COMMISSIONI RIUNITE (III CAMERA E 3a SENATO)
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
E 3a (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 11 settembre 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA
III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI
DEPUTATI UMBERTO RANIERI

La seduta comincia alle 10,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sulla presentazione presso l'Assemblea generale delle Nazioni Unite della proposta di risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Governo sulla presentazione presso l'Assemblea generale delle Nazioni Unite della proposta di risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali.
Questo è un tema sul quale abbiamo avuto modo di discutere lungamente, in costante e puntuale rapporto con il Governo, che è impegnato in questa direzione e che fa leva sul sostegno dell'intero Parlamento e delle Commissioni esteri, le quali hanno manifestato in tante occasioni la loro sensibilità riguardo a questo argomento, che ora si sta facendo strada.

Do la parola al sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Gianni Vernetti.

GIANNI VERNETTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor presidente, in questo primo incontro alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, credo che sia utile informare le Commissioni sulle ultime evoluzioni, ovviamente collocandole nell'ambito del lavoro di questi mesi. Siamo oggettivamente alle battute finali di questo lungo lavoro, dunque il momento è importante e delicato; pertanto, credo sia utile rifare il punto della situazione per comprendere come poter coordinare positivamente il lavoro parlamentare, quello del Governo e l'attività internazionale in sede di Assemblea generale.
Richiamo molto brevemente, anche per memoria, il percorso compiuto in questi mesi, sebbene esso sia ampiamente conosciuto. Nei mesi scorsi, anche grazie all'iniziativa parlamentare, concretizzatasi in diversi atti che hanno sollecitato fortemente il Governo a intraprendere un'azione internazionale (come ricorderete, essa non è stata priva di un dibattito, anche interno a queste Commissioni), abbiamo deciso, come Governo, di tentare la strada della solidarietà europea. Questo ha significato riconoscere all'Unione europea il ruolo di grande organizzazione regionale che - al di là delle recenti prese di posizione un po' «distoniche» della Polonia - ha abolito la pena capitale e storicamente, nei fori internazionali multilaterali, ha assunto spesso in modo unitario posizioni molto nette e chiare per una risoluzione sulla moratoria delle esecuzioni, in vista dell'abolizione della pena di morte. Abbiamo deciso, quindi, di collocarci in un solco europeo - senza che per questo venisse meno il forte protagonismo italiano, che c'era, c'è e rimane - per giungere alla costruzione di un consenso ampio in tutti e cinque i continenti, grazie


