COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sugli italiani all'estero

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 14 novembre 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCO NARDUCCI

La seduta comincia alle 15,40.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Seguito dell'audizione del Segretario generale del Ministero degli affari esteri, ambasciatore Giampiero Massolo, sulla riorganizzazione della rete diplomatica e consolare.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Segretario generale del Ministero degli affari esteri, ambasciatore Giampiero Massolo, sulla riorganizzazione della rete diplomatica e consolare.
Avevamo già trattato in un primo incontro tutte le problematiche della rete consolare ed oggi, anche se il tempo è tiranno, concludiamo questa audizione.
Nel frattempo si è tenuta l'assemblea del Consiglio generale degli italiani all'estero, su cui il Governo ha redatto una relazione. Uno dei punti più discussi è stato quello concernente la riorganizzazione della rete consolare. Sono stati fatti anche i nomi delle sedi prese in considerazione nell'ambito di questa riorganizzazione. L'ambasciatore Massolo è stato audito anche dalla Commissione affari esteri del Senato.
Propongo oggi di dare spazio soprattutto ai colleghi che nella scorsa seduta non hanno potuto porre quesiti o chiedere chiarimenti.
Da parte mia avanzo una sola richiesta. Nell'ambito di quanto riferito al Consiglio generale degli italiani all'estero, si è parlato della chiusura di uno dei consolati nel Regno Unito. Mi sembrava che la scelta fosse caduta sul viceconsolato di Bedford, che secondo i membri del predetto Consiglio avrebbe costituito l'opzione più logica. Da parte ministeriale, invece, si intendeva chiudere la sede di Edimburgo - secondo quanto scritto nella relazione del Governo e riferito dal viceministro Danieli - tenendo conto delle distanze e soprattutto del ruolo attuale della Scozia all'interno dello scenario politico e dei rapporti creatisi in quella sede. Al contrario, i membri del Consiglio generale degli italiani all'estero, provenienti dal Regno Unito, sostenevano che la sede di Edimburgo dovesse essere in ogni caso preservata dalla chiusura, procedendo ad una scelta diversa. Le chiedo quindi, signor ambasciatore, di riferirci qualcosa attorno a tale questione.
Do la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

GIANNI FARINA. Naturalmente non entro nei particolari, il tempo è tiranno e ho comunque letto attentamente la relazione.
Cambiamenti possono avvenire sempre e comunque: ciò mi sembra evidente. Sono avvenuti in passato, avverranno in futuro: cambiamenti sociali, geopolitici, nuovi impegni della Repubblica e così via. Il problema però mi sembra di altra natura.


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Attraverso i rappresentanti della collettività italiana, ed anche in passato (nei primi anni Novanta, per esempio), abbiamo affrontato, assieme alla direzione generale ed alle autorità politiche di questo Paese, problemi che hanno poi provocato cambiamenti sostanziali delle strutture italiane; naturalmente mi riferisco soprattutto all'Europa. Penso che anche in questo momento, che è indubbiamente difficile e che richiede dei cambiamenti, il tutto possa essere attuato attraverso una riflessione seria e uno studio approfondito delle realtà esistenti nelle nostre strutture in ogni singolo Paese, anche se per il momento voglio porre l'attenzione in particolare sulla questione europea.
Ritengo che all'estero le nostre comunità siano sufficientemente mature per capire la necessità dei cambiamenti. Ciò è avvenuto in passato, può avvenire oggi ed anche domani. Quindi, ritengo che per ogni cambiamento in atto, anche per quelli già attuati, occorre fornire una spiegazione: mi riferisco alla Corsica, per esempio. Tuttavia, ogni cambiamento in atto deve essere assolutamente portato a termine attraverso la preliminare consultazione con i rappresentanti delle nostre comunità. Sono fiducioso che attraverso una discussione serrata la nostra comunità sarà in grado di recepire ed accettare il cambiamento.
Affronto un'ultima questione e concludo. Sto per dire delle cose anche piuttosto gravi, ma ne voglio parlare con estrema franchezza. Mi riferisco ai comportamenti delle nostre autorità: parlo di alti funzionari della Repubblica all'estero, sino ai consoli stessi. Mi risulta che, in situazioni particolari (stavo per dire «generalizzate», ma non vorrei passare la misura) anche le autorità consolari non si comportino all'altezza delle necessità del cambiamento, perché molte volte cercano di scaricare sull'autorità politica della Repubblica cambiamenti in atto, provocando disinformazioni e malumori, talvolta persino infondati: si tratta di disinformazioni vere e proprie su quanto dovrebbe o potrebbe avvenire in futuro. Credo che anche in questo caso sia necessario, da parte dell'autorità centrale, un intervento presso tutte le nostre autorità istituzionali all'estero affinché si comportino all'altezza dei doveri verso la Repubblica. Si tratta di un atteggiamento molto grave, che mi indigna e potrei persino passare a denunce più particolareggiate. Non voglio arrivare sino a questo punto, ma è ora di farla finita e ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. Per quanto concerne le nostre autorità all'estero, esse devono essere consapevoli di essere al servizio della Repubblica.

