COMMISSIONI RIUNITE (V, IX E X)
V (BILANCIO), IX (TRASPORTI) E X (ATTIVITÀ PRODUTTIVE)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 2 aprile 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA IX COMMISSIONE
MICHELE POMPEO META

La seduta comincia alle 10,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata oltre che mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso anche attraverso la trasmissione televisiva diretta sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso Padoa Schioppa, e del Ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, sui recenti sviluppi della vicenda Alitalia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2 del Regolamento della Camera, del Ministro dell'economia e delle finanze, professor Tommaso Padoa Schioppa, e del Ministro dei trasporti, professor Alessandro Bianchi sui recenti sviluppi della vicenda Alitalia.
Ricordo che lo svolgimento dell'audizione è stato convenuto a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 26 marzo scorso e che, in ragione dell'estremo rilievo assunto dalla vicenda Alitalia, sono state investite della questione le Commissioni riunite V, IX e X, ciascuna in ragione delle proprie competenze per materia.
Nel caso di specie, infatti, oltre alle questioni attinenti al trasporto aereo e alla privatizzazione di Alitalia, riconducibili alle attribuzioni della IX Commissione, vengono in rilievo anche i profili ordinamentali delle politiche di privatizzazione e in generale aspetti di politica economica e finanziaria rientranti nella competenza della V Commissione, nonché questioni di politica industriale che chiamano in causa le attribuzioni della X Commissione.
In considerazione dell'importanza dei temi da affrontare e dell'attenzione che essi suscitano nell'opinione pubblica, sono certo che i rappresentanti del Governo, già auditi più volte dalla Commissione trasporti sulla vicenda Alitalia, vorranno fornire anche in questa occasione con la massima puntualità gli elementi di informazione necessari a chiarire le motivazioni delle decisioni finora adottate.
Quanto alle modalità organizzative del dibattito, al fine di consentire a tutti i colleghi di porre eventuali domande e richieste di chiarimenti, d'accordo con i presidenti delle Commissioni bilancio e attività produttive, propongo che dopo le relazioni introduttive del Ministro Padoa Schioppa e del Ministro Bianchi abbia luogo un primo giro di domande e di interventi, assicurando lo svolgimento di un intervento per gruppo della durata massima di cinque minuti.
Il contenimento degli interventi consentirà una più larga partecipazione al dibattito che organizzeremo successivamente; i nostri lavori saranno infine chiusi dalle repliche dei Ministri.

ANTONIO LEONE. Signor presidente, intervengo sull'ordine dei lavori, per chiedere di ampliare la possibilità di intervento ai componenti delle tre Commissioni.


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PRESIDENTE. Dopo l'intervento di un deputato per gruppo, faremo il punto della situazione.
Do la parola al Ministro Tommaso Padoa Schioppa.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie, presidente. Il testo della relazione che leggerò sarà disponibile, perché possa essere distribuito a tutti i presenti, nel corso di questa riunione.
Ringrazio i presidenti e gli onorevoli deputati di queste Commissioni per l'occasione offerta al Governo di fare il punto sui recenti sviluppi della vicenda Alitalia. Dall'esito che questa avrà nelle prossime ore dipenderà per molti anni il funzionamento di un servizio essenziale per il nostro sistema economico e per la vita degli italiani, oltre che il destino di migliaia di famiglie di lavoratori.
Sarebbe un amaro destino se, una compagnia portata allo stremo da anni di perverso rapporto con la politica, ricevesse il colpo mortale da uno sfruttamento elettoralistico dei suoi mali o da una mancata intesa sindacale.
La questione Alitalia e la politica seguita dal Governo non possono essere valutate correttamente se non se ne comprendono i due fondamenti - uno di ordine economico, l'altro di carattere istituzionale - da cui prenderà le mosse questa mia esposizione.
Per quanto riguarda il fondamento economico, consapevolezza e spirito di verità impongono di guardare il crudo fatto di fondo: la cessione di Alitalia è solo un necessario passo in un tentativo di salvataggio più volte fallito in passato e ora indifferibile. Come spiega la dottrina economica, la dimensione produttiva dell'impresa, intesa quale combinazione di fattori produttivi, è misurata dal suo valore aggiunto, ossia dal valore che essa aggiunge ai suoi acquisti fatti presso altre imprese fornitrici.
In termini formali, Alitalia è un'impresa. Da anni, tuttavia, essa distrugge e non crea valore aggiunto. In sette degli ultimi otto esercizi, considerando anche il 2007, ha registrato perdite. Alitalia, dunque, ha perduto il connotato costitutivo dell'impresa e dovremmo definirla, in senso tecnico, come un'azienda di consumo, al pari di una famiglia o di un'opera benefica. Dovremmo riconoscere che è un soggetto economico mantenuto in attività dall'uso del capitale proprio e dalla generosità altrui, che, nel caso specifico, è imposta ai contribuenti dal legislatore. Chi voglia capire come mai la vendita di Alitalia sia tanto laboriosa può utilmente ricordare quella proposizione della dottrina secondo cui il valore economico, il prezzo di un'attività in perdita, è negativo.
Una cessione di Alitalia a imprenditori privati è perciò impossibile e comunque non risolutiva se non è accompagnata da una profonda ristrutturazione industriale, che ricostituisca la capacità di produrre utili.
La ristrutturazione è resa assai ardua dalle molte peculiarità del settore, (il trasporto aereo) in cui Alitalia opera, un settore in cui i margini di guadagno sono ridottissimi e molto variabili, onde le frequenti crisi e uscite dal mercato di operatori anche importanti.
Le prospettive cicliche di questa industria sono avverse e aggravate dal rincaro dell'energia. Si tratta di un settore pienamente liberalizzato e di forte concorrenza, vitale per assicurare mobilità in tutto il territorio e con l'estero, laddove la discontinuità del servizio può paralizzare un Paese.
È, infine, un settore carico di elementi emotivi, dove il produttore nazionale è fortemente associato alla identità del Paese, infatti porta i colori nazionali e non a caso è chiamato «compagnia di bandiera».
A ciò si aggiunge, nel caso di Alitalia, una rappresentanza sindacale - il cui accordo, secondo l'esperienza di tutti i Paesi, è indispensabile per ogni seria ristrutturazione - frammentata fra numerosissime sigle portatrici di interessi spesso tra loro non coincidenti.
La ristrutturazione è particolarmente ardua anche per fattori che nessun imprenditore è in grado di controllare, fattori


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che, da noi, sfuggono alla stessa autorità centrale dello Stato e che neppure le più favorevoli circostanze potrebbero modificare in breve tempo: la grave frammentazione del nostro sistema aeroportuale, l'acuta carenza delle infrastrutture di collegamento, una regolamentazione inefficiente. Il collega Ministro Bianchi si soffermerà più diffusamente su questi aspetti.
Gli elementi che ho elencato aiutano a capire perché Alitalia abbia alle spalle una lunga storia di salvataggi tentati e non riusciti, culminata nel piano di risanamento impostato nel primo trimestre del 2004 e rimasto largamente inattuato.
Quel piano fu faticosamente negoziato presso la Commissione europea, che lo approvò nel luglio dello stesso anno. Conteneva - oltre a una riorganizzazione dei servizi detti non core concentrati in una nuova società, al fine di una loro progressiva dismissione e a un aumento di capitale di un miliardo, poi realizzato nel dicembre 2005 - un finanziamento ponte che rende oggi Alitalia non più qualificata per ottenere un ulteriore supporto da parte dello Stato.
Non è infine senza importanza che Alitalia sia un'impresa organizzata in forma di società per azioni, quotata in borsa e che, come detto, operi in un mercato concorrenziale (il suo capitale è, per il 50,1 per cento, in mani private); come tale, essa è soggetta alle norme del codice civile e del diritto societario e alla sorveglianza della Consob, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e della Commissione europea.
Quale società fornitrice di servizi di trasporto aereo è soggetta alle norme nazionali e comunitarie di settore e sottoposta alla vigilanza delle autorità competenti in materia di trasporto aereo: Ministero dei trasporti ed ENAC.
Ebbene, in nessuna privatizzazione effettuata dallo Stato italiano è accaduto che fossero riuniti tali e tanti elementi di difficoltà.
Quanto al secondo fondamento, quello istituzionale, occorre, per comprendere la linea del Governo, avere chiaro il senso della parola «pubblico» nella questione Alitalia.
Si deve innanzitutto distinguere tra settore pubblico e interesse pubblico. La sfera del pubblico interesse è amplissima e coincide solo in piccola parte con ciò che il settore pubblico produce direttamente per i cittadini. Basti un esempio: vi è, certo, un pubblico interesse al benessere materiale dei cittadini, ma - secondo la nostra stessa Costituzione - tale interesse è soddisfatto, là dove è possibile, non dal settore pubblico, quale produttore e distributore di beni e servizi, bensì dal mercato, un regime di produzione e distribuzione fondato sull'iniziativa economica individuale.
Oggi nessuno vorrebbe che beni essenziali per vivere come il nutrimento, l'abbigliamento e le abitazioni fossero prodotte dallo Stato.
Le istituzioni preposte al pubblico interesse, Governo, Parlamento e via dicendo, offrono al mercato la cornice normativa e regolamentare. Non si dedicano alla produzione in proprio di beni e servizi.
Ci si può chiedere se la natura pubblica del soggetto azionista di un'impresa dia a questo soggetto poteri o obblighi diversi da quelli che gli incomberebbero se fosse azionista privato. La risposta è un chiaro e rotondo «no», sia in generale, sia nel caso particolare di una società quotata in borsa e operante in un mercato concorrenziale: nessun obbligo o potere speciale.
Le norme che definiscono i diritti e gli obblighi degli azionisti non distinguono tra azionista pubblico e privato, ma si applicano a tutti gli azionisti. Le norme che definiscono i poteri e le responsabilità degli amministratori nei confronti della società, delle sue controparti e degli enti di controllo non distinguono tra azionisti, controparti o enti, a seconda che essi siano pubblici o privati.
Allo stesso modo, le norme che definiscono i poteri delle autorità di controllo non distinguono, nell'universo dei soggetti controllati, tra quelli in mano pubblica e quelli in mano privata: una banca, una


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società per azioni quotata, un produttore di energia o di servizi di trasporto sono soggetti a norme generali e di settore, rispetto a cui la distinzione pubblico-privato è irrilevante. Tali norme definiscono le regole di governo della società e tracciano le coordinate e i confini entro cui gli amministratori devono stare.
Questa è stata la linea seguita dal Governo, linea che si pone in piena continuità e coerenza con la concezione del ruolo di azionista pubblico che ha caratterizzato l'attività dello Stato per oltre quindici anni, dopo l'abbandono del modello delle partecipazioni statali. Non un ruolo di direzione o di vigilanza, bensì, più limitatamente, di esercizio dei diritti dell'azionista secondo le regole del codice civile.
Non diversamente da quanto accaduto per le privatizzazioni di imprese e la gestione di partecipazioni nei quindici anni passati, anche per Alitalia il Ministero dell'economia e delle finanze ha svolto il suo compito di azionista di maggioranza relativa, tenendo ben presente che le finalità da perseguire in tale veste consistono nella creazione di valore della partecipazione sociale in linea con i principi di continuità, redditività e valorizzazione dell'impresa.
In un assetto ormai lontano, la cui crisi iniziò negli anni '70 e terminò nei primi anni '90, il sistema era organizzato in maniera diversa: una struttura piramidale, al cui vertice stava il Ministero delle partecipazioni statali, cui competevano responsabilità di indirizzo e di organizzazione, sotto il quale si collocavano - a un livello intermedio - gli enti di gestione e - alla base - le società operative.
La soppressione di quel Ministero, sancita dal referendum del 1993, non fu un mero atto organizzativo: essa significò l'abbandono di un modello di intervento diretto dello Stato nell'economia non più compatibile con l'avvento della concorrenza, con l'apertura internazionale, con lo sviluppo dei mercati finanziari e l'inammissibilità degli aiuti di Stato.
Il nuovo assetto non significa rinuncia alla tutela degli interessi pubblici connessi all'attività delle società partecipate, o in corso di privatizzazione. Piuttosto, impone e consente chiarezza di visione sulla pluralità di interessi, obiettivi e soggetti coinvolti e risponde alla scelta, italiana e comunitaria, di privilegiare il paradigma della concorrenza, anche creando parità di condizioni fra proprietà pubblica e proprietà privata.
Fatte queste premesse, ripercorrerò brevemente la vicenda degli ultimi quindici mesi per soffermarmi, in particolare, sulle recenti settimane. Nei primi giorni del dicembre 2006, il Governo ritenne che solo la cessione della quota di controllo di Alitalia in mano allo Stato avrebbe consentito, dopo anni e anni di infelice simbiosi tra ragione economica e ragione politica, uno stabile risanamento e un rilancio della società.
Tra le modalità, stabilite dal passato Governo nel febbraio 2005 per la dismissione della propria partecipazione nella società, questo Governo scelse la procedura competitiva. Il 29 dicembre 2006 il Ministero azionista, mediante pubblico avviso, sollecitò manifestazioni di interesse, indicando i requisiti necessari per la partecipazione alla procedura.
Entro il previsto termine di un mese pervennero al Ministero undici manifestazioni di interesse da soggetti finanziari e industriali. Dopo un esame della documentazione, condotto con il concorso dei consulenti legale e finanziario, il Ministero ammise alla fase successiva cinque degli undici soggetti, inviando loro il 23 gennaio 2007 una lettera di procedura per la presentazione di offerte preliminari.
Nel termine del 16 aprile pervennero tre offerte preliminari, contenenti, fra l'altro, una proposta di piano industriale e un'offerta economica non vincolante. Esse provenivano da un operatore industriale italiano, Ap Holding Air One, e da due soggetti finanziari, UBM del gruppo Unicredit e i fondi americani Tpg Mattlin Patterson, ai quali si erano poi aggregati, rispettivamente, il vettore russo Aeroflot e Mediobanca.
Ai tre soggetti, ritenuti tutti ammissibili alla fase successiva, il Ministero inviò, il 22


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maggio 2007, una nuova lettera di procedura per la presentazione, a seguito di una fase di due diligence sulla società, di una offerta vincolante entro il termine del 2 luglio. Il termine fu poi prorogato al 23 luglio.
Uno dopo l'altro, tutti e tre i soggetti si ritirarono.
Il 18 luglio, il Ministero prese atto che anche l'ultimo, Ap Holding Air One, rimasto in lizza da solo per alcune settimane, aveva annunciato il proprio ritiro. Il Governo dichiarò chiusa la procedura dandone comunicazione al mercato.
Due elementi rilevanti emersero in quella prima fase: primo, una procedura competitiva non era tale da indurre i principali operatori europei del settore, quali Air France o Lufthansa, a partecipare neppure in sede di semplice manifestazione di interesse; secondo, tra i soggetti che avevano accettato quella procedura, nessuno alla fine presentò un'offerta vincolante. L'unico rimasto in gara fino all'ultimo, si ritirò nonostante il Ministero avesse accettato che lo schema di offerta prevedesse una condizione sospensiva a favore dell'acquirente, per pervenire a un accordo con le organizzazioni sindacali entro un termine di quarantacinque giorni dalla successiva stipula del contratto. Si chiuse così il tentativo di una vendita condotta direttamente dallo Stato.
Il 31 luglio, il Ministero dell'economia invitò il nuovo vertice della società - cito dal comunicato - «(...) a individuare tempestivamente soggetti industriali e finanziari disponibili ad acquisire il controllo della Società. Tali soggetti» - recitava sempre il comunicato - «dovranno essere impegnati a promuovere il risanamento, lo sviluppo e il rilancio di Alitalia, tenendo conto dei profili di interesse generale, ritenuti imprescindibili da parte del Governo in un'ottica di continuità e adeguatezza al servizio di trasporto aereo in Italia. Il Ministero» - concludeva il comunicato - «valuterà con piena disponibilità le modalità tecniche di cessione del controllo che la società formulerà ai propri azionisti».
La ricerca era dunque indirizzata - è importante sottolinearlo - a promuovere il risanamento, lo sviluppo e il rilancio di Alitalia da parte di soggetti che fossero disponibili, in tale contesto, ad acquisirne il controllo.
L'individuazione da parte della società di un partner industriale o finanziario capace di ristrutturare e risanare l'azienda, diveniva, dunque, l'elemento portante. La vendita ne era il complemento. La garanzia che questa avvenisse in condizioni di trasparenza e non discriminazione era data, in ogni caso, dal ricorso finale alla procedura di offerta pubblica, di acquisto o di scambio, che prevede sempre la possibilità di offerte concorrenti.
Nel mese di settembre la società nominò una grande banca internazionale, Citi, quale advisor finanziario. Questa individuò subito, in accordo con la società, una lista di soggetti industriali finanziari da contattare. Vi erano compresi tutti quelli che erano stati ammessi alla fase delle offerte preliminari nel corso della procedura precedente.
Dei ventotto soggetti europei ed extraeuropei avvicinati, dei quali diciotto erano industriali, otto espressero interesse ad approfondire i contatti con la società. Di questi, sei furono ammessi, con delibera del consiglio di amministrazione dell'8 ottobre, a proseguire le trattative mediante condivisione di informazioni confidenziali e previa sottoscrizione di un impegno alla riservatezza, in vista della formulazione di una proposta industriale e finanziaria non vincolante.
I sei soggetti erano: Aeroflot, Air France-KLM, Ap Holding, Cordata Baldassarre, Lufthansa e Texas Pacific Group.
Il 6 dicembre pervennero ad Alitalia proposte non vincolanti da parte di Air France-KLM e di Ap Holding.
Il vertice di Lufthansa, che pure aveva manifestato forte interesse e tenuto, per alcune settimane, stretti contatti con Alitalia e con diversi ambienti sindacali e aeroportuali italiani, rinunciò infine a presentare un'offerta per decisione del suo consiglio di sorveglianza.