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alla «massa critica» di 27 Paesi che, unitariamente, hanno assunto una forte iniziativa politica internazionale.
Ritengo ancor più utile questa scelta, analizzando alcuni precedenti non positivi ed alcune vicende che, proprio a causa della divisione europea, avevano portato al fallimento di iniziative simili negli anni scorsi. Non le richiamo perché credo siano ampiamente note: ricordo che, a seguito dell'astensione, del disimpegno o addirittura dell'assunzione di motivate posizioni contrarie, fallirono iniziative simili proprio per la mancata solidarietà europea.
Alcuni mesi fa, in ambito UE, è stata creata una task force - l'Italia ne ha fatto parte insieme alla Presidenza portoghese e ad altri Paesi -, ovvero una specie di cabina di regìa, che ha costruito il percorso fino all'approvazione della risoluzione.
Il dibattito generale della sessantaduesima Assemblea generale si aprirà, a New York, il prossimo 25 settembre. Dal punto di vista procedurale, la risoluzione sulla moratoria della pena di morte sarà presentata all'Assemblea generale fin dall'apertura formale dei lavori, in modo da sensibilizzare il nuovo Presidente dell'Assemblea sulla priorità politica che un numero consistente di Paesi attribuisce a tale iniziativa. In questo contesto, come Governo italiano, promuoveremo un'iniziativa insieme alla Presidenza portoghese e a un gruppo selezionato di co-sponsor, rivolgendoci intanto ai 96 Paesi che già in vario modo hanno aderito alla dichiarazione di associazione nella prima fase, a quelli che in questa seconda fase si sono aggiunti nel processo di elaborazione della nuova risoluzione e a quelli che hanno assunto determinate scelte nazionali in proposito. Penso al Turkmenistan, il quale, pur non avendo mai aderito ad alcuna risoluzione né ad alcuna iniziativa, ha recentemente abolito la pena di morte e nella giornata di ieri, attraverso il suo Ministro degli affari esteri, ci ha confermato l'impegno assunto in occasione della Conferenza su Italia e Asia centrale svoltasi alla Farnesina.
Proporremo un'iniziativa tutta politica. Il 28 settembre, al termine della prima settimana del segmento di alto livello della sessantaduesima Assemblea generale delle Nazioni Unite, promuoveremo, a New York, un evento politico pubblico (di mattina, tra le 8,30 e le 9), nel quale presenteremo l'iniziativa. Sarà uno degli eventi collaterali che si svolgono soprattutto nel corso della prima settimana dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, quando a New York è presente un auditorio estremamente rappresentativo di tutti i Paesi del mondo.
Passo ora ad illustrarvi il testo della risoluzione. In ambito UE abbiamo definito un testo che sostanzialmente ricalca quello proposto dall'Italia nel Consiglio affari generali del 18 giugno. Questo progetto di risoluzione sostanzialmente contiene un linguaggio che ricalca il testo della dichiarazione di associazione, sul quale avevamo già raccolto il consenso di 85 Paesi.
Senza entrare nei dettagli, vi è stata una fase in cui alcuni Paesi europei hanno proposto l'adozione di un testo molto più «abolizionista». Credo vi sia chiara la differenza tra una risoluzione universale che parla di un percorso verso l'abolizione e quella che utilizza un linguaggio abolizionista tout court. Noi siamo certamente abolizionisti, ma abbiamo l'obiettivo di portare a casa questa risoluzione e di ottenere un voto favorevole. Pertanto, la moratoria universale verso l'abolizione è da noi ritenuta - e, da quanto contenuto negli atti approvati in proposito, il Parlamento concorda su questo - lo strumento per poter raggiungere la maggioranza assoluta dei Paesi membri.
Il dibattito è stato piuttosto acceso. Alcuni Paesi, soprattutto del nord Europa, tendevano a riscrivere la risoluzione con un linguaggio formale più duro e netto, ma noi abbiamo preferito attenerci a quel linguaggio e a quel testo. Oggi, la dichiarazione ricalca sostanzialmente il testo italiano e si conclude con un dispositivo che richiama gli Stati membri ad introdurre


