COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) E VIII (AMBIENTE)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 20 giugno 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA VIII COMMISSIONE ERMETE REALACCI

La seduta comincia alle 15,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Paolo Cento, sulla programmazione delle politiche economico-finanziarie in materia di cambiamenti climatici.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Paolo Cento, sulla programmazione delle politiche economico-finanziarie in materia di cambiamenti climatici.
L'audizione rientra nell'ambito del lavoro che stiamo facendo per conto del Parlamento in preparazione alla relazione e alla seduta dedicate ai mutamenti climatici.
Il sottosegretario Cento è assolutamente informato sui fatti e con lui abbiamo già avuto modo di confrontarci sulla materia. Ricordo al Sottosegretario che tra le altre richieste oggetto di risoluzione in questa Commissione e di dibattito in Parlamento, vi è quella relativa al fatto che le politiche riguardo ai mutamenti climatici divengano una chiave trasversale, che interessi anche le politiche fiscali nonché quelle di incentivi e di disincentivi. È questo il motivo per cui è stata chiesta l'audizione del rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze. In particolare, si chiede la previsione di un apposito allegato, analogamente a quanto accade per le infrastrutture, al DPEF, che faccia annualmente il punto sullo stato di attuazione degli impegni dell'Italia nell'ambito del Protocollo di Kyoto e dell'Unione europea - il cui principio del cosiddetto «20-20-20» pone un traguardo successivo al Protocollo di Kyoto - e delle misure che si intendono intraprendere per tenere fede alla parola data e all'importanza della sfida.
Do la parola al collega Duilio, presidente della V Commissione della Camera dei deputati.

LINO DUILIO. Non voglio assolutamente anticipare ciò che dirà il sottosegretario da un punto di vista dell'inquadramento generale della questione oggetto dell'audizione e che è ben richiamata nelle conclusioni di questo eccellente rapporto che è stato stilato. Infatti, è necessario che questa problematica costituisca la nuova frontiera per l'orgoglio nazionale. Spero che tale problematica, che attiene anche a profili etici ed economici, possa rappresentare uno dei punti prioritari nell'agenda del Governo invece di una questione affrontata episodicamente, sia pure con provvedimenti significativi, nonché diventare un elemento che qualifichi pervasivamente la politica del Governo.
Noi confidiamo in questo, ma sono certo che troverò conforto nelle parole del Sottosegretario. Siamo in sostanza molto attenti ed interessati a questa tematica, nonché convinti della sua importanza. Per questo mi sono permesso di fare questa premessa.


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PRESIDENTE. Sono parole assolutamente condivisibili. La sfida europea e italiana, sottolineata dal presidente Duilio, è ben chiara a tutti. Ha fatto bene, comunque, il collega Duilio a cogliere appieno la valenza politica del nostro lavoro, dal momento che non stiamo facendo un ragionamento di natura meramente tecnica.
Do la parola al Sottosegretario Paolo Cento.

PIER PAOLO CENTO, Sottosegretario per l'economia e le finanze. Ringrazio il presidente Realacci, il presidente Duilio e i membri della Commissione. Considero di grande rilievo l'opportunità data al Ministero dell'economia e delle finanze di essere ascoltato nelle due Commissioni congiunte sulla relazione esistente tra i cambiamenti climatici e la programmazione economico-finanziaria.
Considero questo tema di grande rilievo, perché è la vera sfida che anche il Ministero dell'economia, attraverso l'istituzione di un'apposita delega sull'economia ambientale, sui cambiamenti climatici e i suoi effetti sull'economia, sta portando avanti, con l'obiettivo di spostare la centralità dei cambiamenti climatici e dei suoi effetti da un terreno puramente ambientale - seppur decisivo - ad una valutazione di carattere economico-finanziario.
A mio avviso, questa sfida richiede lo stesso impegno e la stessa centralità strategica che ha avuto, dal 1992 in poi, l'iniziativa del nostro Paese - al di là delle maggioranze e delle opposizioni che si sono alternate in questi anni - per la riduzione del debito e il rispetto dei parametri previsti dagli accordi europei, da Maastricht in poi.
Sull'obiettivo di ridurre il debito tutto il sistema Paese si è trovato d'accordo anche se ovviamente vi furono proposte diverse, a seconda delle maggioranze alternatesi al Governo; tuttavia, tutti comprendevamo che si trattava di una priorità, di una missione che doveva caratterizzare l'attività politica, di Governo e legislativa.
Allo stesso modo, credo che oggi la questione dei cambiamenti climatici e dei suoi effetti ambientali, economici e finanziari assuma per il nostro Paese, al di là dei ruoli della maggioranza e della minoranza, il carattere di una missione che dobbiamo considerare come una priorità strategica.
Con l'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, l'impegno assunto dalla maggior parte dei Paesi industrializzati - purtroppo ancora manca l'adesione, tra gli altri, degli Stati Uniti - di ridurre le emissioni di gas serra si confronta con la consapevolezza che gli sforzi da attuare per raggiungere i risultati prefissati per i prossimi anni dovranno essere sempre più intesi a coinvolgere l'insieme delle scelte economiche e politiche.
L'integrazione della dimensione ambientale nell'azione di governo deve diventare sempre più punto qualificante delle politiche nazionali. Un requisito essenziale di tale integrazione è l'adozione di azioni di tutela ambientale nella programmazione economica riflessa nei principali documenti programmatici del Governo.
Ricordo come sia urgente saper prevedere gli effetti sul bilancio dello Stato dell'applicazione del Protocollo di Kyoto, così come dell'eventuale mancata applicazione dello stesso.
Come è noto, il Protocollo di Kyoto prevedeva che l'Italia riducesse le proprie emissioni di CO2 del 6,5 per cento rispetto a quelle del 1990. Rispetto a quella data, sulla base dei dati forniti dal Ministero dell'ambiente, ad ottobre 2006 il nostro Paese ha aumentato le proprie emissioni di un ulteriore 13 per cento, rendendo necessario operare un taglio pari ad oltre il 19 per cento rispetto all'anno di riferimento.
Va inoltre ricordato - come ha fatto prima il presidente Realacci - che a gennaio 2007 la Commissione europea ha proposto un pacchetto di misure finalizzate a combattere i cambiamenti climatici, invitando l'Unione europea ad abbattere le emissioni di gas serra di almeno il 20 per cento entro il 2020, in particolare attraverso misure energetiche.