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Il 21 dicembre, il consiglio di amministrazione di Alitalia comunicò di avere - cito dal comunicato - «deliberato all'unanimità di ritenere la proposta non vincolante di Air France-Klm quella che offre alla società la soluzione (...) appropriata per la salvaguardia del complessivo patrimonio dell'azienda e per promuovere il suo rapido e duraturo risanamento (...)».
Il 28 dicembre, d'accordo con il Presidente del Consiglio dei ministri, espressi orientamento favorevole all'avvio, da parte di Alitalia, di una trattativa in esclusiva con Air France-KLM, finalizzata alla definizione di un'offerta vincolante di integrazione tra i due gruppi, nell'ambito della quale il Ministero avrebbe valutato la cessione della propria quota di partecipazione.
Nello stesso giorno, il Consiglio dei ministri, dopo un ampio scambio di vedute sulle due proposte - ciascun Ministro aveva ricevuto, in via riservata, tutta la documentazione disponibile - mi diede mandato di seguire, per conto del Governo, gli sviluppi della trattativa.
Lo scorso 15 gennaio, in un mio intervento alla Camera dei deputati, esposi in dettaglio le molteplici ragioni che avevano portato a condividere la scelta fatta da Alitalia.
Mi limito qui a ricordare, in tema di ricadute occupazionali, che il piano presentato da Air France-KLM stimava esuberi sostanzialmente in linea con il piano di sopravvivenza e transizione predisposto nei mesi precedenti da Alitalia; mentre il progetto industriale predisposto da Ap Holding Air One avrebbe comportato esuberi assai maggiori.
Lo ripeto ancora: la cessione è solo un passaggio necessario per una ineludibile, e purtroppo dolorosa, ristrutturazione della società. La ristrutturazione, a sua volta, non è perseguibile senza un accordo con le organizzazioni sindacali.
Il 23 gennaio, d'accordo con il Presidente del Consiglio, inviai una lettera al presidente di Alitalia nella quale rappresentavo quali fossero, in concreto, i profili di interesse generale che il Governo auspicava venissero considerati nell'ambito della trattativa stessa, al fine di ottenere il più alto possibile grado di soddisfacimento. La lettera sottolineava che la decisione definitiva se cedere, nell'offerta pubblica, la quota di partecipazione in Alitalia detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze sarebbe stata assunta sulla base del grado di recepimento e salvaguardia dei citati profili nell'offerta vincolante del gruppo franco-olandese.
Da questa esposizione, risulta che le due fasi del lungo iter volto alla vendita e ristrutturazione di Alitalia sono state del tutto distinte e autonome.
La prima fase, conclusasi come ricordavo nel luglio 2007, vide come attore principale il Ministero dell'economia e delle finanze che, in conformità alle indicazioni di carattere generale e di indirizzo dettate dal Governo, promosse e condusse una procedura competitiva attenendosi strettamente alle norme che devono sovraintendere la sua azione.
La seconda fase, apertasi nell'agosto 2007 con la nomina del presidente Prato, è tuttora in corso. In tale fase, Alitalia, consapevole dell'impossibilità di richiedere allo Stato nuove iniezioni di capitale, sta agendo in via del tutto autonoma nel proprio esclusivo interesse. Sta procedendo per risanare se stessa e non quale mandataria del Ministero. È quanto ha esplicitamente riconosciuto anche la giustizia amministrativa - prima in sede di tribunale amministrativo regionale e poi di Consiglio di Stato - ritenendo infondato il ricorso presentato da Air One circa una presunta violazione dei princìpi di trasparenza e non discriminazione da parte del Ministero stesso.
Anche nella fase attuale l'impegno del Ministero azionista a cedere le proprie azioni e le proprie obbligazioni nelle previste offerte pubbliche sarà vincolante solo se nessun soggetto lancerà un'offerta pubblica concorrente e migliorativa.
Vengo ora agli avvenimenti più recenti. Al termine della trattativa in esclusiva il 14 marzo Air France-KLM ha presentato ad Alitalia un'offerta vincolante. Il consiglio di amministrazione l'ha accettata il 15 marzo, stipulando un contratto con l'offerente.


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Il 17 marzo ho illustrato al Presidente del Consiglio gli elementi dell'offerta resi pubblici da Alitalia e, in una riunione aperta a tutti i Ministri interessati, ho esposto anche l'esito dell'istruttoria condotta dal Ministero dell'economia e delle finanze con il supporto dei suoi consulenti legali, industriali e finanziari.
D'accordo con lo stesso Presidente del Consiglio, ho quindi espresso in una lettera inviata ad Alitalia il 18 marzo l'impegno ad aderire per la totalità dei titoli detenuti dal Ministero stesso alle previste offerte pubbliche di scambio per le azioni e di acquisto per le obbligazioni che saranno promosse da Air France-KLM.
Nella lettera veniva specificato che gli impegni assunti non saranno vincolanti nel caso in cui uno o più soggetti lancino un'offerta pubblica concorrente e migliorativa e il Ministero l'accetti. Va sottolineato ancora una volta come questa clausola assicuri il rispetto dei princìpi di trasparenza e non discriminazione previsti dalla normativa sulle privatizzazioni e sia in linea con la disciplina delle offerte pubbliche.
La lettera del 18 marzo soddisfa la prima di quattro condizioni, corrispondenti ad altrettante manifestazioni di volontà di vari soggetti, cui Alitalia e Air France hanno ritenuto di subordinare l'efficacia del contratto stipulato il 15 marzo. Le altre tre condizioni e i soggetti chiamati a esprimere le relative manifestazioni di volontà sono nell'ordine: le organizzazioni sindacali, senza il cui esplicito accordo in merito ai contenuti del piano industriale l'offerta non avrà corso; la società SEA, per il superamento della causa intentata contro la stessa Alitalia; il Consiglio dei ministri, chiamato a emanare un decreto-legge che conceda alla compagnia una linea di credito per 300 milioni, da restituirsi con le risorse derivanti dall'aumento di capitale effettuato da Air France-KLM.
Un'ulteriore volontà, inoltre, consentirà il buon esito dell'operazione. Il lancio delle offerte pubbliche da parte di Air France avverrà infatti solo qualora il nuovo Governo, che si costituirà dopo le elezioni, come organo collegiale (cito testualmente dal contratto) «non abbia assunto alcuna decisione formale o fatto alcun pubblico annuncio che sia fortemente contrario all'operazione».
Come si pone l'offerta Air France-KLM in termini di salvaguardia degli interessi generali del Paese e rispetto alle indicazioni date da Alitalia il 23 gennaio? Per quanto riguarda l'identità nazionale, è previsto in primo luogo il mantenimento per un periodo di cinque anni del logo, della livrea e del marchio Alitalia, della sede legale e operativa in Italia, delle licenze operative e dei diritti di traffico, di un ruolo autonomo di Alitalia al pari di Air France-KLM. In secondo luogo, si prevede di valutare la modifica del nome della holding subordinatamente all'acquisizione del 100 per cento delle azioni Alitalia da parte di Air France-KLM.
Per quanto attiene invece ai profili di copertura territoriale, l'offerta prevede che Air France-KLM compia ogni sforzo per assicurare, nel rispetto di princìpi di equilibrio economico e finanziario quanto segue: in primo luogo un'adeguata copertura del territorio nazionale e il livello di servizio; in secondo luogo lo sviluppo di lungo termine dei servizi internazionali e continentali da e per l'hub di Fiumicino, con priorità per i mercati del Nord e Sud America, Estremo e Medio Oriente, Nord Africa ed Europa; in terzo luogo l'offerta di una rete di collegamenti da Fiumicino, coerente con le caratteristiche economiche e industriali dell'Italia.
Sempre in merito al profilo della copertura territoriale, nella propria offerta Air France ha dichiarato che in primo luogo valuterà la riapertura delle rotte con Cina e India, non appena esse potranno essere profittevoli, e che in secondo luogo le attività relative agli aeroporti di Malpensa e Linate verranno organizzate dal gruppo franco-olandese per consentire uno sviluppo di lungo termine armonico e finanziariamente solido, con il debito riguardo alla domanda di traffico e alle condizioni di mercato applicabili a ogni rotta nazionale, internazionale e intercontinentale e alla richiesta di servizi da parte dei passeggeri business.


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Con riferimento a un terzo profilo, ovvero al sistema di governo societario, il gruppo franco-olandese ha previsto: la nomina nel consiglio di amministrazione di Air France di un consigliere addizionale di nazionalità italiana, su indicazione del Ministero dell'economia; l'impegno a non cedere per tre anni le azioni acquisite in sede di offerta pubblica; la presenza nel consiglio di amministrazione di Alitalia di due membri indipendenti, che sottoscriveranno un protocollo relativo al rispetto degli impegni assunti, per la cui verifica è previsto il coinvolgimento di una specifica fondazione da costituire.
Il Governo sulla base degli elementi noti ha giudicato che il contratto tra Alitalia e Air France-KLM fosse tale da salvaguardare in modo adeguato gli interessi generali. La valutazione ha debitamente considerato la solidità patrimoniale, economica e industriale dell'acquirente, il suo impegno a sottoscrivere un aumento di capitale di Alitalia per 1 miliardo di euro e le prospettive di effettivo risanamento e rilancio della società conseguenti alla cessione.
Perderemo la nostra compagnia di bandiera? Come ho avuto modo di dire alla Camera dei deputati lo scorso 15 gennaio, l'Italia ha una sua compagnia di bandiera, Alitalia, che da tempo versa in una condizione non più sostenibile. Continuerà ad averla solo se nuovi azionisti, direzione, organizzazioni sindacali e personale avranno la capacità industriale e finanziaria di risanare e poi di sviluppare l'azienda.
Le ore che stiamo vivendo, proprio nella giornata di oggi, sono decisive. Compagnia di bandiera non necessariamente implica proprietà pubblica. Lufthansa non è di proprietà pubblica; Air France ha una partecipazione pubblica di solo il 15 per cento delle proprie azioni. Nel trasporto aereo la compagnia di bandiera è quella che assicura la maggior parte dei collegamenti aerei all'interno di un Paese e verso l'estero.
Quali sono oggi le prospettive per Alitalia? Il Governo auspica che la gravità della situazione induca ciascuna delle parti interessate ad adoperarsi perché si giunga a una positiva conclusione della vicenda, cosicché, citando il Presidente del Consiglio, «Alitalia possa veramente essere reimmessa nel grande circuito internazionale delle linee aeree».
Il Governo ha fatto e farà la sua parte. Nella persona del Ministro dell'economia ha assunto l'impegno alle condizioni sopra ricordate di aderire all'offerta di Air France-KLM e comunicato al presidente Prato la propria disponibilità a concedere un prestito ponte alla società, a fronte dell'effettivo concretizzarsi di una prospettiva di risanamento economico e industriale, purché in altri termini esso risulti l'ultima condizione per l'efficacia dell'accordo tra Alitalia e Air France.
Sia chiaro. Al di fuori di una conclusione positiva del negoziato in corso, un prestito ponte, anche a prescindere dai chiari profili di illegittimità comunitaria, non sarebbe praticabile. Lo ripeto: non sarebbe praticabile. Lo Stato non può, in quanto azionista, dare soldi dei contribuenti; in particolare non li può dare, a titolo di prestito, a un destinatario incapace di generare il reddito necessario a ripagarli. Un prestito ponte non guarirebbe una società che non crea valore aggiunto e che registra strutturalmente perdite. Lo ha dimostrato l'erosione, in circa due anni, di un miliardo di euro derivante dall'aumento di capitale del dicembre 2005.
È ben noto che se l'offerta di Air France dovesse decadere, verrebbe meno l'unica proposta di acquisto. Il consiglio di amministrazione di Alitalia dovrebbe deliberare sul da farsi, esercitando in piena autonomia le responsabilità che la legge gli attribuisce.
Lo Stato, in quanto azionista, non può vietare, né imporre alcuna deliberazione al consiglio di Alitalia. Alitalia - lo ripeto - non crea, bensì distrugge valore aggiunto. Non solo il suo capitale, ma anche la sua stessa liquidità è in via di esaurimento.
Ha detto ieri un autorevole esponente sindacale: «Oggi non c'è alternativa a Air France. L'unica alternativa - sono parole sue - è il fallimento della compagnia».


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La gravità della situazione è nota a tutti. Eventuali iniziative di discontinuità che gli amministratori della società si vedessero costretti a prendere, nella loro autonoma responsabilità, segnerebbero l'ingresso in una condizione che nessuno può augurarsi: non i viaggiatori, non i dipendenti della società, non i contribuenti, non la SEA, non la classe politica, non il sindacato, non l'immagine internazionale dell'Italia.
Il passaggio all'amministrazione straordinaria non è mai facile, né di certa conclusione, né, soprattutto, privo di ricadute sul sistema. In assenza di prospettive di ristrutturazione, si converte in fallimento.
Nel caso di Alitalia, è ipotizzabile che le circostanze descritte porterebbero ad un ricorso alla legge Marzano, l'unica in grado di affrontare la crisi di una grande azienda. La legge è nata sul caso Parmalat ed è volta a facilitare il risanamento di un'azienda in grave crisi finanziaria. Alitalia, però, non è Parmalat. Mentre quest'ultima era industrialmente sana e in gravissima crisi finanziaria, Alitalia ha un indebitamento del tutto fisiologico, ma un conto economico cronicamente in rosso.
Si dice che la procedura prevista dalla legge Marzano consente la prosecuzione, sia pure in regime straordinario, dell'attività di impresa e perciò offre possibilità di risanamento che la procedura fallimentare non consente. Bisogna però essere consapevoli che, in casi di crisi industriale, essa potrebbe essere risolutiva soltanto se il commissario ponesse in essere iniziative di ristrutturazione immediate e molto radicali. Vi sono fondati motivi per presumere che tali iniziative dovrebbero essere davvero assai più radicali di quelle proposte da un soggetto acquirente che abbia, oltre che l'esperienza di ristrutturazioni già compiute in passato, la forza finanziaria e organizzativa di un gruppo come Air France-KLM.
Gli esempi recenti di Swissair e Sabena danno un'idea chiara di quanto sia cupo lo scenario di una procedura liquidatoria. Il passaggio dell'attività aerea di Swissair a Crossair, divenuta, nel 2002, la nuova compagnia aerea nazionale, rinominata Swiss, ha comportato un taglio della capacità offerta di circa il 38 per cento. Ciò non ha evitato, nel 2004, due anni dopo, un ulteriore taglio della flotta del 29 per cento ed esuberi nell'ordine del 35 per cento: da 11 mila a 7 mila dipendenti. Tale ristrutturazione è stata propedeutica al passaggio della nuova società Swiss a Lufhtansa.
Nel caso di Sabena, fallita nel 2001, la ristrutturazione ha determinato una riduzione della flotta del 43 per cento, esuberi del 50 per cento (da 12 mila a 6 mila dipendenti) ed ha condotto, nel 2006, alla fusione con Virgin Express.
Vorrei terminare questa esposizione con un'osservazione che pare di ordine tanto generale da non riguardare direttamente il tema di questa seduta, ma che invece ne morde la sostanza più concreta. L'osservazione è questa: il potere politico non è legibus solutus. Esso non è sciolto né dalle leggi non scritte dell'economia, né dalle norme scritte nella Costituzione, nei codici, nelle leggi, nei trattati e nelle direttive europee.
L'economia ha leggi proprie non scritte, che trovano la loro radice ultima nella scarsità dei beni rispetto ai nostri desideri e bisogni, dunque in una realtà che attiene alla natura e non al comportamento sociale. A molti dispiace che sia così, ma è un fatto della vita.
Governo e Parlamento non hanno scritto quelle leggi e non le possono cambiare; se sono razionali, possono solo rispettarle e tenerne conto. La più antica di esse accompagna l'uomo da quando uscì dal Paradiso terrestre: «con il sudore del tuo volto mangerai il pane». Da essa possono affrancarsi qualche individuo o gruppo (onde le questione di solidarietà, di equità e di giustizia sociale), non l'umanità nel suo insieme. «Non si può fare», si direbbe oggi.
Nessuna legge dello Stato lo può fare. Come scrive Manzoni, «tutti i provvedimenti di questo mondo, per quanto siano gagliardi, non hanno virtù di diminuire il fabbisogno di cibo, né di far venire derrate fuori stagione».


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Il potere esecutivo e, per certi versi, lo stesso potere legislativo non sono parimenti sciolti dai vincoli delle norme scritte di cui, pure, sono gli autori, soprattutto quando queste non siano norme ordinarie, bensì abbiano forza costituzionale. Nel caso Alitalia sono inoltre particolarmente rilevanti le norme di matrice comunitaria in tema di mercati finanziari, di concorrenza e di aiuti di Stato.
In conclusione, considero la politica come la più alta forma di partecipazione alla vita associata. Posso perciò capire che chi l'abbia scelta come professione ne abbia una concezione tanto alta da considerare che essa possa tutto, che sia il regno dove anche le leggi dell'economia nonché le leggi tout court possano essere piegate alla volontà umana, se questa ha avuto l'investitura - l'unzione, come è stato detto - della volontà popolare.
Questa concezione si può capire, ma è profondamente errata e il politico - proprio lui - dovrebbe considerarla come il pericolo massimo da cui guardarsi: sì agli ideali, no alle illusioni; sì alla consapevolezza forte del primato della politica e dell'autorità dello Stato, no all'onnipotenza del potere. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei. Do la parola al Ministro Bianchi, che credo svolgerà un intervento un po' più sintetico..

