COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta antimeridiana di giovedì 13 luglio 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIETRO FOLENA

La seduta comincia alle 14,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega per l'editoria, Ricardo Franco Levi, su questioni attinenti alla materia dell'editoria.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, il seguito dell'audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega per l'editoria, Ricardo Franco Levi, su questioni attinenti alla materia dell'editoria.
Ricordo che nella seduta del 5 luglio scorso il sottosegretario ha svolto la relazione, cui hanno fatto seguito gli interventi dei colleghi, proseguiti nella seduta dell'11 luglio.
Prima di passare alla replica del sottosegretario Levi, do la parola ai colleghi non ancora intervenuti per porre domande e svolgere eventuali considerazioni.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Vorrei associarmi ai colleghi già intervenuti nell'augurare buon lavoro al sottosegretario, in un settore che - mi pare di capire - è piuttosto complesso nella sua struttura e nelle sue prospettive. Ho apprezzato l'esposizione del sottosegretario, però non posso nascondere di nutrire alcune preoccupazioni relative ai tagli, nonostante capisca come, sul piano del risanamento, ognuno debba cercare di fare al meglio la sua parte.
Mi permetto di sollevare un problema che riguarda un settore, quello dell'editoria, già profondamente penalizzato nel nostro paese, e in cui si è assistito alla chiusura di una rilevante parte di case editrici, ad una allarmante tendenza al monopolio e ad un costante attacco al sistema giornalistico nazionale e locale, non solo in ragione dei costi. Esiste un punto riguardante la grande sfida tecnologica, di cui sono consapevole e che abbraccio fino in fondo, e cioè l'innovazione tecnologica come possibilità di allargamento dell'accesso all'informazione e occasione per ogni cittadino di diventare non solo fruitore, ma anche produttore dell'informazione. Certamente questo è un settore su cui investire molto.
Tuttavia ritengo che, proprio in quanto questi aspetti toccano in modo forte la territorialità, vi sia un rilevante problema relativo alla produzione di informazione di tutta la stampa locale, che riguarda i piccoli giornali e, quindi, una grande possibilità di espressione di un'Italia che, altrimenti, non si conoscerebbe. Sappiamo perfettamente, infatti, che il sistema dei media taglia costantemente fuori una larghissima parte del nostro paese. È un settore che, a mio avviso, denota la qualità della democrazia e la partecipazione, per cui un taglio così consistente, molto concentrato


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sui contributi ai giornali, desta davvero una grande preoccupazione. Non vorrei limitarmi a citare, ovviamente, la stampa di partito - della quale hanno parlato i miei colleghi e su cui concordo -, ma farmi portavoce anche di un'istanza proveniente dagli italiani all'estero, legata alla preoccupazione che i tagli colpiscano in modo incisivo tutti quei giornali no profit (in particolare i quotidiani italiani all'estero) che, da moltissimi anni, producono una informazione davvero molto importante. Credo vi sia anche un elemento di coerenza fra le scelte elettorali e la valorizzazione della rappresentanza degli italiani all'estero, con la possibilità di garantire un'informazione degna di tale nome e, quindi, non residuale, ma finanziata e in grado di raggiungere queste popolazioni. In particolare, America Oggi edito da diciotto anni, il Corriere Canadese edito da cinquantadue anni, il Globo edito da quarantasette anni, la Voce d'Italia venezuelano edito da cinquantasette anni, sono quotidiani nei quali lavorano professionisti e la cui funzione è fondamentale.
Mi associo, infine, alla richiesta, avanzata anche nella scorsa seduta, relativa alla possibilità di avere momenti di promozione del libro e, in generale, della parola scritta e parlata, non soltanto di quella che, in semiologia, viene chiamata «visivo stabile», ma di tutto ciò che è collegato alla convergenza multimediale. Di solito, intendiamo per convergenza multimediale solo ed esclusivamente il sistema tecnologico e le reti, ma io credo che la parola scritta e la possibilità di confrontarsi con la scrittura, oggi, siano ancora grandissimi valori di crescita civile e anche formativa. Penso di non apparire arretrata se ritengo - personalmente sono un'appassionata della lettura - che si possa concordare sul concetto secondo cui tanto più forte è l'innovazione tecnologica, tanto maggiore è il bisogno di valorizzare tutti gli strumenti di apprendimento e di comunicazione, importanti non solo in relazione ad un mercato, ma anche alla crescita civile di ciascun individuo, uomo o donna che sia, nel nostro paese. Perciò le chiedo, se possibile, un impegno ed una collaborazione con il sistema scolastico formativo e con il sistema dei media, per dare un impulso a questo settore (in particolare il libro), che nel nostro paese versa in una situazione catastrofica; basti pensare che esistono comuni nei quali è difficilissimo trovare una libreria. È un altro degli elementi di crescita di civiltà, che penso dovremmo realizzare in questa Italia così differente, ma così articolata. La stessa energia che impieghiamo nel chiedere che il segnale del digitale terrestre per essere attivo possa arrivare in qualunque luogo del nostro paese deve essere rivolta al libro e alla produzione di carta, a tutto quel settore che ha avuto un ruolo non indifferente nell'unità nazionale dal punto di vista culturale. Penso che debba essere considerato un elemento della convergenza multimediale non solo ed esclusivamente il sistema tecnologico, ma anche tutto ciò che riguarda la parola scritta e la carta.

