COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 7 febbraio 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE UMBERTO RANIERI

La seduta comincia alle 14,45.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vittorio Craxi, sulle priorità dell'azione italiana in seno alle Nazioni Unite, anche con riferimento alla proposta di moratoria universale della pena di morte.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vittorio Craxi, sulle priorità dell'azione italiana in seno alle Nazioni Unite, anche con riferimento la proposta di moratoria universale della pena di morte.
Do immediatamente la parola al sottosegretario Craxi - che saluto e ringrazio -, affinché svolga la sua relazione.

VITTORIO CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Presidente, onorevoli deputati, nell'illustrare le priorità del nostro Governo in materia di moratoria universale della pena di morte e, soprattutto, la nuova azione coordinata presso le Nazioni Unite, desidero anche esprimere un ringraziamento, per aver dato nuovo impulso all'azione governativa, anche grazie ad una mozione approvata dal Parlamento della Repubblica, in questa legislatura.
Quindi, vorrei rilevare, in esordio, come la nostra proposta di moratoria universale della pena di morte sia una figlia comune, in quanto esito di una significativa convergenza parlamentare, che impegna il Governo ed ispira la nostra azione. Essa si esplica in linea con la vocazione multilaterale, che, dal secondo dopoguerra ad oggi, ha sempre ispirato la nostra politica estera: il nostro paese garantisce, in questo modo, un contributo di assoluto rilievo all'attività delle Nazioni Unite, alle sue agenzie e, come si rileva spesso, anche un forte impulso partecipativo ad azioni di carattere pacifico, promosse dall'ONU nei territori funestati da guerre civili, per la preparazione del periodo successivo alla guerra o per la divisione di territori attraversati da conflitti a sfondo regionale.
Vorrei focalizzare, innanzitutto, l'aspetto concernente la promozione e lo sviluppo della tutela dei diritti umani, ritenendo che da esso emerga il ruolo essenziale della nostra politica estera, la quale ha scelto di imporsi una connotazione non solo politica, ma anche fortemente etica. Il rispetto per i diritti umani costituisce, infatti, un elemento cruciale per garantire la pace, prevenire i conflitti, promuovere la crescita di società stabili in tutto il mondo. Siamo portatori di una visione dei diritti umani improntata al dialogo, alla collaborazione nei fori multilaterali, che desideriamo soprattutto rispettosi dei principi di universalità, di imparzialità e di oggettività. Per tradizione, siamo culturalmente e politicamente votati a privilegiare le voci del dialogo e la ricerca di formule di convincimento, piuttosto