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Per quanto riguarda le riduzioni attese nel nostro Paese, la delibera CIPE n. 123 del 2002 aveva stabilito, sulla base dello scenario di riferimento al 2010, che la riduzione dovesse corrispondere a 30,8 milioni tonnellate di anidride carbonica equivalente all'anno. La revisione dei dati effettuata nell'ambito della proposta di aggiornamento della delibera CIPE n. 123 del 2002, nell'ottobre del 2006, ha rivisto gli obiettivi da raggiungere, qualificandoli in 97,7 milioni tonnellate di anidride carbonica equivalente all'anno.
Tale proposta non è stata poi deliberata dal CIPE, in quanto in sede europea non è stato ancora approvato il Piano nazionale di assegnazione delle emissioni ed è ancora in corso l'elaborazione di una nuova proposta capace - ed è l'obiettivo del Governo - di recepire le osservazioni che la Commissione europea stessa ha fornito.
Sulla base dei dati sopra riportati, il ritardo nei tagli costerebbe circa 3,8 miliardi di euro, tenuto conto delle multe applicate, pari a 40 euro per tonnellata di CO2.
Nel caso di assenza di interventi, l'inadempimento dell'accordo di Kyoto costerebbe oltre 9 miliardi a partire dal 2008, al costo di 100 euro per ogni tonnellata in più emessa.
Tali oneri, coerentemente con il principio «chi inquina paga», rischiano di essere sostenuti dal nostro sistema economico, a partire dalle imprese, qualora non abbiano rispettato il Piano nazionale delle assegnazioni, relativamente alla parte non coperta dai crediti di carbonio spettante alle stesse, ovvero acquistate nello specifico mercato.
Come emerge chiaramente, le problematiche sul clima e la crescente attenzione nazionale e internazionale per le questioni connesse alla sostenibilità ambientale e alle politiche nazionali avranno comunque nei prossimi anni un impatto notevole sulle finanze dello Stato. Ciò ha assunto particolare evidenza e urgenza in riferimento alle tappe di applicazione del Protocollo di Kyoto e degli accordi e direttive europee sull'emission trading, ma ha finito di rappresentare un obiettivo evidente e necessario anche in concreta relazione all'insieme delle politiche nazionali, che in vari settori comportano correlazioni costanti e dirette con le risorse naturali, il territorio, i trasporti e gli equilibri ambientali.
Già dal 1992 l'Agenda 21, adottata a Rio de Janeiro in occasione del summit sulla terra, raccomandava a tutti gli Stati firmatari di integrare ambiente e sviluppo ai livelli di politica, di programmazione e di gestione economica. Raccomandava anche di mettere a punto sistemi per una contabilità ambientale ed economica integrata.
Le ricerche e le sperimentazioni successivamente condotte in questa direzione, in particolare dall'ONU, dalla Banca mondiale, dall'Unione europea e, aspetto non secondario - su scala territoriale ridotta - nel nostro Paese da regioni, province e comuni, hanno confermato la necessità di dotare la politica di strumenti nuovi, sviluppando al contempo indicatori e tecniche in grado di misurare e valutare variabili ambientali spesso decisive per lo sviluppo economico ma fino ad oggi non considerate riscontrabili all'interno dei più consueti strumenti di misurazione né di valutazione e decisione politico-economica.
Questo deficit di conoscenza e valutazione non può che aggravare i margini di errore all'atto della decisione politica, riducendo l'affidabilità degli strumenti di politica economico-finanziaria. Viceversa, la riduzione di questo deficit potrà consentire da un lato una più appropriata e razionale tutela dell'ambiente e dall'altro anche una più completa valutazione costi/benefici delle prospettive dello sviluppo sostenibile.
Negli ultimi anni l'Italia ha riservato una rilevanza crescente, ma a mio avviso ancora non sufficiente, ai temi ambientali nell'ambito dei documenti governativi, in risposta anche alla sempre maggiore attenzione dell'Europa a obiettivi di sviluppo sostenibile.


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Dopo il Consiglio europeo di Göteborg del 2001, l'Italia ha incluso i temi ambientali nel rapporto sulle riforme economiche, documento predisposto dal Dipartimento del tesoro e presentato alla Commissione europea fino al 2004, ai sensi di quanto indicato anche dal Consiglio di Cardiff del 1998.
Gli strumenti della politica governativa, inclusi quelli della programmazione, sono stati gradualmente rivisitati in direzione delle inclusioni di misure di sviluppo sostenibile nella definizione delle politiche economiche, ma è necessario fare ancora molto di più. Coerentemente anche con l'attenzione agli obiettivi di Lisbona, il tema dello sviluppo sostenibile, infatti, ha cominciato ad essere visto anche nell'ottica della competitività e quindi si è avviato un percorso di definizione delle politiche pubbliche volto a considerare l'ambiente non solo come costo, ma anche come un'opportunità.
Nel piano nazionale di riforma per l'attuazione della strategia di Lisbona, che dopo il 2004 è subentrato al rapporto sulle riforme economiche, è stato seguito un nuovo approccio, prevedendo già nel piano del 2005 una maggiore attenzione alla domanda di protezione ambientale nei processi produttivi e nelle attività di consumo.
Nel piano stesso si fa esplicito riferimento all'ambiente anche in prospettiva programmatica, indicando le risorse stanziate dal Governo fino al 2008 per obiettivi di tutela ambientale, sostanzialmente basate sulle delibere CIPE n. 56 del 2002 e n. 123 del 2002, rispettivamente relative a strategie di azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia e al Piano nazionale per la riduzione delle emissioni gas serra.
La contemporanea entrata in vigore in Italia e in Europa del Protocollo di Kyoto ha spinto i Governi a ripensare, anche in maniera nuova, le sfide poste dalla strategia di Lisbona per la crescita economica e l'apertura dei mercati, in un'ottica di riduzione delle emissioni nocive per l'ambiente.
I limiti delle emissioni impongono politiche che devono essere necessariamente armonizzate dal punto di vista ambientale, ma anche e soprattutto dal punto di vista economico e finanziario.
In Italia è divenuta sempre più forte la consapevolezza che l'attuazione del Protocollo di Kyoto deve riflettersi in politiche sostenibili per il bilancio dello Stato e che l'uso più efficiente delle risorse potrà costituire una risposta di lungo periodo alle problematiche di equilibrio tra tutela ambientale e vincoli di bilancio. È in tale contesto che il Ministro dell'economia, il professor Tommaso Padoa Schioppa, ha istituito una commissione da me presieduta, chiamata proprio ad approfondire le principali problematiche connesse all'introduzione di un sistema di contabilità e bilancio ambientale nello Stato, nelle regioni e negli enti locali.
La commissione, anche attraverso un lavoro di complessivo monitoraggio delle esperienze simili già condotte in ambito nazionale, comunitario e internazionale, e la partecipazione ai lavori di esperti in materia, ha individuato modelli unitari di contabilità e bilancio ambientale, idonei non solo a consentire il monitoraggio ma anche a fornire elementi utili a una complessiva razionalizzazione della spesa pubblica e dei suoi effetti di carattere ambientale.
La commissione, che ha concluso nei tre mesi previsti al momento della sua istituzione i lavori relativi alla preparazione di uno schema di disegno di legge sulla contabilità ambientale, ha ora inviato il lavoro al Ministro Padoa-Schioppa, che si è impegnato a portarlo all'attenzione del Consiglio dei Ministri - e qualora approvato da questo, ovviamente, al Parlamento - nel più breve tempo possibile.
Si tratta quindi di un importante risultato in vista del rafforzamento delle politiche ambientali non più come politiche di settore, ma come uno dei pilastri della politica economica generale del Governo.
Tornando all'esame del contesto complessivo, dopo il rapporto di Nicholas