MARCO FEDI. Credo innanzitutto che si debba fare una premessa, perlomeno per quanto mi riguarda. Dobbiamo fare un tentativo fra di noi per sottrarre questa discussione non già alle responsabilità politiche, che ovviamente ognuno di noi ha per le proprie competenze e per le proprie appartenenze, ma al loro «rimpallarsi». Ci trasciniamo dietro, infatti, una situazione in cui le risorse a disposizione della nostra rete diplomatica e consolare sono diminuite nel corso degli anni e di fatto siamo costretti a correre dietro alle emergenze.
Sottratta tale questione al «rimpallarsi» delle responsabilità politiche, diamo per assodato che le responsabilità politiche attengono ai governi di centrodestra, come nel passato ai governi di centrosinistra e in qualche misura anche a quello attuale, sulle cui decisioni anche noi abbiamo espresso ed esprimiamo critiche. Rispetto a questa situazione generale il Comitato permanente sugli italiani all'estero e la Commissione Affari esteri devono quantomeno stabilire un rapporto proficuo di collaborazione con il Ministero. Lo scorso anno, nella discussione sul disegno di legge finanziaria, venne approvato un ordine del giorno in base al quale si chiedeva al Governo non tanto la comunicazione di decisioni prese, quanto un'interlocuzione costante sul «dove», sul «come» e sul «quando» avverranno le proposte di razionalizzazione della rete consolare. Per noi la parola «razionalizzazione» ha un peso e non può comportare solo tagli, ma anche


