COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
5a (PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 13 giugno 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LINO DUILIO

La seduta comincia alle 20,40.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso PADOA SCHIOPPA, sulla riclassificazione del bilancio dello Stato.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, del ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso PADOA SCHIOPPA, sulla riclassificazione del bilancio dello Stato. I nostri lavori prevedono la presenza dei colleghi della Commissione bilancio del Senato, che saluto, a partire dal presidente senatore Morando; prevedono inoltre la presenza del Ministro PADOA SCHIOPPA che saluto e ringrazio particolarmente perché è di ritorno dal Giappone ed ha fatto un viaggio lungo e faticoso pur di essere con noi oggi. Saluto il Ragioniere generale dello Stato, dottor Canzio, e il sottosegretario Sartor.

ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Intervenendo sull'ordine dei lavori, vorrei fare alcune riflessioni prima che il Ministro PADOA SCHIOPPA illustri la sua relazione. In particolare, vorrei che il Governo ci spiegasse il senso di alcune affermazioni formulate dal sottosegretario Sartor, il quale ha dichiarato testualmente: «Le richieste delle forze politiche e dei singoli parlamentari, anche se legittime, potrebbero compromettere la coerenza complessiva della manovra finanziaria».
Al di là dell'opportunità politica di dare questo «schiaffo» al Parlamento, credo che le affermazioni del sottosegretario Sartor siano false. Vorrei ricordargli - lui sicuramente lo sa perché ha partecipato assiduamente alla predisposizione della legge finanziaria - che gli emendamenti dei parlamentari approvati - a parte il fatto che poi il Governo ha posto la questione di fiducia - sono stati pochissimi. Comunque, riguardo alla presentazione degli emendamenti, la parte del leone l'ha fatta il Governo, il relatore e - se non vogliamo essere ipocriti - i tanti parlamentari che si sono prestati a fare da «prestanome» al Governo, poiché in nome e per conto di alcuni ministri hanno presentato anche loro emendamenti.
A tal proposito, signor ministro, vorrei sfidarla: mi piacerebbe che lei potesse impegnarsi a dire che noi approveremo, anzi, voi approverete la prossima finanziaria senza emendamenti, veri o surrettizi, da parte del Governo e da parte dei ministri.
Vorrei inoltre far osservare in via preliminare - e concludo - che adesso ascolteremo la relazione del Ministro PADOA SCHIOPPA su una circolare che è stata già emanata. Aver impartito questa direttiva, a mio avviso, è politicamente inopportuno e tecnicamente sbagliato. Questo, ancora una volta, la dice lunga sulla considerazione che questo Governo ha del Parlamento. Mi sarebbe piaciuto che il ministro, e il Governo più in generale, avesse auspicato che dal Parlamento, quindi dall'opposizione


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e dalla maggioranza, potessero emergere delle osservazioni utili per aiutare il Governo nell'emanazione di questa circolare.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Le osservazioni contenute nel discorso del sottosegretario Sartor non fanno distinzione fra Governo e maggioranza e non si riferiscono in maniera particolare all'ultima esperienza della legge finanziaria, bensì, sono osservazioni di metodo che guardano al futuro. Mi pare anche di capire che lei condivida in parte tali osservazioni: se chiede al Governo di impegnarsi a non presentare emendamenti alla prossima legge finanziaria, si muove esattamente nella direzione in cui si muoveva il sottosegretario Sartor, al quale posso dare la parola se vuole aggiungere qualcosa.
Per me sarebbe un sogno se non fossero presentati emendamenti. Sfonda, quindi, una porta aperta! I miglioramenti tecnici, di indubbia utilità, debbono essere contemplati poiché, come lei sa bene, la legge finanziaria è un documento che, come i bambini, deve essere un po' ripulito dopo il parto. In merito ai cambiamenti veri e propri proposti dallo stesso Governo sono perfettamente d'accordo con lei.
Riguardo all'altro problema da lei sollevato, sono stato qui il 13 febbraio, quindi quattro mesi fa, e ho tenuto un'intera audizione sul tema della riclassificazione del bilancio. Penso, quindi, di aver beneficiato di quella discussione nell'emanazione di una circolare prevista ogni anno. Quest'anno è uscita, non voglio dire con circa un mese di ritardo, ma insomma in una data di oltre un mese posteriore a quella dell'anno scorso (datata 28 aprile, se ricordo bene). Ci siamo mossi interamente nell'ambito della legislazione vigente e in piena libertà.
In questo caso, il 13 febbraio, vi è stata una prima discussione parlamentare, seguita da una seconda, il 13 giugno. Nel frattempo abbiamo anche letto le conclusioni dell'indagine conoscitiva, con le quali ci sentiamo pienamente in linea: quindi, mi sembra di aver operato normalmente.
Non penso sia opportuno che il Legislativo faccia il lavoro dell'Esecutivo, tantomeno penso sia opportuno che l'Esecutivo faccia il lavoro del Legislativo. L'interazione fra questi due poteri dello Stato non consiste nel fare ognuno il mestiere dell'altro, ma nel comunicare tra loro e nello svolgere ciascuno il proprio mestiere.
A me sembra che la cosa si sia svolta in questi termini.

PRESIDENTE. Chiarite le questioni preliminari, propongo di entrare nel merito della comunicazione che il ministro intendeva fare rispetto al tema che ci vede riuniti questa sera.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Se mi permette, signor presidente, aggiungo che oggi pomeriggio, a firma del sottosegretario Sartor, è stata spedita una lettera all'onorevole Leone, che si è occupato dei rilievi sulla questione della circolare, e per conoscenza all'onorevole Migliore, nella quale lo stesso sottosegretario dà la sua risposta agli interrogativi che sono stati avanzati.
Vengo adesso alla mia presentazione. Sarò molto breve per dare più tempo possibile a coloro i quali vorranno rivolgermi delle domande.
Il titolo della relazione che vi ho consegnato è «Rendere più chiari il bilancio e la finanziaria» e ciò già significa dare un senso all'operazione che abbiamo fatto. Fare un'operazione a legislazione vigente significa non sopprimere alcuna delle funzioni che la legislazione vigente assegna ai capitoli di spesa, ma semplicemente inquadrare la legge finanziaria e il bilancio in una presentazione che consenta di leggere e di capire meglio quali sono le grandi funzioni che vengono svolte.
Vado ad illustrare il contesto relativo alla tavola 4 contenuta nella relazione. Sembra una tavola che dice cose banali, in realtà riguarda il punto cardine di tutta l'azione che stiamo svolgendo, compresa la riclassificazione del bilancio.
Per noi è molto chiaro il fatto che l'economia del Paese ha bisogno di servizi


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pubblici e sociali migliori, più forti di quelli attuali. È chiaro che questo miglioramento richiede risorse. È altrettanto chiaro che queste risorse non possono provenire né da un aumento ulteriore della pressione fiscale - fra l'altro questo è stato detto chiaramente nella circolare di cui abbiamo parlato poc'anzi - né da un'espansione del deficit riferito al debito pubblico.
A Firenze, giorni fa, ho detto che se il debito pubblico italiano fosse la metà di quello che è, avremmo 35 miliardi all'anno da spendere in cose utili: infrastrutture, istruzione, e così via. Ribadisco, quindi, che il debito pubblico deve assolutamente diminuire.
Se le risorse non possono derivare né da un aumento della pressione fiscale né da uno sfondamento dei conti, possono solo provenire da una riqualificazione della spesa e per riqualificare la spesa bisogna rendere chiaro il bilancio. Quello che illustro è un primo sforzo che stiamo facendo in merito.
Il grafico a pagina 5 dà una indicazione della dinamica della spesa pubblica per grandi categorie: consumi intermedi, redditi da lavoro, pensioni e altre prestazioni sociali in denaro, sanità e altre prestazioni sociali in natura. Nel grafico è illustrato inoltre l'andamento della dinamica del prodotto interno lordo nei tre periodi significativi dell'ultimo quindicennio circa: 1993-1995/1996-2000/2001-2006. È evidente, come nel quinquennio 2001-2006 tutte queste componenti di spesa siano cresciute più rapidamente del prodotto interno lordo. La pressione fiscale è aumentata nell'ultimo anno perché bisognava coprire la situazione che si era verificata con la crescita superiore al prodotto interno lordo.
A pagina 6 si intende sottolineare che la mia odierna relazione illustrerà un tassello del programma pluriennale. È uno dei primi tasselli, quindi abbiamo ritenuto di utilizzare il più possibile la legislazione vigente e fare la riclassificazione già da adesso, perché non volevamo perdere tempo. Se avessimo potuto, l'avremmo già fatta l'anno scorso, ma il periodo in cui il Governo è entrato in carica non lo ha permesso.
Questo percorso pluriennale intende riprendere un processo di riforma del bilancio, iniziato già negli anni novanta; rendere possibile il compimento di un'analisi, di una valutazione della spesa; stipulare e poi utilizzare al massimo la riforma del contratto del pubblico impiego, che, a suo fondamento, avrà l'intesa sulla produttività nel settore pubblico firmata a Palazzo Chigi il 6 aprile; riorganizzare coerentemente i ministeri e le pubbliche amministrazioni.
Lo straordinario successo del libro di Rizzo e di Stella - mi dicono che sono state vendute 400 mila copie - non deve a mio giudizio essere frainteso. Secondo me quel libro, che considero uno strumento utile per migliorare la spesa pubblica, illustra problematiche più di costume che di efficienza. Si può immaginare una spesa pubblica suscettibile di economie molto importanti senza alcun fenomeno di costume del tipo di quelli descritti in quel libro.
Riguardo alla ridondanza di uffici, voi sapete che il Ministero dell'economia e delle finanze si accinge a presentare questa settimana al Consiglio dei Ministri un regolamento che prevede la chiusura di uffici in quaranta città italiane, sia per la ragioneria sia per le direzioni provinciali del tesoro. In quei luoghi non c'è nessun malcostume, c'è solo la possibilità di fare lo stesso lavoro con un minor numero di punti sul territorio.
Quando parlo di riorganizzazione dei ministeri e delle pubbliche amministrazioni mi riferisco a questo tipo di fenomeni, non a quelli molto più coloriti che si leggono in quel libro.
Oggi è pronta la nuova struttura del bilancio; abbiamo avviato la revisione della spesa in cinque ambiti importanti: giustizia, interni, infrastrutture, trasporti e istruzione. Abbiamo firmato, come dicevo, l'intesa sul lavoro pubblico e inviato la direttiva all'ARAN. Abbiamo avviato, inoltre, la ristrutturazione di alcuni ministeri, in particolare quella che ho citato adesso.


