COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta pomeridiana di marted́ 11 luglio 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIETRO FOLENA

La seduta comincia alle 20,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Sull'ordine dei lavori.

NICOLA BONO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Bono.

NICOLA BONO. Signor presidente, oggi pomeriggio, in Assemblea, ho sollevato alla sua presenza - tra l'altro lei mi ha risposto e non ho potuto replicare - un problema che ho posto più volte. Mi riferisco all'evidente difficoltà, in pendenza dei lavori dell'Assemblea, di tenere contemporaneamente riunioni di Commissione.
In questo momento in Assemblea è in corso una discussione generale e alcuni dei deputati iscritti a parlare sono anche componenti di questa Commissione. Ebbene, essendo qui presenti, non sappiamo quando ci sarà possibile intervenire in Aula, e viceversa.
Tale questione nella scorsa legislatura è stata sollevata più volte dall'opposizione - lei lo sa benissimo, dal momento che era deputato anche allora - e in tutte queste circostanze si è sempre aderito alle richieste dei parlamentari.
Si tratta di un problema oggettivo e non di ostruzionismo. Peraltro, non siamo in una sede legislativa, né referente, e neanche consultiva, ma partecipiamo a delle audizioni. Quindi è interesse mio, e della parte politica che rappresento, intervenire nel merito delle dichiarazioni fatte dal sottosegretario Levi sul tema delicatissimo dell'editoria. Tuttavia, non avendo il dono dell'ubiquità, abbiamo difficoltà ad essere presenti contemporaneamente in Commissione e in Assemblea.
Sollevo, dunque, un problema procedurale, perché mi vedo costretto, ancora una volta, a rivendicare il mio diritto di esercizio dell'attività parlamentare.
Ricordo ai colleghi della maggioranza che in passato, capovolgendo i termini della questione, non c'è mai stata da parte nostra una forzatura in questo senso. Mantenere fede a regole che riguardano l'interesse di tutti è una questione di assoluta correttezza e di rispetto dei rapporti tra maggioranza ed opposizione.
La prego dunque, signor presidente, di prendere atto che, al momento, è in corso una discussione generale in Assemblea e che, in base all'articolo 30, comma 5, del regolamento della Camera, è vietato tenere riunioni di Commissione in pendenza di sedute d'Assemblea. L'articolo 30, peraltro, non specifica se tale divieto abbia validità quando l'Assemblea si riunisce per votazione, per discussione, o per altre questioni.


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È vero che si può procedere alla discussione, qualora il problema non venga sollevato, ma poiché in questo caso il problema non solo è stato fatto presente, ma sta anche diventando un «tormentone», insisto su questo punto, perché è possibile che arrivi un momento in cui, di comune accordo, decideremo di procedere anche in pendenza dei lavori dell'Assemblea, ma allo stato attuale l'accordo non c'è. In conclusione, dunque, lei non può che prendere atto di questa nostra esigenza.

ANDREA COLASIO. Signor presidente, intervengo solo per sollecitare una risposta alla questione sollevata dal collega Bono.
Era prassi, in questa Commissione, che qualora vi fosse l'assenso di tutti i gruppi, anche in pendenza di una riunione dell'Assemblea - naturalmente in assenza di votazioni -, si potessero tenere audizioni o discussioni. Questo - ripeto - avveniva solo a condizione che vi fosse l'accordo dei gruppi.
Ora, poiché nella passata legislatura il problema era stato da noi sollevato reiteratamente, credo che sia doveroso ed istituzionalmente corretto, a fronte di una richiesta motivata da parte delle opposizioni, sospendere i lavori della Commissione in attesa che terminino quelli dell'Assemblea.

FABIO GARAGNANI. Come in molte altre circostanze, anche oggi condivido ciò che dice il collega Bono. In effetti, in cinque anni di presenza al Governo, ho apprezzato il suo operato.
Per quanto riguarda questa vicenda in particolare, credo che l'onorevole Bono abbia messo il dito nella piaga. Come il collega ha affermato, infatti, lo svolgimento dei lavori assembleari non si esaurisce solo nel momento delle votazioni, perché si può avere interesse ad ascoltare un collega, un esponente della maggioranza, della minoranza, o del Governo e si può voler interloquire. Peraltro, oggi è capitato anche a me di dover essere contemporaneamente in Commissione e in Assemblea.
Credo, dunque, che sia opportuno rispettare e porre il problema. Riprendendo sempre le parole del collega Bono, ribadisco che non si intende fare ostruzionismo, ma si vuole sottolineare una questione legata alla serietà dei lavori parlamentari che, personalmente, avverto in modo pressante.
Dovremmo evitare, nei limiti del possibile, anzi tout court, di tenere riunioni di Commissione nel momento in cui l'Assemblea è riunita, in quanto molti di noi si servono del dibattito - questa non è una frase fatta - per istruirsi, per approfondire, o per chiarire le motivazioni del proprio intervento successivo.
Per rispetto di tutti noi e dell'Assemblea parlamentare, quindi, ritengo che questa pregiudiziale sia giusta e chiedo al presidente Folena di intervenire in tal senso. Dicendo questo, non intendo attribuire alcuna colpa al presidente, dal momento che ciò accade in molte Commissioni e si verificava, forse, anche precedentemente. Ma, in considerazione del fatto che siamo all'inizio della legislatura, invito tutti noi a stabilire una regola ed uno stile di lavoro che agevolino veramente il ruolo dei parlamentari in quanto tali e consentano sia alla Commissione sia all'Assemblea di svolgere la propria attività.
Dico questo soprattutto nel riconoscimento del ruolo del parlamentare, che non è un semplice «schiaccia pulsante», ma svolge un compito ben più importante e ben più dignitoso e di ciò, ovviamente, dobbiamo tenerne conto.

PRESIDENTE. Purtroppo, questo genere di discussione si ripete quasi ogni dodici ore, con gli stessi argomenti.

