sia nero, grigio o di altro tipo, l'uomo ha bisogno di far uso di queste sostanze: se avessimo la bacchetta magica, risolveremmo subito il problema ma, dato che non ce l'abbiamo, sarebbe opportuno tentare di convivere con queste problematiche.
Le politiche di riduzione del danno credo rappresentino un aspetto molto importante, con cui dovremmo cercare di confrontarci il più possibile. In particolare, mi riferisco alla somministrazione controllata di eroina, che non vuol dire somministrare eroina a tutti coloro che sono dipendenti da tale sostanza. Le sperimentazioni si stanno realizzando in altri paesi, non ultima la Gran Bretagna, dove Tony Blair ha proposto questa sperimentazione non soltanto per cercare di salvare vite umane - essendo falliti tutti i tentativi di recupero alternativo con il metadone, con altre sostanze, o con la completa astensione -, ma anche per tentare di ridurre il danno della criminalità. Sta di fatto che un eroinomane incapace di disintossicarsi continua a delinquere e a stare sulla strada.
Concludo il mio intervento ricordando che la riforma Fini-Giovanardi è nient'altro che il peggioramento di una legge già vigente, la Jervolino-Vassalli. Il problema, quindi, esisteva anche prima di quella riforma. La legge Fini-Giovanardi è una sorta di polpetta avvelenata lasciata dal Governo Berlusconi, infilata in una misura antidoping alla vigilia delle Olimpiadi: evidentemente, anche quella maggioranza aveva problemi a realizzare una riforma seria e condivisa da tutta la sua compagine su questo argomento. Di fatto, il Governo Prodi l'ha fatta sua e l'ha applicata. Ebbene, come forza politica che sostiene questo Governo, come esponenti che hanno criticato, all'epoca, la riforma Fini-Giovanardi, dobbiamo attivarci per capire se abbiamo avversato quella riforma perché contraria alla nostra idea politica oppure senza un motivo, mettendola poi in atto. Rivolgo un appello affinché di questo si riparli ancora nella sede opportuna, durante l'esame dei progetti di legge presentati in materia, e perché ci si accordi per arrivare ad una riforma della disciplina attuale.


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MANLIO CONTENTO. Premetto di non essere minimamente contrario alla proposta di rinviare il seguito dell'audizione ad altra seduta, visto la complessità del tema in oggetto.
Detto ciò, ministro Ferrero, prendo atto che lei ha sostanzialmente detto che state lavorando. Questo, però, ci fa dedurre che, allo stato, non è pronto un disegno di legge del Governo, nonostante il tema in esame - da lei ricordato anche citando l'ampiezza del fenomeno e i dati, certamente allarmanti, ad esso riferiti - richiederebbe, se si fosse coerenti con le premesse, un intervento urgente ed immediato. Quindi, auspico che, attraverso l'enunciazione dei principi, il Governo voglia farci capire quali sono le politiche concrete da adottare, sulla base di un disegno di legge, per affrontare questo tema.
Inoltre, lei ha fatto riferimento, giustamente, alle modifiche normative intervenute sul finire del 2005 ed ha affermato che, attualmente, non ci sono dati idonei a sostenere o meno la loro efficacia. Ebbene, le chiedo se abbia avuto modo di visionare i dati forniti dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (dove c'è un ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo), i quali dimostrano - faccio riferimento a dati raccolti dall'entrata in vigore della disciplina in discussione fino alle ultime rilevazioni disponibili - come vi sia stata una diminuzione abbastanza consistente, rispetto al periodo precedente l'entrata in vigore della legge Fini-Giovanardi.

PRESIDENTE. Diminuzione di cosa?

MANLIO CONTENTO. Di arresti riferiti all'applicazione della disciplina sugli stupefacenti.
Sulla base di questi dati, lei non ritiene che sia utile attendere un tempo più lungo per capire se gli effetti della riforma in questione vadano nella direzione indicata dai dati medesimi? Non sono così sprovveduto da dire che dieci mesi o un anno sono sufficienti a giustificare la tesi che voglio sostenere. Sicuramente, però, rovesciando il concetto, lei non è nelle condizioni di poter dire che quelle scelte di politica criminale abbiano aumentato - tesi politica più volte sostenuta - il numero di persone finite in carcere. Sulla base di questi dati, infatti, così come non posso dire trionfalmente che abbiamo avuto ragione noi, lei non può affermare che queste norme abbiano peggiorato la situazione.
Sotto questo profilo, reputo sensato chiederle se non sia opportuno attendere qualche altro semestre per avere conferma o meno di tali indicazioni: nel primo caso, avremmo quanto meno una riprova che le scelte di politica criminale in questo campo non hanno prodotto le conseguenze nefaste più volte sbandierate.
Le dico questo perché lei, sotto il profilo della politica criminale, ha commesso un altro clamoroso errore: ha detto di voler rafforzare la lotta al narcotraffico, ma ha dimenticato che le sanzioni modificate dalla normativa in materia lo hanno ingigantito, dal momento che, tanto per fare un esempio (lei non può non saperlo), per l'associazione finalizzata a questo tipo di attività adesso si parte da vent'anni di carcere. C'è già, quindi, una politica criminale che, sulla base di queste norme e delle aggravanti, ha diversificato la situazione.
Le voglio porre una domanda: non è che vuole colpire il narcotraffico perché questo le fa comodo per dire che, in verità, l'operazione a cui state lavorando è un'altra, cioè quella volta ad eliminare l'apparato sanzionatorio nei confronti dei cosiddetti piccoli spacciatori? È facile giocare con le parole per distinguere l'utilizzatore o il detentore a fini personali - arriveremo anche a questo - dallo spacciatore di sostanze stupefacenti. Lei potrà dirmi che una persona può essere uno spacciatore di piccola taglia e che quindi, sotto il profilo della politica criminale, non devono essere applicate sanzioni eccessive o irragionevoli.
Vorrei ricordarle, a questo proposito, che la riforma varata un anno fa prevede proprio questo. Lei non può non sapere - visto che è così preparato - che una norma specifica prevede che, in presenza


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di tali condizioni, si applichi una pena estremamente ridotta. Questa norma prevede, inoltre, che la pena possa non essere applicata in presenza di condizioni di riabilitazione e di recupero, di cui lei parlava, da parte del soggetto interessato. Non vorrei, quindi, che l'interpretazione che sto dando alle sue parole fosse sostanzialmente rivolta ad eliminare ogni sanzione per il piccolo spaccio. Il piccolo spaccio è quello di cui si serve la grande organizzazione: quest'ultima non utilizza i supermercati all'ingrosso, ma canali distributivi come questi per raggiungere i suoi scopi. Noi siamo preoccupati. Cosa pensa in relazione all'attuale quadro di politica criminale che punisce il piccolo spaccio? Va mantenuto, eliminato o sostituito? E se va sostituito, in che termini?
Altra questione estremamente delicata è quella - mi avvio alla conclusione - relativa all'approccio ideologico, di cui lei ha parlato. Non ritiene che l'approccio ideologico ci sia già stato da parte di un ministro del suo Governo, il quale ha adottato un decreto in materia di uso personale minimo senza svolgere nemmeno un'istruttoria di carattere scientifico e medico e, dopo aver sostanzialmente raddoppiato i limiti previsti, si è visto bocciare il provvedimento su ricorso dei consumatori - ossia dagli esponenti della nostra società -, con il risultato di dimostrare che la scelta, in quel caso, è stata ideologica e non di carattere scientifico?
Ulteriore elemento di cui le chiedo contezza è il seguente. Lei non ritiene che, facendo riferimento agli studi svolti e alle modalità di intervento in sede europea, vi sia un'altra questione delicata? Mi riferisco a quanto denunciato in questi giorni, in queste settimane, da quel famoso studio inglese sull'utilizzo di certe droghe che - se non interpreto male le sue affermazioni - dovrebbero essere considerate «leggere» sulla base, nuovamente, di una distinzione tra sostanze stupefacenti pesanti e leggere. Ebbene, questo studio inglese ha dimostrato come oggi, sul mercato, ci siano sostanze, definite «leggere», in grado di produrre effetti molto più devastanti, ad esempio, dell'LSD: un importante giornale inglese, a seguito di tale studio, ha denunciato pubblicamente questa situazione. Non ritiene, quindi, che sguarnire, sotto il profilo della politica criminale, tali aspetti - tornando alla vecchia differenziazione - possa favorire ulteriormente l'utilizzo di sostanze così dannose per la salute soprattutto dei nostri giovani?
Credo, inoltre, che un'altra questione rilevante sia quella riferita alla giustizia. Al riguardo, anticipo al presidente Pisicchio che, a seguito di questa audizione, sarà mia cura chiedere al ministro Mastella di venire a riferire, presso la II Commissione, gli indirizzi di politica criminale cui intende ispirarsi sul fronte della lotta agli stupefacenti. Questo per capire se vi sia un'intesa tra i ministeri interessati, oppure se ognuno, come accade molto spesso, procede per conto suo. Ma la questione di fondo rimane, sotto questo profilo.
Com'è pensabile, lei lo ha citato poco fa, che nello stesso Governo vi siano un ministro dei trasporti che si preoccupa, giustamente, di sanzionare l'utilizzo di sostanze stupefacenti alla guida ed un altro ministro (non mi interessa di quale dicastero) che si pone il problema diametralmente opposto, allo scopo di eliminare, le sanzioni amministrative, a suo avviso non efficaci, tra le quali rientra, per esempio, anche la sospensione della patente di guida? Lei non può non sapere questo. O ritiene che il tossicodipendente debba essere sottoposto a sanzione, magari criminale, quando guida, e non invece quando viene trovato ad utilizzare una sostanza stupefacente (questa dicotomia, questa differenziazione mi pare un tantino pericolosa e rischiosa per la salute degli altri, a meno che il tossicodipendente non abbia la patente), oppure ritiene che questa distinzione non abbia alcun senso, per cui si possono eliminare le sanzioni amministrative a cui ho fatto riferimento sostituendole con l'altro tipo.
L'ultima domanda riguarda la richiesta, che è stata poc'anzi formulata, di calendarizzare l'esame, da parte delle due Commissioni, della proposta di legge n. 34, a prima firma Boato. Credo che lei potrebbe