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Il 13 febbraio ho elencato le tre principali problematiche ancora in via di risoluzione: revisione della spesa pubblica, riclassificazione del bilancio, riesame delle procedure parlamentari. Sul riesame mi sono limitato ad un accenno perché era in questa sede che doveva essere discusso da parte delle Commissioni parlamentari e l'indagine conoscitiva ha svolto esattamente questa funzione. Ho fissato per il 2007 l'obiettivo di rendere più trasparente l'allocazione delle risorse, e di facilitare l'esame da parte del Governo e del Parlamento del bilancio, quindi ho proposto un nuovo bilancio per funzioni obiettivo.
Illustro adesso gli obiettivi e il metodo con cui abbiamo lavorato da allora. Innanzitutto ricordo che il bilancio ha una funzione informativa di rappresentazione delle risorse disponibili, delle loro fonti e delle loro destinazioni; ha una funzione allocativa, cioè quella di disporre la spesa - è lo strumento di decisione politica -; ha una funzione esecutiva nel senso che è lo strumento per la gestione delle risorse allocate.
Il punto di fondo è che l'odierna struttura del bilancio rende difficile individuare l'insieme delle risorse disponibili per perseguire i diversi obiettivi e gli effetti della legge finanziaria sul bilancio.
In una delle mie conversazioni mi è capitato di dire che riguardo al bilancio pubblico noi - Governo e Parlamento - controlliamo il tetto e gli scantinati. Il tetto rappresenta i grandi saldi - li controlliamo sostanzialmente per conformarci alle regole europee - e gli scantinati sono i microemendamenti. Tutto quello che sta in mezzo, cioè quanto spendiamo realmente per la sicurezza, per l'istruzione, per la giustizia, e se lo spendiamo bene - che è la nozione stessa di programmi e di missioni - sfugge alla discussione perché non c'è, alla base, una minima informativa. La discussione, quindi, si rifugia negli scantinati che sono le parti più accessibili e visibili.
Secondo me Questo crea a livello di Governo una notevole frustrazione perché è difficile tenere una discussione incentrata sulle funzioni fondamentali che lo Stato svolge; inoltre, ritengo sia anche difficile per il Parlamento (Commissioni e Assemblea) affrontare una discussione incentrata sulle questioni fondamentali.
Quindi, gli obiettivi che perseguiamo sono volti a facilitare le decisioni di Parlamento e Governo - ripeto ancora che non vedo nessuna differenza fra l'interesse del Parlamento e quello del Governo da questo punto di vista - e ad avvicinare bilancio e finanziaria. La finanziaria è lo strumento attraverso il quale si modifica il bilancio. Bisogna che ci sia congruenza fra questi due strumenti.
Questi sono gli scopi immediati ed io sono convinto che la riclassificazione del bilancio ne renda possibile il raggiungimento da parte del Governo e del Parlamento.
Nel medio periodo gli obiettivi sono una revisione della spesa permanente - bisogna guardare al totale della spesa per diverse funzioni e non limitarsi a ragionare in chiave esclusivamente incrementale, immaginando che la spesa fino all'anno prima fosse giusta e intoccabile e che, quindi si tratta solo di cambiarla un po' -, rendere conto al Parlamento dell'utilizzo delle risorse - è chiaro, infatti, che con questa impostazione il Governo è molto più soggetto al controllo del Parlamento di come non lo sia adesso -, rendere possibile una certa flessibilità gestionale, che si recupera attraverso il controllo sull'esercizio delle funzioni, e una riorganizzazione delle amministrazioni.
La trasparenza del bilancio è una delle questioni su cui tutti gli organismi internazionali ci costringono ad un'imbarazzante difensiva. Per loro, infatti, è facilissimo confrontarci con i francesi, i tedeschi e gli olandesi, e segnalarci il fatto che il nostro bilancio manca di trasparenza. Questa, a mio giudizio, non è una questione di schieramento politico nel senso che interessa la maggioranza perché governa, ma dovrebbe interessare ancor di più l'opposizione perché senza questa trasparenza non è in grado di controllare l'operato del Governo.
Il metodo di lavoro (pagina 11 della relazione) che abbiamo seguito è stato


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quello di utilizzare il più possibile le potenzialità della legislazione vigente. In caso contrario, i tempi si allungherebbero molto; inoltre, se si vuole intervenire sulla legislazione vigente bisogna modificarla dopo averla messa alla prova, dopo averla messa sotto sforzo per vedere quali sono i punti che richiedono un cambiamento. Diversamente, le modifiche della legislazione vigente rischiano di non essere efficaci e di non essere individuate nel modo giusto.
Vi è stata un'ampia consultazione con la comunità istituzionale e scientifica. Peraltro, abbiamo fatto e ricevuto missioni: funzionari ministeriali sono andati a vedere come si opera negli altri paesi; si è svolta una missione del Fondo monetario internazionale e i funzionari hanno lavorato con noi per una decina di giorni; abbiamo fatto riferimento al documento della Commissione bilancio. Tutto questo avviene sotto l'egida e all'interno della Ragioneria generale dello Stato.
È un'operazione interamente svolta dalla Ragioneria generale dello Stato, con una rapidità ammirevole. Noi stessi, infatti, appena tre mesi fa pensavamo che non si potesse effettuare una riclassificazione per quest'anno. Invece, la Ragioneria ha compiuto uno sforzo straordinario e ci sta riuscendo.
È stata avviata una strettissima interlocuzione con tutti i ministeri, per cui la riclassificazione non viene imposta, ma concordata con loro e suggerita da loro. C'è il naturale raccordo con il ministero per l'attuazione del programma.
Passo a presentare brevemente la nuova struttura del bilancio. Le linee generali della riclassificazione sono: passare da un bilancio per centri di responsabilità - chi gestisce le risorse - ad un bilancio per funzioni, cioè cosa viene fatto con le risorse.
Ci sono due livelli di aggregazione. L'intero bilancio viene diviso in un certo numero di missioni - poi farò degli esempi - e in un certo numero di programmi: trentaquattro missioni e centosessantanove programmi.
L'informazione di dettaglio esistente viene interamente mantenuta. I capitoli rimangono attribuiti a singoli centri di responsabilità. La preoccupazione, quindi, che questo elemento della legislazione vigente sia omesso non mi sembra che abbia fondamento. C'è però uno sforzo importante per rendere possibile e incoraggiare una concentrazione del dibattito sui programmi. Il fatto che i centri di responsabilità restino i capitoli non esclude che, dal punto di vista della politica economica e anche dal punto di vista politico, la cosa fondamentale sia rappresentata dai programmi. Quindi, se non si possono guardare i programmi, non si possono guardare le politiche; se non si possono guardare le politiche, non si può far politica. È una magra consolazione poi andare ad inseguire ogni singolo capitolo come centro di responsabilità.
Trentaquattro missioni - pagina 14 - individuano le principali finalità dello Stato, rappresentano profili politico-istituzionali, superano la segmentazione tra amministrazioni - una stessa missione infatti, come vi farò vedere nel prossimo esempio, può avere un perimetro che comprende più di un ministero, o meglio parti di diversi ministeri -, individuano le risorse di settore.
I programmi sono 169, quindi una missione comprende più programmi. I programmi sono specifici dei ministeri. Mentre una missione può essere pluriministeriale, un programma è interamente di pertinenza di un solo ministero. I programmi sono aggregati omogenei di attività, come recita l'articolo 2 della legge n. 94 del 1997.
I criteri generali perseguiti per la definizione dei programmi sono elencati nella tavola a pagina 15. Il primo è indicare quanto più possibile i risultati da conseguire. Questo è un cambiamento fondamentale anche di principio. Alla fine bisognerà valutare in base ai risultati ed è necessario che la discussione sulle risorse sia orientata al risultato e non semplicemente all'input. Gli altri criteri sono: una certa omogeneità in termini dimensionali e di numerosità per missione; i programmi


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non devono essere vincolati all'attuale struttura amministrativa perché questa deve potersi modificare; la denominazione dei programmi deve essere semplice ed evocativa dell'attività.
Questo è un punto che sembra secondario, invece è essenziale. È necessario che ognuno di noi capisca dal nome del programma di che cosa si tratta.
Un esempio su che cos'è una missione, cos'è il programma e quali sono i ministeri implicati è riportato a pagina 16. Questo esempio prosegue nelle pagine successive. Immaginiamo una missione immigrazione e accoglienza che comprende quattro programmi: garanzia dei diritti e interventi per lo sviluppo della coesione sociale; gestione dei flussi migratori; flussi migratori per motivi di lavoro; interventi di integrazione sociale delle persone immigrate in favore dei minori stranieri non accompagnati. Due di questi programmi fanno capo al Ministero dell'interno, gli altri due al Ministero della solidarietà sociale.
Nella vecchia struttura di bilancio (pagina 17) si possono notare le differenze rispetto allo stesso tipo di missione: dipartimento per le libertà civili e le immigrazioni all'interno del Ministero dell'interno; spese correnti e spese in conto capitale; spese di funzionamento per interventi, per oneri comuni e per investimenti. Poi, al quarto livello troviamo parole che cominciano ad illuminarci in ordine alla materia oggetto della missione. Dopodiché, sotto troviamo i capitoli.
Confrontate questa struttura con quella riportata a pagina 18, andate subito alla riga più bassa e troverete i capitoli. Chi ama i capitoli potrà continuare a leggerli, ma chi vuol capire qual è la funzione, qual è la missione e come sono dimensionate le risorse rispetto all'esercizio della missione stessa avrà, nelle parti più alte di questa nuova classificazione, una struttura di bilancio leggibile.
Permettetemi di spendere due parole sulla circolare del 5 giugno 2007, n. 21 (pagina 19). Ne ho già parlato. Ormai questa circolare la conoscete: riguarda il bilancio a legislazione vigente, applica la nuova struttura per missioni e programmi, suggerisce la figura del coordinatore di programma, delinea un percorso tecnico organizzativo che va dal DPEF alla legge finanziaria, preannuncia un atto di indirizzo contestuale al DPEF che specificherà modalità e tempi per la presentazione delle proposte.
Questo è frutto anche di conversazioni tenute con alcuni di voi. È necessario che, nel momento stesso in cui si emana il DPEF, ci sia già un riferimento, successivo alla circolare del 5 giugno, che dia questi indirizzi e che renda più facile la lettura del bilancio e della legge finanziaria che saranno predisposti a settembre.
Un punto essenziale - pagina 20 - è la necessità di avvicinare il bilancio alla legge finanziaria. Oggi questi sono due documenti che non parlano lo stesso linguaggio, anche se uno nasce per modificare l'altro. Qui si vuole avere una struttura speculare, che permetta, per così dire, di calcare la legge finanziaria sul bilancio individuando aggregati di settore, facendo un raccordo fra la disposizione normativa e il programma evidenziando le risorse complessivamente destinate al programma. Dovrebbe essere possibile, a questo punto, con la legge finanziaria capire che vogliamo spendere di più per la ricerca e concentrare lo sforzo su quel settore piuttosto che su un altro in relazione alla struttura per programmi.
A pagina 21 è illustrato un esempio di come la struttura per missioni e per programmi - che vedete nella colonna di sinistra - trova corrispondenza in cifre comprese nel disegno di legge di bilancio, in variazioni che sono inserite nella legge finanziaria, in previsioni risultanti dalle modifiche apportate dalla legge finanziaria. Devo confessare che questi cambiamenti sono di straordinaria utilità e importanza. Noi li avviamo cercando di sfruttare le possibilità offerte dalla legislazione vigente. È evidente che nel tempo potranno esservi miglioramenti, ma aver fatto questo tentativo in maniera piena, significa guadagnare moltissimo tempo e accumulare esperienza in questo campo.


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I prossimi passi - pagine 23 e 24 - consistono nel sottoporre a verifica la struttura del bilancio proposto e nel semplificare la gestione. Una conseguenze di questo lavoro è che ci sarà - penso che anche questo aspetto meriti di essere notato - uno spostamento importante di risorse dal Ministero dell'economia e delle finanze ai ministeri pertinenti, per programmi e per missioni. Quindi, viene, per certi versi, aperto il bilancio del Ministero dell'economia e delle finanze e distribuito ai ministeri competenti.
Passi successivi saranno: redigere un rendiconto generale dello Stato per risultati; costruire un bilancio delle amministrazioni locali e degli enti di previdenza per missioni e programmi; formalizzare la figura del coordinatore di programma; rendere la spending review, che si deve innestare su questa nuova classificazione, una pratica permanente.
In conclusione, ritengo di aver presentato il seguito naturale di quello che ho annunciato e di cui abbiamo discusso insieme il 13 febbraio. Sono raccomandazioni che abbiamo ricevuto dal Fondo monetario internazionale. Tutto questo è in linea con i suggerimenti indicati nella relazione conclusiva della vostra indagine conoscitiva, è in linea con le riforme del bilancio avviato negli anni novanta. Infine, cosa fondamentale - torno alla prima tavola che ho presentato -, tutto questo pone le condizioni necessarie, anche se non sufficienti, per reperire risorse attraverso l'esercizio dello spendere meglio, anziché dell'esercizio dello spendere di più che vuol dire o sfondare il patto di stabilità o imporre nuove tasse agli italiani.