EMERENZIO BARBIERI. Siamo in presenza di una situazione che - come lei correttamente riporta - si ripete costantemente. In proposito, devo dare atto al collega Colasio di avere dipanato in qualche modo questa matassa, fermo restando che non esiste alcuna prassi che possa modificare un comma del regolamento. Il comma in questione - con il permesso del


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collega Garagnani - reca: «Salvo autorizzazione espressa del Presidente della Camera, le Commissioni non possono riunirsi nelle stesse ore nelle quali vi è seduta dell'Assemblea». In questo caso, inoltre, è stata invocata una prassi, che è propria di questa Commissione, e di cui la collega Sasso, il collega Giulietti e il collega Colasio sono testimoni (peraltro il collega Colasio l'ha anche detto).
Il predecessore dell'onorevole Folena non ha mai convocato la Commissione contestualmente ai lavori dell'Assemblea. Per averne conferma, basta leggere gli interventi, che sono stati numerosissimi, della capogruppo dei democratici di sinistra, onorevole Grignaffini, che poneva questo problema.
Presidente Folena, mi rivolgo a lei. Come sa, io non l'ho votata e sa anche che considero i comunisti, categoria alla quale lei appartiene, una iattura per il paese, ma esiste una regola di cui bisogna tenere conto. L'articolo 30, comma 5, del regolamento della Camera - lo ripeto - reca: «Salvo autorizzazione espressa del Presidente della Camera [...]».
Quando eravamo maggioranza, avevamo instaurato questa prassi, in forza della quale, se non c'era l'unanimità, non si tenevano riunioni di Commissione contemporanee ai lavori dell'Assemblea.
Signor presidente, per farsi un'idea di ciò di cui sto parlando - ossia del raggiungimento dell'unanimità in questa Commissione, ad esempio per tenere delle audizioni - credo che basti recuperare gli atti. Mi riferisco a due decreti di cui ero relatore (la collega Sasso ricorderà molto bene questa circostanza) che riguardavano il tema dell'alternanza scuola e lavoro, sul quale la collega Sasso si cimentava con notevole perizia ed anche con dovizia di argomenti; durante l'esame di tali decreti non si procedeva senza unanimità.
Insomma, possiamo anche innovare tutto, ma la risposta che oggi è stata data in Assemblea - lo voglio dire in questa sede, essendo anche membro della Commissione - dalla Vicepresidente è stata scarsamente convincente. Il problema, infatti, non riguarda ciò che è successo in altre Commissioni, o una fantomatica prassi, ma concerne quanto è scritto nel regolamento.
Tra l'altro, al di là degli aspetti formali della questione, presidente Folena, desidero svolgere un ragionamento politico. Che senso ha, per il sottosegretario Levi, dare risposte alle questioni che gli sono state poste, in assenza dell'opposizione? A cosa serve? Non serve a nulla.
Credo che non sia utile al Governo; non mi riferisco alla persona fisica...

PRESIDENTE. Faccio osservare che gli interventi sull'ordine dei lavori dovrebbero essere più brevi.

EMERENZIO BARBIERI. Sto terminando. Comunque, signor presidente, per intervenire sull'ordine dei lavori, almeno in Assemblea, abbiamo a disposizione cinque minuti: non credo di aver parlato tanto. Tuttavia, se lei mi richiama alla brevità, il rispetto per la sua figura istituzionale è tale per cui non posso che accondiscendere alla richiesta di sintesi.
Oggi in Assemblea, signor presidente, sono stati posti problemi seri. Dal momento che percepiamo qualcosa di più dei pensionati sociali - e lei dovrebbe essere sensibile a questi argomenti -, credo che potremmo tenere le audizioni anche il lunedì pomeriggio o il venerdì mattina. Non è possibile continuare ad andare avanti seguendo uno schema per cui la gente lavora cinque giorni alla settimana e noi due giorni e mezzo, avendo abolito, spero, la settimana corta.

PRESIDENTE. Vi prego, onorevoli colleghi, non solleviamo questo argomento.

EMERENZIO BARBIERI. No, dobbiamo sollevarlo, presidente Folena.

PRESIDENTE. Voi avete chiesto di svolgere l'audizione questa mattina, ma non prima delle ore 11. Evitiamo di fare demagogia.


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EMERENZIO BARBIERI. Presidente Folena, non posso aver chiesto io di tenere l'audizione per le ore 11, dal momento che ero in clinica e ne sono uscito ieri sera. Pertanto, non so chi abbia avanzato tale richiesta. Dire «voi» è generico. In ogni caso, non tutti abbiamo la fortuna di abitare a Roma, a trecento metri dalla Camera. Se dobbiamo fare demagogia, allora parliamo anche di questo, di chi è eletto in collegi diversi da Lazio 1.
Il mio invito è quello di trovare un modus operandi, discutendo tra noi. Aggiungo che non mi pare possibile pensare di forzare le regole scritte e non la prassi.

ALBA SASSO. Credo che sia opportuno e urgente affrontare questo argomento in Ufficio di Presidenza, una volta per tutte. Ha ragione il presidente Folena a dire che non possiamo riprendere questo tema ogni dodici ore.
È vero che sono in corso i lavori dell'Assemblea e alcuni deputati vorrebbero trattenersi fino a tardi ed è altrettanto vero che, nella scorsa legislatura, noi ponevamo sempre il problema per il quale non può sussistere contemporaneità tra i lavori di Commissione e quelli dell'Assemblea: è una questione che abbiamo sempre sollevato. Tuttavia qualche volta si è verificato che ci siamo riuniti in Commissione in concomitanza con la discussione generale in Assemblea.

EMERENZIO BARBIERI. Sì, ma quando eravamo tutti d'accordo.

ALBA SASSO. Esatto, ci sto arrivando. Collega Barbieri, apprezzo molto la sua vena pedagogica, però mi consenta di terminare il mio intervento.
Il problema non è questo. Dagli interventi che ha svolto l'opposizione emerge che il punto è un altro, ossia che anche questa sera non c'è accordo sull'ipotesi di proseguire nei nostri lavori. Se nel corso della nostra seduta l'opposizione lasciasse l'aula, credo che si darebbe luogo ad un atto di scortesia anche nei confronti del sottosegretario Levi, dal momento che ormai la discussione è avviata. Vorrei avanzare, quindi, una proposta pacificatrice e di buonsenso. Visto che siamo qui presenti, troviamo un accordo per continuare la discussione. Diversamente, ognuno si assume le proprie responsabilità. Lo ripeto, a mio avviso la cosa migliore da fare è svolgere una «sana» discussione, una volta per tutte, in Ufficio di Presidenza e darci una regola.
In ultimo, rammento che era stato chiesto anche dal gruppo de L'Ulivo di non tenere le audizioni il martedì mattina alle ore 9, per permettere ai deputati fuori sede di raggiungere Roma con maggiore tranquillità. Per questo, giustamente, il presidente Folena ha usato il «voi».

