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COMMISSIONE IV
DIFESA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 16 gennaio 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTA PINOTTI

La seduta comincia alle 14,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sullo stato di attuazione del programma pluriennale relativo allo sviluppo del velivolo Joint Strike Fighter-JSF.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca comunicazioni del Governo sullo stato di attuazione del programma pluriennale relativo allo sviluppo del velivolo Joint Strike Fighter-JSF.
Auguro al sottosegretario di Stato per la difesa, Giovanni Lorenzo Forcieri, un buon lavoro per il 2007 e gli cedo senz'altro la parola.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor presidente, naturalmente il Governo ricambia a lei e all'intera Commissione gli auguri di un buon 2007, sia per quanto riguarda l'aspetto istituzionale e lavorativo, che per quanto riguarda quello personale di ciascuno dei membri.
Prima di entrare nel merito del programma JSF, della sua attuale fase di sviluppo e della sua prosecuzione, ritengo giusto fornire un breve riepilogo cronologico della sua storia, che consenta di inquadrarne il percorso. Avviatosi nel 1996, quando ministro della difesa era l'onorevole Andreatta, esso rispondeva ai nostri indirizzi di politica estera e di difesa, nonché alle nostre scelte strategiche in materia di industria della difesa e di alta tecnologia. Nel 1998 ci fu il primo parere favorevole delle Commissioni difesa della Camera e del Senato, mentre il secondo passaggio parlamentare, che diede il via al programma, si ebbe nel 2002, allorché il programma stesso fu approvato per quanto riguardava sia la fase di ricerca sia la fase di sviluppo.
In particolare, la Commissione difesa della Camera adottò un parere favorevole integrato da una serie di osservazioni, rispetto alle quali si chiedeva al Governo di fornire al Parlamento tutte le informazioni disponibili sull'andamento del progetto. In un primo passaggio, avvenuto nel 2004, veniva fornito questo tipo di informazione. Ed è importante ricordare come la stessa opposizione avesse avanzato una propria proposta di parere favorevole, anche se sottoposta a determinate condizioni e garanzie.
Su quella base, nel 2004, il Governo pro-tempore rese una prima informativa sull'andamento del progetto, che fu affidata al generale Bernardis, allora capo del IV reparto del Segretariato generale del Ministero della difesa.
Il Governo, dunque, si presenta oggi innanzi alla Commissione per rendere un'informativa sull'andamento del programma JSF. Lascerò agli atti la documentazione - chiedendo al presidente di allegarla, se ritiene, al resoconto della seduta odierna - ed entrerò nel merito più


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specifico delle fasi programmatiche. Ma nell'ambito di considerazioni di carattere generale, ritengo opportuno rilevare il fatto che siano state soddisfatte non solo tutte le osservazioni contenute nel parere adottato dalla Commissione, ma anche tutte le condizioni presenti nella proposta di parere alternativo dell'allora opposizione.
Tra le condizioni, prima fra tutte vi era la richiesta di precise garanzie in merito alla salvaguardia del programma Eurofighter, problema sollevato in questa Commissione anche nel corso della discussione sulla legge finanziaria con emendamenti che andavano in questa direzione.
Tali garanzie sono state fornite, non soltanto perché abbiamo concretamente proseguito il programma Eurofighter secondo i tempi e le modalità previste, ma anche perché il JSF non entra in competizione con esso sul piano finanziario e, soprattutto, perché ciascuno dei due programmi non rappresenta affatto la duplicazione dell'altro. Il velivolo multiruolo JSF è, infatti, un velivolo di quinta e ultima generazione; quindi, non un concorrente dell'Eurofighter, apparecchio di quarta generazione, che presenta caratteristiche tecnico-strategiche ad esso complementari.
La scelta delle nostre Forze armate e del nostro Governo di dotarsi di entrambi questi velivoli è condivisa da altri paesi, come l'Inghilterra, perché essi rispondono a due esigenze diverse. Mentre l'EF2000 è funzionale alle esigenze della difesa aerea del territorio nazionale, il JSF è destinato alla sostituzione delle linee di velivoli in via di imminente obsolescenza.
Per una parte di questi stiamo sopperendo attraverso il leasing di aerei F16, impiegati in compiti multiruolo di proiezione esterna e di copertura delle nostre forze dispiegate nei vari territori, che aumentano la sicurezza per i nostri soldati nelle missioni all'estero.
Altra condizione importante posta nel 2002 dall'allora opposizione - obiettivo raggiunto e successo italiano - era che nella futura fase di avvio della produzione del JSF dovesse essere dislocata in Italia una linea di assemblaggio finale per i velivoli nazionali ed europei che ne facessero richiesta. In principio, infatti, era prevista un'unica linea di assemblaggio ubicata negli Stati Uniti.
L'andamento del programma, l'abilità dei negoziatori e, soprattutto, l'accresciuta credibilità della nostra industria hanno fatto sì che questo fondamentale obiettivo fosse colto e che, in aggiunta alla linea di assemblaggio americana, una sola altra linea di assemblaggio venisse ubicata in Italia. Sono stati, quindi, avviati gli studi volti ad esaminare i possibili impatti tecnico-programmatico-finanziari, tenuto conto che, grazie a questo importante risultato, sarà possibile assemblare i velivoli di altri paesi europei.
È già stata rilasciata l'autorizzazione per i velivoli dell'Olanda e la linea potrà essere riconvertita in un centro europeo di manutenzione, revisione, riparazione e modifica dei velivoli italiani e di quelli dei partners europei mediterranei, o comunque presenti nell'area euromediterranea.
Vorrei sottolineare questo aspetto, perché tali operazioni hanno un valore strategico di acquisizione e partecipazione alla tecnologia, ma anche un significato rilevante dal punto di vista economico e lavorativo, in quanto si istituisce un punto di manutenzione per tutti i velivoli presenti in questa area.
Desidero sottolineare fortemente come il JSF rappresenti un'occasione di crescita dell'industria italiana e, quindi, anche europea, in condizioni di effettiva partnership e non più di subordinazione tecnologica, come a volte era accaduto in passato nei confronti degli Stati Uniti. All'aumento dell'indipendenza e della sovranità tecnologica corrisponde necessariamente un aumento dei fattori di autonomia e sovranità politica.
Si tratta di un fattore di crescita industriale che si misura considerando non solo come l'investimento stanziato per il JSF abbia già assicurato in breve tempo significativi ritorni industriali superiori alle previsioni, ma anche come esso garantisca impegni industriali estremamente importanti per valore e durata nel tempo,