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investimenti, ovvero impiegare al meglio le poche risorse disponibili.
Non faccio invece un'altra premessa di carattere politico generale rispetto alla dotazione del Ministero degli affari esteri nel suo complesso, perché ritengo che essa domini tutti i nostri lavori e veda sostanzialmente un accordo tra le forze politiche rispetto a questa esigenza, ancora oggi inevasa se non per le competenze della cooperazione internazionale.
Cosa dovremmo fare, oltre a stabilire questa interlocuzione diretta con voi, per poter meglio contribuire ad indicare anche i percorsi di razionalizzazione della rete consolare? Dovremmo intraprendere una azione di controllo molto più serrata; quando parlo di controllo naturalmente non mi riferisco soltanto alle interrogazioni parlamentari, ma anche alla discussione con voi sul modo con cui si arriva a prendere certe decisioni, assunte giustamente in maniera autonoma dal Ministero degli affari esteri. In questo contesto a mio avviso vi è stata carenza di dialogo, che in qualche modo dobbiamo recuperare sulle questioni più generali, su quelle di indirizzo ed infine anche sulle riforme.
Se infatti non riusciamo ad uscire da questa logica di emergenza, che porta anno dopo anno ad apportare tagli nelle manovre di bilancio con cui dobbiamo fare i conti al momento di assumere le decisioni, non potremo procedere ad un'azione efficace di potenziamento e di razionalizzazione della rete consolare. Credo che questa azione di riforma debba essere tesa a migliorare la gestione dei consolati e la nostra rete consolare, per quanto riguarda tutti i servizi erogati alle nostre comunità nel mondo.
In proposito vorremmo capire in quale misura si può, facendo degli investimenti, sopperire a queste riduzioni prospettate della nostra rete consolare ed in quale misura questi investimenti possono essere una prima iniziale risposta. Tuttavia, parlo di investimenti: infatti chiunque oggi prospetti collegamenti telematici, il miglioramento della rete di servizio attraverso soluzioni innovative, non può che parlare di investimenti, perché non è possibile pensare di fare ciò con le limitate risorse di cui disponiamo.
Anche sugli organici dobbiamo fare un discorso serio; non è possibile parlare di investimenti e di rafforzamento della nostra rete diplomatico-consolare solo in una logica di razionalizzazione; occorre anche provvedere al miglioramento dei servizi erogati alla nostra comunità. Allora si deve parlare in termini concreti di personale di ruolo ed anche di contrattisti, trovando un giusto equilibrio tra queste due tipologie di dipendenti della nostra pubblica amministrazione per quanto riguarda il Ministro degli affari esteri. Premetto che sulla questione dei contrattisti, a mio avviso, si deve aprire la discussione sulla riforma dei diritti sindacali di questa tipologia di personale. Se così sarà, riusciremo ad essere costruttivi e ad imprimere una possibile svolta ad una situazione che altrimenti rischia di perpetuarsi negli anni e nelle future leggi finanziarie.

MARCO ZACCHERA. Intervengo molto brevemente, anche perché - come spesso succede nell'organizzazione dei nostri lavori - siamo costretti a rincorrerci; infatti, l'ordine del giorno prevede un altro impegno alle 16 e bisogna decidere se parteciparvi o meno, magari arrivando in ritardo.
Detto ciò, ringrazio ovviamente il segretario generale e mi scuso per essere stato assente - ancorché giustificato - nella scorsa seduta; tuttavia, ho letto la sua relazione, che avevo già ricevuto.
Se è quantificabile in 100 milioni di euro il costo della sistemazione ottimale della rete diplomatica e consolare, mi chiedo se non dobbiamo aprire seriamente un dibattito parlamentare per aumentare la dotazione di questa rete. Il disegno di legge finanziaria non è ancora stato trasmesso alla Camera e lo sarà probabilmente nei prossimi giorni. Se i colleghi presenteranno tutti insieme emendamenti tesi ad integrare almeno parte di questa somma, avremo fatto cosa utile al Ministero degli affari esteri e soprattutto ai nostri connazionali. Al