PRESIDENTE. Do quindi la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIANFRANCO CONTE. Signor ministro, io credo che avrebbe dovuto avere più coraggio. Innanzitutto, per quanto riguarda l'esame dell'impianto, noi ci lamentiamo perché - come lei ha detto - la circolare lo scorso anno era uscita il 28 aprile e questo anno è uscita il 5 giugno, ma c'erano comunque i tempi per una informativa alle Camere prima della sua emanazione.
Detto questo, ho avuto modo di guardare la nota di Jean-Paul Milot, direttore generale per la modernizzazione dello Stato del Ministero dell'economia e finanze francese. I francesi hanno avuto il coraggio di fare un passo avanti costituendo lo stato patrimoniale, l'attivo e il passivo. Successivamente hanno impostato le tavole che riguardano gli input e gli outcome. Si sono interessati soprattutto di chi spende cosa e come lo fa. Mi pare che la sua sia obiettivamente un'operazione di facciata, perché si tratta di spostare in alto le missioni che erano invece, nello stato, a bilancio vigente, posizionate poco sopra i capitoli di bilancio.
Noi ci ritroveremo quindi in una situazione nella quale sostanzialmente, quando arriveremo a votare il bilancio in Commissione, vedremo tutta la struttura fino ai macroaggregati. Questo significa che parleremo ovviamente delle missioni, dei programmi, arriveremo ai macroaggregati, ragioneremo su funzionamenti, interventi ed investimenti, come è ben chiarito nella sua circolare n. 21 del 5 giugno, e poi ci fermeremo. Lei avrebbe dovuto avere più coraggio soprattutto intervenendo nella modifica della legge n. 94 del 1997, soprattutto all'articolo 4, comma 2, nel quale si parla dei centri di responsabilità.
Debbo riconoscere che nella sua nota si individua la necessità di riformare in futuro la pubblica amministrazione - mi piacerebbe sapere quando questo verrà fatto - e si parla anche della necessità di prevedere il coordinatore del programma. I centri di responsabilità erano collocati poco sopra i capitoli di base, mentre adesso ci ritroviamo, quando ci saranno, con dei soggetti che faranno i coordinatori di programma e che dovranno interagire, riguardo ad alcuni aspetti che sono stati chiariti nell'impianto delle missioni e dei programmi, con più ministeri. L'attuale situazione del bilancio dello Stato, invece, individua i responsabili del centro di responsabilità a livello dei capitoli. Lei dice che avremo la possibilità - a chi piace


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l'impianto dell'unità previsionale di base - di rivedere dei capitoli. Mi pare che è proprio questo che lei non ci permetterà di fare: quando chiederà il voto parlamentare solo sui macroaggregati, le unità e i capitoli rimarranno fuori dal dibattito che affronteremo.
Lei mi deve spiegare, al di là dell'operazione di facciata che avete fatto trasferendo semplicemente le missioni un po' più su, perché vi siete dimenticati di creare un centro di responsabilità che garantisca i risultati. A noi interessa - per questo le dico che forse avrebbe dovuto avere più coraggio, eliminando, per esempio, l'articolo 4 della legge n. 94 del 1997- sapere, soprattutto per risolvere l'impasse, cosa succederà circa il contesto decisionale, cioè chi deciderà. Lei ha detto che si faranno le missioni, i programmi, all'interno di questa struttura, dopodiché, il Parlamento potrà meglio conoscere le diverse missioni e anche l'atteggiamento dei diversi ministeri.
Credo che a questo punto, però, lei avrebbe dovuto avere il coraggio di dire al suo Governo, che forse andava riformata complessivamente la pubblica amministrazione. Se ci limitiamo solo a dare input senza capire come vengono spesi i soldi messi a disposizione dal bilancio dello Stato, ci troveremo sempre in una situazione di disallineamento rispetto a quello che voterà il Parlamento. Questa è la mia preoccupazione. Se lei dice che ci fermeremo ai macroaggregati - mi pare che questa sia la sua intenzione - ci ritroveremo in una situazione in cui non sarà vero che conosceremo meglio il bilancio dello Stato, ma sarà vero che conosceremo fino ad un certo punto le decisioni politiche all'interno di missioni e di programmi. Chi decide cosa succede più sotto, visto che non avete avuto il coraggio di intervenire sulle unità previsionali di base? Cosa ne sarà di coloro che fanno il controllo dei centri di responsabilità? Come si potrà portare avanti una missione e più programmi senza capire chi gestisce le risorse? Come potrà il Parlamento intervenire in questa fase?
A me sembrano domande abbastanza ovvie. Per questo le dico che, al di là della presentazione che lei ci ha fatto, ci sono aspetti che rimangono sospesi.
Per esempio, per quanto riguarda le missioni, c'è un tema che a me interessa particolarmente, cioè le missioni di pace, che non esistono da nessuna parte, è come se fossero improvvisamente sparite dal contesto. Chi si occuperà della gestione delle risorse finalizzate alle missioni di pace?
Vi è poi il tema dell'Italia e dell'Europa nel mondo: avuto riguardo al vostro impianto complessivo e all'impostazione dei discorsi relativi alle missioni e ai programmi, ognuno può fare delle scelte e presentare il bilancio come meglio crede. Se voi impostate questo discorso sulle missioni e sui programmi e improvvisamente, in corso d'anno, decidete che un particolare programma debba essere momentaneamente abbandonato, che cosa succede? Se fate interventi di questo tipo e poi non riusciamo ad avere da nessuno risposte relative a quelle che saranno le scelte di gestione, considerando anche che vi sono interventi fra più ministeri nel settore del personale piuttosto che sul funzionamento o sugli investimenti, che succede?
A me piacerebbe capire meglio. Da questa sua esposizione ho la netta impressione che probabilmente rappresenteremo uno stato dell'arte, ma credo che il Parlamento non sarà mai messo in condizione di intervenire ai livelli più bassi nei quali voi avrete la più ampia disponibilità a gestire le unità previsionali di base.
Escluderete di fatto il Parlamento da qualsiasi tipo di intervento, per gestire, come meglio credete, tutte le unità previsionali. Questa è una preoccupazione che, purtroppo, non vedo risolta nella sua esposizione.
Mi piacerebbe che lei spiegasse come intenda muoversi nel prossimo futuro.

PRESIDENTE. Dal momento che vi sono diversi interventi, propongo di ascoltarne


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tre per volta, per dare, poi, la parola al ministro in modo tale da beneficiare delle sue risposte.

DANIELA GARNERO SANTANCHÈ. Signor presidente, ringrazio il ministro per l'esposizione che ci ha fornito, formalmente interessante. Credo, però, che nella sostanza ci sia molto poco. Non credo che quanto ci ha presentato possa rendere più trasparente e soprattutto meno rigido il bilancio dello Stato. Credo anche che nessuno ci debba convincere. Né la maggioranza né l'opposizione devono essere convinte - questi confronti sul bilancio dello Stato, negli anni passati, sono stati ampiamente discussi - su come è attualmente redatto il bilancio. Siamo tutti assolutamente consapevoli che il bilancio dello Stato risulta illeggibile: non si riesce a capire quante risorse sono state assegnate per le grandi categorie di spesa, né si riesce a chiarire quale sia l'effettiva capacità delle amministrazioni di spendere le risorse loro affidate.
Per anni ci siamo sentiti ripetere sempre le stesse risposte, che il bilancio è sostanzialmente rigido e che non ci sono margini significativi per interventi in riduzione degli stanziamenti.
L'attuale maggioranza, forse anche con poco rispetto, ha spesso protestato e soprattutto fatto una grande ironia sulle misure poste in essere nella scorsa legislatura per quanto riguarda i tagli lineari ad alcune categorie di spesa.
L'esperienza ha invece dimostrato, soprattutto a lei signor ministro, che quei tagli erano praticabili e soprattutto sostenibili. In altri termini è stata clamorosamente smentita la tesi secondo la quale il bilancio non consentirebbe e non avrebbe nessuno spazio di manovra.
Nonostante le posizioni espresse in precedenza, credo che l'attuale maggioranza di Governo abbia effettuato, con il famoso comma 507 della legge finanziaria per il 2007, il più consistente dei tagli lineari che sia mai stato realizzato.
È chiaro il fatto che costituisce un puro artificio formale la scelta di usare parole come «accantonamento» piuttosto che «riduzione», ma la sostanza è sotto gli occhi di tutti: di fatto, sono state riprodotte, amplificandone gli effetti, le misure che erano già state adottate non solo dal penultimo Governo, ma anche da altri governi precedenti.
Siamo tutti consapevoli che le misure di contenimento di questo tipo scontano, come ho già detto prima, il difetto dell'eccessiva rigidità. Non abbiamo la possibilità di una consapevole definizione del bilancio che richiederebbe di configurare i diversi stanziamenti in base a quelle che sono le reali necessità che cambiano.
Dobbiamo passare, signor ministro, non più alla fase di emergenza, ma ad una fase più ragionata di un governo della spesa. Questo richiederebbe certamente, da parte del Parlamento e delle Commissioni competenti, un lavoro più puntuale che nel passato Governo è stato fatto. Nella Commissione bilancio della Camera si era costituita una Commissione tecnica per il monitoraggio della spesa pubblica, mentre questo Governo non ha fatto assolutamente niente e soprattutto credo che non si sia compiuto nessun progresso da questo punto di vista. È bene chiarire subito che, al di là delle pretese e degli obiettivi prospettati, quelli che lei ci ha illustrato poc'anzi, anche sul saldo primario, la spesa pubblica nel suo Governo ha segnato un record, nel senso che non è stata mai così elevata da quando lei fa il Ministro dell'economia.
Il miglioramento dei saldi che è stato conseguito - lo sa meglio molto meglio di noi, signor ministro - è dipeso interamente dal massiccio ricorso che avete fatto alla leva fiscale e che ha determinato un conseguente aggravio anche per quanto riguarda la politica della tassazione.
Ritengo che il Governo non abbia nulla da compiacersi da questo punto di vista; non abbia nulla da compiacersi dei risultati ottenuti visto che è riuscito a realizzare un duplice risultato negativo: non ha adottato alcun intervento serio sul contenimento della spesa e, oltretutto, ha anche aumentato la tassazione.
Sul versante della spesa, ha dovuto anche lei, signor ministro, rinunciare a


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quelle giuste ambizioni che avevano caratterizzato il suo DPEF, nel quale erano stati individuati grandi comparti di spesa: le pensioni, la sanità, l'amministrazione pubblica e la finanza degli enti decentrati. Anche lei, signor ministro, ha dovuto abbandonare le sue ambizioni contenute nel DPEF.
Solo per mera carità di patria, non infierisco segnalando le difficoltà già emerse e gli ulteriori ostacoli di carattere politico che impediranno al Governo di mantenere quegli impegni inseriti nel documento di programmazione economica e finanziaria.
Il dato reale di fronte al quale ci troviamo, come ho già detto in precedenza, è che questo Governo, per le debolezze che sono sotto gli occhi di tutti e soprattutto per la non omogeneità della compagine che lo sostiene, non è assolutamente in grado di affrontare un'effettiva azione di contenimento dalla spesa pubblica, che è il tema sul quale tutti dovremmo fare degli sforzi.
Ritengo anche che non sia utile contestare la scarsa attenzione dimostrata dall'Esecutivo nei confronti del Parlamento, in relazione, come hanno già detto i colleghi prima, a quella circolare del 5 giugno scorso.
Il problema più generale, che il Governo ha clamorosamente smentito, riguarda le aspettative di chi aveva sperato che le disposizioni inserite nella legge finanziaria, per quanto riguarda i commi 473 e 481, potessero veramente innescare quello che tutti chiamiamo un percorso virtuoso: quei commi non l'hanno assolutamente prodotto.
Io credo che il risultato non sia solo sotto i miei occhi, ma anche sotto gli occhi del Governo. Ci si è limitati a costituire una Commissione tecnica per la finanza pubblica, un organismo formato da docenti universitari che - non vorrei essere maleducata - credo di potermi permette di dire che non hanno una reale conoscenza delle regole e dei contenuti del bilancio.
Il lavoro dello spending review, ricordato da lei in precedenza, non è ancora partito, è assolutamente da avviare. La riclassificazione del bilancio nei termini che lei ci ha prospettato, penso che sia un esercizio del tutto inutile perché si tratta di una ricomposizione di mera facciata che non risponde a nessuna logica politica, a nessun reale risultato.
Non possiamo immaginarci niente, non soltanto in merito all'esame del documento di programmazione economica e finanziaria, ma anche in relazione alla definizione della legge finanziaria.
Ritengo che questa sia la vera questione su cui dovremmo avere la capacità di costringere il Governo a rispondere, e non soltanto sulle obiezioni formali - di cui ormai siamo abituati - su veri o presunti sgarbi istituzionali nei confronti del Parlamento.
Signor ministro, le rivolgo delle domande molto chiare: le chiedo se intenda smentire quello che ho detto, se sia in grado di farlo e se possa dirmi che la spesa pubblica non è ulteriormente aumentata. Questa è la prima domanda.
Lei crede davvero, signor ministro, che la piega assunta all'interno dell'Esecutivo e della maggioranza per quanto concerne le pensioni consentirà qualche risultato? Pensa di poter dare un effettivo contributo al miglioramento del bilancio attraverso la riclassificazione soltanto formale che ci ha prospettato? Confida veramente, e vorrei avere da lei una risposta chiara a questo proposito, sulla Commissione di professori che ha appena istituito?