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ovvero progresso, sviluppo, lavoro e ricchezza per il paese. Si prevedono circa diecimila posti di lavoro, divisi in diverse regioni italiane, e un effettivo impiego di importanti tecnologie.
La capacità di operare nell'alta tecnologia è fattore di autorevolezza e potenza per il paese, fattore che diventa, per ricaduta, motore tecnologico ed economico per tutti i rimanenti settori industriali. Solo nei settori tecnologici più avanzati e di dimensioni più ampie in grado di sopportare i costi ed i tempi della ricerca vengono, infatti, individuate tutte quelle innovazioni sui materiali, sull'elettronica, sul software e sulle relative tecniche di produzione che consentono di rinnovare continuamente le capacità nazionali; ed è l'industria aerospaziale a costituire un traino e a detenere molti primati nella tecnologia.
Con riferimento all'industria aerospaziale italiana, vorrei ricordare come essa sia stata praticamente distrutta dagli avvenimenti della seconda guerra mondiale, e come abbia avviato progressivamente una fase di ricostituzione, di crescita e di sviluppo, a partire proprio da lavorazioni per conto terzi, sino a maturare completamente elevate capacità autonome che ci collocano tra i primi in Europa in questo settore.
Un primo e più deciso balzo in avanti nello sviluppo si è realizzato aderendo al progetto Eurofighter, che aveva visto la luce negli anni ottanta, nel quale l'Italia ha conosciuto un incremento della sua partecipazione sia quantitativa che qualitativa, assumendo con aziende italiane la responsabilità di gran parte degli apparati di bordo, oltre che della cellula dell'aereo. Ritengo che, proprio a partire da questo progetto, siano state poste le basi per un importante passo di affermazione tecnologica verso l'alleato transatlantico, ovvero gli Stati Uniti.
Questi, forti della loro predominante posizione tecnologica, fino agli anni novanta hanno mantenuto una barriera tecnologica verso l'Europa, ma la chiara dimostrazione europea di capacità data dall'Eurofighter ha determinato due conseguenze: gli Stati Uniti hanno dovuto ammettere che il mercato europeo era per loro fortemente limitato dalla presenza di prodotti autonomamente sviluppati, ed hanno raggiunto la consapevolezza che lo sviluppo di un velivolo avanzato negli anni 2000 aveva costi insostenibili anche per loro. Del resto, anche da parte europea dobbiamo ammettere che i costi manifestatisi nell'Eurofighter scoraggiano a proseguire su una strada autonoma che si ponga come alternativa ad una prospettiva di collaborazione per i velivoli della prossima generazione.
Ecco, quindi, che il progetto JSF si presenta come una forte economia di scala e di contenimento dei costi.
Gli Stati Uniti, in cambio della partecipazione degli altri paesi, forniscono un'apertura tecnologica senza precedenti. È stata un'opportunità tecnologicamente e politicamente importante, che il paese ha voluto cogliere subito con la decisione maturata nel 1998, quando per la prima volta il Parlamento italiano si è espresso favorevolmente sul progetto.
Qualcuno ha espresso dubbi sull'effettivo rilascio di tecnologia, ma queste voci possono derivare dalle insoddisfazioni e dai difficili momenti negoziali che hanno accompagnato l'ingresso delle nostre industrie nel progetto, laddove si è realizzato un confronto di capacità che non ha dato nulla per scontato.
Desidero rilevare come la semplice partecipazione governativa non garantisse, perciò solo, l'effettivo lavoro alla nostra industria, senza una verifica di competitività e di reale capacità ingegneristica. Questo è un progetto che si pone in maniera assolutamente alternativa a quello dell'EFA 2000, che presuppone un sistema costshare-workshare, ovvero di partecipazione ai costi pari al diritto ad avere lavoro, con ritorni garantiti e anche situazioni di forte tensione, oltre che di forte impatto burocratico. Questo, invece, è un programma di best value, per cui chi è in grado di imporsi ottiene risultati. Naturalmente, non si tratta di un principio assoluto, ma temperato dagli accordi siglati di carattere sia governativo sia industriale,


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che hanno consentito alla nostra industria di avere i ritorni che citerò nel dettaglio.
In qualche modo l'EFA ha rappresentato l'ultima fase di una situazione di mercato protetto e garantito. Questo progetto rappresenta, invece, l'apertura della nostra industria alla competizione internazionale in maniera molto decisa, e i risultati ottenuti oggi non sono solo soddisfacenti, ma comportano una prospettiva di lungo termine per le nostre maestranze e per tutte le realtà industriali, non solo di grandi dimensioni. Questo progetto, infatti, coinvolge innovativamente anche le piccole e medie imprese operanti in questo settore, già inserite in prima battuta o che, per quanto riguarda l'indotto, lo saranno successivamente.
Questa conquista, ottenuta grazie a difficili negoziazioni e alla dimostrazione di effettive capacità raggiunte dal nostro apparato industriale, rappresenta la realizzazione visibile di tutte le potenzialità del progetto, perché l'assemblaggio del velivolo, con tutte le conseguenti operazioni di collaudo e messa a punto, fornirà le conoscenze necessarie anche al mantenimento della macchina.
Questa è la prima e maggiore garanzia riguardante il trasferimento delle tecnologie. Se, infatti, si deve montare, far volare, manutenere un aereo che ha caratteristiche stealth della quinta generazione, bisogna averne le capacità tecnologiche.
In conclusione, il programma rappresenta il proseguimento di questa strategia; non un passo antieuropeo, come è stato ipotizzato, bensì un'armonizzazione tra la politica industriale europea e la politica transatlantica.
Per quanto concerne il merito, la finalità operativa del programma è quella di realizzare un velivolo multiruolo con elevate capacità stealth, ovvero non osservabilità ai radar, che soddisfi l'esigenza di differenti Forze armate, utilizzando criteri di progetto in grado di ridurre i costi di sviluppo, di produzione e di supporto in genere, facendo uso di soluzioni modulari con integrazione di molteplici tecnologie avanzate, prediligendo nel contempo un'elevata flessibilità, integrazione ed interoperabilità. A questo proposito, è stata sollevata, già all'atto dell'espressione del parere favorevole nel 2002 e poi nell'audizione del 2004, l'ipotesi di un'integrazione con missili Meteor, ovvero armamenti di origine europea: ribadisco come ciò sia possibile in quanto questo velivolo costituisce una piattaforma aperta su cui è possibile interfacciare sistemi diversi.
Lo scopo finale, alla base della partecipazione italiana, è quello di dotare le forze aeree della Marina e dell'Aeronautica militare di uno strumento idoneo ad assolvere ai rispettivi ruoli in modo completo, efficace e, possibilmente, con il minimo impegno finanziario.
L'esigenza nasce dalla futura radiazione dell'AV8-B per la Marina militare e dei velivoli AM-X e Tornado per l'Aeronautica militare, che presumibilmente avverrà a partire dagli anni 2014-2015.
Oggi, non stiamo parlando di acquisizione di velivoli, procedura che sarà attuata successivamente, naturalmente in seguito al parere favorevole del Parlamento (presumibilmente non in questa legislatura, ma negli anni 2013-2014-2015, quando si porrà concretamente questo problema). Allo stato attuale, affrontiamo il tema del proseguimento del programma di sviluppo e di pre-industrializzazione del supporto logistico e dello sviluppo successivo.
Il JSF verrà sviluppato nelle seguenti versioni: una a decollo e atterraggio convenzionali, una per appontaggio su portaerei tradizionali dotate di catapulta, e una a decollo corto e atterraggio verticale per portaerei come quelle che abbiamo in dotazione, o come quelle dotate di sky jump e piste austere di questo tipo.
La Difesa è interessata ad una combinazione di questi due vettori, uno per la Marina, l'altro per le Forze armate. Questo aereo sostituirà tutti quelli attualmente in uso, non soltanto gli AV8-B, ma anche i Tornado e gli F16 che attualmente sono in leasing.
Con la prevista quota di acquisizione, o eventualmente con una sua riduzione, sostituiremo circa 260 velivoli attualmente in


