COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 18 aprile 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO DEL MESE

La seduta comincia alle 14,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche tramite la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore dell'Agenzia delle entrate, Massimo Romano, sulle problematiche relative all'operatività dell'Agenzia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del direttore dell'Agenzia delle entrate, Massimo Romano, sulle problematiche relative all'operatività dell'Agenzia.
Oltre al dottor Romano, sono presenti il direttore centrale di accertamento, dottor Rossi, il direttore centrale normativa e contenzioso, dottor Busa, il direttore centrale servizi ai contribuenti e relazioni esterne, dottor Polito, il dirigente del settore comunicazioni istituzionali, dottor Riccioni.
Passiamo innanzitutto all'illustrazione della relazione introduttiva del dottor Romano, alla quale faranno seguito gli interventi dei deputati che intenderanno formulare specifiche domande. È in corso la distribuzione di una serie di appunti predisposti dall'Agenzia.
Do ora la parola al direttore dell'Agenzia delle entrate, Massimo Romano.

MASSIMO ROMANO, Direttore dell'Agenzia delle entrate. La nostra delegazione è già stata presentata, quindi ometto questo passaggio e vengo subito all'illustrazione generale sulla situazione dell'Agenzia delle entrate.
Nella presentazione che vi è stata fornita, abbiamo riportato i dati strutturali dell'Agenzia, che darò per acquisiti onde evitare di dilungarmi eccessivamente sugli aspetti descrittivi, i principali elementi funzionali, quindi le attività operative dell'Agenzia e i risultati recenti che la caratterizzano.
L'Agenzia è un'organizzazione costituita da circa 35 mila dipendenti, organizzata in strutture centrali e locali. In particolare, abbiamo 386 uffici locali, con circa 70 sezioni distaccate sul territorio nazionale che, quindi, sono proiezioni di questi stessi uffici. Abbiamo 2 centri operativi, 13 mini call-center, 7 centri di assistenza multicanale, 19 direzioni regionali più 2 direzioni provinciali, Bolzano e Trento, oltre ovviamente alle strutture centrali dell'Agenzia che hanno un'organizzazione, in parte di line e in parte di staff, come avviene in tutte le moderne organizzazioni.
Le missioni fondamentali dell'Agenzia sono due. La prima riguarda il servizio ai contribuenti e quindi il funzionamento ordinario del sistema fiscale: l'Agenzia ha il compito istituzionale di consentire ai contribuenti di adempiere agli obblighi tributari attraverso un'opera che parte dalla chiarificazione della normativa attraverso un'attività di illustrazione e di chiarimento, fino all'approntamento degli strumenti di adempimento (dichiarazioni e tutto ciò che scaturisce da un processo


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piuttosto complesso che riguarda i vari tributi). Abbiamo tributi a cadenza periodica, in genere annuali, e tributi d'atto (l'imposta di registro). Tutto viene governato dalle nostre strutture attraverso una complessa attività interpretativa e amministrativa a livello centrale, ma anche informatica e procedimentale, anche grazie al contributo di operatori presenti nei nostri uffici.
La seconda missione concepita nel nostro sistema - non devo certo ricordarlo a voi - riguarda la funzione di controllo e di accertamento, che mira essenzialmente alla deterrenza. Non è, certo, attraverso l'azione di accertamento che si possono riscuotere tutte le entrate tributarie, ma l'esercizio di tale funzione ha lo scopo di creare migliori livelli di compliance, di adempimento spontaneo nei contribuenti. Con questo spirito l'attività viene portata avanti dagli uffici dell'Agenzia, in collaborazione con il lavoro istruttorio della Guardia di finanza.
Sul fronte dell'organizzazione, va segnalato che l'Agenzia ha cercato, per quanto è possibile, di integrare il tradizionale modello degli uffici centrali e degli uffici periferici con la creazione di strutture organizzate, con il compito di gestire determinate e particolari attività. Sin dai primi anni di vita dell'Agenzia, attraverso l'istituzione di centri operativi, in particolare a Venezia e a Pescara, si è cercato di concentrare una serie di attività di routine, evitando che si disperdessero nella realtà territoriale.
Questa esperienza è stata proseguita sia con i call center e con i centri di assistenza multicanale, sia con la delocalizzazione di alcune attività operative. Si stanno sperimentando forme di collaborazione, che hanno avuto esisto positivo, tra uffici carenti e uffici con buona dotazione di personale e, proprio per cercare di compensare queste carenze strutturali, che sono un po' la caratteristica della pubblica amministrazione italiana e non solo dell'amministrazione finanziaria, si usa la trasmissione telematica. Oggi c'è anche un centro istituito a Reggio Calabria che collabora all'attività di controllo degli uffici di Roma e che sviluppa una serie di attività operative proprio sul fronte dell'accertamento.
Sono esperienze interessanti che possono dare dei segnali di ottimizzazione delle risorse presenti nella pubblica amministrazione.
Vorrei a questo punto focalizzare rapidamente gli strumenti operativi per la gestione, prima di tutto, della fiscalità ordinaria per i servizi ai contribuenti. L'Agenzia ha incentrato la sua strategia da un lato sull'uso evoluto delle tecnologie informatico-telematiche e dall'altro su un approccio di servizio al contribuente. In questo modo si è usciti da una logica storica basata su un rapporto tendenzialmente conflittuale con il cittadino, per cercare di erogare servizi. C'è stata un'evoluzione nel corso di questi anni, confermata da alcune manifestazioni esteriori, quali per esempio l'abbattimento degli sportelli - negli uffici delle entrate non ci sono sportelli con barriere nei confronti del contribuente, dunque si è cercato di superare anche sul piano della dislocazione formale l'approccio tradizionale - che ha portato all'affermazione di una logica di servizio e di avvicinamento al cittadino e al contribuente.
Tale sviluppo, nel corso degli anni, ha portato a una crescita di questo approccio. Oggi la nostra attività di assistenza interessa - tra l'assistenza vera e propria e la presentazione telematica tramite ufficio - quasi un milione di dichiarazioni che vengono presentate tramite i nostri uffici. Questo è un risultato importante per un servizio che prima non era previsto.
Sul fronte dei servizi telematici, abbiamo due grandi assi: uno è rappresentato dalla rete con gli operatori professionali della fiscalità (la rete Entratel), che lega un notevolissimo numero di professionisti, di centri di assistenza e di strutture professionali che operano nel campo della fiscalità, l'altro è rappresentato dalla rete Internet, la rete pubblica, attraverso la quale vengono erogati servizi quali la compilazione e la presentazione della dichiarazione, i pagamenti on-line, il cassetto fiscale e via dicendo.


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Il cassetto fiscale - che cercheremo di far evolvere per un utilizzo più ampio e più fruibile - è un servizio attraverso il quale il contribuente ha un archivio delle informazioni fiscali che lo riguardano, liberamente consultabile con PIN e password di sicurezza e che consentirà di avere una gestione più serena degli adempimenti tributari, obiettivo che stiamo cercando di perseguire.
Richiamo solo l'attenzione su alcuni numeri. A pagina 24, delle slide fornite sono indicati i volumi recenti. Nel 2006 abbiamo gestito 44 milioni di documenti, quasi 45: 31 milioni di dichiarazioni, 2 milioni di F24, 2 milioni di contratti di locazione e oltre 9 milioni di altri documenti. Sono numeri sicuramente imponenti, destinati a crescere ulteriormente, anche a seguito delle modifiche legislative. Mi riferisco, per esempio, all' F24 on-line per i soggetti titolari di partita IVA.
A pagina 26 e 27, abbiamo i dati sulla tempistica del processo complesso di rilascio delle applicazioni informatiche di supporto. In merito a questo vi è uno sforzo importante dell'amministrazione che cerca di accorciare i tempi per fornire sempre migliori servizi ai contribuenti e agli operatori della fiscalità che per primi hanno bisogno di disporre degli strumenti gestionali necessari.
Mi permetto di segnalare, sempre sul fronte della gestione della fiscalità, i dati delle pagine 29, 30 e 31 che sono abbastanza significativi, in particolare i dati generali sui rimborsi che trovate a pagina 30. Con riferimento ai rimborsi da erogare ed erogati, vedete che nel settore delle imposte dirette, abbiamo un dato consuntivo di 2 milioni e 328 mila rimborsi, con un capitale di 2 miliardi e 221 milioni. La previsione del 2007 è di circa 2 milioni e 500 mila rimborsi, con un'erogazione di 2 miliardi 500 mila euro.
Per quanto riguarda l'IVA si va da 8 miliardi e 588 milioni di euro rimborsati nel 2006 ad una previsione di rimborsi erogati e da erogare nel corso del 2007 di 10 miliardi di euro. C'è, quindi, un'attività in crescita sia in termini numerici che in termini di valori.
A pagina 31 trovate le previsioni sulla tempistica sia nel settore delle imposte dirette che nel settore IVA. Queste sono le informazioni che abbiamo riportato.
Faccio un accenno - per completare questo sommario quadro della gestione della fiscalità - alle linee di evoluzione future, sulle quali stiamo lavorando. Abbiamo l'obiettivo di migliorare la qualità e i contenuti delle applicazioni telematiche - abbiamo già fatto notevoli passi avanti -, ma oggi riteniamo di dover fare un ulteriore passaggio per fornire al contribuente servizi di migliore qualità informatico-telematica. Su questo si sta lavorando con molta intensità e nei prossimi mesi saranno rilasciate nuove versioni delle varie applicazioni informatiche, proprio con l'obiettivo di superare un modello che era tendenzialmente per addetti ai lavori (si trattava di un fisco che poteva essere maneggiato da persone con una certa competenza professionale). Il nostro obiettivo è mantenere lo stesso livello di approfondimento e di qualità necessario per dialogare con i professionisti e gli specialisti, però, proponendo servizi e modelli a quei contribuenti che hanno posizioni tutto sommato semplici, che possono essere gestite attraverso una facile azione collaborativa.
Uno dei punti di criticità del sistema - non ho esitazioni a riconoscerlo - sul quale stiamo lavorando, riguarda le procedure, che sono molto complesse. Complesso è il quadro normativo fiscale italiano, complesse sono le procedure informatiche che ne derivano e complessi sono i modelli di dichiarazione. L'Agenzia è impegnata a suggerire e a promuovere, in linea generale, una semplificazione del sistema, per quanto è possibile, oltre ad un'attività di prevenzione delle criticità e degli errori, che deve essere fatta con il massimo impegno e sulla quale ci stiamo applicando con intensità, proprio perché siamo convinti che dall'individuazione e dalla risoluzione delle problematiche può nascere un rapporto migliore con i cittadini.
Dobbiamo riuscire in questa impresa, perché significa prevenire gli errori dei