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Assolutamente più sintetico.
Signor presidente, ringrazio lei, il presidente Duilio e il presidente Turco per avermi chiesto di esporre nel corso di questa audizione il punto di vista del Ministero dei trasporti in relazione alla vicenda della vendita della compagnia Alitalia, oggetto della relazione del Ministro Padoa Schioppa.
Questo punto di vista, che è quello di chi fa riferimento ai problemi del trasporto aereo di questo Paese, ha camminato in parallelo con l'operazione di collocazione sul mercato della compagnia Alitalia, non semplicemente per una distinzione - che pure esiste - di ruoli tra il Ministero dell'economia e delle finanze nella veste di azionista di maggioranza (o meglio di azionista di riferimento della compagnia stessa) e il Ministero dei trasporti, ma in maniera programmatica, per così dire.
Voglio ricordare che, nell'ottobre del 2006, allorché il Governo decise collegialmente di procedere alla collocazione sul mercato della compagnia Alitalia, avviò due distinti percorsi, che ritroviamo segnalati ed indicati letteralmente - e li richiamerò per questo - nell'atto di indirizzo per la riforma del trasporto aereo nazionale, che il Governo ha approvato alla fine del mese di dicembre 2006 e che è stato poi trasferito in un disegno di legge assegnato alla competente Commissione trasporti del Senato (dove, ovviamente, non ha potuto completare il suo percorso).
In quell'occasione, si diceva testualmente che si avviavano due distinte linee di lavoro. La prima, curata dal Ministero dell'economia e delle finanze, che riguarda direttamente la compagnia aerea, deve portare al provvedimento con il quale si avvia la vendita di una quota del capitale della società, mediante una procedura di gara, con la quale si chiederà ai potenziali acquirenti di predisporre un piano industriale, tenendo conto dei profili di interesse generale. Tra questi vi sono: l'adeguata offerta di servizi e copertura del territorio, livelli occupazionali, mantenimento dell'identità nazionale, del logo e del marchio.
La seconda linea ha riguardato la messa a punto di un progetto per la riforma del trasporto aereo nazionale, muovendo dal presupposto che tale comparto versa oggi in una condizione di estrema fragilità e che la sua riorganizzazione e valorizzazione costituisca condizione essenziale di appetibilità per lo sviluppo dei vettori sul territorio nazionale.
Questo atto di indirizzo, trasformato poi in un disegno di legge, prevedeva una serie di azioni di carattere programmatico che riferisco sinteticamente: un piano degli aeroporti, i cui elementi portanti sono costituiti dalla classificazione degli aeroporti, con l'attribuzione a ciascuno di essi


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di una valenza nazionale, regionale e locale e della connessa specializzazione funzionale, e l'incentivazione alla creazione di sistemi aeroportuali coordinati, al fine di garantire una più razionale ed efficace distribuzione dei flussi di traffico aereo.
Ritenevo e ritengo tuttora che questa sia una condizione essenziale, per ricostituire una situazione del sistema del trasporto aereo nazionale meno complessa e fragile di quella attuale.
Ricordo che attualmente ci sono, nel nostro Paese, circa 115 aeroporti, di cui 49 con funzioni di carattere commerciale (merci e passeggeri), circa 40-45 con funzioni varie e poi aeroporti militari. I 49 aeroporti con funzione commerciale hanno una distribuzione territoriale che si è intensificata notevolmente negli ultimi anni, tale per cui, nell'area più densa del nostro Paese, quella del nord - est e ovest - troviamo - per esempio sulla direttrice Torino-Venezia - un aeroporto ogni sessanta chilometri. Questo, com'è ovvio, congiuntamente al fenomeno del low cost, ha creato una condizione di maggiore apertura e accessibilità al trasporto aereo, determinando tuttavia spesso condizioni di inagibilità, di difficoltà di gestione di questi aeroporti e rappresentando certamente uno dei fattori determinanti della crisi che ha interessato l'aeroporto di Malpensa.
Un secondo punto su cui si muoveva l'atto di indirizzo, e sul quale è proseguita l'attività del Ministero dei trasporti, era la ridefinizione del ruolo dell'ENAC in quanto soggetto regolatore e di controllo del sistema dell'aviazione civile: il potenziamento dei controlli su aeromobile, equipaggio e personale; la regolamentazione del sistema sanzionatorio; una serie di attività di maggiore controllo su tutte le fasi della filiera del trasporto aereo, da quella del volo a quella dei servizi a terra.
Una terza linea di lavoro era quella delle concessioni aeroportuali, in modo particolare con la modifica dell'istituto concessorio e, in misura ancora maggiore, con la differenziazione del numero di anni delle concessioni, già avvenuta. Nelle concessioni rilasciate dal Ministero dei trasporti e da quello dell'economia e delle finanze nell'ultimo anno vi sono periodi diversi che vanno dai quaranta anni - ossia il termine massimo, ma che era stato sempre e solo l'unico ad essere considerato - ai venti anni, in relazione alla caratteristiche del gestore e ai suoi programmi.
Un'azione altrettanto incisiva era prevista - il Ministero la sta portando avanti - sulla gestione delle fasce orarie, definite in gergo slot. Riteniamo, infatti, che debbano essere introdotti meccanismi di maggiore controllo e trasparenza nella concessione di questi slot, anche in ossequio ai regolamenti europei in merito.
Si prevede poi un'analoga azione per la gestione dello spazio aereo e, in particolare, per la separazione di tali spazi; compito precipuo dell'ENAV.
Occorre inoltre considerare il discorso riguardante i vettori e un altro elemento fondamentale che sta emergendo nuovamente anche in questa fase - con riflessioni relative ad Alitalia e all'offerta Air France-KLM su Alitalia o al futuro dell'aeroporto di Malpensa -, vale a dire i diritti di traffico derivanti da accordi bilaterali. Tramite tali accordi, in buona sostanza, gli Stati pongono tra loro le condizioni, affinché si creino delle rotte aree da una parte all'altra.
Ho richiamato brevemente questi punti per dire che su questa linea, mentre il Ministero dell'economia e delle finanze avviava l'operazione di prima e seconda fase che il Ministro Padoa Schioppa ha ricordato, il Ministero dei trasporti portava avanti queste elaborazioni.
Ovviamente, non ci sfuggiva fin dall'inizio che questo parallelismo era una sorta di scelta operativa da portare avanti, appunto in parallelo, ma che le connessioni tra i due fatti erano estremamente forti. Si scriveva e si riaffermava già da allora che un forte sistema del trasporto aereo non può prescindere da un forte vettore di riferimento. Capovolgendo la situazione, si potrebbe dire che la presenza di un forte vettore di riferimento è la condizione per cui il sistema di trasporto aereo assume una connotazione, piuttosto che un'altra.


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Questo è il motivo per cui l'interesse precipuo del Ministero dei trasporti, in relazione alla vicenda della vendita, non era tanto quello della cessione di un pacchetto azionario, quanto quello del piano di ristrutturazione aziendale associato alla vendita, vale a dire di che cosa il potenziale acquirente offriva in termini di ristrutturazione della compagnia che si proponeva di acquistare.
Questo è il motivo per cui abbiamo seguito con particolare attenzione, oltre alla prima fase - pienamente garantista per quanto riguarda il mantenimento di certi requisiti della compagnia - anche la seconda fase e in particolare tre aspetti che il Ministro Padoa Schioppa ha richiamato poc'anzi e che voglio ricordare ancora. All'acquirente venivano richiesti, tra le condizioni da discutere, gli impegni di copertura territoriale. In particolare, si chiedeva il mantenimento di un'offerta che permettesse di continuare a servire le attuali fasce di clientela e di assicurare le offerte di servizi cargo. Questi erano due elementi fondamentali.
Il terzo aspetto era quello di assicurare un'adeguata presenza dell'Alitalia nella nuova compagine da e verso alcune grandi macroaree geografiche (Nord e Centro America, Estremo Oriente, Medio Oriente, Nord-Africa ed Europa), oltre ovviamente ad un'adeguata copertura del servizio sul territorio nazionale.
Inoltre, quanto agli impegni di carattere industriale, era per noi particolarmente importante l'esito della trattativa relativa alle rotte intercontinentali da Malpensa verso i due grandi Paesi della Cina e dell'India; punto cardine per pensare all'assetto complessivo del sistema.
Infine, vengo allo sviluppo del traffico sullo scalo di Malpensa in relazione ai suoi storici problemi che, insieme alle questioni precedentemente richiamate, hanno determinato la situazione di crisi e che sono: la mancanza di efficaci infrastrutture di collegamento ferroviario con la città e la mancata risoluzione del tema riguardante la tipologia di voli presente su Linate rispetto a quella presente su Malpensa.
La situazione attuale, com'è stato appena ricordato, è arrivata ad una fase pressoché conclusiva. È del tutto evidente che il nostro lavoro, in modo particolare quello relativo al piano degli aeroporti, non può non conoscere una pausa di riflessione rispetto alla conclusione della vicenda stessa.
Sarebbe strano portare fino alle estreme conseguenze il parallelismo tra questi due percorsi. È arrivato il momento di immaginare il piano degli aeroporti e la definizione di uno scenario di lungo termine per il sistema del trasporto aereo italiano come non scollegati dall'esito della vicenda legata ad Alitalia.
Da questo passaggio attendiamo di capire se, sempre auspicando una positiva conclusione della vicenda, lo Stato non sarà più un attore direttamente impegnato come azionista di riferimento della compagnia di bandiera. Se, invece, si verificherà l'ipotesi opposta, lo Stato stesso dovrà rafforzare il suo ruolo di soggetto di programmazione, indirizzo e controllo del mercato del trasporto aereo, i cui futuri destini sono strettamente legati alla qualità della vita, alla mobilità delle persone e delle merci nel nostro Paese. Considero una mera illusione quella addotta da alcuni iperliberisti d'assalto, secondo cui questo mercato potrebbe autoregolarsi in maniera virtuosa, laddove invece la storia dimostra come esso necessiti di regole chiare e di soggetti che vigilino sulla loro applicazione, per far sì che le dinamiche di mercato non di beni, ma di offerta di servizi possano svolgersi positivamente.
Questi sono stati gli interventi e l'atteggiamento con cui il Ministero dei trasporti si è rapportato alla vicenda, che in questa fase terminale segue con grande attenzione, per capire come riprendere su altre basi la sua azione di Ministero competente.

PRESIDENTE. Grazie, Ministro Bianchi. Ricordo a quanti intendono prendere le parola che non potranno intervenire per più di cinque minuti; questo al fine di allargare la platea degli intervenuti.


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Do la parola agli onorevoli che intendano porre questioni o formulare osservazioni.

MARCO BELTRANDI. Non intendo assolutamente andare oltre il tempo assegnatomi per lo svolgimento del mio intervento.
Se fosse possibile esprimere uno voto sulla relazione del Ministro Tommaso Padoa Schioppa, come radicale il mio voto sarebbe assolutamente favorevole. Malgrado la sua lunghezza, la relazione è stata estremamente esauriente ed ha tratteggiato la storia di una compagnia, Alitalia, che ogni giorno perde milioni di euro; questo perché, in un mercato altamente competitivo e fortemente liberalizzato, è stata gestita con criteri politici e dettati da organizzazioni sindacali e corporative. Questo ovviamente non può funzionare in un mercato come quello appena descritto, motivo per cui si è giunti a questo punto.
Desidero sottolineare in questa sede come il tentativo di addebitare al Governo Prodi il disastro di Alitalia sia comprensibile se si guarda alla campagna elettorale in corso, ma assolutamente contrario alla realtà.
Al contrario questo Governo, come dimostrato dalla relazione del Ministro Padoa Schioppa, ha per primo tentato di risolvere l'annoso problema di Alitalia, dalla cui precedente mancata soluzione sono derivati costi altissimi per i contribuenti, i consumatori e i dipendenti della compagnia.
Nonostante ciò, anche il gruppo al quale appartengo ha rilevato elementi di criticità; in particolare, mi riferisco alla presenza di eccessivi paletti riguardo al primo tentativo, gestito direttamente dal Governo, di salvare la compagnia. In quell'occasione nessuno presentò un'offerta vincolante ed ora ci troviamo già nell'ambito di una seconda fase gestita da Alitalia.
Come chiaramente specificato dal Ministro, al momento non esistono offerte diverse da quella di Air France-KLM, giacché non sono stati manifestati altri interessi neppure in via informale. Auspico quindi che Air France resista a tutti i veti politici ed elettoralistici manifestati e questa procedura possa giungere a una conclusione favorevole.
Il destino di Malpensa non è legato al destino di Alitalia, ma, come sottolineato dal Ministro Bianchi, anche a un piano degli aeroporti e alla dotazione delle infrastrutture necessarie. Tutto ciò sinora è mancato, per cui nel nord Italia si è assistito a una concorrenza selvaggia fra diversi aeroporti sviluppatisi disordinatamente.
Abbiamo perso anche troppo tempo, quindi mi auguro che l'unica offerta esistente non venga rifiutata in virtù della prefigurazione di cordate ad oggi prive di consistenza. Se questo dovesse accadere, il problema Alitalia rimarrebbe aperto in una situazione prossima al fallimento; quindi, chi si rendesse responsabile di questa sciagura dovrebbe risponderne ai cittadini, ai consumatori e ai dipendenti della compagnia.

ANDREA GIBELLI. Contrariamente al collega dei radicali, ritengo che la relazione del Ministro Padoa Schioppa sia assolutamente offensiva nei confronti del Parlamento. Le assicuro, Ministro, di aver meditato tale termine in questi minuti. Ovviamente, pur confermando il rispetto e la stima per la persona, vorrei che chi viene chiamato a ricoprire la carica politica di Ministro dell'economia mantenesse, verso la politica nel suo complesso, un diverso atteggiamento. Mi riferisco alla conclusione dell'intervento del Ministro, quando si è parlato di «onnipotenza del potere».
Sottolineo questo non per difendere la politica in senso stretto, ma per rivolgere al Ministro sette domande di natura economica e per rilevare come sia stata usata la politica per non rispondere al Parlamento. Ella, signor Ministro, non si è infatti limitato a tenere una lezione universitaria di economia su alcuni aspetti che condivido, ma ha usato la politica per non dare risposte.
Lei ha dichiarato che la vendita è stata ritenuta impossibile data la mancanza di un piano di ristrutturazione. Per quale


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motivo tutti i soggetti privati che si erano presentati alla prima indizione della gara si sono gradualmente ritirati? È vero o no che mancavano le informazioni che il Ministero dell'economia doveva fornire per avere una piena valutazione economica e industriale della situazione di Alitalia? Altrimenti, politicamente, l'indizione della gara in quel momento era un errore,; si perdevano risorse finanziarie per due anni. Questa è economia, ma anche politica.
Lei ha parlato di risanamento, sviluppo e ristrutturazione di Alitalia, dal punto di vista del trasporto aereo tre dati essenziali per la predisposizione di qualunque piano o gara. Le condizioni in cui Alitalia si trovava al momento dell'offerta di acquisto di Air France erano note al Governo italiano? Le ho posto questa domanda, signor Ministro, anche in riferimento alle condizioni di acquisto, assolutamente inaccettabili, rese note in maniera palese da Air France.
In altre parole, il Governo sapeva che Air France, conclusa la prima fase legata all'indizione della gara, era in grado di fare un'offerta di acquisto vincolante a condizioni assolutamente irricevibili, lungo un contorno di possibilità - ritenuto oggi invalicabile da Air France - assolutamente mortificanti per l'economia di questo Paese?
Con riferimento agli interventi di risanamento, sviluppo e ristrutturazione, porto un esempio: Alitalia ha proprietà, in termini oggettivi, addirittura superiori alla capacità attuale, in capo ad Air France, di acquistare la nostra compagnia di bandiera.
Voglio inoltre riferirmi a tre condizioni di natura economica, ma anche politica.
Chiedo al Ministro se ritenga che la tutela i dell'identità nazionale si possa risolvere nel mantenimento del logo e di quant'altro solo ed esclusivamente per cinque anni.
Inoltre, il Ministro ritiene che al cosiddetto concetto di copertura del territorio nazionale si possa rispondere tramite condizioni appartenenti non all'economia, bensì alla politica? Infatti, gli aeroporti di Malpensa e Linate verranno - cito testualmente le sue parole - «organizzati dal gruppo franco-olandese, per consentire uno sviluppo di lungo termine armonico e finanziariamente solido, avuto riguardo alla a domanda di traffico e alle condizioni di mercato applicabili ad ogni rotta nazionale, internazionale e intercontinentale , alla a richiesta di servizi da parte di passeggeri business». Chiedo al Ministro se sia in possesso di elementi oggettivi che possano sostenere, in termini economici e numerici, tali condizioni; ci può fornire elementi per tradurre in termini di economia e di mercato questa definizione, espressa in «politichese», relativa alla capacità di Air France di considerare il mercato del nord Italia assolutamente legittimo e di sopravvivenza? Nel piano industriale proposto dai francesi vi sono elementi per ritenere questa affermazione politicamente e industrialmente vera?
Lei, signor Ministro, ha inoltre parlato della legge Marzano, ritenendola comunque una soluzione estrema e catastrofica in riferimento al caso specifico, fornendo giustamente dati numerici. Quando deve contestare le possibili scelte della politica, lei non cita mai un dato numerico; invece, quando deve sostenere scelte politiche contrarie (ad esempio per non accettare il percorso della legge Marzano) lei cita dei numeri. Questo è un atteggiamento politico, non cattedratico!
Quando lei fa riferimento alla questione del percorso affrontato da Swiss, in cui si è avuto - se ricordo bene - addirittura un taglio del 33 per cento di voli, mentre per Sabena si è avuta una riduzione del 50 per cento di dipendenti e del 50 per cento di voli, mi chiedo se tutto ciò rappresenti veramente un dramma. Chiedo se lei sia in grado di dimostrarci che i francesi, nonostante esista solo un componente in questo consiglio della superholding che si costituirà nei prossimi cinque anni, garantiranno un piano industriale addirittura migliore, in termini economici, di quelli di Sabena e Swiss. Sappiamo solo che si tratta di un piano differente.