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cavarsela dicendo che non la conosce: le chiedo, dunque, se la conosca. In caso affermativo, le chiedo se abbia trovato, all'interno di quella proposta, elementi di corrispondenza - e vorrei sapere quali - con la linea di principio che ha appena indicato. Mentre lei propone di eliminare la pubblicità rispetto, ad esempio, all'alcol, in quella proposta, ad essere eliminate sono le sanzioni nei confronti della pubblicità, oggi esistente, per quanto riguarda l'utilizzo di sostanze stupefacenti.
Le affermazioni di principio sono una cosa, mentre le questioni che a noi interessano riguardano (parlo in questo momento della politica criminale) la tutela di alcuni valori per noi fondamentali.
Quanto al sistema di recupero, la legge che ha appena innovato al riguardo non è sicuramente ancora operativa. Se lei, quindi, ritiene che le strutture pubbliche non abbiano funzionato o che comunque vadano rivisti alcuni settori, può intervenire tranquillamente: non saremo certo noi ad opporci, previa valutazione delle proposte che vorrà fare. Le vorrei ricordare, inoltre, che l'impianto oggi in vigore è quello costruito negli anni Novanta; se, quindi, qualcosa non funziona, vuol dire che sono le teorie allora utilizzate a dover essere riviste.

LUIGI CANCRINI. Vorrei, innanzitutto, esprimere il mio apprezzamento per la pacatezza e la serenità dimostrata dal ministro nel parlare di un tema così difficile. Mi sembra che abbia impostato la questione in modo molto saggio. Vorrei, quindi, proporre alcuni punti di riflessione.
Il primo riguarda la complessità della materia e il modo in cui lei ha suddiviso, su quattro pilastri, l'insieme delle politiche necessarie per far fronte al fenomeno in questione. Se analizziamo tali quattro pilastri, ci rendiamo conto immediatamente che, per affrontare la tematica in esame, non dobbiamo pensare ad una sola legge che risolva tutti i problemi. Non credo che ci sia bisogno di una grande legge che riscriva il decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 toccando tutto, dal narcotraffico al consumo; penso, piuttosto, che dovremmo affrontare i problemi con un po' di saggezza ed uno alla volta.
Il primo problema, che mi sta particolarmente a cuore, dato che sono vent'anni che porto avanti questa «inutile» battaglia, riguarda la pubblicità dei superalcolici. Non è mai stato possibile, in Parlamento, affrontare questo problema, dai tempi della legge Jervolino-Craxi. Ricordo che in una Commissione, al Senato, ci fu un voto per alzata di mano per abolire la pubblicità dei superalcolici: i deputati della maggioranza di allora furono richiamati all'ordine perché la pubblicità dei superalcolici porta soldi a molte persone, evidentemente. Questa è storia del nostro paese, che vale quel che vale.
La pubblicità dei superalcolici, soprattutto nelle ore in cui la televisione viene vista dai minori, è un dramma, una cosa gravissima. La Francia, ormai da quasi vent'anni, ha adottato una misura legislativa per la quale non possono essere pubblicizzate bevande che contengano più del 3 per cento di alcol. Questo è stato un incentivo forte alla produzione delle cosiddette birre analcoliche, che a mio avviso ha avuto un ruolo rilevante anche rispetto ai fenomeni del sabato sera. D'altra parte, tuttavia, tale misura non deve rientrare nel quadro di una grande legge sulle tossicodipendenze. Si tratta, piuttosto, di un provvedimento che si può assumere con semplicità, ragionevolmente, magari collegandolo alle situazioni recenti relative alle stragi del sabato sera, nell'ambito di misure di buonsenso, che possono salvare vite umane e cambiare alcuni aspetti di costume.
Un'ulteriore questione sulla quale il ministro ha insistito, molto giustamente, parlando dell'attuale situazione dei SERT (i servizi pubblici per le tossicodipendenze) e del privato sociale, è la crisi drammatica che vivono questi due settori. Senza alcun intento polemico, vorrei invitare il collega che mi ha preceduto a riflettere sul fatto che, fra il 2001 e il 2006, non è stata mai data alle ASL la possibilità di riassumere il personale che lasciava i


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servizi per le tossicodipendenze, perché il blocco degli organici era totale e non ci sono mai state eccezioni in questo settore.
Credo che dovremmo riflettere molto seriamente su questo aspetto, ministro, partendo forse da quell'atto della Conferenza Stato-regioni del 1999 che non tutte le regioni hanno fatto proprio.
Contestualmente, però, dovremmo anche preoccuparci del fatto che se, vogliamo agire per una riorganizzazione dei SERT in una direzione psicologico-sociale - come è stato giustamente detto -, attrezzandoli per dare risposta alle nuove utenze, soprattutto quelle della cocaina, dobbiamo rinforzare queste strutture; il che comporta un intervento finanziario. Non possiamo raggiungere tali obiettivi con una legge sulle tossicodipendenze, ma occorre intervenire con la prossima manovra finanziaria, con un assestamento, con un progetto speciale. Non so indicare, ora, quale debba essere la strada, ma certamente è necessario che il ministro dell'economia e delle finanze affermi che è possibile agire in tal senso e dia la facoltà di farlo. Anche da questo punto di vista, non c'è bisogno di una legge, ma di provvedimenti che possono essere assunti con il consenso di tutti. Del resto, credo che rinforzare i SERT non costituisca un problema per nessuno.
Anche rispetto al privato sociale, ritengo che sia importante quanto è stato detto dal ministro: senza dubbio, una consistente parte del settore del privato sociale sta morendo, a causa dei ritardi nei pagamenti. Tuttavia, forse, si può intervenire anche da questo punto di vista, immaginando dei crediti agevolati per gli interventi sul privato sociale o l'accensione di mutui presso le banche. A mio parere, si può e si deve fare qualcosa.
Oltre a ciò, ministro, vorrei sottoporre alla sua attenzione un punto in particolare. Lei ha affermato molto correttamente che oggi non siamo in grado di indicare quali sono stati gli effetti, in termini di arresti, di ingressi in carcere, delle misure introdotte dalla cosiddetta legge Fini-Giovanardi. In proposito, sono d'accordo con lei: penso che non abbiamo gli elementi per farlo, giacché, per riuscirci, avremmo bisogno di dati disaggregati anche rispetto all'identità delle persone entrate in carcere e alla motivazione dei loro arresti. Insomma, dovremmo sapere se quelle persone sarebbero andate in carcere ugualmente con la vecchia legge o meno: questo punto, chiaramente, va studiato.
Si tratta di una delle questioni cruciali del suo discorso: ci sono molti dati che non abbiamo. Non è facile stabilire se le sanzioni amministrative siano state efficaci o meno. Da prefettura a prefettura, in Italia, i cosiddetti N.O.T hanno funzionato in modo diverso. Alcune prefetture si sono organizzate bene, hanno lavorato seriamente; in molti casi, come a Milano o a Bologna, questi gruppi hanno avviato ai servizi un numero molto elevato di consumatori problematici, svolgendo una funzione utile. Credo che, in riferimento alle sanzioni amministrative, abbiamo bisogno di dati, di elementi certi. È chiaro che, se nella prefettura di Cosenza - cito una città a caso -, le cose non hanno funzionato, è possibile che ciò sia accaduto perché l'incarico da svolgere non è stato affidato ad un numero sufficiente di persone. In altri termini, se ci vogliono due anni per la convocazione, dopo che il minore è stato trovato in possesso di sostanze illegali, questo problema non riguarda la legge, ma è legato alla necessità di adeguare le strutture operative ai principi a cui ci si ispira.
Un altro argomento del quale sappiamo poco è quello relativo al tipo di hashish che circola oggi in Italia. L'Independent, il giornale citato dal collega intervenuto in precedenza, ha pubblicato dati abbastanza noti per chi si occupa di questa materia. Mi riferisco al dato secondo cui l'hashish prodotto nel Caucaso contiene una quantità di tetraidrocannabinoli venti volte superiore a quella dell'hashish algerino o pakistano. Questo dato, certamente, cambia la situazione. Noi non sappiamo esattamente quale tipo di hashish si venda nel nostro paese, tuttavia l'allarme inglese va preso in seria considerazione. Rispetto al tempo in cui distinguemmo le droghe