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uso. Avremo, dunque, un miglioramento ed un aumento delle capacità tecnologiche che ci consentirà di ridurre fortemente il numero dei velivoli attualmente a disposizione, con un conseguente risparmio di costi di personale, di formazione e di manutenzione.
In termini governativi, il programma prevede una cooperazione internazionale multilaterale tra i 9 paesi partecipanti, tramite l'adesione al PSFD MoU. Tale approccio è sostanzialmente diverso e più evoluto rispetto a quello seguito nella fase precedente, in cui si è proceduto ad accordi bilaterali tra gli Stati Uniti ed ogni singolo paese. Adesso, invece, esiste un accordo multilaterale tra i 9 paesi partecipanti. L'Italia ha deciso di partecipare a questo progetto con una quota pari a circa il 4 per cento del valore totale, e i nostri impegni rimangono di tali dimensioni.
Dal punto di vista industriale, la ditta capocommessa per il programma è l'americana Lockheed Martin aero. Le due motorizzazioni previste sono, invece, prodotte dalle ditta USA Pratt&Withney e General electric/Rolls Royce. La ditta italiana maggiormente coinvolta è l'Alenia aeronautica, che partecipa allo sviluppo e alla produzione dell'ala come unico secondo produttore: metà sarà realizzata dalla Lockheed Martin aero, l'altra metà dall'Alenia aeronautica. Vorrei solo sottolineare come l'ala costituisca una parte preponderante dell'aereo. Questo dovrebbe, dunque, essere considerato un aereo italoamericano, perché le ali e tutta la parte della fusoliera ad esse collegata - che rappresentano una grande parte dell'aereo - vengono realizzate in Italia, su disegno e progettazione in parte sviluppati in Italia dai circa 150 ingegneri di Alenia aeronautica, i quali prima hanno lavorato negli Stati Uniti e adesso si trovano in provincia di Napoli, dove è stato realizzato questo centro di progettazione.
La ditta Avio ha finalizzato accordi con la General electric/Rolls Royce, mentre la Piaggio ha siglato accordi con la Pratt&Withney, entrambe nel settore della motorizzazione.
Le altre ditte italiane che hanno acquisito contratti ed impegni per il futuro sono Aerea, Datamat, Galileo Avionica, Gemelli, Logic, Selex communication, Selex-Marconi Sirio Panel, Mecaer, Moog, Oma, OtoMelara, Secondo Mona, Sicamb, S3Log.
È in corso di finalizzazione una partecipazione per l'Elettronica e si prevede un coinvolgimento anche per Aermacchi e Vitrociset nel settore dell'assemblaggio e nel supporto logistico.
Ad oggi il coinvolgimento riguarda 12 regioni e circa 40 siti industriali. Al 31 dicembre 2006 lo stato di ritorno industriale è così sintetizzabile: a fronte di un impegno per l'Italia di 1028 milioni di dollari (erogati finora 638 milioni), sono stati ottenuti contratti per oltre 191 milioni di dollari e ulteriori impegni per 827 milioni di dollari, per un totale di 1018 milioni di dollari. Siamo, quindi, già ora al completo ritorno industriale rispetto all'investimento.
Desidero anche precisare che, quando abbiamo partecipato a questo programma, il dollaro aveva un valore di 1,16 euro, mentre attualmente l'euro vale circa 1.29 dollari; e, poiché il contratto è in dollari, dal punto di vista finanziario esiste la possibilità di avere un risparmio enorme in seguito alla forte svalutazione subita in questi anni dal dollaro rispetto all'euro.
I suddetti valori sono relativi alle sole fasi di sviluppo, ed ottenibili solo a seguito della firma del MoU in titolo, ottenendo così un notevole ritorno di know-how ed un sostanziale pareggio finanziario. Il valore di 1018 milioni di dollari, ad oggi è di gran lunga superiore ad ogni più rosea previsione iniziale del 2002, in quanto si prevedeva un minimo garantito di 320 milioni di dollari: si pensava di arrivare a 590 ad «alta confidenza», mentre oggi abbiamo, invece circa 1020 milioni.
L'adesione dell'Italia nei prossimi giorni permetterà di non perdere i benefici acquisiti, soprattutto in termini di partecipazione delle industrie nazionali al programma.
L'adesione a questa ulteriore fase è già stata formalizzata da 8 dei 9 paesi partecipanti


