COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 11 ottobre 2007


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FRANCESCO TOLOTTI

La seduta comincia alle 10,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Direttore dell'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, dottor Giorgio Tino, sulle problematiche relative al settore dei giochi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del direttore dell'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, dottor Giorgio Tino, sulle problematiche relative al settore dei giochi.
Siamo all'audizione conclusiva dei rappresentanti dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Le audizioni che fin qui abbiamo condotto ci hanno permesso di apprezzare e di constatare l'importanza di un settore che, negli ultimi anni, è passato da una situazione di mancata riconoscibilità e trasparenza ad una situazione, invece, molto più chiara e significativamente importante per l'economia del Paese. Naturalmente, i problemi non mancano, e credo che nell'audizione odierna avremo la possibilità sia di ricostruire il processo che ha riguardato questi anni, sia di avere anche dei chiarimenti, delle valutazioni e delle osservazioni sulle problematicità che tuttora sussistono.
Per l'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato sono presenti il dottor Giorgio Tino, che ne è il direttore, il dottor Antonio Tagliaferri, direttore centrale per i giochi, e il dottor Giannarelli, portavoce.
Do la parola al dottor Tino.

GIORGIO TINO, Direttore dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Onorevole presidente e onorevoli deputati, vi ringrazio, a nome dell'amministrazione che rappresento, dell'attenzione che avete opportunamente ritenuto di dover dedicare all'importante settore dei giochi pubblici, in uno dei momenti più complessi dell'esistenza di questo comparto, obiettivamente non facile in Italia come all'estero.
La memoria che illustrerò in questa audizione, e che consegnerò, tratta dei risultati conseguiti nel periodo che va dal gennaio 2003 all'agosto 2007; delle criticità che sono emerse nel corso del 2007 e che tanto spazio, comprensibilmente, hanno occupato nelle memorie presentate nei mesi scorsi dagli operatori del comparto; dei potenziali effetti derivanti da tali criticità.
Ci sembra opportuno affermare preliminarmente che tale memoria non intende affrontare temi di dettaglio del comparto poiché altri, prima di me, hanno fornito informazioni e valutazioni su specifici aspetti, talvolta giuste, in altri casi non condivisibili. In ogni caso, è presente oggi, per ogni eventuale chiarimento tecnico-amministrativo o gestionale-operativo, anche il massimo responsabile per i giochi, il direttore Antonio Tagliaferri.
Riteniamo invece più utile fornire a lei, signor presidente, ed a voi, signori deputati, un quadro di insieme, sia dell'evoluzione


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avvenuta in questi anni nel settore del gioco, sia dei problemi complessivi e sostanziali che stanno intervenendo, di un livello certo ben diverso da quello riguardante l'aspetto di un singolo gioco. Preciso e precisiamo che il nostro intervento è «tarato» sui fatti, sulle cifre e sugli avvenimenti.
Inizio illustrando i risultati conseguiti nel periodo gennaio 2003-agosto 2007. Ci sembra doveroso rappresentare i risultati oggettivi ed incontrovertibili dell'ultimo quadriennio, rammentando cosa era il comparto dei giochi in Italia fino a tutto il 2002.
Solo ricostruendo correttamente, puntualmente ed apoliticamente - vale a dire in modo assolutamente neutrale rispetto ai Parlamenti ed ai Governi che si sono succeduti, come dovrebbe sempre fare chi, come noi, gestisce rapporti ed interessi pubblici, e non privati - il passato è possibile comprendere la reale portata dei risultati raggiunti in questi quattro anni dallo Stato - e sottolineiamo dallo Stato - attraverso l'AAMS; e questo grazie soprattutto - ci tengo a dirlo - all'impegno costante e convinto dei suoi dirigenti, dei suoi funzionari, dei suoi impiegati, uomini e donne, del sindacato, oltre che, ovviamente, grazie alla sempre più intensa e produttiva collaborazione delle Forze di polizia.
La situazione di partenza riguarda l'anno 2002, un anno importante; vedremo poi il perché. La situazione del comparto nei primi anni del terzo millennio è, come ben noto, documentata da un imponente (e molto interessante ed originale) studio dal titolo «Indagine conoscitiva sul settore dei giochi e delle scommesse», condotto nel triennio 2001-2003 dalla VI Commissione permanente del Senato e le cui conclusioni, che contengono fondamentali linee di indirizzo, sono state approvate - occorre sottolinearlo - all'unanimità, vale a dire sia dai membri dell'allora maggioranza, che da quelli dell'allora opposizione.
In questa sede si ritiene, più che opportuno, necessario ricordare alcune fondamentali affermazioni riportate nell'indagine conoscitiva circa la situazione dell'epoca e gli indirizzi di sviluppo da attuare. Leggo testualmente: «Se da un lato si stima in 40 mila miliardi di lire» - pari a circa 21 miliardi di euro - «il fatturato annuo del gioco legale, si può valutare in una cifra doppia la stima complessiva proveniente dall'intero settore. Si presume», continuavano i senatori, «che sia possibile recuperare una quota pari a quella legale, vale a dire altri 40 mila miliardi di vecchie lire», quindi altri 21 miliardi di euro.
«Per rilevare l'entità del fenomeno del gioco clandestino, è sufficiente far riferimento», continuano sempre i senatori, «alla diffusione degli apparecchi elettronici per il gioco d'azzardo, che produce», afferma la Commissione all'unanimità «un movimento stimato in oltre 30 mila miliardi di lire», circa - aggiungo io - 15,5 miliardi di euro. «In riferimento a quanto osservato nel corso del sopralluogo in Spagna, in Inghilterra, Paesi nei quali è pressoché assente il fenomeno del gioco illegale, si può sostenere che il gioco clandestino sia in diretta correlazione con la capacità dei pubblici poteri di offrire una gamma di prodotti quanto più differenziata ed appetibile.
In conclusione, la Commissione ritiene che l'espansione del gioco clandestino debba essere contrastata non solo con l'attività di repressione, ma anche attraverso un'azione di razionalizzazione e di programmazione delle attività di gioco legale caratterizzate dall'ampliamento e dalla diversificazione dell'offerta di gioco, dalla riduzione generalizzata del prelievo fiscale e dalla capillare estensione della rete di distribuzione: tutto ciò, al fine di raggiungere un'adeguata copertura dell'intero territorio nazionale. È necessario incrementare l'azione di contrasto del gioco clandestino, dando piena dignità al gioco pubblico, e ampliare la percezione del suo chiaro disvalore sociale, i cui proventi servono solo alla malavita organizzata.
Il significato strategico di tale indirizzo induce a ritenere essenziale un'opera di coinvolgimento pieno dei soggetti imprenditoriali e commerciali chiamati a cooperare


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con le autorità competenti e con le forze dell'ordine, in modo da attuare politiche attive di emersione del gioco illegale, per dare credibilità e trasparenza al settore, garantendo solide prospettive di sviluppo; occorre gestire unitariamente l'offerta dei giochi, coprendo anche quella parte del gioco che, attualmente, è gestita dal mercato illegale, evitando sovrapposizioni e omogeneizzando le regole, nonché le disparità di trattamento fiscale, di aggi e di condizioni di concessione».
Mi sono limitato a leggere solo questa parte, che è la più significativa di quel documento, approvato all'unanimità. Qual è la strategia adottata da quel momento? Sulla base degli esiti dell'indagine conoscitiva, nonché di ulteriori analisi del mercato del gioco, che avevano evidenziato la necessità di ampliare il numero dei soggetti economici presenti nella cosiddetta «filiera del gioco», il Parlamento ed il Governo dell'epoca avevano così individuato gli obiettivi fondamentali dell'azione di AAMS: incrementare il livello di tutela dei consumatori di giochi; ridurre drasticamente, ed in tempi ravvicinati, la quota di mercato gestita dagli operatori illegali ed irregolari; creare le condizioni per una progressiva riduzione del prelievo tributario, tali da rendere effettivamente competitiva l'offerta pubblica italiana rispetto a quella illegale od irregolare italiana od estera; aprire, infine, il mercato a nuovi operatori, senza alcuna discriminazione in ragione della loro nazionalità.
Le strategie, gli atti ed i comportamenti amministrativi oggettivi adottati da AAMS dal 2003 in avanti sono stati, per tabulas, strettamente ed oggettivamente coerenti con le conclusioni della Commissione parlamentare e con gli indirizzi del Parlamento e del Governo.
Espongo alcuni fatti. Innanzitutto, sono stati regolati giochi precedentemente gestiti, in via pressoché esclusiva, dal mercato illegale, a partire dagli apparecchi da divertimento ed intrattenimento con vincita in denaro, di cui più approfonditamente si parlerà in seguito.
In secondo luogo, sono stati rinnovati i meccanismi e le regole di altri giochi, per renderli capaci di competere con l'offerta illegale od irregolare: concorsi pronostici, scommesse sportive, scommesse ippiche, bingo e lotteria istantanea.
È stato elevato il livello di tutela dei consumatori, rivisitando molti regolamenti di gioco nonché assicurando, per un numero sempre maggiore di giochi, concorsi e scommesse, il passaggio delle attività più delicate dagli operatori di gioco allo Stato: la registrazione del contratto di gioco, l'estrazione dei numeri vincenti per i giochi numerici, la certificazione degli esiti per i giochi e le scommesse su base sportiva ed ippica, e l'individuazione delle ricevute di partecipazione vincente.
È stata adeguata ed ottimizzata la rete di vendita dei giochi, in particolare - in ordine strettamente cronologico - la nuova rete di ricevitorie per i concorsi pronostici nel 2003, la rete telematica per la gestione degli apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro negli anni 2004-2006, la nuova rete per le scommesse sportive ed ippiche nel biennio 2006-2007, e la regolazione dell'offerta di gioco via Internet, sempre nel biennio 2006-2007.
È stato ampliato il numero degli operatori di gioco, creando le condizioni per una qualificata e diversificata partecipazione di imprese estere. Attualmente, sono presenti in Italia circa trenta soggetti economici, direttamente o indirettamente riconducibili a Paesi esteri, anche extracomunitari. Nel 2002 indovinate quanti ce ne erano? Nessuno.
Infine, sono stati adottati molteplici provvedimenti di riduzione del prelievo tributario sui giochi, in particolare in materia di scommesse sportive, concorsi pronostici su base sportiva, scommesse ippiche, lotteria istantanea ed apparecchi di intrattenimento con vincita in denaro.
I risultati conseguiti a seguito delle strategie delle azioni sviluppate da AAMS per conto dello Stato sono riassunti schematicamente nelle tabelle 1, relativa alla raccolta, e 2, riguardante le entrate erariali, che avrete modo di esaminare in dettaglio nella versione della memoria consegnata all'ufficio di presidenza.