ANDREA COLASIO. Innanzitutto, desidero ringraziare il sottosegretario Levi per la sua relazione molto rigorosa e analitica. A tale proposito, vorrei ricordare ai colleghi (oggi dell'opposizione, ieri della maggioranza) il nostro stile relazionale nei confronti del sottosegretario Bonaiuti. Quando venne la prima volta in questa Commissione, egli presentò una corretta, rigorosa e analitica relazione ragionieristica, della quale ritenemmo opportuno rilevare non il carattere rigoroso, analitico e ragionieristico, bensì la convergenza rispetto ad alcuni obiettivi condivisi. Come può confermare l'allora presidente Adornato, se esiste un settore delle politiche pubbliche del passato Governo (come mi auguro dell'attuale) nel quale sono stati riscontrati grandissima convergenza e fair play, è rappresentato proprio dall'ambito delle politiche editoriali.
Colleghi deputati, capisco che vi sia una tensione legata al nuovo ciclo politico, però credo che, per il bene del paese, occorrano grande attenzione e grande rispetto per politiche che possano veramente essere condivise. Con grande correttezza il sottosegretario Levi ha già ribadito


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come il disegno di legge Bonaiuti rappresenti un importante punto di partenza. Se questo è lo stile, se questa è la trama delle relazioni che possiamo delineare in Commissione, penso che il sistema dell'editoria nel suo complesso (libri e quotidiani) possa unicamente guardare con favore al nostro atteggiamento costruttivo.
Analizziamo i punti su cui riflettere. Vorrei, innanzitutto, sottoporre alcune questioni all'attenzione del sottosegretario Levi - al quale rivolgo gli auguri di buon lavoro -, sicuramente titolare di competenze strategiche importanti. Nel programma dell'Unione, che abbiamo contribuito a redigere, si sottolineava l'esigenza di una maggiore razionalizzazione degli interventi. Come lei ben sa, esiste il problema della dispersione delle competenze tra il dipartimento presso la Presidenza del Consiglio e il Ministero per i beni e le attività culturali.
Abbiamo già depositato alcune proposte di legge che vanno nella direzione di una declinazione operativa di quanto definito a livello programmatico. A mio parere, quindi, la necessità di razionalizzare gli interventi è un punto di non ritorno ed è un aspetto qualificante, ci si augura, dell'iniziativa di questo Governo; anche perché, come sottolineava poco prima la collega, vi è certo il nodo strategico della convergenza multimediale, ma - lo ricordo ai colleghi di maggioranza - proprio la legge Gasparri ha prodotto, in questo paese, un danno sostanziale alle risorse allocate nel segmento pubblicitario. Risulta evidente, infatti, che la cristallizzazione dell'oligopolio e la non chiara definizione dei tetti hanno fatto sì che, come ricordava il Presidente Ciampi, si assistesse ad un drenaggio di risorse pubblicitarie dal sistema televisivo al sistema dell'editoria. È evidente che la pubblicità rappresenti un punto dolens e che la cosiddetta legge Bonaiuti fornisse già alcune proposte al riguardo. Quanto aggiunto poi dal ministro Gentiloni, rispetto alle necessarie e dovute correzioni in senso pluralistico e antitrust della legge Gasparri, può sicuramente preludere ad un riassetto e ad una ridefinizione delle risorse pubblicitarie, che mi auguro possano crescere a favore del sistema dell'editoria e cartaceo nel suo complesso, che - ricordo ai colleghi di maggioranza - rappresenta una vera anomalia nel quadro europeo. Noi siamo ad un 32 per cento delle risorse a favore dell'editoria, contro un 52 per cento a favore del sistema televisivo. È un dato che, a livello comparativo, contrasta con qualunque democrazia liberaldemocratica. Non c'è sistema europeo - penso alla Francia con il 36 per cento all'editoria e il 32 per cento alle televisioni, o al rapporto 35 per cento e 50 per cento in Spagna e in Inghilterra - in cui l'editoria non rappresenti un vettore strategico per le risorse pubblicitarie e conseguentemente di pluralismo. Resta il grande nodo dell'anomalia italiana, che, ripeto, caso unico in Europa, vede il sistema televisivo drenare risorse, riducendo il pluralismo. Il sottosegretario Levi ha giustamente sottolineato con forza questo aspetto.
Altro punto, sottosegretario Levi, che necessita di un'ulteriore riflessione, ma mi vede assolutamente d'accordo con lei, è l'irrilevanza comunicativa di RAI International. Su questo penso che tutti siano d'accordo. Mi pare evidente che o si provvede a traduzioni in inglese, o altrimenti l'immagine che viene veicolata (come lei rilevava) finisce per essere quella di un'Italia d'antan, e la funzione, anche comunicativa, di RAI International viene assolutamente svilita e resa irrilevante. È, infatti, poco seguita e non assolve alla sua funzione.
Un altro nodo è costituito dal problema della lettura. Qui, sottosegretario Levi, le sue competenze si dividono con quelle del Ministero per i beni e le attività culturali. Come abbiamo già sottolineato, però, è necessaria una politica interistituzionale. In particolare, come lei ben sa, oggi parte delle competenze in materia di promozione è rifluita all'Istituto del libro, che ha sostituito il vecchio servizio per la promozione del libro e della lettura, all'interno della direzione generale del libro nel Ministero per i beni e le attività culturali. Ma