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contribuenti ed i nostri (se ce ne sono). Questo è un lavoro continuo che viene portato avanti considerando le criticità che vengono manifestate, per prevenire in futuro ulteriori problemi.
C'è un altro aspetto importante sul quale stiamo lavorando (mi ricollego a quello che dicevo sulla delocalizzazione delle attività): constatiamo dai dati che emergono dalle nostre analisi, un forte squilibrio, peraltro intuibile, tra la distribuzione delle nostre risorse sul territorio e la domanda dei contribuenti e/o degli operatori professionali.
Non c'è, infatti, una stretta coerenza ed è difficile, per le ragioni storiche che voi ben conoscente, cambiare l'assetto territoriale dell'amministrazione che è, tendenzialmente, squilibrato nelle grandi aree metropolitane. Abbiamo a Roma 8 uffici locali, ma su una popolazione di 3 milioni di abitanti; a Milano abbiamo 6 uffici locali su un bacino che, solo nell'area urbana e senza considerare i comuni limitrofi, raggiunge livelli notevolissimi.
Uno degli interventi al quale stiamo lavorando è quello della canalizzazione, attraverso la creazione di una sorta di sportello virtuale che utilizzi tecnologie telematiche, telefoniche e comunque di relazione a distanza, per dialogare con tutto il mondo degli intermediari professionali.
Al professionista, al CAF, che vuole un chiarimento su una singola posizione tributaria - parliamo della gestione della fisiologia -, evidentemente, non interessa il rapporto fisico con il nostro operatore, ma gli interessa solo avere un interlocutore individuato che possa esaminare il suo problema e possa risolverlo, sia esso un errore, un chiarimento, un documento da acquisire.
Stiamo lavorando al progetto dello sportello virtuale che diventerà un modo per canalizzare tutto, in maniera programmata dal punto di vista dei carichi di lavoro informatico, evitando che l'utenza professionale si sovrapponga all'utenza non professionale, che già fisiologicamente si reca nei nostri uffici con flussi non programmabili e non prevedibili.
Ci sono, inoltre, eventi straordinari: qualche tempo fa, siamo stati stigmatizzati per le file che c'erano all'ufficio di Roma/1. Devo dire, però, che alcuni elementi sfuggono alla possibilità di controllo. All'ufficio di Roma/1, per esempio, per effetto dell'ingresso nell'Unione europea di numerosi cittadini che prima erano extracomunitari, si è verificato un sovraccarico nella richiesta dei codici fiscali. Succede, poi, che i codici fiscali non si richiedono uniformemente in tutti gli uffici d'Italia, ma si richiedono, in modo assolutamente concentrato, in alcune decine di uffici, fra cui quello di Roma/1.
A tal riguardo, nonostante l'Agenzia abbia approntato una serie di misure alternative, permangono alcune criticità che, purtroppo, non si riescono a governare, anche per la brevità dei periodi in cui si determinano. Attraverso la creazione dello sportello virtuale, quindi, confidiamo di poter dare risposte organizzativamente serie ad una esigenza di ottimizzazione nell'impiego delle risorse, che è un'esigenza generale.
A pagina 41 e seguenti, trovate delle indicazioni sui sistemi di pagamento. A pagina 44 ci sono i dati relativi ai volumi trattati con il modello F24. Stiamo lavorando anche all'evoluzione dei sistemi di pagamento telematico e, quindi, si registreranno a breve anche dei miglioramenti qualitativi.
Ricordo che, superata qualche difficoltà iniziale, il sistema telematico per l'invio del modello F24 non ha registrato alcun malfunzionamento o problematica. Nei mesi passati vi erano state alcune criticità determinate maggiormente da problematiche tecniche non individuate neanche dai produttori dei software che hanno fornito le applicazioni. Credo che oggi tutti i problemi in questo senso debbano considerarsi risolti.
Passerei ad una rapida illustrazione dell'attività di accertamento (pagina 52 e seguenti).
Credo sia utile conoscere innanzitutto i risultati dell'attività di controllo relativa all'anno 2006, l'ultimo anno completo di cui abbiamo le informazioni. Potete notare


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il quadro complessivo dei controlli che sono stati posti in essere. Ne abbiamo svolti complessivamente 237 mila, di cui circa il 25 per cento è stato preceduto da un'attività di verifica e di indagine, condotta dalla Guardia di finanza, e il 75 per cento è derivato dall'attività diretta dell'Agenzia.
Per quanto riguarda i risultati specifici di alcuni settori di particolare rilevanza, abbiamo riportato i dati relativi al settore immobiliare, interessato da importanti modifiche normative nello scorso anno. Gli effetti derivanti dalle modifiche, evidentemente, ancora non sono rilevabili sui dati di consuntivo dell'attività 2006. Possiamo comunque dire, guardando questi dati, che è un settore che ha rilevanza nell'economia nazionale.
Per quanto riguarda le altre informazioni, a pagina 56 è illustrata l'attività di accertamento nei confronti di soggetti che vantavano crediti IVA. Anche su questo aspetto si registra un'azione sempre più incisiva da parte dell'Agenzia.
In merito alla definizione dell'attività di accertamento, senza instaurazione di un contenzioso, trovate i dati degli ultimi due anni. L'ammontare è pari a 607 milioni di euro nel 2005 e quasi 1 miliardo di euro nel 2006. A questo deve aggiungersi la riscossione coattiva tramite ruolo.
Per quanto riguarda le frodi IVA, i dati sono abbastanza evidenti.
L'Agenzia ha sviluppato un notevole lavoro e una migliore capacità di analizzare i fenomeni fiscali. Mi riferisco al miglioramento della qualità della selezione, alla maggiore produttività dell'azione di controllo e all'individuazione delle frodi. Su questo, senza dubbio, l'Agenzia è molto cresciuta dall'inizio della sua vita, dagli anni in cui era ancora un dipartimento, e oggi dispone di buone capacità di individuazione di questi fenomeni e di buone capacità di contrasto.
Sul fronte delle strategie dell'accertamento - argomento che interessa specificamente la Commissione - vorrei dire che siamo un'organizzazione con dei limiti operativi. Le risorse di cui disponiamo sono quelle che sappiamo tutti e con esse siamo in grado di produrre un certo volume di attività di controllo, che non è incrementabile, in termini numerici, in modo particolarmente significativo. Non dico che la macchina - utilizzo una metafora - produce il massimo dei pezzi che può produrre, perché si deve sempre tendere al miglioramento, però essa opera abbastanza vicina ai propri limiti quantitativi.
Lo sforzo che stiamo facendo tende ad ottimizzare queste risorse, utilizzando al meglio l'azione di controllo per migliorarne la qualità e la proficuità. Su questo si sta lavorando intensamente e anche la programmazione che si sta realizzando, sul fronte dell'attività di controllo, mira essenzialmente ad un miglioramento della qualità piuttosto che ad un incremento di numeri che, alla fine, rischierebbe di dequalificare la nostra azione.
In merito alla strategia di accertamento abbiamo, quindi, da un lato il miglioramento della qualità dei controlli sul campo, di tipo analitico, attraverso verifiche e altri strumenti di accertamento, dall'altro gli studi di settore. Questi ultimi sono sicuramente un punto essenziale delle strategie di controllo. L'intervento legislativo sugli studi di settore, ma anche il lavoro che sta portando avanti l'amministrazione insieme alla Società per gli studi di settore e alla Sogei, è un lavoro che mira a migliorare l'efficacia di questi studi. Ciò consente di evitare quei fenomeni, emersi statisticamente nel corso degli anni, di appiattimento che hanno consentito forme di congruenza, di coerenza e di conformità che, però, non si accompagnavano a incrementi di reddito e delle basi imponibili.
Lo studio di settore non è una minimum tax, ma è uno strumento che consente di misurare la capacità produttiva lorda dell'impresa. Tuttavia, dobbiamo evitare che, attraverso una disinvoltura nella qualità delle informazioni che vengono utilizzate per la ricostruzione dei valori degli studi, si sminuisca il risultato imponibile.
Credo che le modifiche apportate dal legislatore e quelle conseguenti ai criteri di


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applicazione degli studi daranno, da questo punto di vista, un significativo contributo e renderanno più difficile una manipolazione delle informazioni. Quando, per esempio, gli elementi di costo, non direttamente rilevanti ai fini della ricostruzione del potenziale economico dell'impresa, assumono valenze patologiche, vengono recuperati nel processo ricostruttivo e rendono non facile l'annacquamento del risultato. Questo è lo spirito.
Sull'attività degli studi di settore stiamo valutando anche la possibilità di attivare specifiche sollecitazioni nei confronti dei contribuenti - in una logica collaborativa e non ostile - proprio per avvertirli delle incongruenze che talvolta, anche in modo eclatante, emergono e di cui si è parlato in questi giorni sulla stampa. Pensiamo che un lavoro di segnalazione, che non si traduca in un'immediata azione di accertamento, possa servire per una riflessione costruttiva da parte dei contribuenti e, soprattutto, dei professionisti che li assistono.
L'altra parte dell'universo della fiscalità riguarda i soggetti che operano in grandi dimensioni, le grandi imprese. In una logica di riqualificazione dell'azione di accertamento, di innalzamento della qualità, noi incrementeremo il numero di controlli nei confronti delle grandi imprese di oltre il 50 per cento. Siamo già passati da 960 verifiche effettuate nel 2006 ad oltre 1.500 nel 2007. Riteniamo che sia necessario completare la strategia, garantendo attenzione e capacità di indagine su tutta la platea dei contribuenti.
Abbiamo riportato, nelle slide consegnate, alcuni esempi dei fenomeni fraudolenti più frequenti e diffusi. Sono aspetti noti agli addetti ai lavori, ma che danno la misura dei livelli di complessità che l'attività di indagine comporta, nonché dell'esigenza di una forte qualificazione nell'apparato che deve poi sviluppare le indagini.
In merito alle indagini finanziarie voglio ricordare che sta andando a regime la cosiddetta anagrafe dei rapporti, stando alle comunicazioni che giungono dagli operatori finanziari. Ciò consentirà di ridurre le richieste effettuate nei confronti di soggetti che non intrattengono rapporti. Consentirà anche di alleggerire notevolmente e superare - abbiamo notizia di problemi che si sono manifestati in questo settore - tutte le problematicità relative.
Abbiamo, altresì, riportato una sintesi dei principali provvedimenti che sono in corso di formalizzazione o che sono già stati formalizzati, in attuazione delle riforme adottate dal Parlamento lo scorso anno. Tralascio alcuni aspetti per evitare di dilungarmi ulteriormente.
Segnalo all'attenzione della Commissione un dato significativo che rende l'idea sulla tendenza positiva che c'è per i prossimi mesi. A pagina 82 abbiamo illustrato l'andamento dell'attività di controllo del primo trimestre 2007 rispetto a quella dello stesso trimestre del 2006. Considerate che i dati del 2007 sono incompleti e per difetto. Abbiamo voluto riportarli lo stesso perché, proprio per il fatto di essere per difetto, danno la misura di un trend molto positivo. I dati - ripeto - non sono omogenei perché quelli definitivi del primo trimestre 2007 in realtà si conoscono soltanto diverse settimane dopo. Questo è il motivo per cui i dati sono per difetto anche se danno, comunque, il segnale di un incremento significativo.
Un tema attuale consiste nelle violazioni all'obbligo di emettere lo scontrino e la ricevuta fiscale. A pagina 83 abbiamo riportato i dati più aggiornati di cui disponiamo dai quali si evince che, dall'avvento della nuova normativa - 29 novembre 2006 - sono state constatate, sotto il nuovo regime giuridico, oltre 43 mila violazioni agli obblighi di emissione di scontrini e ricevute fiscali. Questo grazie all'azione di accertamento prevalentemente svolta dalla Guardia di finanza, ma anche dall'Agenzia delle entrate.
I processi verbali trasfusi in atti di contestazione - la procedura prevede poi l'emissione dell'atto di contestazione - sono, ad oggi, 14 mila e 486. In ultimo, i provvedimenti di chiusura notificati alla data di ieri sono 81, con una distribuzione geografica coerente con la numerosità delle imprese presenti sul territorio.