PRESIDENTE. Vorrei sottolineare innanzitutto che il calendario dei lavori di questa settimana, con i punti all'ordine del giorno che sono stati iscritti, è stato approvato all'unanimità dall'ufficio di presidenza: è necessario ricordarlo, anche rispetto al reiterato e legittimo problema che viene posto giustamente in Assemblea dal collega Bono (ed è la seconda volta che lo fa nella giornata odierna), dal momento che investe non la presidenza della Commissione cultura, ma la Presidenza dell'Assemblea.
Mi sono permesso, oggi, di prendere la parola in Aula non per smentire il fatto che la Presidenza dell'Assemblea possa anche stabilire altri indirizzi, ma semplicemente per dire che le decisioni che avevamo preso in Commissione e nell'ufficio di presidenza erano state assunte all'unanimità e corrispondevano alla prassi, assolutamente consolidata, non solo nell'ultima legislatura, ma da moltissimi anni.
Questa non è farina del mio sacco. Infatti, a chiunque di voi chieda un parere alla Presidenza dell'Assemblea sarà risposto che, quando sono previste sedute con votazioni in Assemblea, si sconvocano le Commissioni. Allo stesso modo, quando sono previste sedute di Assemblea senza votazioni, le Commissioni non potrebbero lavorare, tuttavia hanno sempre lavorato e lavorano.


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La prassi, la «giurisprudenza» della VII Commissione della scorsa legislatura è interessante e rilevante, ma non può prevalere su un orientamento generale che la Camera dei deputati ha avuto, ossia quello che vi sto esponendo. Se qualcuno tra voi è in grado di smentirmi - vi prego, senza polemiche - lo faccia in questo momento, dicendomi che non è questa la prassi dell'Assemblea.
Domani mattina è prevista la Conferenza dei Capigruppo. I gruppi parlamentari hanno tutta l'autorevolezza e il potere di porre in quella sede al Presidente dell'Assemblea il tema di carattere generale.
Venendo a questa sera, se l'opposizione, o anche un solo gruppo, mi comunica che ha impedimenti ad essere presente per particolari esigenze, non ho problemi a cercare un accordo. Quante volte, anche nei giorni scorsi, il collega Barbieri ha fatto presente che aveva delle difficoltà perché si riuniva la direzione del suo partito! Insomma, tanti gruppi hanno proprie esigenze. In questo caso, peraltro, il sottosegretario Levi, oltre ad essere una squisita persona, è anche disponibilissimo; ed è suo stesso interesse - come veniva giustamente sottolineato - che le repliche avvengano in presenza delle opposizioni.
Ad ogni modo, il fatto che durante le sedute di Assemblea senza votazioni le Commissioni si possano riunire, non attiene alla nostra discrezionalità o alla nostra valutazione. Se la Presidenza dell'Assemblea darà un'altra interpretazione, domani o nei prossimi giorni, questo presidente ne terrà conto. Del resto, ho un forte senso delle istituzioni, delle gerarchie ed anche del mio limite. Sarò anche un innovatore, come dice l'onorevole Barbieri, ma non a tal punto da paralizzare i lavori di una Commissione, a fronte del fatto che tutte le altre lavorano. Ciò che vi dico è documentato: prendete i bollettini delle Commissioni e verificatelo voi stessi!
Personalmente, sono sensibile all'argomento sollevato dall'onorevole Bono, vale a dire che è un diritto di ogni parlamentare partecipare a quello che succede in Assemblea, anche quando non sono previste votazioni. Tuttavia, mi darete atto del fatto che anche nella scorsa legislatura, durante le sedute di Assemblea di sindacato ispettivo e di question time - e nessuno può sostenere che si tratti di sedute di «serie B», dal momento che sono importantissime -, le Commissioni, questa compresa, si sono sempre riunite.
Ad ogni modo, sul tema posto dal deputato Barbieri - ossia che nella scorsa legislatura è sempre stata adottata la prassi di cui abbiamo parlato -, mi riprometto di effettuare un approfondimento sulle eventuali concomitanze che si sono verificate anche in questa Commissione. Così potremo esaminare il tema, come proponeva poc'anzi la deputata Sasso, in Ufficio di Presidenza.
Invece, per quanto riguarda l'orientamento generale - lo ripeto -, non si tratta di un argomento di competenza del nostro ufficio di presidenza, ma di un tema che, a mio modo di vedere, va legittimamente sottoposto all'attenzione della Presidenza dell'Assemblea. Solo in presenza di un orientamento diverso rispetto alla prassi consolidata - che, collega Barbieri, non è un abuso, ma un'interpretazione dell'articolo del regolamento che lei stesso ha letto - cambieranno le cose.
Mi dichiaro pronto a tutto. L'Assemblea dovrebbe sospendere i propri lavori dalle ore 21 alle ore 21,30. Pertanto, se vogliamo, essendo presenti molti colleghi, possiamo svolgere la nostra audizione fino alle ore 21,30. Se poi sarà avanzata una richiesta motivata politicamente, non regolamentare, di gruppi dell'opposizione che non sono in grado di proseguire dopo le 21,30, verrò incontro alla richiesta politica anche del più piccolo gruppo, non solo di quelli grandi. Mi preme sottolineare, inoltre, che continuerò ad assumere questo atteggiamento di disponibilità anche in futuro, così come è stato fino ad ora.
Diversamente, se si pone semplicemente una questione di carattere regolamentare, non intendo in alcun modo creare un precedente in base al quale in


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Commissione si cambia un orientamento che è stato fortemente consolidato a livello di Assemblea.
Credo, dunque, che possiamo proseguire i nostri lavori. Dopodiché, saranno i colleghi a dirmi se vi sarà una richiesta di sconvocazione dovuta a ragioni politiche, ad impegni di colleghi della Commissione che debbono intervenire in Assemblea, o a riunioni di gruppi parlamentari. In tal caso, sarò prontissimo a venire incontro a queste esigenze, sulla base della disponibilità del sottosegretario Levi a fissare un altro incontro.
Dunque, se siete d'accordo, utilizzerei questa mezz'ora di tempo.