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Stern, che aveva illustrato come i costi dei cambiamenti climatici possano andare dal 5 al 20 per cento del prodotto mondiale lordo, l'Unione europea è scesa in campo per dimostrare che anche in scenari di aumento della temperatura media globale, compreso tra i 2,2 e i 3 gradi, i costi dei cambiamenti climatici potrebbero giungere a livelli insopportabili per l'economia europea. Potrebbero, invece, essere sopportabili e non bloccare lo sviluppo solo qualora l'aumento della temperatura media globale fosse inferiore ai 2 gradi.
Entro questo limite di riscaldamento dei 2 gradi le conseguenze negative dei cambiamenti climatici, pur significative e da non sottovalutare, sono ancora gestibili e controllabili, a patto di mettere in campo politiche efficaci, capaci di contenere gli effetti dei cambiamenti climatici e di indicare un'inversione di tendenza. I Paesi membri dell'Unione europea potrebbero affrontarli e gestirli a costi accettabili con idonee strategie di contenimento e, solo conseguentemente, di adattamento.
Oltre questo limite, a parte il rischio di conseguenze imprevedibili e di possibili catastrofi, le economie nazionali non sarebbero più in grado di correre ai ripari e i danni sarebbero irreparabili. Pertanto, al di là delle cifre e delle analisi sui singoli impatti, il rapporto della Commissione europea ha inteso dare una sferzata a tutti i Governi europei, ma anche a quelli extraeuropei, perché si muovano in fretta per ridurre le emissioni - e comunque prima del 2050 - di ben il 60 per cento, per riportare il sistema climatico in equilibrio e cioè entro i limiti della sua variabilità naturale. La tappa intermedia potrebbe essere fissata tra il 2020 e il 2030, data per la quale la riduzione dovrebbe essere intermedia, cioè intorno al 30 per cento.
Su questa e su altre proposte dell'Unione europea la Commissione chiede non solo il supporto, ma anche una forte determinazione dei governi, che dovrebbero cominciare ad attivarsi il prima possibile, affinché esse siano realizzate pienamente.
I passi compiuti dall'Europa nei mesi scorsi in direzione di una maggiore attenzione ai cambiamenti climatici e alla loro interazione con le politiche energetiche costituiscono un punto di partenza imprescindibile anche per la definizione della futura agenda del Governo italiano.
In particolare, l'Italia ha condiviso il percorso di avvicinamento degli obiettivi di Kyoto con quelli stabiliti a Lisbona intrapreso con la comunicazione della Commissione europea, i cui princìpi base sono stati recepiti dal Consiglio europeo della primavera 2007, con l'obiettivo di ridisegnare le politiche energetiche e ambientali dell'Unione europea, al fine di rispondere pienamente alle sfide della sostenibilità, della competitività e della sicurezza delle forniture energetiche.
Il miglioramento della sicurezza dell'offerta a livello nazionale e soprattutto comunitario richiede una sempre più stretta ed efficace cooperazione tra i Paesi.
Allo stesso modo, la protezione dell'ambiente e del clima impone un'azione collettiva di cui l'Europa si sta facendo garante. In quest'ottica è fortemente auspicabile che l'Unione europea parli sempre più con una sola voce, soprattutto nelle relazioni esterne.
Tra gli obiettivi fissati nel Consiglio di primavera, tra l'altro, quello relativo alle fonti rinnovabili si pone come una sfida essenziale per l'Unione europea e per l'Italia, in quanto da esso in particolare discenderà la necessità di fissare una suddivisione dell'onere di produzione da fonti rinnovabili tra gli Stati, al fine di raggiungere l'obiettivo vincolante del 20 per cento per tutta l'Unione europea entro il 2020.
Le politiche che il Governo dovrà definire nei prossimi anni dovranno necessariamente puntare ad aumentare la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili in Italia, anche attraverso schemi di incentivazione appropriati.
La nuova strategia comunitaria imporrà all'Italia un impegno più forte sulle fonti rinnovabili, portandola a fissare obiettivi necessariamente ambiziosi ma realistici. Tuttavia, sarà indispensabile che


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l'Italia ridisegni le sue politiche ambientali, partendo dalla convinzione che gli obiettivi indicati dall'Unione europea, in particolare quello sulle rinnovabili, devono rafforzarsi vicendevolmente, principalmente per raggiungere la riduzione delle emissioni, ma anche per migliorare l'indipendenza energetica e la sicurezza.
In tal senso, un ruolo importante sarà svolto dagli strumenti di mercato per l'incentivazione delle politiche ambientali, che da una parte dovranno facilitare il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e riduzione delle emissioni, ma dall'altro non potranno costituire un aggravio per il bilancio dello Stato e per le sue imprese.
La rinnovata attenzione a strumenti di mercato, come tasse ambientali, sussidi e scambio di permessi, poggia anche sui maggiori vantaggi che tali strumenti presentano rispetto alla regolazione tradizionale. Dunque, la conservazione e la gestione delle risorse naturali in maniera durevole e responsabile non sono mai state così importanti.
Il tema del cambiamento climatico è ormai una priorità, che è stata anche al centro dell'attenzione del vertice del G8 riunitosi in Germania.

PRESIDENTE. La relazione è di grande interesse, ma abbiamo tempi piuttosto stretti.

PIER PAOLO CENTO, Sottosegretario per l'economia e le finanze. Arrivo alla parte del DPEF. Come dicevo, il vertice del G8, il cui esito non è stato soddisfacente per la parte relativa ai cambiamenti climatici e agli impegni presi dai Paesi membri, non è stato inoltre soddisfacente rispetto agli obiettivi, che non sono stati fissati in maniera precisa e indicativa per gli Stati che aderiscono al vertice stesso.
È quindi necessario che le politiche sui cambiamenti climatici diventino centrali nel prossimo Documento di programmazione economico-finanziaria. Il Governo condivide la necessità che nel DPEF vi sia una lettura trasversale delle politiche ambientali connesse ai cambiamenti climatici e, conseguentemente, alle politiche energetiche.
La normativa vigente non consente, nel DPEF che è in preparazione da parte del Governo, la presentazione di un allegato formale su Kyoto, così com'era stato sollecitato dalla Commissione ambiente e più volte dal Parlamento, anche in virtù di una modifica normativa avvenuta alla fine della scorsa legislatura.
Il Governo intende però guardare con interesse e sostenere eventuali iniziative parlamentari che dovessero essere prodotte, affinché nel DPEF 2008 diventi obbligatorio inserire un allegato su Kyoto, così come è previsto l'allegato sulle infrastrutture e i lavori pubblici.
Faccio altresì notare che oggi, a normativa vigente, prevedere un allegato su Kyoto, non essendo ciò sancito da alcuna norma, rischierebbe di avere un effetto opposto rispetto alla volontà dei proponenti, ossia quello di separare dal contesto del Documento di programmazione economico-finanziaria, con un'appendice secondaria e non vincolante per il Parlamento e per il Governo, il dibattito e le conseguenti decisioni relative all'applicazione dell'accordo di Kyoto, alla mitigazione dei cambiamenti climatici e alle conseguenti politiche economico-finanziarie che il Governo deve mettere in atto.
Si è quindi scelta la strada di lavorare, per quanto riguarda il DPEF, per una forte connessione delle politiche di sviluppo, in relazione alla loro sostenibilità ambientale e alla previsione dei cambiamenti climatici e degli effetti che essi determinano nell'impatto sull'economia nazionale e sulla finanza pubblica.
Per la prima volta nel DPEF vi sarà, quindi, un approccio unitario alle materie dello sviluppo sostenibile in relazione ai loro effetti ambientali. Questo significherà che nel DPEF, che è in corso di elaborazione da parte del Governo e che sarà presentato al Parlamento nei termini previsti, ovvero entro il 30 giugno, sarà possibile individuare all'interno di questa unitarietà una parte specifica sui cambiamenti


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climatici inserito nell'ambito del capitolo delle strutture e degli interventi strutturali per lo sviluppo sostenibile.
Questa scelta del Governo, coerente con alcuni dei princìpi che erano stati già inseriti nella legge finanziaria 2007, ci consentirà di avere strumenti di programmazione economico-finanziaria integrati con le politiche ambientali e consentirà, quindi, al Parlamento, nella fase di discussione del DPEF, di avere quegli strumenti capaci di orientare la politica per il prossimo triennio.

