COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 27 giugno 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PIETRO FOLENA

La seduta comincia alle 14,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, Giovanna Melandri, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, Giovanna Melandri, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
Al ministro Melandri voglio rivolgere, a nome della Commissione, gli auguri più sentiti e affettuosi per questo incarico. Desidero salutare, con lei, anche il sottosegretario Giovanni Lolli, già autorevole membro, nella precedente legislatura, di questa Commissione.
Vorrei anche sottolineare il valore dell'istituzione di un dicastero che si occupa in modo specifico delle questioni dello sport e, se mi è concesso, le circostanze - del tutto casuali - che hanno voluto che questa audizione avvenisse all'indomani di una splendida, anche se sofferta, vittoria della nazionale italiana di calcio, alla quale credo possa andare tutto il sentimento di sostegno e di vicinanza della Commissione e del Parlamento.
Nel cuore di un terremoto che sta investendo il mondo del calcio, ne approfitto per informare la signora ministra che la Commissione ha testé deliberato lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sul calcio professionistico, la quale - costituendo una sorta di prosecuzione della bella indagine che, in un clima bipartisan, si svolse nella scorsa legislatura - in tempi molto ravvicinati vuole offrire, con le soluzioni legislative in materia di alcune delle questioni fondamentali di cui parleremo anche oggi, talune indicazioni per ciò che riguarda la riforma del calcio professionistico.
Informo i colleghi che sarà possibile dar corso all'audizione fino alla ripresa dei lavori assembleari, che proseguiranno alle ore 15 con la discussione di un provvedimento di nostra competenza. Naturalmente, provvederemo a calendarizzare il prosieguo del dibattito non appena sarà possibile per il ministro, a cui do pertanto la parola per lo svolgimento della sua relazione.

GIOVANNA MELANDRI, Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive. Signor presidente, onorevoli colleghi, anch'io voglio rallegrarmi insieme a tutti voi del fatto che il cammino degli azzurri in Germania stia proseguendo. Come ho avuto modo di dire già in altre circostanze, quando il Governo, a nome di tutti gli italiani, ha portato il suo incoraggiamento alla squadra azzurra a Coverciano, si stanno disputando nel calcio italiano due grandi partite, che è utile tenere distinte e separate. Una è la partita della squadra capitanata da Lippi, che - per quanto ci faccia soffrire - sta andando avanti in