NICOLA BONO. Signor presidente, il fatto che l'Assemblea sospenda i propri lavori dalle ore 21 alle ore 21,30 fa venir meno la pregiudiziale. Quindi, per quanto mi riguarda, durante questa mezz'ora possiamo lavorare.
Personalmente, tuttavia, non sono d'accordo su un punto. Lo devo dire in maniera chiara, perché non voglio più tornare sull'argomento per spiegare ciò che intendo dire. Il mio gruppo non ha alcuna motivazione, questa sera, di rinviare la seduta per ragioni attinenti alla propria attività. Quello che ho posto all'attenzione sua e dei colleghi, infatti, è un problema politico e procedurale.
Devo ringraziare tutti i colleghi che sono intervenuti, ma in modo particolare - mi consentiranno i colleghi dell'opposizione - l'onorevole Colasio per l'onestà intellettuale che ha manifestato. Il collega Barbieri ha fatto bene a sottolineare che si tratta di invocare una prassi non di questa Commissione, ma della Camera. Quando ricoprivo la carica di sottosegretario, andavo in diverse Commissioni...

PRESIDENTE. Smentisco! Ero membro della Commissione esteri che ha sempre lavorato, così come ha fatto la Commissione ambiente. Glielo posso assicurare. Sono testimone diretto, assiduo parlamentare della Commissione esteri.

NICOLA BONO. Mi faccia completare il pensiero. La Commissione può lavorare, a condizione che vi sia l'accordo. Diversamente, le comunico - è vero che dobbiamo comunque aspettare una valutazione della Presidenza dell'Assemblea in generale - che per quanto ci riguarda, se lei insiste a non tenere conto delle nostre richieste, non parteciperemo alle riunioni della Commissione. Pertanto, lei si assumerà l'onere e l'impegno di lavorare senza l'opposizione.

ANTONIO RUSCONI. Capisco la dialettica politica, però gli onorevoli Barbieri e Bono sanno che eravamo insieme, anche se con ruoli diversi, in questa Commissione nella scorsa legislatura. In proposito, dobbiamo esprimere alcune osservazioni molto semplici.
In primo luogo, dobbiamo considerare che siamo all'inizio dei lavori della Camera e che saranno stabilite regole valide per tutte le Commissioni, come ricordava bene il presidente Folena. Peraltro, in una Commissione, il presidente può esprimere una valutazione su un determinato problema che ha una forza politica.
In secondo luogo, bisogna tener presente che stiamo vivendo un momento eccezionale. Non stiamo tenendo audizioni sulla riforma della scuola, o su un provvedimento di un argomento settoriale, o chissà cosa altro, ma stiamo ascoltando i ministri i cui ambiti di competenza riguardano la Commissione. Tra l'altro, queste audizioni coincidono con l'avvio dell'indagine conoscitiva sul calcio professionistico, che è stata richiesta da tutta la Commissione, dalle forze di maggioranza e da quelle di opposizione.
Si è chiesto - caso particolare, che tra l'altro non coincide con quanto accadeva nella scorsa legislatura - che le audizioni dei ministri si svolgessero in due, tre o addirittura, si rischia, in quattro sedute. Infatti, la decisione, in questo caso eccezionale, del presidente è stata di non limitare il tempo degli interventi. Sicuramente, i colleghi che sono intervenuti - ma basterebbe il resoconto stenografico a testimoniarlo - possono dimostrare che finora, nelle audizioni, il tempo concesso agli esponenti dell'opposizione è stato inversamente


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proporzionale alla rappresentanza politica in Commissione. Vale a dire che l'opposizione ha avuto più tempo a disposizione rispetto alla maggioranza.

EMERENZIO BARBIERI. No!

ANTONIO RUSCONI. Non ho detto rispetto alle relazioni dei ministri che rappresentano il Governo, ma ho parlato di interventi della maggioranza e dell'opposizione (Commenti del deputato Barbieri). Tant'è vero che il presidente Folena, proprio recentemente, durante la prima seduta dell'audizione del ministro Fioroni, ha autorizzato un intervento dell'onorevole Aprea che è durato esattamente un'ora. Non in base a un regolamento, ma piuttosto in virtù del buonsenso e della volontà di dare spazio all'opposizione, è stato concesso che questo intervento fosse superiore addirittura a quello del ministro stesso. Penso che sia un record da confrontare con il resto del Parlamento. Si è trattato di una sorta di controrelazione, svolta indipendentemente da quanto avrebbe potuto dire il ministro, dal momento che l'onorevole Aprea ha letto una relazione scritta. Lei ha fatto bene a svolgere quell'intervento. Del resto, le è stato concesso di farlo.
Tuttavia, sottolineo questo aspetto perché non siamo in presenza di audizioni «normali», ossia di audizioni riguardanti un disegno di legge o un provvedimento, ma di un dato eccezionale. Mi riferisco al fatto che siamo all'inizio della legislatura e che le audizioni di tutti i ministri sono state chieste con fretta, giustamente, da parte di alcuni parlamentari. Inoltre, sono stati svolti interventi non contingentati. Personalmente, sono disponibile al confronto con la passata legislatura, richiamando gli episodi che ho citato prima. In questa prospettiva, dal momento che il presidente Folena ha dimostrato molto buonsenso e senso della democrazia nel consentire interventi come quelli che prima citavo, chiedo che si accetti la stessa norma, in attesa di definire le regole generali.