PRESIDENTE. Grazie per la sua relazione molto puntuale. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ROMOLO BENVENUTO. Ringrazio il Sottosegretario ed anche il presidente Duilio che ha citato l'ultima frase del documento da noi predisposto, in cui si parla di orgoglio nazionale. In realtà, tale riferimento sembrerebbe avere poco a che fare con i temi dell'ambiente e dei cambiamenti climatici, ma il documento si propone proprio di dare una nuova missione al nostro Paese e, tramite l'Italia, anche all'Unione europea, una missione che susciti l'orgoglio nazionale e la volontà di proiettarsi avanti nel futuro su un tema che interessa non solo i giovani, ma l'intero pianeta.
La sfida è pertanto quella di comportarsi di conseguenza nel DPEF. Il Sottosegretario si è «sbottonato» molto poco sui contenuti e lo capisco.
Condivido che non ci si debba limitare al problema dell'allegato. Il punto non è quello di fare un capitolo a parte in quanto si rischierebbe di rendere marginale un tema che, invece, è fondamentale, ma quello di rendere leggibile in controluce e in trasparenza la politica ambientale all'interno delle scelte di politica economica.
Cito alcune di queste scelte. Innanzitutto, la cosiddetta cura del ferro. Si tratterà di capire se effettivamente il Governo si comporterà di conseguenza; infatti, un terzo delle emissioni di CO2, gran parte dei consumi energetici, gran parte dell'inquinamento ambientale, gran parte della sicurezza, gran parte dell'uso del territorio passa attraverso le scelte relative al sistema dei trasporti. Vedremo quindi se sarà compiuta una scelta leggibile, chiara, senza azzerare il trasporto su gomma, ma dirottando gran parte delle energie su altri terreni.
Un'ulteriore scelta è rappresentata dalla politica fiscale che riguarda tutti i campi e tutti i settori. Come esempio, cito la tassa di possesso delle auto. Invece di basare il suo importo sulla potenza del motore, sarebbe giusto far riferimento al tasso di emissione, dato che esso in parte dipende dalla potenza e in parte dall'efficienza, quindi dal contenuto tecnologico del mezzo.
Un altro esempio è quello del 55 per cento sulle energie rinnovabili negli edifici, scelta fatta con la finanziaria 2007 e che noi, con una risoluzione che abbiamo in discussione congiuntamente alla Commissione finanze, chiediamo di rendere più stabile e più permanente nel tempo. Anche in questo caso, è coinvolto un altro terzo dei consumi energetici e delle emissioni in atmosfera di CO2 del Paese dovuto ad un patrimonio edilizio modesto dal punto di vista tecnologico e non attrezzato per rispettare i vincoli di Kyoto. Il 55 per cento, dunque, va reso stabile e permanente nel tempo, chiarendo anche alcuni punti della norma, in modo da creare una filiera.
Vi sono poi le energie rinnovabili e il problema di come incentivarle. Anche su questo tema esiste una discussione sulla scelta fra politiche fiscali o incentivi.
Vorremmo che tutto questo fosse scritto nel DPEF; vedremo come ciò avverrà, ma la nostra analisi su questo tema sarà puntuale.
Proponiamo al nostro Paese di sventolare la bandiera dei cambiamenti climatici. Oggi in Europa lo fanno sopratutto Gran Bretagna e Germania, ma anche la Francia, con il nuovo presidente di destra, vuole caratterizzarsi su questo terreno. Mi


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pare che il nostro Paese abbia le potenzialità per essere in primo piano in questa battaglia, così come lo è stato sulla pena di morte e su altre questioni che interessano il futuro dell'umanità. Abbiamo le capacità tecnologiche, il carattere nazionale e anche la voglia di interessarci degli altri, secondo una caratteristica tutta italiana. Misuriamoci allora anche su questo argomento.

AURELIO SALVATORE MISITI. La relazione del Sottosegretario Cento ha suscitato in me qualche preoccupazione, in gran parte a causa di alcuni elementi che il collega Benvenuto ha cercato di far emergere nel suo intervento, ma anche per altri motivi.
Sono ormai anni che abbiamo assunto precisi impegni internazionali, senza tuttavia che vi sia stata nel Paese una politica coerente con essi e volta quindi a ridurre la produzione di CO2. I dati che ha portato, infatti, confermano non solo che non siamo scesi del 6,5 per cento al di sotto della produzione rilevata nel 1990, ma che abbiamo addirittura superato quella percentuale; attualmente, quindi, dovremmo ridurre le nostre emissioni di CO2 del 19 per cento.
Credo che neppure oggi siamo in grado di fare una previsione di politica industriale in grado di ridurre la produzione di CO2 dell'1 o del 2 per cento. Nemmeno questo è in vista, né lo è mai stato. E quando parliamo di politica industriale, non parliamo solo di industria, ma di tutta la questione posta dal collega Benvenuto; parliamo, cioè, di politica industriale in generale, nel nostro Paese, con riferimento soprattutto alla parte energetica.
Dobbiamo stare attenti allora nel prendere l'impegno di fare i primi della classe. Germania, Francia e Gran Bretagna possono farlo perché in quei Paesi una volta prese le decisioni, esse vengono seguite grazie alla stabilità politica ed anche ad un certo tipo di sviluppo economico. Oggi tutto si basa sull'energia, parliamoci chiaro, anche i trasporti. Tutto fa riferimento all'energia a basso costo e a quella prodotta da fonti non inquinanti, prive di combustibili fossili. Potremmo dire che loro sono su un altro pianeta. Non possiamo pensare di raggiungere quei tre Paesi, pur con tutta la buona volontà.
Credo quindi che, di fatto, la posizione degli Stati Uniti, che ha impedito al G8 di prendere decisioni in merito a determinati obiettivi, ci faccia comodo. Da quando cominceremo a pagare il conto, insomma, del mancato rispetto degli accordi firmati? Il Sottosegretario Cento ha riferito la cifra finale, ma ha anche aggiunto che questa cifra aumenterà considerevolmente.
Noi siamo il Parlamento italiano e porteremo il Paese alla rovina se non faremo un'operazione diversa da quella che stiamo portando avanti. Non siamo in grado di fissare la benché minima percentuale; possiamo solo adottare una politica industriale che abbatta il più possibile questa produzione di CO2; altrimenti, dobbiamo ammettere di non voler favorire lo sviluppo del sud, di voler ridurre la produzione del nord, affinché le emissioni almeno non aumentino rispetto al 19 per cento prima ricordato.
Siamo realistici e facciamo i conti delle fonti alternative. Noi non ricorriamo alla fonte alternativa principale di quei tre Paesi, che per il 60 per cento producono energia a basso costo tramite il nucleare; senza di esso noi non arriveremo al 50-40 per cento.

GRAZIA FRANCESCATO. No no, solo la Francia!

AURELIO SALVATORE MISITI. Solo la Francia? Perché, forse gli altri non lo fanno?

GRAZIA FRANCESCATO. No.

AURELIO SALVATORE MISITI. Sii realista!

GRAZIA FRANCESCATO. No, sono realista!

AURELIO SALVATORE MISITI. Allora sarà una mia opinione.


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In conclusione, dobbiamo cercare di non illuderci perché questa è solo un'illusione. Ad esempio, si è parlato della cura del ferro, tuttavia non si fa altro che finanziare strade invece che ferrovie. L'investimento nelle ferrovie riguarda soltanto i treni. Stiamo attenti, alcuni ritengono che le opere importanti siano state già fatte, mentre metà dell'Italia le ferrovie non se le sogna nemmeno! In questa parte d'Italia si finanziano solo strade.
L'unica soluzione, dunque, è quella di invertire la tendenza, altrimenti sono solo illusioni e chiacchiere.