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che pressioni o forme di condanna che rischiano di suscitare divisioni o persino reazioni di irrigidimento. Per questa ragione, l'Italia si è fatta promotrice, presso le Nazioni Unite, di un'iniziativa di alto profilo etico, ovvero la campagna per l'abolizione della pena di morte e l'adozione di una moratoria universale delle esecuzioni. Come sapete, per primi, abbiamo promosso, nel 1997, una risoluzione contro la pena capitale presso la Commissione dei diritti umani di Ginevra, poi adottata dall'Unione europea nel 1999 e portata, ogni anno con successo, all'attenzione dell'organo ginevrino fino al 2005.
Stiamo lavorando per attuare l'impegno preso in questo Parlamento, con la mozione dell'onorevole D'Elia dello scorso anno. Il primo risultato di questa azione è stato ottenuto il 19 dicembre scorso, con la presentazione - proposta dall'Unione europea su nostra iniziativa - della «Dichiarazione di associazione» sulla moratoria ed abolizione della pena di morte all'Assemblea generale dell'ONU, sottoscritta da 85 Stati (27 dei quali aderenti all'Unione).
I recenti casi di applicazione della pena di morte, a prescindere dall'esecuzione di Saddam Hussein, gli annunci di nuove possibili esecuzioni ed il loro scioccante impatto sull'opinione pubblica mondiale ci hanno spinto a rilanciare questa iniziativa dell'Unione europea, nella duplice ottica di ampliare le adesioni alla «Dichiarazione di associazione» del 19 dicembre e di riaprire il dibattito sul tema in Assemblea generale.
Il nuovo Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, si è espresso contro la pena di morte e anche la Vicesegretario generale dell'ONU, Migiro ha dichiarato di considerare la campagna per la sua abolizione come una delle politiche delle Nazioni Unite, assicurando il suo impegno affinché il Segretario generale la traduca in risultati concreti. Nel mese di marzo, presso le nostre istituzioni, quindi anche presso l'istituzione parlamentare, giungerà, in visita, la Presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, Sheikha Haya Rashed Al-Khalifa, alla quale sottoporremo con convinzione la nostra richiesta di riaprire la discussione in Assemblea generale.
Siamo giunti a formulare e promuovere quest'azione di carattere diplomatico grazie anche al forte consenso registrato tra i nostri partner europei. Anche per impulso dell'europarlamentare Marco Pannella, abbiamo dunque assunto un'iniziativa politicamente significativa, che subito è stata ricondotta in seno all'Unione europea. Presentata ufficialmente il 22 gennaio scorso dal Vicepresidente del Consiglio e ministro degli esteri Massimo D'Alema, la proposta italiana mira a rilanciare il dibattito in sede di Assemblea delle Nazioni Unite: in tale occasione, è emersa una forte condivisione da parte dei membri dell'Unione europea, in particolare dall'attuale Presidenza tedesca.
Parallelamente, al fine di ottenere l'adesione di un più ampio numero di paesi alla «Dichiarazione di associazione», abbiamo avviato una nuova campagna di sensibilizzazione, a titolo nazionale, nelle capitali di diversi paesi. In questa prospettiva, si colloca il discorso del Presidente del Consiglio all'Unione africana di 10 giorni fa, indirizzato, in particolare negli incontri bilaterali, ai paesi africani abolizionisti di fatto, che ancora, però, non hanno aderito alla dichiarazione e che possono essere decisivi per ottenere una maggioranza significativa all'interno dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Non abbiamo tralasciato i contatti con la società civile, impegnata nella campagna per la moratoria e l'abolizione della pena di morte, e si è svolto lunedì scorso, a Parigi, il Terzo Congresso mondiale contro la pena di morte, con la partecipazione delle più importanti ONG internazionali del settore, di rappresentanti politici e diplomatici di molti paesi. Anche in questa sede, l'Italia è intervenuta autorevolmente per illustrare, ribadire e sottoscrivere il suo impegno per l'iniziativa europea sulla moratoria e l'abolizione della pena di morte.
Il Congresso ha potuto così registrare, anche grazie alla presenza di autorevoli ONG, quali «Nessuno tocchi Caino», promossa