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Germania; l'altra è la grande partita guidata dal commissario Guido Rossi, destinata a far voltare pagina al calcio italiano.
Vi ringrazio per avermi invitato ad illustrare di fronte alla Commissione le linee programmatiche del nuovo dicastero per le politiche giovanili e le attività sportive. Innanzitutto, come ricordava il presidente, questa è una novità sul piano istituzionale. È per precisa volontà del Presidente del Consiglio che, per la prima volta nella storia della Repubblica, l'Italia si è dotata di un dicastero dedicato ai giovani e allo sport. Si tratta di una scelta molto importante perché il dicastero che ho l'onore di presiedere si colloca al fianco degli altri Ministeri per i giovani e lo sport presenti in quasi tutti i paesi europei. Da questo punto di vista possiamo dire di aver colmato un vuoto, un ritardo.
In Italia, il dicastero che dirigo nasce senza portafoglio ma - mi capita spesso di dire - non senza idee. Per svolgere al meglio le funzioni in materia di sport e quelle di indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili, è mia intenzione non solo avvalermi, come è naturale, del personale che già da tempo esercita la vigilanza sugli organismi sportivi e che faceva capo al Ministero per i beni e le attività culturali, ma anche arrivare al più presto alla creazione di una nuova struttura dipartimentale nell'ambito della Presidenza del Consiglio, che svolga queste funzioni precipue in materia di politiche giovanili e di sport.
Ciò che intendiamo realizzare è una struttura di coordinamento e indirizzo, molto leggera, snella, versatile, all'altezza di tale compito. Intanto, già in questa fase di costruzione della struttura mi sto avvalendo di persone di indubbio valore, che stanno assistendo me e il sottosegretario Giovanni Lolli, la cui competenza, peraltro, voi tutti conoscete bene. In tale senso, mi fa particolarmente piacere annunciare che, da oggi, inizia la sua collaborazione con noi il campione olimpico Jury Chechi, che ha generosamente accettato di mettere a disposizione la sua competenza e la sua passione in questo cammino.
Il primo passo del neonato Ministero dello sport sarà la costituzione del tavolo nazionale dello sport, i cui lavori, dei quali parlerò diffusamente più avanti, verranno avviati entro la fine del mese di luglio. Per il momento, mi limito a dire che concepisco il tavolo dello sport come la sede istituzionale permanente di raccordo, alla quale verranno chiamati a partecipare tutti i soggetti coinvolti nel governo dello sport: il CONI, innanzitutto, in tutte le sue articolazioni, il Movimento paralimpico, gli enti di promozione sportiva, le regioni - a cui sono state affidate, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, importanti competenze in materia sportiva -, gli enti locali e, naturalmente, i ministri e i Ministeri a vario titolo coinvolti nella materia del governo dello sport (dal Ministero della salute a quelli dell'istruzione, dell'università e degli affari regionali).
Si tratterà pertanto di un tavolo di coordinamento e di governo complessivo del mondo dello sport, il cui compito sarà, innanzitutto, quello di istruire le linee di un intervento complessivamente rivolto alla crescita dello sport di base e della pratica sportiva diffusa e amatoriale. Il modello sportivo italiano, infatti, pure in presenza di punte di eccellenza nell'agonismo, rispetto alle esperienze di tanti altri paesi europei risulta ancora fragile e frammentato, soprattutto nel collegamento tra attività di base e attività agonistica.
Dobbiamo tutti insieme, e sottolineo «insieme», interrogarci se l'impianto del governo dello sport italiano - che oggi, non dimentichiamolo, si fonda anche sul lavoro, spesso volontario, di migliaia di cittadini che regalano il loro tempo, anche a costo di sacrifici personali molto significativi - sia ancora valido, considerando che quell'impianto è il frutto di una sedimentazione, che dal 1942 arriva alla riforma del Titolo V della Costituzione. L'aggiornamento di quel modello, organizzativo ed anche finanziario, dello sport italiano sarà il primo interrogativo che porremo al tavolo nazionale dello sport.
Non rientra nelle competenze specifiche di questa Commissione la materia delle politiche giovanili, ma mi preme


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sottolineare, comunque, come vi sia un ampio campo di coincidenza delle attività di questo nuovo dicastero che possono riguardare direttamente l'attività della Commissione. Penso, ad esempio, a tutti i temi relativi all'accesso dei giovani alla cultura. Limitandomi a parlare di sport, è evidente che c'è un fortissimo collegamento tra politiche giovanili e sport quando si parla di scuola e di università, una materia che, invece, ricade direttamente nelle competenze di questa Commissione.
Per quanto riguarda l'insegnamento dell'attività motoria, prima, e della pratica sportiva, poi, lungo il percorso della formazione dei nostri bambini e ragazzi, è mia intenzione - in collaborazione con il ministro Fioroni - invertire la tendenza che negli ultimi anni ha visto un tentativo di ridimensionamento dell'attività fisica nella scuola pubblica. Mi auguro, peraltro, che un segnale in tale direzione possa venire anche con la ripresa dei Giochi della gioventù.
Non vi è dubbio che nel corso dell'ultima legislatura i provvedimenti in materia di scuola adottati dal precedente Governo abbiano, purtroppo, fortemente accentuato lo scollamento già esistente della pratica sportiva dalla realtà scolastica. Penso che tale tendenza debba essere radicalmente invertita.
È necessario, infatti, prevedere un effettivo inserimento, pur con la dovuta gradualità, dell'educazione motoria nella scuola primaria - effettuata dalle migliaia di laureati ex ISEF, ora IUSM, il cui percorso professionale va peraltro riconosciuto e regolamentato in maniera adeguata - e la valorizzazione dell'attività motoria, fisica e sportiva negli altri contesti formativi, anche attraverso l'adeguamento alla media europea (tre ore nella scuola superiore, contro le due nel nostro paese) del numero di ore praticate dagli studenti.
Più complessivamente, lo sport costituisce un efficace e potente strumento per accrescere il benessere dei cittadini, a partire proprio dai più giovani. La cosiddetta alfabetizzazione corporea, emotiva, è fondamentale nelle fasi di crescita dei bambini più piccoli. L'abitudine alla pratica sportiva aiuta a promuovere buoni stili di vita e a prevenire concretamente numerose malattie; aiuta a promuovere anche la sicurezza alimentare e aiuta le persone a stare meglio.
Non solo, lo sport può essere uno straordinario veicolo per superare molte forme di disagio sociale o di vera e propria disabilità fisica o psichica, come ad esempio dimostra la vitale esperienza del Movimento paralimpico nazionale. Sempre sotto questo profilo, sono lieta di annunciare che il Ministero con piacere patrocinerà la realizzazione, a Roma, dal 30 settembre al 5 ottobre prossimi, degli Special Olympics European Youth Games, destinati, come sapete, ad atleti con disabilità intellettive.
Lo sport rappresenta dunque per questo Governo un pezzo importante del processo di costruzione della cittadinanza sociale, un capitolo importante della definizione delle politiche pubbliche, un tassello fondamentale di un moderno sistema di welfare. Per questo sarà determinante che al tavolo nazionale dello sport concorrano, con le loro idee e le loro iniziative, i ministri della salute, dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Riteniamo che la pratica sportiva debba costituire un capitolo importante del piano sanitario nazionale - ne ho già parlato con il ministro Livia Turco -, perché i riflessi della diffusione dello sport sono rilevantissimi anche per quel che riguarda la condizione di buona salute della popolazione italiana. Anche per tale ragione dobbiamo dotarci - ne parlerò diffusamente più avanti - di strumenti specifici per combattere l'allargamento sempre più preoccupante del ricorso a sostanze dopanti, anche al di fuori degli eventi e delle discipline agonistiche e, cosa ben più grave, nelle migliaia di palestre frequentate da milioni di italiani, soprattutto di giovani italiani. Dobbiamo, in buona sostanza, occuparci con molta più determinazione del doping come fenomeno sociale in rapida e preoccupante diffusione.