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momento stiamo affrontando il problema in seno al Comitato sugli italiani all'estero, ma non dimentichiamoci che un consolato attende anche ad altri compiti oltre che ad assistere la nostra comunità.
È il caso di Edmonton, ad esempio: è vero che a Edmonton vi sono pochi italiani, ma è anche vero che la città è dislocata in una parte del Canada con il più ampio e rapido sviluppo economico. Se l'Italia «chiudesse la sua antenna» in zona, compirebbe una scelta magari logica dal punto di vista della razionalizzazione dei costi, ma del tutto illogica sotto il profilo della penetrazione italiana nel territorio canadese a maggiore sviluppo, dove tra l'altro - come saprete - sono stati scoperti giacimenti di petrolio.
Mi preoccupa un altro aspetto, che invece non ho letto nella relazione; forse non ne avete parlato, tuttavia, conoscendo la competenza ed il valore del nostro interlocutore sono sicuro che mi farà pervenire una risposta, visto che fra un po' dovrò lasciare la seduta. Mi riferisco al discorso delle futuribili elezioni. Nelle ultime elezioni politiche, vi sono state molte disfunzioni durante il voto. Evitiamo qui di citare la parola «brogli», anche se ho un forte convincimento in tal senso. Se si votasse domani mattina, come la mia parte politica auspica, oppure ipoteticamente tra qualche mese, quale sarebbe la situazione rispetto a due anni fa? La situazione è nettamente migliorata? È pressappoco uguale a prima? Vi sono dei suggerimenti da parte delle strutture centrali per organizzare meglio il voto, per controllare meglio i destinatari dei plichi elettorali? Sono stati fatti degli studi da questo punto di vista? Viene proposta, richiesta, considerata indispensabile - tralasciando l'ipotesi di cambiare la legge, tanto non se ne parla - perlomeno una spedizione via plico raccomandato? Sono state assunte iniziative per passare dalla distribuzione pubblica a quella privata, o viceversa, a seconda dei Paesi?
Ritengo che il nostro Comitato, che sul voto degli italiani all'estero ha in programma un percorso di lavoro futuro, dovrebbe approfittare di questo. In qualche maniera abbiamo bisogno di una risposta (oggi o a breve, anche in forma scritta) da parte del Ministero, perché si tratta di un problema con il quale ci confrontiamo tutti i giorni. Infatti, è facile protestare per la chiusura di un consolato, come a Bastia o ad Edimburgo; in quest'altro ambito, invece, esiste una situazione generale molto preoccupante, a legge invariata, per affrontare la questione delle elezioni.
Mi fermo qui, anche se vi sarebbero tantissime altre iniziative. Mi auguro di avere ancora la possibilità, in altre occasioni, di parlare con il dottor Massolo.

SANDRA CIOFFI. Sono già intervenuta nella scorsa seduta, tuttavia volevo aggiungere qualche piccolo elemento. In realtà, la recente costituzione di questo Comitato permette meglio di programmare in questo periodo la razionalizzazione che, com'è stato appunto ripetuto prima, non significa eliminazione.
Sono d'accordo sulla questione di Edmonton, città in cui la presenza italiana è diventata estremamente importante; inoltre allo stesso modo sono sotto gli occhi di tutti i cambiamenti nel mondo che dipendono dalle situazioni economiche e sociali che si modificano di volta in volta.
Tra l'altro, anche il discorso della razionalizzazione - oltre a quanto ha già detto il collega Fedi sulla questione della formazione, cui occorre dare particolare attenzione - è importante, proprio per dare l'opportunità di un funzionamento sempre migliore di questi nostri consolati, con un impiego delle risorse innovativo per quanto riguarda la costruzione delle reti sul territorio, facendo anche ricorso ad un uso giusto dell'innovazione tecnologica. Infatti, il ruolo attuale dei consolati e delle ambasciate è cambiato e sta cambiando rispetto a quello di alcuni anni fa. In questo momento la grande novità è costituita dal voto degli italiani all'estero, ma vi è anche il discorso degli scambi tra imprenditori. Quindi, è importante la razionalizzazione, che sempre di più comporta anche innovazione nell'ambito dell'organizzazione della rete consolare.


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Ringrazio l'ambasciatore Massolo per l'attenzione che sta riservando a questi problemi, attinenti proprio alla modernizzazione della rete consolare, ed ho apprezzato in particolare la sua relazione, svolta nel corso della scorsa seduta. È infatti fondamentale pervenire proprio ad un coordinamento, ad una razionalizzazione e ad una modernizzazione, con una formazione adeguata alle esigenze che attualmente si manifestano nel mondo. La ringrazio molto.