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è evidente che questa non è dotato di autonomia funzionale o di risorse, e soprattutto ha competenze divise tra dipartimento presso la Presidenza del Consiglio e Ministero per i beni e le attività culturali.
Ritengo - la mia è una sollecitazione che troverà nel programma dell'Unione - che il modello francese del Centre du livre potrebbe rappresentare un buon modello normativo di riferimento, perché in esso vengono accorpate in modo chiaro e razionalizzato le diverse funzioni di natura gestionale e promozionale. Dobbiamo ammettere di avere un grande deficit per quanto attiene alla promozione internazionale del libro. Come lei ben sa, oggi, ad esempio, nell'ambito delle traduzioni l'input parte ancora dalle case editrici straniere, mentre il modello francese è molto dinamico nel promuovere una presenza «aggressiva», di cui anche noi avremmo l'esigenza. Il mercato dell'editoria, del resto, rappresenta una parte importante del settore economico: sono 3.760 milioni di euro, ossia un quarto del sistema delle comunicazioni. È un segmento dove le politiche pubbliche sono ancora inefficaci ed inefficienti rispetto agli obiettivi di crescita.
Soffermiamoci ancora sul quadro comparato europeo, che lei, tra le righe, ha giustamente sottolineato. Presentiamo un indice di lettura bassissimo, come ricordava anche il collega Bono: siamo al 41,4 per cento. Però, vorrei aggiungere che, se disaggreghiamo questo macrodato nazionale attorno ad alcune linee di frattura - capitale culturale della famiglia, livello di istruzione, classe di reddito, rapporto nord-sud -, tale dato si presenta molto più problematico, critico e allarmante. L'indice di lettura è del 56 per cento al nord, ma cade al 33 per cento nel Mezzogiorno. Lo ricordava anche il presidente Folena, il 77 per cento è lettore se appartiene alle fasce di capitale sociale più elevato (quindi chi è laureato), contro un 25 per cento di chi ha soltanto la licenza media o elementare. Per non dire, poi, del reddito: l'appartenenza alle classi socioeconomiche più elevate fa sì che l'80 per cento sia lettore, contro un 20 per cento. Il punto non è cosa leggano, caro Adornato. Il dramma, purtroppo, è che in questi ultimi anni si è assistito ad una regressione: cresce chi era già lettore forte e leggeva fra gli undici e i venti libri. La crescita attuale delle dinamiche di acquisto è concentrata nelle fasce di popolazione che sono già a capitale culturale elevato e comunque privilegiate. Questo è un problema serio.
Mi dispiace che non sia presente l'onorevole Bonaiuti. Avete criticato il sottosegretario Levi perché non ha presentato una dimensione strategica e avete evocato la legge sul libro. Non scherziamo: come ben sapete, avete evocato la legge sul libro per cinque anni. Dopodiché, devo forse ricordarvi la copertura di 100 milioni di euro - voglio essere ancora più cattivo -, di cui avevate reiteratamente assicurato l'esistenza, e che sarebbe stata garantita dai fondi Arcus (2.550 milioni di euro)? Allora, non parliamone più (è meglio per tutti) e ragioniamo di cose serie.
Ringrazio il sottosegretario Levi anche perché è riuscito a fare chiarezza sui tagli, che sono, ripeto, contenuti - sono passati dagli 80 evocati ai 50 milioni di euro sulle due prossime finanziarie -, ma soprattutto sono spalmati sull'intero budget di 500 milioni di euro. Quindi, sarà data ampia possibilità di manovrare e pilotare i tagli in modalità selettiva e analitica.
Desidero aggiungere un'altra considerazione, signor sottosegretario. Insisto sulla necessità di una razionalizzazione delle competenze in materia di promozione. Nella passata legislatura, si riuscì a realizzare alcune cose in modo concertativo e convergente tra maggioranza e opposizione. Ricordo, ad esempio, un intervento piccolo, ma molto atteso dal mondo dell'editoria, riguardante la resa forfettizzata, che venne portata dal 60 al 70 per cento per quanto riguarda i libri, dal 70 all'80 per cento per l'editoria; credo, però, che tale discrepanza fra l'aliquota della resa per i libri e quella per l'editoria non abbia senso di esistere. Penso sia corretto trovare un riequilibrio fra le aliquote sulla resa forfettizzata.