GRAZIA FRANCESCATO. Il mio motto personale è il seguente: «non m'illudo, ma non mi spavento». Spiego il perché. Sono trent'anni che noi, come Verdi ed ambientalisti, aspettiamo una svolta di questo tipo, cioè che all'interno del DPEF per la prima volta non sia previsto un capitolo aggiuntivo sull'ambiente e sul clima, ma una chiave di lettura finalmente trasversale, che va nella direzione del «matrimonio» tra economia ed ecologia, ovvero l'integrazione tra politiche ambientali, sociali ed economiche, che noi da tempo abbiamo chiesto. Si tratta di una svolta epocale.
Siamo perfettamente consapevoli che si tratta di un primo passo e nessuno si illude che sia sufficiente. Anche nella prossima finanziaria, infatti, dovremo essere coerenti e garantire un massiccio impegno di spese su questo fronte e, dal punto di vista politico, garantire una cabina di regia trasversale.
Caro onorevole Misiti, il problema dell'allegato infrastrutture, che tra l'altro è ancora misterioso - come si dice, è sulle «ginocchia di Giove», se non di Di Pietro - va sottoposto, come tutte le politiche del Governo, al cosiddetto «esame finestra» del clima. Tutte le politiche vanno vagliate secondo questa nuova ottica, altrimenti non riusciremo ad avere questo approccio trasversale, che costituisce, invece, la vera e propria novità.
Dopodiché, è chiaro che noi partiamo con trent'anni di ritardo. Sappiamo benissimo che siamo in ritardo del 18 per cento sulla tabella di marcia di Kyoto e sappiamo benissimo che cominceremo a pagare dal primo gennaio 2008 le sanzioni. Tuttavia, sappiamo anche bene che l'inazione su questo fronte, il non agire in maniera forte e coerente, ci costerà molto di più.
Il famoso Rapporto Stern dice, appunto, che i costi dell'inazione sono molto più pesanti di quelli dell'azione. Il documento va proprio nella direzione del quadro europeo che tracciavamo poco fa - siamo tornati adesso dalla missione internazionale di Berlino - i cui elementi fondamentali sono la stabilizzazione a lungo termine e la messa in moto di meccanismi di mercato. Il punto principale, infatti, consiste nel congegnare e mettere in moto un mercato globale del carbonio. Noi abbiamo uno strumento europeo, che è quello dell'Emission Trading System (ETS). Avete fatto bene a richiamarlo per quello che riguarda il mercato delle emissioni locali, perché si deve assolutamente far calare sul territorio questo tipo di strumento.
Esiste una revisione in corso, lo sappiamo tutti, e sappiamo anche, caro Misiti, che la prossima revisione dell'ETS chiede a gran voce - è giusto che sia così - che accanto al comparto industriale venga finalmente coinvolto anche il comparto dei trasporti, in particolare quello aereo e marittimo. Quindi, l'Emission Trading System non è un sistema «santificato» o codificato, ma in fase di revisione e va nella direzione di cui si parlava al vertice di Heiligendamm.
Faccio notare che, oltre al meccanismo nel mercato del carbonio, assolutamente fondamentale, esistono altri meccanismi di mercato che possiamo mettere in azione, di cui si parla già in questo DPEF, che riguardano l'incentivazione e la disincentivazione. Questo è un punto cruciale.
Faccio un esempio. Poco fa si parlava delle nuove trappole in cui potremmo cadere, anche riguardo alle energie rinnovabili e si diceva di fare attenzione ai biocarburanti, i quali, se non rientrano in


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una filiera corta, possono essere devastanti dal punto di vista ambientale e sociale (pensiamo alle biomasse o all'olio di palma importato da paesi terzi). Questo è un meccanismo di mercato assolutamente cruciale, così come lo sono quelli di cui si parlava a Berlino, che riguardano la diminuzione e la riduzione della deforestazione che contribuisce per il 20 per cento all'impennata delle emissioni.
Noi sappiamo di essere in ritardo, tuttavia non dobbiamo spaventarci. L'onorevole Misiti non tiene conto del fatto che questa è una strada obbligata perché non ne esistono altre, se non l'inazione.
Noi crediamo che questo sia un passo in avanti notevole, proprio per l'ottica che finalmente introduce nelle politiche del DPEF e della finanziaria. La lotta a breve termine, poi, sarà quella di fare in modo che la finanziaria risponda a questo criterio.
Non ci siamo fissati sull'allegato. Si tratta di una richiesta - che secondo me possiamo comunque inoltrare, visto che le norme si possono cambiare - che vuole mettere in luce quanto la strategia di Kyoto debba coinvolgere tutte le politiche e le strategie.
Dico che possiamo andare avanti, perché anche le lotte simboliche contano. Ad ogni modo, il prossimo appuntamento sarà la legge finanziaria. Ci batteremo, affinché l'impegno di spesa sia congruo con le buone intenzioni predicate nel DPEF.
Un ultimo punto è quello della contabilità ambientale, che sembra un problema marginale o minore, ma che invece è importantissimo, perché finalmente potremo calcolare le ricadute e i costi, in termini di risorse naturali ed emissioni, di tutte le politiche che metteremo in pratica.

PAOLO CACCIARI. È già stato detto tutto. Volevo solamente associarmi, Sottosegretario Cento, a questo grido di allarme e sottolineare la drammaticità dei cambiamenti climatici e della tutela dell'ambiente in tutto il mondo.
La mia sensazione - ma mi pare che l'abbiano già descritto molto bene i colleghi - è che le politiche del Governo siano in ritardo nel recepire questa drammaticità.
Non so bene come sarà definito il DPEF. Tuttavia, abbiamo visto - sono transitate anche sui banchi della nostra Commissione - le nuove leggi approvate in Germania e in Inghilterra. Credo che esse costituiscano una svolta di approccio. Mi riferisco ad entrambe, pur nella diversità di cultura legislativa dei due Paesi. Ho presente in particolare il caso della Germania, dove veramente, con semplicità di approccio, hanno individuato alcune azioni - non ricordo più quante - molto concrete e parziali. Esistono piani di azione sostenuti con una legge che taglia trasversalmente le competenze tradizionali dei vari ministeri e le sovranità territoriali. Infatti, arrivano fino a parlare degli stili di vita, dei comportamenti individuali delle persone, della scuola (penso alla legge inglese). Occorre agire così.
Sottosegretario Cento, conto molto sul suo ministero, perché il Dicastero delle finanze ha un ruolo fondamentale, soprattutto di cerniera e non solo in Italia. Se una svolta vi è stata, infatti, nel recepimento da parte dei potenti della terra di questa tematica, ciò è avvenuto grazie al Rapporto Stern, non certo contando le specie arboree o vegetali piuttosto che i panda scomparsi. Del resto, abbiamo capito che tutto questo non intenerisce i cuori dei «padroni del vapore». Quando, invece, Stern, che è un economista, ha calcolato in termini di euro e di dollari i vantaggi, tutti hanno capito che non conveniva, nemmeno da un punto di vista economico, trascinare una situazione del genere.
Sono stato molto contento di sentire che sono ultimati i lavori per l'introduzione di nuovi indicatori economici. Tuttavia, servirebbe forse anche una commissione - o non so cosa - magari esterna, che facesse presente ai vari ministeri, ma anche alle regioni e al sistema degli enti locali, che, continuando così, non solo il deterioramento dell'ambiente, ma anche i costi diventeranno insostenibili.


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Quindi, vorrei sottolineare l'aspetto dei bilanci ambientali. Credo che il Ministro delle finanze possa dare indicazioni anche regolamentari ai comuni e alle regioni su come accompagnare i bilanci contabili con i bilanci sociali - qualcuno è già stato fatto - ed anche con quelli ambientali. Ciò avrebbe una forza pedagogica straordinaria. I comuni che l'hanno fatto volontariamente, seguendo delle indicazioni dell'Unione europea, hanno avuto un ottimo risultato, dal punto di vista dell'approccio, riuscendo a convincere anche le popolazioni ad andare in alcune direzioni piuttosto che in altre. Quindi, sarebbe importante rendere obbligatori i bilanci ambientali.
Infine, l'ultimo argomento che non è stato affrontato - molto limitato rispetto ad altri, ma comunque importante - riguarda gli «acquisti verdi», ossia la spesa pubblica. Credo che la previsione di tale obbligo dipenda soprattutto dal Ministero delle finanze. Sappiamo che la quota occupata dalla spesa pubblica è enorme. Ebbene, se già solo questa fosse orientata all'acquisto di prodotti sostenibili, potrebbe costituire un impulso per miglioramenti misurabili anche quantitativamente.