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Concludo affermando che è meglio essere piccoli e padroni a casa nostra, piuttosto che un po' più grandi - tutto da dimostrare - ma proprietà di qualcun altro.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE LINO DUILIO

PAOLO UGGÈ. Signor presidente, credo che tra le dotte citazioni, anche latine, che il nostro Ministro ha fatto si celi l'evidente tentativo di annacquare - in una grande relazione, piena di cifre, dati e riferimenti - la realtà di quanto sta avvenendo sotto gli occhi di tutti.
Ormai anche i bambini l'hanno capito. Lo stesso Ministro Bianchi, tempo fa, aveva bacchettato il suo collega Padoa Schioppa per una certa approssimazione nel gestire la vicenda Alitalia.
Signor Ministro, l'hanno capito i bambini, il mercato, i sindacati, la gente che non siamo di fronte ad una vendita, bensì a una svendita che, se dovessimo limitarci ai semplici fatti, è iniziata con la prima gara che avete realizzato. Di fatto, avete operato per creare le condizioni affinché gli altri scappassero: forse avevate già mente di favorire Air France.
La vostra svendita è stata, però, resa nota agli italiani grazie a un intervento dell'opposizione, in particolare del presidente Berlusconi, che ha chiaramente evidenziato gli elementi drammatici della vostra vergognosa operazione. Preferite fare polemica sull'evanescenza di una cordata - che effettivamente esiste - che sarà pronta ad intervenire nel momento in cui finirà, speriamo nell'interesse del Paese, la vicenda Alitalia.
È bastato l'intervento del presidente Berlusconi per far sì che su quella che, nei fatti, era una richiesta scadente trasformatasi in un'offerta indecente, i francesi rivedessero le proprie posizioni. Improvvisamente, infatti, hanno incominciato a trattare, a far capire che si poteva riconsiderare il tutto. Mi domando come mai non l'abbiate fatto voi, sebbene il costringere questi signori a rivedere il tutto sia di per se un i grande risultato, una svolta di per sé positiva, che potevate perseguire.
Voi preferite fare polemica senza entrare nei fatti, ma il motivo è uno solo: dietro alla vicenda esiste un grande interesse dello Stato francese, che mira a creare, per i prossimi cinque anni, ostacoli allo sviluppo dei commerci del nostro Stato. Questo è ciò che sta dietro a questa meravigliosa offerta, che include una clausola sospensiva - ben conosciuta da voi - la quale consente ad Air France di non rispettare tutte le condizioni previste qualora, da parte del nostro Paese, vi fosse la riconsiderazione circa il portafoglio dei diritti di traffico che ENAC ha assegnato ad Alitalia il 14 marzo.
Lei, signor Ministro, sul Financial Time di questa mattina fa qualche osservazione in merito, sebbene non sia argomento di sua competenza. Mi chiedo come mai l'ENAC abbia deciso di assegnare ad Alitalia traffici che non le appartenevano e che, per di più, non consentono ad altri di inserirsi. È forse possibile che si sia verificato un intervento da parte del Presidente del Consiglio, o del Ministro dell'economia, che ha creato le condizioni per questo grande interesse che sta costringendo i francesi a trattare e a rivedere le proprie posizioni.?
Sarebbe il caso di dire al popolo italiano e al mondo dell'economia che cosa vi apprestate a fare, con questa operazione. Dietro a questo inganno c'è proprio la svendita dell'economia del nostro Paese, tanto che per i prossimi cinque anni non potremo più ampliare i nostri traffici commerciali, grazie proprio a questa clausola che Air France ha preteso, inserendola nell'offerta e che, guarda caso, nasce proprio dall'iniziativa assunta da ENAC. Quest'ultima iniziativa, fra l'altro, intacca anche Volare: state depauperando Volare dei diritti di traffico, che sono uno dei principali asset per una compagnia aerea, creando danni all'economia in generale.
In definitiva, state di fatto agendo per limitare l'azione del prossimo Governo - sapete già che non sarà il vostro - nella sua possibilità di espansione. Mi chiedo se


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pensiate veramente di venire a nascondere queste verità dietro alla grande polemica, dietro ai grandi dati, parlando dell'inesistenza di cordate che invece esistono e senza dire al Paese quello che state realmente facendo. Voi state creando i presupposti perché il trasporto aereo italiano, di fatto, vada in mano a un Paese concorrente.
Come viene puntualmente sottolineato, tutti i grandi volumi di traffico, persone e merci, che si prevedono nei prossimi anni, saranno gestiti da Air France che, certamente, farà sì che tutta questa grande mole di persone e merci si spostino nel proprio territorio, andando a creare un'ulteriore penalizzazione per la nostra economia.
Se questa è la situazione, come mai sono avvenute tali circostanze? Come mai il Ministro Bianchi, questa mattina, ha espresso questi annunci molto chiari?
Basta leggere il giornale, per sapere esattamente che cosa dice il Ministro. Se la situazione è questa, ciò significa che, probabilmente, vi state apprestando - noi, ovviamente, ci auguriamo che questo non avvenga e faremo il possibile per evitarlo - a realizzare la svendita di una azienda italiana che può restare italiana e che può, attraverso cordate alternative che si realizzeranno, dare la possibilità alla nostra economia di restare protagonista sul mercato con una propria compagnia di bandiera..

MARIO BARBI. È un peccato che il collega dell'opposizione Uggé ci proponga di andare avanti come è stato fatto fino ad ora, aumentando la bolletta a carico degli italiani per tenere in vita, nelle condizioni che stiamo cercando di risolvere, un soggetto che perde oltre 1 milione di euro al giorno e che ha caricato sulla testa di ogni italiano - qualcuno ha fatto un conto - negli ultimi dieci o quindi anni, qualcosa come 250-270 euro a testa, per un totale di oltre 12 o 13 miliardi di euro.
Questa politica non può continuare, almeno secondo noi. Invece, prendiamo nota, in questa circostanza, che questa è la soluzione che ci si chiede di portare avanti.
Il Governo, in una situazione di estrema difficoltà, ha avuto il merito di avviare a soluzione la crisi Alitalia e del sistema aeroportuale. Questa decisione comporta delle difficoltà e dei sacrifici.
Ristrutturare o cedere un'azienda come Alitalia, infatti, comporta, ovviamente, scelte difficili, tuttavia questa decisione è stata presa. Non si tratta di svendita: se così fosse, sarebbe facilissimo per la cordata fantasma concorrente fare un'offerta migliore un'ora dopo che fosse definita quella che è in corso di negoziazione. Quindi, la situazione si risolverebbe per il meglio, nonostante quanto diceva l'onorevole Uggé poc'anzi.
Vorrei riepilogare brevemente alcuni aspetti della questione in esame.
Ad Alitalia era stata affidata una missione impossibile: servire due grandi aeroporti, Fiumicino e Malpensa, con lo stesso tipo di attività. Questa cosa non era possibile, ha portato Alitalia al fallimento o vicina ad esso, ha portato Malpensa, o Fiumicino, come volete, a funzionare come un aeroporto assistito. Quei destini andavano separati in modo che il salvataggio della compagnia di bandiera fosse possibile e che Malpensa, visto che la decisione è stata quella di allocare le attività principali del vettore su Fiumicino, potesse continuare a crescere e riprendere la strada di uno sviluppo sano e basato sulle condizioni di mercato.
È stato fatto cenno a quali problemi abbia avuto Malpensa in tutti questi anni. Il primo, il principale si chiama Linate, che serve oggi 9 milioni di passeggeri, porta 3 di questi 9 milioni di passeggeri negli hub concorrenti di Malpensa.
Linate è il principale concorrente di Malpensa. Questo bisogna che ce lo diciamo, che sia chiaro al sistema istituzionale e anche agli elettori del nord. Si tratta di prendere delle decisioni, quindi di rivedere un sistema. Si tratta di rendere Malpensa accessibile.
Domenica scorsa è stata finalmente inaugurata - ero presente, insieme al


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Ministro Di Pietro, al Presidente della regione Formigoni - la bretella che collega l'aeroporto di Malpensa all'autostrada Torino-Milano-Venezia. Da parte di tutti è giunto il riconoscimento per il lavoro eccellente compiuto da questo Governo al fine di accelerare quei lavori. Ricordo in proposito il protocollo sulle opere infrastrutturali di collegamento di Malpensa al sistema autostradale e ferroviario firmato dal Governo Prodi con la regione Lombardia e gli altri soggetti istituzionali.
Ebbene, questi sono i dati di base dai quali partiamo e che fanno da sfondo alla trattativa tra Alitalia e Air France-Klm, che ci auguriamo vada in porto nel migliore dei modi, tenendo presenti le quattro condizioni che il Ministro Padoa Schioppa e il Ministro Bianchi ricordavano. Mi riferisco all'accordo sindacale, alla questione della causa SEA, al prestito da restituire prima dell'aumento di capitale e, comunque, alla verifica da parte del Governo successivo alle elezioni.
Ad ogni modo, chi governerà lo decideranno gli elettori il 13 e 14 aprile prossimo. Dico questo sempre in riferimento a qualche osservazione precedentemente formulata. Non è affatto certo l'esito delle elezioni.
Da ultimo, sottolineo che le prospettive del traffico aereo internazionale sono piuttosto positive. Lo sono state nel 2007 e sono previsti notevolissimi aumenti di traffico per i prossimi anni. Pertanto, ci sono tutte le possibilità, perché in questa situazione si possano ottenere i risultati che perseguiamo, come la riallocazione di Alitalia all'interno di un soggetto internazionale che ne consenta il rilancio e il mantenimento della funzione essenziale sul territorio nazionale e dal territorio nazionale per i collegamenti europei, internazionali e intercontinentali e perché il sistema aeroportuale venga razionalizzato e Malpensa possa riprendere lo sviluppo e la crescita.
Inoltre, in questo contesto non fa certamente male che Milano abbia ottenuto l'Expo 2015, con l'aiuto e il concorso di tutte le istituzioni, locali e nazionali.

PAOLO CIRINO POMICINO. Signor presidente, vorrei innanzitutto ringraziare il Ministro Padoa Schioppa per l'esposizione dottrinale che è contenuta - non lo dico con ironia, ma semplicemente per mettere alcuni punti fermi su questa vicenda - nella prima e nella seconda parte della sua relazione. Da questa esposizione dottrinale mi consenta di espungere i seguenti punti fermi.
In primo luogo, il fallimento degli ultimi quindici anni della gestione dell'Alitalia è legato non alla natura del suo azionista di riferimento, bensì all'incapacità, che si è puntualmente continuato a dimostrare, di un piano industriale inadeguato di rompere quei lacci e lacciuoli che l'incrostazione sindacale - con tutto il rispetto per i sindacati - ha determinato nei fatti, per cui quell'azionista pubblico non è riuscito a predisporre dei piani industriali all'altezza dei compiti.
Dico questo perché lei sa meglio di me, Ministro, avendone la titolarità, che ci sono altre società il cui azionista di riferimento è lo Stato italiano, è il Tesoro italiano - Finmeccanica e Fincantieri, ad esempio - che sono leader mondiali nei settori di appartenenza.
Dico questo non per una petizione di principio, ma perché tale riflessione consente di affermare, innanzitutto, che c'è una neutralità del mercato rispetto alla natura della proprietà, sia essa pubblica, sia essa privata. Questo sgombra il campo, signor Ministro, da una sciocchezza che puntualmente sento ripetere in queste settimane, vale a dire che qualunque iniziativa da parte dello Stato nei riguardi dell'Alitalia sarebbe stata bacchettata, o sarebbe bacchettata, dalla Comunità europea, la cui attività lobbistica è peraltro ben nota a chi ha frequentato come lei e come chi vi parla il Parlamento di Strasburgo o altre grandi istituzioni comunitarie.
Con questo voglio dire che certamente l'aiuto di Stato non è consentito, ma esso può essere realizzato con il prestito-ponte, come lei ha giustamente detto, o con i contributi a fondo perduto. Pur tuttavia, nessuna istituzione comunitaria potrebbe


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impedire una ricapitalizzazione al servizio di un piano industriale capace di operare una ristrutturazione dell'azienda. Desidero citare a tal proposito quanto accadde in passato con il Crédit Lyonnais e con i Banchi meridionali.
Come lei ha detto implicitamente - desidero esplicitarlo - condivido l'esistenza di pari doveri e pari diritti dell'azionista in una società sia pubblica che privata. Ciò consente di trattare con Air France con maggiore forza e determinazione.
Qualora dovesse fallire la trattativa con Air France, l'esito non sarebbe inevitabilmente il fallimento, perché nulla impedirebbe sul terreno del diritto comunitario un vero rilancio del piano industriale di Alitalia e una ricapitalizzazione di tutti i suoi azionisti pubblici e privati.
Desidero esprimere un'ultima annotazione sul piano dottrinale. Mi consenta di dirle che sbaglia nel parlare della politica come professione. La mia professione è quella di specialista in malattie nervose e mentali, e come tale ho assistito molti Governi in questi anni. La politica è l'arte del Governo e come tale richiede una professionalità, cosa profondamente diversa dalla politica come professione.
Lei sa che il mio gruppo ha sostenuto la positività della trattativa con Air France, che riconfermiamo, ritenendo che, come si evince anche dalla sua relazione, i problemi di Alitalia riguardino non tanto il profilo finanziario quanto il profilo industriale (lo dico anche in proposito della cordata di cui si parla).
Il socio in grado di intervenire deve quindi essere una compagnia aerea, perché possiede il know how e le caratteristiche necessarie per rilanciare. Air France è tra le prime compagnie aeree del mondo e la prima nel settore del trasporto merci.
È quindi opportuno rafforzare la trattativa, spiegando però ai francesi che il suo fallimento si tradurrebbe non nel fallimento di Alitalia, ma nella valutazione di un piano industriale. Con i manager che hanno governato Finmeccanica e Fincantieri probabilmente si riuscirebbe a realizzare un piano industriale.
Come evidenziato dal collega Gibelli, il dato vero riguarda la garanzia da lei giustamente sottolineata degli interessi pubblici del nostro Paese, che non possono essere limitati, signor Ministro, dai cinque anni contrattualmente definiti per la permanenza del logo, del marchio, della livrea. Al contrario - in questo senso abbiamo sempre condiviso la trattativa con Air France - il problema riguarda la cosiddetta «internazionalizzazione attiva» delle nostre aziende, nel caso specifico dell'azienda Alitalia.
Ci si chiede perché l'impegno che Air France ha sottoscritto nel ricapitalizzare per un miliardo di euro l'Alitalia non venga sottoscritto dallo Stato italiano, laddove la vera garanzia degli interessi nazionali è che nella società Air France-KLM-Alitalia ci sia una presenza dello Stato italiano certamente non pari a quella dello Stato francese - da lei stimata al 15, da me al 17 per cento -, ma comunque in grado di renderlo il secondo azionista di una grande compagnia internazionale.
La presenza dello Stato italiano all'interno di una compagine societaria non con il 3 per cento (adesso il 2 per cento, con la riduzione del valore dell'Alitalia), come per l'offerta pubblica di scambio, ma come secondo azionista dotato di un potere importante (non solo con vincoli contrattuali) garantirebbe il mantenimento degli interessi nazionali.
Questo sarebbe il modo più serio di tutelare l'attuale investimento che l'Italia ha fatto nell'Alitalia, perché se, come presumo, l'offerta pubblica di scambio rilancia l'Alitalia, niente impedisce - e qui chiedo l'attenzione dei colleghi del Partito della libertà - che un investimento di oggi, accoppiato al valore che è già insito nell'Alitalia, fra uno o due anni possa essere ceduto a una cordata italiana pubblica o privata, in modo che l'attuale investimento dello Stato venga remunerato al momento di vendere. Quella è la garanzia degli interessi nazionali in un'economia di mercato che non criminalizzi il pubblico.
Sono dunque favorevole alla trattativa con Air France, ma anche a una negoziazione


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che possa garantire pure in termini differiti una presenza molto più forte del 2 per cento nell'ambito della compagnia. Niente impedisce che l'attuale presenza dello Stato possa domani essere sostituita da una cordata di imprenditori privati italiani.
Il destino di Malpensa non può essere legato a una sola compagnia di bandiera, tanto che, se non vado errato, Ministro Bianchi, ci sono state già 18 richieste per l'acquisizione degli slot lasciati da Alitalia. Se c'è una domanda inevasa, l'unione di una domanda tesa all'ammodernamento dell'aeroporto di Malpensa con una presenza significativa nella compagine azionaria della futura azienda Air France-KLM-Alitalia consente di garantire al meglio gli interessi nazionali nel rapporto tra pubblico e privato.
Una risposta alla domanda dell'onorevole Ruggeri in ordine ai diritti di traffico sarebbe per me un ulteriore elemento di chiarezza.