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Credo, comunque, che questi dati si assesteranno durante l'attività di controllo che verrà portata avanti.
Mi permetto di fare una particolare segnalazione su tutto ciò che riguarda l'attività di consulenza giuridica, cioè l'attività di interpretazione e di chiarimento della normativa e la gestione degli interpelli. Si tratta di un'attività estremamente intensa come vedete dai numeri riportati a pagina 86 delle slide. Sono numeri imponenti.
Su base annuale, solo gli interpelli sono oltre 7 mila, più tutta una serie di pareri di notevole complessità e impegno sui quali le strutture centrali e regionali dell'Agenzia sono fortemente impegnate e, credo, abbiano dato prova di grande efficienza, capacità professionale e tempestività. Potete prendere visione anche dei dati regionali altrettanto significativi.
In merito all'interpello disapplicativo in materia di società non operative, dai nostri dati risulta che sono stati presentati 15 mila interpelli circa in tutta Italia. Gli uffici locali, regionali e le strutture centrali (che controllano tutta l'attività) stanno lavorando con grande impegno; la situazione appare correttamente gestita pur in un compito significativo e non ordinario della nostra struttura.
Vorrei segnalare i dati complessivamente molto positivi dell'andamento del contenzioso tributario. È doveroso ricordare che quando furono introdotte le nuove commissioni tributarie le controversie in essere erano quasi 3 milioni. Vi è stata una notevole riduzione ed oggi ci siamo attestati su 790 mila controversie. Direi, forse, che la giustizia tributaria è una delle poche forme di giustizia presenti nel nostro paese che fornisce delle risposte.
Ciò è ovviamente merito di chi ha lavorato nelle commissioni, ma anche di chi ha lavorato negli uffici e ha colto il senso di certe riforme. Penso, ad esempio, alla condanna alle spese e ad un approccio sicuramente più essenziale e meno burocratico della gestione delle vertenze.
Oggi abbiamo l'esigenza di tenere differenziato il contenzioso che scaturisce dall'attività di gestione dei tributi - i dati sono riportati nelle tabelle alle pagine 102 e 103 -, il quale risente inevitabilmente di alcune vicende critiche del sistema (pensiamo alle vertenze in materia di IRAP a seguito delle incertezze del quadro normativo), dal contenzioso a seguito dell'azione di accertamento, che generalmente è molto più complesso ed importante. Questo tipo di vertenze, tutto sommato, fa registrare un andamento contenuto, pur in presenza di volumi di attività rilevanti.
In materia di contenzioso, quindi, possiamo dire che complessivamente il quadro che ne scaturisce è positivo e alcune delle informazioni che sono emerse sulle soccombenze dell'Agenzia non sono sufficientemente analitiche.
Talvolta si tende a mettere insieme nelle analisi dei fatti molto diversi tra di loro. Come è successo in questi giorni sul tema dell'assenteismo in cui sono state unite le assenze per malattia con le altre forme, del tutto legali, di assenza. Purtroppo su questo non è facilissimo fare chiarezza.
Un ultimo capitolo che lascio all'approfondimento di questa Commissione riguarda la sicurezza dell'anagrafe tributaria, le cui vicende vi sono ben note. L'Agenzia ha fatto uno sforzo notevole per dotarsi di strumenti di presidio e di garanzia che, senza burocratizzare l'attività di gestione e di controllo, consentano di presidiare l'accesso alle informazioni evitando, il più possibile, abusi e scorrettezze da parte di singoli operatori.
Da questo punto di vista, la presa di coscienza degli strumenti importanti di cui dispone l'amministrazione finanziaria, le dotazioni tecnologiche e procedurali, i tracciamenti puntuali e analitici, gli strumenti che evidenziano comportamenti anomali e accessi che presentano elementi di criticità, si sono tradotti in applicazioni, in procedure, in strumenti di conoscenza da parte della dirigenza, la quale, d'altra parte, è stata fortemente richiamata alla vigilanza utilizzando anche questi strumenti.


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Credo che lo sforzo fatto sia sicuramente importante, sebbene sempre perfezionabile.
Vi abbiamo distribuito, insieme al documento base - credendo di fare cosa utile trattandosi di un tema salito agli onori della cronaca e all'attenzione del Parlamento nei giorni scorsi - un breve appunto sulla tematica del reclutamento dei funzionari.

PRESIDENTE. Il tema è stato già oggetto d'interrogazione e il Governo ha risposto.

MAURIZIO LEO. È un tema caldo e sentito.

MASSIMO ROMANO, Direttore dell'Agenzia delle entrate. Non possiamo rispondere. Abbiamo cercato di sintetizzare nel documento quello che era il nostro punto di vista.

PRESIDENTE. Il Governo, nella risposta, cita l'Agenzia delle entrate.

MASSIMO ROMANO, Direttore dell'Agenzia delle entrate. Questo aprirebbe un vasto dibattito.

PRESIDENTE. Parlo della famosa questione dello svolgimento della graduatoria e della necessità di revocarla.

MAURIZIO LEO. Mi sembra ci sia stata un'interrogazione a risposta immediata al riguardo.

PRESIDENTE. A questo mi riferivo.
Ringrazio il dottor Romano per la sua relazione introduttiva e do la parola ai deputati che intendano porre quesiti e chiedere delucidazioni.

ANTONIO PEPE. Vorrei ringraziare il dottor Romano - a cui rivolgo gli auguri di buon lavoro - e tutto lo staff dell'Agenzia delle entrare. Desidero ora porre una domanda e formulare un invito su un tema specifico. La domanda, a cui in parte il direttore ha già risposto, riguarda l'aspettativa di tutti quei giovani che hanno partecipato, nel 2006, al concorso inserito nel «progetto Iride». Lei sostiene, dottore, nell'appunto che ci ha consegnato, che rientra nella discrezionalità dell'amministrazione finanziaria decidere se fare un nuovo concorso o meno. Posso essere d'accordo su questa affermazione, così come sono d'accordo sul fatto che occorrono funzionari di alta potenzialità nell'amministrazione finanziaria.
Ricordo a me stesso, però, che nel vecchio concorso vi erano addirittura soggetti idonei (non vincitori di concorso) che hanno sicuramente le potenzialità per essere ottimi funzionari dell'amministrazione dello Stato avendo conseguito punteggi superiori rispetto a soggetti di altre regioni, risultati poi vincitori del concorso. A mio avviso, bandendo un nuovo concorso, facciamo venir meno le aspettative di questi giovani, facciamo sicuramente crescere i costi e i tempi e, soprattutto, non superiamo il problema dell'occupazione dei giovani del sud che si ricollega alla questione del potenziamento dell'ufficio delle regioni del nord, che viene affrontata nel documento che ha predisposto per questa audizione.
Oggi tanti giovani del sud lavorano al nord e vorrebbero ritornare al sud. Facendo ulteriori concorsi non rischiamo di avere più gente del nord che vi partecipa? Pubblicizzando questi concorsi noi faremo partecipare più giovani laureati del nord. Il vero problema è che al sud, a differenza di quanto avviene nel nord del paese, mancano i posti di lavoro. Altrimenti non avremmo una partecipazione così elevata ai concorsi notarili, in magistratura, nei vari ministeri e in tutta pubblica amministrazione da parte dei giovani del sud. C'è una carenza di posti di lavoro che fa spostare i giovani al nord.
Bisogna risolvere questo problema con una maggiore mobilità. In proposito non so quale sia la posizione dell'Agenzia. I ragazzi del sud che vivono e lavorano al nord svolgono le proprie attività con poca serenità e questo incide anche sull'efficacia


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del lavoro. Che speranze diamo agli idonei del vecchio concorso inserito nel «progetto Iride»?
L'invito, invece, che faccio all'amministrazione attiene alla tassazione degli atti di donazione. Nella sua relazione, dottor Romano, ha detto che è necessaria un'uniformità di comportamento degli uffici, cosa giustissima. Constatiamo, però, che, dopo la reintroduzione, con il collegato fiscale di quest'anno, della tassa di successione e donazione, alcuni vostri uffici non applicano più la circolare n. 91/2001, la quale prevede che, per gli atti di donazione, non si pagano i 168 euro di tassa d'atto in sede di registrazione, dato che si pagano le imposte ipotecarie e catastali. Molti uffici non applicano più questa circolare, perché, essendo stata reintrodotta la tassa di donazione anche per le donazioni per le quali prima non si pagava la somma di 168 euro (le donazioni in linea retta tra padre e figlio, per esempio di 10 mila euro), ritengono di doverla richiedere, oltre all'importo ipotecario e catastale in virtù di una vecchia risoluzione degli anni novanta.
Personalmente ritengo che non sia giusto. Se è prevista un'esenzione fino ad 1 milione di euro per le donazioni in linea retta, questa esenzione deve essere totale. Non possiamo, come amministrazione finanziaria, chiedere 168 euro per una donazione tra padre e figlio di 10 mila euro. Se, come legislatori, abbiamo previsto l'esenzione, questa dev'essere totale, altrimenti danneggiamo soprattutto le piccole donazioni.
È necessaria, inoltre, un'uniformità di giudizio tra tutte le Agenzie delle entrate. Non è pensabile che in Puglia viga una tassa d'atto e nel Lazio, per esempio, no. In questo modo si creano delle sperequazioni tra i vari uffici. Il mio è un invito ad affrontare il problema, a studiarlo e ad emanare una circolare a tutte le Agenzie delle entrate competenti.