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L'attività agonistica praticata da quasi 3,5 milioni di iscritti alle federazioni sportive continua a darci mille soddisfazioni. Non mi riferisco solo a quelle di queste ultime ore, ma a quelle che giungono da tante diverse discipline: voglio citare le 164 medaglie vinte nel 2005 nei diversi campionati mondiali di specialità e i successi organizzativi, oltre che sportivi, dell'Italia alle recentissime Olimpiadi invernali di Torino e alle Paralimpiadi. Tuttavia, voglio dire con chiarezza che la platea di riferimento del nuovo Ministero dello sport è ben più ampia ed è costituita da quei circa 33 milioni di italiani che nel 2005 hanno dichiarato di aver effettuato una pratica sportiva continuativa (circa 12 milioni) o discontinua (circa 21 milioni).
Ho accennato brevemente ai diversi campi di intervento ed ho rammentato queste cifre per ricordare alla Commissione che quello da me rappresentato è il dicastero delle attività sportive, e non solo dello sport agonistico, e tantomeno del calcio.
Tuttavia, e ciò nonostante, non si può negare che il Ministero dello sport sia stato creato proprio nel momento in cui si è verificata una gravissima crisi nel mondo del calcio. Lo scandalo emerso dalle inchieste condotte da diverse procure della Repubblica è il più grande della storia del calcio, come ha recentemente affermato anche il capo dell'ufficio indagini della FIGC, per il numero delle squadre e dei tesserati coinvolti, per l'ampiezza dei fenomeni corruttivi e di degenerazione del sistema, su cui sono ancora in corso delicate e approfondite indagini. Le indagini della magistratura ordinaria e degli organi di giustizia sportiva, dopo i primi deferimenti dello scorso giovedì, procedono ora anche su altri fronti: sui bilanci delle società, sulle scommesse, sul mondo dei procuratori, sulla stessa Federcalcio.
Anche il Presidente Prodi, nel corso del dibattito sulla fiducia al Governo, ha sottolineato il problema della crisi etica che investe la nostra società, portando ad esempio quanto è accaduto nel mondo del calcio. Cito testualmente il Presidente Prodi, che al Senato ha affermato: «Uno dei beni collettivi a cui gli italiani tengono di più ci dimostra, purtroppo, che si è abbondantemente superato il livello di guardia». Lo dico a questa Commissione con profonda convinzione: restituire onore e trasparenza al calcio italiano, sottrarre allo stesso quegli elementi di opacità che hanno condotto a questa situazione deve essere un obiettivo condiviso da tutti. Nelle istituzioni, al raggiungimento di questo obiettivo devono concorrere gli sforzi di maggioranza e opposizione, perché il calcio - come tutto lo sport, d'altronde - non è né di destra, né di sinistra, ma di tutti gli italiani.
Non si può, infatti, negare che un numero sempre crescente di famiglie italiane identifichi nei modelli calcistici un riferimento ideale, un modello simbolico. Inoltre, i calciatori restano ancora, malgrado gli scandali degli ultimi tempi, i modelli e gli idoli di milioni di giovani e bambini, mentre il calcio resta un linguaggio universale compreso e comprensibile quasi in ogni angolo del mondo ed uno degli eventi televisivi maggiormente seguiti - come dimostra anche l'esperienza dei mondiali di calcio in atto in questi giorni -, che alimenta il sistema della comunicazione di massa, muove gli interessi, le passioni e la curiosità dell'opinione pubblica.
Per non parlare, poi, dell'incidenza economica del fenomeno calcio sull'economia nazionale. I ricavi delle società professionistiche di serie A e B sono stati, nel 2003, pari a 1.386 milioni di euro, mentre il giro d'affari annuo ammonta a circa 4.200 milioni di euro; a livello europeo, è stata la Commissione dell'Unione europea a stimare che circa l'1 per cento del prodotto interno lordo dell'Unione è dato dallo sport, con il calcio di gran lunga al primo posto come settore economico trainante.
Non vi è dubbio, allora, che per tutti questi motivi sia necessario restituire eticità e trasparenza a questo mondo, oggi travolto dalla bufera degli scandali. Se mi passate l'immagine, il calcio è la locomotiva del sistema dello sport italiano. Questa locomotiva oggi ha deragliato ed è necessario