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un'immediata moratoria delle esecuzioni, in vista dell'abolizione della pena di morte.
Personalmente, esprimo un giudizio sostanzialmente positivo sul lavoro della Presidenza portoghese, che dal 1o luglio ha sostituito quella tedesca. Del resto, al di là delle sfumature, non potrebbe che essere così. La Presidenza portoghese ha ereditato il forte mandato di tre Consigli affari generali (dunque dei Ministri degli esteri dei 27 Paesi), e quindi la regìa dell'iniziativa, prima portata avanti da Italia e Germania ed oggi passata nelle mani della nuova Presidenza. Certamente essa vuole - e ottiene - il protagonismo politico della propria azione, come è naturale che sia per ognuno dei Paesi che assumono la Presidenza del semestre.
In ogni caso, noi stiamo lavorando bene con la Presidenza portoghese, che ha continuato a collaborare con noi su quell'alleanza transregionale promossa dall'Unione europea, che rende tuttavia questa risoluzione rappresentativa di tutti i continenti. Vi elenco soltanto i co-sponsor certi nella prima fascia di Paesi molto attivi, anche nelle loro aree sub-regionali: Angola, Messico, Brasile, Filippine, Albania, Croazia, Timor Est e Nuova Zelanda. Si tratta di Paesi con diverse caratteristiche, ma tutti accomunati dalla forte motivazione ad essere promotori, nella loro area regionale, dell'iniziativa. Si tratta di Paesi grandi, emergenti o piccolissimi, magari fuoriusciti da un dramma trentennale (come Timor Est), che, per le loro caratteristiche, in quel contesto regionale sono stati da noi individuati come leader regionali dell'iniziativa.
Successivamente, contiamo di presentare la risoluzione anche a Sudafrica e Russia, poiché questi Paesi, pur con qualche sfumatura diversa, hanno espresso sostegno e interesse a far parte attiva del processo di co-sponsorship. Nella fase immediatamente successiva contiamo, ovviamente, di allargare l'iniziativa a un numero maggiore di Paesi.
La risoluzione passerà all'esame della III Commissione dell'Assemblea generale (Commissione sociale, umanitaria e culturale), l'8 ottobre 2007. Le procedure dell'Assemblea generale prevedono infatti che sia approvata dalla III Commissione, competente anche sulle materie dei diritti umani. Concluso l'esame e l'approvazione presso la III Commissione, la risoluzione andrà al voto finale dell'Assemblea plenaria. Non mi sento di fare previsioni, ma stiamo parlando di alcune settimane dopo l'apertura, dunque sostanzialmente del mese di ottobre di quest'anno.
Anche per la forte pressione che abbiamo in mente di esercitare, con la presentazione e l'evento politico del 28 settembre prossimo, e con l'avvio della discussione in III Commissione nei primi giorni del mese di ottobre, credo che la vicenda si risolverà in tempi rapidi. Pertanto, sono convinto che nel mese di ottobre saremo in grado di portare la risoluzione in sede di Assemblea plenaria, di discuterla e di votarla definitivamente.
Va sottolineato lo sforzo che ha coinvolto anche le numerose organizzazioni non governative attive contro la pena di morte, le quali ci sosterranno organizzando eventi collaterali, sia durante i lavori dell'Assemblea generale che durante i lavori della III Commissione. Tutto ciò è positivo, in quanto crea un clima favorevole al contesto politico.
Questa è una campagna - lo sottolineo nuovamente - che rappresenta una delle nostre priorità. Come sapete, la stampa, in agosto, segue una dinamica di rappresentazione dei fatti piuttosto particolare, amplificandone alcuni di per sé piccoli. Tuttavia, questa estate abbiamo intrapreso alcune iniziative che hanno prodotto anche forti reazioni. Penso all'azione di protesta che abbiamo condotto nei confronti della Repubblica islamica dell'Iran, per l'arbitraria impiccagione - sostanzialmente priva di reali imputazioni - di alcuni giornalisti curdi, dopo un processo assolutamente inadeguato agli standard internazionali. Ho ricevuto una nota verbale molto dura da parte della Repubblica islamica dell'Iran, per dichiarazioni molto pacate, che tuttavia esprimevano una protesta molto netta nei confronti di quelle esecuzioni.


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Il Governo italiano ha tenuto alta la propria attenzione e monitorato i casi più eclatanti di abuso nell'applicazione della pena di morte nel mondo. In particolare, appunto, riferisco il caso dei due giornalisti curdi accusati di spionaggio e di diverse altre esecuzioni capitali che in pochi giorni sono state eseguite in Iran.
La Presidenza portoghese, inoltre, ha svolto un intervento presso il Governatore del Texas per il caso di Kenneth Foster, la cui condanna a morte negli ultimi giorni è stata commutata in ergastolo. Ritengo che questi fatti preparino il confronto presso l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, confermando l'impegno internazionale del nostro Paese su questo tema.
Questo è il quadro odierno. Siamo fiduciosi che il lavoro svolto durante l'anno, in modo complesso, con tutti i passaggi che prima richiamavo, possa concludersi positivamente nei tempi poc'anzi comunicati.

PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Vernetti.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIULIO ANDREOTTI. Signor presidente, questo è un tema che da alcuni decenni trattiamo spesso, esercizio che ha sicuramente un valore morale intrinseco e che non è mai inutile. Tuttavia, la prospettiva che la pena di morte possa essere realmente abolita al momento non esiste. Agli Stati Uniti, ad esempio, tale abolizione appare inaccettabile, anche perché scorgono nel tema uno dei punti di maggiore differenziazione tra i diversi Stati dell'Unione. Pertanto, una normativa che dovesse coinvolgerli tutti violerebbe un determinato principio.
Questa discussione è stata svolta numerose volte. Ricordo che la senatrice Salvato si era specializzata su questo argomento, direi peraltro con molta efficacia dal punto di vista etico e sentimentale. Per il resto, credo che non si possa razionalmente ritenere di poter arrivare a tale risultato, almeno in un periodo di tempo prevedibile. La discussione, pertanto, ha certamente un significato morale e induce a una meditazione utile, ma riguardo agli effetti sulla produzione legislativa credo che le possibilità di veder realizzato l'obiettivo siano inesistenti. Questa è la mia opinione.