PRESIDENTE. Non voglio ribadire quello che ho già detto, dal momento che le nostre posizioni sono chiare. Per quel che mi riguarda, mi attengo alla prassi dell'Assemblea e a quello che l'Ufficio di Presidenza dell'Assemblea decide. Invito i gruppi che hanno problemi da sollevare a farlo in quella sede, che è deputata a prendere un orientamento.
A proposito dei toni, sinceramente sopra le righe, che sono stati usati questa sera - mi permettano i colleghi Bono e Barbieri -, vorrei sottolineare un aspetto. Questa presidenza ha lavorato - a differenza di quello che è successo con la presidenza precedente, che comunque è stata una buona presidenza - affinché le audizioni si svolgessero tutte nel corso di più sedute, senza limitare in alcun modo il tempo degli interventi. Personalmente, non ho calcolato i tempi a cui si riferiva il deputato Rusconi, ma mi darete atto che c'è stato un orientamento amplissimo. Nell'altra legislatura, più di una volta i ministri hanno detto che avevano un'ora e mezza di tempo, per cui, tagliando alcuni interventi, hanno preso la parola.
Ritengo, invece, che il confronto fra di noi, la dialettica, anche accesa, sia fondamentale. Dobbiamo continuare a lavorare in questo modo, con il consenso di tutti, perché ne abbiamo bisogno e procedere senza irrigidimenti, sapendo che, certamente, da parte di questo presidente e di questa presidenza di Commissione, non c'è stata alcuna prova, né segno di voler prevaricare competenze e ruoli che spettano all'opposizione e, in generale, a tutti i gruppi parlamentari.
Abbiamo già consumato un po' di tempo, ma se vogliamo procedere con gli interventi fino alle ore 21,30, ci sono già alcuni colleghi che hanno chiesto di intervenire. Dopodiché, per equilibrio politico e per evitare ulteriori code polemiche, accolgo l'ipotesi di sospendere i lavori alle ore 21,30 fermo restando che non si può scambiare questa decisione politica con un'altra interpretazione del regolamento e della prassi parlamentare che - come ho detto ampiamente - non condividerei, perché la prassi è un'altra.


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Seguito dell'audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega per l'editoria, Ricardo Franco Levi, su questioni attinenti la materia dell'editoria.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, il seguito dell'audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega per l'editoria, Ricardo Franco Levi, su questioni attinenti la materia dell'editoria.
Proseguiamo con gli altri interventi dei colleghi che hanno chiesto di parlare.

GIORGIO LAINATI. Signor presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi, gli interventi che si sono succeduti immediatamente dopo quello del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega per l'editoria, la settimana scorsa, hanno dimostrato, a mio avviso, che il suo esordio non è stato particolarmente felice, onorevole Levi.
Non è stato particolarmente felice, altresì - e ciò è avvenuto probabilmente suo malgrado, come lei ha avuto modo di dire -, il fatto che il taglio operato dalla Ragioneria generale dello Stato sia passato sopra la sua testa e lei non sia riuscito, se non ho mal entendu, ad impedire che si verificasse questo evento oggettivamente negativo. Definisco il taglio operato ai fondi per l'editoria con questi termini, perché, essendo lei un giornalista, ed essendo stato direttore di un giornale, deve avere una particolare sensibilità verso questo tipo di argomenti.
Anche io sono un giornalista e mi permetto di dire che non mi reputo un professionista della politica. Immagino che neanche lei ritenga di esserlo, ma non mi voglio impossessare delle sue opinioni. Ad ogni modo, dal momento che svolgiamo entrambi questa professione, dovremmo avere, sulle tematiche che riguardano il mondo del giornalismo e dell'editoria, sensibilità diverse e maggiori, rispetto magari a qualche collega che è più attento ai fatti della politica.
Peraltro, le rinnovo, anche a nome del gruppo di Forza Italia, la richiesta di fare chiarezza sulla effettiva entità del taglio relativo ai finanziamenti al mondo dell'editoria, perché a giudicare dalle cifre apparse nelle tabelle specifiche questo non è chiaro.
Allo stesso modo, non si è avvertita chiaramente nelle sue parole una dovuta attenzione nei confronti di questo mondo. Quando abbiamo affrontato, prima della sua audizione, in Commissione, il tema dei tagli all'editoria, su questo argomento c'è stata un'oggettiva - il presidente Folena lo può testimoniare - convergenza.
Proprio la collega Perina del gruppo di Alleanza Nazionale è stata la prima a sottolineare la delicatezza e l'importanza di questi fondi. Non a caso, essendo l'autorevole direttore del giornale di Alleanza Nazionale, la collega Perina ha citato nel suo discorso il Secolo d'Italia, ma, come termine di paragone, ha fatto riferimento anche al quotidiano del partito del presidente Folena, ossia Liberazione. Tra i giornali che attingono alle fonti di finanziamento della legge sull'editoria, Liberazione è ritenuto quello che meglio li ha gestiti e li gestisce e, così facendo, ha consentito a decine di giornalisti di iniziare un percorso professionale importante.
Pertanto, spero che lei, signor sottosegretario, in sede di replica, vorrà spendere una parola anche sui giornali di partito e sull'importanza della loro esistenza. A tale proposito, mi permetto di farle notare che chi le parla è una persona che rappresenta il più grande partito italiano che, tra l'altro, non ha un giornale di partito e, quindi, non attinge ai fondi dell'editoria. Naturalmente, sto parlando di un giornale che appartenga dichiaratamente a Forza Italia.
Gli altri aspetti che mi hanno stupito sono collegati a quella sensibilità che, mi auguro, lei potrà manifestare nel tempo a venire. Come ho avuto modo di dire anche in altre occasioni, le forze politiche che sostengono il Governo di cui lei è un autorevole rappresentante - e mi riferisco ad alcune di esse, come Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e Verdi -,