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alla fase di sviluppo. Per quanto riguarda l'Italia, si è positivamente finalizzata tutta la documentazione Governo-industria con la firma di innumerevoli accordi, dei quali rivestono maggiore importanza quelli tra Finmeccanica ed Alenia con Lockheed Martin, prime contractor americano nel programma. L'Italia si riserva di formalizzare ufficialmente la propria adesione dopo la presente informativa.
Per quanto concerne i costi, l'adesione comporterà per l'Italia, nel periodo 2007-2011, un costo di 158,2 milioni di dollari e, successivamente, dal 2012 al 2046, di altri 745 milioni di dollari, per un totale di 903 milioni di dollari.
Per questa legislatura, tuttavia, l'impegno è limitato a 158,2 milioni di dollari.
Il suddetto impegno finanziario, suddiviso in più anni, rappresenta un accordo programmatico tra tutti i paesi partecipanti, considerando comunque che il memorandum in parola prevede tutte le classiche clausole di salvaguardia - entrata in effetto, durata, fuoriuscita, variazioni - caratteristiche degli accordi normalmente negoziati.
Esiste la possibilità di uscire in qualsiasi momento da questo programma - ipotesi definita e inserita negli accordi - con un calcolo molto semplice degli impegni che un'uscita comporterebbe.
Ho già detto della linea finale di assemblaggio e, quindi, proseguo molto velocemente: troverete questi dati nel documento che lascerò alla vostra attenzione. Eventualmente, in conclusione, avremo modo di ritornare sulle sinergie europee esistenti, sul rilascio di tecnologia, sulle aziende coinvolte.
Per quanto riguarda l'andamento del programma di sviluppo, esso procede in accordo alla tempistica pianificata, e il 15 dicembre 2006 ha volato con successo, per la prima volta, il primo prototipo di sviluppo. Si è arrivati a questo stadio con soli 3 mesi di ritardo rispetto alla pianificazione dell'ottobre 2001, data in cui si è avviata tale fase di sviluppo. Questo è un risultato importante, in considerazione del fatto che per il JSF la sfasatura tra previsione e effettivo volo è stata di 3 anni.
Ciò ci induce a ritenere che tutto il programma possa procedere nei tempi stabiliti, aspetto che rappresenta un'ulteriore garanzia per la nostra partecipazione.
Si ritiene che questo risultato, per un programma della dimensione tecnico-programmatica del JSF, non abbia uguali anche dal punto di vista del controllo dei costi. Le esperienze al riguardo, maturate in programmi aeronautici affini sotto il profilo della complessità, portano a ritenere normali e, purtroppo, accettabili ritardi anche di alcuni anni, i cui effetti, anche in termini finanziari, sono normalmente molto negativi; e la Commissione difesa ne conosce bene l'entità.
Naturalmente, l'attività di volo e di sperimentazione sta proseguendo secondo i piani stabiliti. Mi fermerei qui, restando ovviamente a vostra disposizione per considerazioni, risposte ed eventuali chiarimenti.

PRESIDENTE. Ringrazio il Governo per le informazioni che ci ha fornito. Ovviamente, abbiamo intenzione, come Commissione, di ragionare complessivamente sul modello di difesa.
Questa comunicazione del Governo risponde, però, all'esigenza avanzata dallo stesso Parlamento di ricevere una informativa ogni 2 anni sugli sviluppi di uno dei programmi più impegnativi. Desidero fare questa precisazione perché, rispetto all'esigenza della Commissione di farsi un'idea partendo dal discorso della difesa europea e di quella nazionale, ciò poteva apparire distonico, mentre si tratta di un punto importante di cui, poi, i commissari leggeranno sui giornali.
Non sarebbe stato opportuno che, come spesso accade, il Parlamento venisse a conoscenza di tali elementi più dai giornali che non, invece, dalla voce diretta del Governo in Commissione. La comunicazione nasce, quindi, da un impegno che la Commissione aveva assegnato e dall'opportunità


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di conoscere tali elementi in una sede istituzionale prima che dai mass media.
Do la parola ai colleghi deputati che intendano porre questioni o formulare osservazioni, avvertendo che la documentazione sul programma JSF sarà allegata al resoconto della seduta odierna.

ELETTRA DEIANA. Innanzitutto, ribadisco il giudizio molto negativo che ho avuto modo di esprimere ampiamente nella passata legislatura in tutte le occasioni in cui si è discusso di questo programma.
Desidero sottolineare alcuni aspetti. Innanzitutto, il sottosegretario Forcieri, nel delineare il carattere di complementarità del JSF e dell'Eurofighter, ha messo in evidenza il carattere di difesa del territorio nazionale. L'Eurofighter è un aereo aria-aria di difesa strategica del territorio.
Vorrei, però, sottolineare l'aspetto per cui il JSF è un aereo di attacco al suolo, di combattimento, e quindi non riguarda la difesa, bensì le strategie di proiezione militare all'estero, che poco avrebbero a che vedere - laddove fossero imperniate sull'uso di questo aereo da combattimento - con l'idea del peacekeeping, del nation building, delle missioni di pace che dovrebbero essere la connotazione principale della politica di utilizzazione delle Forze armate e dell'Esercito italiano. Si tratta, dunque, di un'obiezione di fondo nei riguardi della scelta di programmi che rispondono molto più ad esigenze di business della produzione militare. Vorrei ricordare che - come ebbe a dire il ministro della difesa norvegese nel 2001 quando il Parlamento norvegese discusse dell'assunzione di questo programma - su queste questioni non bisogna dare retta ai generali, bensì anteporre l'interesse del paese e delle sue politiche generali. A me sembra che questo costituisca emblematicamente un esempio di sistema d'arma funzionale ad un'autonomia dell'uso militare in parte imputabile agli interessi dell'industria, in parte a malaccorte politiche di rapporto con gli Stati Uniti, e astrattamente ad esigenze di alcuni settori delle Forze armate. Ricordo sempre le parole del generale Fraticelli, ex Capo di stato maggiore dell'Esercito, che, nel momento in cui si congedò dalla sua funzione, suggerì di mettere in discussione la logica dei world games; mentre mi sembra che tale progetto rientri in questa logica.
Il sottosegretario Forcieri ci ha rassicurati sull'aspetto relativo alla trasparenza e ai costi. Studierò nel dettaglio le informazioni che ci ha fornito; però, desidero rendere noti dati risalenti all'autunno dell'anno appena trascorso, che riguardano una serie di situazioni importanti a partire dagli Stati Uniti d'America, in cui la questione dei costi e della trasparenza è stata messa in discussione delle massime istituzioni democratiche. Il Congresso americano ha approvato il bilancio per la Difesa degli Stati Uniti del 2007, ed ha stanziato 532 miliardi di dollari per le spese della Difesa, incluse missioni come l'Afghanistan e l'Iraq, e 84 miliardi di dollari per gli armamenti. Sulla questione degli armamenti, l'F22 (che è un concorrente del JSF), ha registrato un incremento molto forte, mentre invece il JSF ha subito un decremento notevole.
I membri dell'Appropriations committee, la commissione che vigila su questo tipo di spese, hanno rifiutato la richiesta del Dipartimento della difesa, di costruire nel 2007 cinque velivoli JSF F35, sostenendo che il testing effettuato fino ad oggi fosse insufficiente per valutare la dinamica dei costi. Quindi, esiste un giudizio negativo del Congresso americano esattamente sulla questione dei costi. La Corte dei conti degli Stati Uniti ha chiesto che vengano depennati 3 dei 5 velivoli chiesti dal Dipartimento della difesa americana: pertanto, nel 2007 saranno costruiti soltanto 2 velivoli.
Esistono, dunque, motivi di bilancio. È evidente come la politica degli Stati Uniti con l'amministrazione Bush sia fortemente proiettata a investire nelle missioni militari: quindi, alla crescita del peso delle missioni militari corrisponde la necessità di risparmiare sugli armamenti. Ma esiste anche un discorso di vulnerabilità, di efficacia e di utilizzabilità del JSF. Il rapporto