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leggere da quelle pesanti - io stesso sono stato fra quanti hanno proposto e sostenuto quella differenziazione -, credo che rispetto all'hashish del Caucaso vada fatta qualche riflessione. Senza dubbio, dobbiamo tenere presente la quantità di principio attivo presente nelle varie sostanze, perché in base a tale dato la situazione cambia. Nella vecchia Unione Sovietica, quella da hashish era l'unica tossicomania esistente: all'epoca, visitai i centri di riabilitazione di quel paese ed ebbi modo di constatare che quel tipo di hashish produceva danni piuttosto seri.
L'hashish che circola adesso tra i nostri ragazzi non è così pericoloso, ma potrebbe diventarlo un domani: senza dubbio, dunque, è molto importante capire come stanno le cose da questo punto di vista.
Credo sia anche necessario riflettere molto seriamente sugli effetti della legge Cirielli e sul decorso delle tossicodipendenze. È vero che la legge Fini-Giovanardi, portando a sei anni il tempo che si può trascorrere nel percorso della riabilitazione alternativa, ha in parte posto riparo al problema; tuttavia, questo rimane ugualmente grande, perché nessuna comunità terapeutica può confermare che sia utile trascorrere al suo interno sei anni. In realtà, questa è una follia. Un progetto di comunità terapeutica può durare un anno e mezzo, due anni: in questi termini esso è utile.
Vi sono, dunque, diversi elementi da prendere in considerazione. Gli effetti della legge Cirielli, a mio avviso, vanno studiati seriamente, senza posizioni precostituite. Non è che io possa dire di conoscere la verità perché penso in un certo modo: in tal senso, quelle che si delineano sono ipotesi da verificare. È necessario analizzare, ad esempio, il problema del gambling rispetto alla sua diffusione, alla dipendenza da gioco d'azzardo; anche su questo argomento, ormai, vi è un'ampia letteratura in Italia, molti SERT cominciano ad occuparsene e vi sono comunità terapeutiche presso le quali è possibile ricoverarsi. Insomma, i problemi sono enormi, e credo che non abbiamo gli strumenti necessari per assumere tutte le decisioni che sono necessarie.
È per questo motivo che, da alcuni mesi, propongo, in Commissione, che si deliberi un'indagine conoscitiva. In questa sede, potremmo svolgere un lavoro approfondito su questi aspetti, coinvolgendo una oppure entrambe le Camere, ma ciò che conta è che abbiamo bisogno di acquisire dati per far sì che il legislatore - ossia noi stessi - possa assumere delle decisioni. Credo che questa sia una necessità forte, se vogliamo uscire dalle contrapposizioni ideologiche. Non si tratta di dimostrare chi è più bravo, se colui che si schiera dalla parte dei giovani libertari o colui che si schiera dalla parte dei genitori spaventati; piuttosto, abbiamo bisogno di elementi certi su cui basare delle idee da tradurre, successivamente, - in leggi.
Rinnovo al presidente della Commissione affari sociali, con cui ho già parlato altre volte - e sono contento che sia presente anche il presidente della Commissione giustizia - la mia convinzione in ordine all'esigenza di dotarci di strumenti conoscitivi che ci mettano nelle condizioni di svolgere bene le azioni da portare avanti in questa sede, per dare suggerimenti all'esecutivo e prefigurare modifiche legislative sulla base di certezze acquisite relativamente all'andamento della situazione con l'attuale sistema. Mi auguro che questo invito sia raccolto dal Governo. Come è accaduto per la questione dei DICO, ritengo, infatti, che il passaggio parlamentare sia più adatto ad una discussione su temi, come quello della droga, considerati eticamente sensibili; senza dubbio, però, il Governo può e deve fare la sua parte in questa discussione, senza contrapporre maggioranza e opposizione, ma cercando di fare dei ragionamenti che ci portino ad individuare delle sintesi utili.
Chiedo, dunque, al ministro Ferrero, e al Governo che egli rappresenta in questo momento, che sul tema delle droghe vengano predisposti dei provvedimenti utili, che si possano attuare rapidamente, quali il rinforzo dei servizi, l'aiuto al privato sociale in difficoltà e la disciplina della


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pubblicità, soprattutto dei superalcolici. Credo che questi provvedimenti possano essere adottati immediatamente. Chiedo, inoltre, di aiutare il Parlamento, o di lavorare insieme ad esso, per migliorare le nostre conoscenze dei temi rispetto ai quali non siamo in grado oggi di assumere delle decisioni.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Ringrazio il ministro, perché è stato molto attento e chiaro nell'esporre le linee alla base dell'azione del Governo. Egli ci ha riferito i dati in suo possesso, ed è stato chiaro e onesto quando ha affermato che non è in grado di fornire dei dati rispetto all'applicazione della legge Fini-Giovanardi.
Partendo da questa affermazione, quindi, non capisco l'urgenza di rivedere una legge che è stata definita una «polpetta avvelenata» da chi è intervenuto prima di me. Sebbene il ministro abbia parlato della necessità di muoversi seguendo linee che non siano simboliche e ideologiche, mi sembra, invece, che la sua maggioranza voglia muoversi secondo linee non solo simboliche e ideologiche, ma anche politiche. Questo, per certi versi, è il limite della sua esposizione, fermo restando che, nel contesto di quanto è stato riferito, alcune affermazioni appaiono condivisibili , dal momento che il ministro ha offerto dei dati incontrovertibili.
Passo, ora, ad esporre velocemente i diversi dati relativi al tema in esame.
Lei, ministro, ha parlato di quattro pilastri, sostenendo che la lotta al traffico degli stupefacenti è l'aspetto principale. Al riguardo, mi rifarò, senza approfondirlo, a quello che ha detto poco fa l'onorevole Contento in merito alla lotta alla macro e microcriminalità: non bisogna deviare il tiro, colpendo chi è giusto punire - ossia la macrocriminalità, e quindi il grande traffico - senza però perseguire la macrocriminalità, ossia gli spacciatori, che causano il maggior danno e fanno circolare la droga. Lei ha aggiunto che bisogna impiegare le forze dell'ordine per colpire non chi usa piccole quantità di droga per consumo personale, ma chi le utilizza per fini diversi: su questo concetto mi trovo d'accordo con lei, perché non credo che si debbano perseguitare i consumatori di sostanze, sebbene sia giusto controllarli. L'azione di controllo, infatti, come lei ha detto, si attua in un modo diverso, con la prevenzione e l'informazione.
Allo stesso modo, concordiamo con quanto da lei affermato a proposito della responsabilizzazione e della consapevolezza, con bellissime parole, alle quali corrispondono degli stati d'animo, dei modi di agire e di comportarsi che condividiamo.
Conveniamo, altresì, sulla necessità di un piano stralcio per la lotta alla droga, dal momento che questo non è stato predisposto e che occorrono delle linee centrali di riferimento. Come lei ha sostenuto, infatti, la centralità dell'intervento deve essere alla base della nostra azione.
Inoltre, ritengo anch'io che le droghe siano illegali e che debbano rimanere tali. Tuttavia, dal momento che abbiamo ammesso che non ci sono differenze tra le varie droghe, che sono tutte illegali e fanno tutte male, non capisco perché lei voglia eliminare la tabella unica e sostituirla con altre tabelle: Lei pensa che il passaggio dalla tabella unica alle altre tabelle possa migliorare la situazione: ma che cosa può essere migliorato, se non sappiamo neanche se si è prodotto un danno? Stando a quanto da lei riferito, infatti, non disponendo ancora dei dati, non si sa se vi siano stati effetti positivi o negativi.
Per quanto riguarda le misure che secondo lei sono state tralasciate, quelle relative alla riduzione del danno, non concordiamo. Dall'intervento di un collega che mi ha preceduto ho appreso cosa intendano alcuni per riduzione del danno. Lei, ministro, ha inteso tale concetto in un certo modo, ha portato l'esempio dei camper della Croce rossa che, al limite, rappresentano una iniziativa accettabile; quando, però, si parla della possibilità di liberalizzare l'uso della cocaina, non concordo.
Vorrei sapere se lei è in linea con la posizione della sua maggioranza in merito