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e guidata dall'onorevole D'Elia, e la «Comunità di Sant'Egidio», un vasto consenso sull'opportunità che l'Assemblea adotti una risoluzione sulla moratoria universale. Esiste, dunque, una saldatura fra il livello governativo e quello della società civile, che consente di conferire maggior peso politico alla nostra iniziativa, anche in seno all'Unione europea, dove peraltro la Francia si è espressa nuovamente, e in modo autorevole, in nostro favore.
Desidero, altresì, ricordare come, nel quadro di questa azione italiana per la promozione e la tutela della difesa dei diritti umani, si consideri fondamentale imprimere un nuovo impulso alla costruzione del nuovo Consiglio dei diritti umani, nel quadro di un processo di riforma complessiva delle Nazioni Unite. Spesso, infatti, l'attività della ormai disciolta Commissione dei diritti umani è stata caratterizzata da un'eccessiva politicizzazione, rendendo superflui - se non vani - gli orientamenti del Consiglio. Riteniamo necessario affrontare queste tematiche in un clima cooperativo, imparziale e super partes: in tal senso, si rivela necessario rafforzare gli strumenti di controllo, che costituiscono un deterrente nei confronti di ritardi e di inadeguatezze dei singoli Stati.
L'Italia, onorevoli deputati, ha presentato la sua candidatura al Consiglio dei diritti umani per il triennio 2007-2010: le elezioni avranno luogo nella primavera del 2007 e, per questa ragione, intendiamo riaffermare, dopo quasi un anno di lavori del Consiglio, la sua rilevanza nel quadro dell'azione della comunità internazionale.
Ci impegniamo sin d'ora a partecipare attivamente, affinché sia in grado di svolgere il ruolo centrale per cui è stato istituito dalle Nazioni Unite. A tal fine l'Italia, qualora fosse eletta - come è nostro auspicio -, incoraggerebbe un approccio condiviso di tutti i gruppi regionali alle problematiche dei diritti umani, al fine di assumere decisioni consensuali. A questo riguardo, ritengo fondamentale promuovere la nostra richiesta di un seggio all'interno del Consiglio dei diritti umani, attraverso una campagna significativa e convincente, capace di produrre un risultato importante, come la riapertura del dibattito e una dichiarazione riconosciuta universalmente - o comunque a maggioranza - che impegni gli Stati aderenti ad adottare la moratoria della pena di morte. Aggiungo a ciò soltanto un elemento storico: nel 1999, si giunse quasi ad un voto favorevole sulla moratoria, ma i paesi scandinavi, con una politica che oserei definire - non rischiando di declinare un termine così consono alle nostre vicende politiche nazionali - «massimalista» e diretta ad ottenere un'abrogazione di fatto, impedirono il conseguimento di tale obiettivo. L'atteggiamento dei paesi scandinavi, che allora impedì di ottenere un risultato positivo, oggi, si è parzialmente modificato, non perché gli scandinavi siano per il mantenimento della pena di morte o soltanto favorevoli alla moratoria, ma perché, all'interno delle Nazioni Unite, si riscontra una consapevolezza più pronunciata, più rafforzata ed irrobustita dalle esperienze generali sul fatto che, aprendo la strada ad un'abrogazione della pena di morte, possa essere reso più convincente l'impegno e l'approccio multilaterale alle questioni legate alla pace e alla sicurezza nel mondo.
È una cartina di tornasole, attraverso la quale si difende e si eleva un principio di difesa dei diritti umani per ottenere, nella sostanza, un riconoscimento di fondo della validità dell'organismo multilaterale che lega, insieme, tutte le nazioni del mondo.
Rimango a disposizione per i vostri interventi e per rispondere ad eventuali questioni da porre al Governo della Repubblica.

PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Craxi per il suo intervento. Do, quindi, la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

PIETRO MARCENARO. Intanto, ringrazio il sottosegretario Craxi per questo intervento: siamo di fronte, infatti, ad un'iniziativa di grande rilievo. Si tratta di


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una questione che ha, in primo luogo, un'importanza in sé, soprattutto in una fase in cui le tendenze spontanee non vanno in questa direzione e in cui, quindi, un pronunciamento delle Nazioni Unite avrebbe un rilevante significato. Come rilevato dall'onorevole Craxi, l'iniziativa di cui si discute, ha però un rilievo anche per quanto riguarda il suo collegamento con la prospettiva di affermazione dei diritti umani, di costruzione di elementi nuovi di legalità internazionale, di aggiornamento di un diritto internazionale e oggi chiamato a fronteggiare nuove sfide.
L'onorevole Craxi ricordava il dibattito al quale abbiamo contribuito e, in particolare, la mozione dell'onorevole D'Elia. Su questo fronte, ritengo che l'azione parlamentare - attraverso una serie di iniziative - possa svolgere un ruolo utile ed incisivo.
La diplomazia dei Parlamenti, infatti, è in grado di affiancare efficacemente quella dei Governi, come in parte sta avvenendo e come dimostrano la posizione del Parlamento europeo - pronunciatosi proprio a questo proposito - e della delegazione italiana sui diritti umani al Consiglio d'Europa. Quest'ultima sede, ancora autorevole, riunisce un gran numero di paesi non aderenti all'Unione (e quindi neanche rappresentati al Parlamento europeo), da cui è emersa un'iniziativa per giungere - prima nella sessione di aprile, poi nella sessione di giugno - ad una discussione e quindi ad un pronunciamento sul tema. Riguardo all'iniziativa della delegazione italiana, abbiamo colto un elemento di simpatia e di ampia condivisione, che misureremo nel corso dei prossimi appuntamenti e delle prossime scadenze, in discussioni e riunioni dell'Assemblea parlamentare. Ritengo, quindi, che dovremmo considerarlo un impegno molto importante.
Desidero, infine, esprimere un rilievo - rivolto non al Governo ma, piuttosto, a tutti noi - sull'impressione che una questione così importante non sia vissuta dal paese e dall'opinione pubblica con adeguata consapevolezza: forse, bisognerebbe riflettere su come rendere questo un terreno di maggiore attenzione, sapendo che, come evidenziato dall'onorevole Craxi, siamo di fronte ad un impegno tutt'altro che facile. Si sono verificati mutamenti di posizione, - in particolare, il sottosegretario citava una posizione più realistica dei paesi scandinavi -, tuttavia, sappiamo che il risultato definitivo non è affatto scontato. Rispetto ad un' iniziativa così importante - su cui si registra una convergenza politica generale - dovremmo, quindi, dimostrare la capacità di assumere un ulteriore impegno parlamentare, finalizzato a garantire il successo dell'azione intrapresa.