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Mi permetto, tuttavia, di consigliare i signori deputati di seguire l'illustrazione a voce prima di approfondirla per iscritto.
L'incremento della raccolta - proseguendo nell'esposizione dei fatti e delle cifre - nel triennio 2004-2006 (i risultati di raccolta del 2003 sono, ovviamente, ancora influenzati dalla pregressa gestione dei giochi pubblici) è stato pari a ben 19,7 miliardi di euro, il 127,5 per cento in più! E questo è dovuto, principalmente ed inconfutabilmente, al recupero di quote di raccolta di gioco illegale o irregolare, anche in considerazione, è ovvio, del fatto che tale incremento deriva pressoché esclusivamente dall'emersione di quelle tipologie di gioco in cui risultava molto forte la presenza di operatori illegali o non autorizzati: lotterie, giochi a base sportiva e, soprattutto, apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro. Infatti, oltre 15 miliardi di euro di incremento di raccolta sono da ascrivere al settore degli apparecchi da intrattenimento e, quindi, sono stati letteralmente sottratti ai cosiddetti videopoker illegali. Si ricorda che la citata indagine conoscitiva aveva stimato in 30 mila miliardi di lire - guarda caso 15,5 miliardi di euro - il fatturato di tale settore non regolamentato.
Altrettanto plausibile, volendo utilizzare un termine alquanto riduttivo, è la conclusione che l'intero incremento di raccolta dei giochi a base sportiva debba essere ascritto alla diminuzione della quota di mercato in mano ai gestori illegali, irregolari o, comunque, non autorizzati.
Peraltro, il fortissimo sviluppo delle lotterie istantanee ed il progressivo consolidamento del bingo hanno sottratto ampie quote di mercato alle lotterie ed al bingo via Internet non autorizzato, alle lotterie abusive, spesso mascherate da concorsi a premi, ed alle cosiddette «riffe» clandestine.
Conseguentemente e ragionevolmente - volendo anche in questo caso utilizzare un termine soft -, solo una quota di raccolta stimata tra i due e i tre miliardi di euro può essere ascritta all'incremento della domanda di gioco, vale a dire al massimo l'8 per cento della raccolta complessiva; percentuale, si badi bene, comparabile a quella dell'inflazione complessiva dell'intero periodo considerato.
Pertanto, l'AAMS, anche sulla base degli indirizzi ricevuti dal Parlamento e dal Governo, non ha perseguito una politica indiscriminatamente espansiva della propensione al gioco degli italiani. Al contrario, ha attuato una strategia volta a sottrarre quote assolutamente significative del mercato del gioco ad operatori non autorizzati, al fine di garantire lo sviluppo della legalità e la tutela del consumatore, prima ancora che il livello delle entrate erariali.
Parallelamente all'incremento della raccolta, nel triennio 2004-2006, per i motivi illustrati in precedenza, si è comunque verificato un significativo sviluppo delle entrate erariali complessive, pari a 3,2 miliardi di euro, vale a dire il 91,7 per cento in più. Ma ciò, si badi bene, in un contesto di diminuzione della pressione fiscale effettiva sul settore, l'unico che, negli ultimi cinque anni, ha ridotto significativamente la pressione fiscale.
Anche in questo caso, coerentemente con gli indirizzi espressi dal Parlamento - quello precedente come quello attuale -, a sostegno di questa affermazione espongo altri fatti: in primo luogo, nel 2003, l'incidenza del prelievo tributario sui giochi era pari al 22,6 per cento, mentre nel 2006 è stata di circa il 19 per cento. In altri termini, la pressione fiscale sui prodotti di gioco, nel triennio, è diminuita di circa 3,6 punti percentuali, il che significa, in assoluto, oltre il 15 per cento.
In secondo luogo, nel triennio 2004-2006, sono state operate diminuzioni del prelievo tributario relativamente alle scommesse sportive, alle scommesse ippiche, ai concorsi a pronostico su base sportiva ed alle lotterie.
Nel gennaio 2007, sono state ridotte le aliquote dei prelievi tributari sulle scommesse sportive - si tratta, tra l'altro, di un'ulteriore riduzione dopo quelle del 2005 e del 2006 - e sugli apparecchi da intrattenimento con vincite in denaro.


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Sempre a proposito di fatti (e non di chiacchiere), va rimarcato un altro indiscutibile risultato conseguito dallo Stato, vale a dire la stabilizzazione, o, se si vuole, l'ottimizzazione, delle entrate fiscali derivanti dai giochi, che assume una notevole rilevanza sotto il profilo della gestione del rischio.
Si consideri che all'avvio della nuova gestione di AAMS, nell'autunno inoltrato del 2002, le entrate erariali derivanti dai giochi potevano subire fluttuazioni annue pari, se non addirittura superiori, al 50 per cento, anche a fronte di livelli di raccolta costante; ciò a causa di un'offerta poco diversificata, nella quale assumeva un peso preponderante il lotto, unico gioco dove il cosiddetto banco è gestito, come è noto, dallo Stato.
Ebbene, a distanza di nemmeno quattro anni, il rischio di fluttuazioni risulta pienamente governato. L'incidenza delle entrate del lotto sul gettito totale dei giochi è passata dal 57 per cento del 2002 a meno del 29 per cento nel 2006, grazie al progressivo sviluppo del portafoglio.
In estrema ed incontrovertibile sintesi, l'azione dello Stato ha prodotto un massiccio trasferimento, nella raccolta del gioco, dal mercato illegale a quello legale, anche rinunciando ad una più comoda politica di massimizzazione degli introiti erariali, tenuto conto delle ben note esigenze del bilancio pubblico. Ciò, soprattutto, per motivi imperativi di interesse pubblico, vale a dire in buona sostanza per aumentare effettivamente il controllo sociale sul gioco.
Per concludere questa necessaria rappresentazione dei risultati che l'attività dello Stato, attraverso l'AAMS, ha assicurato al Paese, dal 2003 ad oggi, vorrei fare un breve accenno alle tendenze dei primi otto mesi di quest'anno, portando dati proprio di stamattina.
Al 31 agosto, ultimo mese stabilizzato in maniera definitiva alla data odierna, la raccolta complessiva dei giochi si è attestata sui 27,6 miliardi di euro, mentre le entrate erariali complessive sono state pari a circa 4,8 miliardi di euro. Siffatti andamenti, pertanto, portano a prevedere, per il 2007, una raccolta intorno ai 40 miliardi di euro, ed entrate erariali attorno ai 7 miliardi di euro. In altri termini, una raccolta quasi triplicata ed entrate erariali raddoppiate rispetto al 2003. Questo risultato è tutto merito dei miei uomini, degli uomini e delle donne di AAMS: non esiste paragone possibile, nel periodo dato, in nessun altro settore pubblico o privato in relazione alle dimensioni del nostro Paese.
Per quanto concerne lo sviluppo e il consolidamento dell'industria italiana del gioco, se possono oggettivamente definirsi alquanto positivi i risultati conseguiti in termini di raccolta e di entrate erariali, altrettanto significativi appaiono gli effetti della regolazione e della gestione sull'industria nazionale del gioco, per non parlare dell'indotto.
Nella prospettiva della progressiva internazionalizzazione dei mercati del gioco, ancora nel 2002, i player italiani del settore erano da ritenersi assai esposti e vulnerabili alla concorrenza estera, in quanto non ancora adeguatamente preparati a sostenerla.
L'AAMS ha improntato, ed impronta, la propria azione non già ad anacronistiche logiche di aprioristica tutela o di sostegno ancor meno diretto dell'economia nazionale nel gioco, bensì al contenimento e, dove possibile, alla rimozione delle cause che concorrevano a determinare condizioni di svantaggio competitivo per le aziende italiane, spesso esposte, peraltro, a forme di vera e propria concorrenza sleale, specialmente da parte di operatori fin troppo aggressivi e spregiudicati, localizzati in Paesi che rendono possibili tali forme di concorrenza attraverso la cosiddetta fiscalità di vantaggio.
A tale scopo, sono state avviate varie iniziative, a partire, come già detto, dalla riduzione delle aliquote di imposte sui giochi più soggetti alla competizione internazionale e all'aggressione degli operatori irregolari italiani o esteri, fino all'ampliamento del perimetro di offerta del gioco lecito.
A seguito di tali iniziative, sono stati particolarmente significativi i risultati ottenuti


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in termini di sviluppo economico del settore nel suo complesso. Al riguardo, ci limitiamo, anche in questo caso, a citare ulteriori fatti.
I ricavi diretti della filiera dei giochi sono passati, da una media di circa 1,9 miliardi di euro nel quinquennio 1997-2001, ai 4,5 miliardi di euro del 2006. Maggiori dettagli sono riportati nella tabella 3, presente nella memoria che lasceremo alla Commissione.
Gli occupati del settore sono aumentati di oltre il 60 per cento e possono essere quantificati, oggi, in non meno di 100-120 mila unità, escludendo i dati relativi all'indotto indiretto.
I punti di vendita sono attualmente più di 50 mila, di cui oltre 1500 sale dedicate: scommesse, bingo, sale giochi e botteghini. Sempre più numerosi sono i punti di vendita per i quali il gioco costituisce comunque un business di primaria importanza, cui dedicare occupazione ed investimenti, come nel caso, ad esempio, delle grandi ricevitorie del lotto o del superenalotto.
La crescita ed il consolidamento dell'industria italiana del gioco sono da ritenersi tanto più significative in quanto realizzati garantendo, come già accennato, l'effettiva apertura del nostro mercato a tutti gli operatori esteri disposti ad accettarne, in modo sostanziale e su un piano di assoluta parità, il sistema bilanciato delle regole.
Per quanto riguarda le criticità emerse negli ultimi dodici mesi, signor presidente e signori deputati, i problemi non sono stati pochi e stanno offuscando il positivo andamento del settore, salito in pochissimi anni al secondo posto in Europa - braccando ormai i maestri inglesi - ed al quarto nel mondo. Si tratta di problemi forse più rilevanti di quanto potrebbero sembrare a prima vista, poiché manifesteranno i loro effetti negativi, sotto i diversi aspetti, non subito, ma probabilmente a partire dal prossimo anno.
Come è noto, la più rilevante delle operazioni effettuate da AAMS, su specifico mandato del Parlamento sovrano, riguarda l'allargamento del perimetro del gioco lecito, vale a dire l'introduzione degli apparecchi da divertimento ed intrattenimento, operazione che ha consentito allo Stato di marginalizzare il mercato illegale, dominato sino ad allora dai cosiddetti videopoker. Questa operazione, che ha consentito l'emersione di circa 18 miliardi di euro - previsione per l'anno 2007 - di raccolta (prima del tutto in nero), che ha permesso all'erario di incassare ogni anno almeno due miliardi di euro rispetto allo zero precedente e che è stata analizzata e studiata da tutti i principali Paesi europei (e non solo), per poterla replicare, è da tempo sottoposta ad una frenetica campagna di critica, caratterizzata spesso da palesi ed oggettive disinformazioni.
Lungi da noi - si badi bene - ogni minima intenzione di affermare che l'operato di AAMS, come quello di qualsiasi struttura od organismo pubblico, non possa e non debba essere sempre valutato e, ove del caso, criticato anche aspramente, ci mancherebbe altro; tuttavia, ogni critica, in particolar modo quando vi è di mezzo l'interesse pubblico, dovrebbe essere razionale, circostanziata e, soprattutto, costruttiva.
Non può essere, ad esempio, condivisibile la generica affermazione, fatta da qualcuno, secondo la quale le vie prescelte a suo tempo dall'amministrazione - ma prima ancora dal Parlamento e dal Governo - sono state azzardate o inopportune - se non, addirittura, in parte errate -, senza indicare quale sarebbe dovuta essere la via alternativa. Non facciamo riferimento ad una alternativa astratta e generica, come purtroppo è abitudine, da tempo, nel nostro Paese in tanti campi, ma ad una soluzione concreta, riferita al contesto giuridico, sociale, tecnologico e di mercato in cui, in ogni momento dato, operava, opera ed opererà questa come qualunque altra amministrazione.
Quello che vogliamo dire, con ferma se pure deferente cortesia, è che qualsivoglia critica seria e documentata non solo è possibile ma addirittura doverosa, per chi la fa e per chi la riceve. Viceversa, non ci sembra che possano considerarsi giusti e condivisibili taluni atteggiamenti e comportamenti