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Mi preme, inoltre, sottolineare - sarà necessario per questo un vostro intervento - che oggi abbiamo ricavi di almeno 480 milioni di euro dovuti alla vendita dei libri allegati ai giornali. Parliamo di 76 milioni di copie vendute come minimo, perché il monitoraggio interessa solo i quotidiani principali e non l'editoria minore e provinciale, in base alla quale il dato crescerebbe. Si riscontra una disparità di trattamento impressionante tra questo tipo di editoria, che beneficia della resa forfettizzata equiparata ai giornali, e l'editoria normale, che invece non ne beneficia. Ciò crea uno scompenso di mercato, eppure, con ridotti interventi correttivi si potrebbe andare nella auspicata direzione di sostenere una promozione della lettura, perché i libri allegati ai giornali hanno prodotto - va evidenziato - un effetto inaspettato di estensione della presenza del libro nelle famiglie. Come ricorda spesso la collega Sasso, la presenza di una buona biblioteca in una famiglia è un buon requisito socializzatorio affinché il ragazzo possa avere un destino culturale legato non alla famiglia di appartenenza, ma ai suoi talenti e alle sue opportunità. Questi mi sembrano alcuni dei punti nodali rispetto ai quali formulare risposte, che lei ha delineato.
Segnalo un ultimo aspetto: la necessità di un monitoraggio della lettura. Oggi, abbiamo criteri di rilevazione che sono, a dir poco, eterogenei. Sempre all'interno del ridefinito Istituto del libro (da ripensare all'interno del Ministero per i beni e le attività culturali, d'intesa con il dipartimento), sarebbe importante istituire un osservatorio che, con criteri finalmente omogenei, proceda ad una rigorosa e corretta rilevazione della lettura disaggregata (per fasce d'età, per territorio). Questo perché la conoscenza è un requisito fondamentale per l'implementazione di politiche.
Credo, signor sottosegretario, che nei prossimi anni dovremo lavorare insieme, perché sono convinto - tengo a dirlo - che, in particolare nel complesso universo della piccola e media editoria (si tratta di 3.300 case editrici), questo ambito rappresenti un vettore identitario e di ricchezza pluralistica del nostro paese. In modo particolare, penso alle 1.500 piccole case editrici che pubblicano meno di dieci titoli, ma che rappresentano veramente una grande ricchezza espressiva legata al nostro patrimonio culturale. Lei ha evidenziato come le tariffe postali rappresentino poco meno di 200 milioni di euro del suo budget. Ecco, va particolarmente premiata quella piccola e media editoria che sostiene il made in Italy.
Intendo anche sottolineare come la vecchia legge n. 62 del centrosinistra, che prevedeva provvidenze per l'ammodernamento tecnologico, fosse modulata sui quotidiani. Andrebbe ripensata, dunque, anche alla luce delle esigenze delle case editrici piccole e minori. Lei stigmatizzava che nell'ultima finanziaria si fossero perduti i 100 milioni di euro per il credito di imposta per la carta. Ritengo che, d'intesa con i colleghi di opposizione, si possa ridefinire, sulla base delle risorse, un insieme di strategie funzionali al sostegno, alla crescita, alla valorizzazione e alla promozione della piccola e media editoria, che non gode di provvedimenti mirati al suo sostegno.

PRESIDENTE. Sui tagli, per affrontare un punto comune a tutta la Commissione, mi sembra molto positivo il fatto che ne abbiamo scongiurato un altro per il 2006. Tuttavia, vorrei che lavorassimo insieme, come Commissione e poi nel confronto con il Governo nei prossimi mesi, in occasione della discussione del disegno di legge finanziaria, per far sì che anche la posta - attualmente indicata per il 2007 - venga rivista, o che comunque il punto di caduta sia quello di cui ha parlato il sottosegretario Levi, e cioè una ricontrattazione con Poste SpA. Questo non deve verificarsi a danno, ad esempio, dei giornali diocesani, o dei piccoli giornali, che hanno necessità di ottenere certe facilitazioni. Come ha rilevato il sottosegretario Levi, quindi, abbiamo nei confronti di Poste un potere contrattuale tutto da giocare.
Voglio, però, sottolineare - questo è un problema che interessa più la Commissione nel rapporto con il Governo, per il futuro - che due sono le questioni di