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rimetterla sui binari giusti, per rimettere sui binari giusti l'intero sistema sportivo.
Cominciamo, quindi, dal calcio. Regoliamo diversamente un settore importante dell'economia nazionale. Il quadro che emerge dall'inchiesta in corso è quello di un mondo dove le regole esistenti non sono state rispettate e dove molte di quelle stesse regole si sono rivelate del tutto inadeguate a garantire il corretto svolgimento delle competizioni e ad assicurare trasparenza alle attività dei soggetti interessati. Per questo mi indigno quando sento parlare, con tanta euforica leggerezza, di amnistia. Al calcio italiano, oggi, non servono improbabili e improponibili colpi di spugna, ma serietà, saggezza e serenità. Il malato è grave, ma certo non irrecuperabile, soprattutto se puntiamo su un nuovo quadro trasparente di regole e sui giovani. Spetta, quindi, ora alla giustizia ordinaria e a quella sportiva nei prossimi giorni completare il loro corso e accertare le eventuali responsabilità di coloro che non hanno rispettato le regole, ma occorre anche procedere ad una riscrittura delle regole stesse, per evitare il ripetersi di così gravi fenomeni ed anche per garantire un nuovo equilibrio competitivo.
Gran parte delle nuove regole dovranno essere adottate dalle istituzioni sportive, nel rispetto del principio dell'autonomia dello sport, ma la politica non può non affrontare alcune delle problematiche più rilevanti, che da tempo emergono e che sono state, peraltro, oggetto di analisi e di esame da parte dello stesso Parlamento con l'indagine conoscitiva sul calcio professionistico condotta nella scorsa legislatura, il cui documento conclusivo è stato approvato da questa Commissione nella seduta del 21 luglio 2004. Tengo a sottolineare come il risultato di quel pregevole lavoro fu ampiamente condiviso, tanto dal centrodestra quanto dal centrosinistra, e come invece fu, purtroppo, lasciato lettera morta nella scorsa legislatura, soprattutto da parte delle autorità sportive e del precedente Governo. Comunque, quelle conclusioni rappresentano per me un fondamentale punto di partenza per il lavoro normativo che, in collaborazione con la Commissione, intendo affrontare in questa legislatura. Sono davvero lieta di sentire che è intenzione della Commissione e del suo presidente riavviare, anche nella legislatura in corso, un'attività conoscitiva e di aggiornamento, a cui il dicastero che dirigo è fortemente interessato.
Vorrei spendere ora poche parole sul quadro europeo. Anche in sede europea, su impulso del Primo ministro Blair, durante il semestre di presidenza inglese, e su iniziativa dei ministri dello sport di Francia, Germania, Spagna, Regno Unito e Italia, è stato elaborato uno studio sulle problematiche del calcio europeo ed è stata riconosciuta la necessità di intervenire politicamente. Il rapporto dell'Independent european sport review mi è stato consegnato pochi giorni fa personalmente da Josè Luis Arnaut, che lo ha curato e peraltro mi ha pregato di rivolgere a questa Commissione la sua personale richiesta di poterlo presentare quanto prima anche qui in Parlamento. A partire dall'approvazione di tale documento - mi auguro già nel prossimo autunno - da parte dei ministri dello sport dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa, dovrebbe implementarsi la collaborazione fra istituzioni europee ed organismi internazionali sportivi.
Nel documento sono stati affrontati temi relativi alla governance aziendale del calcio, con le questioni che riguardano la proprietà, il controllo e la gestione dei club, le questioni relative alle licenze per i club medesimi, il sistema dei trasferimenti dei giocatori, le normative per i procuratori, un possibile sistema di contenimento degli ingaggi, la governance delle autorità calcistiche europee e nazionali, le attività criminali legate al mondo del calcio, con il riciclaggio di denaro sporco e il traffico di giovani calciatori - un fenomeno di vera e propria «tratta» di giovani atleti -, i fenomeni di razzismo e xenofobia, le scommesse e il rapporto che le stesse possono avere con i risultati delle partite, la corruzione, le scommesse clandestine, i problemi connessi alla sicurezza