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diretti, anche se involontariamente, a disinformare, talvolta addirittura a propagare false informazioni, a destabilizzare strutture pubbliche e private, ad offuscare (se non peggio) l'immagine professionale di seri professionisti - stiamo parlando di lavoratori di ogni qualifica e grado, ai quali invece dovrebbero andare gratitudine ed apprezzamenti -, a tentare, quanto meno ingenuamente, di condizionare e «tirare per la giacca» il giudice a Berlino (amministrativo, contabile od ordinario che sia, e in questo caso non si sa quanto involontariamente), dimenticando o fingendo di dimenticare che la magistratura, in questo Paese, ben difficilmente «abbocca» ai tentativi, particolarmente quando sono spasmodici e smaccati, di chi non cerca e non vuole la verità bensì la prevalenza di interessi diversi, e comunque di parte.
Signor presidente e signori deputati, tutto questo non ci sembra giusto e condivisibile. Il gioco della disinformazione, auto od eterodiretta, con i suoi effetti spesso non governabili, non ci sembra che valga, almeno nel medio-lungo periodo, qualche momento di visibilità in più.
Un breve ed oggettivo riepilogo degli avvenimenti più emblematici, peraltro spesso citati dagli operatori del settore nelle precedenti audizioni in questa sede, può essere utile per meglio comprendere le criticità emergenti.
La ricostruzione, in buona sostanza cronistica, che ci accingiamo sinteticamente ad illustrare, vuole fornire soltanto una comune e doverosa piattaforma conoscitiva relativamente agli elementi di fatto, ovvero l'avvio del comparto degli apparecchi da divertimento e la revisione in corso delle convenzioni di concessione.
Come è noto, nel luglio del 2004 sono state stipulate, in applicazione delle disposizioni del decreto legislativo n. 269 del 2003 collegato alla legge finanziaria per il 2004, ed a seguito di un bando di selezione europeo, dieci convenzioni di concessione per la gestione, attraverso una rete telematica, di apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro.
Tali convenzioni di concessione, all'articolo 27, prevedono clausole penali contrattuali da applicarsi in caso di inadempimento, da parte del concessionario, di alcune obbligazioni concessorie. Appare opportuno sottolineare al riguardo che le penali sono applicabili, secondo i ben noti princìpi generali di diritto, solo a seguito di riconosciuta responsabilità nell'inadempimento da parte del concessionario e, comunque, nei limiti del danno effettivamente arrecato.
L'attività pionieristica dei concessionari, così come quella di AAMS, si è subito rivelata ben più complessa di quella originariamente e comprensibilmente - va oggettivamente riconosciuto - ipotizzata dal legislatore, per i principali motivi che mi accingo ad esporre.
Gli apparecchi da collegare alla rete telematica di gestione sono risultati molto più numerosi di quelli inizialmente previsti. Pensate che, a fine 2004, dopo solo sei mesi di vigenza delle concessioni, erano già stati autorizzati al gioco circa 110.000 apparecchi. Un'esperienza incredibile, a livello internazionale.
L'attivazione delle connessioni telematiche ha imposto necessariamente tempi più lunghi del previsto, sia per la numerosità degli apparecchi da collegare sia, soprattutto, per la carenza di copertura di reti di comunicazione (in quegli stessi mesi, tra l'altro, stava diffondendosi l'offerta ADSL sul mercato consumer, con tutte le immaginabili conseguenze per i fornitori di connettività) e per la complessità delle opere hardware, software e di installazione tecnica da predisporre presso i numerosissimi punti di vendita, che erano decine e decine di migliaia.
Gli apparecchi con vincita in danaro erano tutti di nuova costruzione, quindi presentavano soluzioni tecniche di allacciamento alla rete non omogenee. Questo elemento impediva una standardizzazione dell'attività di connessione degli apparecchi stessi presso i punti di vendita.
Onorevoli deputati, non può non essere riconosciuto da chiunque abbia onestà intellettuale che tali complessità erano assolutamente imprevedibili all'atto del


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varo della normativa (inizio 2004) e, conseguentemente, al momento della predisposizione della convenzione di concessione. Da un lato, non esistevano esperienze analoghe in nessun altro Paese del mondo; dall'altro, le convenzioni stesse erano state, come necessario, redatte dagli uffici di AAMS e da SOGEI (Società generale di informatica) antecedentemente all'uscita sul mercato dei primi esemplari di apparecchi, quindi non erano, né potevano essere, prevedibili le complessità di allacciamento.
Sul finire del 2004, apparve evidente ad AAMS che alcune delle obbligazioni sarebbero state rispettate dalle società concessionarie con qualche ritardo rispetto ai termini previsti dalle concessioni, ad iniziare da quella che prevedeva il collegamento alla rete del concessionario di tutti gli apparecchi comma 6 entro il 31 ottobre 2004; obbligazione, peraltro, spesso non bene interpretata sulla base degli atti convenzionali, dal momento che per quella data non era richiesta la connessione telematica degli apparecchi alla rete, ma soltanto il collegamento obbligatorio dei comma 6 ai sistemi di gestione automatizzata implementati dai concessionari stessi.
Tali ritardi sono stati tempestivamente contestati da AAMS ai concessionari, i quali, nell'ambito del procedimento di contestazione, hanno prodotto memorie tecnico-legali con le quali hanno rappresentato, secondo l'amministrazione in maniera condivisibile - come può confermare il dottor Tagliaferri -, l'assenza di responsabilità diretta dei concessionari stessi negli inadempimenti. In ogni caso, non si dimentichi che resta ferma, per AAMS, la possibilità di comminare eventuali penali ove venga dimostrata la responsabilità dei concessionari. Nessuna penale di qualunque sorta si è prescritta.
In tale circostanza, l'amministrazione, come era tenuta a fare, ha considerato attentamente la superiorità dell'interesse pubblico rispetto ad un più rapido, seppur graduale, completamento della connessione alla rete telematica di tutti gli apparecchi presenti sul mercato. Interesse, come è evidente, imposto da palesi ed elementari motivi di ordine pubblico e di tutela dei giocatori, oltre che di salvaguardia delle entrate erariali. Interesse che sarebbe stato sicuramente compromesso da una acritica erogazione di penali, di importi così elevati da portare alla chiusura, fin dall'inizio, dell'attività dei concessionari e, con essa, all'impossibilità di effettiva gestione degli apparecchi.
Conclusa la fase di avvio, l'attività dei concessionari si è, come è noto, normalizzata (se si può usare tale termine in un settore dove, superata un'emergenza, non si sa bene per quale motivo ne nasce subito un'altra), nel senso che tutti gli apparecchi sono stati non solo gestiti attraverso il sistema informativo, implementato dai concessionari e consolidato in un unicum operativo altamente automatizzato da AAMS attraverso il partner tecnologico pubblico SOGEI, ma anche connessi alla rete telematica.
Dopo questa complessa fase di avvio, infatti, il comparto degli apparecchi da intrattenimento è stato oggetto, come è sicuramente a voi noto, di una serie di interventi, anche a carattere fortemente innovativo, volti a garantire un sempre più puntuale espletamento del servizio, l'ottimizzazione delle modalità di gestione e di funzionamento del servizio stesso, l'accrescimento della sicurezza e della tutela del consumatore, la salvaguardia dell'ordine pubblico e, da ultimo (ma non ultima), la tutela dell'interesse erariale.
Volendo trarre una sintesi da quanto fino ad ora precisato, appare in tutta evidenza l'approccio, che potremmo definire euristico, adottato dal legislatore in questo comparto; mi piace particolarmente sottolineare l'attributo «euristico» per chi, come me, ama il mondo anglosassone.
Volendo e dovendo, cioè, procedere alla regolazione di fenomeni economici e tecnici, ma anche sociali, definibili solo in via teorica - si ricordi che esperienze simili non si riscontravano neppure all'estero -, il Parlamento ha ritenuto di operare per approssimazioni successive, dando nei fatti evidente carattere di sperimentalità al


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quadro legislativo regolamentare, e conseguentemente gestionale, inizialmente adottato. Tale necessitato carattere di sperimentalità può ormai considerarsi sostanzialmente terminato, in ragione sia dell'abbondante produzione normativa del periodo 2004-2007, sia del positivo riscontro della capacità della vigente convenzione di concessione - a parte specifici aspetti a voi ben noti - di regolare i rapporti fondamentali esistenti tra concedente e concessionario.
Proprio sulla base di queste considerazioni, relative alla presenza di un attuale e consolidato quadro normativo profondamente diverso da quello esistente al momento della sottoscrizione delle convenzioni di concessione (la fase sperimentale, appunto), il Parlamento, con la risoluzione n. 700254, proposta dell'onorevole Nannicini e approvata da questa Commissione in data 26 luglio 2007, ha impegnato il Governo - che ha a sua volta impegnato l'AAMS - a procedere immediatamente alla revisione delle convenzioni, comunque nell'ovvia continuità della filosofia generale, a monte, di intesa con i soggetti interessati. Il Parlamento ha voluto sottolineare, in particolare, l'esigenza di esplicitare che l'eventuale applicazione di penali può essere disposta solo nell'ambito del rispetto, ancora più marcato e sostanziale rispetto alla previsione attuale, dei princìpi di ragionevolezza e proporzionalità. Vorrei sottolineare l'importanza di quest'ultimo punto.
Posso assicurare, in questa autorevole sede - in tal senso mi ha autorizzato l'autorità politica -, che lo schema di convenzione di concessione, modificata ed integrata sia sulla base degli intervenuti mutamenti normativi sia in relazione alle esperienze sul campo maturate in tre anni e mezzo di gestione, è proprio, in questi giorni, in fase di inoltro all'autorità politica, per la successiva richiesta del parere di rito al Consiglio di Stato. Possiamo presumere - mi corregga, direttore Tagliaferri - che entro la fine della prossima settimana sarà già all'esame del Consiglio di Stato.
Per quanto concerne l'attività della commissione di indagine amministrativa sul comparto degli apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro, l'operazione relativa alla loro introduzione è stata sottoposta per circa nove mesi al vaglio di una commissione di indagine amministrativa per la verifica della regolarità e della trasparenza delle procedure di rilascio delle autorizzazioni relative ad apparecchiature e congegni da divertimento ed intrattenimento, e per l'analisi del funzionamento dei meccanismi, anche tecnologici, volti a garantire la regolarità dei giochi.
Non è nostro stile, e non ci sarebbe neppure consentito, signor presidente, riferire le articolate e franche considerazioni degli uffici di AAMS nei confronti della relazione finale della commissione. Come è noto, il signor viceministro delegato e le sue strutture competenti hanno alla loro attenzione e valutazione le controdeduzioni dell'amministrazione, nelle quali sono ampiamente confutati i rilievi espressi dalla commissione.