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alla riduzione del danno, argomento che non ci trova d'accordo e che abbiamo discusso ampiamente. Tra l'altro, nella legge n. 45 del 1999 abbiamo affrontato il problema dei SERT perché una parte della sinistra, che allora era maggioranza, non concordava sul potenziamento di tali strutture, misura che invece abbiamo sostenuto ed ottenuto. Mi fa piacere che anche lei, ora, affermi la necessità di potenziare i SERT, intendendo con ciò la presa in carico dei soggetti dal punto di vista psicologico e sociale.
In definitiva, quindi, condivido molte delle considerazioni da lei espresse. Tra queste, mi riferisco anche alla necessità di prendere in considerazione il ruolo del privato sociale.
La sua esposizione, in sostanza, tiene conto dei problemi esistenti. Essendo aumentato l'uso della droga, si dovrebbero indicare gli interventi immediati da realizzare - come diceva poco fa l'onorevole Cancrini -, anche senza arrivare ad una legge. A nostro avviso, infatti, non è necessaria una legge che modifichi la normativa precedente, sebbene, invece, un'iniziativa simile sembri rientrare nella logica di questo Governo, che vuole intervenire sulla pregressa disciplina, qualunque sia la natura, allo scopo di introdurre disposizioni nuove nell'ordinamento. Seguendo tale ragionamento, infatti, passeremmo alcuni anni di questa legislatura a fare come il cane che si morde la coda, rivedendo le norme vecchie per farne sempre di nuove, senza considerare che non sempre quelle vecchie sono effettivamente peggiori.
Svolgerò, inoltre, qualche considerazione in merito alla pubblicità degli alcolici o superalcolici, che sono due sostanze diverse. Nella legge sull'alcoldipendenza che abbiamo approvato nella XIII legislatura, fu affrontato anche il problema della pubblicità. Allora, si disse che bisognava distinguere fra l'uso e l'abuso, concetti distinti cui si riconducono comportamenti differenziati. Lo stesso dicasi per i superalcolici: dobbiamo combattere lo «sballo» da alcol - anche perché è aumentato il consumo degli alcolici tra i giovani, che rappresenta la porta d'ingresso all'uso delle droghe -, tuttavia, occorre procedere con cautela, perché si rischia di combattere anche i produttori di vino. La nostra è una nazione che produce vino, quindi, non dobbiamo osteggiare economicamente gli imprenditori del vino presenti in Italia, soprattutto nel meridione. Pertanto, sottolineo nuovamente il concetto che abbiamo discusso e approfondito all'epoca, ossia che vi è una differenza tra uso e abuso dell'alcol. Lei, ministro, ha detto che vuole dei consigli in vista della preparazione di una legge ed io gliene sto dando qualcuno a proposito della pubblicità sugli alcolici.
Infine, concludo sottolineando quanto da lei affermato, ossia che le droghe sono sostanze illegali e che tali devono sempre rimanere: per questo motivo, non è possibile consentire l'uso indiscriminato delle stesse. Inoltre, siccome sono sostanze illegali, occorre che la tabella sia unica, perché i giovani devono capire che quando si usa una droga essa è comunque una sostanza illegale. Altrimenti, essi non comprenderebbero che usando la cocaina violano la legge. Lei sostiene questo, ma poi si contraddice quando afferma la necessità di tabelle differenziate: queste ultime, infatti, possono far supporre che esista una differenza tra una droga e l'altra e potrebbero agevolare l'uso di alcune droghe rispetto ad altre, perché inducono a pensare che tali sostanze siano ammissibili, che non facciano male, e che quindi si possano utilizzare.
Sono invece d'accordo con quanto lei ha detto in merito alla segnalazione per i minorenni. Infatti, considerare come un drogato un minorenne che usa per la prima volta la droga, anziché ricorrere alla segnalazione amministrativa - ero di questo parere anche quando fu approvata la legge Fini-Giovanardi -, credo che sia un'azione molto forte. Invece, come lei dice, è più importante - e dobbiamo approfondire questo punto - fare una segnalazione ai genitori dei minorenni: questo è un criterio umano, che può ridurre l'uso della droga tra i minorenni fin dall'inizio (ossia, la prima volta che si comincia ad assumere certe sostanze), bloccando sul nascere la dipendenza.


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Ognuno di noi è padre, ciascuno ha le proprie esperienze, sia chi è più giovane sia chi lo è meno. Conosciamo la società in cui viviamo e ci preoccupiamo per i nostri giovani; sappiamo che i nostri figli o i nostri nipoti possono andare incontro all'uso della droga, ma questo non ci spinge a considerarli diversi dagli altri. I giovani sono tutti uguali, quindi bisogna avere un'attenzione maggiore nei loro confronti quando iniziano a farne uso.
Credo, dunque, che quanto lei ha detto a proposito della segnalazione sia molto importante e quindi la invito ad evidenziarlo in modo particolare.

DANIELE FARINA. Non posso che rilevare anch'io, come tanti altri colleghi, il tono e la chiarezza con cui il ministro Ferrero ci ha esposto i problemi in questione, nonché la sua capacità di tenere aperta la discussione, comprendendo la delicatezza degli stessi.
Premetto che il fatto che tali problemi si prestino a più punti di vista non può esimere il Parlamento dal calendarizzare la discussione e dall'effettuare un monitoraggio costante delle proposte di legge presentate, nonché dall'approfondire la materia. Dagli interventi svolti ho tratto l'impressione che l'aspetto ideologico sia prevalente e la carenza di informazione si voglia addurre anche quando, forse, abbiamo qualche dato in più su cui discutere. Il ministro Ferrero faceva riferimento ad una strategia, ormai validata a livello europeo (a partire da alcune esperienze pilota degli anni passati, che non risalgono all'anno scorso, ma ad un decennio fa), basata su quattro pilastri, rispetto alla quale il nostro paese è il fanalino di coda. Ciò è dovuto al fatto che da noi è prevalso un approccio di carattere ideologico, di scontro, incapace di tradursi in interventi capaci di incidere sulla concreta drammaticità di alcuni problemi, come quello dell'assunzione degli stupefacenti e delle droghe in generale, siano esse lecite o illecite, da parte di larghi strati della popolazione.
A proposito dei dati sul D.A.P. che il collega Contento ha fornito, il ministro Ferrero ha ragione: l'arco temporale in cui essi si sviluppano non è lo stesso di applicazione degli effetti della legge n. 49 del 2006. La ragione di ciò risiede nel fatto che quella legge era corredata di tabelle approvate alcuni mesi dopo: mi riferisco alle famose tabelle che l'ex ministro Storace predispose per il decreto ministeriale, che costituiscono lo stesso strumento utilizzato dal ministro Turco. Inoltre, il fondamento scientifico delle tabelle dell'ex ministro Storace e di quelle del ministro Turco è lo stesso: gli esperti si sono esclusivamente pronunciati sulla dose media singola che doveva essere presente. Il dato del moltiplicatore nelle tabelle del ministro Storace, allora, e del ministro Turco, oggi, è un dato politico e non ha alcuna relazione con studi scientifici e con il lavoro della commissione.
In base alla legge vigente, questo è il dato che stabilisce quale sia la soglia sopra la quale si è considerati spacciatori. Non si tratta dell'unico indicatore in tal senso, perché esiste anche la discrezionalità della magistratura, la concorrenza di più elementi, e si mantengono alcune delle questioni previste già nella legge n. 309 del 1990, e, se volete, anche nella legge n. 685 del 1975. Tuttavia, poiché i criteri con cui il TAR ha sospeso questo decreto ministeriale sono in sostanza gli stessi di prima, se il ricorso venisse basato sulle tabelle prodotte dal Governo di allora e se i criteri fossero di legislazione costante, si otterrebbe il medesimo risultato.
Cercherò di svolgere rapidamente le mie considerazioni, perché questo è un dibattito importante, che spero riusciremo ad approfondire.
Ci sorprende il fatto che, se un giornale pubblica una qualunque sciocchezza, questa diventa un elemento di discussione, mentre, in realtà, parliamo di un problema rispetto al quale vi è un'infinità di anni di sperimentazione, di politica di contrasto, di studi scientifici, e sul quale è stata prodotta una letteratura infinita. Insomma, non siamo più nella situazione di 20 o 25 anni fa: sono state vissute esperienze in Europa e fuori dalla stessa. Possiamo oggi sospendere il giudizio sugli