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e all'incolumità negli stadi e fuori dagli stadi. Si tratta, dunque, di uno studio a 360 gradi, che tratta di temi che evidenziano la rilevanza assoluta delle questioni che gravitano nel mondo del calcio.
A partire da vicende analoghe a quella italiana, legate a partite truccate e a fenomeni di corruzione collegati alle scommesse ed alle attività dei procuratori e dei calciatori che hanno riguardato la Germania, come anche il Belgio, la Finlandia, il Portogallo, l'esame di tali questioni ha evidenziato una serie di problemi comuni a molti paesi europei, che, come emerge dallo stesso rapporto, possono e devono trovare adeguate soluzioni. Analogamente, molti club europei presentano una situazione di scarsa solidità finanziaria, con casi di bancarotta e conti in rosso per milioni di euro. Si aggiunge a tutto questo che la presentazione di numerosi ricorsi all'autorità giudiziaria e sportiva dei differenti paesi dell'Unione ha messo in crisi le regole e le pratiche sportive fondamentali, con ciò riducendo la fiducia nei confronti del sistema e creando un clima di generale instabilità. È a partire da tali considerazioni che il rapporto promosso da Blair rivolge alle istituzioni dell'Unione e ai Governi dei paesi membri specifiche raccomandazioni sugli ambiti nei quali ciascuno è chiamato ad intervenire e sugli strumenti più adeguati per farlo.
Il quadro più interessante è quello delle raccomandazioni indirizzate alle stesse istituzioni dell'Unione europea che, nello specifico, vengono invitate a predisporre specifici atti normativi e, in particolare, almeno tre direttive in materia sportiva: una sulle scommesse, una sui procuratori, una sugli atleti minorenni. A conferma della validità di tali proposte, posso ricordare che proprio queste tre tematiche sono state indicate dal capo dell'ufficio indagini come punti su cui è necessario intervenire, per cancellare l'attuale opacità del sistema calcio. Numerose raccomandazioni sono, poi, inviate alle autorità calcistiche europee, quindi all'UEFA e alle federazioni nazionali, in particolare per migliorare il sistema della governance, per garantire una sufficiente trasparenza e democraticità delle istituzioni stesse e per raggiungere l'equilibrio competitivo nel calcio europeo, includendo anche il tema della negoziazione dei diritti televisivi ed una qualche forma di controllo degli ingaggi.
Da questo punto di vista, pur sapendo bene che si tratta di decisioni di esclusiva competenza di federazioni e leghe, personalmente guardo con attenzione a strumenti per il contenimento degli ingaggi - il cosiddetto salary cap -, diffusi nelle leghe professionistiche negli Stati Uniti (nel football, nell'hockey e nel basket), in Inghilterra (nel rugby) e in Australia (nel football, nel rugby e nel calcio). Tali modelli prevedono un tetto massimo per gli ingaggi degli atleti che compongono le formazioni sportive. Vi sono forme, come sapete, di salary cap «hard», come quella della National Football League americana, che non consentono eccezioni al tetto. Allo stesso tempo, vi sono modelli «soft», come nel caso della NBA, nei quali le eccezioni sullo sforamento del tetto salariale sono regolamentate da un accordo tra le associazioni dei giocatori e la lega professionistica.
Un modello, dunque, potrebbe essere quello di fissare un tetto complessivo agli ingaggi per ogni singola società, calcolato su base percentuale sul bilancio dell'ultimo anno o sulla media dei bilanci dei tre anni precedenti. Allo stesso modo, ritengo auspicabile un intervento volto a limitare le rose delle squadre di calcio e, forse, anche un intervento sui calendari delle competizioni calcistiche, che attualmente costringono le squadre ad un tour de force massacrante, che obbliga ad un turn-over massiccio, con conseguente crescita esponenziale delle rose dei calciatori.
È evidente che queste sono tutte materie di esclusiva competenza di federazioni e leghe; ci sono però delle raccomandazioni orientate in tale direzione nel rapporto citato, e credo sia utile e importante che anche questa Commissione apra una discussione al riguardo.
Il rapporto europeo, infine, raccomanda all'UEFA di creare un nuovo sistema