SERGIO D'ELIA. Signor presidente, devo ringraziare lei e il presidente Dini per aver deciso di convocare, in pochissimi giorni, le Commissioni affari esteri di Camera e Senato, al fine di acquisire informazioni da parte del Governo sullo stato dell'arte dell'iniziativa per la moratoria delle esecuzioni capitali.
Il presidente Andreotti ha parlato della velleitarietà di questa iniziativa e della mancanza di prospettive concrete per l'abolizione della pena di morte. Voglio ricordare in proposito che questa campagna parte, per quanto ci riguarda, nel 1993 e che, ovviamente, la lotta è lunga. Rilevo soltanto che nel 1994 il Governo italiano presentò per la prima volta una risoluzione per la moratoria all'Assemblea generale dell'ONU, sollevando uno scandalo; infatti, fu come buttare un sasso nello stagno. Allora, i Paesi che mantenevano la pena di morte erano 97. Oggi, i Paesi che la mantengono - e la metà di essi la praticano con una certa «allegria» - sono 49: stiamo parlando di 48 Paesi in meno nel corso di quattordici anni. Ritengo che tale riduzione sia il frutto anche della presentazione di quella risoluzione, che allora rappresentò una vera e propria rottura. Infatti, un conto sono le campagne che possiamo fare - e facciamo - come organizzazioni abolizioniste, ben diverso è che su questi temi si pronuncino le Nazioni Unite e la comunità internazionale.
Nel corso degli anni, sono state approvate diverse risoluzioni dalla Commissione ONU sui diritti umani di Ginevra, ma credo che questi 48 cambiamenti di posizione (grazie a moratorie legali o di fatto) siano il frutto anche di questa iniziativa in sede di Nazioni Unite.
L'Assemblea generale non emanerà alcun decreto, ma approverà un grande atto


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di forte indirizzo politico, che produrrà i suoi effetti nei prossimi anni. Dobbiamo parlare, appunto, di moratoria nella prospettiva dell'abolizione della pena di morte.
Ringrazio il sottosegretario Vernetti per aver fatto il punto della situazione con la sua informativa, rispetto alla quale mi preme sottolineare un aspetto. Credo che il Parlamento dovrebbe avere anche qualche motivo di rammarico. La prima risoluzione, che impegnava il Governo italiano a presentare la proposta di risoluzione all'Assemblea generale, risale al luglio dell'anno scorso; ricordo che l'Assemblea generale si sarebbe aperta nel successivo mese di settembre.
Conosciamo le vicende che sono seguite, ma il Parlamento deve prendere atto che l'obiettivo della presentazione della risoluzione nell'ambito della sessantunesima Assemblea generale (ormai conclusa) è fallito. Poi, sono arrivate le novità. A giugno, un'importante riunione del Consiglio affari generali e relazioni esterne dell'Unione europea ha deciso, per la prima volta in quattordici anni, di non rinviare all'anno «del poi» la presentazione della risoluzione. In quella sede, si è assunto l'impegno di fissare una data certa, che noi abbiamo salutato come un successo politico, frutto della convergenza fra la posizione del Governo italiano e quella di altri Paesi. Tuttavia, dobbiamo ricordare che a quella riunione si era arrivati dopo una decisione precedente in base alla quale ventisei Paesi, contro la sola Italia, intendevano rimandare la discussione (badate, non la decisione) alla successiva riunione del CAGRE, nel mese di settembre.
Abbiamo ottenuto un risultato diverso anche grazie agli interventi, come è stato riconosciuto, del Presidente Prodi, del Ministro D'Alema e del Ministro Bonino, che erano stati precedentemente informati. Il Ministro Bonino, prima della riunione del CAGRE sopra richiamata, ha chiamato Moratinos e Kouchner per informarli della riunione prevista per il giorno 18. Gli interventi di Kouchner e Moratinos sono stati importanti, perché hanno portato al compromesso di impegnarsi a fissare una data per la presentazione. La conseguente decisione del CAGRE ha permesso di presentare la risoluzione all'apertura dell'Assemblea generale.
L'Assemblea generale, come sapete, si aprirà il 18, ma la data prevista per la presentazione è il 24 o il 25 settembre. Ciò comunque avverrà nel rispetto della decisione politica del CAGRE, che ha previsto di presentare la risoluzione all'apertura dell'Assemblea.
Sottosegretario Vernetti, questo è un punto importante. Se noi fallissimo la presentazione della risoluzione all'apertura dell'Assemblea generale e magari decidessimo di presentarla all'apertura dei lavori della III Commissione, rischieremmo di essere presi in contropiede dai fautori della pena di morte, i quali potrebbero presentare una loro risoluzione, che andrebbe al voto prima della nostra. È necessario, quindi, batterli sul tempo. Certo, l'Assemblea generale non ha lo stesso regolamento dei Parlamenti, tuttavia dobbiamo depositare la risoluzione il 25 settembre. Sarà poi l'Assemblea ad assegnarla alla Commissione competente, che noi sappiamo essere la III Commissione.
Affronto un'ultima questione, relativa al ruolo dell'Italia. Saluto come un fatto apparentemente modesto, ma secondo me molto importante, quanto si è prodotto in questi ultimi giorni grazie alla nostra iniziativa - mia, di Marco Pannella e di altre decine di persone - di uno sciopero della fame per sostenere la necessità che sia rispettato quanto deliberato nei Parlamenti e nel CAGRE.
Prendo atto con soddisfazione del fatto che lei abbia riferito che il 25 settembre sarà presentata la risoluzione. Abbiamo salutato positivamente il fatto che il Presidente Prodi, alcuni giorni fa, abbia chiamato il premier portoghese Socrates e che insieme abbiano concordato di chiudere subito il testo della risoluzione, riconoscendo all'Italia ciò che ad essa è riconosciuto universalmente, vale a dire la priorità nella responsabilità di questa iniziativa. Non parlo solo di quello che abbiamo deliberato come Parlamento italiano. Il