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effetti penali della legislazione vigente, della legge n. 49 del 2006, ossia sull'avvenuto o meno incremento del numero degli arresti,? Io ritengo di sì. Personalmente, sono tra quanti pensano che, tra sei mesi, avremo sciolto questo dubbio senza eccessivi problemi. Tuttavia, possiamo negare che la situazione vada progressivamente aggravandosi e che anche nell'anno passato, nei sei mesi passati vi sia stato un progressivo peggioramento della situazione, relativamente all'abbassamento dell'età di prima assunzione, al prezzo e alla purezza delle sostanze in circolazione? Quest'ultimo è un aspetto di cui nessuno parla, ma che, in relazione al prezzo, presenta una sua particolarità e ci dà delle indicazioni. Possiamo dire che gli allarmi lanciati dalle fonti più autorevoli di carattere scientifico e politico fino pochi giorni fa siano falsi? Credo di no.
Ritengo che il problema esista e che, come dice l'onorevole Contento, le teorie su cui si è modellata la legge n. 49 del 2006 siano le stesse della legge n. 309 del 1990 e, in parte, le medesime della legislazione precedente, quella del 1975. A mio avviso, sono sbagliate. Intendo dire che il contrasto al traffico di stupefacenti e la separazione netta dei mercati sono obiettivi che devono essere perseguiti, ma forse, con questo tipo di filosofie che stanno alla base delle leggi, non riusciremo mai a raggiungerli. Basterebbe guardare all'esperienza statunitense, dove c'è un'evidenza empirica che induce diversi Stati americani a muoversi contro il Governo federale. In sostanza, si tratta di un'evidenza empirica, come la legge di Colin Clarke sui settori dell'economia, che invita a prestare attenzione, perché il consumo degli stupefacenti è rigido rispetto alla legislazione. Quindi, 20-25 anni di studi economici ci dicono che, qualunque sia la normativa di riferimento, il consumo di stupefacenti non presenta sostanziali variazioni in relazione alla maggiore o minore durezza delle misure introdotte. Questa è l'evidenza degli Stati Uniti: certamente, l'Europa e l'Italia rappresentano realtà diverse, ma l'esperienza ci indica questo.
Concludo il mio intervento citando alcuni dati (in particolare, è stato l'Independent, con un articolo, a rilanciare alcune questioni). Non è vero che non abbiamo i dati relativi alla quantità percentuale di cannabinoide, di THC in particolare, contenuto nelle sostanze che circolano in Italia. Li abbiamo eccome! Basta osservare la media di questa unità di misura nei sequestri della Polizia di Stato, dall'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza. I dati a mia disposizione - comprese alcune interviste fatte ai responsabili; mi riferisco alla provincia di Milano, che non è indifferente al fenomeno - testimoniano come, in realtà, grandi variazioni percentuali di cannabinoide nelle sostanze, negli ultimi anni, non si siano affatto riscontrate. Quello che conta è ciò che arriva sul mercato, non quello che si fa in una stanza indoor in Olanda o nel Caucaso. Anzi, collega Cancrini - per chiudere con un po' di allegria - se trova in giro quest'hashish del Caucaso, me lo faccia sapere perché potrei essere interessato!

LUIGI CANCRINI. È un problema che esiste.

GIUSEPPE ASTORE. Sarò molto più breve di chi mi ha preceduto, perché non credo che si debba dare luogo ad un dibattito, ma porre delle questioni al ministro. Anche a me ha impressionato la sua calma, la sua pacatezza, il suo modo di ragionare che, peraltro mi erano già noti, conoscendoci da qualche anno.
Premesso ciò, ritengo di dover riferire al ministro che il procuratore generale antimafia ha meravigliato e preoccupato più o meno tutti quando, pochi giorni, fa ci ha riferito che le esportazioni illegali di denaro tramite società private, dall'Italia verso l'estero, sono triplicate e che la quantità di denaro trasportato illegalmente è quattro volte superiore a quella del denaro esportato in maniera legale tramite le banche: ciò vuol dire che il fenomeno aumenta in maniera spaventosa e che il problema principale che abbiamo


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è il narcotraffico. Ormai, in alcune regioni, i trafficanti sono padroni dell'intera società: non mi riferisco solo alle solite regioni che conosciamo (la Calabria, la Sicilia, parte della Puglia e della Campania), perché credo che il fenomeno stia invadendo tutto il nostro paese, anche il nord. Personalmente, mi preoccuperei: il Governo deve attrezzare delle forme di lotta alla criminalità del narcotraffico, che in Italia ha raggiunto dimensioni enormi.
Pongo un secondo problema, come ex docente. Sono d'accordo sulla necessità di abbandonare tante ideologie, che ho sentito esprimere anche in questa sede. In tal senso, credo di dover dare ragione all'onorevole Villetti, il quale, ieri sera, qui alla Camera, ci invitava ancora una volta a considerare che il nostro non diventerà mai un paese normale se il centrosinistra cancellerà tutto ciò che è stato fatto dal centrodestra, e viceversa. Ciò è particolarmente vero in relazione a determinati temi, come questo, che sono eticamente sensibili.
Tra parentesi, signor ministro, sottolineo che, nella mia regione, il primo morto per droga, nel 1972, è stato un mio alunno, del quale ho conosciuto le confidenze e i drammi. Aggiungo, a tale proposito, che se non puntiamo sulla scuola sbagliamo. Peraltro, sono arrivato in ritardo - me ne scuso - , e dunque non ho sentito se siano state proposte iniziative da attuare, soprattutto per quanto riguarda il mondo scolastico. Al riguardo, vorrei riferire un episodio, per evidenziare come, oramai, questo fenomeno investa anche i bambini delle scuole elementari: non sono un esperto, ma so che è così.
Pochi mesi fa, nel mio piccolo paese, colpito dal dramma del terremoto, dietro la scuola costruita come baracca, sono stati sorpresi - dai genitori e dalle autorità locali - alcuni alunni di 10-12 anni che fumavano uno spinello: per una comunità di mille abitanti è stato un episodio scioccante. Credo che questo sia un ulteriore elemento per dimostra come il fenomeno si stia espandendo in maniera incredibile, anche in regioni come la mia che, fino a qualche anno fa, erano immuni da certi eventi , sia di commercio sia di assunzione di queste sostanze. Quindi, al di là dell'eventuale cancellazione della legge precedente, credo che quella normativa, onorevole Contento, avesse degli aspetti positivi; tuttavia, il parlare di «tolleranza zero» a pochi mesi dalle elezioni credo abbia risentito di certe influenze di ordine politico e ideologico.
In Commissione ci siamo trovati d'accordo su tanti aspetti, quindi ritengo che saremo in grado di ragionare insieme per predisporre delle leggi ed individuare degli strumenti che ci consentano di combattere veramente questo fenomeno in costante aumento, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Tale crescita continua sottende, peraltro, la commissione di alcuni errori da parte nostra: se negli ultimi cinque anni, in Italia, è raddoppiato il consumo di droga - che ha invaso anche società fino a ieri immuni -, allora dobbiamo organizzarci insieme. Non sono un esperto e non so quale possa essere la soluzione, ma credo che tentare di porre un freno al fenomeno nelle scuole sia una strada praticabile.
Signor ministro, mi è piaciuta l'espressione «prendere in carico» che lei ha usato: dobbiamo capire - io per primo devo farlo - che delegare ad altri la soluzione del problema di chi assume droga è l'errore più grave che abbiamo commesso finora. In qualità di docente, ho parlato con le famiglie interessate e ho notato che l'elemento più evidente è la loro solitudine. Qualche giorno fa, ho assistito ad un'autoconfessione di alcune famiglie che si sono riunite in una città e si sono scambiate le reciproche esperienze, raccontandosi a vicenda le storie dei propri figli, sulla falsariga degli alcolisti anonimi. Ebbene, posso dirvi che l'atmosfera che aleggiava era proprio quella della solitudine. È vero che esistono i SERT, ma questi, fino a ieri, erano la cenerentola del nostro sistema sanitario, lo dico come ex assessore alla sanità. Del resto, anche noi, quando attrezzavamo delle politiche sanitarie, li mettevamo ai margini. Oggi, invece, dobbiamo riscoprire tali strutture, in collegamento con il privato sociale, ma


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soprattutto con azioni intersettoriali con le famiglie e la scuola: ritengo che questa possa essere l'alleanza giusta per tentare di emarginare, non dico di sconfiggere - sono realista - questo fenomeno.
Il lassismo imperante che caratterizza la società di oggi credo sia una delle cause di questo fenomeno.

ELISABETTA GARDINI. Ringrazio il ministro, anche se egli sa che difficilmente ci troviamo d'accordo. Ogni volta, noto con piacere il suo tono pacato, che viene sottolineato in Commissione; d'altra parte, però, continuo a rilevare con disappunto i suoi toni e le sue prese di posizione molto estreme che leggo sui giornali.
Detto questo, sottolineo che mi trovo spesso a constatare, in Commissione, la presenza di posizioni ideologiche, aprioristiche, che non aiutano nessuno, da parte di alcuni parlamentari che evidentemente non riescono a trattenersi. In tal senso, ho apprezzato molto l'intervento del collega che mi ha preceduto e quello del professor Cancrini perché, nelle loro parole, ho colto un atteggiamento costruttivo, propositivo e, soprattutto, che scaturisce dall'analisi della realtà, da cui non possiamo prescindere.
Caro collega Farina, consideriamo le leggi, ma guardiamo anche qual è la cultura predominante nella società. Ebbene, è una cultura lassista, che lascia le famiglie in balia del fenomeno. Venga nelle piazze di Padova a vedere i ragazzi che si drogano alla luce del sole: si tratta di piazze presidiate dagli spacciatori, nelle quali non si può intervenire. I ragazzi dei centri sociali, mischiati con quelli delle scuole superiori e dell'università, riscaldano le sostanze in un cucchiaino con l'accendino; cose che non avevo visto neanche quando frequentavo l'università!
Abbiamo a che fare con un atteggiamento lassista, tollerante, che abbandona le famiglie, le quali, invece, chiedono degli aiuti concreti: le famiglie sono davvero lasciate sole quando si trovano a confrontarsi con ragazzi a cui soltanto la famiglia cerca di dare un aiuto, senza poter intervenire in alcun modo e senza ricevere dall'esterno sostegni sufficienti quando i casi sono veramente seri e gravi. Ciò che mi preoccupa, dunque, è la cultura egemone che si è sviluppata nel nostro paese in questo senso, che è andata vieppiù sfilacciando gli interventi che si vogliono fare e che, in qualche modo, vengono contenuti da una cultura dilagante. Penso che frasi come «sorry, lo spinello fa male» siano indici di un atteggiamento liberale, che guarda in faccia la realtà e che prende atto dei cambiamenti riscontrati anche nel mondo delle droghe e che lei, ministro, ha ben analizzato. D'altra parte, però, queste sono realtà che conosciamo da un pezzo: da anni, nelle conferenze, sento i tossicologi spiegare che il mondo degli stupefacenti è cambiato e che la cannabis manda in fumo i neuroni tanto quanto le altre droghe. Pertanto, è difficile mettere un paletto tra droghe leggere, pesanti o meno leggere: si tratterà di qualche neurone in più o in meno, ma parliamo sempre di danni permanenti al cervello. In un articolo pubblicato sulla Stampa, ad esempio, tanti scienziati e diverse organizzazioni per la salute mentale e psichiatri citano dei dati inquietanti. Ci dicono, infatti che, in Gran Bretagna, su 250 mila schizofrenici, almeno 25 mila avrebbero evitato di ammalarsi se non avessero fatto uso di cannabis: certo, possiamo anche buttare tutto al macero, ma ritengo si tratti di dati preoccupanti.
Allora, se l'Independent - che è stato il capofila della campagna e ha fatto sì che il Governo inglese declassasse la cannabis a droga di serie C - afferma che dieci anni fa erano 1600 le persone in cura per abuso da sostanza, mentre adesso sono 22 mila, non credo che ripercorrere la stessa strada sia efficace. Non so se la proposta del professor Cancrini di deliberare un'indagine conoscitiva sia la strada giusta, ma potremmo approfondire l'argomento in sede di ufficio di presidenza.
Noto, inoltre, tanti «sorrisetti», e chiedo invece rispetto: non tollero più i «sorrisetti» dei colleghi di maggioranza! Quando ho fatto parte della maggioranza, in regione, avevo un atteggiamento veramente inglese; oggi, invece, quando colleghi