MAURIZIO LEO. Volevo innanzitutto rivolgere un cordiale saluto agli amici dell'Agenzia delle entrate.
Parto da una considerazione. Negli ultimi tempi abbiamo assistito ad una fase di bulimia legislativa. Dal provvedimento Visco-Bersani a seguire, infatti, il legislatore è intervenuto più volte sulle stesse disposizioni e fattispecie normative.
In questo quadro a tinte fosche, un apprezzamento e un merito vanno rivolti all'Agenzia delle entrate che ha cercato di dipanare questa matassa legislativa. Pur non avendo la responsabilità del legislatore, ha sopperito, in qualche modo, a quella che doveva essere un'azione dell'autorità politica, facendo chiarezza, orientando i contribuenti, consentendo agli operatori dell'amministrazione finanziaria, agli intermediari, alle imprese e a tutti i protagonisti della vicenda tributaria di avere chiarezza e certezza sul modus procedendi.
Partendo da queste considerazioni, vorrei focalizzare l'attenzione su tre tematiche. La prima - più avvertita dagli intermediari - è quella connessa alla proroga dei termini per la presentazione delle dichiarazioni.
Sappiamo che i diversi provvedimenti che si sono succeduti, prevedono l'invio telematico entro il 31 luglio. Sappiamo, inoltre, che la gestione di questa mole notevole di disposizioni tributarie - a fronte delle quali sicuramente ci saranno delle violazioni e delle incomprensioni sulla portata applicativa delle norme, nonostante l'impegno lodevole dell'Agenzia delle entrate - è difficile e gli intermediari non sono in grado di fronteggiare la situazione.
Nel materiale che ci è stato distribuito leggo a pagina 19 che le specifiche tecniche e i software, che rappresentano la chiave di volta del sistema, saranno disponibili per il modello unico persone fisiche dal 2 maggio 2007, per il modello unico società di capitali dal 28 maggio 2007 e via di seguito anche per le società di persone e per gli enti non commerciali. A partire da queste date i professionisti inizieranno a mettere mano effettivamente sulle dichiarazioni dei redditi.
Chiedo, quindi, un'efficiente intermediazione degli uffici dell'Agenzia delle entrate.


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Sarà compito, poi, dell'autorità politica adottare un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, come si è fatto in altre occasioni, per promuovere lo slittamento dei termini. È una situazione molto sentita da tutti.
La seconda tematica riguarda, più da vicino, gli studi di settore. Il direttore Romano ha fatto un'illustrazione puntuale delle problematiche relative a tali studi. Lo ringraziamo di questo, ma il cuore del problema degli studi di settore sta in un aspetto giuridico-interpretativo. È necessario capire effettivamente se la nuova normativa introdotta, per effetto dei provvedimenti adottati da luglio in poi, rappresenti un quid novi rispetto a quanto, fino ad oggi, affermato dall'Agenzia delle entrate.
Conosciamo il proliferare di contenzioso sull'argomento e sappiamo che la posizione dell'Agenzia delle entrate, che ormai affonda le radici nel tempo, è stata sempre volta a sostenere che lo studio di settore, in quanto tale, rappresenta quella presunzione grave, precisa e concordante che legittima e abilita, previo contraddittorio, a procedere ad un accertamento sugli stessi studi di settore. Questa costruzione sembra essere rafforzata dalla nuova impostazione dell'articolo 10 della legge n. 146/98 che, attraverso una riscrittura, porta a dire che, laddove ci sono scostamenti tra i dati dichiarati e quelli emergenti dagli studi di settore, si procede in via automatica. È vero che c'è una fase di contraddittorio - abbiamo apprezzato quanto detto dall'Agenzia circa il fatto che non si omette questa fase -, però, nel momento in cui gli uffici procedono in questo modo, è verosimile ritenere che si vada sul versante del contenzioso e che gli organi giurisdizionali affermino che, in aggiunta a questo, sono necessarie le gravi incongruenze di cui parla l'articolo 62-sexies del decreto n. 331/1993.
A fronte di questo, l'invito che rivolgo all'Agenzia delle entrate è di fare chiarezza. Mettiamo in condizione i contribuenti e gli uffici di sapere come devono operare per evitare il contenzioso. Apprezziamo molto il dato sulla riduzione dei contenziosi, ma io pavento un incremento notevole in futuro. Su questo tema, infatti, si misureranno i contribuenti e l'amministrazione.
L'altro tema riguarda il rapporto tra IRAP e professionisti. Si è svolto il cosiddetto «IRAP day». La Corte di cassazione si è pronunciata, sostanzialmente, affermando che laddove non esiste organizzazione, personale impiegato, lavoratori dipendenti e via dicendo, il professionista è escluso dall'IRAP.
Sicuramente l'Agenzia delle entrate nulla può fare sul versante normativo poiché è compito del legislatore, dell'autorità politica, adottare, in tempi rapidi, una norma di legge, tuttavia, invito l'Agenzia delle entrate a verificare bene le procedure. Infatti, oggi, per come sono impostati i modelli e i software applicativi, accade che il contribuente che compila il quadro E, il quadro del reddito del lavoro autonomo, attraverso un meccanismo che definirei di forzatura, deve necessariamente compilare quello relativo all'IRAP. Questo non mi sembra sia rispettoso dell'orientamento della Corte di cassazione. Pertanto, se correggessimo, in qualche modo, questa anomalia applicativo-operativa, faremmo un grosso passo in avanti ed eviteremmo un ulteriore contenzioso e problemi applicativi.
Quanto al contenzioso futuro, va benissimo quello che è stato realizzato fino a questo momento. Vorrei una vostra valutazione sulle probabilità di contenzioso che possono derivare dalla legislazione alluvionale, poc'anzi ricordata. Mi riferisco, in particolare, all'imposta di registro: da una tassazione a rendite catastali, con moltiplicatori, ritorniamo ad una tassazione a valore. Siamo tutti memori di quel che accadde fino al 1986, quando fu introdotto il nuovo testo unico dell'imposta di registro, che superò queste situazioni patologiche. Cosa ci riserverà, a questo punto, il futuro sul versante dell'imposta di registro? Ho già parlato di società di comodo e di studi di settore, dunque non mi ripeto.
Un ulteriore tema è stato già trattato dal mio collega, onorevole Pepe, le cui


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considerazioni condivido pienamente. Capisco le necessità e le esigenze dell'Agenzia delle entrate, ma cerchiamo di immedesimarci anche nei giovani che vedono deluse le loro legittime aspettative, dopo aver partecipato ad un concorso e non essere riusciti a rientrare nel numero dei vincitori, molto spesso, per poche frazioni di centesimo. Bisognerebbe trovare una soluzione per questi giovani, considerato che hanno bene operato e stanno continuando a farlo presso gli uffici. Parlo di idonei che hanno partecipato al concorso e già provengono da una selezione, delle cui aspettative dobbiamo tener conto.
Il direttore Romano e gli altri colleghi dell'Agenzia conoscono bene un'altra questione importantissima, che riguarda le posizioni dirigenziali non formalmente definite, vale a dire i dirigenti degli uffici di livello dirigenziale, che - per una serie di circostanze - non hanno ancora lo status di dirigenti. Molti di loro sono alle soglie della pensione e potrebbero ricevere, quindi, un pregiudizio notevole, anche in termini di trattamenti pensionistici.
L'invito che voglio rivolgere è quello di sanare, in tempi rapidissimi, questa situazione. Mi risulta che molte persone hanno alle spalle 14-15 anni di permanenza presso uffici con posizioni di livello dirigenziale, senza averne lo status. Queste persone non possono andare in pensione, dopo aver dedicato una vita all'amministrazione, senza il dovuto riconoscimento.

PRESIDENTE. Rivolgo la preghiera di essere più concisi, per dar modo a tutti i presenti d'intervenire.

FRANCESCO TOLOTTI. Mi associo ai ringraziamenti ai nostri ospiti. Mi sembra che l'esposizione molto ampia e la qualità del materiale fornitoci siano testimoni del fatto che l'Agenzia delle entrate è un patrimonio comune che va valorizzato e riconosciuto. Ritengo che debba essere oggetto di una considerazione attenta bipartisan, come mi pare stia accadendo in questa Commissione.
Vorrei affrontare quattro brevi punti. Il primo - già ampiamente trattato - riguarda la questione degli idonei. A mio parere, tale questione ha una consistenza intrinseca non soltanto per le aspettative soggettive, che in qualche modo rischiano di essere deluse. Ho letto nell'appunto, ad esempio, che in occasione del prossimo concorso ci sarà un riconoscimento per chi è risultato idoneo nell'ultimo espletato. Ma la questione ha una consistenza, da un punto di vista logistico-organizzativo, sul versante dell'amministrazione: è vero che ci sono alcune centinaia di posti da coprire, ma mi sembra che siano concentrati soprattutto in alcuni ambiti e che ci sia il rischio che si indìcano concorsi, con i costi che questo comporta per alcune regioni e per alcune realtà, per coprire posti che si possono contare quasi sulle dita di una mano. Non so se questa situazione, oggettivamente, risponda a quei criteri di economicità e di opportunità richiamati dall'appunto che ho letto (tra l'altro molto velocemente e, quindi, se ho frainteso, me ne scuso).
Il secondo punto - affrontato dal collega Leo - riguarda gli studi di settore. Credo sia apprezzabile l'iniziativa (comunicata anche tramite la stampa) che l'Agenzia ha assunto in questi giorni, di investire in questo passo intermedio, che sollecita il contribuente, prima dell'avvio alla procedura di accertamento, a verificare la congruenza delle proprie posizioni.
Chiedo al dottor Romano, in merito ad una sua precedente affermazione - tra l'altro molto chiara -, di aggiungere qualche considerazione. Lei ha detto giustamente - credo che ne conveniamo tutti - che gli studi di settore non possono essere una sorte di minimum tax. Credo che questo sia assolutamente vero, tuttavia, alla luce delle ultime disposizioni presenti nel decreto Visco-Bersani (per esempio, quella relativa all'accorciamento dei tempi del periodo di revisione, da quattro a tre anni) e alla luce di quanto finora si è normativamente prodotto (e si è potuto riscontrare sul versante dell'applicazione), vorrei chiederle se questo principio abbia oggettivamente possibilità di tradursi in concretezza pratica.