MAINO MARCHI. Credo che ci stiamo misurando con una delle questioni più importanti per il nostro futuro. Quindi, occorre prestare la massima attenzione.
Penso che sia significativo e positivo che nel DPEF per il 2008 ci sia questa valutazione complessiva sulle politiche per Kyoto e, in termini trasversali, per quanto riguarda tutti gli ambiti di intervento.
Sarebbe importante anche prevedere che con la legge sulla contabilità ambientale, il bilancio ambientale possa essere collegato alla finanziaria. Così come abbiamo previsto quest'anno per il federalismo fiscale, dovrebbe essere uno degli aspetti innovativi da produrre nei prossimi mesi.
Ritengo dunque che sarebbe importante assumersi l'impegno per il 2008 di considerare questo come un tema fondamentale. Infatti, diciamo sempre di non poter misurare tutto solo in termini di PIL, che però alla fine resta l'unico parametro sul quale basiamo gran parte delle politiche. Quindi, occorre anche innovare e poter disporre di altri strumenti. In questo ambito, inoltre, credo che si potrebbe valutare come in futuro il DPEF dovrà trattare anche argomenti relativi all'ambiente e alle politiche per Kyoto, in relazione ai cambiamenti climatici.
Quanto all'energia e all'efficienza energetica, chiedo innanzitutto quali siano gli orientamenti europei, e anche nazionali, sulla prospettiva dell'idrogeno. Vorrei sapere se si intende investire in questo senso e quali possono essere le politiche da inserire all'interno della finanziaria.
A mio parere, quando parliamo di efficienza energetica, sono fondamentali anche i comportamenti dei cittadini. Questi possono essere influenzati positivamente, ad esempio, con politiche di detrazioni fiscali come abbiamo fatto con la finanziaria del 2007. Forse in proposito i cittadini conoscono gran parte degli aspetti ritenuti negativi, ma quasi nessuno di quelli che invece potrebbero essere positivi per loro stessi. Penso al 55 per cento delle detrazioni fiscali in tre anni, che a mio avviso è stato uno degli interventi più rilevanti. Pertanto, chiedo che il Governo faccia informazione sulle nuove possibilità previste per i cittadini nella finanziaria 2007.
A proposito della mobilità, si è parlato di cura del ferro e di cura dell'acqua, sia per quanto riguarda il mare che per quanto riguarda la navigazione fluviale. Su questo punto sarebbe opportuno anche pensare a politiche di incentivazione fiscale per gli operatori, che spesso mancano.
Il consiglio regionale dell'Emilia Romagna, ad esempio, aveva predisposto un progetto di legge in proposito, progetto che era stato anche ripreso da alcuni deputati durante la scorsa legislatura.
Ovviamente, si tratta di finanziarlo. Quindi, nella finanziaria del 2008 si dovrà tenere conto anche di questo aspetto; non


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si tratta di grandi cifre, che però possono essere significative per dare un incentivo anche in questa direzione.
Per quanto riguarda il ferro, io credo che il problema stia innanzitutto nelle infrastrutture, che devono essere le priorità verso cui indirizzare gli investimenti. Esiste, però, anche un problema di gestione. Ad esempio, dobbiamo arrivare preparati a ciò che succederà quando alcune tratte delle nuove linee della TAV entreranno in funzione. Penso alla tratta Milano-Bologna, per la quale si è sempre detto che l'attuale linea sarebbe dovuta servire per i passeggeri e per aumentare le merci. Non mi pare, invece, se si vogliono aumentare le linee, che si stiano facendo investimenti per incrementare il numero dei treni. D'altra parte, anche per quanto riguarda le merci, vi è ancora del lavoro da fare, ad esempio, con gli operatori o sul piano della logistica. Si tratta di un'operazione che ha bisogno di iniziative e anche di incentivi. Per la precisione, direi che sarebbero necessari sia incentivi per il ferro che disincentivi per la gomma.
Per quanto riguarda le aziende - penso alle emissioni industriali - credo che sarebbe opportuna una normativa che consenta una valutazione integrata nei vari campi per quanto riguarda le autorizzazioni.
Faccio un esempio. Conosco il distretto delle ceramiche, ovvero quello di Modena e Reggio Emilia. In quel distretto le aziende hanno fatto enormi investimenti qualitativi per quanto riguarda le emissioni; non credo che ci sia molto da recuperare, fatte salve, ovviamente, le innovazioni tecnologiche future. Il grosso problema è costituito, invece, del traffico, soprattutto quello su gomma. Si potrebbero, dunque, consentire maggiori emissioni dirette da parte delle aziende, se però queste si impegnano concretamente a utilizzare maggiormente il ferro per il trasporto sia della materia prima, che della merce prodotta.
Credo insomma che sia opportuno fare valutazioni complessive e non settoriali, come invece è la legislazione di riferimento. Tale orientamento potrebbe contribuire a costruire un quadro di incentivi per ridurre le emissioni, anche quelle di carattere industriale.

FRANCESCO PIRO. Vorrei fare alcune brevi considerazioni. L'idea che ha esposto il collega Marchi sulla possibilità di presentare un collegato, per così dire, sulla «contabilità ambientale» - poi dovremmo chiarirci sul suo eventuale contenuto - potrebbe essere un'idea importante e un passo in avanti di grande qualità. Non so tuttavia se il Governo sia pronto, cioè se esso sia in grado, anche dal punto di vista tecnico, di realizzare tale idea.
Credo, però, che alcune operazioni, che comunque dovrebbero essere contenute nella legge di contabilità ambientale, siano possibili, anche a prescindere dalla contabilità ambientale.
Credo che uno dei presupposti indispensabili, ad esempio, sia quello di costruire degli indicatori. Non so se definirli indicatori di sostenibilità energetica o di efficientamento energetico. Peraltro, credo che in buona misura questi esistano già. Ci sono in Europa, e credo che anche alcune regioni italiane li abbiano adottati. Non vi appaia strano, ma credo che la Sicilia sia stata una delle prime regioni ad adottare gli indicatori di sostenibilità ambientale sugli investimenti, anche se poi non li ha mai applicati.
La Giunta Capodicasa-Piro, in effetti, ha adottato gli indicatori di sostenibilità, senza poi applicarli, però...

MAINO MARCHI. Non c'è stata continuità politica!

FRANCESCO PIRO. Purtroppo no, ma fu comunque fatto uno sforzo in questa direzione.
È evidente che senza la costruzione degli indicatori vengono a mancare due elementi fondamentali: il primo è la griglia che orienta le scelte e gli investimenti; il secondo è il bilancio stesso. Se non si utilizzano gli indicatori, infatti, non si è in grado di fare una verifica e quindi di fare il bilancio.