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Parlamento europeo, il Consiglio d'Europa, il Segretario generale delle Nazioni Unite, le organizzazioni non governative, gli stessi CAGRE parlano di iniziativa italiana, con la collaborazione e la corresponsabilità della Presidenza dell'Unione europea. Addirittura, la decisione di un CAGRE tenutosi a maggio sosteneva di affidare all'Italia, assieme alla Presidenza (all'epoca tedesca), l'elaborazione del testo, la ricerca dei co-sponsor, e via dicendo. Noi ci siamo allarmati perché la Presidenza portoghese aveva fatto un po' troppa economia delle decisioni politiche e giuridiche assunte, e quindi abbiamo deciso di avviare questa iniziativa.
È importante che l'Italia ci sia e sia protagonista, perché ha la memoria di questa iniziativa. Indubbiamente, rappresenterebbe un successo della Presidenza portoghese ottenere una moratoria delle esecuzioni, ma obiettivamente l'esperienza dell'Italia (del Governo attuale e di tutti quelli che si sono succeduti dal 1994 ad oggi) deve essere valorizzata. Il Presidente Prodi ci ha assicurato che il suo collega portoghese ha accettato il principio che si tratti di un'iniziativa italiana. Siamo stati appena convocati in riunione, al pari con altri, ma in realtà dovremmo essere noi a convocare le riunioni.
Lei ci conferma, inoltre, che il testo che verrà presentato parlerà di moratoria delle esecuzioni capitali nella prospettiva dell'abolizione della pena di morte. Questo è un altro punto importante, altrimenti ci alieneremmo l'adesione di molti Paesi, disposti a votare la moratoria, magari nella prospettiva dell'abolizione della pena di morte, ma che non sosterrebbero un testo che parli direttamente di abolizione della stessa. Sembra un fatto formale, mentre invece è politicamente importante.

BRUNO MELLANO. Signor presidente, riprendo un punto che ha appena sottolineato il collega D'Elia. Vorrei in particolare dare atto al sottosegretario Vernetti delle rassicurazioni sul testo. Credo che sia davvero fondamentale scegliere accuratamente il testo da portare alla votazione finale, anche in considerazione dell'intervento svolto dal presidente Andreotti.
La strategia della moratoria - la vera novità italiana, la vera innovazione che, anche grazie alla battaglia di «Nessuno tocchi Caino» e all'iniziativa politica italiana, è stata portata all'interno della discussione mondiale sull'abolizione - è l'elemento cardine per costruire un'alternativa politica alle esecuzioni.
Il sottosegretario, a nome del Governo, ci ha rassicurato sulla circostanza che il testo abbia un nucleo centrale rivolto all'abolizione. Certo, siamo tutti abolizionisti, tuttavia il problema è quello di costruire un percorso che tenga assieme chi è già in grado di abolire la pena di morte e chi ha bisogno di passaggi intermedi per costruire il consenso dell'opinione pubblica capace di raggiungere questo livello di iniziativa politica. Il nodo centrale del testo, su cui il sottosegretario Vernetti ci ha rassicurato, credo rappresenti l'elemento cardine della battaglia che il Governo dovrebbe condurre in queste settimane.
La tabella di marcia che ci è stata confermata, per quanto mi riguarda, è rassicurante. Occorre davvero riuscire a costruire tutti i singoli passaggi, anche motivando adeguatamente la nostra diplomazia e i nostri rappresentanti all'ONU, proprio perché sappiamo che si tratta di un momento storico decisivo.
Credo che il presidente Andreotti sia rimasto colpito dai dati riferiti dal collega D'Elia su quanto si è ottenuto in questi anni. Siamo vicini a un traguardo: cerchiamo di tagliarlo con l'entusiasmo, la forza e la consapevolezza di aver svolto un lavoro importante. Grazie sottosegretario, ma «forza e coraggio»!