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Voglio affrontare due ultime questioni, riguardanti punti un po' dolenti.
I giornali di ieri hanno richiamato la situazione un po' anomala che si è determinata in relazione alle ritenute IRPEF. Tali ritenute, infatti, sono state applicate senza tener conto del fatto che, nella finanziaria 2007, era stato concesso ai comuni di stabilire fasce di esenzione IRPEF legate al reddito.
È chiaro che da un punto di vista matematico, contabile, finanziario, applicare adesso la ritenuta piena per poi restituire, non comporta una variazione. Tuttavia, dal punto di vista dell'impatto (anche psicologico) sul versante dell'efficacia di alcuni provvedimenti assunti, una scelta di questo genere risulta in controtendenza rispetto allo spirito con cui alcune amministrazioni comunali hanno deciso di applicare le esenzioni.
Voglio sapere se esista - all'origine di questa situazione - un'interpretazione, un orientamento suggerito dall'Agenzia delle entrate e a quali esigenze risponda.
Mi risulta che ci sia una interpretazione quanto meno estensiva degli obblighi legati alla tenuta dell'elenco clienti-fornitori. In particolare, mi sembra che i CAF - che nel loro insieme hanno milioni di clienti - siano, per un'interpretazione estensiva, obbligati alla tenuta dell'elenco clienti-fornitori. A me sembra che si tratti di società un po' particolari e che il rapporto che hanno con i loro clienti sia un po' peculiare. Volevo sapere se effettivamente è così e se vi è l'opportunità di intervenire per esonerarli da questo obbligo.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Ringrazio il dottor Romano per la sua brillante esposizione - molto chiara - che, a mio giudizio, mette in risalto, nel momento in cui parla di logica collaborativa, quella filosofia di fondo che caratterizza tutta questa azione. A proposito di tale logica collaborativa, vorrei parlare del ruolo che ricoprono i professionisti e gli intermediari. Alcuni punti sono già stati trattati dai colleghi che mi hanno preceduto, tuttavia - mi rivolgo al dottor Romano -, vorrei focalizzare l'attenzione sull'impossibilità materiale, per i commercialisti, i professionisti, i consulenti, di rispettare la scadenza del 31 luglio. Non siamo di fronte alla solita e generica lamentela, che ricorre tutti gli anni (spesso in questo periodo), sull'enormità del lavoro, ma siamo in presenza dell'enorme volume di legislazione posto in atto in questo settore.
In questo momento risulta necessaria la revisione degli studi di settore; c'è poi l'aspetto degli indici economici, legati agli studi di settore, che rivoluzionano completamente i dati, rispetto a quelli dello scorso anno. Ci si trova di fronte, materialmente, alla dichiarazione - come mi è capitato l'altro giorno - di un imprenditore che da 350 mila euro, cifra congrua e coerente, si trova a doverne pagare 530 (parlo di un piccolo e medio imprenditore edile).
Non discuto tanto dell'applicazione, ma del fatto che - a questo punto - ci si debba fermare, chiamare l'imprenditore e cercare di risolvere insieme la situazione
Aggiungiamo il discorso degli elenchi clienti-fornitori che, anche se è stato rinviato, è pur sempre un adempimento che deve essere preparato e quello della normativa sulle società non operative, di comodo, che richiedono la presentazione degli interpelli (con una conseguente serie di valutazioni con i clienti, da svolgere con una certa tranquillità).
Inoltre, la richiesta del rimborso IVA, anche se è stata spostata al 20 settembre, resta una questione che deve essere programmata e preordinata.
Consideriamo, ancora, tutte le novità in materia dell'edilizia, la contrattualistica, per quanto riguarda l'applicazione dell'imposta di registro e di IVA - che varia molto - e, dulcis in fundo, gli adempimenti che gli studi medi devono affrontare, ogni mese, con la spedizione degli F24, che comporta un aggravio notevole.
Credo che la funzione dello studio professionale debba essere inserita in quella logica collaborativa da lei giustamente richiamata e mi auguro che, quantomeno per quest'anno, finché non vengono assimilate e acquisite tutte le specialistiche


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nuove, si possa realizzare quel vostro auspicio (manifestato anche dal collega Maurizio Leo) affinché il Governo assuma questa misura, senza la quale saremo nell'impossibilità di far fronte alle scadenze del 31 luglio.

ANTONIO BORGHESI. Vorrei fare solo un'annotazione brevissima sulla vicenda del concorso, in quanto sono stato uno degli autori dell'interrogazione a risposta immediata svolta in Commissione dieci giorni fa.
L'appunto che oggi ci avete messo a disposizione ci fornisce maggiori elementi di valutazione rispetto alla risposta che ci era stata data dieci giorni fa,tuttavia, questa vicenda francamente mi convince poco. Infatti, la legge finanziaria mirava a rendere la lotta all'evasione più concreta, più efficace e più rapida ed era a disposizione uno strumento che permetteva di raggiungere tale scopo. Di fronte a questa necessità non si comprende il motivo, del rinvio, che verrebbe giustificato dal fatto che in questo modo ci sarebbero 50 mila persone in più tra le quali attuare la selezione. Se avessimo aspettato un anno, invece di 50 mila sarebbero state 70 mila (quindi, ancora meglio) e, nel frattempo, si sarebbe potuto dare applicazione immediata alle assunzioni. Poiché c'è veramente un numero nutrito di soggetti che hanno ricevuto un punteggio molto vicino rispetto agli ultimi che sono stati assunti, non si comprende per quale motivo, stabilendo il limite del punteggio al di sotto del quale non si deve scendere, quelli che erano in prossimità non siano stati immediatamente assunti, rendendo possibile l'attuazione di quella lotta all'evasione, che il Governo e questa maggioranza avevano deciso di portare avanti attraverso lo strumento della legge finanziaria.

ROBERTO SALERNO. Mi verrebbe da dire, per fare un po' di umorismo, che se fosse tutto facile, non si spiegherebbe il motivo per cui i professionisti, e i commercialisti siano diventati una categoria molto ambita per guadagni, ricavi, parcelle e via dicendo. Probabilmente lo farebbero gli imprenditori stessi (è una battuta).
È chiaro che non deve essere tutto facile, ma neanche diabolico. Capisco che le difficoltà per gli imprenditori ci siano e ci debbano essere. Gli imprenditori devono svolgere il loro ruolo e i professionisti devono occuparsi del rapporto col fisco, ma si dovrebbero evitare le situazioni di grande difficoltà. Il collega ha sostenuto la necessità di una proroga per quest'anno (o comunque un tempo più largo) per le dichiarazioni e gli adempimenti, ma non dobbiamo dimenticare che dal 1973 - dall'introduzione dell'IRPEF e dalla dichiarazione dei redditi del famoso 31 maggio - ad oggi vi è stata sempre un'annualità fiscale sofferta, con le solite novità dell'ultimo momento e senza che mai nulla fosse pronto. Mi sembra, direttore, che questo problema sia cronico. Magari un giorno lo risolveremo, ma al momento sembra che sia strutturale e perdurante.
Vorrei chiedere se nel codice civile - lo dico anche ai professionisti, a chi partecipa attivamente ai direttivi e alle rappresentanze nazionali - compariranno questi professionisti, dal momento che - da quello che leggo - sono gli amministratori alla fine dell'anno a redigere il bilancio, la nota integrativa e via dicendo e non gli imprenditori, che non lo sanno e non lo possono fare. Chissà se usciremo da questa superficialità dando alla categoria il suo valore, non solo simbolico, ma anche giuridico, come avviene per gli avvocati. Nessun cittadino interviene nei confronti dell'amministrazione giudiziaria, se non «a mezzo di». Cominciamo a specificare che l'imprenditore non entra in rapporto con l'amministrazione finanziaria e fiscale se non «a mezzo di», anche per riconoscimento simbolico, che attiene alla dignità.
Mi vengono segnalate - come, forse, anche ad altri colleghi - alcune situazioni di progressione di carriera, di attribuzione di incarichi, di successione nelle direzioni dell'Agenzia delle entrate. Faccio riferimento, ad esempio, alle quattro direzioni decentrate di Torino, dove alcuni direttori, vicedirettori e altri dirigenti, si succedono, talvolta senza i requisiti rigidamente previsti per questi avvicendamenti.


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In altre parole, mi viene segnalato un certo malessere causato da alcune attribuzioni, assegnate senza che esistano i requisiti dal punto di vista amministrativo e regolamentare.
Preannuncio che presenterò un'interrogazione, citando alcuni dati precisi. Non so, ancora, se di questa interrogazione manderò una copia a qualche organo di accertamento amministrativo.
La mia domanda è questa: esistono delle situazioni in cui, realmente, l'Agenzia delle entrate provvede all'attribuzione degli incarichi - pur non essendoci i requisiti previsti - in via del tutto temporanea, in via del tutto anticipatoria di un provvedimento più definitivo? All'interno di un organo amministrativo, chi svolge un determinato compito, deve limitarsi soltanto a quello. Quando ne svolge un altro, non avendo i requisiti per farlo, significa che qualcosa non va come dovrebbe. Ebbene, esiste questa situazione? È stata presentata alla vostra attenzione?