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costo-efficacia di questo aereo non è ritenuto assolutamente adeguato dalla Corte dei conti e da ambienti militari. Nessuna forza armata americana, se non i marines, è interessata veramente alla realizzazione di questo aereo, laddove l'aeronautica americana, per esempio, punta molto sui velivoli da combattimento senza piloti, i famosi UCAV, che dovrebbero praticamente, secondo l'impostazione tattica dell'aeronautica militare americana, sostituire il JSF, in quanto più economici, in grado di andare più lontano e, soprattutto, di svolgere la pericolosa funzione da combattimento, da attacco al suolo, evitando rischi per i piloti.
Tutto questo entusiasmo per il programma non ha assolutamente riscontri negli Stati Uniti, sia dal punto di vista degli interessi di bilancio, sia dal punto di vista della valutazione della dinamica dei costi da parte della Corte dei conti e del Congresso americano, nonché delle Forze armate, tanto che l'Aeronautica si sta attrezzando per attualizzare il suo parco velivoli da combattimento, e punta moltissimo sugli UCAV, con stealth maggiore rispetto al JSF, e senza pilota, con tutti i vantaggi che questo comporta.
Per quanto riguarda sempre la questione dei costi, bisognerà addivenire ad un chiarimento di fondo. Nel 2005 e nel 2006, si sono svolte 2 riunioni delle Corti dei conti dei paesi europei aderenti al programma per fare una valutazione dei costi e della trasparenza, anche al fine di constatare la misura in cui l'opinione pubblica e il Parlamento fossero messi nella condizione di conoscere la destinazione d'uso dei soldi dei contribuenti. Questa è una tematica che negli Stati Uniti è fortemente sentita e che dovrebbe essere di esempio.
Personalmente, ho presentato anche un'interrogazione parlamentare per sapere se la Corte dei conti italiana abbia partecipato a queste riunioni e svolto un'indagine conoscitiva sui costi che potrebbero conseguire da questo impegno italiano.
È noto a tutti il caso olandese. Il Governo conservatore olandese, confermato nelle elezioni di novembre, appoggia questo programma, ma ha incontrato e incontra forti ostacoli da parte della Corte dei conti olandese, che ha rilevato i rischi finanziari connessi. Infatti, il costo unitario per l'acquisto di un singolo velivolo non può essere calcolato, per cui si entrerebbe in un tunnel in cui si conoscono i costi e gli impegni iniziali, ma si ignorano quelli finali. Ovviamente, l'Olanda è un paese serio per quanto riguarda la formazione dei bilanci, una nazione molto diversa dalla nostra; ma, siccome si tratta di denaro pubblico, è un buon esempio da tenere presente.
Queste sono argomentazioni aggiuntive ma fondamentali rispetto alle considerazioni generali espresse in precedenza sulla natura di questo velivolo, sull'inopportunità di investire in aerei da combattimento.
Vorrei aggiungere un'ultima considerazione concernente la disponibilità da parte americana a consentirci di partecipare maggiormente all'innovazione tecnologica, ai piani tecnologici, ai contenuti, alle risorse di innovazione tecnologica legate a questo programma. Il mio giudizio politico è che esse siano anche legate alle difficoltà che l'industria americana e la Lockheed Martin incontrano nel contesto americano, per l'opposizione e il disinteresse delle Forze armate americane (lo ripeto: solo i marines sono interessati, ma non possono incidere nelle scelte del Dipartimento della difesa), nonché per le restrizioni di bilancio. Peraltro, i partners europei, fin dal 1998-2000, si erano mostrati in diverse occasioni consapevoli delle restrizioni emerse, dopo le promesse iniziali, e preoccupati degli aumenti dei prezzi, dei ridotti trasferimenti di tecnologia e dell'impossibilità di esercitare un controllo sull'evoluzione del programma. All'inizio del 2000 questa era la situazione.
Oggi, ho letto le dichiarazioni rilasciate dal direttore generale di Finmeccanica Zappa in occasione di una rinegoziazione, e vi è stata una nuova apertura da parte della Lockheed Martin, che ritengo dipenda in larga misura dal contesto di difficoltà che il programma incontra negli Stati Uniti, per ragioni sia di bilancio sia


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di valutazione dal punto di vista strettamente militare dell'utilità di investire grosse somme per questo tipo di velivolo.