SILVANO MOFFA. Sulla questione Alitalia, signor Ministro, la Commissione più volte ha avuto l'opportunità di parlare con lei anche nel pieno del percorso della pseudo-gara, sulla quale ci siamo soffermati, contestandone alcuni requisiti. Alla lunga, i dati e i risultati hanno dato ragione alle riserve che avevamo avanzato in quella sede.
Non entrerò nello specifico delle considerazioni di ordine politico della sua relazione, ma mi limiterò a sottoporle tre questioni che ritengo assolutamente fondamentali, rispetto alle quali lo stesso onorevole Pomicino chiedeva un chiarimento. Mi riferisco in particolare alla convenzione tra Alitalia ed ENAC che è stata firmata il giorno stesso in cui Air France presentava la sua offerta vincolante , che riguarda i diritti di traffico di Alitalia. Al di là di quello che lei individua come centrale nella questione della tutela degli interessi pubblici del nostro Paese nella vendita ad Air France, dunque al di là del mantenimento del logo, dell'identità nonché della possibilità di avere un rappresentante del Ministero all'interno nella nuova compagine societaria, non c'è dubbio che il dato principale riguardi esattamente i diritti di traffico.
A voler pensare male, infatti, questa è l'unica questione che, sostanzialmente, consente ad Air France di concludere un vero e proprio affare, rispetto alla situazione deficitaria della compagnia di bandiera che lei ha descritto e sulla quale, ovviamente, non abbiamo nulla da aggiungere.
In effetti, sono state compiute due operazioni il 14 marzo scorso (quindi lo stesso giorno in cui veniva presentata da Air France l'offerta vincolante) riguardanti una parte dei diritti di traffico non esercitati da Alitalia. Poiché lei ha richiamato la politica al rispetto delle norme comunitarie - ha detto infatti, giustamente e correttamente, che nell'ambito di tali norme dobbiamo ritrovarci attraverso l'apprezzamento e l'applicazione di un sistema di regole condivise - le domando se, nel momento stesso in cui dall'ENAC venivano assegnati questi diritti di traffico (anche qui ci sarebbe molto da discutere), sia stato sostanzialmente alterato il principio della concorrenzialità nei confronti di altre compagnie, che potevano ugualmente accedere all'acquisizione di quote di traffico non utilizzate da Alitalia.
Aggiungo, inoltre, che una parte di quelle quote di traffico riguardano Volare, rispetto alla quale il suo Ministero sa benissimo che, entro la fine di aprile, bisogna bandire una nuova gara, in conseguenza dell'intervento del Consiglio di Stato. Le chiedo se non ritenga che Volare sia stata sostanzialmente depauperata proprio dell'elemento economicamente più interessante e sicuramente più importante, cioè, per l'appunto, le quote di diritti di traffico di cui era in possesso.
Le domando se questa, a suo parere, sia stata una sorta di forzatura, rispetto ad un'offerta che, fino a qualche settimana prima, sembrava che Air France non volesse più presentare se non dopo lo svolgimento delle elezioni politiche. Personalmente, trovo molto singolare che sia avvenuto un ripensamento da parte di Spinetta. Probabilmente, proprio in ragione


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dell'aspetto che attiene ai diritti di traffico, il ripensamento di Air France rivela una logica e una giustificazione.
Nella convenzione che è stata sottoscritta - lei ha citato dichiarazioni di altri tra virgolette - esplicitamente si dichiara che «risulta essere Alitalia in possesso dei requisiti economici e finanziari per operare tali diritti di traffico». Allora, delle due l'una: nei giorni scorsi lei - anche se in verità successivamente è stato smentito in parte dal Ministro Bianchi - ha detto che ormai versavamo in una situazione prefallimentare. Ebbene, se nella convenzione avete scritto quanto ho riportato, mi domando se siamo davvero convinti che la situazione sia ormai indubitabilmente sul piano inclinato del fallimento, o se, al contrario, sussistano ambiti entro i quali si può operare, nonché tempi entro i quali si può sia verificare la «proposta fantasma» (come è stata inopinatamente definita da qualcuno), sia riconsiderare altre proposte che erano sul tavolo.
Lei ha fatto un'elencazione delle proposte presentate da Air France entro dicembre e da AP Holding. Ebbene, lei ha detto che, anche sotto il profilo delle ricadute occupazionali, esisteva un divario evidente tra la proposta di Air France e la proposta di AP Holding. Però, le faccio osservare che tra le proposte di Air France - lei ne è assolutamente consapevole, anche se non lo ha detto - è compreso un esubero di 3.500 dipendenti di AZ Service, che vengono messi a carico dello Stato - a proposito di bollette, caro onorevole Barbi - poiché AZ-Fintecna è una società mista pubblico-privato. Evidentemente, si tratta di un'operazione di aggiramento di alcune norme comunitarie.
Riguardo alla parametrazione tra le varie offerte che erano state messe sul tavolo, lei non ha parlato assolutamente delle condizioni riguardo al rinnovo della flotta. Non è poca cosa, se vogliamo entrare in un sistema effettivamente competitivo.
Faccio notare che non soltanto tutto il reparto manutenzione viene sostanzialmente smantellato dal nostro Paese e trasferito a Parigi, ma anche che, per quanto riguarda la flotta, la sostituzione del famoso MD80 (di cui sento parlare spesso in televisione) avviene entro il 2020, laddove altri avevano previsto una data di gran lunga anteriore.
Si tratta di questioni fondamentali, rispetto alle quali io credo, signor Ministro, che lei debba un chiarimento al Parlamento.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Borghesi.

ANTONIO BORGHESI. Signor presidente, poiché sono stato il terzo a chiedere di intervenire e quando ho fatto la mia richiesta in quest'aula non erano ancora presenti né l'onorevole Boato, né l'onorevole Pomicino, vorrei sapere in base a quali regole sia stato stabilito l'ordine degli interventi.

PRESIDENTE. Il presidente Meta potrà chiarire questo suo dubbio.
Do ora la parola all'onorevole Boato, al quale chiedo di rispettare i tempi.

MARCO BOATO. Rispetterò i tempi, ma voglio dire al collega Borghesi che io sono stato presente in Commissione dal momento in cui sono iniziati i lavori e mi sono subito iscritto a parlare al banco della presidenza...

ANTONIO BORGHESI. Prima che arrivasse l'onorevole Boato io già avevo chiesto alla presidenza di essere iscritto a parlare.

MARCO BOATO. Credo che ci sia un complotto contro l'onorevole Borghesi, di cui non faccio parte!

PRESIDENTE. Veniamo al tema.

MARCO BOATO. Ringrazio innanzitutto i presidenti delle tre Commissioni per aver assunto questa iniziativa. Ringrazio i due Ministri e in particolare il


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Ministro Padoa Schioppa per il suo ampio e documentato intervento, molto utile al Parlamento anche se, nel clima politico della fase finale della campagna elettorale, purtroppo quasi tutti gli interventi - cercherò di non fare altrettanto, se non altro perché non sono candidato in queste elezioni - sono pesantemente condizionati dalle vicende elettorali.
La questione di cui stiamo parlando ha origini molto più lontane e, probabilmente, dovrà concludersi comunque in una fase successiva alle elezioni. Avendo ascoltato con grande attenzione l'intervento ed avendo riletto il testo scritto della relazione del Ministro Padoa Schioppa, posso dire di condividerli pienamente, anche nella parte conclusiva che ha suscitato le perplessità del collega Cirino Pomicino.
Credo, signor Ministro, che questo sia l'ultimo suo intervento di fronte al Parlamento. Lei resterà in carica, come tutto il Governo, fino a metà maggio, ma questa è forse l'ultima occasione che lei ha avuto di parlare di fronte agli organi parlamentari. Leggo questa sua pagina conclusiva come una sorta di testamento morale e politico, oltre che di conclusione del ragionamento che ha sviluppato e che io condivido.
Nel riferimento a chi ha scelto la politica come professione non vedo un'alternativa alla professionalità - che condivido e di cui ha parlato il collega Cirino Pomicino - quanto piuttosto una sorta di eco di temi weberiani. Max Weber è stato uno dei più grandi sociologi della politica, se non il più grande, ed ha scritto un saggio intitolato Politik als Beruf. Questa è l'eco che ritrovo nella sua conclusione, ovviamente molto lontana dalle questioni specifiche che stiamo oggi affrontando.
Non è molto lontana, però, dal modo in cui la politica deve affrontare le proprie responsabilità, sia al Governo, sia quando si tratta di avere una cultura di Governo pur stando all'opposizione.
Le chiedo, signor Ministro, in caso di una sua replica, di riprendere un aspetto che lei ha citato correttamente, ma che suona come una rischiosa, anche se comprensibile, clausola di dissolvenza.
Nella sua relazione, al punto 8, ha affrontato le questioni che riguardano la lettera del 18 marzo che soddisfa la prima delle quattro condizioni - in seguito, ha citato le altre tre condizioni - che riguarda le organizzazioni sindacali. A questo proposito voglio esprimere il mio dissenso rispetto al comportamento di questi giorni della UIL, che mi sembra poco responsabile, proprio per la portata della vicenda in gioco, che è di grandissima rilevanza.
Forse, sarebbe giusto svolgere una riflessione critica e autocritica da parte delle stesse organizzazioni sindacali, rispetto alle vicende di questi ultimi anni che hanno in qualche modo inciso sulla gravità crescente della situazione dell'Alitalia.
Dopo aver citato le altre tre condizioni, ne ha aggiunta una quinta, che leggo testualmente: «Una ulteriore volontà, inoltre, consentirà il buon esito dell'operazione. Il lancio delle offerte pubbliche da parte di Air France-KLM avverrà, infatti, solo qualora il nuovo Governo, come organo collegiale, non abbia assunto alcuna decisione formale o fatto alcun pubblico annuncio che sia fortemente contrario all'operazione». Questa mi suona quasi come una clausola di dissolvenza di tutta la complessa, difficile e importante operazione che è in atto in questo periodo e che si sta, forse - mi auguro - concludendo positivamente in queste ore (lei ha sostenuto proprio che le prossime ore saranno decisive).
Le chiederei, se lo riterrà, di affrontare in sede di replica quest'ultimo punto. Esso, infatti, si lega al percorso che si sta seguendo, proprio in questa giornata e in queste ore. Inoltre, dopo il rapporto tra Air France-KLM e Alitalia, esaurita - mi auguro positivamente - la fase dell'accordo con le organizzazioni sindacali, si dovrà rivedere comunque un ruolo da parte del Governo attualmente in carica.
Chiedo a lei di chiarire che cosa voglia dire questo altro punto, che capisco, ma che può diventare una preoccupante clausola di dissolvenza, laddove proseguissero iniziative un po' estemporanee che qualche


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esponente dell'opposizione pro tempore ha intrapreso in questo periodo.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA IX COMMISSIONE
MICHELE POMPEO META

VALDO SPINI. Signor presidente, capisco che le esigenze di campagna elettorale concentrano l'attenzione sull'esame del pregresso, su come siamo arrivati a questo punto. Forse, il Ministro Padoa Schioppa poteva cavarsela con il famoso proverbio, secondo cui il medico pietoso fa la piaga purulenta.
Vorrei concentrarmi su quello che sta avvenendo in queste ore. Mi sembra da marziani, cari colleghi, il fatto che stiamo parlando di tutto, tranne che di quello che sta avvenendo in queste ore nel rapporto tra l'Alitalia e i sindacati, che mi sembra estremamente determinante per quello che avverrà successivamente e per il maturare delle varie ipotesi.
Da questo punto di vista, il gruppo socialista vuole fare assolutamente un discorso diverso da quello che è stato portato avanti fino ad ora.
Il punto che propongo all'attenzione dei Ministri e dei colleghi è il seguente: nelle richieste sindacali, c'è solo un aspetto sindacale o ci sono anche altri aspetti che riguardano la nozione della compagnia di bandiera, quella che assicura i traffici all'interno del Paese, e dal Paese verso l'esterno, che è stata data dal Ministro Padoa Schioppa?
Mi spiego meglio. Quando il sindacato chiede il mantenimento di un certo numero di aerei, certamente lo fa per motivi sociali, perché chiede il mantenimento di un certo numero di piloti. È tipicamente sindacale questa materia. Tuttavia, mi domando se sia ininfluente questo numero di aerei rispetto alla necessità di essere realmente compagnia di bandiera e quindi di assicurare il volume di traffici all'intero del territorio nazionale e dal territorio nazionale verso l'esterno.
Abbiamo qualcosa da dire su ciò che sta avvenendo, oltre a formulare il generico auspicio che le cose vadano bene? Difatti, in genere, si spera che le cose vadano bene e non male.
Sulle materie su cui si sta discutendo, almeno a livello morale e politico, noi che siamo qui oggi - forze politiche di maggioranza e di opposizione, variamente configurate, e Governo - abbiamo qualcosa da dire? A me sembrerebbe questo il punto sul quale riflettere.
Certamente, poi, avremo cinquantamila possibilità di rinfacciarci se il 3 marzo è stata fatta una cosa giusta o se il 25 marzo si poteva aspettare un giorno a scrivere quella lettera (cose importantissime). Se possibile, tuttavia, concentrerei l'attenzione sugli aspetti che sono ancora modificabili oggi.
Ho l'impressione che, al di là delle materie sindacali, sulle quali i sindacati hanno piena autonomia, ci sia qualche interferenza tra queste materie e gli obiettivi che dobbiamo porci, pur nell'ambito di una vicenda così compromessa.
Io stesso mi sono posto l'interrogativo che è aleggiato nelle parole di vari colleghi. È chiaro che, quando hai un'azienda che perde e stai portando avanti una trattativa in esclusiva, non sei molto forte. Mi sono domandato anch'io, come dicevo, se non ci siano state le condizioni, affinché la trattativa non fosse in esclusiva, se siano stati posti dei vincoli che hanno in qualche modo scoraggiato altri partners, ma questo potrà essere approfondito nella replica.
L'elemento che in questo momento, vorrei chiarire a noi stessi e nell'ambito del Governo è se possiamo dire una cosa tutti insieme. Forse sembra un'utopia, anche se sarebbe utile in questo momento. Vorrei comprendere se vi siano dei punti di contatto, delle interferenze tra quello che i sindacati stanno chiedendo e quello che ci dobbiamo augurare, come Parlamento e come Governo, dal punto di vista del mantenimento di determinati livelli di servizi e di immagine.
Corrispondono al vero le affermazioni del Ministro Padoa Schioppa, quando sostiene che ci sono aspetti emotivi nel parlare di Alitalia, del suo simbolo, del suo logo e quant'altro. Però, è altrettanto vero


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che sono aspetti di immagine con ricadute economiche e non sono solo aspetti emotivi.
Una certa concezione del Made in Italy e del sistema-Paese ha avuto conseguenze economiche. Quindi, senz'altro c'è dell'emotivo, però ci sono anche delle conseguenze economiche nell'ambito della considerazione più generale del sistema-Paese.
Allora, come in parte ha detto l'onorevole Boato quando parlava del ruolo che il Governo dovrà assumere successivamente, mi domando se in queste ore - dopo che saranno state assunte certe determinazioni, considerato che, almeno stando a quello che sappiamo (se siamo bene informati), oggi vi sarà un confronto, considerato che scade il termine - non sarebbe opportuno concentrare le nostre ultime energie cercando di contribuire al processo che si sta definendo.

ANTONIO BORGHESI. Signor presidente, a nome dell'Italia dei Valori vorrei, in primo luogo, esprimere la mia condivisione alla relazione presentata dal Ministro Padoa Schioppa, soprattutto perché traccia un quadro che ci dimostra come in realtà se qualcuno, a dispetto di Air France, volesse intervenire lo potrebbe fare attraverso una offerta pubblica migliorativa rispetto a quella. Pertanto, ritengo che sia stata assicurata la trasparenza e che gli interventi estemporanei verificatisi abbiano una matrice e una natura di stampo puramente elettorale, quindi ancora più grave. Da qui deriva la domanda che intendo rivolgere al Ministro, chiedendogli se, come titolare e azionista di maggioranza di Alitalia - in considerazione del fatto che proprio interventi irresponsabili, a mio giudizio, di personalità politiche hanno determinato andamenti assolutamente inaccettabili nelle quotazioni di borsa, con sospensioni sia al rialzo che al ribasso -, sia intervenuto presso gli organi competenti, perché si possa chiarire quale sia stato lo sviluppo della situazione. È evidente, infatti, che in queste operazioni qualcuno ci ha perso e qualcuno ha avuto anche rilevanti plusvalenze. Dio non voglia che si debba poi scoprire che queste plusvalenze sono andate a finire a qualche amico di amico.
Ebbene, vorrei capire se siano stati compiuti dal Governo i passi necessari affinché venga chiarito chi ha dato origine a queste vendite o acquisti massicci, causando così grandi oscillazioni nella quotazione di Alitalia. Questa è la mia domanda per il Ministro Padoa Schioppa.
Al Ministro Bianchi vorrei rivolgere un'ulteriore domanda.
Ministro, lei ha parlato del piano aeroporti. Credo che un simile piano abbia senso se serve ad aumentare la competitività tra gli aeroporti. Non vorrei che, invece, dietro di questo ci fosse anche un'idea un po' dirigista di definire dove devono andare, al di là del mercato, le correnti dei traffici verso gli aeroporti. Ad esempio, riterrei inaccettabile che si costringesse un cittadino veneto o delle province di Verona, Trento, Brescia e Mantova a recarsi a Malpensa pur avendo aeroporti che funzionano e sono in linea con il mercato.
Desidero infine fare un'ultima annotazione politica. Prendo atto che chi in campagna elettorale si dichiara a favore dell'eliminazione delle tasse qui avanza proposte che vorrebbero far pesare ancora per molti anni sui contribuenti la situazione di Alitalia e che il collega Gibelli è addirittura diventato il paladino dell'identità nazionale, cosa che per la Lega è sorprendente.