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grande rilievo, già citate dalla deputata Sasso, da affrontare. La prima riguarda i 18 milioni di euro che le aziende sono state chiamate a restituire in rapporto alle erogazioni decise nel corso della scorsa legislatura sulla base non di una legge approvata, ma del disegno di legge Bonaiuti. Questo è un grosso problema, perché molte aziende avevano già messo in bilancio tale somma. Esiste, quindi, il problema di come emergere da questa situazione. Dovremo confrontarci con queste aziende e capire quale tipo di provvedimento si possa adottare.
La seconda questione riguarda le domande per i finanziamenti diretti che, secondo la previsione, ammontano oggi a 98 milioni di euro, mentre il volume delle somme richieste è pari a 140 milioni di euro, per cui rimangono 42 milioni di euro non coperti. Ricordo questi problemi solo come promemoria, in relazione non tanto al lavoro del sottosegretario Levi, quanto al nostro in futuro.
Infine, sollecitato da quanto affermato dalle colleghe Perina e Sasso, credo che anche nell'ambito della riforma dell'editoria - su cui mi riprometto di avanzare proposte di lavoro nei prossimi giorni in Commissione -, per quello che riguarda testate di valenza storica, che possono essere considerate dei beni comuni del paese, dei beni culturali (è oggi il caso della crisi de Il Manifesto, ma può riguardare anche altre testate con valenza analoga), abbiamo bisogno di pensare a modalità di intervento che, pur non associate alle forme di finanziamento previste per il restauro e la salvaguardia dei beni culturali, riconoscano tuttavia loro il ruolo di patrimoni culturali viventi, senza i quali la cultura del nostro paese subirebbe un danno notevole. Lo accenno solo come un problema all'orizzonte del nostro lavoro.
Do ora la parola al sottosegretario Levi per la replica.

RICARDO FRANCO LEVI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega per l'editoria. Ringrazio il presidente Folena e gli onorevoli commissari per l'attenzione con la quale hanno accompagnato e seguito questa discussione in tre occasioni successive. È stato un piacere, oltre che un utile arricchimento anche per me. Mi auguro che questo rapporto possa continuare sempre in modo così fluido.
Tra l'altro, era evidente tra voi una consonanza di impianto sui temi essenziali, di cui ovviamente si dovrà - e personalmente dovrò - tenere conto, consonanza che mi pare sia maturata in anni di lavoro comune, nel corso della passata legislatura, in questa Commissione sotto la precedente presidenza (colgo l'occasione per salutare Ferdinando Adornato), nella stagione in cui la carica che oggi ricopro era di Paolo Bonaiuti.
Per rispondere alle vostre sollecitazioni vorrei, piuttosto che seguire un criterio personale replicando a voi singolarmente, cercare di raggruppare le risposte per argomenti, in modo da poter dedicare a ciascuno di essi una riflessione.
Il tema da cui tutti, implicitamente o esplicitamente, siamo partiti è quello del rapporto con il mondo della televisione e, in modo particolare, con il mondo della pubblicità televisiva. Da questo punto di vista, parecchi di voi hanno posto in rilievo la necessità di una concertazione con il ministro delle comunicazioni, Paolo Gentiloni. Ne hanno parlato l'onorevole Tranfaglia e l'onorevole Giulietti, che ha anche ricordato il risultato dell'inchiesta della Commissione di studio presieduta dal senatore Pessina nella scorsa legislatura. Ne ha parlato, inoltre, l'onorevole Carra, che, a questo proposito, si è anche augurato di non trovarsi di fronte ad un ministro che segua una direzione e ad un sottosegretario che, invece, resti fermo ad una editoria ancorata, laddove la legge Gasparri si muove, invece, verso un obiettivo di gloria. L'onorevole Carra si è augurato per l'editoria uno «spacchettamento» al contrario, con una sintesi tra il mio lavoro e quello del ministro delle comunicazioni.

NICOLA BONO. «Spacchettamento» al contrario, cioè accorpamento...