PRESIDENTE. Nel corso delle varie audizioni, ma anche negli incontri con il Viceministro Danieli si è parlato degli strumenti a disposizione dei consoli. Non voglio ripetere quanto è stato detto da chi mi ha preceduto, ma in molte situazioni è stata palesata una debolezza, anche da parte di chi dirige le strutture, nel farle funzionare prendendo provvedimenti. In questo ambito da anni si parla di valutazione, ma si tratta di un elemento mai introdotto nel sistema di funzionamento della rete.
Nel frattempo abbiamo discusso in sede di Commissione affari esteri il decreto di riordino ed abbiamo anche espresso in proposito un parere, segnalando alcune priorità che riguardavano più la prima parte relativa alla riorganizzazione, ossia quella relativa alla segreteria generale, piuttosto che l'intervento sulle sedi.
Come molti miei colleghi, continuo a ripetere che i consolati, dopo due fasi di ristrutturazione e di chiusura, devono essere considerati nel quadro dell'internazionalizzazione degli investimenti. Concordiamo sul fatto che questa operazione non darà luogo a risparmi molto ingenti. Bisogna proseguire sul discorso del personale di ruolo e dei contrattisti.
Riguardo alla sede di Edmonton, averne praticamente decretato la chiusura lasciando solo uno sportello è una decisione che lascia perplessi sia per le distanze sia per lo sviluppo che sta vivendo questa zona mineraria. Chiaramente l'ambasciatore Massolo ha fatto in proposito le proprie considerazioni, contenute anche nella sua relazione; tuttavia, credo che come Comitato abbiamo il dovere anche morale di ribadire questi concetti.
Do la parola all'ambasciatore Massolo per la replica.

GIAMPIERO MASSOLO, Segretario generale del Ministero degli affari esteri. Desidero ringraziare lei personalmente, presidente, e il Comitato per le espressioni avute nei miei confronti, per le considerazioni fatte oggi, per la pazienza mostrata verso la lunga esposizione che ho svolto nella seduta precedente.
Cercando di riassumere e di dare un filo logico nel rispondere al presidente del Comitato ed ai deputati che sono intervenuti, va detto che abbiamo due problemi. Abbiamo innanzitutto la fase aperta dal comma 404, lettera g), dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007 ed un problema di fondo, relativo alla rete consolare (per la verità riguarda anche la rete diplomatica, ma in modo particolare quella consolare).
Per quanto riguarda il citato comma 404, si tratta di un processo voluto e dettato nei suoi criteri di fondo da una norma della legge finanziaria 2007, che la mia amministrazione si trova ad applicare insieme a tutte le altre amministrazioni dello Stato: chi, come noi, con una propria rete all'estero, chi con le proprie reti nazionali come altre amministrazioni, e tutti i ministeri con le proprie strutture interne. Quindi, lo strumento del comma 404 condiziona in qualche modo anche il tipo di interventi. Come ho detto nella scorsa seduta ed ho avuto occasione di evidenziare anche al Senato, quanto stiamo facendo con il comma 404 non è di per sé la soluzione del problema sottostante, bensì l'adeguamento ad un dettato normativo.
In che modo ci siamo accinti, come amministrazione, ad adempiere al comma 404? Ci siamo mossi, essenzialmente, con due obiettivi. Il primo è quello di non pregiudicare, con le misure che andavamo ad assumere, i servizi forniti alla collettività ed in generale gli altri servizi che i consolati sono chiamati a fornire. Il secondo obiettivo è quello di prevedere, nelle