ETTORE PERETTI. Signor presidente, credo che le valutazioni politiche - il mio gruppo ha fatto pervenire alla Commissione un documento - interpretino la volontà dell'UDC di concorrere al miglioramento delle strutture di bilancio che tutti noi abbiamo indicato.
In questa sede mi preme avere un chiarimento. Ovviamente concordo sull'impostazione che è stata data e che mira a dividere le missioni dai programmi, per arrivare all'articolazione delle spese per ministeri.
Nella vecchia struttura del bilancio abbiamo i ministeri, le unità previsionali,


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fino ad arrivare ai capitoli; nella nuova struttura ho notato che si continua ad andare avanti partendo dal ministero, arrivando ai programmi fino ai capitoli. Poi vedo che la dimensione complessiva dei programmi e delle missioni è invece recuperata nella legge finanziaria: mi riferisco alla pagina 20 della sua relazione. Chiedo scusa per le approssimazioni, ma perché la dimensione complessiva delle missioni e dei programmi non viene stabilita all'interno del bilancio di previsione, invece che nella legge finanziaria?

ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Signor presidente, conosce la mia capacità di sintesi, tra l'altro la maggior parte delle considerazioni che volevo svolgere le ha già sottolineate il collega Gianfranco Conte.
Signor ministro, non crede che la procedura di riforma da lei avviata impatti contro un ostacolo - a mio modo di vedere insormontabile - dato dall'attuale architettura dell'amministrazione pubblica?
Nella sua circolare del 5 giugno lei sottolinea che la vera novità consiste nel passaggio ad una struttura imperniata sulle funzioni, su cosa viene fatto con le risorse disponibili; mi riferisco quindi al bilancio articolato su missioni e programma. Non le sembra si tratti di una semplice trascrizione di ciò che in bilancio c'è già, in sostanza di un'operazione volta a dare un nome diverso a quello che già esiste?
Nella circolare, lei sostiene che le missioni potranno essere attribuite o ad un singolo ministero o a più ministeri. Stabilisce, inoltre, che ogni missione si articola in programmi specifici per ciascuna amministrazione. Non le sembra questo un approccio troppo frammentario?
Sicuramente lei mi risponderà che è già prevista nella sua circolare una figura di coordinamento, ma non le sembra un po' troppo poco, soprattutto se non si fa l'unica cosa che, a mio modo di vedere, andrebbe fatta, cioè modificare la struttura dell' amministrazione pubblica?
Io credo, concludendo, che non si possa cambiare il modo di pensare senza radicalmente trasformare la macchina che poi quel cambiamento deve realizzare.

PRESIDENTE. Do la parola al ministro per la replica a questi primi interventi.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Vorrei prima di tutto dire che questi quattro interventi mi confortano moltissimo. Sostanzialmente dicono che avremmo dovuto fare di più, che non abbiamo fatto abbastanza e, nella versione più critica, che non abbiamo fatto niente. Non dicono, però, che l'indirizzo da noi seguito è sbagliato: questo è molto importante. Come ho detto nella mia presentazione, credo che su questo tema sia indispensabile, di fatto, una condivisione d'impostazione.
Riprenderò alcune delle questioni specifiche. A mio avviso il punto chiave che vale per quasi tutte le obiezioni che sono state mosse sul difetto di sistematicità o sul cambiamento più apparente che reale, ruota attorno ad una scelta che noi abbiamo fatto e che può essere contestata e non condivisa, ma che è quella - ripeto - di operare «spremendo» dalla legislazione vigente il massimo di cambiamenti possibili.
Se non avessimo fatto questo avremmo presentato una legge di riforma della struttura del bilancio e ci saremmo attenuti ad un'impostazione - in attesa dell'approvazione fra uno o due anni di questo provvedimento - corrispondente a quella degli anni passati. Non avremmo, quindi, cambiato sostanzialmente nulla e non saremmo nemmeno stati sicuri di scrivere questa nuova legge nel modo giusto. In realtà quello che stiamo facendo dimostra che la legislazione vigente permette dei cambiamenti importanti che non erano stati fatti e che, a mio giudizio, vanno sperimentati prima di modificare la legge.
Ancora di più questo vale per la critica di non avere inciso nell'organizzazione, nella struttura delle amministrazioni pubbliche.


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Nel mio piccolo credo di avere cominciato a farlo. Spero che questo sia considerato un esperimento utile anche da parte di altri colleghi di Governo.
Certamente in quest'ambito ci limitiamo ad un modesto esercizio di tipo conoscitivo. Non solo non cambiamo la struttura delle amministrazioni ma, come ho detto, non facciamo sparire i centri di responsabilità. Come qualcuno degli intervenuti in un certo senso suggeriva, si trasferisce la nozione di responsabilità dai capitoli ai programmi.
Spero che questo, di fatto, avvenga attraverso un processo di discussione all'interno del Governo e in Parlamento. Più la discussione politica si concentrerà sulle missioni e sui programmi, più si considereranno i ministri e i governi responsabili dei programmi prima ancora che dei capitoli. Questo vuol dire passare ad una vera discussione sui contenuti politici significativi, cioè salire dallo scantinato ai piani alti.
L'onorevole Santanchè ha detto che nessun taglio alla spesa è stato importante nella storia d'Italia come quello del comma 507, poi però mi ha anche chiesto di riconoscere che non è stato fatto nessun taglio alla spesa. Io ho capito questo. (Commenti dell'onorevole Santanchè).
Quello che noi abbiamo fatto con la legge finanziaria dell'anno scorso è correggere una tendenza. Può darsi che non l'abbiamo corretta abbastanza, ma certamente se non ci fosse stata la legge finanziaria la spesa pubblica sarebbe stata molto superiore a quella che in realtà è per effetto degli interventi della legge finanziaria: il resto risale alla legislatura precedente. Noi abbiamo corretto quello che ritenevamo di correggere facendo una manovra che non ha precedenti, come lei stessa diceva, nella storia dell'Italia.
Può darsi benissimo che pur avendo pigiato il piede sul freno, l'automobile, lanciata a 250 chilometri all'ora, sia riuscita a scendere solo a 170. Questo è possibile. Comunque, chi l'aveva portata a 240 chilometri all'ora?

DANIELA GARNERO SANTANCHÈ. Quindi la spesa è diminuita o aumentata?

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Questo lo vedremo a consuntivo, ma la logica di quello che ho detto mi pare difficile da contestare.
Credo di avere risposto. In merito al discorso dell'unità di voto e dei capitoli, ci siamo guardati bene dal dire come devono essere organizzati i lavori parlamentari. Questo lo decideranno le Commissioni e il Parlamento. C'è a disposizione delle Commissioni e dell'Assemblea uno strumento per concentrare la discussione su qualche cosa che prima era invisibile. Se si vuole concentrarla sugli scantinati lo si può fare benissimo.
Quello che personalmente mi auguro è che si acquisti un certo gusto ad occuparsi dei piani superiori anziché degli scantinati. Queste saranno decisioni del Parlamento, non sono implicite in questo arricchimento della presentazione del bilancio.

MARIA LEDDI MAIOLA. Signor presidente, dissento rispetto a quanto osservato dal collega Gianfranco Conte, che ascolto sempre con molta attenzione perché è persona preparata e competente: egli ha esordito affermando che il Ministro non ha dimostrato sufficiente coraggio. Senza fare alcuna polemica, in assoluta e convinta sincerità, trovo che il Ministro, invece, abbia avuto coraggio sufficiente e necessario. Dico coraggio sufficiente e necessario, perché, sostanzialmente, stasera abbiamo assistito, a legislazione vigente, ad un cambio di rotta riguardo al bilancio, strumento fondamentale per la gestione della spesa. Abbiamo chiesto di non avviare procedure che allungassero eccessivamente i tempi; e noi sappiamo bene che, comunque, la procedura di revisione complessiva della legge di bilancio sicuramente ci avrebbe portato oltre questa sessione di bilancio. Quindi, in attesa di avere una perfetta riscrittura - cosa sempre difficile da ottenere - di una legge in materia, avremmo comunque avuto il bilancio 2008


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realizzato con un determinato strumento. Ebbene, mi pare che, ragionevolmente e razionalmente, questa sia stata una strada corretta per tale ragione, ma anche per un secondo motivo che passo brevemente ad illustrare.
Credo si tratti anche della pratica dimostrazione che non è necessario cadere nella bulimia legislativa. Visto che nel nostro Paese ci sono più o meno 80 mila leggi che ci portiamo appresso come un pesante fardello - oneroso e rallentante dello sviluppo italiano -, il fatto che a legislazione vigente si possa, comunque, intervenire radicalmente e fornire uno strumento come quello che c'è stato presentato, credo sia la dimostrazione che molto possiamo fare.
Ho avuto fra le mani, per ragioni professionali, i bilanci sia degli enti locali sia delle regioni. Confesso che quando per la prima volta ho dovuto fare i conti con il bilancio dello Stato, l'ho trovato in assoluto il più arretrato quanto a leggibilità, non soltanto perché rispetto ai bilanci di regioni ed enti locali è sicuramente più complesso, ma anche perché appare inutilmente ridondante. Mi pare di poter dire, in modo anche un po' polemico, che per lungo tempo abbiamo avuto a che fare con uno strumento difficilmente leggibile. Non voglio fare complesse analisi sulle ragioni di ciò, ma di fatto l'ho trovato uno strumento particolarmente complesso, nonostante la mia esperienza professionale, mi consentisse una pratica lettura.
Un bilancio non deve essere di difficile lettura, perché ciò non consente la sola finalità che si desidera da un bilancio: verificare l'efficacia della spesa. Un bilancio deve essere, certamente, lo strumento su cui nell'intero anno si lavora per poter definire preliminarmente dove si allocano le risorse, ma a questo punto credo sia a tutti chiaro che è determinante riuscire a conoscere l'efficacia della spesa. In un solo modo si riesce a misurare l'efficacia della spesa, ovverosia con la procedura che ci è stata proposta; si deve passare cioè da una previsione per capitoli ad una programmazione per politiche pubbliche. Quando posso contare su una leggibile programmazione per politiche, sono effettivamente in grado di capire quali sono i risultati delle mie politiche e gli effetti della mia allocazione di spesa.
Questo è il primo passo da fare se, come credo, tutti siamo impegnati a lavorare affinché vi siano gli strumenti di base per realizzare le condizioni che ciascuno ha individuato come indispensabili per il nostro Paese. Bisogna velocizzare la macchina pubblica revisionando le modalità di funzionamento della stessa, per metterla, nel modo più omogeneo possibile, al servizio effettivo dello sviluppo. Non dobbiamo avere a che fare con uno strumento che rallenti lo sviluppo; su questo, tra l'altro, abbiamo organizzato convegni e dibattiti di ogni genere e specie. Se sono veri i dati che tutti conosciamo, secondo cui anche l'allocazione della spesa nelle diverse realtà territoriali del nostro Paese ha un'efficacia totalmente diversa, allora con questo strumento non potremo più eludere l'analisi delle situazioni di inefficienza, di spreco e la modalità di individuazione degli strumenti per rimediare a questa situazione.
Con assoluta convinzione ritengo che lo strumento prospettato in questa sede non rappresenti la perfezione, ma certamente consegua l'obiettivo di darci uno mezzo molto più leggibile rispetto a quello del passato e di darcelo a legislazione vigente e in tempi brevi. È uno strumento da accogliere con assoluto favore, dal momento che procede lungo la direzione della trasparenza e della semplificazione e che, come esito finale, ci consentirà di effettuare un esame critico della spesa, che è il presupposto del nostro lavoro: snellire e velocizzare le procedure in questo Paese.