RICARDO FRANCO LEVI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio


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dei ministri, con delega per l'editoria. L'onorevole Carra parlava di sintesi, e riferisco fedelmente le sue parole. Nel fornire la sua interpretazione autentica, formulava proprio l'augurio che si arrivasse ad una sintesi in materia.
Su questo, vorrei garantirvi che il tema è chiaramente presente tanto al ministro Gentiloni, quanto a me. È evidente che i due punti si toccano, e, in particolare, che la prospettiva nella quale ci si muove è quella della possibile razionalizzazione del sistema dell'editoria scritta. Quando ci si accosta al tema delle risorse private e soprattutto pubbliche destinate all'editoria, risulta inevitabile il collegamento con il tema del riordinamento del mondo televisivo. Infatti, qualunque ipotesi di intervento - non solo sulle provvidenze nello specifico, ma nei confronti dell'editoria nel suo complesso - implica il riferimento ad un quadro nel quale ci si augura di realizzare un travaso virtuoso, ancorché progressivo, di risorse dal mondo della televisione al mondo dell'editoria. Questo è sicuramente il contesto nel quale ci si muove. Ho già affermato di non voler intervenire sui modi attraverso i quali tale obiettivo può essere realizzato, in quanto si tratta di competenze proprie del ministro delle comunicazioni.
In modo particolare, nell'ambito della pubblicità, l'onorevole Giulietti aveva rilevato il disaffollamento del mercato e posto una domanda specifica citando l'affermazione più volte ribadita dal Presidente Prodi in campagna elettorale, secondo la quale i giornali - ricordava di averlo appreso sin da ragazzo quando studiava economia - per quel che riguarda la politica della concorrenza sono diversi. Questo significa che, quando si parla di giornali, ad essere in gioco non è solo il problema della garanzia e della concorrenza del libero mercato, ma chiaramente anche il valore del pluralismo dell'informazione. I due aspetti, dunque, vanno contemperati. Attualizzare tutto questo e trasferirlo da una accademica discussione di economisti ad un più concreto tema di politica della concorrenza, significa far sì che la politica della concorrenza miri (non solo nell'ambito dei giornali, ma anche in altri) a garantire che non ci sia abuso di posizione dominante e che il mercato sia aperto alla possibilità dell'ingresso di nuovi interlocutori, garantendo sempre la possibilità di un pluralismo delle voci.
L'onorevole Giulietti aveva ipotizzato la possibilità di esaminare spot gratuiti per la lettura, punto attraverso cui ci agganciamo anche al tema del sostegno alla lettura. L'onorevole Barbieri, con un rilievo di cui ho preso la dovuta nota, aveva avanzato la proposta di riconoscere anche alle giunte regionali il diritto di trasmettere gratuitamente sulle televisioni locali i comunicati di interesse pubblico generale, così come è consentito al Governo per la cosiddetta pubblicità progresso, o comunque per la comunicazione di natura istituzionale.
Questa mattina, l'onorevole Colasio ha sollevato il tema di RAI International, tema che tengo a ricordare, ma sul quale, purtroppo, a causa del calendario parlamentare a tutti noto, non siamo riusciti ad organizzare l'auspicato incontro con i nostri deputati di maggioranza e opposizione eletti all'estero. Si tratta, tuttavia, di un incontro che intendiamo programmare e realizzare il più rapidamente possibile, proprio al fine di discutere con loro di questo problema. Ho già fissato per la settimana prossima un incontro con la nuova dirigenza e con il presidente, quindi con Cappon e Petruccioli, per parlare proprio di RAI International. Questo rappresenta uno dei capitoli di spesa forte del dipartimento e uno dei campi nei quali credo che la qualità della programmazione della RAI debba essere profondamente migliorata. Tra l'altro, per prepararmi a questo incontro ho ovviamente approfondito la questione, trovando una corrispondenza sostanzialmente totale tra le lamentele, che provengono dalle nostre comunità internazionali e dai vari osservatori esterni, e gli studi commissionati dalla stessa RAI su RAI International. La necessità di una profonda revisione della programmazione mi sembra dunque una acquisizione compiuta.
Si è trattato, più in generale, il tema delle politiche industriali. L'onorevole


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Tranfaglia ha richiamato l'attenzione sulle politiche per il miglioramento tecnologico, sull'editoria on line; l'onorevole Giulietti ha auspicato la creazione di una cabina di regia sui temi dell'editoria - diritto d'autore, diffamazione, intercettazione, ordine dei giornalisti - e ha chiesto assicurazione del fatto che, anche per l'editoria, valgano politiche industriali come il cuneo fiscale, la riduzione del costo del lavoro, la defiscalizzazione e le eventuali modifiche alla legge Biagi.
Ritengo che su tutto questo siamo largamente concordi e, quindi, per il mio settore di responsabilità, agirò all'interno del Governo affinché venga realizzato. È del tutto evidente - su questo aspetto sarò più esplicito in seguito - che una politica nei confronti dell'editoria ha bisogno di una strategia complessiva e di un disegno di riferimento, che non può certo esaurirsi, né essere fondamentalmente segnato dalle riduzioni delle spese delle quali abbiamo tante volte parlato.
È chiaro che dobbiamo puntare ad un largo intervento nel settore dell'editoria e ci sono tutte le condizioni perché questo avvenga. L'editoria necessita di interventi molto larghi, che incidano sui temi della distribuzione, delle spedizioni postali, dell'innovazione tecnologica, dell'osservatorio per l'editoria, della comunicazione (a sostegno della lettura sia libraria sia quotidiana), della definizione di criteri più stringenti per distribuire le provvidenze pubbliche, in modo da evitare che queste finiscano in mani sbagliate, come a volte si verifica a danno di coloro che avrebbero invece diritto di beneficiarne.
Ricordo che tanto l'onorevole Luxuria, quanto il presidente Folena, hanno parlato di copyright e di copyleft, tema affascinante, di difficile soluzione, in quanto probabilmente trascende i confini nazionali, concernendo, in gran parte, il downloading da Internet. È un tema complesso riguardante la protezione della proprietà intellettuale, nella quale si intrecciano due diritti, entrambi degni di tutela, tra cui non è facile trovare il giusto equilibrio, ma per i quali dobbiamo impegnarci. Come ho detto, intendo «resuscitare» la commissione interministeriale che si occupa del tema della proprietà intellettuale, proprio perché lo ritengo un tema di straordinaria importanza.
Molti di voi, nella prospettiva di definire una strategia complessiva a favore del mondo dell'editoria, hanno sollevato il tema della necessità della concertazione con gli attori del settore. L'onorevole Giulietti ha chiesto esplicitamente una concertazione per aggiornare il disegno di legge Bonaiuti, interpretandola come un'occasione di ampio ascolto, e ha chiesto di riesumare l'osservatorio dell'editoria con gli edicolanti. L'onorevole Bonaiuti ha rilevato la necessità di una ottimale concertazione parlamentare - quale quella cui si assiste in questa sede - nel trattare di editoria come settore per eccellenza «bipartisan», se ricordo bene le parole del suo intervento.
Vorrei ricordare che l'osservatorio dell'editoria, come sapete, fu costituito nel 2001, ma effettivamente attuato nel giugno del 2004. Da allora, però, non si è mai riunito perché si è ritenuto che rientrasse nella sfera del commercio e dunque che non competesse al campo dell'editoria. Oggi, che il tema del commercio e della sua liberalizzazione è venuto così prepotentemente alla ribalta, ho chiesto in modo esplicito al ministro Bersani di poter concertare la nostra azione per rispondere positivamente al mondo della distribuzione, che ha chiesto di realizzare un osservatorio. Vorrei capire, però, come questo possa coordinarsi con il pacchetto Bersani. Ribadisco la convinzione che esistano in questo settore tutte le condizioni per giungere ad una riflessione comune, condivisa anche dagli attori della distribuzione, che consenta di cogliere i due obiettivi (non facili da combinare) del miglioramento tecnologico del lavoro quotidiano (soprattutto dei comuni che seguono precise regole) e della necessaria agevolazione della vendita dei giornali. Questi - come già abbiamo rilevato - sono infatti ancora fissi al tetto invalicabile di 6 milioni, tant'è che quel tetto è stato superato solo quando è entrata in gioco la free press, con canali di distribuzione completamente