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hanno trovato uno splendido alibi da mostrare ai loro elettori che, probabilmente, saranno stupiti da tanti fatti, oggettivamente non particolarmente felici, del vostro esordio.
Insomma, la panacea di tutti i mali è diventato il termine «discontinuità». Queste forze politiche del centrosinistra ritengono che vi sia discontinuità su tanti aspetti, ma la realtà rappresenta esattamente l'opposto. Del resto, tutti sappiamo che la discontinuità sull'impegno militare del nostro paese, non solo in Iraq, ma anche nell'Afghanistan e in altri importanti scacchieri internazionali, non esiste, nel senso che continuiamo a rimanere in questi territori. Tutto sommato, non le nascondo un certo compiacimento per il fatto che il Governo Prodi continui una politica di impegno nelle missioni internazionali, che è stata portata avanti dal Governo Berlusconi nei cinque anni precedenti.
Quanto al termine «discontinuità» - così abusato dalla sinistra -, riferito al suo impegno nella politica editoriale, credo che si potrebbe dire che vi è un rovesciamento nell'utilizzo di questa parola. Mi sembra, infatti, che la sua sia una «non discontinuità». Intendo dire che, rispetto ai cinque anni precedenti in cui sono stati effettuati dei tagli - dovuti all'insistenza dell'allora ministro dell'economia, fortunatamente mitigati dall'insistenza del suo predecessore, l'onorevole Bonaiuti -, oggi una maggioranza così caratterizzata a sinistra e tradizionalmente vicina al mondo della cultura dovrebbe rappresentare una grande discontinuità in questi campi. Invece, lei si presenta in Parlamento con un taglio ai fondi per l'editoria.
Dunque, assistiamo alla più clamorosa delle non discontinuità nell'ambito di un impegno che invece lei dovrebbe portare avanti, se non altro per venire incontro alle richieste di una consistente parte della sua maggioranza, che ha fatto dell'impegno nel mondo della cultura uno dei suoi obiettivi fondamentali.
Personalmente, mi sono permesso di ricordare al Vicepresidente del Consiglio e ministro dello spettacolo che, nel dicembre scorso, molti dipendenti di Berlusconi - ovviamente tutti multimiliardari - protestarono contro il Governo Berlusconi, con lo slogan: «la cultura vi fa paura». Per evitare che prima o poi qualcuno di costoro venga a dire la stessa cosa anche a lei, sottosegretario - e potrebbe accadere, onorevole Colasio -, le consiglio vivamente di correggere, in sede di replica, quanto ha detto nel suo esordio.

ALBA SASSO. Cercherò di essere brevissima, perché tante cose sono già state dette, e per permettere di intervenire anche all'onorevole Bono.
Il collega Lainati ha già sollevato la prima questione, relativa ai tagli all'editoria. Nella precedente seduta, mi sembra che il sottosegretario Levi avesse detto alcune cose in merito; mi riferisco alle dichiarazioni riguardo all'intenzione di ridurre i tagli che erano stati annunciati, rispetto a cui vorrei segnalare un problema. È vero che si è detto che i tagli saranno in tabella C e che comunque saranno ridotti rispetto agli annunci che erano stati fatti, ma segnalo che i 98 milioni stanziati per l'editoria sono assolutamente inadeguati.
I tagli che sono stati operati dal Governo precedente sull'editoria - sempre contemperati dagli interventi sia della Commissione sia del sottosegretario Bonaiuti - sono stati pesantissimi. Tali interventi, inoltre, hanno colpito in particolare i giornali di partito, quelli delle cooperative e, in generale, le testate più deboli. Di fatto, in questi anni, una legge da voi approvata (la cosiddetta legge Gasparri) non ha fatto che drenare le forze e le risorse, per esempio della pubblicità verso la televisione sottraendole ai giornali. In più, si sono verificati fenomeni di concentrazione nell'editoria da parte dei giornali più forti, che hanno raccolto più pubblicità rispetto a quelli più deboli. Questo è il processo che si è sviluppato in questi anni. Le testate più forti hanno avuto utili che sono stati ridistribuiti agli azionisti, mentre invece i giornali no profit, quelli di partito e quelli cooperativi, come sappiamo tutti, stentano ad andare avanti.


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Non si tratta di essere di destra o di sinistra, e neanche di Liberazione o de il manifesto, ma parliamo di un insieme di giornali, dell'editoria meno protetta, dei piccoli editori, dei piccoli giornali che sono quelli (Commenti del deputato Bono)... Non è che siano meno letti, onorevole Bono. Il problema è che questi giornali sono quelli che hanno meno risorse, meno pubblicità e che, quindi, sono meno forti sul mercato.
Tra l'altro, lei, onorevole Bono, sa bene che il mercato non segue meccanismi automatici, anche nella società della globalizzazione. In materia di cultura, ad esempio, è chiaro che il ministro della cultura, o l'assessore regionale, non sono chiamati a proteggere solo i grandi eventi. Certo, devono occuparsi anche di questi, ma devono impegnarsi a promuovere in particolare quegli interventi, anche di nicchia, che fanno cultura.
Così è nel mondo della cultura, così in quello dello spettacolo, così in quello dell'editoria. Fare cultura non significa assecondare i gruppi o le forze maggiori, ma dare una mano, una possibilità, ai gruppi più piccoli. Tra l'altro, come diceva qualcuno, è proprio dai gruppi più piccoli, dall'editoria e dai giornali non protetti che vengono le idee migliori, le proposte più significative e via dicendo.
Detto questo, chiedo al sottosegretario Levi di chiarire meglio il tema dei tagli all'editoria.
La seconda questione che intendo porre riguarda la politica sul libro e sulla lettura. Da alcune ricerche condotte a livello europeo (Euridice e via dicendo), emerge che la fascia dei giovani in età scolastica legge ancora molto, ha un'attività di lettura abbastanza accettabile, per via della scuola e per altre motivazioni. Andando avanti con l'età, la propensione alla lettura cala. Dalle statistiche dell'AIE (l'Associazione italiana degli editori) emerge che nel nostro paese moltissime persone non leggono neppure un libro l'anno. Anche in questo caso, onorevole Bono, chi vuol fare politica culturale deve promuovere una delle forme più alte di cultura, ossia la capacità di leggere.
Alcune proposte in questo senso sono già state avanzate, nel corso di alcuni interventi che mi hanno preceduto. Si è parlato di pubblicità, di promozione del libro e di spettacoli televisivi. Tra questi ultimi, ve ne è uno molto grazioso che si intitola Per un pugno di libri e che va in onda la domenica pomeriggio. Tale trasmissione registra un'audience molto forte tra i giovani, anche perché vi partecipano classi scolastiche che gareggiano fra di loro. È solo un piccolo esempio e magari si tratta di una trasmissione che - come dicono i giovani - non tira. Tuttavia, credo che esistano molte esperienze in questo senso che potrebbero essere finanziate e promosse.
Peraltro, sempre stando a quanto riportato dalle statistiche, sembra che il successo scolastico delle ragazze e dei ragazzi sia influenzato non solo dal livello culturale dei genitori, in particolare della madre, ma anche, in maniera direttamente proporzionale, dalla quantità di libri presenti in casa. A tale proposito, ricordo anche l'impegno profuso dal ministro De Mauro - prima ancora di essere ministro - nel promuovere nelle città una rete di biblioteche. Non so se questo faccia parte delle sue competenze, sottosegretario, ma parlare di editoria e di educazione alla lettura credo che sia fondamentale. Oggi la scuola riesce a formare i giovani non solo trasmettendo dei contenuti durante l'orario delle lezioni - inseguendo spesso un enciclopedismo che non finisce mai -, ma anche avvalendosi della rete informale dell'educazione. Di questi tempi, infatti, si può imparare rivolgendosi a qualsiasi campo: alla televisione, a internet e via dicendo.
Permettetemi di aprire una piccola parentesi al mio discorso, relativamente a quest'ultimo punto. La società della conoscenza non si dà in natura, ma esiste se vi sono politiche e strategie che la permettono, che consentono alla gente di fruire del sapere, della cultura, della conoscenza. Una di queste politiche, sicuramente, è quella che mira alla promozione della cultura e alla capacità di avvalersi di una rete informale di educazione, che è fondamentale