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per il trasferimento dei giocatori e per disciplinare l'attività dei procuratori. Un tema, questo, affrontato anche da noi con profondità, dal presidente dell'Autorità antitrust, Antonio Catricalà, il quale, a conclusione di un'indagine conoscitiva, ha avanzato, alla fine dello scorso maggio, una serie di proposte concrete, tra cui quella di eliminare l'albo dei procuratori, ridurre le esclusive agenti-calciatori, cancellare le penali per la revoca dei contratti e recidere tutti i conflitti di interessi tra agenti e parenti fino al secondo grado.
Come ho già detto, nuove regole dovranno essere adottate dalle istituzioni sportive, nel rispetto del principio dell'autonomia dello sport, ma la rilevanza sociale ed economica del fenomeno calcistico impone interventi a carattere normativo anche in Italia, nel rispetto naturalmente dei principi comunitari. Si apre, dunque, una stagione di profonde riforme dello sport e, nello specifico, del calcio. È mia intenzione, quanto al metodo e alla tempistica, tenere conto, nella predisposizione delle iniziative del Governo, del calendario fissato dal commissario straordinario della FIGC, Guido Rossi, che ha indicato nella fine dell'anno il termine entro il quale adempiere al mandato affidatogli.
Quanto al merito dei provvedimenti, un primo provvedimento è già all'esame e allo studio del mio dicastero. L'enorme quantità di denaro che si è riversata sul mondo del calcio, con la vendita individuale dei diritti televisivi e la diffusione delle immagini su diverse piattaforme, ha determinato gravi squilibri per l'intero sistema.
Come rilevato nelle stesse conclusioni dell'indagine conoscitiva del Parlamento nella scorsa legislatura, le entrate del calcio italiano oggi derivano al 50 per cento dai diritti televisivi (anche fino all'80 per cento per i grandi club), solo per il 10-15 per cento dalla vendita dei biglietti e, per il resto, da sponsorizzazioni e merchandising. Allo scopo di garantire l'equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive e di realizzare un sistema coerente di misure idonee a garantire la trasparenza e l'efficienza del mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione del pubblico degli eventi sportivi (non solo del calcio), in sede radiotelevisiva e sugli altri mezzi di comunicazione, occorre quindi procedere con tempestività al riordino della materia. D'intesa con il ministro delle comunicazioni, l'onorevole Gentiloni, è in corso di elaborazione un testo normativo di iniziativa governativa. Risulta chiara la necessità di superare l'attuale sistema, che, consentendo la vendita individuale dei diritti sportivi, ha determinato squilibri strutturali tra i vari partecipanti alle competizioni, in parte imprevedibili quando la disposizione fu approvata anche a seguito di un intervento dell'Autorità garante per la concorrenza e il mercato.
Il nuovo testo di legge, nel rispetto dei principi sulla libera concorrenza fra gli operatori della comunicazione, dovrà, in ogni caso, prevedere un modello di negoziazione centralizzata dei diritti, in modo da tener conto della specificità del fenomeno sportivo - espressa nella dichiarazione del Consiglio d'Europa all'inizio del 2000 - in quanto caratterizzato da solidarietà finanziaria, lealtà sportiva ed equilibrio economico e strutturale nell'ambito di ciascuna competizione sportiva, e della funzione sociale dello sport.
Del resto, anche la Commissione europea negli ultimi anni, esaminando i casi dell'UEFA Champions League, della Bundesliga e della Premier League, ha ritenuto conforme al diritto comunitario il ritorno a modelli di negoziazione centralizzata di diritti, pur subordinando tali modelli ad una serie di regole che garantiscano anche la concorrenza degli operatori.
Deve comunque essere garantita una più equa ripartizione dei diritti fra tutti i soggetti partecipanti alle competizioni sportive e penso che debba essere prevista anche la destinazione di una quota parte delle risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti - ad esempio del 5 per cento - a fini di mutualità generale del sistema, come il sostegno dei settori sportivi giovanili e dei movimenti di base e l'incremento delle strutture sportive sul territorio. Ricordo che l'attività di base e giovanile del calcio italiano, quella che va