NICOLA CRISCI. Relativamente ai compiti dell'Agenzia delle entrate, nel recupero dei cosiddetti aiuti di Stato (l'ultimo provvedimento che abbiamo assunto), mi risulta che siano già stati notificati ad alcune ex aziende municipalizzate gli importi da recuperare, che devono essere pagati, tra l'altro, senza dilazioni. Innanzitutto, mi sembra strano - dato che il provvedimento è stato deliberato solo dieci giorni fa - che siano già arrivate le notifiche.
In secondo luogo, vorrei sapere sulla base di quali criteri siano state effettuate le determinazioni, tenuto conto che il provvedimento è stato approvato i primi di aprile.
In ultimo, mi chiedo se l'Agenzia non pensi di sospendere le eventuali notifiche avviate, da un lato per consentire una puntuale determinazione degli importi - anche alla luce dei criteri di determinazione degli interessi passivi maturati sul dovuto - e dall'altro per permettere anche alle aziende di programmare un piano di adempimento degli obblighi, che, così com'è, rappresenta una condizione pericolosa per lo stesso equilibrio finanziario di queste società, che in alcuni casi risentono pesantemente del sopravvenuto obbligo (anche se largamente conosciuto per le condizioni preesistenti).
L'Agenzia delle entrate non ritiene, quanto meno, di sospendere le notifiche effettuate? Non ritiene opportuno mettere tutte le aziende - che saranno qualche centinaio - nelle condizioni di poter operare, attraverso adempimenti immediati, senza rateizzazione degli obblighi, evitando di andare incontro a pericoli per la loro stessa vita?

IDA D'IPPOLITO VITALE. Esprimo un apprezzamento sincero, non retorico, alla relazione del dottor Romano, che appare di facile lettura ed estremamente minuziosa. Tuttavia, con grande onestà intellettuale, sottolineo che per adeguate considerazioni sul punto, sarebbe necessario un più approfondito esame.
Coglierò alcuni spunti dalla relazione. Vorrei partire dal dichiarato sforzo di evitare gli errori da parte del contribuente, come da parte dell'Agenzia delle entrate.
Il primo punto di domanda è molto semplice. Nonostante la creazione della Riscossione Spa - quindi di una società a totale partecipazione del Ministero dell'economia e delle finanze - sopravvive ancora il fenomeno delle «cartelle pazze». Prima la responsabilità era delle varie filiali dell'Agenzia delle entrate, ma attualmente di chi è?
La seconda riflessione la rivolgo allo sforzo, che l'Agenzia opportunamente compie, di modernizzare il sistema nel suo complesso, per facilitare le operazioni di pagamento da parte del contribuente - quindi sotto il profilo della riscossione e dell'accertamento - attraverso il ricorso a meccanismi informatici, variamente complessi. Prendendo atto di un paese che in realtà non corre sempre alla stessa velocità, mi domando quale sistema di pubblicità l'Agenzia ritenga di poter o di dover adottare, per una comunicazione che sia mirata, soprattutto, a quelle ragioni dove la sensibilità, rispetto all'utilizzo di tali meccanismi, appare più in ritardo.


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Concludo non sottraendomi all'obbligo - che sento di avere come parlamentare del sud, oltre che come parlamentare nazionale - di soffermare la mia attenzione sulla questione già posta dai colleghi che mi hanno preceduto. Non voglio soffermarmi sulle potenziali critiche, che potrei esprimere, rispetto alle ragioni che hanno determinato la scelta dell'Agenzia, in ordine all'indizione del nuovo concorso, «in danno» della famosa graduatoria degli idonei. In sintesi, la risposta che ci avete fornito è che è stata esercitata una vostra discrezionalità.
La domanda che vi rivolgo è la seguente: non vi pare che questa candida affermazione - contenuta addirittura nella risposta del Governo (quindi ufficiale), oltre che dell'Agenzia delle entrate - di una carenza nelle regioni del nord di personale idoneo, perché non partecipante alla selezione attraverso i concorsi indetti, finisca per rappresentare una violazione, in punto di diritto, di un principio costituzionale (articolo 3) circa le pari opportunità da offrire a tutti coloro che intendano partecipare?
Sostanzialmente, l'affermazione che la maggior parte degli idonei, contenuti nella graduatoria, appartengono a regioni del sud e non del nord - è una delle ragioni addotte, ad esempio, dal Governo - rischia di diventare (al di là della volontà che ritengo, già in punto di principio, estranea sia all'Agenzia che al Governo) una pericolosa discriminazione. Tale discriminazione, di fatto, prendendo spunto da una probabile mobilità di eventuali assunti (del sud o del nord), rischia di alimentare una cultura della differenza e della separatezza.
I giovani preparati del sud (che certamente, in termini di competenza e professionalità, non hanno niente da invidiare agli altri giovani intraprendenti del nord) si spostano nel nord d'Italia per carenze organiche e strutturali di lavoro, nelle regioni di riferimento.
Nessuno si allontana volentieri dalla propria terra per andare altrove. È stato opportunamente osservato dal collega Pepe che al nord vi è un'offerta di lavoro che, probabilmente, scoraggia la partecipazione al concorso pubblico, che offre risorse e prospettive limitate. Di contro, le strade della libera competizione e del libero mercato consentono migliori gratificazioni a chiunque abbia l'opportunità di percorrerle.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fugatti, che invito ad essere sintetico nel suo intervento, poiché alle 16,30 siamo chiamati a votare in Assemblea.

MAURIZIO FUGATTI. Mi associo a tutte le richieste sollevate per quanto riguarda gli adempimenti degli operatori e degli intermediari. A questo proposito, è stata presentata una risoluzione - che reca la nostra firma e il cui svolgimento è il punto all'ordine del giorno successivo a questa audizione - che chiede di ripristinare i termini per l'invio delle dichiarazioni. Non voglio, quindi, ripetere quanto già è stato detto, che condivido.
Vorrei porre una sola domanda (probabilmente mi sono distratto e mi scuso per l'eventuale mia incomprensione). A pagina 81 e 82, dove si parla di prevenzione e contrasto all'evasione e dei risultati del primo trimestre 2006 posti a confronto con quelli del 2007, sugli accertamenti si rileva un aumento del 50 per cento, circa 33 mila in più. Nella pagina successiva, si parla di maggiore imposta complessivamente accertata ed altro. Vorrei sapere se le informazioni contenute in queste due pagine siano collegate o meno.

GIANFRANCO CONTE. Rivolgo subito la mia osservazione al direttore Romano. Non ho mai visto, in nessuna delle presentazioni attraverso slides, una rappresentazione del piano generale degli organici dell'Agenzia delle entrate.
Nella descrizione sono riportati il numero degli uffici, la direzione regionale e quant'altro. Credo che sarebbe utile, per la Commissione finanze, anche in relazione a questa vicenda dei concorsi, sulla quale personalmente ho un'idea del tutto diversa, fornire tale rappresentazione. Gli


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organici vanno definiti qualificando il personale e, obiettivamente, l'Agenzia delle entrate ha la necessità di inserire giovani forze, più qualificate, che siano in grado di dare risposte. La circostanza che, progressivamente, si possano ridurre gli organici in zone dove non vi è grande presenza di attività economico-finanziarie, permettendo il trasferimento di tale personale in altre zone, è nei fatti. È chiaro che nel nord i costi sono maggiori, che è più facile trovare un posto di lavoro e che molto spesso i ragazzi che vengono assunti dall'Agenzia delle entrate passano al privato perché vengono retribuiti maggiormente. Tutte queste mi sembrano questioni storicamente e assolutamente comprensibili.
Se si continuano a tenere organici debordanti in zone che non hanno un significativo impatto per la presenza di imprenditoria o altro, è chiaro che non si risolverà mai il problema del rapporto, così squilibrato, per le regioni del nord.
Ci piacerebbe, una volta tanto, avere un'idea più definita, anche per avere, statisticamente, un rapporto fra impiegati, accertamenti operati, efficienza degli uffici e quant'altro. Credo che, in qualche modo, una situazione del genere tranquillizzerebbe anche i colleghi, che avrebbero un'immagine un po' più compiuta.
A pagina 82 - questo fa un po' pendant con quanto diceva il collega Fugatti - vedo che, nel 2007, alla voce «note e accertamenti definiti con adesione e acquiescenza», vi è un calo quasi del 20 per cento: da 37.423 del 2006 a 31.385 del 2007.
Mi ha interessato l'idea di utilizzare meglio, in via progressiva, le risorse del Mezzogiorno. Prendo ad esempio il caso dell'utilizzo di Reggio Calabria per lavorare sugli accertamenti di Roma o di Milano.
Questa idea sarà portata avanti? Avete intenzione di svilupparla ulteriormente? Quando si parla di una sorta di operatore virtuale, l'idea è quella di utilizzare gli uffici debordanti del Mezzogiorno e organizzare un vero e proprio pool come call center? Mi interesserebbe sapere come intendiate strutturare questa proposta.
Naturalmente, tutto questo si scontra con le risorse a disposizione (mi risulta che ne abbiate poche). Allo stato, forse ancora in sede di accertamento, qualche nuova risorsa vi potrebbe essere data.
Non c'è una sottostima, da parte del Governo, della funzionalità degli uffici, in relazione al fatto che vi è stato chiesto, obiettivamente, un grande sforzo, soprattutto sul piano dei nuovi accertamenti?
Negli uffici periferici mancano concretamente le dotazioni, i materiali strumentali e quanto altro. Alcuni uffici, mi risulta già da ora, non si sentono in grado nemmeno di dare riscontro alle richieste che vengono mosse in termini di budget.
M'interesserebbe approfondire la questione del rapporto coordinato con la Guardia di finanza. Ho l'impressione che questo nuovo metodo di concorso, che si rivolge a nuove risorse umane, sia collegato al sistema, usato dalla Guardia di finanza, che consiste nell'aggiornare annualmente le richieste per immettere nuovo personale.
Ho letto la direttiva del ministro, per quanto riguarda l'attività di quest'anno, ma non ho visto traccia di rapporti coordinati tra voi e la Guardia di finanza.
Non sarebbe più opportuno evitare sovrapposizioni (che spesso si verificano) tra i vostri uffici e la Guardia di finanza? Qual è lo stato dei vostri rapporti? A che livello viene effettuato il coordinamento per dare disposizioni anche ai livelli territoriali?
Infine, lei ha lasciato da parte - ma non vedo tra i presenti l'amministratore di Equitalia - la questione «riscossione». È vero che state pensando ad una struttura di riscossione collegata con le Agenzie delle entrate, ovvero una struttura di carattere regionale per le società? Mi interesserebbe saperlo poiché evidentemente una struttura regionale, riferita anche alle società che sono rimaste, potrebbe risultare interessante. Vorrei conoscere il suo parere su questa eventualità.