MANLIO CONTENTO. Presidente, a me non risulta che la nostra Commissione sia in possesso dei risultati della commissione di indagine in questione. Vorrei che fosse chiarito questo punto.

PRESIDENTE. Non siamo in possesso di questi dati.

MANLIO CONTENTO. Allora chiederò che siano acquisiti.

GIORGIO TINO, Direttore dell'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Nelle controdeduzioni dell'amministrazione sono ampiamente confutati i rilievi espressi dalla commissione, la quale, peraltro, in calce alla sua relazione, ha formulato anche proposte di modifica di norme, regolamenti e procedure, alcune delle quali certamente condivisibili oltre che in parte già proposte da AAMS in precedenti occasioni.
In questa sede, comunque, possiamo e riteniamo doveroso sottolineare un dato,


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anche alla luce di alcune preventive e improvvide fughe di notizie, certamente avvenute - ne siamo convinti - non per responsabilità dei membri della commissione (e ci limitiamo ai membri della Commissione, ovviamente, presidente compreso).
È ben noto come l'operazione di regolazione del comparto degli apparecchi da intrattenimento abbia inferto al malaffare e ai suoi fiancheggiatori un durissimo colpo, determinando non solo ingenti perdite economiche, ma anche la destabilizzazione, in alcune aree geografiche più che in altre, di collaudati e capillari strumenti di sfruttamento e controllo del territorio. È altrettanto noto che, per lunghi anni, è stata condotta, e in parte si continua a condurre da parte dei nostalgici dei videopoker, una lotta sorda e abbastanza sordida contro la regolazione di questi apparecchi.
Sorge spontanea una domanda: chi può ragionevolmente trarre vantaggio dalla perdita ingiustificata di credibilità di una istituzione dello Stato alla quale sono demandate la regolazione e il controllo del gioco pubblico?
Signor presidente e signori deputati, non è forse doveroso chiedere che, quando si trattano temi e argomenti così delicati, vi sia sensibilità istituzionale e accortezza procedurale da parte di tutti? Altrimenti, si corre il rischio, ovviamente inconsapevole, di essere strumentalizzati.
A fine maggio 2007, la procura regionale del Lazio ha inviato ai dieci concessionari della gestione della rete telematica dedicata agli apparecchi da divertimento e di intrattenimento con vincite in denaro - e, sia detto en passant, anche ad alcuni dirigenti di AAMS - inviti a dedurre contro il presunto mancato versamento di penali contrattuali per circa 90 miliardi di euro, corrispondenti a supposte inadempienze di alcune obbligazioni della convenzione di concessione in essere e riferibili alla fase di avvio dell'attività dei concessionari, vale a dire proprio l'avvio della fase sperimentale della regolazione.
In particolare, le penali riguardano il mancato rispetto, da parte di tutti i dieci concessionari indistintamente, dei termini di avviamento (vale a dire predisposizione della rete per il collaudo); dei termini di attivazione e collegamento di almeno il 95 per cento degli apparecchi alle rete entro il 31 ottobre 2004; dei termini di completamento del collegamento alla rete di tutti gli apparecchi entro il 31 dicembre 2004; dell'obbligo di risposta ad alcuni messaggi telematici di AAMS.
Per doverosa chiarezza, sembra opportuno precisare che non esiste, e questo anche per il magistrato contabile, alcun fenomeno di evasione fiscale, al contrario di quanto fantasiosamente sostenuto da qualche organo di informazione e anche da alcune personalità male informate. Esisterebbe esclusivamente un eventuale danno contrattuale risarcibile attraverso tali penali e, comunque, entro i limiti della ragionevolezza e proporzionalità rispetto all'ipotetico danno arrecato. Altri termini di paragone meglio ci aiutano a comprendere le entità delle penali ipotizzabili: 90 miliardi di euro corrispondono a più di seicento anni di ricavo di tutti i dieci concessionari relativamente alle attività riferibili a tali apparecchi, e ad oltre seimila anni di utili per loro generati dal comparto. Aggiungo che 90 miliardi di euro corrispondono praticamente all'evasione fiscale totale in un anno (come precisato autorevolmente due mesi fa dal Ministro dell'economia e delle finanze), nonché alla prossima capitalizzazione di Borsa della superbanca Unicredito-Banca di Roma.
Anche in questo caso non ci permettiamo assolutamente, né ci sarebbe consentito farlo, di esprimere valutazioni di sorta circa le ipotesi, peraltro ancora nella fase preliminare, del magistrato contabile. Siamo ragionevolmente convinti che egli saprà bene apprezzare, dall'alto della sua competenza, professionalità e, soprattutto, indipendenza di giudizio, tutti gli elementi alla base dei comportamenti degli uffici di AAMS (per limitarci ad AAMS).
Si sente parlare spesso, relativamente a questo tema, di norme da introdurre nell'ordinamento per ottenere un condono, più o meno tombale, o una sanatoria delle


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presunte sanzioni. A noi non risulta questo fervore normativo e, comunque, sicuramente non lo abbiamo neppure lontanamente stimolato, come ben possono testimoniare l'autorità politica e lo stesso Parlamento. Riteniamo, infatti, che l'attuale quadro normativo, da un lato, ed i fatti reali, dall'altro, siano già abbastanza chiari da consentire, ad ogni organismo pubblico che vi abbia interesse per competenza, di comprendere adeguatamente il problema e di decidere conseguentemente, fermo restando che il Parlamento è sovrano nelle sue valutazioni.
Affrontiamo, ora, il tema del ritiro dal mercato di apparecchi già omologati ma presumibilmente non conformi alle regole tecniche. Nel mese di luglio di quest'anno, la procura di Venezia ha intimato il ritiro cautelativo dal mercato di oltre centomila apparecchi da intrattenimento con vincita in denaro, riconducibili a tre diversi modelli che avevano ottenuto, a partire dal 2004, sulla base delle autonome verifiche tecniche di organismi di certificazione esterni ad AAMS, sia italiani che esteri, l'esito positivo di conformità alle specifiche regole tecniche vigenti. Secondo il magistrato, peraltro supportato nella sue convinzioni da una perizia tecnica, gli organismi di certificazione convenzionati avrebbero omologato modelli di apparecchi in realtà non conformi alle prescrizioni normative previste.
Sembra opportuno ricordare quali sono, secondo la procura competente, gli elementi di irregolarità presenti nei modelli incriminati. Il primo sarebbe la possibilità di assegnare, di fatto, ai giocatori, premi più elevati di quelli consentiti dalle regole vigenti, mentre il secondo sarebbe l'assenza, nel processo di gioco, di elementi di abilità o di intrattenimento accanto all'alea.
Gli apparecchi in questione, quindi, pur non restituendo al giocatore o all'erario meno di quanto è previsto dalle norme, presenterebbero modalità di erogazione del gioco non conformi alle specifiche previste dalle regole tecniche adottate da AAMS d'intesa con il dipartimento della pubblica sicurezza. Come è noto, queste regole vengono emanate con provvedimento adottato congiuntamente dal direttore generale di AAMS e il capo della Polizia.
Ancora una volta, l'AAMS che, come è noto, nella fattispecie è parte lesa, attende le valutazioni in corso da parte della procura veneziana. Infatti, gli uffici competenti, diretti dalla direttore Tagliaferri, hanno adottato con immediatezza tutti i provvedimenti necessari per consentire agli operatori, come richiesto dal magistrato, il rapido ritiro degli apparecchi dal mercato. Ad oggi, risultano in esercizio ben pochi esemplari dei modelli oggetto del provvedimento cautelare, all'incirca un quinto, anche in virtù di recenti sequestri cautelativi effettuati alla Guardia di finanza.
Riteniamo comunque doveroso e utile richiamare l'attenzione di questa Commissione parlamentare su un problema giuridico reale che il caso Venezia ha comunque evidenziato. La questione, in buona sostanza, consisterebbe nel decidere, da parte del Parlamento e del Governo, ove lo si ritenga, una volta per tutte, se gli apparecchi da intrattenimento, in quanto regolati ed autorizzati dallo Stato attraverso l'AAMS, al pari di tutti gli altri giochi pubblici con vincite in denaro siano esclusi, per ciò stesso, dal concetto di gioco d'azzardo.
Correlativamente, nel caso in cui la risposta al quesito precedente fosse positiva, bisognerebbe prevedere o l'eliminazione dal testo normativo attuale del concetto di abilità o di intrattenimento o, in caso contrario, definire tali due concetti, «abilità» e «intrattenimento», in modo tale da escludere qualunque interpretazione soggettiva, da chiunque effettuata.
Con riferimento a tale questione, l'AAMS ha recentemente sottoposto all'autonoma valutazione del titolare della funzione di proposta normativa un eventuale intervento che consenta per il futuro - e solo per il futuro - di operare in un contesto di regole ancora più certo. Spetta, ovviamente, al Governo e al Parlamento