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dell'opposizione ben documentati, titolati e con esperienza esprimono considerazioni documentate, suscitano sgradevoli sorrisi, rispetto ai quali chiedo al presidente di porre un freno.

DONATELLA PORETTI. Vietiamo i sorrisi?

ELISABETTA GARDINI. Si può essere in disaccordo su tutto, ma i «sorrisetti» ironici non sono giustificati.
La proposta di legge n. 34, a prima firma Boato, all'articolo 25, elimina, rispetto alla normativa vigente, le multe e le sanzioni; non capisco perché affermare tale ovvietà equivalga a raccontare storie irreali. Lei sa benissimo, signor ministro, che abbiamo già stigmatizzato il decreto del ministro Turco e ci rallegriamo, quindi, che il TAR abbia deciso di bloccarlo. Ci piacerebbe che su questo si evitasse di stravolgere le cose e si riconoscesse serenamente che non abbiamo dati per bloccare, in modo repentino, normative di cui sarebbe opportuno verificare gli effetti. Abbiamo constatato come personaggi pubblici del mondo dello spettacolo che fanno uso di droghe ne beneficino ai fini di un rilancio della loro carriera: tale cultura incide sui nostri figli, perché questi personaggi diventano gli ospiti dei talk-show, i loro introiti aumentano e ciò vale, purtroppo, molto più di una legge per fare cultura.
Per quanto riguarda la riduzione del danno, non siamo d'accordo: lei richiamava le «stanze del buco», ma sa che su questo ci troviamo su fronti estremamente diversi.
Per quanto concerne l'alcol, si tratta di un serio problema, su cui è necessario intervenire. Dall'Europa, tuttavia, possiamo apprendere ben poco al riguardo, perché, soprattutto nelle regioni nordiche, le abitudini sono completamente diverse, mentre noi dobbiamo avere un approccio aderente alla nostra realtà. Conoscere può essere utile, ma dobbiamo individuare delle strade in base alla struttura della nostra società, alla sua cultura e ai suoi usi.
Rivolgo, infine, una richiesta al presidente. Diversi colleghi di Forza Italia avrebbero desiderato intervenire oggi, ma purtroppo sono assenti a causa di impegni pressanti, che ci avevano indotto a chiedere un rinvio; le chiedo, quindi, la cortesia di rinviare il seguito dell'audizione ad altra seduta, perché ritengo giusto che i colleghi possano confrontarsi con il ministro, che ha messo sul tappeto molte questioni meritevoli di approfondimento.

PRESIDENTE. Capisco il senso della sua proposta, onorevole Gardini, e mi spiace che una parte dei colleghi di Forza Italia oggi non sia presente. Desidero, però, richiamare l'attenzione di tutti sull'opportunità di evitare quanto più possibile la sovrapposizione tra gli impegni di partito e le attività della Commissione. Certo, questo può capitare, tuttavia, vi ricordo che l'audizione del ministro è stata decisa in sede di ufficio di presidenza.

ELISABETTA GARDINI. Lei, però, sa che i colleghi vengono da tutta Italia; oggi, vista la situazione particolare, l'audizione avrebbe anche potuto essere rinviata. Cerchiamo di venirci incontro!

PRESIDENTE. Capisco, ma la II Commissione era di avviso opposto. Tra l'altro, dopo avermi telefonato una prima volta per domandarmi di rinviare l'audizione, il capogruppo di Forza Italia in Commissione, onorevole Di Virgilio, mi ha chiamato una seconda volta, invitandomi a svolgerla comunque, giacché era stato l'unico a chiedere il rinvio.
Premesso ciò, ritengo necessario rispettare le attività della Commissione, tenendo conto del fatto che a singoli deputati o gruppi di essi capita di non poter partecipare alle sedute solo in circostanze particolari.

DANIELA DIOGUARDI. Interverrò brevemente, perché l'onorevole Gardini mi ha spinta a farlo: come la collega, anch'io sono del parere che, senza confrontarci a partire dalla realtà, per individuare i possibili rimedi, non sarà possibile ottenere alcun risultato.


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Mi sembra che veramente ci sia un ascolto pregiudiziale giacché, nel caso dell'audizione di oggi, il ministro Ferrero è stato pacato non solo nel tono, caratteristica che gli appartiene, ma anche nella sostanza dell'intervento, a partire dal metodo - consistente in un dialogo costruttivo e nel confronto con varie realtà -, allo scopo di giungere ad una proposta che non sia frutto di una visione predeterminata ma che risponda alle esigenze e consenta di risolvere il problema.
Si è molto insistito sull'aspetto fondamentale - anch'io provengo dal mondo della scuola - dell'informazione e della prevenzione. Se si intendesse risolvere il problema sul piano repressivo, non riusciremmo a vincere tale battaglia. Abbiamo maturato un'esperienza pluriennale e sappiamo come la questione essenziale sia prevenire e come, rispetto ad un problema complesso come quello della droga, sia opportuno intervenire in più settori. Ritengo, ad esempio, essenziale la scuola, così come la famiglia. È una situazione complessa all'interno di una società difficile: dobbiamo comprendere che il problema dei giovani che si drogano nelle piazze non va estremizzato e soprattutto che dipende da una situazione più articolata, la cui soluzione richiede non solo l'adozione dei provvedimenti necessari rispetto alla droga ma interventi assai più ampi.
Rispetto all'alcol, gli usi si deteriorano; quindi, non sono d'accordo con il collega Lucchese. Il problema economico si rivela secondario rispetto al problema della salute e del futuro dei nostri giovani: il loro sviluppo e, come ha detto il ministro, il «prendersi carico» costituiscono le priorità su cui intervenire.

PINO PISICCHIO, Presidente della II Commissione. Innanzitutto, vorrei ringraziare anch'io il ministro per l'esposizione chiara e sistematica, con cui ci ha sottoposto un'organizzazione dei temi assolutamente individuabile nelle sue articolazioni.
Sono stato particolarmente colpito dall'intervento del collega Cancrini, supportato da un vissuto accademico e professionale di rilevo. Mi convince, pertanto, il suo impulso all'acquisizione di elementi ulteriori e allo sviluppo di un percorso conoscitivo. Peraltro, ritengo che anche il presidente Lucà abbia avuto la medesima sensibilità: lo sviluppo ulteriore di momenti conoscitivi è quindi un tema che le due Commissioni devono porsi.
Per essere sintetico e restare nell'ambito delle questioni poste dal ministro, vorrei rivolgergli una domanda. Esiste un problema concreto che investe un target di riferimento piuttosto ampio, dall'adolescenza sino trent'anni di età. La cocaina citata dal ministro ha ormai un costo di 10 euro, il che pone problemi relativi alla purezza e ad ulteriori danni. Mi chiedo pertanto se un messaggio come quello dato dal provvedimento del ministro Turco, poi bloccato dall'intervento cautelativo del TAR Lazio, non rischi di diventare contraddittorio.
Mi auguro che i colleghi non giudichino queste mie considerazioni pregiudiziali ed ideologiche. Abbiamo, infatti, la fondamentale esigenza di affermare il principio secondo cui le sostanze stupefacenti fanno male, per poi valutare l'entità del danno e l'eventuale limite di tollerabilità, con riferimento ad alcune droghe piuttosto che ad altre, come indicheranno gli esperti. Inoltre, con riferimento ad un uso personale, tutto questo può presentare un margine di tollerabilità.
Lo Stato si comporta già in modo errato, ad esempio, in riferimento al tabacco: mi sono sempre domandato - ma il ministro dell'economia e delle finanze potrebbe argomentare in altro modo - come sia possibile scrivere sui pacchetti delle sigarette che il fumo fa male e, al tempo stesso, vendere, tramite il tabaccaio, un prodotto che nuoce gravemente alla salute. Siamo quindi nella stessa logica dal punto di vista dell'impatto mediatico del messaggio lanciato. In fondo - il ministro Ferrero me ne dava conferma -, l'obiettivo da raggiungere dovrebbe riguardare una concezione della droga legata ad un forte elemento di disvalore, come avvenuto per il tabacco, il cui consumo, da parte