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diversi. È chiaro che la free press vende non solo perché gratuita, ma anche perché è venduta e distribuita in modo diverso: i due aspetti vanno considerati chiaramente insieme.
Vengo al tema del disegno di legge Bonaiuti, da quasi tutti citato o comunque assunto come un elemento fermo e forte della politica condotta negli ultimi anni. L'onorevole Tranfaglia lo ritiene una buona base di partenza, l'onorevole Giulietti è stato più generoso e ha parlato di un disegno di legge da portare subito in Parlamento (sebbene con la necessità di aggiornarlo in base alle politiche che il Governo sta attuando) nella prospettiva di arrivare - se possibile - ad agganciarlo al disegno di legge finanziaria, concordandone le modifiche.
In questa distinzione, si è inserito l'onorevole Barbieri chiedendosi quale delle due direzioni fosse quella giusta, ossia se il disegno di legge Bonaiuti debba essere considerato una base di partenza o una base di arrivo. L'onorevole Perina ha espresso il proprio apprezzamento per tale provvedimento e lo stesso ha fatto l'onorevole Carra, con accenti di forte approvazione. Da questo punto di vista, ritengo opportuno ribadire quanto affermato nella mia introduzione, che non intende necessariamente mediare tra la posizione dell'onorevole Tranfaglia e quella dell'onorevole Giulietti. La mia posizione, infatti, consiste nel considerare il disegno di legge Bonaiuti come una buona base di partenza, sulla quale intervenire apportando modifiche in grado di renderlo coerente con ciò che stiamo attuando, sia per quanto concerne le misure di regolamentazione fiscale - mi riferisco al cuneo fiscale, che incide poi sul trattamento delle modalità del lavoro precario o non precario - sia per quanto concerne il tema della televisione, dunque delle risorse. Ripeto che è una base di lavoro che assumiamo come scheletro, già fortemente irrobustito di carne, per portarlo al Parlamento non appena ce ne saranno le condizioni.
Molti di voi hanno avanzato domande anche critiche sul lavoro del dipartimento. L'onorevole Guadagno e l'onorevole Tranfaglia hanno chiesto di lavorare alla definizione di parametri e di criteri oggettivi per distribuire i contributi. Questo è un tema sul quale stiamo applicandoci costantemente (risponderò poi a un'altra domanda formulata dall'onorevole Barbieri a tale proposito). L'onorevole Bonaiuti e l'onorevole Carra hanno chiesto di ripristinare, a beneficio della trasparenza, i dati sui contributi, che erano stati cancellati - ne ignoro il motivo - dal sito del dipartimento, sebbene, attraverso un percorso più complesso, si potessero trovare nel sito del Governo. Nella prima pagina del sito del Governo, infatti, era scritto «dossier» e, all'interno, si potevano trovare proprio quelle informazioni. Comunque, per accogliere la vostra richiesta, ho fatto ricollocare tali dati nella prima pagina del sito del dipartimento, dove è possibile accedere ad un dossier - speciale contributi all'editoria - in cui si precisa: «Dal 4 gennaio 2006 è possibile, per la prima volta, trovare sul sito del Governo, www.governo.it, i contributi pubblici all'editoria, sia diretti sia indiretti, nei loro dettagli. Questo servizio viene reso anche alla luce delle norme che riguardano il settore editoria e che sono state approvate di recente nella legge finanziaria per il 2006. L'intera operazione risponde a un principio fondamentale di trasparenza e di correttezza, non solo nei confronti dei molti operatori del settore, ma anche del Parlamento che ha concorso a formare negli anni le complesse norme che regolano l'editoria». È esattamente il testo che c'era prima e che abbiamo ripristinato con la dovuta visibilità nel sito del dipartimento dell'editoria, anche perché dopo la trasmissione della Gabanelli la curiosità verso questo tema si è diffusa.
Ma veniamo ora al punto dolente della discussione, punto che vi vede tutti riuniti in un unico intento, che l'onorevole Perina ha riassunto parlando di una trasversalità della contrarietà ai tagli proposti nel DPEF, ove con delicatezza si cita la «riduzione nelle autorizzazioni di spesa», ma purtroppo si tratta sempre di tagli.
Con una certa generosità verso il Governo, questa mattina l'onorevole Colasio