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dai 6 ai 16 anni, riguarda complessivamente 720 mila tra ragazzi e ragazze e arriva a quasi 1,5 milioni se consideriamo anche i dilettanti. Parliamo di 36 mila squadre e più di 8 mila società, un serbatoio vastissimo e vitalissimo per il futuro del calcio italiano, che abbiamo il dovere di sostenere.
Ritengo, infine, che la nuova disciplina debba trovare rapida applicazione e che debba essere prevista anche una disciplina transitoria.
Credo che uno degli obiettivi dell'intervento complessivo di riforma sia quello di contribuire a rafforzare la consistenza patrimoniale delle società professionistiche di calcio. Non v'è dubbio, d'altra parte, che la Commissione cultura al termine dell'indagine parlamentare sul calcio abbia riportato, nella sua relazione conclusiva, la considerazione in base alla quale l'applicazione del provvedimento sulla trasformazione societaria delle società di calcio e sulla loro quotazione in borsa presenti luci ed ombre.
Credo, quindi, che sia giunto il momento di fare un tagliando alla disciplina delle società sportive professionistiche contenuta nella legge n. 91 del 1981, aggiornando il modello che era stato introdotto - lo ricordo, anche su richiesta della FIGC e del CONI - con il decreto n. 485 del 1996, anche per rendere meno gravosi gli effetti delle decisioni comunitarie in materia di trasferimento degli atleti sui bilanci delle società, ma che ha finito per determinare uno squilibrato sistema di finanziamento ed accentuare le fragilità economico-patrimoniali delle società calcistiche.
Sul punto, sono disponibile a raccogliere i suggerimenti che potranno venire dal Parlamento, in particolar modo dai lavori di questa Commissione e anche dal mondo dello sport, fermo restando che si dovrà comunque prevedere un rafforzamento dei controlli sulla gestione economica e finanziaria delle società sportive, nonché adeguate ed efficaci sanzioni per le irregolarità accertate.
A tal fine, dovrà essere garantita l'autonomia e l'indipendenza degli organi di controllo, prevedendo che i componenti di tali organi siano scelti con criteri oggettivi e predeterminati tra soggetti dotati di adeguata capacità professionale. Immagino, quindi, un sistema articolato ed omogeneo di interventi sul piano normativo, in quanto il calcio non è un mondo fuori dalle regole e non si può ricorrere sistematicamente a misure episodiche di intervento, come la pratica deteriore dello spalma-ammortamenti che si è verificata nella scorsa legislatura.
Il decreto-legge «salva-calcio» del 2002, che consentì alle società calcistiche di diluire in dieci esercizi - poi ridotti a cinque - la perdita causata dalla svalutazione del parco giocatori, ha fra l'altro determinato, per l'Italia, l'avvio di una procedura di infrazione per il contrasto con le direttive comunitarie in materia di bilanci. È inoltre necessario che lo stesso ordinamento di settore, quindi la FIGC, detti nuove regole di democraticità e trasparenza al suo interno e che, soprattutto, siano riordinati il sistema arbitrale e quello della giustizia sportiva, in modo da garantire l'effettiva e necessaria autonomia e indipendenza.
Le vicende di questi giorni, che occupano le prime pagine dei giornali, vedono il coinvolgimento, come indagati, del presidente dell'Associazione italiana arbitri, dei due ex designatori, del vicecommissario della commissione nazionale arbitri e di numerosi arbitri e assistenti arbitrali. La gravità dei fatti contestati e il numero dei soggetti coinvolti, chiamati a svolgere in seno all'AIA delicate funzioni di garanzia, a presidio del regolare svolgimento delle competizioni sportive, non solo ha compromesso il prestigio e la credibilità della categoria arbitrale, ma soprattutto ha vulnerato il regolare svolgimento delle competizioni sportive, con gravissime ripercussioni sull'intero «pianeta calcio». Occorre, quindi, che il mondo del calcio, nell'ambito della propria autonomia, provveda tempestivamente a dotarsi di nuove regole per l'intero settore arbitrale, anche con riferimento alle modalità di designazione dei direttori di gara e dei loro assistenti.