ANTONELLO FALOMI. Non credo che sia possibile imputare al percorso di vendita, come descritto dal Ministro Padoa Schioppa, una mancanza di trasparenza o una scarsa correttezza. Ritengo infatti che nella prima e nella seconda fase delle procedure qui illustrate dal Ministro sia stata data a tutti la possibilità di partecipare, di avanzare offerte e di acquisire tutti i dati necessari per poterle formulare.
Se c'è da fare una critica non è su questo terreno, come ho sentito nel corso della discussione. Una critica potrebbe invece essere mossa all'impostazione di fondo lungo cui ci si è mossi, come se l'unica strada percorribile per risanare,


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sviluppare e rilanciare Alitalia fosse quella della sua vendita e come se per principio fosse impossibile trovare un management capace di risanare l'Alitalia senza ricorrere alla vendita.
È stato affermato che i manager hanno avuto le mani legate dai sindacati. Io so invece che nel corso di questi anni i sindacati hanno accettato numerosi piani di ristrutturazione da parte di management che venivano di fronte alle Commissioni parlamentari a spiegare quanto fosse importante trasferire oltre 100 voli intercontinentali da Fiumicino a Malpensa. È sufficiente rileggere gli atti parlamentari per capire che le responsabilità di quanto è accaduto non dovrebbero essere scaricate continuamente sulle organizzazioni sindacali, ma attribuite ai manager.
Ciò non significa, come dimostrano tante aziende pubbliche ancora esistenti o le privatizzate funzionanti, che non esistano manager capaci di perseguire gli obiettivi di risanamento e di sviluppo oggi perseguiti attraverso la vendita di Alitalia.
Siamo arrivati a questo punto e non credo si possa tornare indietro. Il piano di Air France vale complessivamente 9,5 miliardi di euro tra ricapitalizzazione, acquisti, debiti e investimenti. Se qualcuno vuole proporsi, questa è la cifra che deve mettere sul tappeto. Sarà possibile in sede di offerta pubblica o di scambio di acquisto intervenire anche a conclusione di questo iter, ma si deve partire da qui.
Per quanto poi concerne i costi dell'operazione, vorrei chiedere al Ministro di quantificare gli oneri che saranno posti a carico dello Stato in termini di ammortizzatori sociali e di prepensionamenti. Anche questo è un ulteriore elemento di valutazione che deve essere messo sul tappeto per poter procedere.
Del piano di Air France non accettiamo la scelta di escludere tutto il settore di AZ Service. Devo dire che il Governo ha aiutato Air France nel compiere questa scelta, perché già nel dicembre 2006, quando partì la prima fase della procedura, aveva escluso dal perimetro di Alitalia AZ Service. Considero questo un errore inaccettabile, così come pure la chiusura del servizio cargo.
Poiché è in corso una trattativa con le organizzazioni sindacali, ritengo che su questi punti debbano essere date risposte chiare, considerato che si tratta di migliaia di posti di lavoro.
Credo che la questione Malpensa debba essere divisa da quella di Fiumicino. Ripeto, molti anni fa ero fra i pochi, di fronte agli autorevoli manager dell'Alitalia, a sostenere che l'operazione di trasferimento da Fiumicino a Malpensa sarebbe stata un fallimento.
I fatti lo hanno dimostrato e quindi oggi vi è l'esigenza di separare le sorti di Malpensa da quelle dell'Alitalia.
Naturalmente, questo non significa lasciare Malpensa alla deriva. Il Governo deve compiere ogni sforzo per realizzare la qualificazione dell'aeroporto internazionale di Malpensa, promuovendo ogni iniziativa necessaria a sostenere questo obiettivo e considerando il problema riguardante sia i lavoratori oggi messi in cassa integrazione, sia i 5-6 mila lavoratori precari sui 16 mila complessivi, cui il contratto potrebbe non essere rinnovato. Auspico che vi sia una forma di sostegno al reddito anche per questi ultimi, non essendo possibile accettare così questa situazione.
È in corso una trattativa e bisogna evitare che questa si svolga con la spada di Damocle di tempi fissati come una sorta di Diktat. Si deve garantire il tempo necessario per concludere positivamente la trattativa, con la soddisfazione di tutte le parti interessate.

PRESIDENTE. Iniziamo il secondo ciclo di interventi, che sarà sicuramente più breve.

ENZO RAISI. Non vorrei ribadire considerazioni già precedentemente espresse dai colleghi, ma anch'io devo dichiararmi amareggiato per le espressioni usate dal Ministro Padoa Schioppa nei confronti del Parlamento e dei suoi rappresentanti.
Non ho mai amato i professori prestati alla politica, signor Ministro, anche perché


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spesso confondono queste Aule con le aule delle università; deve sapere che qui tanti non vivono solo di politica, ma hanno una loro professionalità (magari in campi diversi dal suo) e chiedono rispetto per quello che sono, che rappresentano e che hanno rappresentato anche nella propria storia professionale.
Da ex dirigente di azienda, oggi sono venuto qui alzandomi alle cinque del mattino per capire quale fosse il piano industriale di Alitalia; dalle domande poste dai miei colleghi apprendo di non essere l'unico a non aver compreso e infatti la sua relazione di tutto tratta tranne che di un piano industriale.
Al di là dell'ottima cronologia storica, da parte del Parlamento e soprattutto dell'opposizione emergono dubbi sulla trasparenza di questa operazione, di cui i sindacati sono stati i primi a denunciarne la mancanza. Ancora oggi le informazioni fanno fatica ad emergere.
Un collega prima mi ha anticipato; avevo sorriso quando si era affermato che il tentativo dell'opposizione di allungare i tempi sarebbe gravato molto sulle bollette degli italiani, mi domando quanto costeranno gli oneri sociali da pagare quando molta gente andrà in cassa integrazione o verrà licenziata. Già oggi li paghiamo con Malpensa. Ancor prima di avere dato avvio all'operazione di vendita di Alitalia ad Air France, quella posizione ha già portato alla dismissione di Malpensa, alla messa in cassa integrazione di migliaia di persone, per le quali la collettività - non Air France - paga gli oneri sociali. Si spiega così la paura e il timore, credo legittimi, da parte di tutti noi nonché l'esigenza di capire esattamente costi e benefici dell'operazione.
Non ho preclusioni di alcun tipo. Sono venuto qui con la mente molto trasparente e molto chiara, aperto a qualsiasi tipo di ipotesi. Ho vissuto l'epoca di Swissair e Sabena e affermo di non avere un'idea così negativa anche nei riguardi di soluzioni così radicali. Vorrei capire - in questo momento in cui sono rappresentante del Parlamento e di interessi pubblici, non certo aziendali - quali siano realmente i numeri e dove risiedano i costi e i benefici di questa operazione. Dal suo intervento, signor Ministro, non l'ho capito.
L'unica cosa certa a tutt'oggi - lo ripeto - è che abbiamo perso l'hub di Malpensa, che abbiamo oltre mille persone in cassa integrazione e che tutti hanno sorriso quando abbiamo vinto l'assegnazione dell'Expo 2015, perché ci siamo chiesti che cosa accadrà ora con Malpensa.
Ricordo che quella sera, guarda caso, partecipavo a una cena pre-elettorale con imprenditori dell'Emilia-Romagna, i quali hanno applaudito alla vittoria di Milano. Tutti quanti, però, si sono detti: «E adesso, con Malpensa, che cosa si farà?». Da imprenditore dico che compiere certe operazioni e non avere in contemporanea la proposta alternativa porta a pagare costi imprevedibili e questo è un aspetto che preoccupa.
So benissimo che il problema viene da lontano. Non attribuisco grosse responsabilità dirette a questo Governo, tranne quella di aver iniziato ad affrontare questa problematica con insufficiente trasparenza. Del resto, tutti sapevamo che la prima gara d'appalto sarebbe andata a finire come poi, effettivamente, è finita.
Hanno cominciato i sindacati, non l'opposizione, a denunciare la non trasparenza della trattativa. Ancora oggi, nel suo intervento, signor Ministro, lei non ha chiarito alcune delle domande che qualsiasi imprenditore - in questo caso un imprenditore che tutela gli interessi della collettività - si porrebbe.
Auspico e spero che nella sua replica voglia rispondere alle tante domande che oggi si è sentito porre dai parlamentari: si tratta di domande pragmatiche, stringenti, che vanno veramente al cuore del problema.
Colgo l'occasione - mi riallaccio a quanto detto dal Ministro Bianchi sulla sicurezza degli aeroporti - per ricordare ai presenti che la città di Bologna, in cui vivo, in questo momento è investita da un grave scandalo che riguarda i servizi aeroportuali. Ebbene, ieri mi sono presentato


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alla conferenza stampa del direttore generale dell'ENAC di Bologna e l'atteggiamento di questo dirigente, che dovrebbe tutelare la sicurezza dei cittadini all'aeroporto di Bologna è stato - non vorrei adesso esagerare i toni - da trattamento sanitario obbligatorio. Dico solamente che tutti i giornalisti si sono alzati e se ne sono andati, tanto questa persona ha veramente vaneggiato nelle proprie dichiarazioni. Non si tratta del primo episodio, ma di una costante.
Se penso che questa persona è al vertice di un organismo che dovrebbe tutelare la sicurezza dei cittadini dell'aeroporto nella mia città, dico sinceramente di essere molto preoccupato.
Le chiedo pertanto in questa sede, signor Ministro, di effettuare una verifica, nonostante sia già stata condotta un'indagine dell'ENAC. A mio giudizio, al riguardo esiste proprio un problema sanitario. I giornalisti di tutti gli orientamenti, lo ripeto, si sono alzati e se ne sono andati: da la Repubblica a Il Resto del Carlino. Quindi, non si tratta di un fatto politico. Forse, anche la paura di un coinvolgimento nell'attuale azione giudiziaria ha sottoposto ad eccessiva pressione psicologica la persona. Vedo che il Ministro annuisce ed ha capito di che cosa sto parlando. In effetti, la situazione sta andando oltre ogni limite.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor presidente, vorrei avere qualche minuto di tempo per esprimere alcune valutazioni sintetiche su un sistema estremamente complesso.
Signor Ministro Bianchi, il suo piano dei trasporti non è attuabile! Dal 1o aprile 1997, a fronte delle direttive comunitarie che risalgono a questa data, è fuori dalle capacità di qualsiasi tecnicismo giuridico ricomprendere le dichiarazioni che lei ha fatto.
Signor Ministro Padoa Schioppa, oggi per me diventa difficile non condividere la seguente frase, pur proveniente da persone da me distanti: «accusiamo politicamente il Governo di aver precostituito in qualche modo le condizioni perché al termine della trattativa ci fosse un solo interlocutore al tavolo».
Lei è venuto, molte volte sollecitato, di fronte a questo Parlamento e ora deve assumersi la responsabilità di tutti questi passaggi, comprese le perdite di Alitalia. Avevamo detto che i manager da lei difesi presentavano piani che non erano tali, poiché facevano acqua da tutte le parti. Basta leggere i resoconti stenografici, laddove dicevamo che la gara sarebbe stata un fallimento. Così è stato.
Io non appartengo né al partito pro o né a quello contro Air France. Appartengo al partito di coloro che vogliono difendere gli interessi generali del Paese. Mi rendo conto che, da parte di alcuni esponenti del Governo, è stata operata una mistificazione. Coloro i quali hanno agito su Malpensa, anziché pagarne le conseguenze, oggi rigettano ogni responsabilità e prendono quanto è accaduto come causa giustificativa per un'azione da me non condivisa.
Inoltre, il Governo non ha messo il Parlamento nelle condizioni di compiere una valutazione economica dell'intera operazione, di cui non conosciamo il costo per lo Stato italiano.
Forse gli imprenditori non si fanno avanti perché hanno capito che con questo Stato molte volte è meglio andare cauti. Le privatizzazioni, ad esempio, si eseguono in modo tale che al momento della vendita di un asset dello Stato, quest'ultimo rimette ancora qualcosa, anziché ricavarne un utile. Si tratta di un'assurdità! Anziché pagare, chi porta la responsabilità di questa situazione oggi viene a presentarci la situazione stessa come legittimazione ad agire. Il Governo qui presente sa che il Paese Italia ha due compagnie aeree? Sa che esistono due compagnie aeree di proprietà dello Stato italiano?
Quello che lei dice, signor Ministro Padoa Schioppa, è seriamente preoccupante e per nulla condivisibile. Non sono tra coloro i quali vanno ad abbeverarsi al «santuario» dell'economia, ma, pur non essendo un professionista della politica, vado ad abbeverarmi al «santuario» della professionalità della politica.


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Oggi parliamo di Alitalia. Ebbene, sono stanco di vedere il mio Paese sbeffeggiato su problemi di mozzarelle o di rifiuti e uno Stato che, di fronte ad una situazione come quella di Alitalia, non ha la dignità né la capacità di risanare una propria azienda.
Non siamo la quinta potenza industriale del mondo, bensì la quinta potenza tra le «repubbliche delle banane», per cui traiamo le conseguenze di una mancanza di capacità di intervento! Lei dimentica che sono più di cinque anni che i rappresentanti di Alitalia stanno nel consiglio di amministrazione di Air France; che Spinetta era nel consiglio di amministrazione di Alitalia; che gli stessi amministratori delegati che allora sedevano tra gli stessi banchi, oggi sono i consulenti della controparte.
Sussiste, poi, il problema del tecnicismo: un sistema di privatizzazione come quello realizzato non è applicabile. Manca infatti un dato che lei avrebbe dovuto fornire al Parlamento, ovvero a quanto ammonta la valutazione economica di uno slot.
Sarebbe sufficiente andare a vedere come si sono comportati Alitalia e AirOne nell'acquisto di Volare; in quel caso si rilevava una situazione di grande esposizione finanziaria, ma esistevano anche alcuni slot in gioco. Sarebbe sufficiente un calcolo approssimativo per capire di che cosa stiamo parlando, di quale sia il valore delle cose di cui continuate a parlare. Quando sento dire che gli slot vengono trasferiti da una compagnia aerea all'altra, devo ricordarvi che si tratta di veri e propri elementi trattati a livello internazionale, che vanno ridiscussi con i Paesi controparte. Non è possibile appigliarsi al vettore comunitario. Infatti, alcuni Stati dell'Estremo oriente, ad esempio, non riconoscono l'Unione europea.

PRESIDENTE. Onorevole Pedrini, la invito a concludere.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Ho quasi terminato il mio intervento. Voi avete stabilito il tempo degli interventi. Ho capito che c'è l'inciucio e che non volete far parlare i dissenzienti.
Signor Ministro, ho qui una dichiarazione del suo Ministero. Non le cito tutte, perché altrimenti il presidente Meta mi riprenderebbe. Cito solamente il caso di 27 capigruppo che sono sotto il controllo, o meglio, il non controllo del Ministero che lei dirige: hanno 508 mila dipendenti, un fatturato di 202 miliardi di euro, con un'incidenza del 14 per cento sul PIL, e sono sostanzialmente controllate solo da tre dirigenti di un suo ufficio.
Sono seriamente preoccupato, perché ho paura che domani parleremo del caso ferrovie. Ho paura che parleremo del fatto che questi dipendenti sono a rischio sotto questi aspetti.
Visto che lei mi obbliga a chiudere, presidente Meta - e lo considero un obbligo -, smettiamola di dire che le cordate non si fanno avanti. Ad alcuni è stato dato l'accesso alla due diligence, ad altri no. Ditemi di che cosa stiamo parlando, in modo tale che si possa fare un'offerta.
Quello di Alitalia è un problema di management. In 15 anni sono state cambiate 15 posizioni partitiche di vertice, con amministratori delegati nominati per 45 giorni.
È un problema di revenue e di margine di contribuzione. L'azienda è perfettamente salvabile. Al momento non mi è possibile, ma sarei in grado di citare i dati che dimostrano che la produttività del dipendente di Alitalia è superiore a quella del dipendente di grandi major internazionali.
Da ultimo, signor Ministro Bianchi, mi appello a lei che viene da una posizione di partito. Per me, cittadino italiano, uomo delle istituzioni, è un dolore vedere in televisione i rappresentanti dei lavoratori che svolgono la loro funzione, portando avanti anche la vostra, ossia quella di porsi il problema di individuare le scelte strategiche, mentre il Governo, invece di stare dalla parte dei nostri lavoratori, sta dall'altra dietro al ricatto politico del fallimento che invece non c'è. È stato, infatti,


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formulato un piano di stand alone, mai tirato fuori e su cui non si è mai discusso.
Pertanto, abbiamo a che fare con un problema di volontà politica. Non si venga ad esultare per l'Expo, né per alcuni investimenti. Alcuni Ministeri non possono fare investimenti per poi compiere scelte completamente contraddittorie. C'è spreco di denaro pubblico; il mancato intervento su Alitalia va contro l'articolo 16 della Costituzione, che dovrebbe garantire il diritto alla mobilità dei cittadini.