SERGIO D'ELIA. Ringrazio davvero il sottosegretario Craxi per la completa relazione sullo stato dell'arte di questa iniziativa, dovuta non solo al Governo italiano, ma - come sottolineato dallo stesso sottosegretario - anche alla convergenza straordinaria di tutte le forze politiche presenti in Parlamento. La mozione di luglio fu, infatti, approvata all'unanimità - eccetto un voto contrario -, come la risoluzione approvata in questa Commissione a settembre: si tratta, quindi, di un'iniziativa italiana, riconosciuta a livello internazionale. La stessa Germania, Presidente di turno dell'Unione europea, riconosce all'Italia un ruolo di guida in questo processo di respiro internazionale, scandito da una serie di tappe.
Su iniziativa italiana, fatta propria dall'Unione europea, il 19 dicembre scorso, ben 85 paesi hanno firmato la «Dichiarazione di associazione» contro la pena di morte: il problema attuale è tramutare in co-sponsor quei firmatari, questione assolutamente inclusa nell'agenda diplomatica dei prossimi giorni. Nel frattempo, agli 85 Stati si sono aggiunti altri 3 paesi importanti: la Namibia, il Kirghizistan e, in questi giorni, la Russia, prima annoverata tra i paesi contrari all'iniziativa. Sono sul punto di formalizzare la loro adesione paesi come il Gabon, il Mozambico, la Repubblica democratica del Congo e l'Azerbaigian. Per tenerci informati sullo