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La seconda questione riguarda, appunto, il bilancio ambientale. Tra i documenti del bilancio vero e proprio, da qualche anno, ne viene presentata uno per così dire «incorporato» che riguarda proprio il bilancio ambientale. Si tratta di una prima bozza, piuttosto «timida», che si basa soltanto sulla stima degli stanziamenti e sugli effettivi utilizzi delle somme.
Nel corso delle relazioni, sia quella sul bilancio preventivo, sia quella sul rendiconto, ho parecchio insistito in proposito, ritenendo che dovrebbe essere fatto uno sforzo per redigere - lo dico al presidente Duilio, molto attento alla redazione dei documenti - un bilancio ambientale che abbia le caratteristiche di un vero e proprio bilancio; quindi dovrebbe essere a consuntivo e, se e quando sarà possibile, basato sugli indicatori. Se tale bilancio fosse esteso allo Stato e a tutto il settore pubblico, potrebbe essere uno strumento molto importante di conoscenza e di valutazione, finalizzato alle scelte da operare, molto utile per gli investimenti e per le risorse allocate o da allocare.
Vengo alla quarta questione. Se dal punto di vista normativo il bilancio di cui parlavo non fosse possibile, nulla impedirebbe, se il Governo fosse nelle condizioni di farlo, di presentare un allegato sperimentale al DPEF. Il presidente Duilio sa che quando abbiamo avviato la discussione sulla ristrutturazione del bilancio, una delle prime ipotesi ventilate era quella di presentare quest'anno insieme al bilancio tradizionale, anche quello ristrutturato. Il Governo, invece, ha compiuto uno sforzo molto significativo, presentando il bilancio ristrutturato, che è consentito, questo sì, a legislazione vigente.
Per quanto riguarda la questione primaria, nulla impedirebbe di enucleare alcune questioni. Anzi, credo che tale elenco dovrebbe costituire una delle questioni centrali, operando di più e meglio di quanto non sia stato fatto lo scorso anno, sia per quanto riguarda i contenuti del DPEF, che per quanto riguarda la risoluzione approvata in Assemblea.
Tra queste, ritengo che una in particolare sia particolarmente importante, ovvero l'efficientamento energetico degli edifici. In proposito, il settore pubblico ha assoluta preminenza, sia per quanto riguarda le azioni per incentivare il settore privato, sia per quanto riguarda il pubblico in quanto proprietario di un'infinità di edifici e di impianti: pensiamo solo agli impianti di depurazione presenti nel nostro Paese. Ebbene, una delle misure molto efficaci da questo punto di vista potrebbe essere quella di svincolare gli investimenti per l'efficientamento energetico realizzato dagli enti locali - comuni e province - dal rispetto del patto di stabilità, collocandoli al di fuori di esso. Si tratta di una misura che costa poco.
Riprendendo quanto detto poco fa dall'onorevole Francescano: si sta concretamente dimostrando che gli investimenti in campo ambientale, a maggior ragione quelli in campo energetico, si ripagano da soli in brevissimo tempo.
Certo, se vogliamo utilizzare una mentalità da ragionieri, non c'è dubbio che rileveremo un «meno» e un «più». Se invece vogliamo ragionare in termini di politica economica, finanziaria e di bilancio, è evidente che, sebbene il primo anno sia possibile registrare un picco negativo, a partire da quello successivo si avranno vantaggi anche in termini di risparmio sulla spesa pubblica e sull'efficientamento, non solo della funzione energetica, ma anche della funzione della spesa pubblica.

LINO DUILIO. Voglio precisare un paio di questioni, stimolato dalla discussione. Mi rivolgo, ovviamente, al Governo, in particolare per sollecitare il reperimento di una risorsa scarsa - per esprimermi in termini economici - ovvero la dimensione della collegialità dell'azione di Governo.
Rispetto a questi obiettivi, molto qualificanti (trasversali, pervasivi e via dicendo), si ha molte volte l'impressione (come si dice in gergo popolare) che la mano destra non sappia quello che fa la sinistra, e viceversa, riferendomi in questo caso all'interno del Governo.


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La Commissione bilancio ha avviato un'indagine conoscitiva del Quadro strategico nazionale che tiene conto di ciò che fortunatamente - non so se fortunosamente - a livello nazionale proviene dall'Europa, per quanto riguarda le risorse del Piano strategico 2007-2013. Ciò si collega, peraltro, all'individuazione di un Piano strategico nazionale con l'individuazione di alcune priorità su cui insiste (o dovrebbe insistere) l'azione del Ministero dello sviluppo economico, presso il quale è stata creata una cabina di regia, insediatasi da poco con un decreto. Sarebbe il caso che detta cabina di regia giustificasse meglio la sua denominazione, dal momento che, a mio parere, svolge poco il compito di regia.
All'interno del quadro di coesione nazionale vi è la necessità di individuare alcune priorità che hanno implicazioni evidenti e notevoli, per quanto riguarda la tematica che stiamo trattando. Mi riferisco, in particolare, al tema delle infrastrutture.
Sarebbe interessante, ricollegandomi a qualche precedente intervento, che si concentrassero le risorse per incentivare l'infrastrutturazione del Paese - ad esempio per il trasporto su rotaia - privilegiando le iniziative con risvolti ambientali che vadano nella direzione auspicata. Per non parlare, più complessivamente, dell'esigenza di un piano di raccordo complessivo di intermodalità, affinché ciò che si realizza sul versante della rotaia sia collegato con quanto accade sul fronte dei porti, degli aeroporti e via dicendo.
Questo disegno, che peraltro potrebbe essere benefico - se posso esprimermi con una digressione di natura più politica e meno istituzionale, che farebbe bene al Governo riguardo alla sua azione più complessiva - mi pare manchi del tutto. Non mi risulta infatti l'esistenza di un disegno ben precisato che abbia risvolti di carattere finanziario, come l'utilizzo di risorse che pure esistono, la cui finalizzazione potrebbe essere assolutamente utile nella direzione qui auspicata e che dovrebbe addirittura andare oltre l'auspicio.
In secondo luogo, anche a partire dalla finanziaria, potremmo riprendere le misure che incentivano la rottamazione dei veicoli inquinanti. Mi è stato fatto notare che in proposito la quantificazione dei costi che si scontano per incentivare la rottamazione dei veicoli inquinanti tutto sommato non è eccessiva, in particolare per quanto riguarda l'ultima legge finanziaria.
Il provvedimento dello scorso anno è infatti costato circa 6 milioni di euro, ossia 12 miliardi di vecchie lire.
È chiaro che gli incentivi alla rottamazione comportano il problema dei soldi investiti per poter procedere e di quelli necessari per riacquistare. Tra l'altro, non è scontato che dopo la rottamazione si possa riacquistare: tutto dipende dalla misura degli incentivi.
Da qualche parte, in una sorta di ufficio ricerca e sviluppo, come si definisce in termini aziendali, bisognerebbe definire politiche un po' più precise in questo terreno.
Sarebbe interessante se ai nostri grandi proclami facessimo seguire iniziative di politica economica e industriale che, a partire dal prossimo DPEF e dalla prossima finanziaria, possano essere molto precise e pregnanti.
Il discorso dell'infrastrutturazione è peraltro prioritario nel nostro Paese anche per altre ragioni. Se non investiremo in questo settore, ci troveremo in grandissima difficoltà, anche per l'altro più complessivo e comprensivo obiettivo della competitività del sistema Italia, di cui sempre parliamo. Pertanto, nel mio modesto intervento in questa sede, mi limito ad affermare che anche in rapporto a questo grande obiettivo europeo - riprendendo quanto riferito dall'onorevole Piro - l'esclusione dal patto di stabilità di alcuni investimenti rischia intanto di indurre al suicidio Tommaso Padoa-Schioppa, come si diceva prima ironicamente.

FRANCESCO PIRO. Temo che si suicidi il Sottosegretario Sartor!


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LINO DUILIO. Insomma, si rischia di causare qualche suicidio. Peraltro, a prescindere dal riferimento ai nomi, si tratterebbe di una conseguenza non auspicabile, anche per motivi religiosi che non attengono alla sfera di competenza di questa sede. Scherzi a parte, credo che sarebbe molto più realistico se noi, assumendo l'iniziativa come Paese, portassimo avanti questo discorso innanzitutto in sede comunitaria.
La stessa Europa, che ci assegna gli obiettivi di cui parlavamo prima, forse dovrebbe prendere in maggiore considerazione la possibilità di escludere dal patto di stabilità, non solo per l'Italia evidentemente, alcuni investimenti il cui ritorno, in termini di benefici economici, mi sembra del tutto evidente. Se si riuscisse a concertare un'azione di questo tipo, approfondendola e rendendola più rigorosa nelle sedi proprie, laddove ci siano anche competenze di cui avvalersi, credo che eviteremmo il rischio di una liturgia che periodicamente esalta il discorso dell'ambiente, ma che sistematicamente ci fa constatare che la realtà è piuttosto distante, non dico dalla nostra fantasia, ma almeno dai nostri obiettivi.