PRESIDENTE. Onorevole Pedrini, le ricordo che ha parlato il doppio degli altri colleghi.

PAOLO ROMANI. Signor presidente, mi riconosco in moltissime riflessioni svolte dai colleghi, quindi non voglio ripetermi, anche per lo scarso tempo a disposizione e per il fatto che la sala sta diventando silenziosa.
Signor Ministro Padoa Schioppa, la sua relazione è stata molto deludente. Mi aspettavo francamente meno parole, qualche numero in più e anche qualche piano industriale che lei non ha presentato.
Penso che relativamente ad un argomento così importante, lei sarebbe dovuto venire in questa sede non solo a farci la storia di quello che è accaduto fino ad oggi, che bene o male conosciamo, avendo frequentato le Commissioni e seguito l'attività del Governo. Immaginavamo invece che ci avrebbe dato anche una prospettiva diversa o, quantomeno, che ci facesse capire la linea di indirizzo.
Purtroppo, mi devo soffermare su due passaggi da lei esposti, gli unici centrali della sua relazione. In primo luogo, mi riferisco al punto nel quale afferma che Alitalia «ha perduto il connotato costitutivo dell'impresa e che in senso tecnico dovremmo definirla come un'azienda di consumo, al pari di una famiglia o di un'opera benefica». Quindi, non siamo più di fronte ad una azienda.
Il secondo riferimento che vorrei sottolineare è quello nel quale, menzionando la legge Marzano, afferma che «Alitalia non è Parmalat: mentre quest'ultima era industrialmente sana e in gravissima crisi finanziaria, Alitalia ha un indebitamento del tutto fisiologico ma un conto economico cronicamente in rosso». Ebbene, la vorrei contraddire su questa seconda definizione.
La prima mi piace così poco che non vorrei neanche contraddirla. Francamente, infatti, sentire in apertura da qualcuno che si presenta come il primo responsabile dell'economia nazionale una definizione così apodittica su uno dei patrimoni del nostro Paese, mi fa dire di essere andati un pochino in là. Lascio perdere la polemica sulle ultime parole dell'ultima pagina. Tuttavia, quanto al fatto che l'Alitalia non sia più un'azienda e che non sia più industrialmente praticabile, vorrei contraddirla esponendo alcuni punti.
In primo luogo, lei sicuramente sa che alcuni grandi Paesi europei, Francia e Germania in questo caso (vale a dire Air France e Lufthansa), hanno un controllo del traffico interno tra il 78 e l'82 per cento. Nel nostro caso, invece, si arriva solamente al 45 per cento. Questo è un punto critico e la criticità dell'Italia è sempre stata legata ad esso.
Gli altri Paesi, in barba all'Europa - diciamo le cose come stanno -, hanno protetto le loro compagnie di bandiera, con tanto di colori nazionali sulla pinna verticale, e hanno fatto in modo che alla fine di questa gigantesca crisi, che c'era già prima, innescata con l'11 settembre e proseguita anche successivamente, queste aziende abbiano mantenuto il controllo del traffico interno. Poi si avventurano sui collegamenti internazionali - può andare bene uno, può andare male l'altro -, ma alla fine l'azienda resta in piedi.
In secondo luogo, lei cita il caso di Swissair e di Sabena, ma queste sono le compagnie di due piccoli Paesi, che non hanno - guarda caso - un traffico interno e che sono fallite immediatamente nel momento in cui si è aperta la grande crisi internazionale. Peraltro, giustamente sono fallite, perché non hanno neanche questa possibilità. La Swissair è una compagnia svizzera, la Sabena è belga. Come avrebbero potuto portare a casa un pareggio


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d'azienda con un mercato interno così ridotto? Per forza dovevano avventurarsi solamente sulle tratte internazionali.
Per di più, l'Italia ha un altro patrimonio forte: la tratta Milano-Roma è una vena d'oro che non ha nessun Paese, perché in quasi nessun Paese c'è una capitale politica e una capitale economica come nel nostro, con un passaggio continuo. Per chiunque la gestisca, fosse anche il peggior manager, la tratta Milano-Roma è industrialmente sanissima. Quindi, quando lei afferma che Alitalia non sta in piedi industrialmente e che è molto peggio della Parmalat, a mio avviso, dice una cosa inesatta.
Tralascio, perché abbiamo poco tempo, il problema di Malpensa. Dico solo che mi sembra che la scelta di Fiumicino sia solamente un favore fatto ad Air France, la quale deve proteggere il suo hub Charles De Gaulle. Quindi, si butta via Malpensa e la si riduce.
Questa mattina qualcuno ha detto che sicuramente non è stato risolto bene il problema di Linate-Malpensa. La Lombardia, forse, o la città di Milano, in alcuni passaggi, avrebbero dovuto mostrare più coraggio, ovvero privilegiare Malpensa e fare in modo di avere il famoso City Airport. C'è stato sicuramente qualche passaggio in proposito.
Tuttavia, oggi distruggere Malpensa e ridurre l'Italia all'hub Mediterraneo, ovvero Fiumicino, salvaguardando quello di Charles De Gaulle è una scelta che va nella direzione di un solo tipo di partner.
Pertanto, signor Ministro, sono molto deluso e molto preoccupato. Chiedo al Governo un atto di responsabilità. Abbiamo abbandonato, in questi anni, comparti strategici del sistema-Italia. Abbiamo tralasciato troppi comparti e siamo diventati un Paese di servizi. Forse diventeremo un Paese del turismo, ma non lo siamo ancora. Sicuramente siamo un Paese di serie B in molti comparti economici.
Mi auguro, e le chiedo, che questo non avvenga anche per il comparto del trasporto aereo.

PRESIDENTE. Onorevole Floresta, il suo intervento non dovrà superare i tre minuti perché si tratta del terzo da parte del gruppo di Forza Italia.

ILARIO FLORESTA. Signor presidente, questo è il mio ultimo intervento, anche in qualità di parlamentare. Lo faccio volentieri, è una mia libera scelta. Se potessi contribuire a far sì che questo vergognoso, ennesimo misfatto socioeconomico che sta accadendo in Italia fosse evitato, ne sarei ben felice.
Condivido appieno quanto detto dai miei colleghi dell'opposizione intervenuti precedentemente, Romani, Gibelli, Uggè ed altri. Però, vorrei ugualmente esprimere una considerazione e rivolgere due domande velocissime.
Ministro Padoa Schioppa, abbiamo assistito a questo «film» diverse volte. Le aziende che gestiscono servizi che rappresentano lo sviluppo socioeconomico dell'Italia - vedi il trasporto aereo, le telecomunicazioni e quant'altro - non possono essere non sottoposte ad un controllo continuo e costante da parte della politica italiana.
Vi ricordate quello che è successo con Italtel? Erano società sane. Vi ricordate ciò che è successo con Telettra, con accordi sindacali che avrebbero incrementato, implementato il personale? Sono stati smantellati nel giro di pochi mesi. L'intero fatturato, le commesse assorbite da Alcatel per quanto riguarda Telettra: nonostante gli accordi sindacali, tutto è scomparso.
Air France dovrà per cinque anni mantenere il logo e quant'altro, ma ci smantellerà. Credo che non valga la pena.
Desidero quindi porre due domande, una delle quali al Ministro Bianchi, che stimo moltissimo e con il quale ho collaborato. Vorrei sapere se ritenga che nell'attuale evoluzione del traffico aereo nazionale e internazionale, alla base del futuro sviluppo dell'Italia, con queste condizioni noi italiani, lei futuro Ministro o altri ministri, o altri presidenti dell'ENAC potranno ancora dettare legge, se la politica italiana potrà ancora intervenire nel


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traffico aereo nazionale e internazionale in seguito all'accordo che stiamo per firmare.
La seconda domanda è rivolta al Ministro Padoa Schioppa. Corrado Passera è uno dei più illuminanti manager che conosca, eppure con Carlo Toto era convinto che il piano di AirOne potesse andare avanti. Vorrei sapere perché si siano appellati prima al TAR e poi al Consiglio di Stato e capire perché AirOne sia stata messa da parte.
Fino a pochi giorni fa Corrado Passera affermava di poter accedere all'acquisto di Alitalia. Non possiamo svendere la nostra compagnia di bandiera. Personalmente, dalla lontana Sicilia per trasvolare l'oceano o forse anche le capitali europee devo andare a Parigi, pagandomi la tratta Catania-Parigi. Credo che certi servizi universali per i cittadini debbano essere sempre controllati.
Anche un operatore straniero potrebbe comprare Alitalia, ma non un operatore che compie lo stesso servizio. Nella mia società di telecomunicazioni, partecipata dalla STET, ho avuto un'esperienza analoga e so bene cosa significhi essere fagocitato da chi è più forte. Nel mio piccolo ho vissuto la stessa esperienza e auspico una riflessione affinché il prossimo Governo, sia di centrodestra - come sarà - sia di centrosinistra possa, al di là dei 200 euro pro capite (ne stiamo perdendo molti di più con i rincari), rinviare l'operazione di qualche mese; ciò, al fine di svolgere le appropriate considerazioni affinché Alitalia possa restare una società governata da italiani e stranieri che perseguano lo sviluppo di una compagnia di bandiera, senza ritenerla un fardello da spacchettare e buttare al macero, come accaduto a Italtel e altre grandi società.

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi. Passiamo alle repliche. Sono state poste numerose questioni, ma in via prioritaria suggerirei di rispondere ai quesiti e alle domande posti dai parlamentari ancora presenti.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Non ho fatto l'appello, ma cercherò di rispondere alle domande che mi pare riguardino la parte più strettamente relativa al settore dei trasporti.
Devo fare una breve premessa su un paio di accenni fatti a una mia posizione in contraddizione con quella del Ministro Padoa Schioppa, per cui qualcuno ha persino parlato di bacchettate. Ovviamente non mi sarei mai permesso di bacchettare l'illustrissimo collega, nonché amico Tommaso Padoa Schioppa, ma vorrei chiarire che si sarebbe potuto o dovuto portare avanti una trattativa in parallelo con l'altra compagnia che aveva presentato l'offerta, ovvero AP Holding.
Questo era un mio auspicio, credo condiviso da chiunque ritenga che da una trattativa con due offerte sia possibile ricavare un prezzo migliore. Avevo però già detto alcuni giorni fa, appena è stato sollevato il problema, che si è trattato di un'esplicita richiesta avanzata sia da Air France che da AP Holding di avere una trattativa riservata. Nessuno dei due accettava infatti in sede di passaggio tra l'offerta non vincolante e quella vincolante di poter essere lasciato in concorrenza. Di questo si è dovuto prendere atto.
I problemi più strettamente legati ai trasporti sono sostanzialmente due, uno dei quali, che rimane comunque aperto e al quale si dovrà dedicare con grande attenzione il prossimo Governo e in particolare il prossimo Ministro dei trasporti, riguarda Malpensa; il suo progressivo impoverimento di ruolo è dovuto a una scelta errata o anzi finta, che ha indotto a ipotizzare che Alitalia potesse avere due hub in questo Paese. Un aeroporto è un hub non per investitura divina o per dotazione naturale, ma perché una o più compagnie lo scelgono come riferimento.
Quando si è stabilito che Alitalia avrebbe diviso i suoi voli tra Fiumicino e Malpensa si è commesso nella migliore delle ipotesi un errore di valutazione, perché la struttura complessiva, il peso, il controllo del traffico aereo soprattutto internazionale di Alitalia non poteva consentire una scissione di questo genere, tanto che il giorno seguente è cominciata una secca remissione da parte della compagnia


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Alitalia nella gestione di Malpensa. I 200 milioni l'anno di cui parliamo oggi provengono da quella scelta.
Poi si sono aggiunti fatti collaterali, quali la mancanza di adeguati collegamenti soprattutto ferroviari con la capitale.
Solo il 40 per cento dei passeggeri che originano dalla città di Milano usa Malpensa, mentre l'altro 60 per cento usa Linate, e solamente il 10 per cento dei viaggiatori dell'intera area che gravita nella Lombardia usa Malpensa. Aver mantenuto un'insostenibile sovrapposizione di funzioni tra Linate e Malpensa è stato l'altro elemento che ha determinato questa situazione.
Se questa trattativa con Air France si concluderà, sarà scelto il solo hub di Fiumicino e Malpensa dovrà riprogettare il proprio ruolo. Ho cognizione diretta del fatto che la società di gestione di Malpensa e diverse compagnie aeree stanno già pensando al ruolo che Malpensa deve rivestire, avendo la straordinaria occasione di trovarsi a ridosso di un bacino di traffico, soprattutto di affari, senza paragoni. Se quindi venisse gestita in maniera oculata e con criteri imprenditoriali, potrebbe diventare una struttura profittevole.
A questo si riferisce il piano degli aeroporti. Non so perché l'onorevole Pedrini mi impedisca in termini di legge di pensare a un piano degli aeroporti, ma in tutti i Paesi dell'Occidente europeo esiste una politica del trasporto aereo che tra le concessioni con i gestori aeroportuali e la gestione dei diritti di traffico soprattutto internazionali, tra la politica di attivazione e disattivazione di aeroporti, realizza piani degli aeroporti.
È auspicabile l'armonizzazione di un sistema cresciuto in maniera incontrollata, per cui 50 aeroporti sparsi sul territorio nazionale spesso svolgono funzioni sovrapposte; basti pensare alla direttrice della via Emilia (Parma, Reggio Emilia, Bologna), a quelli di cui ho detto prima, collocati uno ogni 60 chilometri, tra Torino e Venezia. Questo può essere interpretato come un ampliamento dell'offerta, quindi come un fatto positivo, oppure come una concorrenza spesso sul nulla. Si tratta dello stesso discorso che abbiamo spesso affrontato in relazione ai porti.
Per quanto riguarda la legge come costi insorgenti, vi invito a considerare che nella gran parte dei piccoli aeroporti l'arrivo di un vettore (che consente all'aeroporto di vivere) è fatto sulla base di contribuzioni erogate da istituzioni locali non solo per lo start up, ma anche per la gestione. Soldi della comunità che vengono investiti. Nulla da eccepire se sono investiti adeguatamente, con una redditività di ritorno e con un buon servizio. Spesso, tuttavia, ciò non accade.
Ebbene, a me sembra che un piano degli aeroporti (non inteso in senso dirigistico, mi occupo di programmazione da diverse decine di anni e so bene che questo non serve) rappresenti la maniera per creare condizioni di riferimento per l'azione di soggetti diversi (istituzioni, operatori economici e altri), cioè un'operazione da compiere proprio per rendere più efficace ed efficiente il sistema del trasporto italiano.
Si è accennato ai cosiddetti diritti di traffico. Ebbene, la convenzione che è stata stipulata tra ENAC e Alitalia, il 14 marzo scorso, non contiene niente di straordinario. Una prima clausola garantisce il mantenimento dei diritti di traffico attualmente in capo ad Alitalia alla nuova aggregazione che si verrà a creare. Questo mi pare semplicemente un diritto, attualmente in capo ad Alitalia, che si trascina nella nuova compagine di cui Alitalia entrerà a far parte. La seconda clausola recita che, nel trattare i diritti di traffico a futura memoria, non verranno adoperati criteri discriminatori nei confronti della nuova compagine. Mi pare quasi un'ovvietà da tralasciare, in quanto, se si assumesse un atteggiamento discriminatorio, si compirebbe un'operazione addirittura al di fuori della norma. Non si sarebbe dovuto scriverlo. Certamente si tratta di un invito a essere trattati adeguatamente. Però, la competenza resta interamente in capo all'autorità preposta, che in questo caso è il Ministero degli affari esteri, ovviamente con le implicazioni all'interno


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del Governo. Con questi strumenti, per fortuna, ancora si potrà continuare a compiere operazioni di strategie del trasporto aereo, in relazione anche al processo di liberalizzazione - che si sta portando avanti - dei diritti di traffico. Nessuno, mi pare, con quella convenzione stia appaltando ad Air France-KLM.

SILVANO MOFFA. Se questa garanzia viene meno, Air France che cosa fa?