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stato dell'iniziativa, siamo in costante contatto con la Farnesina, e teniamo riunioni settimanali.
Circa 15 giorni fa, peraltro, anche la Camera dei deputati ruandese ha approvato, in prima lettura, il disegno di legge per l'abolizione della pena di morte: ebbene, il fatto che paesi come il Rwanda o la Repubblica democratica del Congo, per lungo tempo teatri di genocidio, accettino di compiere il passo dell'abolizione della pena di morte, dimostra la maturità della campagna internazionale condotta su tale fronte.
Indubbiamente, l'esecuzione di Saddam Hussein ha rappresentato un momento di svolta: numerosi parlamentari, a giugno, avevano già sottoscritto l'appello «Nessuno tocchi Saddam», campagna che, verso la fine di dicembre, ha toccato l'apice con l'iniziativa di sciopero della sete di Marco Pannella, affinché non venisse eseguita quella condanna a morte. Tale sciopero è durato 8 giorni e, poi, dopo l'esecuzione di Saddam, l'iniziativa è stata rivolta ad un obiettivo più generale, appunto la moratoria ONU delle esecuzioni capitali. Per la prima volta, non solo l'opinione pubblica italiana ed europea, ma soprattutto l'opinione pubblica dei paesi arabi è stata informata - attraverso la campagna «Nessuno tocchi Saddam» - dell'iniziativa italiana per una moratoria delle esecuzioni capitali. Si stanno compiendo progressi anche nelle adesioni di questi giorni, e nel quotidiano cambiamento di posizioni di alcuni Governi europei. Ora, è rimasto un nucleo duro, non di contrari ma di dubbiosi all'interno dell'Unione dei 27, costituito da Regno Unito, Ungheria ed Olanda, mentre gli altri sostengono l'iniziativa italiana.
La ringrazio, sottosegretario, per aver puntualizzato come non si tratti di portare questa iniziativa alla prossima Assemblea generale, perché il momento favorevole è questo, in questa Assemblea, attraverso procedure studiate a New York per la riapertura dei termini della discussione, per la presentazione di una risoluzione e, quindi, per giungere ad un voto. Se è cambiata la posizione di molti Governi europei, prima fieramente ostili all'iniziativa ONU per la moratoria, è anche grazie alla pressione dell'opinione pubblica e alla mobilitazione internazionale, che stiamo alimentando anche in queste ore, coinvolgendo oltre 52.000 persone da 54 paesi o territori a livello internazionale: costoro, tra cui si annoverano 16 premi Nobel, 261 parlamentari nazionali, 261 parlamentari europei, 9 membri di Governo e 111 eminenti personalità hanno, così, sottoscritto il nostro appello per la moratoria ONU delle esecuzioni capitali. Tra l'altro, 923 persone, di 41 paesi, hanno aderito allo sciopero della fame per la moratoria ONU delle esecuzioni capitali. Il Governo francese sta sostenendo molto questa iniziativa e, in questo senso, si era anche mosso il ministro degli esteri D'Alema - come è emerso da alcune dichiarazioni sulla stampa -, proprio per dare il senso di un'iniziativa internazionale di ampio respiro, senza dividere il mondo in due distinguendo tra paesi civili che hanno abolito la pena di morte e gli incivili che ancora la utilizzano. Proponiamo una moratoria, ma, per garantirle questo connotato transnazionale e internazionale, i francesi hanno rilevato l'opportunità che non sia l'Unione europea ad introdurla, bensì una coalizione di paesi rappresentativi di tutti i continenti. Concordiamo con questa impostazione e, nei prossimi giorni, arriveremo al momento decisivo di una campagna avviata - con particolare riferimento a «Nessuno tocchi Caino» - 14 anni fa. Ottenere la moratoria sarebbe, dunque, un risultato straordinario: rappresenterebbe la conquista di un diritto umano, fornendo le premesse per abolire la pena di morte. Non è una conquista di «Nessuno tocchi Caino» ma del nostro paese, della maggioranza, dell'opposizione e del Parlamento.
Concordo, infine, con il collega Marcenaro nel rilevare come, forse, in queste ore si possa fare qualcosa di più, soprattutto per indurre paesi membri del Consiglio d'Europa, in particolare del centro Asia, a condividere le nostre posizioni.