ANDREA PAPINI. Signor presidente, non ho alcuna opinione pregiudiziale sul tema oggetto delle comunicazioni del Governo. A tal proposito, apprezzo particolarmente il fatto che la presidente Pinotti e il Governo abbiano ritenuto di dover fornire un'informativa: si stanno verificando episodi che avrebbero potuto chiamare in causa un'inelegante modalità di rapporto con il Parlamento e segnatamente con questa Commissione, e per tale motivo è stato compiuto questo sforzo comunicativo.
Chiederei, però, di sviluppare ulteriormente questo approccio di chiarezza e di trasparenza nel rapporto con il Parlamento, tenendo presente quello che ritengo rappresenti il punto cruciale. Possiamo comprendere l'opportunità di questa scelta, nella misura in cui siamo chiamati a compierla e a confermarla, se teniamo rigorosamente distinto l'aspetto relativo alle esigenze della difesa dall'aspetto inerente al ritorno per il sistema industriale.
La commistione di entrambi questi elementi in capo al Dicastero della difesa - che non ritengo ne abbia le competenze - crea un problema di comprensione in ordine all'oggetto delle nostre valutazioni. Dobbiamo, quindi, compiere uno sforzo di approfondimento, che tenga rigorosamente separati i due aspetti, ovvero le esigenze della difesa dai ritorni per il sistema industriale, valutando quali siano gli scambi in termini di minor vantaggio per la difesa che si è disposti a sostenere, a favore di un ritorno per il sistema industriale. Ciò deve avvenire in una chiave di tipo dialettico fra due momenti - sistema industriale ed esigenze della difesa -, perché solo la dialettica fra questi momenti rende più comprensibile, trasparente e chiara la nostra scelta.
Tutto va, quindi, rivisto alla luce di questa distinzione, valutando quali siano le esigenze della difesa, che possono trovare soddisfacimento in modi diversi, e quali i ritorni per il sistema industriale. Quanto al confronto fra i due aspetti, dovremo valutare gli interscambi positivi o negativi che si realizzano.

PRESIDENTE. Ovviamente, ribadisco per chiarezza che oggi non avranno luogo votazioni, nel senso che si tratta di una informativa resa dal Governo.
Nell'ambito delle valutazioni e delle analisi che dovremo compiere, per quel che riguarda l'Aeronautica, è ovvio che dovremo operare delle scelte. L'onorevole Deiana nel suo intervento distingueva tra funzione dell'Eurofighter e funzione del JSF. Nonostante un momento in cui si temeva che il finanziamento dell'uno potesse implicare una diminuzione delle risorse destinate all'altro, in realtà si tratta di due tipologie di velivoli diverse che coprono differenti esigenze. Bisogna poi discutere il punto relativo al fatto che i JSF sostituiscano F16 e Tornado, e diventino l'unico modello di riferimento.
Si tratta di valutare se nelle strategie di difesa questa sia una priorità e se si evidenzi questa esigenza. Capisco, quindi, l'intervento dell'onorevole Papini che rileva come ciò che riguarda la ricaduta industriale non attenga alla nostra Commissione, o almeno non sia il punto che ci permette di decidere.

ANDREA PAPINI. Vanno tenuti distinti!

PRESIDENTE. Dato, però, che nel parere espresso dalla nostra Commissione nella scorsa legislatura una delle richieste specifiche riguardava le ricadute industriali, nell'esposizione del sottosegretario c'era una parte riferita a questo elemento, che rispondeva ad una delle osservazioni.
Condivido, però, la necessità di capire cosa sia necessario alla difesa. Si tratta di due aspetti da valutare, che marciano separatamente, in quanto le esigenze della difesa sono ben distinte dalle ricadute industriali.

TANA DE ZULUETA. Volevo porre semplicemente una domanda sullo status


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della discussione. Vorrei sapere se questa comunicazione sull'attuazione del programma implichi anche un parere, se il Governo debba rinnovare i suoi impegni, o se si tratti semplicemente di un'informativa, inserita nel previsto percorso parlamentare.

PRESIDENTE. È soltanto un'informativa - forse l'onorevole De Zulueta non era presente quando l'ho chiarito - senza alcuna richiesta di parere, cui il Governo era tenuto sulla base di una decisione della Commissione, che su questo progetto esigeva un'informativa ogni 2 anni.

TANA DE ZULUETA. Vorrei sapere se torneremo sulla questione, o se la discussione si esaurisca qui.

PRESIDENTE. Attualmente, se non ci sono iniziative promosse dai commissari, non ci sono atti che il Governo proponga alla Commissione. Il discorso si aprirà quando, in altra fase, si tratterà di decidere l'acquisto di velivoli.
Tuttavia, in questo momento il percorso non prevede dei passaggi parlamentari. Ovviamente, i commissari possono presentare iniziative al riguardo, ma non c'è nulla che il Governo trasmetta alla Commissione su cui esprimere un parere.
Do la parola al sottosegretario Forcieri per la replica.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Naturalmente, sin dalla prima approvazione del 1998, è richiesto espressamente che il Governo tenga costantemente informato il Parlamento.
Questa richiesta è stata ribadita nel 2002; c'è stata una prima informativa nel 2004, ed esisteva l'accordo di fornire ulteriori informative ogni 2 anni. Purtroppo, a causa della legge finanziaria non ci sono stati i tempi per procedere entro il dicembre del 2006; l'abbiamo, quindi, resa come primo atto dell'anno 2007, prima di passare alla seconda fase del programma in atto, che viene appunto definita «attività di post-sviluppo, supporto logistico e sviluppo successivo», PSFD (production, sustainment & follow-on-development). Avremmo potuto già avviare tale fase, come altri paesi in precedenza, ma abbiamo ritenuto opportuno procedere solo dopo aver fornito questa informativa al Parlamento e dopo aver colto dal Parlamento stesso suggerimenti, informazioni, osservazioni e indicazioni di vario tipo.
Come già rilevato nell'introduzione, con questo successivo atto ci impegniamo per una cifra che, per questa legislatura, ammonta a circa 158 milioni di euro, e che, fino al completamento nel 2046, è pari a un totale di 903 milioni di euro. Nel 2007 si stanzieranno 5,8 milioni di euro, 18 milioni di euro nel 2008, 38 milioni di euro nel 2009, 41 milioni di euro nel 2010, 54 milioni di euro nel 2011. Queste risorse saranno reperite nel bilancio ordinario della difesa.
Per quanto riguarda le osservazioni dell'onorevole Deiana, si può sempre discutere in termini di carattere generale e potremmo anche decidere di non avere più Forze armate, di armarle in un certo modo, ma attualmente disponiamo di forze...

ELETTRA DEIANA. Non c'entra niente, non ho detto questo. Ho portato un punto di vista delle Forze armate americane. È insopportabile questo modo di affrontare gli argomenti.