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effettuare, nell'ambito della loro autonomia e del loro rispettivo ruolo, la scelta ritenuta più giusta ed opportuna.
Concludo, signor presidente, signori deputati, dicendo che è giunto il momento di trarre alcune considerazioni finali che riteniamo possano essere utili al Parlamento e al Governo - ad iniziare da questa sede - per individuare, ove lo ritengano opportuno, le vie da percorrere nel prossimo futuro. Ci scusiamo se la nostra memoria può sembrare un po' lunga, ma tenga presente, signor presidente, che da un anno e mezzo l'AAMS tace, perché ha ritenuto di tacere.
In primo luogo, la fiducia degli operatori del settore è al momento scossa: la propensione ad investire, in un momento di costo crescente del denaro e di prudenza degli istituti di credito, sta iniziando a calare, come dimostra il ritmo, sicuramente non ancora travolgente, di sviluppo delle nuove reti distributive delle scommesse e degli altri giochi sportivi ed ippici.
In secondo luogo, lo scenario prospettico non è nitido: gli investitori istituzionali, italiani ed esteri, non hanno più incrollabili certezze sul fatto che il settore del gioco in Italia continui a creare valore. Alla determinazione di tale sensazione ha sicuramente contribuito qualche campagna giornalistica forse eccessivamente improntata al gossip, nonché la non elevata sensibilità, si spera involontaria, con cui sono stati trattati alcuni delicati temi, generando l'impressione improvvida di una diffusa e generica inaffidabilità degli operatori di gioco tout court. Ciò sta evidentemente bloccando, signori deputati, il processo di trasformazione delle imprese del settore, ad iniziare dalle più piccole, quelle di minore dimensione, verso modelli organizzativi e gestionali più evoluti e comunque più appropriati rispetto alla competizione nel mercato globale.
In terzo luogo, il costo di gestione delle imprese si sta caricando di oneri straordinari, che riducono notevolmente la capacità degli operatori di generare autonomi flussi di cassa positivi da destinare agli investimenti, soprattutto, ma non solo, nel settore degli apparecchi.
Si ritiene importante ricordare, soprattutto, gli apparecchi di nuova generazione, le cosiddette new slot 2, e che eventuali situazioni di crisi finanziaria di un settore del gioco si riverberano fatalmente sugli altri settori, in quanto ormai quasi tutti i concessionari, in Italia e non solo, operano in più ambiti.
L'ultimo ma non meno importante punto è che il gioco illegale aspetta, come sempre, ogni occasione propizia per rialzare la testa. Si colgono segnali di una ripresa del gioco irregolare ed illegale. È segnalata, infatti, l'apertura di punti non autorizzati di raccolta delle scommesse, la presenza di un nuovo mercato di apparecchi illegali con vincite in danaro, che potrebbe tendere ad inserirsi negli spazi commerciali già occupati dal gioco legale ed eventualmente lasciati liberi; emerge, inoltre, la diffusione di «gratta e vinci» irregolari contrabbandati da concorsi a premi (al riguardo, una riflessione sulle competenze andrebbe fatta).
Se non intervengono, con una auspicabile rapidità, elementi di chiarezza rispetto alle tendenze in atto, le prospettive per i prossimi anni potrebbero non essere positive. Dopo un quinquennio di sviluppo, spesso tumultuoso, della raccolta, si potrebbe quindi assistere ad una stagnazione, se non ad una contrazione, dei volumi del gioco legale. Riteniamo che da questa autorevole sede, signor presidente, possano emergere chiari e lungimiranti orientamenti che consentirebbero di creare nuovamente quel clima di fiducia necessario per invertire lo scenario tendenziale e per avviare il superamento delle richiamate criticità.
Onorevole presidente, onorevoli deputati, il mercato italiano dei giochi pubblici è uno dei più vivi e dinamici a livello mondiale e, nelle tante nazioni dove è più evoluto, il gioco è una vera e propria scuola di management per tutto il comparto industriale dell'intrattenimento, di cui, come ben noto, fa parte a pieno titolo.


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Abbiamo tutti l'opportunità di riaffermare che il nostro Paese, in questo settore, rappresenta un caso di eccellenza a livello mondiale, nonostante le criticità e i difetti che in esso, come in tutti gli altri Paesi, certamente vi sono. Mi permetto di consigliare, con grande deferenza, di non perdere questa opportunità.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MANLIO CONTENTO. Signor presidente, partirei da una questione che ritengo estremamente delicata ed importante.
Nel documento del dottor Tino (di cui non c'era bisogno, perché la stampa aveva anticipato alcuni stralci di questa indagine) si fa riferimento espresso e specifico ad un'indagine amministrativa. Credo che questa Commissione abbia il diritto, se non il dovere, anche per le anticipazioni di stampa cui ho fatto riferimento, di acquisire copia di questo documento, perché spesso è stato utilizzato a sproposito, indicando, come accaduto da parte di alcuni mezzi di comunicazione, che era stata registrata un'evasione o una sottrazione all'erario di importi prossimi ai 90 miliardi di euro. Non discuto sull'entità della cifra, che di per sé mi sembra sufficientemente ridicola; ritengo, tuttavia, doverosa da parte di questa Commissione, alla luce dell'indagine conoscitiva che sta svolgendo, l'acquisizione di questo documento.
La seconda richiesta è volta ad acquisire, altresì, le controdeduzioni predisposte dall'amministrazione dei Monopoli di Stato rispetto a questa indagine, perché nella relazione che abbiamo ascoltato ne è stato fatto cenno; non mi risulta che queste controdeduzioni siano note, non credo siano mai state pubblicate dalla stampa, e non mi risulta siano state oggetto di valutazione di questa o di altre Commissioni parlamentari.
Ritengo che questi elementi informativi e conoscitivi siano fondamentali ai fini di un esame di quanto è accaduto. Mi spiego meglio, presidente: chiedo che venga acquisito anche il provvedimento relativo all'istituzione di questa commissione di indagine interna, perché credo sia interessante, per il Parlamento, sapere chi l'ha deliberata, da chi è stata composta e con quali competenze ha operato.
Al di là dei dati concernenti il 2006, che non intendo mettere in discussione, e pur non volendo più interessarmi di questo settore, di cui mi sono occupato per cinque anni, ritengo doveroso sottoporre al dottor Tino una questione. Se, come egli ci ha ricordato, circa centomila apparecchi di intrattenimento sono stati oggetto di sequestro cautelativo da parte della magistratura (anche se un quinto, da quanto ho capito, potrebbe ancora essere funzionante), ho l'impressione, conoscendo i tempi necessari ai produttori per la sostituzione di nuovi apparecchi in un comparto come questo, che non siano in grado di soddisfare la richiesta in tempi brevi e che questo provvedimento avrà effetti negativi sia per le casse dello Stato sia su quei princìpi di lotta all'irregolarità che lei, dottor Tino, ha citato in più occasioni.
Credo che tale elemento andrebbe valutato, perché sono convinto che questo effetto negativo ci sarà, ma ritengo che allo stato non sia registrato, in quanto i provvedimenti risalgono a prima dell'estate; c'è stato, anche da parte della magistratura, il tentativo, a mio avviso corretto, di investire l'AAMS, perché probabilmente non si erano resi conto nemmeno loro degli effetti che avrebbe avuto questo provvedimento cautelativo.
Avviandomi alla conclusione, vorrei inoltre sapere se il Governo o l'azienda dei Monopoli di Stato si sono in qualche modo fatti parte diligente per quanto concerne l'inchiesta penale che era in corso. Pur non mettendo e non volendo mettere in discussione l'operato di un magistrato, sono abbastanza sorpreso del fatto che (se ho letto bene dai giornali) una perizia tecnica effettuata da un consulente in questa materia possa determinare quello che sta accadendo, ovvero il blocco di ottantamila apparecchi da intrattenimento, quando, come è risultato dalla sua relazione (e io non ho motivo per dubitarne),


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in realtà questo aspetto sarebbe collegato non ad una inottemperanza da parte dell'azienda dei Monopoli di Stato ma, eventualmente, ad un «errore» - le indagini sono ancora in corso - degli enti di certificazione deputati ad effettuare questo tipo di verifica.
Credo che non possiamo dire di vivere in un Paese normale, se tali effetti possono essere devastanti per un sistema come questo. Le chiedo, quindi, se sono state assunte delle iniziative rispetto a questa perizia tecnica, o se sono state effettuate delle valutazioni, all'interno di AAMS, per capire se sarebbe stato opportuno, anche attraverso dei suggerimenti al Governo, un intervento normativo.
In altre occasioni si poteva ben immaginare, in attesa dello sviluppo delle indagini in corso (che durano, come sappiamo, parecchi mesi), di stabilizzare nel frattempo la situazione e creare, in accordo con i produttori, un programma che garantisse la possibilità di sostituire nel tempo i macchinari pregiudicati, consentendo in questo modo al magistrato di proseguire la sua indagine, ma evitando al tempo stesso ripercussioni negative su tutta la filiera, che a mio giudizio ci sono e ci saranno.
Concludo il mio intervento, richiamando l'attenzione della Commissione su questi due aspetti.

ROLANDO NANNICINI. Vorrei soffermarmi sulla tabella 2 riportata a pagina 26 del documento, che credo rappresenti in un certo senso l'excursus della situazione degli apparecchi da intrattenimento, e porre alcune domande.
Nel 2003, le entrate ammontavano a 33 milioni di euro, mentre nel 2006 sono state due miliardi 72 milioni, secondo i dati riportati dalla tabella. Da questo punto di vista, è chiaro che il riferimento della procura regionale del Lazio è relativo agli anni 2004-2005, e non alla situazione del 2006.
Per quanto riguarda, invece, il 2006, il collega Contento, che mi ha preceduto, ha manifestato una preoccupazione che pone l'accento sul sequestro, perché questi apparecchi, che erano già in funzione, incassavano due miliardi 72 milioni, che costituiscono la parte più consistente delle entrate dell'erario. Prendendo come riferimento il mese di luglio di quest'anno, quindi un semestre, lei ci ha rassicurati dandoci un dato globale e dicendo che, per il 2007, non dovrebbero esserci problemi.
Sulla base di informazioni diverse, posso dire che possiamo lavorare con rapidità ma anche con tranquillità, perché, se ci impegniamo, entro la fine dell'anno saremo in grado di risolvere il problema.
Vorrei ora soffermarmi sui tempi di attuazione della risoluzione approvata in materia. Già nel 2006 gli apparecchi da intrattenimento hanno superato, quanto ad entrate, il lotto: un miliardo 959 milioni di euro contro due miliardi 72 milioni di euro. La tabella è molto chiara sul punto relativo alle entrate erariali.
Stiamo parlando di un comparto che, come lei ha sottolineato nella sua relazione, ha acquisito negli anni sempre più importanza. Ho apprezzato molto la sua relazione, perché lei, con molta franchezza, ha detto che le norme vigenti hanno consentito di lavorare, anche con l'attenzione da parte del Governo e dal Parlamento, affinché il settore potesse ritrovare una certa stabilità.
Dalle sue parole sembra di capire che ci sia un vasetto di marmellata e che, rispetto alle varie inchieste, lei non vorrebbe eliminarlo, ma verificare che nessuno l'abbia toccato e che sia rimasto integro dato l'atteggiamento di attenzione da parte sia di AAMS che di altri organi. Sono pienamente d'accordo con questo tipo di indirizzo.
D'altra parte, come lei ha detto, la risoluzione richiedeva un'attenta verifica della fase sperimentale di attuazione, comprendente la graduazione delle penali e la definizione di ciò che è consentito e ciò che non lo è, nel meccanismo non automatico del rapporto macchina-penali; se si contano le 250 mila collegate, questo lavoro ha costituito uno sforzo notevole, per controllare che il 75 per cento del giocato sia ridistribuito al giocatore, che sia effettuato il pagamento del 12 per cento e dello