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per la qualità dell'apprendimento. Visto che i centri dove si può apprendere proliferano, la scuola oggi diventa utile se riesce a dare senso e significato a ciò che si apprende anche fuori dalla scuola. In questo senso, credo che portare avanti una politica comune, magari con i ministri dell'università, dell'istruzione e anche della cultura, sia utile.
Al momento, stiamo discutendo - anche un po' forsennatamente - del decreto-legge sullo «spacchettamento», a cui l'opposizione è sicuramente molto contraria. Personalmente, ritengo che alcune cose non siano positive e negative in sé. Allo stesso modo, lo «spacchettamento» non è positivo o negativo solo perché viene attuato da una parte politica o da un'altra, ma può essere utile se moltiplica le forze, le sinergie e gli interventi. Se si riesce a lavorare insieme su un terreno come quello dell'editoria, delle politiche per i giovani, delle politiche dell'istruzione, dell'università e della ricerca, credo che si possano potenziare funzioni e capacità del Governo. La presenza di più ministri, che lavorano su questioni affini che possono essere trattate insieme, può essere uno strumento per riuscire ad ottenere risultati migliori.
L'ultima questione che desidero toccare - anche se è stata già affrontata - riguarda l'esigenza di riprendere la legge sull'editoria, su cui vi era un consenso generale, cercare di ripartire da qui, in Commissione, ritrovando anche la capacità di portare avanti un lavoro comune, come abbiamo sempre fatto anche nella scorsa legislatura.

PRESIDENTE. Sono le 21, 27. Onorevole Bono, se desidera intervenire, è libero di farlo.

NICOLA BONO. In cinque minuti posso concludere il mio intervento.

PRESIDENTE. Se lei mi chiede di intervenire, non ho nulla in contrario. In seguito, daremo 30 secondi al sottosegretario, che deve fare una precisazione.

NICOLA BONO. Il mio è l'ultimo intervento, al quale seguirà la replica del sottosegretario Levi?

PRESIDENTE. No, hanno chiesto di parlare ancora quattro colleghi. Darò poi per un attimo la parola al sottosegretario, che desidera aggiungere una considerazione.

NICOLA BONO. Va bene. Possiamo concedere anche più di un attimo. Non dobbiamo essere troppo draconiani.
Signor sottosegretario, se dovessi definire la sua relazione, userei i termini «mercantile» e «ragionieristica».
Uso la parola «mercantile», in quanto lei ha posto il problema dei tagli come si pone una trattativa di natura mercantile, vale a dire che si chiede di più per ottenere di meno. Siete partiti con un taglio che doveva colpire in maniera pesante (80 milioni di euro l'anno per tre anni) la consistenza del fondo per l'editoria, e poi l'avete ridotto, per quanto riguarda il 2006, ad appena un milione di euro, e per il 2007-2008 a 50 milioni di euro. Dovremmo plaudire a questo, secondo la logica del male minore. Tuttavia, non è così.
Il settore dell'editoria - è stato detto più volte, ma voglio richiamare uno degli interventi più seri e appassionati di questo dibattito, quello dell'onorevole Giulietti - ha una valenza e una importanza strategica (come è stato ricordato anche nel dibattito di stasera dal collega Lainati), che non può essere certo gestita lavorando attorno all'ipotesi della riduzione dei finanziamenti.
Per quanto riguarda il termine «ragionieristica», lo userei per definire la sua relazione, perché, in effetti, lei ha ricalcato i capitoli del bilancio, su ciascuno dei quali ha dato indicazioni di carattere più o meno politico. Tuttavia, dalle sue parole non è emersa una visione di insieme, e tanto meno i suoi obiettivi, le sue strategie e le sue finalità. Soprattutto, non si è resa evidente la capacità di individuare in un settore, come quello che lei gestisce, uno strumento di crescita culturale per il