ENRICO MORANDO. Vorrei porre due rapidissime domande in merito alla tabella contenuta a pagina 23 della relazione, concernente i prossimi passi.
È inutile ripetere - abbiamo già fatto troppe riunioni al riguardo - che considero questo tentativo e questo lavoro svolto di grandissimo impatto innovativo. Il risultato che ci viene oggi consegnato, frutto di un lavoro portato avanti per


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svariati mesi, possa offrire un contributo serio e aumentare sia la trasparenza dei conti pubblici sia la responsabilità dei soggetti chiamati ad operare delle scelte sui conti pubblici stessi.
Esprimo pertanto un giudizio molto positivo sul lavoro svolto. In merito all'unità di voto parlamentare, visto che di questo mi dovrei occupare in quanto presidente della Commissione bilancio del Senato, vorrei dire ai colleghi che hanno sollevato questo problema che lo schema presentato dal Ministro è tale per cui noi possiamo decidere di collocare l'unità di voto parlamentare esattamente al livello che scegliamo. Naturalmente, se non siamo orientati a migliorare il livello di trasparenza e di responsabilità, possiamo anche decidere di scendere nell'unità di voto parlamentare, addirittura al di sotto dell'attuale livello, che è già, secondo il mio parere, eccessivamente dispersivo. Io suggerirei di non farlo in nome di una decisione parlamentare più responsabile, ma se vogliamo procedere in tale direzione, lo schema che ci è stato presentato non impedisce nessuna scelta allocativa del livello a cui collocare la decisione parlamentare.
Il Ministro magari non ha la mia stessa opinione, ma nell'elenco dei prossimi passi potrebbe essere collocata un'iniziativa di tipo legislativo, che il Governo potrebbe proporre ed il Parlamento disporre, volta a destrutturare e a distribuire diversamente, tra le diverse finalità, quella gran quantità di fondi creata nel corso di questi anni - a tale riguardo le responsabilità si suddividono in parti uguali, fra centrosinistra e centrodestra, non sto facendo nessuna polemica politica - e che oggi costituiscono la parte del bilancio che entra con più difficoltà in questo schema.
Se analizziamo le missioni e i programmi, ci sono alcune missioni che hanno per titolo «fondi da ripartire» o «risorse da ripartire». Che missione è «risorse da ripartire»? È tutto meno che una missione. Si può dire la stessa cosa dei programmi. Bisognerebbe individuare un intervento di tipo legislativo, ovviamente non a legislazione vigente; questo, sempre se decidessimo di operare un intervento legislativo che, tra l'altro, corrisponde al nostro mestiere. Potremmo persino provvedere per conto nostro, anche se forse il Governo può fornirci un contributo importante per rendere l'intero bilancio davvero leggibile e riclassificabile. Alla luce della griglia che ci ha fornito il Governo questa sera e sulla base di un lavoro a cui stiamo cooperando da mesi - non è la prima volta che sentiamo parlare di questo schema -, guardando queste tabelle e questi esempi, mi sembra che non funzioni l'utilizzo di risorse quantitativamente molto rilevanti per missioni dal titolo «Fondi da ripartire». Vengo colto dal dubbio che stiamo facendo un lavoro che, almeno per quella parte, risulta avere un esito decisamente non soddisfacente.
In questo caso occorre un intervento legislativo. Perché non pensiamo a farlo in tempi molto ravvicinati? Se vogliamo dare coerenza fin da subito a questo disegno, si potrebbe intraprendere un'operazione che ripartisca questi fondi per le diverse finalità a cui sono orientati, e consenta quindi di avere delle missioni che non abbiano per titolo «Fondi da ripartire» o «Risorse da ripartire».
La seconda osservazione riguarda sempre i prossimi passi possibili e il famigerato - a mio giudizio non merita questa considerazione - comma 507 della legge finanziaria. Non c'è dubbio che quando si è in stato di emergenza si ricorra anche a misure di quel tipo. La situazione dell'anno scorso era di emergenza, quindi è stato utile ricorrere a quello strumento. Se guardiamo alla sua concreta attuazione, dobbiamo manifestare una profonda insoddisfazione: dall'applicazione, infatti, emerge che le amministrazioni, in realtà, nel procedere ai disaccantonamenti, hanno preso i fondi che dovevano disaccantonare, compensandoli, per lasciare inalterato l'effetto sul fabbisogno, facendo ricorso ai fondi di riserva.
È chiaro, in questo modo, che la selezione qualitativa della spesa, che era negli obiettivi del comma 507, non si sta operando. Tale selezione rappresenta la finalità


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principale di tutto il disegno di riclassificazione. Se siamo riusciti ad ottenere risultati così brillanti, arrivando ad elaborare già il prossimo bilancio secondo questa classificazione, mi chiedo se sia proprio impossibile pensare ad un provvedimento di legge secondo cui, per quel che riguarda l'anno in corso, gli accantonamenti diventano tagli. Tra l'altro, per quanto concerne il futuro, ci si dovrebbe affidare all'operazione di selezione della spesa di cui è pre-condizione la riclassificazione del bilancio; in questo modo, di conseguenza, si modificherebbe - in modo significativo, a mio giudizio - il comma 507.
Questi due interventi - in questo caso il Governo non può fare per conto proprio, perché si tratta di misure legislative - non andrebbero a completare perfettamente questo disegno, attribuendo più significato all'innovazione che il Governo ci ha presentato questa sera?

MARINO ZORZATO. Rivolgo qualche domanda al Ministro, al Governo, alla maggioranza e anche a me stesso. Noi, come opposizione, alla fine assumiamo il ruolo di spettatori. Lei ci dirà che dalle nostre osservazioni prenderà la parte buona, scartando quella non buona.
Nella sua prima replica, lei ci rivolge sempre dei complimenti e ammette che sarebbe stato possibile fare di più; in seguito, però, cambia tono. Se l'obiettivo è quello di rendere più chiari i bilanci della finanziaria, fra due mesi avremo in mano i libroni. Cercheremo, da manovali della politica, di comprendere meglio la situazione e se ci riusciremo sarà doveroso rivolgere un ringraziamento al Governo, dal momento che un parlamentare con idee più chiare in testa, in ogni caso, ha già in parte migliorato il suo modo di lavorare.
Il Ministro, nel corso del suo intervento, non si è limitato a trattare questo punto. Stiamo parlando di legislazione vigente. Riguardo all'intervento del presidente Morando - peraltro molto interessante - non voglio svolgere considerazioni, poiché si tratta di modifiche normative, quindi di un argomento che andrebbe affrontato in altra sede. Oggi stiamo prendendo in considerazione una proposta di revisione, con le leggi che abbiamo a disposizione.
Il Ministro ci propone un «brogliaccio» più chiaro, uno schema secondo cui tutta la discussione politica dovrebbe riguardare la parte alta del bilancio, che è quella che ha valore. Ci chiede altresì di non perderci nelle aree microsettoriali, nei piccoli emendamenti che rappresentano, in qualche modo, la parte che più ci «divertirebbe»; ci chiede di dimenticarla, di guadare al fabbricato, alle missioni, alla politica, poiché questo rappresenta il nostro compito.
Dal momento che abbiamo definito una legge finanziaria più chiara, collegandola meglio al bilancio, non è il caso che il Governo si dia una autoregolamentazione - per la quale non occorre legge - e che la maggioranza lo segua in tale fatto politico? Non compete a noi della minoranza, tanto i nostri emendamenti vengono respinti, almeno quelli che non sono uguali a quelli della maggioranza. Per darci il contentino, approvano i nostri solo quando sono identici ai loro. È uno schema noto e, dal momento che siamo abituati a lavorare sulle fondamenta e sulle quisquilie, sappiamo come funziona. Il tetto non è oggetto di dinamica parlamentare, ma esce da questa stanza.
La domanda è la seguente: rispetto alla chiarezza di questo strumento, non è il caso che il Governo non dico non presenti nessun emendamento - non sono così utopista da pensare che il Governo non possa emendare se stesso -, ma almeno non ne presenti un numero esagerato, né presenti il maxiemendamento, né emendamenti dei ministri mascherati da emendamenti di maggioranza? Se crede nella propria finanziaria, non è ovvio che i temi siano quelli di alto profilo e non quelli affrontati nei microemendamenti del Governo che vanno a toccarne le fondamenta?
Non sarebbe il caso che, nel momento in cui approviamo la legge finanziaria, non ci siano migliaia di emendamenti della


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maggioranza? Se vengono presentati 3-4 mila emendamenti di maggioranza e 200 emendamenti del Governo o del relatore, più o meno mascherati, è ovvio che non rientrano nella politica, ma toccano le fondamenta. Naturalmente la chiarezza fa bene a tutti, ma lo stimolo è politico. Non servono azioni che creino fumo e facciano intendere che qualcosa si è fatto.
Se la finanziaria diventa uno strumento politico in cui far battaglie e confrontarci, allora tutto questo ha un senso. Se, in caso contrario, è una foglia di fico - passatemi il termine - e fra due mesi troveremo un Governo che, con un po' più di finta chiarezza, entra in aula con una finanziaria ed esce con un'altra, e avremo una maggioranza disinteressata ai discorsi che stiamo affrontando stasera e che, sostanzialmente, usa la chiarezza per presentare emendamenti di piccola portata, tutto l'impianto cadrà. Probabilmente, allora, apprezzeremo lo sforzo di ottimizzare le leggi che ci sono, ma niente di più.
Concludo con un riferimento alla responsabilità. Se il tema riguarda la chiarezza e la trasparenza, questo non può che andare bene a tutti. Quello che manca, nell'attuale schema della finanziaria, è la responsabilità. Come ha riferito precedentemente il collega, abbiamo operato tagli lineari, litigando peraltro sulle parole, se si trattasse di «tagli» o «accantonamenti». Tuttavia, se qualcuno riesce a disinteressarsi del fatto che ci sia un indirizzo politico, che doveva essere un accantonamento, e in qualche modo sfrutta un meccanismo normativo per spendere comunque i soldi, vuol dire che la politica viene aggirata. Il tema, dunque, riguarda la responsabilità.
Non so se a normativa vigente noi possiamo operare. Al di là di quanto possiamo fare, se qualcosa è da modificare è nell'ambito della responsabilità, perché qualcuno risponda alla politica, al di là di chi governa e di chi è all'opposizione.

PRESIDENTE. Onorevole Zorzato, la ringrazio e la invito a non sottovalutarsi: noi la consideriamo un professionista qualificato, non certo un manovale della politica. Lei sa che gode di ampia stima da parte nostra (Commenti dell'onorevole Zorzato).