PRESIDENTE. Forse, non è stato ben compreso.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Mi riferisco agli AM-X ed AV8-B. Lei ha detto che l'EF 2000 è uno strumento difensivo, mentre il JSF è un aereo di attacco al suolo. Non mi riferivo alla questione americana, su cui eventualmente torneremo dopo.
Attualmente, le nostre Forze armate sono organizzate con velivoli che cercano di avere una superiorità - o quantomeno parità - aerea per la difesa del suolo e velivoli che sono dotati per la proiezione e la difesa al suolo di truppe impiegate in


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aree anche lontane dal nostro territorio nazionale. Mi riferisco agli AM-X, ai Tornado ed anche agli AV8, che sono quelli imbarcati sulle nostre portaerei. Quindi, la struttura delle nostre Forze armate è organizzata così, e, come abbiamo le portaerei, le fregate, i cacciamine ed i pattugliatori, nella forza aerea ci sono dagli elicotteri a questo tipo di aerei che, naturalmente, non esprimono alcun tipo di proiezione offensiva o di politica di potenza, che il nostro paese e questo Governo non hanno alcuna intenzione di promuovere. Questi aerei in parte sono già fuori produzione - tanto che abbiamo dovuto provvedere a fornirci di alcuni velivoli in leasing come gli F16 -, hanno un ciclo di vita che si sta esaurendo e devono essere sostituiti. Ciò può avvenire in due modi: da semplici acquirenti, acquistando al momento quanto disponibile sul mercato, oppure partecipando a programmi internazionali. La scelta del paese, indipendentemente dai Governi, è stata sempre quella di partecipare ai programmi internazionali, sia in ambito europeo che in ambito internazionale più ampio. Ciò non per una sorta di confusione tra difesa e ritorno industriale, bensì perché è assolutamente corretto che l'investimento di risorse all'estero garantisca un ritorno di queste cifre. Ciò avviene in tutto il mondo e sbaglieremmo se facessimo diversamente. Questo aereo è destinato, quindi, a sostituire circa 253-260 aerei attualmente in funzione. Non siamo oggi nella fase di acquisto: quando ci arriveremo ne discuteremo in Parlamento, così come ha già anticipato la presidente. Ma le previsioni riguardano un numero di 131 aerei (sostanzialmente riducibili a 100 unità) che andranno a sostituire circa 260 aerei. Quindi, si tratta di una forte riduzione di numero, resa possibile dalle superiori capacità di questo aereo rispetto a quelle dei velivoli di cui oggi disponiamo.
Per quanto riguarda la questione degli Stati Uniti e dei costi, abbiamo stabilito la nostra partecipazione a costi fissi e costanti. Capisco le osservazioni del Congresso americano, ma non possono essere applicate qui, perché l'accordo prevede proprio che differenti e maggiori costi siano assorbiti dagli Stati Uniti e non dagli altri partners. La nostra partecipazione è, dunque, limitata a quanto indicato nel 2002 e non si tratta di una quota che possa subire aumenti. Gli aumenti di costi per ulteriori ricerche e sviluppi sono stati assorbiti e sostenuti dal partner americano.
L'Olanda ha già aderito anche a questa seconda fase del MoU e, quindi, le osservazioni concernenti quel paese sono evidentemente già state superate. Riteniamo, pertanto, che questo programma corrisponda agli interessi del paese sia in termini militari che in termini industriali. In termini militari, vi è l'inderogabile e imprescindibile esigenza di sostituire la parte della flotta aerea che si sta esaurendo, o acquistando tali velivoli, o partecipando ad un programma. Abbiamo operato questa scelta e parteciperemo alla terza fase di produzione, ovvero alla fase di produzione standardizzata che avrà inizio dal 2013. Da tale momento cominceremo a discutere dell'acquisto dei nostri velivoli, che avverrà a costi consolidati e definiti. Già ora abbiamo un'indicazione di costi, che ammontano a 45 milioni circa per i velivoli a decollo normale e a 55 milioni per quelli a decollo verticale dalle nostre portaerei.
Abbiamo l'esigenza di colmare il gap, il vuoto che si determinerà in quel periodo. È necessario provvedere ora, senza attendere di non avere più aerei a disposizione. Ritengo ovvio che, trattandosi di programmi, di progetti, di aerei, di apparecchi che hanno una durata di circa 30 anni, ci si debba organizzare in maniera preventiva, per cui abbiamo partecipato a questo programma.
Capisco anche le osservazioni di una parte delle industrie, soprattutto quelle coinvolte all'inizio del programma: infatti, chiaramente è molto più comodo per un apparato industriale partecipare ad un programma del tipo dell'EFA, che garantisce comunque un ritorno di quanto investito, piuttosto che ad un programma


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che punta sulla competitività, ovvero sul possesso di capacità, di requisiti per avere un ritorno.
Inizialmente, forse la nostra industria ha avuto timore di uscire dall'ombrello protettivo dell'EFA, che è servito molto alle nostre Forze armate e al nostro sistema di difesa, ma anche all'industria e ai lavoratori del nostro paese. In questa vicenda, siamo riusciti a realizzare un rapporto pieno e competitivo con le attrezzature giuste: sono stati contrattati i ritorni industriali e sono stati definiti gli aspetti fondamentali. Oggi vi è la possibilità che diecimila lavoratori italiani partecipino a questo programma. Essi troveranno, dunque, lavoro nel momento in cui si concluderà l'impegno dell'EFA. Infatti, quando si esaurirà la capacità di produzione legata all'EFA, la prosecuzione di questo programma potrà garantire lavoro per le nostre industrie, per i nostri lavoratori, per i nostri tecnici e ingegneri.
La difesa ha l'inderogabile e imprescindibile esigenza di sostituire questi velivoli. Si è scelto di farlo attraverso la partecipazione ad un programma industriale che, rispondendo alle esigenze della difesa, contribuisse anche a far partecipare la nostra industria ad un programma avanzato e, quindi, a far crescere le nostre capacità tecnologiche, utili anche nel complesso degli altri accordi europei, e nel trasferimento di tecnologie in altri settori non esclusivamente di carattere militare.
Riteniamo, perciò, giusto aver intrapreso questo programma e opportuno proseguirlo. Successivamente, il numero, la quantità e la qualità dell'acquisto degli aerei verranno decisi naturalmente con il pieno coinvolgimento e l'espressione di un parere formale del nostro Parlamento, che non avremmo difficoltà a recepire anche in questa fase, ma che abbiamo ritenuto compreso nel parere espresso nel 2002.