PRESIDENTE. Approfittando della sua benevolenza, visto che abbiamo svolto una discussione di merito piuttosto approfondita, con proposte anche incisive, vorrei chiedere al Sottosegretario di incontrarci nuovamente, una volta pronto il DPEF, per constatare quante delle cose che abbiamo detto, già con l'attuale struttura del DPEF, siano leggibili, in maniera tale da orientare sia il documento stesso, sia successivamente la finanziaria. Il problema coinvolge anche il Parlamento, affinché si attrezzi per mantenere una pressione sul Governo in grado di verificare il rispetto di impegni che, purtroppo, vengono talvolta presi e poi disattesi.
Non mi riferisco né al Sottosegretario Cento, né al ministero di cui fa parte. In fondo, questo è il senso del lavoro che stiamo svolgendo con la seduta straordinaria della Camera dei deputati e con la predisposizione della relazione. Diversamente sarebbe un esercizio letterario meritevole, ma non particolarmente pregnante per le politiche del Paese.
Mi sembra che alcune delle considerazioni, che da ultimo ha sollevato il collega Piro, rientrino in questa chiave di lettura, anche rispetto alle responsabilità specifiche della macchina pubblica, che riguarda un ambito molto grande. Abbiamo ascoltato, ad esempio, il Ministro Fioroni per quanto riguarda l'enorme patrimonio di edifici scolastici, che potrebbero costituire una base di partenza importante. Sappiamo che nel campo del trasporto ferroviario, anche quando esistono le infrastrutture necessarie, spesso mancano i vettori, che non si possono ordinare dall'oggi al domani. In altre parole, occorre tenere sotto controllo l'insieme dei problemi.
Come dicevamo prima con il presidente Duilio, per quanto riguarda la strutturazione di un apposito allegato, che richiede un passaggio legislativo, si potrebbe svolgere un lavoro congiunto delle due Commissioni nel predisporre la normativa necessaria. Tale normativa potrebbe essere contenuta in un disegno di legge autonomo, ma forse è più razionale che una volta predisposta, venga inserita in qualche altra norma non in conflitto con l'oggetto del contendere.
È necessaria una norma. Difatti, come diceva il Sottosegretario, senza di essa nessuno si appassiona al tema. L'ipotesi di prevedere un allegato specifico significa un voto ad hoc su quel punto. La caratteristica dell'allegato è quella di richiedere, oltre ad un voto generale sul DPEF, anche quello su un adeguato strumento appositamente dedicato. Si può ragionare sulla predisposizione della norma in un lavoro congiunto fra le due Commissioni, che trovi una ricaduta cogente negli strumenti che ci passeranno tra le mani, da qui al prossimo DPEF.
Quello che intendo chiedere al Sottosegretario è tuttavia l'impegno, una volta che il DPEF è stato approvato dal Governo e presentato in Parlamento, di venire alla


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Camera nella fase di discussione dello stesso, per confrontarci su quante delle cose dette sono effettivamente contenute nel documento.
Do la parola al Sottosegretario Cento per la replica.

PIER PAOLO CENTO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Ringrazio i commissari per tutti i contributi che hanno voluto dare alla discussione.
Per quanto riguarda l'impegno appena richiesto, manifesto in proposito la mia totale disponibilità. Credo di poter impegnare l'intero Ministero dell'economia ad un confronto specifico e, una volta approvato il DPEF dal Consiglio dei ministri, alla previsione di una sede autonoma di discussione sulla parte relativa ai cambiamenti climatici, alle politiche di sviluppo sostenibile e agli impegni concreti.
D'altra parte, sarà mia cura rappresentare le sollecitazioni specifiche emerse dalla discussione di oggi nella fase di predisposizione del DPEF, in sede di discussione collegiale del Governo, che in seguito farà le proprie scelte.
Considero la discussione odierna molto importante, in quanto rafforza la consapevolezza nel Parlamento, e di conseguenza nel Governo, della centralità della questione climatico-ambientale, non più come settoriale, ma come elemento trasversale alle scelte per le politiche delle infrastrutture, per quelle sulla mobilità urbana e per quelle energetiche.
Il ritardo accumulato in questi anni è ovviamente pesante e tutta la classe politica ne è responsabile. Difatti, c'entrano poco maggioranza e opposizione, per essere onesti. Naturalmente si potrebbe procedere ad un esame specifico di quanto è accaduto negli ultimi quindici anni. Tuttavia, resta evidente un ritardo complessivo della cultura di governo e delle forze politiche di questo Paese, di cui risentiamo anche in questa fase.
Prendo in considerazione le varie questioni sollevate. Innanzitutto, mi spiace che non sia presente l'onorevole Misiti, che ha svolto una riflessione sulla questione energetica, anche rispetto alle fonti rinnovabili, alludendo più o meno direttamente al nucleare.
Voglio ricordare che, ad esempio, la Germania, che si è impegnata ad una riduzione del 40 per cento delle proprie emissioni inquinanti entro il 2020, ha contemporaneamente, all'interno di questo piano di riduzione, deciso la dismissione progressiva delle proprie centrali nucleari.
Tale decisione, anche se non è stata assunta dal Governo attuale, ma da quello precedente, è vincolante. Questo conferma che è possibile tecnicamente, oltre che politicamente, ridurre le emissioni inquinanti, addirittura riducendo l'apporto che il nucleare può dare alla produzione energetica.
Molti hanno fatto riferimento alla collegialità, alla trasversalità e alla contabilità ambientale. Credo vi sia una connessione e non solo perché presiedo la commissione costituita presso il Ministero dell'economia, cui sono molto affezionato.
La condizione che questi ragionamenti diventino elementi di valutazione collegiale nelle politiche di un Governo, a cominciare dal Governo Prodi, è legata - a mio avviso - da una parte al contesto economico-finanziario e all'opinione pubblica, dall'altra all'individuazione di uno strumento che obblighi Governo e Parlamento a fare i conti collegialmente, e non più settorialmente, con questo tema. Da qui deriva l'importanza della contabilità e del bilancio ambientale.
Credo anche nell'importanza della proposta, avanzata nel corso di alcuni interventi, di valutare se questo lavoro della Commissione - adesso trasferito alla titolarità del Ministro Padoa-Schioppa e poi del Consiglio dei ministri affinché inizi il suo esame in Parlamento - possa trasformarsi in un collegato alla legge finanziaria, considerando che i tempi coincidono.
Condivido la proposta e, chiaramente, mi adopererò affinché venga valutata con attenzione dall'insieme del Governo, nell'ambito della preparazione della legge finanziaria e dei suoi collegati.


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Quanto al DPEF, l'ultima considerazione che svolgo è la seguente. A mio parere, dobbiamo da una parte lavorare per introdurre questa norma - secondo la proposta del Presidente Realacci, su cui il Governo è impegnato a dare un sostegno concreto perché sia approvata - dall'altra fare quanto è possibile a norma invariata.
In questo senso, mi sento di recepire e di rappresentare, con la dovuta forza, in sede di discussione collegiale, la sollecitazione che emerge dalla discussione di oggi rispetto al DPEF, che sarà approvato dal Governo entro il 30 giugno.

PRESIDENTE. Mi chiedo se riusciremo a rispettare la scadenza del 30 giugno. La proposta del Presidente Duilio, riguardante una risoluzione congiunta delle Commissioni di orientamento al Governo, mi sembra senz'altro da accogliere. Il problema è che bisognerebbe agire in tempo utile. Se potessimo presentarla subito e poi approvarla - martedì - dal momento che vi è amplissima condivisione, effettivamente essa rappresenterebbe un punto di riflessione.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,25.