ROLANDO NANNICINI. Signor presidente, signor Ministro, ho visto questo studio interessante, che dovrebbe avere anche delle conseguenze pratiche sul lavoro. Tuttavia, pongo una domanda sul lato delle entrate. Il bilancio ha una struttura forte sotto questo aspetto. È dunque necessario - al di là del fabbisogno del documento di programmazione economico-finanziaria - riuscire a porre, come nostro strumento di lavoro, maggiore attenzione alla dinamica delle entrate.
Cito l'esempio della tabella 5, colonna d), sulla spesa sanitaria e prendo in considerazione la dinamica della spesa sanitaria, rispetto al prodotto interno lordo, degli anni 1996-2000 e 2001-2006. Dalla parte delle entrate, se vi è stata questa dinamica della spesa sanitaria, abbiamo l'IRAP e il fondo nazionale. Nella dinamica delle entrate e nella disamina del bilancio, è corretto sapere che vi sono 98 miliardi, di cui 36 miliardi di IRAP e 62 miliardi dal bilancio, ed è opportuno anche conoscere una ripartizione sulla dimensione regionale, perché si capirebbe meglio, quando definiamo alcuni provvedimenti, quello che succede.
Si potrebbe anche richiamare il discorso della dinamica dell'ICI. Siamo soggetti non solo a scelte nostre, ma anche ad una dinamica di atteggiamenti virtuali, corretti nell'ambito delle azioni della politica pubblica, delle spese e delle entrate. Il tema dell'ICI è un altro elemento essenziale.
Ci sfugge sempre un dato macroeconomico. Se abbiamo 100 di prodotto interno lordo, 42-43 viene destinato alle entrate dello Stato sul piano allargato, 6-7 al debito, 7 alla sanità e via dicendo (arrivando, così, subito a 100). Siamo tutti, Parlamento e Governo, nella stessa condizione di avere già delle risorse allocate dalla dinamica della definizione stessa del bilancio dello Stato. Prestando attenzione anche allo strumento delle entrate, non solo imposte, ma anche tassazione, potremmo


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comprendere come reperire risorse da parte del Governo. Condivido la vostra e la nostra scelta sul debito pubblico. Quella è la scommessa.
Sento tanto parlare - permettetemi una battuta - della destinazione del «tesoretto». Dobbiamo discuterne, perché l'articolo 1 della legge finanziaria aveva stabilito una destinazione molto coerente e molto attenta. A parte questo, occorre prestare un'attenzione maggiore alla dinamica delle entrate e alla loro differenziazione. Operando una riclassificazione delle entrate (non sarà in questa finanziaria, ma almeno nei nostri documenti e nella nostra attenzione), credo che saremo in grado di offrire al Paese scelte più consapevoli e meno litigi e avremo anche la capacità di dare una risposta al tema delle entrate, che è un tema riclassificabile ed è da tenere ben presente nella dinamica del nostro lavoro, che deve vedere Governo e Parlamento uniti, senza distinzione, dal momento che l'interesse è reciproco.

MICHELE VENTURA. Un punto, perlomeno, è stato chiarito con i colleghi dell'opposizione: non ci troviamo di fronte a niente di sovversivo. Vi è stata una contraddizione rispetto all'inizio di questa audizione con una pregiudiziale, con la circolare e quant'altro. È stato chiarito che siamo nell'ambito della legislazione vigente e, quindi, che si può procedere senza che questo susciti particolare scalpore.
Al di là di ciò, vi è un aspetto che spesso sfugge a parlamentari e, qualche volta, a singoli ministri e al Governo: questo lavoro è molto importante perché conduce ad un primo risultato di trasparenza. Valuteremo se sarà sufficiente. L'importante è che, per la prima volta, abbiamo un elemento di novità sul quale sperimentare e valutare i risultati.
Una delle difficoltà è rappresentata dal controllo dei risultati. Una delle parti più innovative e significative riguarda le missioni, i programmi e l'individuazione non solo della responsabilità del capitolo sull'UPB, ma dei risultati dal punto di vista della qualità.
La riqualificazione, come ha detto il Ministro, è da interpretare in questo modo. Noi avevamo approvato una legge finanziaria con numerosi commi: nessuno di noi sa quanti di essi sono oggi operativi. Talvolta (tornando ad un aspetto che il Ministro ha sottolineato, in riferimento all'immagine del tetto e dello scantinato), soprattutto in finanziaria - ma c'è una relazione sulla modifica al bilancio dello Stato -, ottenere qualcosa equivale a mettere una bandierina. Non so quanto di tutto questo venga realmente attivato, in che tempi e quali siano i risultati. Anche il decreto «milleproroghe» non mi comunica i risultati che, dal punto di vista qualitativo, quelle misure hanno comportato.
Se ho capito bene, mi sembra che questo tentativo sia volto, attraverso la riqualificazione della spesa, anche ad un controllo dei risultati che si ottengono. Signor Ministro, è del tutto evidente che, al di là di quanto meritoriamente state facendo al Ministero dell'economia, questo passa anche da una riorganizzazione vera e propria di tutti gli altri ministeri. Non lascerei - e passo così alla seconda osservazione - la base volontaria, ma penserei, se non di stimolare con qualche incentivo, di portare a regime entro un periodo ragionevolmente breve.

PRESIDENTE. Do nuovamente la parola al Ministro.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Riprendo quelli che reputo i punti fondamentali.
Le due domande del senatore Morando, secondo me, in definitiva vertono sul tema della flessibilità del bilancio. Credo che i fondi che il senatore Morando propone di destrutturare rappresentino, in un certo senso, per quanto ho compreso, la risposta ad una rigidità del bilancio, tale da aver bisogno di polmoni fungibili. Riuscendo a trovare una flessibilità all'interno dei programmi e delle missioni, la ragion d'essere di questi polmoni, secondo me, verrebbe meno: si sposterebbe la flessibilità, laddove è giusto che stia, e si eliminerebbero i


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contenitori generici utili, in un certo senso, a rimediare ad un eccesso di rigidità. Credo che sia già allo studio l'ipotesi - chiederò al Ragioniere generale dello Stato di completare le informazioni che sto fornendo - che il senatore Morando prospetta.
Una situazione molto simile riguarda il comma 507, a cui bisognerebbe dedicare tutto un capitolo. Il suddetto comma ha rivelato alcuni elementi critici, direttamente dipendenti dal modo in cui attualmente è classificato il bilancio, per cui una apparente uniformità di categorie di spesa e di tipologie di capitoli in realtà nasconde una diversità profonda: in certi casi le spese del personale sono incluse, in altri sono escluse. Penso che se avessimo avuto il bilancio riclassificato l'anno scorso, un provvedimento come quello di cui al comma 507 avrebbe potuto essere disegnato e gestito in maniera diversa.
A proposito del comma 507, voglio dire che indubbiamente, oltre alle problematiche connesse al modo in cui è stato disegnato, ci sono quelle relative al modo in cui è stato gestito dai diversi ministeri. Renderemo conto di questo. Indubbiamente, non tutti i ministeri si sono avvalsi delle potenzialità di gestione flessibile che il 507 offriva rispetto a precedenti esperienze di tagli lineari; quindi, oggi dichiarano situazioni di sofferenza che non erano inevitabili e che sono dovute al fatto che il 507 non è stato utilizzato per quegli aspetti di flessibilità, che pure conteneva. Il che dimostra che c'è un problema anche di cultura, di atteggiamento, di metodo e di mentalità da parte dei ministeri, nel gestire le possibilità che il bilancio offre.
Le due proposte del senatore Morando sono da considerare: riguardano interventi legislativi. È evidente che aver lavorato a legislazione vigente - come dicevo - spremendo quello che si può da essa, a mio giudizio, è la migliore condizione per capire come modificare la legislazione vigente. Non escluderei affatto che questo possa avvenire molto presto. Non escluderei, altresì, che la stessa legge finanziaria possa avere come accompagnamento qualche intervento mirato sulla legislazione vigente, suggerito dall'esperienza che stiamo facendo adesso.
L'osservazione dell'onorevole Zorzato mi trova al cento per cento consenziente. È evidente che il Governo dovrebbe dare l'esempio. Se ci fosse una norma di autodisciplina, per cui il Governo non emenda se stesso, penso che darebbe un'enorme forza a chi, all'interno delle Commissioni parlamentari, vuole operare secondo disciplina. Mi auguro che possa intervenire una direttiva precisa in questo senso.
Naturalmente occorre qualche sede in cui si possano sistemare dei posti di blocco, in modo tale da fermare eventuali trasgressori. Questo è un problema di cooperazione fra esecutivo e legislativo.
La questione del lato delle entrate, sollevata dall'onorevole Nannicini, è già in corso. Il Ragioniere generale dello Stato probabilmente potrà spendere una parola al riguardo. Io mi sono concentrato maggiormente sulla spesa, che alla fine, per molti versi, risulta essere la parte più critica. Ad ogni modo, quello che lei propone è già in corso.
L'onorevole Ventura ha affrontato un punto che abbiamo toccato anche all'inizio. Alla fine, lo sforzo di rappresentazione a fini conoscitivi ha senso se è seguito da un utilizzo degli elementi di conoscenza, per un dibattito politico di tipo diverso, per una gestione della spesa pubblica da parte dei ministeri di tipo diverso. Ad un certo punto, deve trascinare altri cambiamenti, in particolare realizzando una vera flessibilità all'interno dei programmi e dei capitoli e, quindi, lo spostamento di una parte del controllo parlamentare sui risultati. Tutto questo significa, a mio parere, abituarsi a salire dagli scantinati verso i piani alti e svolgere discussioni sugli elementi di sostanza.
Alla fine, secondo me, bisogna che questo gusto di governare attraverso il bilancio cresca, sia nel Governo sia in Parlamento. Si tratta esattamente di questo: si abbandona qualcosa, ma si acquista altro. Per il momento si offre uno strumento conoscitivo che può trasformare il


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dibattito sia nel Governo sia in Parlamento. Sarebbe naturale che certi cambiamenti, forse vostri nelle procedure di discussione, forse a un certo momento nella legge, siano il segnale che questo gusto si è radicato nella maniera di guardare al bilancio, sia da parte del Governo sia da parte del Parlamento.

AMEDEO CICCANTI. Signor Ministro, sono convinto che l'intenzione di rendere più trasparente il bilancio mediante la riclassificazione rappresenti, già di per sé, un ottimo intento. Ai fini di un confronto politico più profondo, potrebbe già soddisfare l'opposizione. Tuttavia, non credo che lei abbia realizzato questa opera per dare soddisfazione all'opposizione. Ritengo che si tratti - qui forse c'è soddisfazione almeno da questa parte dell'opposizione - di qualcosa di più di un fatto estetico. Mi riferisco all'efficienza politica nella gestione della spesa.
Come è stato rilevato anche da lei, è chiaro che quest'anno attraverseremo una fase conoscitiva. Ad ogni modo, la vera fase sarà quella valutativa del prossimo anno, quando metteremo a confronto i programmi e le missioni, per dare una valutazione di risultato. Ha giustamente precisato il collega Ventura che tutto si gioca sul significato, sull'importanza e sulla rilevanza che vogliamo dare al controllo dei risultati, quindi sull'efficienza politica di chi governa in ordine alla verifica dei risultati attesi.
Abbiamo un sistema di tipo amministrativo e ministeriale organizzato ancora gerarchicamente e non per funzioni. Diventa assai difficile pensare di spostare il controllo dal responsabile del centro di spesa al responsabile del procedimento, poiché ci sono delle vischiosità per poter gestire spese di carattere interministeriale che, francamente, vanno a minare alla base l'ambizione di un bilancio riclassificato, che io condivido. È più che auspicabile che ciò possa avvenire.
Pertanto, come ricordava il collega Ventura, è necessaria una fase di accompagnamento più decisa. Il coraggio non è quello che, a parer mio, invocava la collega Santanchè. Il coraggio adesso è quello di accompagnare questa prima fase con una, più decisa, ad esempio di attuazione, più concreta e più vincolante, di una contabilità di tipo economico, obbligatoria per i ministeri, che consenta di operare il controllo di gestione. Non si può misurare un risultato senza avere una pubblica amministrazione organizzata sulla base del controllo di gestione e di una contabilità economica che cammina parallelamente alla contabilità finanziaria. In caso contrario, si rischierebbe di ridurre il tutto ad un fatto estetico: «Avete programmato questo, avete ottenuto quest'altro». La soddisfazione sarà di tipo politico, ma certamente l'efficacia della gestione politica rischierebbe di evaporare.
Occorre, quindi, la seconda fase. La mia domanda è la seguente: lei non ritiene che questa seconda fase debba essere inserita, subito dopo, all'interno di procedure di carattere amministrativo? Non occorre un intervento legislativo. Abbiamo già la legge n. 94 del 1997 che, se applicata amministrativamente, consentirebbe di accompagnare la prima fase con questo secondo aspetto.
Questa è, per me, la seconda legislatura. Ho assistito al dibattito sul decreto «taglia-spese», al modo in cui la sinistra ha affrontato quella fase di gestione della finanza pubblica e allo strumento legislativo che si utilizzò in quell'occasione. Quella flessibilità di bilancio, francamente, non mi è sembrato avesse, nella maggioranza, una «curva sud» che aiutasse l'inespressa esigenza, da parte di chi governava allora, di avere una maggiore flessibilità di bilancio, che non consisteva nell'applicazione del decreto «taglia-spese», ma forse in questo tipo di soluzione.
È chiaro che per la flessibilità di bilancio - non ho nessuna difficoltà a pronunciarmi in tal modo, come ricordava il collega Morando - bisogna alzare l'asticella dell'unità di voto verso il programma, quindi verso i piani alti dell'UPB, e non verso quelli bassi. In mancanza di un concreto significato, per avere l'efficienza della spesa pubblica, mi sembrerebbe di dare qualcosa di più al Governo per ottenere