PRESIDENTE. Ringraziamo il Governo per questa dettagliata esposizione. È chiaro che uno degli interrogativi fondamentali che aleggiava ed era contenuto nell'intervento dell'onorevole Deiana riguarda il dubbio sulla necessità di tale tipologia di aerei.
Personalmente, apprezzo l'esposizione ed è comprensibile quanto affermato rispetto al fatto che si tratta di sostituire aerei esistenti. Dovremmo, tuttavia, sforzarci di capire insieme, come Commissione (agli addetti ai lavori ciò potrebbe risultare semplice), a quali funzioni giovino all'interno del modello e delle esigenze complessive della difesa. Quindi, aleggia una domanda, che non è semplice e non ci troverà necessariamente concordi sulle risposte, ma che tuttavia è insita nella valutazione delle funzioni che attribuiamo alla difesa, in base alle quali scegliere gli strumenti più adatti. Mi sembrava che, nell'ambito di una serie di notazioni molto particolari, si evincesse questo tipo di domanda.
Concluderei qui la discussione e l'informativa, che mi pare sia stata assolutamente articolata ed ampia. Ovviamente, ci saranno passaggi successivi...

ANDREA PAPINI. Signor presidente, posso intervenire?

PRESIDENTE. Prego.

ANDREA PAPINI. A me preme che il Governo abbia compreso il punto politico del mio intervento. Nella nostra condizione di maggioranza, abbiamo bisogno di un quadro che consenta di distinguere l'esigenza della difesa in maniera qualificata e quantificata, dal ritorno di un sistema industriale.
Questo è uno strumento di comprensione che ci aiuta anche a superare elementi di valutazione strettamente politica, perché i fattori intricati rischiano di non apparire chiari nella loro obiettività. Quindi, ho chiesto nuovamente la parola perché vorrei essere consapevole che sia stato apprezzato l'aspetto prevalentemente politico sottostante alla mia richiesta, che aveva anche un connotato tecnico.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor


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presidente, ho naturalmente compreso e apprezzato l'intervento dell'onorevole Papini ed ho anche cercato di rispondere. Forse, non ci sono riuscito bene, ma posso solo ribadire come ciò corrisponda ad un'esigenza ineludibile e imprescindibile delle nostre Forze armate (non soltanto dell'Aeronautica, ma anche della Marina, quindi della nostra difesa) alla quale abbiamo deciso di rispondere attraverso la partecipazione a questo programma industriale, cui cerchiamo di attribuire un alto valore di ritorno per quanto riguarda la nostra industria.
Non esiste, dunque, nessuna commistione, perché, se non ci fosse stata l'esigenza della difesa di avere aerei in sostituzione degli attuali AM-X, Tornado e AV8-B, non avremmo partecipato a nessun programma. Nasce l'esigenza della difesa, e si sceglie, all'interno di un sistema che presenta tale complessità tecnologica e questo costo, di non essere semplici acquirenti, ma di coltivare un'ambizione, in qualità di paese industrialmente avanzato (uno dei primi sei del mondo), partecipando ad un programma in grado di realizzare e costruire questi sistemi.
Ritengo che ciò risponda agli interessi del paese nel suo complesso, della difesa e anche della nostra industria. Non si verifica, dunque, nessuna commistione: da una parte c'è un'esigenza, dall'altra un modo di rispondere ad essa attraverso collaborazioni internazionali, anziché semplici acquisti.
Se mi consente, signor presidente, vorrei ringraziare il generale Maurizio Ludo- visi per la sua assistenza.

PRESIDENTE. Onorevole sottosegretario, le assicuro che l'avrei ringraziato personalmente.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Naturalmente, volevo ringraziarlo a nome mio.

PRESIDENTE. Lo ringrazio, invece, a nome della Commissione, anche per la sua estrema disponibilità. In effetti, in questa occasione era tenuto ad intervenire soltanto il Governo, in particolare il sottosegretario Forcieri. Comunque, era utile un'assistenza tecnica, perché è chiaro che sono stati trattati tanti elementi tecnici. Quindi, lo ringraziamo per l'assistenza fornita al sottosegretario Forcieri, e quindi anche alla Commissione.

TANA DE ZULUETA. Chiedo scusa, signor presidente, è certamente tardiva questa domanda, ma pensavo che fosse stata inserita nella documentazione. Vorrei sapere quali siano i nove paesi partecipanti al programma.

PRESIDENTE. Credo siano indicati nella documentazione allegata.

TANA DE ZULUETA. Avrei, infatti, una preoccupazione sulla sostenibilità, parola chiave della prossima fase del programma, e ciò costituisce una preoccupazione per me e anche per altri colleghi nell'ambito di questa particolare scelta industriale e militare.
Lo scorso anno si sono verificati problemi di approvvigionamento di carburante per l'addestramento delle nostre forze aeree, e trovo molto difficile far combaciare questa difficoltà di risorse per la gestione con un programma così ambizioso.
Questa è la mia preoccupazione, per cui conoscere i nove paesi partecipanti alla fase di sviluppo mi consente anche di valutare gli altri otto che hanno deciso di proseguire.

PRESIDENTE. I paesi sono elencati nella documentazione che vi è stata consegnata.

TANA DE ZULUETA. Vorrei sapere come abbiano valutato la sostenibilità di questo programma alla luce dei loro bilanci.
C'è stato un grosso problema di manutenzione, di sostenibilità di un certo tipo di livello di attività della nostra forza aerea, sia della Marina che dell'Aeronautica.


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PRESIDENTE. Non ritengo siano indicati i dati sulla sostenibilità del programma, ma i nove paesi sono stati indicati.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI, Sottosegretario di Stato per la difesa. I paesi sono il Regno Unito, l'Italia, l'Olanda, la Turchia, il Canada, l'Australia, la Norvegia e la Danimarca, mentre Israele e Singapore sono invece in una posizione defilata di osservatori e di acquirenti privilegiati per poter aderire.
Poiché da tempo frequenta le aule del Parlamento e, in particolare, della Commissione difesa, lei sa bene che il bilancio della difesa è diviso in costi di esercizio e costi di investimento. I costi di esercizio, soprattutto per il personale, sono molto elevati, mentre i costi di investimento sono molto ridotti. Quindi, eventualmente si pone il problema di adeguare i costi di esercizio, non certo riducendo i costi di investimento, anche perché gli investimenti sono tutti finalizzati a ridurre i costi di esercizio. Non le cito solo l'esempio del JSF che costerà meno della metà in termini di manutenzione (avremo meno della metà di aerei, quindi meno della metà di equipaggi), ma anche il programma delle fregate Fremm, che comporterà un equipaggio di circa 110-120 persone contro le attuali 250.
Oggi la tecnologia e l'innovazione vanno anche in quella direzione, e, se rimanessimo fermi, avremmo una forza armata scarsamente attrezzata e onerosa nei costi di mantenimento, di sostentamento e funzionamento, quindi il contrario di quanto serve al nostro paese.

PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,30.

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