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ALESSANDRO FORLANI. Esprimo anch'io vivo apprezzamento per i progressi compiuti in questi ultimi mesi: il consenso manifestato in ambito europeo, nei confronti di questa iniziativa è motivo di soddisfazione per chi l'ha promossa, come il collega D'Elia, e per chi l'ha sostenuta nel Parlamento italiano. Essa si rivela indicativa di un'evoluzione della sensibilità dei Governi, dei popoli e delle forze politiche, nei confronti dell'anacronistica permanenza del crudele istituto della pena di morte. È un argomento che si è dimostrato ancora oggi di stretta attualità, proprio per i casi clamorosi che si sono registrati in Iraq, con l'esecuzione di Saddam Hussein, in quella forma particolarmente barbara per molti contorni e aspetti coreografici, e con la condanna a morte, in Libia, di cinque infermiere bulgare e di un medico palestinese, con un'accusa sul cui fondamento si manifestano forti perplessità. Si tratta di casi clamorosi, che però si presentano frequentemente nelle nostre cronache e vanno ad aggiungersi alla numerosa casistica sconosciuta dei tanti che giacciono nei bracci della morte di vari Stati del mondo, in attesa dell'esecuzione, soprattutto in alcuni paesi come la Repubblica popolare cinese.
Nondimeno, ogni atto di indirizzo di carattere multilaterale può contribuire alla rimozione di tale istituto, intervenendo sui Governi che ancora lo utilizzano. In tal senso, l'impegno del Governo italiano dovrà proseguire nelle diverse sedi internazionali, in particolare nel Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, per trovare nuovi consensi da parte di altri paesi. Sarebbe, inoltre, opportuno intraprendere la stessa iniziativa anche nei confronti delle pene corporali, inumane, degradanti, ancora previste e praticate in paesi a regime autoritario.
Vorrei anche rivolgere un appello al Governo, nonché ai colleghi, per evitare che il concetto di moratoria e quello di abolizione debbano considerarsi in contrasto o in antitesi: so che questa è la posizione di Pannella e dei radicali, che talvolta hanno interpretato la proposta abolizionista come un rischio di contrasto o rallentamento dell'applicazione della moratoria. Considero giusto insistere per la moratoria, per abituare le coscienze dei diversi popoli all'idea di abolire l'istituto della pena di morte e per salvare molte vite; contestualmente, tuttavia, non occorre accantonare - in quanto non sono due concetti incompatibili - la pressione per l'abolizione. Sebbene, infatti, la moratoria abbia un valore educativo e salvi delle vite nell'immediato, una volta introdotta, potrebbe rivelarsi sufficiente, nonostante eventuali moniti delle Nazioni Unite, un cambiamento di regime o una situazione di emergenza per reintrodurre la pena di morte. Persino in Italia, infatti, quando fu rapito Moro e massacrata la sua scorta, figure anche molto autorevoli invocarono, nel nostro paese, che l'aveva ripudiato da tanti anni, il ritorno all'applicazione di quell'istituto.
Può quindi accadere che nelle vicende storiche di singoli regimi o di singoli paesi una moratoria possa essere rimossa, laddove invece è più difficile abrogare una legge di abolizione della pena di morte: non vorrei, quindi, porre in conflitto le due forme di contrasto a tale istituto. Inoltre, pur impegnandoci ovunque a realizzarne l'abolizione, dobbiamo sempre considerare che le questioni sull'applicazione di quell'istituto - come spesso sottolineato dai leader di regimi autoritari che ne fanno uso - investono prevalentemente la coscienza e la cultura popolari.
Personalmente, ho partecipato a missioni per l'abolizione della pena di morte, e in quelle occasioni, ho incontrato governanti che hanno sostenuto come sia il popolo a non accettare ancora, a fronte di reati di estrema gravità, la sola applicazione della misura detentiva: si pone, quindi, un problema di educazione e di elevazione culturale rispetto a questo tema.

SABINA SINISCALCHI. A nome del mio gruppo, desidero ringraziare il sottosegretario Craxi, perché ci ha illustrato l'impegno del nostro Governo su una questione di alto valore, non solo morale ma anche politico: come evidenziato dai colleghi,


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è un modo per ripristinare criteri di diritto internazionale che tutelino la vita e il rispetto di tutti gli esseri umani.
Vorrei ricordare come l'iniziativa assunta dal Governo sia di carattere parlamentare, come il Governo sia stato sollecitato da questa Commissione ad evitare ogni indugio nel promuoverla e come essa nasca dalla volontà del Parlamento, ma anche dall'impulso delle organizzazioni non governative, quindi dalla società civile. Ringraziamo, dunque, per questo impegno, di cui auspichiamo un esito positivo, confidando nelle capacità diplomatiche del nostro Governo: è necessario che il nostro paese dimostri un alto profilo per ottenere la presidenza del Consiglio dei diritti umani, in particolare concludendo l'iter sulla nomina dell'autorità garante.
Poiché questa audizione vorrebbe introdurre le priorità dell'Italia durante la sua membership nel Consiglio di sicurezza, vorrei accennare ad un'altra questione riguardante l'iniziativa che dovrebbe portare ad un trattato internazionale sul commercio delle armi leggere. Alla fine dello scorso anno, nell'Assemblea generale, il nostro paese ha votato a favore di una mozione. Vorrei, dunque, sapere se tale questione, che conduce a una regolamentazione del commercio di armi leggere, responsabile della morte di milioni di vittime civili di conflitti territoriali, verrà valutata dal nostro Governo durante la sua presenza nel Consiglio di sicurezza.