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0,3 per cento ad AAMS e allo Stato, che il gioco non duri più di quattro secondi (per conservare l'elemento di alea). Sono tutti elementi da perfezionare e da rivedere, che tuttavia hanno dato trasparenza al gioco.
Fra l'altro, se questo gioco ridistribuisce il 75 dell'incasso, è uno dei giochi più equi in Italia; nei giochi io mi aspetto, a volte, il 50 per cento delle probabilità, anche se alcuni giochi, come il lotto, non sono affatto equi. Faccio un esempio semplice, banale: se gli eventi possibili sono novanta e quelli a me favorevoli sono cinque, io ho cinque probabilità su novanta di vincere, una su diciotto. Se gioco un euro, mi devono rendere 18 euro, mentre me ne rendono 11,22. Lo stesso discorso vale anche per l'ambo: se gioco 100 euro, me ne rendono complessivamente 75, in una striscia da 7 mila, a 14 mila, a 21 mila giocate. Se poi c'è un random che, per ridistribuire i 75 euro, accelera nella fase finale la distribuzione delle vincite, questo è un peccato veniale.
Il problema è che si sta aggredendo un comparto che dà risultati, che può dare risultati, sempre con i soliti metodi. Tuttavia, la domanda è la seguente: perché queste istituzioni sono sempre aggredite con i soliti metodi, e perché siamo incapaci di dare una risposta reale ai temi che costruiamo con analisi e con attenzione? Innanzitutto, perchè quando succedono questi fatti si ricorre ad elementi di visibilità e di differenziazione; questo è un elemento negativo per qualunque comparto in cui siamo intervenuti, con Governi precedenti e successivi. Secondariamente, ci sono interessi volti alla distruzione di un lavoro coerente rispetto alle istituzioni; intendo dire che, quando c'è coerenza e attenzione, come nella sua relazione, ci si vede quasi un po' di arroganza, si pensa che chi parla sia un po' troppo sveglio.
Come è possibile intervenire? Innanzitutto, il settore non può essere minacciato ogni anno dai vari emendamenti relativi alle leggi finanziarie; ricordo, ad esempio, quello riguardante i service provider al di sotto dei 300 concessionari, che sarebbe stato un colpo di spugna su alcuni investimenti ed alcuni piccoli provider. Pertanto, sarebbe opportuno evitare tali aggressioni e chiedere rispetto anche da parte del Parlamento, rispetto che non sempre è garantito, dal momento che, ciclicamente, bisogna ridiscutere qualche emendamento riguardante il settore in generale.
È auspicabile che si arrivi ad un testo unico, che definisca cos'è un gioco, che cos'è equo, perché deve essere in un certo modo, quali sono i soggetti, così come è avvenuto per gli apparecchi da intrattenimento. Infatti, il grande risultato che si è ottenuto è che, per ogni macchina installata, sappiamo chi ne è responsabile, perché ci sono dieci, e non mille, trasportatori che la consegnavano e la concedevano a loro discrezione all'esercizio o al bar.
Pertanto, è necessario definire in modo puntuale i soggetti interessati ed anche affrontare il problema del mancato pagamento della tassazione dovuto al fatto che alcune ricevitorie, che sono centri di elaborazione dati e hanno sedi da altre parti, non fanno parte del meccanismo erariale italiano. Quindi, anche al riguardo, bisogna difendere la nostra attenzione verso le entrate erariali con fatti legali, ma che non lo sono del tutto nei confronti della tassazione.
La Commissione, su impulso del vicepresidente, ha avviato questi incontri, il cui obiettivo è quello di arrivare a definire un testo unico legislativo in base all'esperienza maturata.
Per quanto riguarda gli apparecchi da intrattenimento, non serve una nuova convenzione, noi non l'abbiamo chiesta: abbiamo chiesto di dare continuità alla convenzione predisposta a suo tempo attraverso il bando, superando la fase sperimentale (ma non del tutto; tale fase non è terminata, potrebbero esserci delle difficoltà successive) e dando un inquadramento più certo al tema delle esenzioni, del controllo, degli allacciamenti, della sicurezza della costruzione e dell'omologazione delle macchinette. Se riuscissimo


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a farlo entro l'inizio dell'anno prossimo, credo che potremmo offrire garanzie di lavoro al settore.

PRESIDENTE. Invito i colleghi ad essere il più possibile sintetici, considerata la complessità dell'argomento e l'esigenza di concludere l'audizione entro le ore 12, stante la ripresa dei lavori dell'Assemblea.

ROBERTO SALERNO. Signor presidente, vorrei portare la mia testimonianza personale, avendo partecipato al lavoro svolto dalla Commissione finanze del Senato citato dal dottor Tino, che durò anni - durante i quali andammo in giro per l'Europa - e portò alle conclusioni che sono state assunte anche ai fini della famosa «prima regolamentazione», che partì proprio nel 2004.
Voglio testimoniare anche con riferimento alla inaccettabile e preoccupante disinformazione esistente su questo comparto. Ancora qualche giorno fa, ho sentito parlare di evasione fiscale in riferimento ai circa 90 miliardi previsti dal rapporto che è stato citato; non l'ho sentito dire da una persona che passava per la strada, ma da membri del Governo e del Parlamento che hanno qualche anno di esperienza sulle spalle.
Prima di porre la mia domanda, voglio testimoniare l'enorme e straordinario lavoro che è stato svolto, perché bisognerebbe ricordare che cos'era questo comparto prima della regolamentazione. Chi si preoccupa dei 200 mila apparecchi legalmente connessi dovrebbe ricordarsi che prima di questa regolamentazione gli apparecchi erano 800 mila, ma non connessi, e alimentavano la criminalità organizzata.
Questo lavoro straordinario ha avuto due protagonisti, che io cito anche per manifestare il mio personale riconoscimento: l'allora sottosegretario Contento e il dottor Tino, i quali, insieme, hanno messo in atto questa operazione, straordinaria anche nei tempi perché, nonostante le notevoli difficoltà e la scarsa disponibilità di reti telematiche da parte degli unici due operatori telefonici in Italia, Telecom e Vodafone, con una rapidità e un'efficienza impensata per un Paese come il nostro, che va sempre un po' a rimorchio, in breve tempo sono riusciti ad eliminare, praticamente da subito, una spaventosa sacca di illegalità, connettendo i primi centomila apparecchi.
Dato il giusto merito a tali persone, e chiariti i dati oggettivi e apolitici relativi allo stato del comparto prima del 2004 e attualmente, vorrei sottolineare che abbiamo eliminato l'illegalità e che la lotta senza quartiere all'illegalità deve continuare. Abbiamo eliminato circa 800.000 apparecchi illegali, e oggi gli apparecchi sono tutti legali; abbiamo quindi creato un mercato regolare, alla luce del sole. I dipendenti, più o meno, sono 120.000 e i ricavi ammontano a 4,5 miliardi: abbiamo creato le condizioni di un mercato.
Ci sono caduti sulla testa due fatti quali il rapporto sui 90 miliardi di euro e il provvedimento della procura di Venezia; in ogni caso, anche se l'AAMS non è un organo politico, mi sembra che il dottor Tino sia stato molto chiaro: sulla questione dei 90 miliardi di euro, mi pare di capire che egli ritenga esaustive le argomentazioni oggettive relative alle problematicità. Mi riferisco ai ritardi, ai mancati collegamenti, ad alcuni dati oggettivi che dovrebbero colmare la domanda di giustificazioni, perché ovviamente si parla solo di sanzioni.
Sulla questione del provvedimento della procura di Venezia, il dottor Tino riterrebbe sufficiente che si eliminasse, finalmente, la possibilità di interpretazione e si desse completezza alla norma, specificando che lo Stato non è un privato; quindi, va eliminato il concetto di «gioco d'azzardo» perché l'apparecchio è collegato dallo Stato, che gestisce la vincita, i premi e quant'altro.
La mia domanda, allora, è la seguente. Dottor Tino, credo che lei, ogni tanto, abbia non solo dei colloqui informali, ma anche dei colloqui formali con l'organo politico, in questo caso il viceministro, il sottosegretario. Mi pare di capire che siamo in tema di legge finanziaria; sono stati presentati un collegato fiscale e una legge finanziaria, ma non vi è alcun cenno


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che riguardi questo settore. Non c'è perché, ovviamente, l'ultimo soggetto che dobbiamo audire è proprio il Governo, per il tramite di un suo rappresentante. Tuttavia, non le pare, forse, che le deduzioni per la Corte dei conti potrebbero non essere contenute negli elementi oggettivi che, credo, voi stiate preparando, e che per la procura di Venezia potrebbe bastare quel tipo di intervento normativo che, purtroppo, da solo non arriva? Vorrei sapere se in questo rapporto, informale o formale, avete proposto questo tipo di soluzione, per chiudere tale partita, anche perché oramai il problema è tangibile, «il morto è in casa», come si suol dire. Il comparto è stato pressoché «smontato» con questi due provvedimenti, quindi o agiamo adesso e in fretta - lei è un decisionista, un uomo d'azione -, oppure rischiamo di intervenire troppo tardi. Attendo da lei un commento a questa mia considerazione.

GIANFRANCO CONTE. Con sincerità, devo dire al dottor Tino che la sua relazione non mi è piaciuta affatto, perché sembrava l'orazione di Antonio sulla tomba di Cesare, come se qualcuno si dovesse difendere da attacchi provenienti dall'esterno e privi di qualsiasi giustificazione.
Sull'argomento in discussione credo siano d'accordo, ormai, tutti coloro che appartengono al settore, perché capiscono l'enormità dell'intervento e la stupidità dello stesso, e capiscono anche l'orientamento politico della commissione. Credo che ne abbia cognizione lo stesso viceministro, e ritengo che bisognerebbe «derubricare» la questione - de minimis non curat praetor - per ragionare, invece, sulle questioni vere.
Considero singolare tutto quello che è stato fatto attraverso la commissione; mi associo quindi alla richiesta del collega Contento di acquisire tutti gli atti, perché, se occorre fare un processo, questo va fatto alla commissione di inchiesta, non all'amministrazione, la quale ha avuto indicazioni politiche, più o meno condivisibili, che rappresentavano tuttavia un traguardo per arrivare al quale è stata messa in atto una strategia che mirava, sostanzialmente, ad ampliare le entrate dello Stato.
Questo è il punto. Se in questa sede si vogliono condannare i convenuti, che si sono difesi attraverso una relazione, se si promuove un'azione della Corte dei conti contro Tino, e Tagliaferri, la si indirizzi anche contro Massimo Romano. Si dica che, poiché in questo paese ci sono 200 miliardi di euro di evasione fiscale, la responsabilità è dell'Agenzia delle entrate. Si faccia la stessa operazione, perché l'assunto da cui parte la commissione è che, poiché si sarebbero potuti incassare dei soldi, la responsabilità è di chi non li ha incassati. Lo stesso discorso vale per l'Agenzia delle entrate: poiché ci sono 200 miliardi di euro di evasione, qualcuno promuova un'azione contro l'Agenzia delle entrate, che non vigila e non incassa. Qui siamo veramente nel campo dell'assurdo.
Considerata l'iperattività del Ministro della giustizia nel campo delle ispezioni, mi aspettavo che disponesse un'ispezione anche alla procura di Venezia, per capire se l'azione del magistrato è giustificata, se sono state adottate tutte le misure necessarie a evitare che fosse bloccato un intero comparto economico, e se tale azione non è stata determinata da altri interessi all'interno della vicenda.
Mi permetta di dire, direttore, quello che francamente mi interessa in questo momento: la sua affermazione «non ci sono effetti sulle entrate» mi riporta al tema della legge finanziaria, che discuteremo nei prossimi giorni. Credo che lei voglia dire che non ci sono effetti sulle entrate perché il trend, negli ultimi anni, è in crescita, e quindi il 2007 chiuderà, comprendendo l'effetto del ritiro delle macchinette, più o meno sullo stesso livello dell'anno scorso. Mi piacerebbe sapere, invece, qual è effettivamente il trend e quali sono gli effetti su questo trend del ritiro delle macchinette.
In sede di presentazione della legge finanziaria abbiamo già assistito ad un falso, perché lo Stato presume di incassare 6 miliardi in più l'anno prossimo basandosi