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ipotesi che andavamo via via cercando di individuare, soluzioni alternative, tese per l'appunto a preservare la funzionalità. In terzo luogo l'obiettivo era anche quello di evitare di ledere situazioni individuali. Vista la situazione generale della rete all'estero sul piano del personale, carente dal lato delle risorse umane, nel perseguire il principio di non ledere le situazioni individuali abbiamo fatto anche l'interesse dell'amministrazione, interessata per l'appunto ad avere degli uffici dotati - per quanto possibile - di personale.
Nell'individuare le sedi ci siamo mossi non solo su questa base, ma anche applicando tre parametri fondamentali di cui ho avuto modo di parlare nella scorsa seduta. Infatti, abbiamo svolto un censimento, esaminando i carichi di lavoro, la consistenza delle collettività dei connazionali ed il numero e la qualità media delle pratiche in trattazione. Tutto ciò ci ha portato a formulare intanto una prima approssimazione numerica, riportata nella relazione tecnica allegata al nostro progetto di regolamento, sul quale la Commissione ha espresso - e di ciò ringrazio - il proprio parere poco tempo fa. Sempre nell'applicazione di queste considerazioni, abbiamo poi cercato di dare nomi a queste espressioni numeriche, tentando di farlo attraverso una suddivisione in fasi. In proposito capisco che non abbiamo fornito un piano di prospettiva fin dall'inizio, tuttavia non potevamo farlo - come a più riprese ha spiegato il Viceministro Danieli - perché noi stessi ci siamo mossi per tappe, individuando di volta in volta le sedi sulle quali intervenire, sulla base della criterizzazione che ho illustrato prima. Si è trattato, di volta in volta, di intervenire con accorpamenti o sostituendo o prevedendo la sostituzione di uffici di carriera con uffici onorari, o lasciando o prevedendo di lasciare degli sportelli consolari con uno o due contrattisti; ciò sempre in applicazione dei criteri di prima. Siamo così arrivati a definire la prima fase e poi la seconda, di cui avevo avuto anch'io occasione di parlare in questo Comitato e che poi è stata oggetto di parere da parte del Consiglio generale degli italiani all'estero.
Con l'occasione desidero esprimere formalmente, come amministrazione, un forte apprezzamento per la lettera che il vicesegretario generale del Consiglio generale degli italiani all'estero Losi ci ha inviato a proposito di Bedford, perché riteniamo che ciò sia un sintomo di un livello di consapevolezza, di propositività e di lavoro comune da seguire attentamente in futuro. Quindi, siamo lieti di accettare la proposta della chiusura di Bedford invece del consolato generale di Edimburgo, appunto avanzata dal vicesegretario generale del Consiglio generale degli italiani all'estero.
Procederemo anche ad una terza fase, non già per «cupio chiudendi», quanto perché essa è necessaria per arrivare a quel livello di risparmi che il comma 404 ci obbliga a fare, penalizzandoci con il congelamento delle assunzioni in caso di mancata realizzazione del contratto pattuito all'inizio: infatti abbiamo dovuto dichiarare sin dall'inizio il nostro risparmio al Ministero dell'economia. Quindi, si tratterebbe di andare contro tutto quanto ci proponiamo di fare, ossia rafforzare in qualche modo le strutture anche attraverso l'assunzione di personale di ruolo e a contratto. Questa terza fase - sulla quale ancora non ho ancora elementi approfonditi, non posso citare hic et nunc le sedi pronte per questo tipo di operazione - sarà ottenuta applicando lo stesso tipo di criterizzazione utilizzato sino ad adesso; quindi non si devono attendere interventi particolarmente estesi nel numero e nella qualità. La terza fase invece, così come la prima e la seconda, sarà di ampiezza e di qualità molto assimilabili alle prime due.
Se queste sono le regole di ingaggio che l'amministrazione sta cercando di adempiere al meglio delle sue possibilità, ciò non risolve il problema. Infatti, la questione di fondo - come enunciavo in apertura della mia audizione nella scorsa seduta - è che malgrado gli interventi del comma 404, la nostra rete all'estero è