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una maggior capacità di spesa. La presenza di altri aspetti volti a migliorare la capacità di spesa del Governo è una cosa seria e assecondabile.

PRESIDENTE. Chiedo scusa se vi costringo a contenere gli interventi. Il Ministro è tornato dal Giappone e vorrei consentirgli il meritato riposo.

GIANFRANCO MORGANDO. Signor presidente, sarò brevissimo, anche perché molte domande sono già state poste, e diventa difficile inventarne di nuove.
Condivido i giudizi molto positivi espressi da parecchi colleghi intervenuti, nei confronti della proposta che ci è stata fatta. Non richiamo le motivazioni, perché sono quelle che altri colleghi hanno utilizzato. Ricordo soltanto che il lavoro che questa sera il Ministro ci ha presentato è il frutto di un percorso condiviso. Non ne parliamo per la prima volta oggi e non ne abbiamo parlato solo il 13 febbraio, quando il Ministro ci ha delineato la strategia generale nella sua audizione, ma abbiamo affrontato la questione nel corso di incontri abbastanza numerosi, in parte di carattere informale, in parte di carattere formale. Credo che le discussioni, più o meno approfondite, che in queste sedi si sono svolte, abbiano dato anche un contributo rispetto al progetto che questa sera emerge in modo più preciso e definitivo.
Pongo molto rapidamente tre questioni, in parte già affrontate da altri colleghi. Condivido - ne hanno parlato gli onorevoli Ciccanti e Ventura - l'opinione secondo la quale uno dei problemi più importanti che noi abbiamo è quello di verificare i risultati raggiunti nelle politiche e la capacità di raggiungimento degli obbiettivi indicati nelle missioni e nei programmi. Mi chiedo se si stia già svolgendo un lavoro di costruzione di indicatori di risultati, o se ci troviamo ancora sul piano dell'annuncio dell'obiettivo, come mi pare sia stato detto questa sera dal Ministro.
Credo che questo sarebbe un primo obiettivo da raggiungere, ossia definire degli indicatori di risultati più rapidi, in attesa di poter svolgere quel lavoro che il collega Ciccanti indicava, per arrivare ad un vero e proprio controllo di gestione.
Esiste, indubbiamente, un rapporto tra la riforma della struttura del bilancio e il funzionamento della struttura dell'amministrazione. Il Ministro questa sera ci ha presentato la prospettiva della creazione di una figura di coordinatore del programma.
Mi chiedo se ci sia solo questo problema, o anche quello di riorganizzazione delle strutture, con riferimento ai programmi. Mi domando, altresì, se la dizione stessa di «coordinatore del programma» non sia un po' debole: mi sembra che alla figura di responsabilità del programma, responsabile anche del raggiungimento dei suoi obiettivi e della allocazione delle risorse per il raggiungimento di questi obiettivi, probabilmente debba essere attribuito un ruolo più forte.
Con la terza domanda intendo capire se siano stati svolti dei ragionamenti sul rapporto tra le spese previste nel bilancio dello Stato e quelle previste nel complesso della pubblica amministrazione e se, per raggiungere alcuni tipi di risultati, non sia necessario mettere in relazione il bilancio dello Stato con il bilancio di enti del settore pubblico allargato.

FRANCESCO PIRO. L'intervento del senatore Morgando ha anticipato alcune delle considerazioni e delle richieste di delucidazione che volevo rivolgere al Ministro. Di conseguenza, posso restringere il mio intervento sostanzialmente a una sola questione. Ritengo che l'iniziativa assunta dal Governo, attraverso il Ministro, di andare avanti sulla proposta di nuova classificazione del bilancio sia estremamente importante. Il prodotto che fin qui abbiamo potuto individuare è anche abbastanza interessante e sconta ovviamente quanto è stato detto, ossia che si agisce con un quadro di vigente legislazione. Sicuramente ad alcune delle esigenze, in questa sede ulteriormente manifestate, difficilmente si può rispondere, o meglio rispondere compiutamente, nel quadro della legislazione vigente.


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Tra le considerazioni di contesto e di strategia delineate, che mi sembrano ancora più interessanti del prodotto in sé, ne è stata formulata una in particolare quando il Ministro ha dichiarato che intende fornire - se ho preso giustamente nota - una base minima informativa, per valutare bene le spese e decidere l'allocazione delle risorse.
Il tema dei flussi informativi mi sta particolarmente a cuore. Al riguardo, nel corso del dibattito che abbiamo sviluppato nelle Commissioni mi sono soffermato sulla riforma del bilancio. Credo ci sia un problema che riguarda i flussi formativi e il trasferimento degli stessi alla conoscenza del Parlamento, ma altresì un problema relativo alla conoscenza di quanto succede complessivamente al sistema, a cominciare dal Governo. In altre parole, mi chiedo se una vera base informativa - che nasce e si fonda evidentemente sulle analisi, sulle statistiche, ma che deve proseguire anche sulla effettiva realizzabilità degli interventi che si mettono in campo - non abbia bisogno di supporti, quali il controllo di gestione efficace, il controllo strategico sull'attuazione dei programmi, la capacità di individuare gli indicatori di previsione, sulla base dei quali costruire la verifica dei risultati.
Ebbene, vorrei sapere dal Ministro - rivolgo una domanda da opposizione - come valuta lo stato dell'amministrazione pubblica, in particolare quella dello Stato, da questo punto di vista, se ci sono delle iniziative in campo e se ritiene opportuno, almeno per questa fase - fino a quando non si modificherà complessivamente il bilancio, la normativa di sostegno -, introdurre alcuni strumenti.
La volta precedente ho richiamato l'attenzione su uno di questi strumenti, che ora vi ripropongo. Sarebbe utile uno strumento che periodicamente, magari annualmente, ci indicasse lo stato di avanzamento delle leggi di spesa più importanti: quanto abbiamo stanziato, quanto abbiamo impegnato, quanto è in corso di erogazione, quali risultati si sono ottenuti e via dicendo. In altre parole, uno strumento che aiuti a valutare l'efficacia delle decisioni che si sono prese e la congruità della nuova legislazione che andremo ad introdurre.
Siamo tutti «stuccatori» (in riferimento all'esempio fatto precedentemente). Credo che una maggiore informazione, una maggiore capacità di valutazione, anche nella precedente legislazione, potrebbe aiutare a ridurre la spesso sovrabbondante produzione di emendamenti, di nuova legislazione.

ADRIANO MUSI. Signor presidente, mi sento in dovere di esprimere un apprezzamento al Ministro per la sua esposizione di questa sera, anche perché credo che mettere a punto strumenti tecnici, che consentano di dare dignità al lavoro del Parlamento, sia sempre qualcosa da apprezzare.
Prima di valutare l'entità del coraggio di qualcuno, prendo in considerazione - operando un'autocritica - quanto ho realizzato nel passato, cercando di capire se ho dimostrato analogo coraggio. Bisogna avere sempre l'obiettività e l'oggettività di capire cosa si è fatto, prima di esprimere un giudizio e di chiedere agli altri di fare cose che noi non abbiamo realizzato.
Mi sento in dovere di esprimere apprezzamento nei confronti del Ministro, in quanto ha proceduto ad un'esposizione puntuale e precisa, per offrire uno strumento di trasparenza, di conoscenza, volto ad elevare il livello del dibattito parlamentare e a dare missione anche al lavoro del Parlamento rispetto ad una politica, con la «P» maiuscola, discutendo dei grandi capitoli e delle grandi scelte strategiche del Paese. Vi è poi una piccola spesa che si potrebbe affidare a chi ha responsabilità di lavoro, rispetto a chi ha responsabilità istituzionali.
Ho soltanto un dubbio. Ho apprezzato il percorso pluriennale che lei ha indicato, nel quale ha inserito l'analisi di valutazione della spesa, all'interno del progetto legislativo. Tra gli obiettivi ha indicato il totale della spesa per le diverse missioni, rispetto alle quali individuare le risorse di


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settore che, di volta in volta, vengono, per aggregati omogenei, individuate all'interno del bilancio.
Le rivolgo solo una raccomandazione. Io torno a monte più che a valle, rispetto al fatto di ottenere dei risultati e vedere l'efficienza della spesa riguardante la missione affidata. Torno a monte perché credo che sia importante - nel punto in cui lei fa riferimento all'analisi e alla produzione della spesa - la classificazione della spesa.
La classificazione della spesa e il flusso informativo, in una qualche maniera, diventano fondamentali. Ho avuto modo di leggere, per esempio, un'elaborazione delle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico, messo a punto dalla Ragioneria generale dello Stato. All'interno di queste considerazioni di medio-lungo periodo, la Ragioneria generale dello Stato ha operato una valutazione sulle prestazioni della spesa previdenziale, all'interno della quale inserisce sia le pensioni di anzianità sia quelle sociali, considerando questo istituto direttamente connesso con il fenomeno dell'invecchiamento demografico.
Poiché le pensioni rappresentano un fatto assicurativo contributivo, al fine di creare un aggregato omogeneo, che ci consenta di compiere una valutazione vera sulla spesa previdenziale (come incidere, a quanto ammonta l'equilibrio tra contributi versati e prestazioni), credo che sia importante prevedere aggregati omogenei. Per questo motivo credo, tornando a monte, che quando lei procederà giustamente, nelle proposizioni, all'analisi di produzione della spesa, potrà citare l'esempio delle entrate divise tra lavoro dipendente e lavoro autonomo, tra qualificazione del lavoro autonomo per categorie di professioni (che corrisponde a un dato altrettanto importante ai fini della discussione che si svolge sugli studi di settore). Credo che questo ci aiuterebbe a fare sia una discussione seria sulla politica fiscale sia una politica vera in ambito sociale. Avere i dati di informazione iniziale credo rappresenti un aiuto per la conoscenza di quelli finali, rispetto alla scelta di politica strategica che il Parlamento vuole operare.