CLAUDIO AZZOLINI. Interverrò molto brevemente, concordando con la posizione espressa dal collega Marcenaro, e che - come rappresentante della minoranza (si badi bene, non dico «dell'opposizione») - in seno alla delegazione al Consiglio d'Europa ho condiviso con tutti. Questo è importante perché la diplomazia parlamentare può fare molto, soprattutto nel contesto del Consiglio d'Europa, laddove intercorrono relazioni tra parlamentari di diversi schieramenti nelle Commissioni e nell'Assemblea: l'obiettivo comune che abbiamo davanti è molto importante e molto impegnativo, e non lesinare risorse relazionali da utilizzare è una scelta che fa onore al nostro paese, al suo Governo e quindi alla nostra azione politica.

PRESIDENTE. Non essendovi altri interventi, do la parola al sottosegretario Craxi per la replica.

VITTORIO CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Apprezzo lo spirito con cui gli onorevoli deputati hanno partecipato al dibattito. Come ho detto in esordio, questo impegno politico del Governo è il prodotto di una sola convergenza parlamentare ed è figlio di questo Parlamento. Come per altri temi, mi auguro che il Parlamento della Repubblica - non solo la Commissione esteri - converga ancora su una posizione comune, rendendo più autorevole non solo il Governo ma anche il nostro paese sul piano multilaterale, con particolare riferimento alle questioni relative ai diritti umani, dalle quali dipendono altre questioni di natura più prettamente politica, come le nostre partecipazioni alle missioni di pace o alla costruzione di nuove democrazie, attraverso le operazioni post-belliche realizzate dalle Nazioni Unite.
Desidero ringraziarvi per lo spirito con cui avete partecipato al dibattito cogliendo gli aspetti essenziali e non sottovalutando le asperità di un problema assai complesso, capace di investire anche paesi a democrazia matura - che, tuttavia, mantengono ancora la pena di morte come elemento di dissuasione dal commettere reati -, oltre che regimi totalitari particolarmente chiusi sul piano dei diritti umani e disponibili ad aprirsi su questioni di diversa natura.
Onorevole Siniscalchi, non le so rispondere con precisione: certamente, quello da lei evidenziato non è uno degli impegni prioritari, sebbene esista una mozione parlamentare che ci impegna a perseguire obiettivi relativi alla questione delle armi leggere. Mi permetto di aggiungere che uguale importanza riveste la battaglia a favore dell'abolizione del commercio delle mine, uno dei flagelli della nostra epoca, perché i nuovi sofisticati metodi tecnologici moltiplicano la capacità offensiva di


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queste armi, disseminate a migliaia in numerosi teatri di guerra, quali l'Afghanistan ed il Libano, situazioni giornalmente sottoposte alla nostra attenzione. Se lei, in via formale o informale, intendesse, però, interrogare il Governo e richiedere chiarimenti su un aspetto specifico, riterrei doveroso ed impegnativo, da parte nostra, assumere delle decisioni conseguenti rispetto alla vostra mozione parlamentare.
Posso solo ringraziarvi, confidando nel fatto che le interparlamentari siano uno strumento diplomatico molto efficace: il fatto che il Parlamento supporti questa azione è significativo tanto sul piano politico, quanto su quello diplomatico. Questo impulso credo sia assai utile per coinvolgere paesi che la sola missione diplomatica presso le Nazioni Unite, o comunque le comuni missioni di uomini di Governo, magari, non riuscirebbero a raggiungere.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il sottosegretario di Stato per gli affari esteri della disponibilità manifestata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,35.