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su un'ipotesi; prospetta una copertura della finanziaria basata sull'ipotesi di una crescita, senza valutare l'ipotesi di una diminuzione o di una stabilizzazione del gettito, anche per effetto del ritiro delle macchinette. Questo è un dato che mi interesserebbe conoscere.
Direttore, noi l'abbiamo convocata in questa sede non perché lei si difendesse dagli attacchi provenienti da certa stampa e che, in verità, anche alcune forze politiche hanno subito cavalcato. Anche Prodi, evidentemente, è stato «preso per la giacchetta» ed ha reso delle dichiarazioni sulla vicenda tenendo conto anche di certe indagini svolte dagli organi di stampa.
Noi stiamo concludendo un'indagine conoscitiva che ha riguardato tutti i settori, non solo quello delle macchinette. Vorrei chiedere al presidente di ascoltarla nuovamente sui temi che sono stati affrontati in questa sede dalle diverse categorie, rappresentanti del Bingo, gestori delle lotterie, vari concessionari. Ognuno di loro ha rappresentato in qualche modo le proprie problematiche ed esigenze.
È chiaro che il documento finale che noi dovremo approvare deve tenere conto delle richieste formulate; tuttavia, poiché il suo ruolo è quello di regolatore, dovremmo conoscere anche la posizione dell'amministrazione rispetto alle problematiche rappresentate in questa sede da Lottomatica, piuttosto che dai rappresentanti del bingo, dai vari operatori nel settore degli intrattenimenti, dell'ippica. Ci sono ancora molte altre questioni che devono essere affrontate e che ci piacerebbe conoscere.
Capisco che lei, in questa fase, anche in relazione alla norma inserita nella legge finanziaria, si possa sentire in stand by rispetto a una volontà politica. Si tranquillizzi: questo Governo non arriverà a gennaio. Faccia una cosa, costruisca un sito Internet per accettare le scommesse: sarebbe molto partecipato. In Inghilterra lo stanno già facendo, ma qui registrerebbe sicuramente un maggiore gettito.
Poiché credo nella continuità delle istituzioni, e poiché ritengo che, indipendentemente da questo o da un altro Governo, i problemi del Paese devono essere affrontati, vorrei ascoltarla di nuovo (credo che, a questo punto, non abbiamo fretta) in relazione a tutte le audizioni che abbiamo svolto, in modo che questa Commissione abbia un quadro più completo della situazione.
Ritengo che la nostra Commissione, al di là delle appartenenze politiche, ragioni guardando agli aspetti tecnici e, soprattutto, al nostro interesse precipuo, che è lo sviluppo delle entrate e la garanzia che l'erario, pur con una certa equità, funzioni.
Nella sua relazione non sono emersi spunti diversi, oltre al tema delle macchinette, che è stato affrontato con dovizia di particolari; tutte le altre questioni sono rimaste, mi sembra, non sufficientemente approfondite.
Non è possibile, in questo momento, per problemi di tempo, chiedere, punto per punto, ulteriori spiegazioni.
Il dottor Tino ha svolto la sua relazione; vorrà dire che, magari, ci consentirà di passare alla fase successiva, cioè quella della costruzione e della risoluzione dei problemi, che intendiamo affrontare e risolvere attraverso questa indagine conoscitiva.

PRESIDENTE. L'onorevole Conte è sempre provocatorio; sa che l'ambito politico non rientra tra quelli che costituiscono il bouquet oggetto di scommesse.

MAURIZIO TURCO. Vorrei ringraziare il dottor Tino per la chiarezza e per i toni che ha usato nell'esporre la sua relazione, perché ritengo ce ne fosse bisogno, considerato quello che siamo stati costretti a leggere in questi ultimi giorni sulla stampa.
Vorrei ringraziarlo anche per la sua presa di posizione rispetto agli eventi esterni. Mi riferisco, in particolare, alla questione dei 90 miliardi di euro, rispetto alla quale lei ha affermato che se ne sta occupando la magistratura.
Mi è parso di capire - a meno che lei non volesse sollecitare, indirettamente, altro tipo di interventi - che lei, dottor Tino, resti


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in ferma attesa di decisioni che non dipendono da lei.
La ringrazio anche per quanto ha detto sul tema della criminalità; a pagina 20 della sua relazione, lei individua davvero il cuore del problema, laddove afferma che «bisogna decidere se il gioco d'azzardo deve essere posto sotto il controllo dello Stato», ovvero legalizzato.
Non ho bisogno, per quanto mi riguarda, di decidere come definire il gioco d'azzardo, se qualificarlo come intrattenimento o come abilità, perché il gioco d'azzardo ha una sua definizione scientifica, è qualcosa di matematicamente e statisticamente abbastanza acclarato e conosciuto.
Se ho ben compreso la sua proposta di legalizzare il gioco d'azzardo, sono d'accordo, sulla base delle considerazioni che lei ha svolto in termini di sottrazione del mercato alla criminalità, che ritengo sia comunque un prezzo più alto da pagare rispetto alla legalizzazione del gioco d'azzardo.
C'è da aggiungere un fatto, non negativo ma che aleggia sul nostro Paese, e lei, come regolatore, lo conosce benissimo: la questione del gioco on line gestito da società estere, in particolare inglesi. Pur essendovi delle direttive e delle sentenze della Corte di giustizia europea, delle quali posso fornire un'ampia documentazione, il nostro Paese non ne sta ottemperando alcuna. Non le chiedo di indicare come dovremmo comportarci, poiché dovrebbe essere il Parlamento a recepire tali direttive; tuttavia, vorrei capire se siete in grado di stabilire quanto potrebbe costare al nostro Paese il rispetto delle stesse.
Questo è un dato che credo sia necessario conoscere, non perché si debba decidere se rispettare o meno quelle direttive, in quanto in ogni caso dovremo farlo; mi riferisco in particolare al gioco on line, settore nel quale siamo molto impegnati sul fronte del rispetto della legalità, impegno che metterei sullo stesso piano di quello che lei ha sostenuto riguardo alla criminalità.
Riteniamo che l'Italia debba rispettare le direttive europee e le sentenze della Corte europea di giustizia; in caso contrario, tra l'altro, si andrebbe incontro all'applicazione di multe, per cui dobbiamo stare attenti a bilanciare i reali e concreti interessi del nostro Paese.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al direttore Tino per la replica, devo dire, innanzitutto, con riferimento alla richiesta dell'onorevole Contento di acquisire la richiamata documentazione agli atti della Commissione, che ho già concordato con il presidente l'assunzione delle necessarie iniziative in tal senso.
Vorrei svolgere alcune brevissime considerazioni, dal momento che, insieme ai colleghi, sono impegnato da tempo su questo settore ed ho sostenuto l'utilità di questo ciclo di audizioni, utilità che mi pare sia stata confermata, sia dai contributi forniti sia da questa audizione conclusiva.
Credo che l'incontro odierno possa dare un contributo a una necessaria operazione di chiarezza, in relazione a tre punti fondamentali.
Non c'è stata, e non è in atto, alcuna evasione fiscale di proporzioni straordinarie; si tratta di un problema di natura diversa, cioè di accertare se il mancato adempimento di prescrizioni previste dalla convenzione possa essere ritenuto in qualche misura frutto di responsabilità e inadempienze - nel qual caso, in maniera proporzionale, dovrebbero scattare le penali -, o se invece questo mancato adempimento possa essere giustificato con situazioni oggettive, che sono anche state richiamate in questa audizione. Questo è il primo problema.
In secondo luogo, la discussione di oggi mi pare abbia confermato in tutta evidenza che non sono in campo ipotesi di sanatoria, né tombali, né parziali. C'è bisogno di fare chiarezza e di aggiornare una convenzione che, evidentemente, ha mostrato ex post dei limiti che non potevano essere del tutto previsti; forse, potevano essere previsti in parte, ma le valutazioni possono essere diverse.
Il terzo elemento fondamentale, sempre in relazione alla questione degli apparecchi


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di intrattenimento, è che gli utenti vanno rassicurati circa il fatto che, in questi mesi, non hanno avuto a che fare con apparecchi «taroccati». Questo è un altro elemento che può portare ad una perdita di credibilità del sistema.
Su questo punto, posso avere dei punti di vista e di analisi diversi, ma questo, ovviamente, fa parte della dialettica, che esiste sempre in sede politica. Per quanto mi riguarda, questo non significa giudicare destabilizzante l'iniziativa del giudice di Venezia, il quale, tra l'altro, ha dimostrato nei fatti di utilizzare un criterio di gradualità nell'applicazione delle decisioni assunte: la misura è stata adottata a fine luglio, mentre l'accelerazione per procedere concretamente al ritiro è iniziata a fine settembre.
La sospensione è in via cautelativa, non a fronte di un reato, che va prima accertato.
Il punto è il seguente. A me sembra che, come diceva il direttore Tino, su un tema di questo genere non ci si possa limitare ad ipotizzare che è stato commesso un errore da parte di chi doveva procedere alle omologazioni. Forse c'è, alla base, un difetto di natura normativa, che va superato perché, finché vi saranno norme che fanno riferimento a parametri per loro natura difficilissimi da definire, come «intrattenimento» e «abilità» (tanto più difficili dentro schemi di gioco che sono costretti nel tempo e all'interno di un processo di restituzioni obbligate), sarà probabilmente sempre facile che ci si esponga ad iniziative interpretative della norma, e quindi anche ad iniziative di tipo giudiziario.
Forse (e questa è anche la mia convinzione), il passaggio che ci aiuterebbe a superare questi problemi potrebbe essere la decisione, da parte dello Stato, di esercitare in maniera esplicita la sua riserva su questo tipo di gioco, dando come garanzia il fatto che ci si trova di fronte non a «gioco d'azzardo» ai sensi del testo penale, ma a un gioco regolamentato dal fatto di essere collegato ad una rete monitorata.
Do la parola al dottor Tino per la replica.