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delle giovani generazioni, si è considerevolmente ridotto. Adesso sono le desperate housewifes che fumano più degli uomini e dei ragazzi, mentre nella mia generazione il tabacco veniva considerato un elemento di riferimento che faceva immagine: non appartengo alla generazione di Humphrey Bogart, ma la sigaretta costituiva un elemento di attrattività.
Ritengo molto utili gli interventi dei colleghi, volti a collegare il sistema di prevenzione con gli interventi nella scuola e l'insieme delle strutture che devono garantire risposte sul territorio. Si dovrebbe attuare un percorso volto ad affermare il disvalore del consumo di sostanze stupefacenti, articolandolo a seconda dei gradi di responsabilità. Esiste un profilo penalistico che va considerato con attenzione, perché l'errore maggiore è l'indifferenziazione, da cui emerge una sorta di ingiustizia globale e di inefficacia.
Il nostro tema centrale è, dunque, lanciare messaggi in grado di diffondere fra le giovani generazioni il forte disvalore del consumo di droga, altrimenti le nostre considerazioni rischiano di impattare, come rilevato dall'onorevole Gardini, con una controcultura che è comunque la cultura giovanile. La mia generazione usava l'eroina, che le generazioni successive hanno abbandonato, tanto che oggi il suo consumo è divenuto, appunto, un disvalore. Dovremmo, forse, affermare questo concetto rispetto a tutte le droghe. Vorrei conoscere l'opinione del ministro al riguardo.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al ministro per la replica, mi permetterò di aggiungere solo una battuta...

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per rappresentarle un problema. Da parte dei colleghi di Forza Italia è stata avanzata la richiesta di proseguire l'audizione in altra data e non capisco perché, da parte sua, vi sia una preclusione in tal senso: è accaduto anche per altre audizioni, per cui non ritengo vi sia nulla di straordinario nel rinviare il seguito dell'audizione.

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, onorevole Lucchese, ma sono costretto ad interromperla. Se il ministro è disponibile, non ho alcun problema a rinviare il seguito dell'audizione ad altra data. Resta fermo, però, che non è possibile generalizzare il principio ed accedere alla richiesta di rinvio di impegni già calendarizzati in sede di ufficio di presidenza avanzata da qualsivoglia gruppo, impegnato in iniziative esterne ai lavori e all'attività della Camera (Commenti del deputato Lucchese). Né mi è possibile disporre un rinvio, appena due ore prima dell'audizione, in seguito alla richiesta - formulata telefonicamente da un capogruppo - di convocare il ministro in altra data, a motivo di alcuni impegni di partito.
Abbiamo stabilito insieme di svolgere l'audizione alle 14 di oggi, e dubito che l'impegno concomitante sia stato organizzato questa mattina; tuttavia, affinché la mia posizione non appaia una pregiudiziale anacronistica, se il ministro è disponibile, non mi opporrò alla proposta di calendarizzare in altra data il seguito dell'audizione. Deve essere chiaro, però, che questo non costituirà precedente, altrimenti, sarei tenuto a soddisfare la medesima richiesta ogniqualvolta un gruppo me la rivolgesse.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Presidente, le faccio presente che l'audizione avrebbe dovuto svolgersi dalle 14 alle 15: gli impegni che avevamo assunto precedentemente tenevano conto di questa previsione dell'andamento dei nostri lavori. Non sapevamo che fosse stata posta la questione di fiducia, quindi ci siamo dilungati.

PRESIDENTE. Non posso certo convincere il ministro a restare qui in attesa che arrivino i colleghi di Forza Italia!

ROBERTO ULIVI. Intervengo anch'io sull'ordine del lavori, presidente. Lei ha perfettamente ragione in linea di principio, però, va anche considerato che avremmo potuto far perdere tempo al ministro, moltiplicando gli interventi -


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siamo intervenuti, invece, uno per gruppo -, dilungandoci e poi, come avvenuto per altri auditi, chiedendogli di tornare un'altra volta. Se il ministro è disponibile, poiché l'argomento è di estrema importanza e sono state formulate delle proposte dal professor Cancrini, potremmo approfondirne la trattazione in una successiva seduta.

PRESIDENTE. Prendo atto della sua richiesta, ma vorrei ritornare sulla questione testè affrontata, che considero seria per il precedente che può rappresentare per altri gruppi, cui dobbiamo lo stesso rispetto. Non reputo opportuno creare un incidente per questa ragione; ritengo però che la questione debba essere valutata dall'ufficio di presidenza delle due Commissioni, acquisita l'eventuale disponibilità del ministro.
Intanto, il ministro svolgerà la sua replica. In seguito, decideremo se chiedergli un'ulteriore disponibilità: resta fermo che, qualora fossero assunte determinazioni in tal senso, nella successiva seduta non verrebbe svolta un'ulteriore relazione.
In ogni caso, è giusto che adesso il ministro replichi, anche per rispetto nei confronti dei colleghi presenti. Dopodiché, valuteremo in sede di ufficio di presidenza la richiesta avanzata dall'opposizione.
Vorrei aggiungere solo una battuta, prima della replica del ministro. Abbiamo chiesto questa audizione, ministro, anche perché sono state depositate alcune proposte di legge - sollecitate sia da organizzazioni esterne al Parlamento, sia da colleghi appartenenti ai singoli gruppi -, sulle quali si è aperto un dibattito. Sarebbe ora importante valutare, nell'insieme delle ipotesi che lei ha offerto alla nostra discussione, il punto di vista del Governo - non certo irrilevante - sull'opportunità di procedere in tal senso. Ritengo sia altresì fondamentale considerare quanto affermato dal presidente Pisicchio, atteso che si esamineranno anche proposte (presentate in questa sede e concernenti ulteriori attività di verifica, di accertamento dei dati e di acquisizione di informazioni) certamente importanti per procedere sotto il profilo legislativo: mi pare che, al riguardo, vi fosse una qualche attenzione anche da parte dell'opposizione.
Do ora la parola al ministro Ferrero per la replica.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Partirei da quest'ultimo nodo, che peraltro è anche la questione posta nel primo intervento.
Poiché la materia è esplicitamente inserita nel programma con cui ci siamo presentati alle elezioni come coalizione, e poiché esiste un ministero che ha il compito di coordinare queste politiche, ritengo che la produzione di un disegno di legge al riguardo costituisca un punto qualificante dell'attività governativa. Per quanto riguarda il Governo, reputo, infatti, necessario fissare un punto di equilibrio complessivo, capace di tradursi in una proposta concreta. In ordine ai tempi della medesima, ritengo, in base all'attuale stato di avanzamento dei lavori, che si possa trattare di settimane. Sono state svolte un'audizione al Senato, una alla Camera e due riunioni interministeriali, allo scopo di raccogliere, sulle linee guida proposte, i pareri dei diversi ministri interessati. L'obiettivo, pertanto, è definire un orientamento del Governo nell'arco di alcune settimane, dal momento che i problemi sono già stati individuati e non intendiamo far perdere tempo al Parlamento.
Aggiungo ancora un elemento rispetto alla questione posta dall'onorevole Poretti. Il Governo non ha fatto propria la legge Fini-Giovanardi, bensì l'ha applicata come qualsiasi legge, pur continuando a non ritenerla utile ed opportuna per contrastare il fenomeno delle droghe.
Per quanto concerne i dati citati dall'onorevole Contento, posso solo ribadire quanto affermato nella mia relazione e quanto faceva notare l'onorevole Farina. Poiché, infatti, le tabelle cui si è fatto riferimento sono state disponibili a partire dall'estate, il lasso di tempo preso in considerazione corrisponde soltanto a due di mesi di applicazione della nuova legge,