LEOLUCA ORLANDO. Signor presidente, voglio solo esprimere apprezzamento per la prudenza utile - e direi purtroppo necessaria - del Governo, che ha raccolto le sollecitazioni non prudenti del Parlamento. Io sono tra coloro che hanno contribuito a sollecitare in maniera non prudente il Governo, ma ritenevo necessario che Parlamento e Governo facessero


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ognuno la propria parte, per raggiungere un risultato che mi sembra si possa fin da adesso considerare positivo, ovvero la posizione dell'intera Unione europea su questa risoluzione.
Credo che questo rappresenti un dato importante, così come importante sarà registrare l'abolizione della pena di morte «legale», che mortifica il fondamentale diritto umano, ossia il diritto alla vita.

FRANCO NARDUCCI. Signor presidente, intervengo per esprimere la soddisfazione, anche del mio gruppo per l'azione del Governo in merito a questo importante aspetto. Certamente nessuno di noi può nutrire, come giustamente rilevava il presidente Andreotti, aspettative eccessive. Credo, tuttavia, che questo processo sia simile alla costruzione di una casa, che avviene mattone dopo mattone, come dimostrano i risultati che si stanno conseguendo, soprattutto all'interno di quei Paesi che, pur non prevedendo la pena di morte nel proprio ordinamento, erano molto freddi e distaccati rispetto a tutte le iniziative abolizioniste.
In questi Paesi, e del resto anche in Europa, sono maturate cultura e sensibilità nuove, e credo che questo sia il percorso che potrà, in tempi difficilmente preventivabili, portare all'abolizione della pena di morte. Da questo punto di vista, mi pare che il Governo abbia svolto un ruolo molto forte ed importante, a partire dalle sollecitazioni provenienti dalle Commissioni affari esteri e dal Parlamento. Pertanto, credo che debba avere il nostro plauso e l'incoraggiamento ad andare avanti con la stessa intensità in questa direzione.

PRESIDENTE. Do la parola al sottosegretario Vernetti per la replica.

GIANNI VERNETTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor presidente, mi limiterò a poche brevissime considerazioni.
Senatore Andreotti, non vi è dubbio che oggi vi sia ancora una pratica diffusa della pena di morte in tanti Paesi. Non ne ho parlato, perché ho preferito richiamare il lavoro svolto, soprattutto alcune questioni molto puntuali, come il testo delle risoluzioni e gli aspetti procedurali, che rappresentano i veri nodi di queste ultime ore di tale campagna. Una campagna durata decenni, per i tanti che l'hanno promossa, ma che nel lavoro parlamentare e di questo Governo risale al luglio 2006, sostanzialmente dall'inizio della nuova legislatura.
La pena di morte è ancora oggi applicata negli Stati Uniti d'America, e questo colpisce in modo particolare. Difatti, quando la pena di morte viene praticata da un regime brutale, fa parte delle caratteristiche intrinseche dello stesso; invece, quando viene praticata in un Paese democratico, per noi rappresenta un elemento di maggiore sofferenza e di difficoltà nei rapporti.
Nella Repubblica popolare cinese la pena di morte è largamente utilizzata. Oggi rappresenterebbe già un obiettivo importante ottenere qualche risultato in quella direzione. Nei nostri colloqui e nei nostri intensissimi rapporti con quel Paese, con l'educazione che li contraddistingue e a tutti i livelli, poniamo con molta chiarezza il problema della pena di morte. Sarebbe già un buon risultato ottenere l'abolizione dell'uso della pena di morte per i reati non di sangue. Oggi, infatti, in quel Paese la pena di morte viene applicata anche per reati amministrativi come il falso in bilancio.
Vi è, poi, il variegato mondo islamico, ed anche lì avvertiamo segnali positivi. Si tratta di una realtà percorsa da un'evoluzione positiva, in alcuni casi, sotto questo punto di vista. Sicuramente, nei codici penali della gran parte dei Paesi arabi e islamici permane la pena di morte; molti di questi Paesi, però, applicano una moratoria de facto delle esecuzioni: conservano la pena capitale, ma non la utilizzano.
Anch'io sono convinto che la prudenza sia utile e, in alcuni casi, d'obbligo, ma ritengo che in tale quadro di difficoltà in alcune aree del pianeta non possiamo non cogliere i fatti estremamente positivi degli ultimi anni. La scelta del Governo e del