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paese, di allargamento della base delle utenze affamate di cultura, di crescita della lingua italiana all'estero e, quindi, di captazione e di collegamento con le nostre comunità.
Per fermarmi a questo l'ultimo aspetto, quello delle nostre comunità all'estero, sottolineo che lei ha parlato di RAI International, ponendo l'argomento come se il problema fosse quello di stabilire un elenco di trasmissioni più gradevoli per i nostri connazionali che vivono all'estero. Lei sa bene che non è così. Non si tratta solo di un problema di stanziamenti, ma di tagli. È una questione di carattere culturale, di come si intende lo strumento della comunicazione televisiva per quanto riguarda le nostre comunità all'estero, che hanno esigenze importanti, ma di cui noi, come sistema paese, sentiamo il bisogno.
Ciò che manca nel nostro paese è proprio una strategia di Governo per le nostre comunità all'estero, che dovrebbero costituire un elemento di particolare richiamo. Tali comunità, infatti, sono i primi testimonial del made in Italy. Esse dovrebbero essere i primi soggetti permeabili alla comunicazione e alla trasmissione del nostro know how nei vari settori della crescita dell'intelletto e, invece, non è prevista per esse una strategia di avvicinamento. A questo fa riscontro la situazione del sostegno della cultura all'estero: 250 mila euro soltanto, pari a 250 premi da mille euro. Convengo con lei sul fatto che questo non è un modo per promuovere la cultura italiana all'estero, ma è un modo per dispensare elemosine totalmente improduttive dal punto di vista degli effetti.
Ricordo che è stata avanzata una richiesta dalle categorie e dal Parlamento. Ancora una volta, e non a caso, voglio citare l'onorevole Giulietti, ma potrei richiamare anche altri colleghi che sono intervenuti nel dibattito, come l'onorevole Sasso. Le due «gambe» su cui poggia una strategia di crescita culturale nel nostro paese, attraverso l'editoria della stampa quotidiana e la promozione dell'editoria libraria, sono le due leggi di fondo: l'ex Bonaiuti da un lato e la legge sul libro dall'altro. Su questo secondo punto, lei non ha detto una parola. Sulla Bonaiuti, invece, si è limitato a dire che quella norma è una buona base di partenza, ma questo giudizio è troppo sintetico per capire che cosa si intende fare.
La Commissione aveva redatto un testo condiviso, che era stato varato praticamente all'unanimità. Come disse il poeta, mancò la fortuna, non il coraggio. Mancò la capacità di dare coperture finanziarie a un'idea, a un progetto, a una volontà condivisa. Chiediamo che il Governo si pronunci su ciò, nei tempi e nei modi che l'importanza del provvedimento comporta, tenuto conto che esiste una base condivisa.
L'altra questione che voglio trattare riguarda la legge sul libro. Per la quota di mia responsabilità istituzionale, ne sono stato uno degli animatori. Per questo motivo, il deputato Giulietti mi ha chiamato in causa nel suo intervento. Onorevole Sasso, come sottosegretario delegato all'editoria e ai beni librari, ho elaborato il testo della legge sul libro. Si trattava, anche in quel caso, di un testo condiviso dalle categorie e dalle forze politiche e parlamentari. Ebbene, ancora una volta, in quella circostanza è mancata la copertura, abbiamo avuto difficoltà di reperire risorse.
A questo punto, dunque, è necessario chiarire, una buona volta per tutte, che l'editoria non può essere la Cenerentola delle iniziative di carattere politico, istituzionale e finanziario che il nostro paese deve portare avanti. Esiste uno «zoccolo duro» di lettori nel nostro paese, che sono appena il 5 per cento della popolazione, che legge più libri all'anno. Dicendo «zoccolo duro», tuttavia, usiamo un eufemismo. Infatti, il 40 per cento della popolazione, compreso il 5 per cento a cui ho fatto riferimento prima, arriva a leggere un libro all'anno, ma il 60 per cento degli italiani non legge alcun libro. È questa la sfida che siamo chiamati ad affrontare. Attraverso la lettura, si deve sostenere la diffusione della lingua italiana all'estero, una lingua che, pur non essendo lingua veicolare, è la terza più studiata nel mondo. Attraverso la lingua, ci si impadronisce


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delle strumentazioni nei vari settori dell'arte. La lingua italiana - come ripeteva Federico II - è la lingua degli angeli, non un linguaggio che possono parlare tutti quanti, perché è la lingua dell'arte.
In conclusione, sottosegretario Levi, riteniamo deludente la sua relazione. Mi auguro che nella replica recuperi parte dei contenuti di una strategia che finora non riusciamo a leggere e che, invece, è alla base del confronto parlamentare. Possiamo confrontarci sui grandi temi e valutare i punti di convergenza e quelli di dissenso, ma i grandi temi devono essere posti dal Governo. L'opposizione sta sollevando tali temi, ma non ha la competenza, né la possibilità di essere proponente. Pertanto, sottolineo che abbiamo riscontrato un deficit di proposte da parte del Governo che mi auguro lei, nella replica, possa colmare.

PRESIDENTE. Sono le ore 21,35. Dal momento che alcuni dei colleghi che erano iscritti a parlare non sono presenti in Commissione, potremmo lasciare la parola al sottosegretario Levi per la replica.

NICOLA BONO. Facciamo parlare il sottosegretario Levi, ma la discussione non si esaurisce con la sua replica.

PRESIDENTE. Con l'intervento del deputato Colasio il dibattito si esaurisce, dopodiché può parlare il sottosegretario Levi. I rappresentanti dei gruppi sono già intervenuti. Comunque, dipende solo dalla nostra volontà politica.

NICOLA BONO. Abbiamo fatto una premessa. Inoltre, rammento che molti parlamentari avrebbero potuto pensare che la seduta non si tenesse, dal momento che erano in corso i lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Questo sicuramente non è accaduto. Peraltro, a differenza di quello che succede in tutte le Commissioni e di quanto si è verificato in passato, ho lasciato aperta la possibilità di parlare. Infatti, alcuni deputati mi hanno manifestato la loro intenzione di intervenire nella giornata odierna. In ogni caso, il sottosegretario Levi svolgerà , in altra seduta, la sua replica, che attendiamo tutti con grande interesse.
Do la parola al sottosegretario Levi per una comunicazione.

RICARDO FRANCO LEVI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega per l'editoria. Signor presidente, comunico solo un'informazione, dovuta, alla Commissione. Si tratta peraltro di una notizia che immagino qualcuno di voi abbia già letto sui giornali: abbiamo provveduto ad un cambio alla guida del dipartimento per l'editoria. Dopo quasi undici anni Mauro Masi (che, con la formazione del Governo, ha assunto il ruolo di Capo di gabinetto del Vicepresidente del Consiglio D'Alema) ha lasciato tale incarico e, su mia proposta, il Presidente del Consiglio ha attribuito l'incarico di capo dipartimento al consigliere di Stato Paolo Peruffo, che ha una lunga esperienza in materia di comunicazione istituzionale maturata, da ultimo, come responsabile della comunicazione e portavoce del Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi.
Questa è l'informazione che mi premeva darvi. Rimando il resto degli argomenti alla replica.

PRESIDENTE. La ringrazio, sottosegretario Levi.
Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 21,40.