PRESIDENTE. Vorrei porre anch'io alcune domande. Innanzitutto desidero soffermarmi sulla tematica delle stock options,


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cioè sull'applicazione del regime fiscale agevolato, sull'esclusione del reddito imponibile, sui piani e sui famosi tre anni prima di poterle esercitare. Il problema si pone totalmente per i dipendenti che possono esercitare queste opzioni prima dell'entrata in vigore del decreto-legge.
Vi è un atteggiamento conflittuale e contraddittorio da parte dell'Agenzia. In un primo momento era stato accolto l'ordine del giorno approvato dalla Camera, con un parere favorevole del Governo, ma successivamente vi è stata un'ulteriore indicazione che ha corretto sostanzialmente la prima impostazione.
La domanda è finalizzata a conoscere la disciplina tributaria applicabile agli anni di stock options, stabiliti prima dell'entrata in vigore del provvedimento (era prevista una durata di tre anni o addirittura non se ne prevedeva alcuna). Vorrei, inoltre, sapere se il regime previsto dall'articolo 51 possa essere applicato anche a quelle azioni, per le quali le relative opzioni non siano state esercitate dai dipendenti prima dei tre anni.
Per quanto riguarda la seconda questione, vorrei chiedere - credo di dovermi rivolgere al dottor Busa - i motivi del ritardo di un parere, richiesto dal Ministero dell'economia e delle finanze, concernente l'applicazione del comma 185 della legge finanziaria, relativo alle associazioni che operano nella realizzazione di manifestazioni di particolare interesse storico (la cosiddetta defiscalizzazione). Poiché la legge prevede trenta giorni, e ancora non esiste tale parere, vorrei conoscere le motivazioni del ritardo (se osti qualcosa) ed, eventualmente, sollecitare la sua espressione.
Al di là della graduatoria del concorso degli idonei, si pone la questione (da tutti sottolineata) del diritto. Siamo in tema di facoltà, rispetto alla possibilità sia di utilizzare la graduatoria sia di indire un nuovo concorso.
Si rileva un problema di indirizzo politico. Trattandosi di scelte politiche da sottoporre all'attenzione del ministro e del Governo per i provvedimenti consequenziali, credo che, se vi fosse una concordia di intenti da parte della Commissione, che riguardi noi e non l'Agenzia delle entrate, si potrebbe adottare una risoluzione in materia. Diversamente rischieremo di attribuire la responsabilità della decisione all'Agenzia delle entrate, che è relativa, dal momento che ci troviamo in tema di indirizzo politico generale.
Non mi unisco alle lodi e agli apprezzamenti nei confronti del dottor Romano, che ne ha ricevuti troppi e potrebbe farne indigestione! Però, direttore, apprezzo moltissimo il lavoro svolto da lei e dai suoi colleghi e la ringrazio per l'esposizione chiara e per lo scritto che ci è stato consegnato.
Do la parola al nostro interlocutore per la replica.

MASSIMO ROMANO, Direttore dell'Agenzia delle entrate. Cercherò di raggruppare, per quanto è possibile, almeno alcune delle domande, per poi chiedere aiuto ai colleghi su alcune puntualizzazioni più specifiche.
Il primo tema, ricorso in numerosi interventi, è quello del termine ultimo del 31 luglio, fissato quest'anno dal legislatore, per gli adempimenti dichiarativi.
Vorrei chiarire che l'Agenzia rappresenta soltanto l'esecutore nel sistema e non chi decide il calendario o i termini.
Credo che sia ampiamente noto alla Commissione - avendo, poi, operato in termini legislativi - che l'esigenza di anticipare i termini nasce da una necessità di recuperare agibilità in un sistema di termini cadenzati, quindi anche di decadenza e prescrizione. Non sono previsti solo i termini per i contribuenti, ma anche quelli per l'attività di controllo formale e per quella di controllo sostanziale. Si avverte, quindi, l'esigenza di recuperare una funzionalità.
È stato poco fa ricordato il termine del 31 maggio, che molti di noi hanno conosciuto come termine storico. È un po' paradossale che l'informatizzazione, la telematica e quant'altro abbiano finito per peggiorare quello che, con carta, riuscivamo a fare entro il 31 maggio con qualche «sforamento» rituale (come ricordava


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prima l'onorevole). Abbiamo fatto un confronto con le altre amministrazioni europee, con le quali sempre più ci dobbiamo raccordare: tali amministrazioni hanno una tempistica nettamente più ristretta rispetto a quella italiana.
Non sto ad analizzare le cause di queste tempistiche che nascono (ci troviamo, in questo momento, nella sede della produzione normativa) anche dalla tendenza, tutta italiana e storica, di produrre leggi in tempo estremo rispetto agli adempimenti, alle volte anche qualche giorno dopo.
Questa è una questione che, ovviamente, rimetto alla vostra valutazione e che certamente rappresenta un primo elemento di complessità che si scarica sull'amministrazione che deve provvedere ad interpretare - le leggi di per sé spesso necessitano di una attività di chiarificazione -, approntare dei modelli, delle procedure informatiche, predisporre delle tecniche specifiche e delle procedure di mercato - fornite da soggetti operanti nel settore del software - alle quali ricorrono operatori professionali per la produzione delle dichiarazioni.
Ricordo che, ormai da anni, non esistono dichiarazioni fatte manualmente, poiché è praticamente impossibile compilare una dichiarazione senza l'ausilio di sistemi informatici.
In questo scenario, dove tanti sono i soggetti e gli attori di un processo complesso, ci siamo impegnati, con risultati positivi - anche se sono poi i dati a parlare -, per rispettare al massimo tutte le scadenze dell'amministrazione. Credo che i dati, che abbiamo ricordato anche nella presentazione che vi è stata distribuita, lo testimonino. Abbiamo accorciato notevolmente i tempi, in qualche caso addirittura di due o tre mesi, rispetto al rilascio delle corrispondenti applicazioni degli anni precedenti.
L'amministrazione ha svolto questo suo ruolo e continuerà a svolgerlo per gli altri adempimenti che sono stati calendarizzati.
Abbiamo aperto, come credo sappiate, un tavolo tecnico, di tipo permanente, con tutti gli operatori professionali del mondo tributario, dinanzi al quale vengono portate varie questioni, comprese quelle da voi oggi segnalate. È aperto, dunque, il confronto in termini di verifica delle criticità, analizzando concretamente quelli che sono i problemi, la tempistica e i passaggi.
Abbiamo affrontato un dialogo costruttivo con le rappresentanze delle società di software, che rappresentano un altro componente essenziale, perché, se tali società non rispettano una certa tempistica, rischia di saltare l'intero sistema.
Le società di software ci hanno garantito il massimo impegno nel rispettare un calendario compatibile con la data ultima del luglio prossimo.
A questo punto, la posizione dell'amministrazione, e qui mi fermo, è quella di garantire un monitoraggio quotidiano sulla situazione e, per quanto riguarda tutti gli aspetti di tipo procedimentale, inerenti alla predisposizione dei modelli e di tutti gli altri adempimenti, verranno segnalate - con prontezza e con immediatezza - all'autorità politica le criticità che si dovessero registrare.
Un altro problema, segnalato in vari interventi, riguarda gli adempimenti nuovi, o comunque modificati, che gravano su tutti gli operatori professionali (come gli studi o altri soggetti).
Questo è un tema sicuramente complesso, che involge una valutazione di ordine politico, piuttosto che tecnico. Per questo motivo non possiamo che rappresentarlo all'autorità politica.
La posizione dell'amministrazione è quella di essere attenta nel monitorare le criticità che si dovessero manifestare. Ad oggi, non abbiamo criticità di tipo procedimentale nel calendario. Se ve ne saranno, le rappresenteremo. In ogni caso - ma questo è un compito che spetta più alla politica che a noi - il Governo dovrà essere informato delle criticità che provengono dal mondo delle professioni e da quello degli operatori della fiscalità.
Voglio affrontare, adesso, il problema degli studi di settore. L'onorevole Leo segnalava il problema del carattere interpretativo, o meno, della normativa, mentre


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l'onorevole Tolotti ricordava i problemi della minimum tax sottolineando che di questo non si tratta, nonostante alcune cose realizzate potrebbero portare a pensarlo.
La posizione dell'amministrazione, sul tema della valenza non innovativa della normativa, è abbastanza chiara. L'amministrazione ha sempre ritenuto che la normativa degli studi di settore, evidenziando un risultato difforme da quello dichiarato, di per sé costituisce un elemento sufficiente per la formulazione della pretesa fiscale.
Questa è la posizione dell'amministrazione, alla quale ci atterremo anche in futuro.
Personalmente non credo che vi sia il rischio che gli studi di settore diventino una sorta di minimum tax surrettizia. L'amministrazione ha operato la chiara scelta di un contraddittorio con il contribuente, imprescindibile nel rapporto con quest'ultimo, che rappresenta un primo elemento di chiarezza e di dialogo.
Un altro elemento molto importante riguarda l'esigenza della rimozione di certi blocchi, che esistevano nella normativa - la regola del «due su tre», il trattamento differenziato, a seconda della forma organizzativa dell'impresa -, che è sorta da una constatazione oggettiva. Vi erano molte attività che, pure in una loro continuità economica, venivano realizzate, ad esempio, attraverso soggetti formalmente diversi. Pensiamo all'attività edile che, per sua natura, un po' dappertutto si realizza attraverso la costituzione di singole società di capitali per un determinato cantiere, che si riconducono a gruppi economici e ad attività organizzate di tipo permanente.
Il superamento di queste barriere nasce proprio dall'esigenza di evitare che aspetti meramente formali, e non sostanzialmente rilevanti, possano diventare un elemento di preclusione.
Le linee dell'amministrazione sono quelle di intercettare, attraverso gli studi di settore, quelle situazioni che effettivamente hanno condizioni reali non corrispondenti a quelle dichiarate. L'amministrazione non ha interesse ad esasperare il contenzioso, a fare accertamenti fini a se stessi. Questa azione di accertamento oggi non paga, né in termini di accettazione nel rapporto col contribuente né in termini sostanziali, perché si traduce in un boomerang con una serie di gravi inconvenienti che vogliamo assolutamente evitare.
All'onorevole Pepe sicuramente potrà rispondere in maniera più appropriata il dottor Busa, magari anche inviando successivamente una nota scritta, sul tema della tassazione degli atti di donazione.
L'onorevole Leo segnalava il problema dell'IRAP professionisti. Come ha detto lui stesso, noi non possiamo sostituirci al legislatore. L'unica cosa che possiamo fare, come amministrazione - e stiamo valutando come farla, perché è un discorso sicuramente delicato -, è dare indicazione ai nostri uffici su quella che può essere una linea di condotta equilibrata da tenere, in presenza di un quadro normativo non compiutamente definito, quale quello che si è determinato nel campo dell'IRAP delle attività professionali prive di organizzazione.
Su questo stiamo lavorando, proprio in una logica di prevenzione dei conflitti e delle controversie. Il resto è affidato al legislatore, al quale non possiamo che rimetterci.
Circa il problema, segnalato dall'onorevole Tolotti, delle ritenute sull'addizionale comunale IRPEF, proprio l'altro ieri abbiamo emanato un comunicato che cercava di fare chiarezza in un quadro normativo in verità non felicissimo.
Abbiamo ritenuto, dando un'interpretazione sostanzialistica del quadro normativo, che si dovesse pervenire alla conclusione che le esenzioni stabilite dai comuni, che per loro natura operano sull'anno 2007 - stiamo parlando di una normativa che entra in vigore da quest'anno -, dovessero essere rilevanti anche ai fini dell'acconto che, invece, per legge è parametrato all'anno 2006.
Crediamo, in questo modo, di aver risolto il problema sul piano interpretativo e di avere evitato che si determinasse una situazione sicuramente incresciosa, con una richiesta di acconti a contribuenti