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laddove nei restanti dieci mesi ha continuato ad applicarsi la vecchia disciplina.
È inoltre evidente che le forze di polizia si sono mosse in una situazione di interregno, caratterizzata dalla sovrapposizione di una duplice normativa - tra cui quella nuova già esistente, ma priva di tabelle di applicazione -, con il risultato di rendere ardua l'individuazione di cosa sia stato applicato concretamente. Anche ciò che ha pubblicato Il Sole 24 ore non possiede una base scientifica e si rivela, pertanto, statisticamente irrilevante.
Pur ritenendo sbagliata tale normativa, quindi, sottolineo la mancanza di elementi per una completa valutazione al riguardo. Non affermerei altrettanto, invece, per quanto riguarda le sanzioni amministrative, che sono in vigore da 16 anni e il cui effetto è stato il costante aumento del consumo delle sostanze, a partire da quelle cosiddette «leggere». Se le sanzioni amministrative avessero avuto una significativa efficacia, introducendo un passaggio intermedio tra la sanzione penale ed altre misure, l'avrebbero infatti dimostrato. A differenza dell'elemento penale sulla legge Fini-Giovanardi, dunque, l'elemento delle sanzioni amministrative sembra non funzionare.
Ricollegandomi a quanto affermato dal presidente Pisicchio, è interessante notare che, ad esempio, ha funzionato benissimo la legge Sirchia sul fumo: è necessario ragionare su questo dato. Ritengo che il problema consista nel fatto che, finché l'utilizzo della sostanza è legato all'idea di uno stile di vita e ad un immaginario positivo, il consumo aumenta perché esistono un disagio sociale e una rilevante difficoltà nel costruire relazioni significative. In altri termini, l'idea che l'utilizzo di sostanze risolva questi problemi provoca la crescita del consumo in forme diverse.
Da tale punto di vista, mi sembra che la distinzione tra sostanze legali e illegali esista e mi pare evidente che dall'analisi degli stili di vita, delle forme del consumo, dei danni alla salute correlati all'impiego delle sostanze medesime, tale distinzione sia il frutto di una storia di costume, priva, però, di base scientifica. Il numero di morti e di gravi patologie correlate all'alcol non può essere paragonato a quanto accade con l'uso delle altre sostanze, perché si rivela 1000 volte superiore. Del resto, l'alcol non provoca un tipo di morte, ma ha pesanti effetti sul complesso degli organi vitali, che producono degradi di varia natura. In tal senso, ritengo che il problema fondamentale della prevenzione sia questo.
Inoltre, sono consapevole di muovermi su un terreno criticabile, al confine etico tra l'informazione sulla pericolosità della sostanza e la costruzione di una sorta di stimmate sociali. Quando sottolineo la centralità della prevenzione, l'esigenza di prestare attenzione agli stili di vita e di eliminare le pubblicità sugli alcolici che alludano alla positività del consumo delle sostanze, sono consapevole di intervenire sulla sfera della produzione dell'immaginario.
Per questo stesso motivo, ritengo che il fenomeno del doping ad alti livelli abbia attualmente un riflesso molto pesante sullo sport dilettantistico. Oggi, viviamo in un mondo in cui la produzione di immaginari è connessa all'utilizzo di sostanze. Pertanto, o interveniamo su quel terreno, oppure ci limitiamo a chiudere in carcere alcuni e a togliere la patente ad altri, senza risolvere il problema e facendo soffrire alcune persone e arricchendo i narcotrafficanti.
Da questo punto di vista, ritengo che la centralità della prevenzione debba essere volta non solo all'informazione, ma debba provare ad intervenire anche sull'immaginario. Il problema della prevenzione consiste nell'attuare politiche, non nel realizzare una modifica legislativa, atteso che i messaggi percepiti come puramente «moralisti» sono privi di efficacia.
Ritengo, pertanto, che puntare sul confronto tra pari, sulla trasmissione tra coetanei, sia forse la strada più efficace e che le sanzioni amministrative vadano eliminate rispetto al consumo: se, infatti, lo Stato gioca la partita sugli stili di vita, sull'immaginario, non ritengo possa giocare anche quella repressiva sul consumo. Se gioca anche la seconda partita, infatti,


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la prima scompare, perché passa il messaggio della repressione, e, specialmente rispetto agli adolescenti, è noto come il meccanismo trasgressivo sia identificante.
Rispetto a quanto rilevato dall'onorevole Contento, sono del parere che esista una profonda distinzione tra il caso di chi sia sanzionato per aver guidato in preda agli effetti di alcol o sostanze stupefacenti e quello di chi sia scoperto per tre volte a fumare spinelli e, per questo motivo, si veda togliere la patente: sono due cose diverse. Allo stesso modo, ubriacarsi a casa è un fatto privato, mentre guidare in stato di ebbrezza rende potenziali assassini. La legge deve quindi intervenire duramente su chi guida in stato di ebbrezza, ma non togliere la patente a chi si ubriaca a casa o ad una festa tra amici di tanto in tanto. Non individuo pertanto alcuna contraddizione.
Del piccolo spaccio ho già parlato: non riteniamo che debba essere eliminata qualsiasi sanzione penale sullo spaccio, ma che siano necessari una maggiore gradualità ed un intervento possibilmente basato su pene alternative di recupero, considerando come, prima dell'indulto, fossero in carcere circa 30.000 persone per questi reati e per quelli connessi all'immigrazione, cifra equivalente a più della metà dei reclusi.
Per quanto concerne la questione relativa al decreto del ministro Turco, non ritengo sia un elemento ideologico. Ho condiviso quel decreto, di cui sono firmatario insieme al senatore Mastella: ritengo che fosse basato su un principio abbastanza semplice, ossia la minore quantità di principio attivo presente nella cannabis - in base ai moltiplicatori conformi alle tabelle -, rispetto a quello contenuto nelle altre sostanze. In base alle tabelle dell'ex ministro Storace, era molto più difficile passare come spacciatore di cocaina che non di cannabis. Il decreto del ministro Turco, invece, aveva il merito fondamentale - per questo è stato presentato ricorso - di portare il livello del rischio di essere considerato spacciatore di cannabis in linea con le altre sostanze, dal punto di vista del principio attivo. Si tratta di una misura che non risolve il problema della droga, ma riduce il danno di una legge sbagliata nell'impostazione. Da qui deriva l'urgenza di muoversi al fine di superare una situazione in cui la distinzione tra spaccio e consumo viene effettuata in base ad una rigida linea di demarcazione, che non rende ragione della concretezza delle situazioni.
Ritengo, quindi, che la magistratura debba tornare ad esprimere una parola più significativa su tale aspetto, e che perciò sia necessaria una legge che superi questa diatriba rendendo conto della situazione.
Vorrei aggiungere ancora una notazione legata alla questione delle pene alternative per i tossicodipendenti. Mi sono dimenticato di dirlo prima e me ne scuso, ma ritengo che, nel rapporto tra pubblico e privato, la certificazione dello stato di tossicodipendenza debba tornare alla struttura pubblica. Mentre, per quanto riguarda la cura e la riabilitazione, le strutture devono essere potenziate sia sul versante pubblico sia su quello privato, il nodo della certificazione deve essere gestito dal pubblico, sia per un fatto di serietà, sia perché, potendo il tossicodipendente - nel caso di riconoscimento del suo stato - ottenere sconti di pena o passaggi dalla pena da scontare in carcere alle sanzioni alternative, sarebbe opportuno evitare qualsiasi discussione sulla certificazione stessa (Commenti del deputato Ulivi).
Il pubblico è tenuto a certificare gli elementi e poiché, oltre al fattore medico, esiste anche un elemento di certificazione di uno stato, ritengo che tale competenza spetti alle strutture pubbliche, come anche la certificazione dello stato di invalidità. Esiste infatti un problema di controllo e di chiarezza sulla verifica.
Sottolineo solo un elemento, che considero di grande buon senso e che ci dovrebbe aiutare, segnalato dall'onorevole Lucchese, il quale, a proposito della questione dell'alcol, rilevava l'esigenza di distinguere tra uso ed abuso. In Italia, una significativa fetta della nostra economia è collegata alla coltivazione della vite: nessuno


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sosterrebbe che chi beve vino ai pasti o chi, di tanto in tanto, è in stato euforico per il vino è un alcolizzato. È dunque necessario adottare un criterio per fare prevenzione, per togliere gli elementi di identificazione, per punire il narcotraffico, per sanzionare i comportamenti socialmente pericolosi, tra cui l'ebbrezza, senza promuovere però un atteggiamento punitivo sul consumo in quanto tale.
Il problema deve essere affrontato a partire dagli stili di vita, senza svolgere un inutile esercizio di repressione, come dovrebbe evincersi anche dal fatto che storicamente, in Italia, in particolare nel nord, si è da sempre convissuto con l'uso del vino. In questo senso, quindi, l'attenzione non deve essere focalizzata sulla sostanza da demonizzare, ma sulla capacità di attuare una politica per minimizzare la sollecitazione a ricorrere a certe sostanze per instaurare relazioni civili con le altre persone e ottenere successo nella vita: l'uso di eroina, infatti, è in calo, mentre quello di cocaina, che è la droga di chi ha successo nella vita, è in aumento. Questa condivisibile notazione di buonsenso ci dovrebbe aiutare ad affrontare la questione nel modo più efficace.
Sono a conoscenza delle proposte di legge presentate da vari parlamentari, ma sarebbe sbagliato da parte mia formulare giudizi in merito. Come Governo, dobbiamo presentare un disegno di legge, su cui in seguito si svolgerà un confronto. In assenza di un provvedimento governativo al riguardo, riterrei sbagliato esprimere valutazioni su altri progetti di legge.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Ferrero per la disponibilità manifestata.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,35.