RAFFAELE TECCE. Condivido l'obiettivo dell'avvicinamento dei bilanci alla finanziaria, che il ministro ha esposto, e la contestuale facilitazione delle decisioni del Parlamento, rendendo più leggibile il bilancio per missioni e programmi, con capitoli - io ho insistito quando ne abbiamo discusso in Commissione al Senato - che contengano anche riferimenti legislativi, talché sia anche più facile comprendere e seguire.
Tutto ciò - come ha già detto il presidente Morgando, con il quale concordo - dimostra che è stato opportuno e utile il lavoro svolto dalle due Commissioni bilancio sulle linee della riforma degli strumenti, vorrei sottolineare positivamente, a legislazione vigente. In quel documento si parlava di eventuali modifiche di regolamento parlamentare (è noto infatti che i regolamenti di Camera e Senato sono diversi).
Signor Ministro, prima di porre l'obiettivo di una eventuale ulteriore modifica legislativa porterei avanti la sperimentazione. Da questo punto di vista, chiedo che la flessibilità, al di là del riferimento al comma della finanziaria, non sia politica, in quanto ridurrebbe il ruolo non solo di indirizzo del Parlamento, ma anche di definizione delle priorità, anche rispetto all'allocazione delle risorse, riducendo il carattere collegiale della decisione programmatica del Governo. Per questo ho posto il dubbio sulla necessità di una modifica legislativa. Cosa vuol dire, in ogni caso, l'espressione «posti di blocco»? Che c'è qualcuno che comanda più di altri?
Seconda questione. Concordo con il controllo dei risultati, su cui spostare l'attenzione del Parlamento, ma credo sia necessaria la capacità di tener conto delle priorità quantitative del Parlamento stesso. Quanto alla battuta sugli scantinati e sui piani alti, ricordo che tanti scantinati insieme costituiscono una grande porta di


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accesso. Ebbene, condivido le preoccupazioni, ma starei attento a non spostare le priorità definite.

PRESIDENTE. Do nuovamente la parola al Ministro per la risposta agli ulteriori quesiti posti.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor presidente, se lei è d'accordo, chiederei prima di tutto al Ragioniere generale dello Stato di integrare con qualche osservazione quanto ho detto prima, per poi riprendere questa ultima serie di domande.

MARIO CANZIO, Ragioniere generale dello Stato. Signor Ministro, lei ha chiarito tutto, ormai è più esperto di noi.
Voglio operare due piccoli chiarimenti. Per quanto riguarda i fondi, in uno dei prossimi provvedimenti legislativi si fornirà una prima risposta alla loro ripartizione, quindi si proporrà la soppressione delle norme che hanno istituito i fondi unici di investimento e quelli di trasferimento alle imprese. La finanziaria proverà a farlo per altri fondi, laddove sarà possibile, eventualmente anche con modifiche normative.
È stato chiarito che la flessibilità è limitata alle sole spese discrezionali, in relazione a quanto prevede la norma; quindi ulteriori passaggi o un aumento di questa discrezionalità non possono che provenire da una modifica normativa.
Ultima considerazione. Per quanto riguarda le entrate è stato svolto lo stesso lavoro di riclassificazione. Si tratta di un lavoro molto approfondito, soprattutto con gli uffici della V Commissione della Camera e del Senato. In ogni caso lo miglioreremo col tempo.

TOMMASO PADOA SCHIOPPA, Ministro dell'economia e delle finanze. Vari interventi di quest'ultima tornata affrontano il tema del passaggio dal momento conoscitivo al momento del controllo. È evidente che - a prescindere dalla legislazione, che per ora rimane invariata - l'attenzione si sposta su programmi e missioni, sia in funzione ex ante (in funzione preventiva) per decidere dove concentrare le risorse e secondo quali sistemi di priorità, sia ex post, per capire se si è operato in maniera efficiente.
Anche se la legislazione non cambiasse, si potrebbe immaginare uno sfruttamento pieno del potenziale offerto da questa riclassificazione del bilancio, dal quale potrebbe nascere un grandissimo rafforzamento sia della funzione di indirizzo politico sia della funzione di controllo politico ed economico. Quando prima ho detto che c'è da auspicare che ci sia la voglia di far questo, mi riferivo a quello che già è possibile realizzare nella sessione di bilancio, nel prossimo autunno.
In parte, questo risponde ad alcune osservazioni mosse dal senatore Tecce. Non ci deve essere perdita di indirizzo politico, ma guadagno: vuol dire che bisogna esercitare la forza che il Parlamento ha nel dare indirizzo politico, su quelli che io ho chiamato «piani intermedi», piuttosto che «scantinati». Gli scantinati hanno il valore di essere la palestra su cui oggi si può esercitare questo indirizzo, ma non è il massimo poter esercitare questo indirizzo su cose modeste e non su impostazioni di fondo della politica.
Nulla vieta al Parlamento di decidere che si deve spendere di più per l'istruzione e di meno per un'altra delle funzioni fondamentali o delle missioni del bilancio. Vuol dire, però, cambiare completamente la natura della discussione e orientarsi agli aspetti fondamentali dell'indirizzo politico.
Per quanto riguarda la parte ex post, ossia il controllo, innanzitutto è stato già avviato un lavoro: non è l'oggetto di questa audizione, ma potrebbe benissimo esserlo in una futura occasione (forse se n'è già parlato in qualche occasione) per prendere visione di come stiamo organizzando il lavoro della cosiddetta spending review.
Non sono uno specialista in questo campo, ma credo che le maniere possibili per formare un'opinione, se si spende bene o se si spende male, siano moltissime. Io, per esempio, nella mia maniera di presentare queste tematiche, dico spesso che


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se tutte le regioni amministrassero il loro sistema sanitario come lo amministrano le tre regioni più efficienti in questo campo, si potrebbe facilmente e rapidamente calcolare di quanto potrebbe essere inferiore la spesa sanitaria, rispetto a quella attuale, e ottenere un'indicazione molto precisa del fatto che queste risorse potrebbero restare nel sistema sanitario, ma per offrire servizi sanitari migliori anziché quelli che ci sono adesso. È un calcolo che si può fare immediatamente.
Se i settanta atenei italiani fossero amministrati come i dieci atenei italiani migliori, si potrebbe fare di nuovo lo stesso identico ragionamento. La parola «migliori» rappresenta qualcosa di misurabile e precisamente identificato. Difatti, esistono criteri di classificazione dell'adeguatezza delle strutture sanitarie: numero di posti letto per mille abitanti, numero di notti in ospedale per determinate operazioni, sintomi che giustificano l'utilizzo e il ricorso all'assegnazione a diagnosi particolarmente costose, quantità di farmaci, e via dicendo. La stessa cosa si potrebbe fare per gli atenei e per la quasi totalità della spesa pubblica.
Si potrebbe fare la stessa cosa per le amministrazioni che riguardano la sicurezza interna, per il sistema della giustizia e per l'istruzione secondaria. Non occorrerebbe nemmeno guardare al di fuori dell'Italia. Basterebbe estendere le pratiche migliori - di cui ci sono già esempi in Italia - che, per definizione, si sono dimostrate possibili e immaginare che diventino standard per l'intero Paese. Esistono confronti internazionali che si possono attuare molto facilmente: si possono stabilire gli standard osservati in certi Paesi e il volume della spesa per quelle funzioni.
Penso che su questo punto si possa lavorare moltissimo, a partire dalla individuazione delle missioni e dei programmi che si focalizzano su tematiche che interessano, come quella riguardante le grandi categorie di funzioni pubbliche.
Un altro aspetto - sollevato dal senatore Morgando - riguarda il problema di estendere dal bilancio dello Stato le spese previste nel complesso della pubblica amministrazione. Tra l'altro, ho notato che la prima delle conclusioni che sono state tratte nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva riguarda precisamente questo punto.
Mi auguro che il disegno di legge delega per il federalismo fiscale possa passare in Consiglio dei ministri molto rapidamente: rappresenta un elemento assolutamente complementare al discorso che stiamo affrontando. Bisognerà, naturalmente, che in una logica simile a quella con cui noi ci muoviamo per il bilancio dello Stato si muovano le autonomie, per la parte che le riguarda.
Il raccordo tra funzione del Governo centrale e funzione dei governi locali, nell'esigere questo tipo di impostazione, sarà da studiare. Anche in quel contesto, l'attuazione del federalismo fiscale e la piena attuazione del Titolo V rappresenteranno una premessa indispensabile.
È necessario senz'altro il controllo di gestione, ma anche - e forse prima ancora - la revisione della spesa e l'utilizzo di indicatori, anche molto semplici, come quelli che ho citato precedentemente.
Mi auguro che già nel mese di luglio, subito dopo la pubblicazione del DPEF, potremo offrire una sorta di primo libro bianco con indicatori di questo genere, che possano dare il senso di quello che può essere fatto, semplicemente estendendo all'intero Paese le migliori esperienze.
Credo di aver toccato tutti i punti sollevati. Vi ringrazio moltissimo per questa discussione, a mio parere molto incoraggiante.

PRESIDENTE. Con questa audizione acclariamo, sulla base degli elementi emersi, l'acquisizione di questa innovazione all'interno del lavoro che ci vedrà impegnati per l'esame del disegno di legge di bilancio.
Presumo che alcuni degli elementi emersi questa sera, in termini problematici, potranno ritornare. Pertanto, credo di poter considerare acquisiti - lo chiarisco anche a beneficio dei colleghi di opposizione - alcuni punti che mi permetto di


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riepilogare per titoli, considerata l'ora e considerato che dobbiamo concludere.
Il lavoro che andremo a svolgere vuole superare il rito formale dell'esame del disegno di legge di bilancio che, fondamentalmente, non ci consente di esprimere alcune considerazioni né sulle esigenze finanziarie né sulle capacità di spesa delle diverse amministrazioni.
Credo non sia stato detto esplicitamente, ma l'abbiamo già acquisito precedentemente, che dovremmo avere il vantaggio di prendere conoscenza dei fattori legislativi che sono sottostanti, in particolare alle spese obbligatorie. Uno degli elementi di opacità che oggi caratterizzano il bilancio è rappresentato dal fatto di non conoscere i fattori legislativi sottesi alle voci elencate nel bilancio stesso.
È stato ampiamente sottolineato che ci troviamo all'interno della legislazione vigente, con i problemi che questo determina. Mi permetto semplicemente di ricordare, citando testualmente quanto previsto per le UPB, che il livello di responsabilità amministrativa, in relazione alle quali sono esse individuate, non è fisso, ma suscettibile di modifiche (cito testualmente) «in modo da assicurare il costante adeguamento della struttura del bilancio dello Stato agli ordinamenti legislativi e alle altre norme di organizzazione dell'amministrazione dello Stato». Ritengo, quindi, opportuno concentrarci su quanto è stato detto.
Mi permetto solo di esprimere una considerazione - a mio parere importante - a proposito della circolare. È già stato detto che negli anni precedenti è stata presentata molto prima della data in cui viene presentata adesso. Mi permetto di ricordare che, su richiesta delle opposizioni, noi abbiamo dovuto spostare, per ben due volte, l'audizione svolta oggi con il Ministro, per andare incontro a diverse esigenze rappresentate.
In conclusione, condividendo la bontà delle osservazioni che ci sono state sottoposte, mi auguro che tra maggioranza e opposizione si possa procedere ad un esame del disegno di legge di bilancio sulla base delle innovazioni che ci sono state prospettate.
Auspico che sia condiviso questo modo di lavorare. In caso contrario, a mio parere si dovrebbe procedere comunque in tal modo, anche sulla scorta di una semplice considerazione che riguarda precedenti, che pure esistono. Mi riferisco in particolare al decreto-legge n. 194 del 2002, convertito nella legge n. 246 del 2002, il famoso decreto «taglia-spese», che ha introdotto innovazioni piuttosto significative, quasi entrando a gamba tesa - se mi posso permettere di usare una metafora meno raffinata di quelle utilizzate dal Ministro - nell'ambito della legge n. 468 del 1978.
Sulla base di queste considerazioni mi auguro, soprattutto per gli aspetti positivi che sono stati oggi evidenziati, che si possa aprire una stagione in cui il disegno di legge di bilancio non rappresenti una parentesi, peraltro temporalmente molto breve, ma ci consenta di ottenere i risultati che ci sono stati offerti.
Nel ringraziare il Ministro, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 23.