GIORGIO TINO, Direttore dell'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Signor presidente, onorevoli deputati, avendo ascoltato la richiesta di alcuni di voi - non so se recepita o meno dalla presidenza - circa un'eventuale sessione aggiuntiva di carattere più dettagliato, ho precisato all'inizio che la mia non era una relazione di dettaglio, anche perché, tutto sommato, faccio un altro mestiere, e vengo pagato per fare un altro mestiere.
Tenuto conto di questo, vorrei limitarmi, se il presidente e i signori deputati me lo consentono, a dare solo alcune risposte che considero, tuttavia, importanti nell'economia dell'audizione odierna e ai fini del chiarimento di qualche eventuale equivoco che possa essere nato (anche se, devo dire, ne sono nati pochissimi). Forse, almeno questo scopo il mio intervento l'ha raggiunto, essendo stato un intervento molto meditato.
Innanzitutto, sull'iniziativa della procura di Venezia, posso precisare che lei, alludendo alle dichiarazioni dell'onorevole Conte, non ha inteso definire «destabilizzante» l'operato della procura; può darsi che qualcuno, in altra sede, ci ascolti e possa, come spesso capita in questo Paese, confondere: è quindi bene chiarire.
Dicevo che l'iniziativa della procura veneziana è una legittima iniziativa di una legittima magistratura che, sulla base della legge e delle procedure - anche perché, se non lo facesse, ne risponderebbe -, ha ritenuto sussistenti determinate ipotesi e, seppure nella fase delle indagini preliminari, ha assunto determinate decisioni, alle quali l'AAMS e le Forze di polizia si sono adeguate.
Per rispetto ed esaustività nei confronti di questa autorevole sede, ho aggiunto una cosa; se non l'avessi detta, non avrei fatto il mio dovere, sarei venuto a fare il «compitino», cosa che naturalmente non faccio mai (altrimenti vivrei tranquillo, come invece non accade!).
Avendo esposto, come sempre, oggettivamente i fatti, a nome di tutta l'AAMS mi


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sono limitato a sottolineare che, pur lasciando ovviamente al Parlamento sovrano e al Governo qualunque valutazione e iniziativa, un problema reale innescato dal «caso Venezia» è quello dei parametri.
Di casi come quello di Venezia se ne sono occupate, a quanto mi dicono anche altre procure: alcune hanno interpretato in un modo, altre in un modo diverso, com'è evidentemente nella dinamica delle valutazioni. Ho sentito poco fa l'onorevole Tolotti alludere specificamente a questo e, devo dire, mi ritrovo molto nelle sue parole finali, laddove ha parlato di parametri e quant'altro.
È evidente che, se continuiamo a procedere per parametri, ci saranno sempre interpretazioni diverse sullo stesso apparecchio o sulla stessa tipologia di apparecchi.
Pertanto - e rispondo ad un'altra domanda - ci siamo permessi, come ho detto nella relazione, di proporre all'autorità politica, titolare esclusiva dell'iniziativa di proposta parlamentare (a parte il Parlamento stesso), una norma aperta che, per il futuro (e solo per il futuro), chiarisca e dia maggiore certezza.
Se il Governo e il Parlamento, nella loro autonomia, riterranno di recepirla, altri fatti come questo probabilmente non si verificheranno più; viceversa, e rispondo anche all'onorevole Turco, il problema evidentemente resta, e resteranno sempre situazioni analoghe.

ROBERTO SALERNO. Mi scusi dottor Tino, questa proposta normativa, oltre a esporla, l'ha formalizzata? È nella nota?

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO DEL MESE

GIORGIO TINO, Direttore dell'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. L'ho formalizzata, come solitamente faccio sia io sia i miei colleghi, con una lettera riservata all'autorità politica, lasciando ovviamente ad essa qualunque valutazione, in qualunque senso.
È evidente che la stessa autorità politica potrebbe ritenere utile una valutazione del Parlamento. Questo capita a tutte le autorità politiche, in tutte le fasi parlamentari, in tutti i parlamenti e in tutte le maggioranze di questa terra, mi pare.
L'onorevole Conte ha fatto alcune affermazioni che condivido e altre che non condivido e dalle quali, quindi, mi dissocio totalmente. Una di queste, dalla quale mi dissocio radicalmente, è che la mia relazione, che mi ha tenuto impegnato per circa quindici giorni (ovviamente nei ritagli di tempo), sia una relazione difensiva. Può darsi che lo sia, ma, se lo è, dico che qualunque altro mio collega l'avrebbe fatta estremamente più difensiva.
Ritengo invece che sia una relazione giusta e, soprattutto, rispettosa della verità, delle persone e delle funzioni. Sono altri che, a mio avviso, dovrebbero preoccuparsi e chiedersi, soprattutto, se sono stati rispettosi della verità, della dignità delle persone e dei fatti.
Non sono, notoriamente, un «radicale»; sono, semmai, un uomo deciso nel lavoro, perché vengo pagato dai contribuenti per decidere. Sarebbe ben strano criticare spesso i dirigenti dello Stato, di ogni ordine e grado, per mancato decisionismo - a partire dai gradi più alti -, per poi massacrare quei pochi, o molti, che il decisionismo lo praticano. Dobbiamo capire se intendiamo avere, e valutare con giustizia ed equità, manager pubblici che fanno il loro dovere e difendono gli interessi dello Stato.
Posso dire che ciò che è capitato a qualche dirigente di AAMS, ad iniziare da me, ha spinto molti miei colleghi ad una eccessiva «prudenza». Quando si verifica questo tipo di circostanza, quando si attaccano persone ed istituzioni in maniera ingiustificata e con questa «strana» violenza, questo certamente non aiuta.
Aggiungo, onorevole Conte, che non vedo una minaccia nella presenza, nel collegato alla legge finanziaria, di qualche forma giuridica diversa, relativamente alla natura giuridica di AAMS.


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Almeno personalmente, non vedo minacce per un motivo molto semplice: non sono mai stato attaccato ad alcuna «sedia»; nel corso della mia carriera, sono sempre stato chiamato a qualunque incarico per i miei risultati, e penso di essere sempre in grado di trovare un nuovo lavoro.
Questo è il motivo per cui non vedo minacce e non mi preoccupo. Se ritengono che sia bravo e meritevole di restare, resto. Se dovessero ritenere diversamente, non ci sono problemi, non avranno ricorsi da parte mia, o altre iniziative di sorta, questo sia ben chiaro. Lo dico anche a beneficio di qualche giornalista che recentemente auspicava - è il caso di chiedersi perché - l'azzeramento dei vertici. Qualcuno dei miei dirigenti ha fatto gli scongiuri! Io no, per i motivi che ho detto.

GIANFRANCO CONTE. Inviterei il dottor Tino a non personalizzare troppo queste cose. Anche nel mio intervento, tutto sommato, c'era larvatamente una critica, una condivisione rispetto a certe posizioni.
Vorrei invece chiederle, presidente, in relazione anche a questa audizione, se fosse possibile svolgere un'audizione di carattere più generale sull'andamento dell'amministrazione dei Monopoli, non dedicata esclusivamente alla questione dei giochi. Infatti, come lei ricorderà, all'inizio della legislatura precedente, tenemmo una serie di audizioni su tutta la struttura delle agenzie, e non l'abbiamo più replicata.
Formulo questa proposta perché, oltre ai giochi, che rientrano più specificamente nell'oggetto dell'indagine conoscitiva, c'è il settore dei tabacchi, in cui vi sono problematiche molto forti. Poiché sono convinto che, al di là delle tensioni del momento, la continuità dell'Agenzia dovrà essere comunque garantita, chiedo se possiamo trovare lo spazio per parlarne.

PRESIDENTE. Per quanto riguarda le agenzie, abbiamo iniziato, con quella del dottor Romano, dell'Agenzia delle entrate, un percorso di audizioni, che proseguirà, poi, con la convocazione di tutti gli altri responsabili delle agenzie. Pertanto, in questo contesto, anche per quanto riguarda i Monopoli di Stato, ci sarà un'ulteriore convocazione del dottor Tino con riferimento ai restanti aspetti.
Questa è un'audizione settoriale, che riguarda un determinato campo. È chiaro che, poi, le si potranno dare dei connotati molto più ampi e si potrà spaziare in tutte le direzioni.

GIANFRANCO CONTE. In questo modo, possiamo anche acquisire le risposte riguardo alle posizioni assunte in questa sede dai diversi soggetti, per capire la posizione dell'amministrazione rispetto alle problematiche che sono state sollevate.

PRESIDENTE. In conclusione, vorrei ringraziare il dottor Tino per la sua esaustiva relazione, e sottolineare la necessità di «stemperare» gli animi su queste materie, in quanto ravviso un'eccessiva tensione. Non mi riferisco all'atteggiamento dei colleghi, sia ben chiaro. Parlo di eccessiva tensione rispetto all'argomento, nel senso che in questo Paese bisognerebbe finirla di enfatizzare e strumentalizzare ogni discorso, e sarebbe invece opportuno concentrarsi sulle azioni concrete da porre in essere, che vanno esaminate con serietà e con una certa obiettività.
Ritengo che la relazione del dottor Tino sia improntata a queste considerazioni, essendo un elenco di fatti e non di opinioni; non ritengo che sia una relazione difensiva, anzi la considero abbastanza «di attacco», per alcuni suoi spunti particolarmente importanti e decisivi.
Ritengo pertanto che, anche su questo argomento, lasciando alle autorità competenti il proprio ruolo (alla magistratura il ruolo di magistratura e a noi il nostro ruolo in Parlamento), queste debbano poter svolgere fino in fondo la propria funzione, in modo che, alla fine, le considerazioni riguardino ciò che c'è di vero e di certo, ovvero, per quanto riguarda la magistratura, i giudizi definitivi (in termini tecnici, il giudicato). Per quanto concerne la Corte dei conti, si tratta di una responsabilità patrimoniale e contabile, che farà


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il suo corso. Pertanto, restiamo in attesa di vedere che cosa accade.
Sono abituato a ragionare in questi termini, avendo studiato giurisprudenza all'università, e ritengo inopportuno avventurarci in giudizi che potrebbero poi essere smentiti dall'evolversi delle situazioni e dalle decisioni delle magistrature competenti.
Ritengo che ciò che conta sia il funzionamento del settore e che lo Stato non perda introiti decisivi e di entità notevole. Quando sento parlare di 90 miliardi di euro mi spavento, perché, se non erro, ammontando il debito pubblico a circa due milioni di miliardi, stiamo parlando di una cifra che corrisponde al 5 per cento, quindi di importi notevoli.
Potremmo avvalerci della consulenza del dottor Tino per cercare di aumentare anche questi introiti, in modo che lo Stato possa ulteriormente colmare le carenze esistenti.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,25.