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peraltro collocati nelle fasce deboli della platea contributiva, ai quali l'imposta sarebbe stata restituita successivamente. Ci sembra che il problema sia stato sostanzialmente risolto.
Per quanto riguarda il problema dell'elenco clienti e fornitori dei CAF, noi ovviamente applichiamo la legge, la quale non fa distinzioni di soggetti. Fare delle discriminazioni presenterebbe, del resto, elementi di criticità, ma questo è un tema che noi non abbiamo affrontato. Nel quadro normativo attuale, tutti questi soggetti sono tenuti alla presentazione dell'elenco clienti. Questo è il quadro attuale.
L'onorevole Salerno ricordava problemi specifici per Torino, relativi a conferimenti di incarichi dirigenziali. Confesso di non conoscere specificamente la situazione di Torino, ma posso riferire il quadro generale dell'Agenzia delle entrate: come ricordava prima l'onorevole Leo, il quadro è quello di un'amministrazione con circa 1.300 incarichi dirigenziali (in tutta l'organizzazione esistono circa 1.300 posizioni dirigenziali), la cui metà è ormai attribuita a non dirigenti.
Abbiamo una situazione, che si trascina da anni, di mancata effettuazione dei concorsi per il conferimento delle qualifiche dirigenziali. Inoltre, devo sottolineare la situazione di sofferenza e anche di anomalia in cui si trova l'Agenzia delle entrate in particolare e, più in generale, la pubblica amministrazione italiana. La lettura che ha dato la nostra Corte costituzionale dell'articolo 97 della Costituzione non mi convince. Lo dico con molta franchezza, ma ho visto che persone più autorevoli di me hanno manifestato queste perplessità...

ROBERTO SALERNO. Mi scusi, cosa recita l'articolo 97 della Costituzione?

MASSIMO ROMANO, Direttore dell'Agenzia delle entrate. «Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso».
Secondo la lettura che ne è stata data, qualunque promozione, qualunque avanzamento interno si traduce in un accesso ai pubblici uffici e, quindi, si deve fare un concorso pubblico, esterno.
Onestamente credo che applicare questa regola in un'amministrazione di alto tecnicismo, dove fare il dirigente di un ufficio significa conoscere il lavoro, la materia tributaria e il ruolo e le funzioni di questi apparati, possa suscitare notevoli perplessità.
In passato si è tentato di introdurre forme di concorso che coniugassero le prescrizioni costituzionali con forme di valorizzazione all'interno, ma sono state censurate e tutto, in questi ultimi 5-6 anni, è rimasto invariato.
Spero che si possa lavorare per riavviare questi meccanismi di giusto riconoscimento, non arbitrariamente ma sulla base di valutazioni oggettive, secondo moderni sistemi di valorizzazione del personale.
Devo anche dire che l'Agenzia ha cercato di conformarsi, peraltro, ad un quadro normativo che già esiste, modificando recentemente il proprio regolamento di amministrazione, per consentire che incarichi dirigenziali, ex articolo 19, comma 6 del decreto n. 165, quindi conferibili a soggetti esterni all'amministrazione, vengano conferiti anche a funzionari interni.
Noi abbiamo adeguato il nostro regolamento di amministrazione a questa prescrizione di legge, perché così pensiamo di risolvere quelle situazioni effettivamente critiche determinatesi, che hanno visto coinvolte persone che da anni (anche da 15 anni), svolgono funzioni dirigenziali senza ottenerne il riconoscimento, con un pregiudizio soprattutto in termini di prestazioni pensionistiche. Per l'interpretazione che viene data dagli organi di controllo, infatti, non compete loro il relativo trattamento pensionistico, pur essendo considerati dirigenti a tutti gli effetti, in termini di responsabilità.
Per quanto riguarda il conferimento a quelli che noi chiamiamo in gergo «reggenti», cioè coloro che, pur non essendo dirigenti, vengono chiamati a svolgere funzioni dirigenziali, escluderei che si possano


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conferire incarichi a persone che non hanno la qualificazione formale e sostanziale per svolgere queste attività.
Il nostro conferimento di incarichi è basato su procedure di interpello, che quindi portano a conoscenza delle realtà territoriali gli eventuali incarichi da conferire.
In ogni caso, è stata segnalata una circostanza ed io mi farò carico di verificare la situazione reale per capire quali sono i problemi.

PRESIDENTE. Mi scusi, direttore, la pregherei di concludere, visto che sono imminenti le votazioni in aula.

MASSIMO ROMANO, Direttore dell'Agenzia delle entrate. Cercherò di sintetizzare. Innanzitutto proverò a rispondere sul problema dei concorsi, mentre riguardo alle altre questioni vi farò avere delle risposte più specifiche.
Quanto al problema del reclutamento dei 500 nuovi funzionari credo che vi sia stato, probabilmente, da parte nostra, un difetto di comunicazione. Ci troviamo di fronte alla realtà di un'amministrazione che sta cambiando. Da quando esiste l'Agenzia, sono stati assunti 4000 nuovi funzionari e sono andati via in 7000. Tutti i nuovi assunti sono funzionari di elevata professionalità - in termini di potenzialità, perché parliamo di giovani -, che sono stati assunti con forme di tirocinio e con varie modalità, che comportavano tutte un'attenta osservazione. Si è fatto ricorso a buone procedure selettive, che richiedevano però anche una precisa valutazione a valle.
Questo è un dato oggettivo che trova riscontro un po' in tutte le realtà territoriali dove sono stati inseriti questi giovani. Abbiamo, come già ricordato, una situazione territoriale molto differenziata, tant'è che gran parte di questi reclutamenti sono stati concentrati nelle regioni centro-settentrionali. Non potrebbe esserci - e sarebbe folle pensarlo - alcuna discriminazione di ordine territoriale.
Noi crediamo - e l'esperienza ce lo ha confermato - che vi sia un'attenzione storica dei giovani del sud all'impiego pubblico e una disattenzione cronica nel nord. Basta considerare che le edicole al sud sono tappezzate di giornali di concorsi, mentre al nord ne sono pressoché sguarnite.
Nella precedente selezione, in particolare il Veneto ha svolto un'importante funzione di stimolo, raggiungendo una percentuale di vincitori di concorso pari al 54 per cento dei residenti nella regione, che è assolutamente simmetrica ai partecipanti. Dunque non c'è stata alcuna discriminazione - e non avrebbe potuto essere che così - nei confronti della provenienza o della residenza dei soggetti.
Riteniamo che questa sia la strada, nel senso che non possiamo perseguire quel disegno di amministrazione moderna, efficiente, in grado di rispondere ai bisogni della collettività, con un tasso di residenti nella regione che, come sarebbe accaduto con il meccanismo degli idonei nella regione Lombardia, si sarebbe attestato al 15 per cento. Avremmo assunto soltanto il 15 per cento di residenti nella regione, impedendo anche la possibilità di un ricambio (sappiamo, infatti, che anche tra gli attuali funzionari in servizio molti aspirano al trasferimento al sud). Se continuassimo a perpetuare questo modello organizzativo, ci troveremmo senza una via d'uscita.
Crediamo che la strada sia quella di operare un miglior reclutamento territoriale, una più attenta sensibilizzazione delle varie realtà, cercando comunque - ed è questa la parola d'ordine - di selezionare i migliori. La lotta all'evasione fiscale non si può fare con chiunque: devo essere molto franco, altrimenti direi delle cose che non penso. Per la lotta all'evasione fiscale occorre personale di eccellenza. Oggi la complessità del sistema e delle indagini, la delicatezza delle situazioni che si devono governare nel campo del controllo fiscale - ma direi in generale nel campo della fiscalità - sono tali da richiedere il meglio che il mercato del lavoro offre in quel determinato momento.
Lo spirito che ha guidato la nostra scelta è stato assolutamente questo. Ricordiamoci


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che con l'assunzione di una persona facciamo un investimento quarantennale: quella persona, al 90 per cento, rimarrà in servizio per quarant'anni. Non stiamo facendo, quindi, un investimento a breve termine, che si esaurisce con un breve periodo presso l'amministrazione pubblica. Questo è lo sforzo che abbiamo compiuto, pur rendendoci conto delle difficoltà e delle delusioni che questa decisione comporta nei confronti di chi aveva conseguito l'idoneità.
Per estrema franchezza, devo anche dire - lo abbiamo ricordato incidentalmente nella relazione - che, oltre al punteggio complessivo del concorso, vi è anche un punteggio assegnato in seguito al colloquio, che è la parte più qualificata della selezione. I giovani sono abituati ai meccanismi a risposta multipla, a blocco chiuso, perché su di essi in molti casi costruiscono la loro esperienza universitaria. Il differenziale nel punteggio riportato al colloquio, che spesso è notevole, denota una diversità di esperienze, di formazione e di attitudini. Ovviamente esprimo giudizi non assoluti sulle persone, ma di tipo statistico.
Concludo qui il mio intervento, riservandomi di inviare risposte scritte alle altre questioni sollevate.

PRESIDENTE. Sta bene.
Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,30.