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Parlamento del Ruanda mi sembra di grande rilievo, simbolico oltre che concreto. L'idea che un Paese che ha vissuto un pauroso genocidio - non cinquant'anni fa, ma solo pochi mesi fa - assuma, anche come elemento fondante della propria riconciliazione nazionale, la moratoria immediata e l'abolizione nella propria Costituzione della pena di morte, mi sembra di grande significato.
L'Asia è un altro continente nel quale vi sono ancora Paesi che mantengono la pena di morte, ma ci sono segnali positivi: penso, ad esempio, alla scelta della Repubblica delle Filippine e di Timor Est.
L'azione italiana, quindi, si colloca in queste situazioni di difficoltà, ma tuttavia coglie e valorizza al massimo tutti questi elementi positivi.
Quanto all'Africa, ricordo la rielezione in Senegal del presidente Wade, che dell'abolizione della pena di morte ha fatto uno dei punti fondanti della sua caratteristica di leader liberaldemocratico di un Paese africano. In questo mondo complicato, insomma, si colgono elementi di grande interesse.
Ritengo, quindi, che il lavoro giusto oggi sia rappresentato dalla moratoria universale verso l'abolizione. Questo è esattamente quanto il Parlamento e il Governo hanno chiesto, ed è su tale approccio che abbiamo impostato il lavoro di questi mesi. Sono convinto che stiamo percorrendo la strada giusta.
Onorevole D'Elia, per quanto riguarda il discorso di aver perso l'opportunità della sessantunesima Assemblea generale, ricorderà che ne abbiamo discusso moltissime volte, anche animatamente, in questa Commissione. Tuttavia, penso che sia stato un fatto positivo, alla riapertura della legislatura, porre il problema e riprendere un lavoro sul quale l'Italia si era storicamente impegnata, da un Governo all'altro. Ringrazio chi ha promosso questa azione e chi ha portato all'attenzione nostra, delle Commissioni esteri e del Parlamento questo tema, riprendendo un importante lavoro con grande protagonismo.
Non penso che sia stato perso tempo. Oggi, nel settembre 2007, siamo più forti di quanto non fossimo nel luglio 2006. Abbiamo ottenuto una storica decisione al CAGRE del 18 giugno e dobbiamo valorizzarla. Abbiamo portato l'intera Unione europea sulla nostra posizione. Penso che il protagonismo italiano sia fortemente riconosciuto. La Presidenza di turno, giustamente, cerca di connotare la propria azione, prendendosi anche la sua fetta di gloria, ma credo che il protagonismo italiano sia ampiamente riconosciuto.
Infine, ricordo che domenica scorsa ho incontrato, a Torino, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, presente all'incontro a porte chiuse con i 60 massimi dirigenti delle Nazioni Unite ospitato dallo Staff College di Torino. Incontrandolo a margine di quell'evento, gli ho chiesto di essere presente all'evento politico del 28 settembre e Ban Ki-moon ha aderito.
Considero l'impegno del Segretario generale delle Nazioni Unite un dato di grande rilevanza, che segna una differenza rispetto al passato. Si dovrà solo definire l'ora, ma Ban Ki-moon sarà presente alla presentazione della risoluzione. Credo che anche questo aiuterà la conclusione positiva del nostro lavoro.

PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Vernetti e auguro a tutti una buona ripresa dei lavori.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,50.