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Le recenti decisioni del Consiglio superiore della magistratura sulle autorizzazioni ai magistrati a svolgere incarichi nella giustizia sportiva, determinate dall'esigenza di evitare pericoli di appannamento dell'immagine dei valori di indipendenza e imparzialità, con riferimento a singoli magistrati beneficiari di incarichi sportivi, hanno reso pressante la necessità di un intervento anche in tale materia. Tale intervento - da realizzare, ovviamente, nell'ambito della riforma dell'ordinamento di settore che il commissario della federazione intende portare a compimento - deve prevedere che i componenti dei richiamati organi siano scelti, con criteri oggettivi e predeterminati, fra i soggetti dotati di adeguata capacità professionale.
Resta fermo, peraltro, che al fine di garantire l'indipendenza e l'imparzialità del sistema della giustizia sportiva - e in considerazione delle evidenti ripercussioni, anche di carattere economico, che si determinano per effetto delle decisioni degli organi di giustizia sportiva -, il Ministero rimane pienamente disponibile a collaborare con il commissario, anche non escludendo un intervento legislativo in materia.

PRESIDENTE. Mi permetto di interromperla, ministro Melandri. Purtroppo, l'andamento della giornata è stato determinato dai lavori di Assemblea, che a breve riprenderanno con il dibattito su un provvedimento che ci riguarda.
Rimanendo ancora una parte importante della relazione, proporrei di proseguirne l'illustrazione in altro momento.

GIOVANNA MELANDRI, Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive. Propone, dunque, di proseguire l'audizione in altra seduta?

PRESIDENTE. Sì. Siamo obbligati a farlo, in ragione dei richiamati impegni assembleari...

NICOLA BONO. Presidente, non sarebbe opportuno che il ministro Melandri depositasse la sua relazione?

PRESIDENTE. In tal caso, il ministro Melandri potrebbe riservarsi di intervenire in una fase successiva per gli eventuali approfondimenti.

GIOVANNA MELANDRI, Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive. Deposito volentieri la relazione, non ho alcun problema a farlo, presidente. Vorrei però sottolineare che avevo appena terminato la riflessione sul calcio e che avrei aperto la riflessione sullo sport in senso lato. Come dicevo prima, non c'è solo il calcio, ma anche la dimensione sociale della pratica sportiva...

PRESIDENTE. Non è necessario depositare adesso la relazione, ministro Melandri. Credo che potremo ascoltare la parte mancante, altrettanto interessante, non appena sarà possibile riconvocare la Commissione. In tal modo, i colleghi avranno tutto il tempo necessario per intervenire, trattandosi di una relazione ampia e molto articolata.
Nel ringraziare ancora il ministro per la disponibilità manifestata, rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 15,10.