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Questo bisognerebbe chiederlo ad Air France.
Sto semplicemente dicendo che non si tratta di una clausola da discutere e scrivere. È stata già scritta, depositata e sottoscritta. Evidentemente, sta bene alle parti e a me non sembra che comprometta i diritti dello Stato italiano.
Concludo, in riferimento al cenno dell'onorevole Raisi, per segnalare che la responsabilità diretta della sicurezza negli ambiti aeroportuali non fa capo all'ENAC, bensì al gestore aeroportuale. L'ENAC ha il dovere del controllo e su questo, dal momento che il Ministero dei trasporti, a sua volta, ha il dovere del controllo su ENAC, sarà mia cura presentare immediatamente una richiesta, per capire da dov'è scaturita l'anomalia segnalata.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Cercherò di essere breve. Non riuscirò ad essere esaustivo.
Vorrei ringraziare tutti, anche gli assenti, per l'attenzione con cui hanno seguito la mia presentazione e hanno partecipato al dibattito.
Do avvio al mio intervento con un paio di brevissime premesse. Innanzitutto, c'è un elemento, il fattore tempo, da tenere presente. Certe cose sono già successe e fanno parte del passato. Si può discutere se siano successe le cose giuste, se qualcuno abbia sbagliato. Molti degli interventi che ho ascoltato, in effetti, ricostruiscono il passato e l'ho fatto anch'io, nella mia relazione. Credo che potrei reggere - per così dire - un confronto non solo di un'ora e mezza o due, ma anche di qualche giorno. Probabilmente, mi trovereste d'accordo nel concludere che alcuni passaggi, col senno di poi, avrebbero potuto essere svolti diversamente. Ma il senno di poi viene dopo, non prima, e inoltre non credo che questo sia il tema fondamentale, in questo momento. Mi scuserete, pertanto, se sarò selettivo nelle mie risposte e mi concentrerò sulle cose che hanno a che fare con la situazione in cui versiamo adesso.
Esordisco con una precisazione: non sono professore. Nell'ultimo passaggio della mia relazione ho detto esattamente quello che penso, cioè che considero la politica come l'espressione più alta della partecipazione alla vita associata. Dopodiché, ho detto anche che la politica non è onnipotente. Se con questo ho offeso qualcuno, preciso che non credo che si tratti di un'offesa e mantengo il mio punto di vista. Bene ha fatto l'onorevole Boato a citare Max Weber: in tedesco la parola Beruf non significa solo professione, ma anche vocazione. Quando ho parlato di professione, non intendevo minimamente avere un atteggiamento poco rispettoso della professione politica. Del resto, si parla di «professione di fede» e, comunque, in tedesco la parola ha un significato più ricco, per cui mi sorprendo alquanto che un'espressione rispettosa sia stata presa come poco rispettosa. Non dipende da me e spero che voi abbiate la stessa concezione della politica che ho io.
Una serie di cose che sono state dette, secondo me, appartengono all'aspirazione che la realtà sia diversa da quella che di fatto è. Molti hanno detto, ad esempio, che il problema è il management. Uno di voi ha ricordato che in quindici anni - lo dissi alla Camera, parlando all'Assemblea il 15 gennaio - Alitalia ha alternato nove amministratori delegati, Lufhtansa due, Air France due. Gli amministratori delegati, non c'è dubbio, li ha scelti il Ministero azionista. In realtà li ha scelti il Governo, cioè Governi diversi, considerato che in quindici anni si sono alternate tutte le


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figure politiche che sono sulla scena italiana. Fondamentalmente, hanno sempre sbagliato; questo è da dire.
Ebbene, questa non è stata una considerazione di poco conto nel convincermi che se l'azionista, che ha come fondamentale prerogativa quella di scegliere il management, è cronicamente incapace di esercitare tale prerogativa in modo efficace, è bene che rinunci a fare l'azionista.
Anch'io sogno una circostanza nella quale...

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Si può anche cambiare azionista.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Sì, si può anche cambiare l'azionista. In effetti è cambiato: negli ultimi quindici anni (dal 1993 al 2008) provi a contare il numero di Governi, di ministri e di parti politiche che si sono avvicendati in questa funzione di azionista. Evidentemente qualche cosa, anche da quel lato, operava male.
La conclusione è che l'associazione fra Stato e Alitalia (società particolarissima, come ho cercato di descrivere, diversa da altre grandissime aziende dello Stato, che invece esibiscono storie di molto maggior successo: penso ad ENEL, a Finmeccanica e ad ENI) è sfortunata, per ciò che riguarda sia questo tipo di servizio che questo tipo di società. I motivi ho cercato di spiegarli nella mia relazione.
Una seconda argomentazione sottolinea che avrebbe potuto essere diverso il compratore. È vero, ma c'è stato solo un compratore italiano che ha dato prova di costanza nel suo desiderio di acquistare Alitalia: AP Holding-AirOne, che ha goduto di una lunga fase in cui era l'unico interlocutore del venditore. Da tutti i punti di vista, si potrebbe definirla una sorta di trattativa in esclusiva, poiché dal momento in cui due dei tre rimasti si sono ritirati, fino al momento in cui si è ritirata anche AirOne, sono trascorse alcune settimane. In realtà, si tratta di un periodo non molto diverso da quello che, a un certo momento, si è offerto a Air France.
Chiunque mi abbia ascoltato in precedenti esposizioni sa che ho dichiarato di auspicare fortissimamente che la questione si risolvesse. Figuriamoci se nel giugno del 2007 potevo sperare che quella prospettiva di vendita non si concludesse, per poi cominciarne un'altra, come purtroppo abbiamo dovuto fare! C'è stata, ed è dimostrato dalla relazione che ho fatto, una fase in cui vi stata una due diligence, e in autunno si è verificato un accesso a informazioni riservate da parte dei soggetti che erano in lizza. Quindi, Air One ha avuto due volte questa possibilità.
Il fatto è che l'offerta in un caso è stata addirittura ritirata; nell'altro caso era un'offerta evidentemente meno convincente per il consiglio di amministrazione di Alitalia; era meno convincente sul piano finanziario. In proposito, non è a me che dovete chiedere come mai non c'è stato un vero impegno finanziario, ma lo dovete chiedere a coloro che assistevano Air One in questa operazione.
Inoltre, non c'era neanche una credibile prospettiva di poter attuare quel piano industriale. Non è molto difficile fare un piano industriale - gli economisti, fra l'altro, sono specialisti in questo - in cui semplicemente si ipotizza che la condizione che rende possibile quel piano si realizzi in virtù della fortuna. In questo caso, si ipotizzava nei passeggeri, che non ci sono.
Infatti, se i passeggeri di Malpensa vengono portati a Malpensa in condizioni di forte perdita da Alitalia, perché lì si imbarchino su voli internazionali, non c'è nessuno che cronicamente, salvo lo Stato, che può tassare i cittadini, sia disposto ad operare in perdita, in maniera indefinita, in queste condizioni.
Il Ministro Bianchi ricordava che Malpensa non è, in nessun senso, l'aeroporto internazionale di questo straordinario bacino di utenti che è l'Italia del nord. Non lo è.
Sono state addirittura generose le cifre citate dal Ministro Bianchi. In realtà, le cifre esatte registrano che l'8 per cento dei passeggeri intercontinentali del nord Italia usa Malpensa, il restante 92 per cento si reca a Monaco, Francoforte, Londra, Parigi


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- ciò avviene oggi, non in futuro, queste cose sono state già perdute - e sono il 38 per cento dei milanesi.
Siamo arrivati al punto in cui c'era un solo compratore. Ci siamo arrivati due volte: una volta nel mese di giugno dell'anno scorso, un'altra volta adesso.
È evidente che nell'ultima parte di percorso si parla con un solo interlocutore, altrimenti, sarebbe un'asta fatta completamente al buio. Non si fa un'asta completamente al buio per un oggetto estremamente complicato, per il quale, all'acquisto, si deve comunque associare sia qualche tipo di piano di ristrutturazione, sia la fornitura di alcune garanzie sul fatto che certe esigenze di interesse pubblico siano rispettate.
Credo che in queste condizioni, alla fine, si venda ad uno solo. C'è una fase finale in cui si parla con uno solo. In certi casi va male, in altri va bene. È andata male l'anno scorso; vedremo in queste ore se andrà male con Air France. In questo caso, non c'è un altro compratore. Se ci fosse stato, avrebbe potuto fare un'OPA la settimana scorsa, o 15 giorni fa, o in qualunque momento. Alitalia è una società quotata in borsa sulla quale chiunque può fare un'offerta pubblica di acquisto, in qualunque momento. La trattativa è in esclusiva, ma le azioni sono sul mercato e possono essere acquistate.
Io, naturalmente, sarei stato la persona più contenta - e l'ho anche detto - se ci fosse stato un acquirente italiano con una capacità finanziaria e di ristrutturazione sufficiente a mantenere questa società italiana. Non c'è stato e non lo ha impedito assolutamente nessuno. Quindi, possiamo avere dei rimpianti. Ed io credo di non averne meno di quanti ne hanno coloro che hanno preso la parola, ma a un certo punto i fatti vanno accettati.
Vi è una terza ipotesi di come le cose avrebbero potuto andare diversamente. Molti hanno discusso le condizioni che Air France pone e che sono pubbliche, perché tutto è pubblicato sui siti. Se avessi dovuto descriverle in dettaglio, sarebbe stata una presentazione diversa e molto più lunga. Tuttavia, non credo che il consiglio di amministrazione di Air France le avrebbe fatte proprie nella sua offerta. Air France ha trattato con Alitalia per otto, o forse nove settimane. Quei punti sono stati discussi in dettaglio, uno per uno.
La capacità negoziale di Alitalia, per come l'abbiamo potuta osservare, c'è stata, e c'è stata pienamente. Certo, si tratta molto male quando si ha una società che, in otto esercizi, ha chiuso in rosso sette volte, quando è evidente che una prima procedura di vendita è andata deserta e quando è altrettanto evidente che erano rimasti realmente in pochi anche nella seconda procedura di vendita. Non occorre essere molto addentro alle questioni per capire che un negoziato a due è assolutamente difficile. Però, viene il momento in cui - lo ripeto - in una circostanza di questo genere il negoziato può essere solo a due.
Sono state espresse molte considerazioni su Malpensa. Io non ne ho parlato, perché avrei dovuto estendere troppo la mia presentazione. Comunque, ne ho parlato ampiamente nell'intervento svolto alla Camera. Non tornerò sull'argomento perché in quell'occasione è stato detto tutto, a cominciare dal fatto che il principale veicolo di sottrazione di traffico a Malpensa è Linate, un aeroporto della stessa società che gestisce Malpensa. Perfino in queste settimane, in cui abbiamo ascoltato fortissime voci, anche comprensibili, di dispiacere rispetto a Malpensa, non c'è stata un'offerta concreta di modificare radicalmente l'uso di Linate.
Nei Paesi dove è cresciuto, in condizioni sicuramente più favorevoli delle nostre, un grande hub internazionale, il piccolo aeroporto che precedeva la creazione di quell'hub è stato sostanzialmente chiuso. Orly ha chiuso. Chiunque di voi abbia volato negli ultimi quindici anni sa che, per lungo tempo, non si poteva andare a Parigi e sbarcare a Orly, perché era forzatamente tutto concentrato sull'aeroporto Charles De Gaulle. Orly serviva voli a basso costo. Dopodiché, saturato e affermato il ruolo centrale dell'aeroporto Charles De Gaulle, Orly sta, in qualche caso, adesso, riprendendo certe funzioni.


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Questa cosa era possibile dice anni fa. Non è stata fatta, perché, a furor di popolo, Malpensa, Milano e compagnie aeree estere, per le quali questa funzione di aspiratore di traffico di Linate era preziosissima, hanno ottenuto che Linate continuasse ad operare come sta facendo tuttora. Questa è la principale ragione della difficoltà di Malpensa.
La seconda difficoltà è rappresentata dalle infrastrutture. Anche in questo caso sarebbe necessario raccontare una lunga storia, ma quello che è certo è che oggi si è ripresa in maniera decisa una politica più attiva, volta a colmare il deficit di infrastrutture di accesso.
Credo che questo Governo, in due anni, abbia fatto molto. Tuttavia, come ho scritto nella mia relazione, non è una faccenda che si risolve in un anno o due. Non si può, oggi, fare come se fossimo già nel 2011 o nel 2012.
Tocco alcuni punti che non sono stati già affrontati e che, altrimenti, resterebbero senza risposta. Ho seguito molto attentamente le osservazioni formulate dall'onorevole Cirino Pomicino. Lo schema che lei prospetta, onorevole, è di provare ancora una volta - diciamo così - a far sì che sia lo Stato a fare un'iniezione di capitale e condurre una ristrutturazione con un nuovo vertice della società (Commenti del deputato Cirino Pomicino). Io ho citato un illustre sindacalista. L'alternativa, se ci sarà - ma nulla la lascia intravedere in questo momento -, sarà quella di un altro compratore di cui non abbiamo né il nome, né il cognome, né i progetti, né le manifestazioni credibili di volontà. L'alternativa, quindi, è un sogno.
Vengo al punto che sollevava l'onorevole Boato circa le volontà del futuro Governo. Personalmente, interpreto quella clausola in questo modo: è difficile per una società come Air France andare in un grande Paese ed entrare in una questione che è stata tanto appassionatamente vissuta come quella di Alitalia, in condizioni nelle quali c'è un'esplicita manifestazione di non gradimento da parte di chi governa. Loro avrebbero benissimo potuto non porre la clausola, perché, se questo Governo ha firmato, è chiaro che impegna la Repubblica italiana e quindi anche il futuro il Governo. Invece hanno voluto introdurla per dare una via d'uscita al futuro Governo - l'OPA in realtà si eseguirà, se si concluderà, nel mese di maggio o addirittura nel mese di giugno, quindi quando ci sarà un diverso Governo - che, se si ritirerà, non avrà mancato agli impegni contrattuali assunti per conto dello Stato italiano, attraverso il Governo precedente.
In un certo senso, quindi, si tratta di un regalo, di una facoltà di recesso che Air France ha voluto inserire. Il motivo per cui l'ha fatto è quello che vi ho detto: non si entra volentieri quando si è sgraditi. Peraltro, qualunque figura politica oggi si esprima su questa questione lo fa a nome del Governo italiano che, in questo momento, è quello che conoscete.
Credo di aver risposto all'idea di una trattativa non in esclusiva avanzata dall'onorevole Spini, quindi non ci torno sopra.
Per quel che riguarda l'onorevole Borghesi, credo che egli metta il dito su una questione fondamentale, quella della manipolazione di mercato. Ci sono stati movimenti per ordini di grandezza assolutamente inusitati, ma non sono minimamente in grado di stabilire - la Consob può farlo - chi abbia operato. C'è stata una messa in guardia della Consob e presumo che essa stia approfondendo questo tema.
L'onorevole Falomi ha posto il problema di un diverso manager, sul quale non torno.
Venendo alle domande dell'onorevole Raisi, credo che se volete avere informazioni più dettagliate sul piano industriale, non è a me che dovete chiederle. Ritengo che sia la società a poter informare al riguardo se viene avanzata richiesta su questo punto.
Aggiungo che non conosco nessun caso di privatizzazione, fatta negli ultimi quindici anni, in cui ci sia stata tanta trasparenza come in questa. Andate a rivedere come furono cedute la Comit, il Credito italiano, Telecom e troverete una massa di


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informazioni, di incontri parlamentari infinitamente più limitata di quella che c'è stata in questo caso.
Sono d'accordo su molte delle cose che ha detto l'onorevole Romani. È evidente che uno dei mali di cui soffre Alitalia è quello di avere una quota di mercato limitatissima sul mercato interno.
Ho detto più volte che c'è stata una politica nei confronti della compagnia di bandiera molto poco amichevole in Italia. Questo è uno di quei classici casi in cui occorre essere capaci di fare sistema, coordinando i diversi aspetti (politica delle infrastrutture, politica dei trasporti, degli accessi, degli aeroporti). L'Italia è il Paese delle cento città da diversi secoli e sicuramente paga un prezzo altissimo per la frammentazione che la caratterizza.
Questa situazione noi l'abbiamo trovata; non era modificabile nei tempi in cui si stava esaurendo l'ossigeno di cui Alitalia disponeva.
La questione Malpensa non è un regalo ad Air France. Intanto, teniamo conto del fatto che l'aeroporto Charles De Gaulle non è Air France, la quale è un fortissimo utente di quell'aeroporto. La politica di avere due hub in un Paese di media dimensione come l'Italia è riconosciuta come irrealistica. Quando ho posto tale questione, Spinetta mi ha detto che non avevano grandi preferenze in merito. Tuttavia, conta il fatto che Roma è geograficamente al centro del Paese. In moltissimi casi, anche per tratte interne, bisogna cambiare volo (una persona che intenda recarsi da Trieste a Trapani non avrà un volo diretto, ma dovrà fermarsi a cambiare aereo). È abbastanza logico, quindi - riferisco le sue parole -, che l'aeroporto di transito sia posto fisicamente al centro del Paese. Non so niente di trasporto aereo, ma mi è sembrata un'osservazione convincente.
L'altra osservazione è che Alitalia - piaccia o non piaccia - è un'azienda che ha base a Roma. Non credo che i parlamentari ignorino le difficoltà date dall'eventuale trasferimento del personale.
Si può fare dello spirito sulle camere di albergo prenotate intorno a Malpensa, ma è un fatto che, se si vuole far lavorare le persone in un posto diverso da quelle in cui vivono, in Italia non ci sono molte scelte, per cui questo elemento di costo è difficilmente eliminabile.
Mi fermo qui, scusandomi per essere stato abbastanza lungo nella replica. Credo che dobbiamo avere la consapevolezza che le carte con cui si svolge quest'ultima mano del gioco sono quelle che sono. Se ci fosse ancora tutto il mazzo e le carte fossero distribuite ex novo, ognuno di noi potrebbe pensare che si sarebbe potuto giocare meglio, ma bisogna risalire indietro di una ventina di anni.
Oggi sono rimaste pochissime carte, forse una sola. Dobbiamo ragionare in funzione delle poche speranze che sono associate a queste pochissime carte.

PRESIDENTE. Grazie a lei, signor Ministro.
Aggiungo una sola considerazione. Mi sembra che, pur nelle diverse posizioni e nonostante gli aspetti critici, il clima della seduta sia stato civile e corretto. Ancora una volta, in questa istituzione prevale il senso di responsabilità e, ancora una volta, mi pare che il clima che riscontriamo qui dentro non sia lo stesso che abbiamo registrato fuori su questa vicenda. Grazie e buon lavoro.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,40.