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allocata e distribuita geograficamente in modo molto esteso, con un volume di risorse umane e finanziarie che negli anni è andato decrescendo, che risulta sempre più problematico mantenere in efficienza, vale a dire in grado di fornire le prestazioni e i servizi che vengono richiesti, alcuni dei quali sono tradizionali ed altri nuovi e in aumento (basti ricordare la cittadinanza e le questioni migratorie).
Con questo volume di risorse diventa quindi sempre più problematico adempiere alla nostra parte di contratto.
Da qui discendono evidentemente soltanto due scelte, evidentemente estreme. La prima è quella di intensificare in modo robusto le risorse. Mi è stata avanzata qualche volta l'obiezione secondo cui dovremmo ottimizzare meglio quanto abbiamo; in realtà lo stiamo già facendo, perché altrimenti con i tagli che si sono succeduti nel tempo e nei vari governi a questo punto avremmo già compromesso la funzionalità della rete consolare. Oltre un certo limite si hanno due alternative: una decisa inversione di tendenza, che nella seduta precedente quantificavo - al netto di eventuali compiti aggiuntivi - in circa cento milioni di euro, sottolineando che si trattava di una cifra di larghissima approssimazione, da quantificare con molta accuratezza e volta semplicemente a dare una idea degli ordini di grandezza; oppure, qualora queste risorse non fossero ritenute compatibili con la situazione del bilancio pubblico, vi era da chiedersi seriamente se non fosse il caso di dotarsi di una rete meno estesa, facendo confluire su un numero inferiore di consolati le stesse risorse umane e finanziarie, ora distribuite su un numero di uffici maggiore.
È chiaro che quel tipo di processo richiede una concordanza ed una concertazione molto rilevante - sicuramente maggiore di quello che ha potuto richiedere lo strumento del comma 404 nella sua applicazione - sia con il Parlamento sia con le collettività in loco. Devo dire che in proposito mi sento personalmente incoraggiato dall'atteggiamento delle due Commissioni che mi hanno audito e da quanto manifestato dal vicesegretario generale Losi. È quindi evidente che dobbiamo intraprendere questo tipo di riflessione, a mio parere, usando i metodi di concordanza qui indicati.
Non so quale potrà essere l'esito di questa riflessione: probabilmente potrà scaturire da una combinazione fra i due estremi: da un lato, un volume di risorse accresciuto, in maniera logica e sensibile, essenzialmente concentrato su investimenti in persone, su rinnovamenti strutturali e su - questo sì - un forte investimento nell'informatica e nella modernizzazione; dall'altro, un numero di uffici probabilmente minore di quello, piuttosto rilevante, che abbiamo in questo momento. Quindi, si tratterebbe di combinare in maniera ottimale questi due tipi di intervento, senza ricorrere esclusivamente all'uno o all'altro.
In ciò l'amministrazione è decisa a fare la propria parte, sia sul piano delle proposte, sia su quello della formazione. Infatti, in questa sede ho sentito dire, soprattutto dal presidente, che vi è un problema di formazione. Certamente così è e stiamo cercando di porre riparo per riportarla a livelli più adeguati. Inoltre, esiste un problema anche sul piano della semplificazione e della razionalizzazione delle procedure, soprattutto di quelle contabili, perché anche così si liberano risorse umane e finanziarie e si consente di allocarle in modo più razionale.
Infine, sul piano delle valutazioni sono pienamente d'accordo con quanto detto soprattutto dall'onorevole Farina in merito a comportamenti individuali che non hanno ragione di essere, anche perché non sono tenuti - e ci mancherebbe! - sulla base di indicazioni del Ministero. Si tratta, invece, di opinioni personali, spesso di frasi dette volendo «mettere le mani avanti per non cadere all'indietro», che hanno bisogno di ricevere il trattamento che meritano.

PRESIDENTE. Sicuramente il ruolo del Comitato non si esaurisce con un'audizione.


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Da parte nostra cercheremo di tradurre in azioni politiche quanto emerso da queste audizioni, anche nel senso indicato da altri colleghi. Ciò avverrà nella consapevolezza - come tutti ripetiamo - che spesso ci troviamo a fare i conti con le risorse date e con il fatto che la rete consolare è estremamente dimagrita, pur conservando un ruolo così importante nel mondo. Quindi, con la terza fase, grazie anche all'impegno della Farnesina, possiamo quanto meno dire di essere riusciti a contenere un poco il danno che tutti temevamo.
La ringraziamo, signor ambasciatore, augurandole buon lavoro.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,20.