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parlava di tagli contenuti. Lo ringrazio per la generosità, e credo che si tratti di una visione corretta, visto che si tratta di tagli di 50 milioni su 500, o di 10 su 100. Condivido la definizione di tagli contenuti, ma, su bilanci spesso molto tirati, essi risultano tuttavia significativi, tanto più che risentono del fatto che una parte dei contributi spettano a chi ne ha meno (o nessun) bisogno. Ritorno pertanto alla necessità di giungere ad una buona definizione dei criteri di ripartizione delle risorse. Potrei elencare ciò che tutti voi avete detto, dall'onorevole Tranfaglia, all'onorevole Giulietti, che si oppone ai tagli senza politica industriale, all'onorevole Bonaiuti, che, ricordando un'espressione usata in altre occasioni, ha quasi detto «resistere, resistere, resistere» sempre ai tagli per l'editoria, anche - ha aggiunto - per le agenzie di stampa, essenziali per i piccoli giornali (in particolare la free press è realizzata proprio con le sole agenzie di stampa). L'onorevole Barbieri ha chiesto di ridurre sensibilmente - se non addirittura di annullare - i tagli; l'onorevole Perina ha proposto, invece, di considerare la possibilità di sospendere il provvedimento. Debbo dire che, sostanzialmente, siamo andati nella direzione della sospensione del provvedimento, passando da una prima ipotesi, che prevedeva un taglio già nel 2007, ad una previsione inserita nel DPEF di un taglio sospeso, o meglio annullato nel 2006 e rimandato al 2007-2008, proprio per dare tempo agli interventi in ambito televisivo di dispiegare i loro effetti. L'onorevole Guadagno, pur esprimendo preoccupazione per i tagli, ha ribadito comunque la necessità di non restare indifferenti alla denuncia pubblica degli sprechi in questo campo, invito che raccolgo con senso di responsabilità.
L'onorevole Carra, l'onorevole Lainati e l'onorevole Sasso, hanno definito inadeguati anche come dimensioni i 98 milioni rimasti dagli interventi della passata legislatura. L'onorevole Bono, con qualche giustificazione che non nego, ha parlato di un'impostazione ragionieristica e mercantile della mia audizione. Non c'è alcun dubbio che ho negoziato con la Ragioneria e il Ministero dell'economia sui tagli arrivati come proposta dal Ministero dell'economia. Ho negoziato e credo di avere ottenuto un risultato, che ritengo in ogni caso positivo per l'editoria, anche se non quanto avrebbe potuto esserlo l'eliminazione.
Non rifiuto neppure la definizione di impostazione ragionieristica, poiché ho scelto allora - e credo fosse un accettabile criterio di esposizione - di illustrarvi il mio programma di lavoro, ripartendolo per dipartimenti e per servizi dell'editoria. Avrei potuto farlo in modo più immaginifico e meno ancorato ai dettagli del lavoro, ma ho scelto questo e, se si tratta di un impianto ragionieristico, sono disposto ad accettare l'osservazione. Tenevo comunque a fornirvi un'informazione puntuale. Questa mattina ne ha riparlato l'onorevole De Biasi, e infine il presidente Folena, con l'autorevolezza della sua posizione, ha riproposto con forza il tema dei tagli e della loro ricontrattrazione, identificando una possibile via di uscita nella ricontrattazione con le Poste.
Vorrei segnalare solo un piccolo elemento: non avevo ancora risposto all'onorevole Barbieri - che a suo tempo aveva sollevato la questione del motivo che spinge alla creazione di un ufficio contenzioso nel dipartimento -, ma non ho difficoltà a farlo adesso: oggi, le procedure a favore dell'editoria sono rallentate dal fatto che ogni ufficio che si occupa di provvidenze è tenuto ad occuparsi contemporaneamente della parte finanziaria e della parte legale. Pertanto, qualora emerga un inciampo di natura legale, la procedura finanziaria viene interrotta perché le medesime persone devono passare ad occuparsi del versante legale. Riusciremmo ad accelerare il lavoro, se, sia per venire incontro al tema della definizione di parametri più stringenti per la concessione dei contributi, sia per snellire il lavoro nella distribuzione e nel versamento delle provvidenze, concentrassimo coloro che debbono occuparsi della parte finanziaria solo su questa, creando, al nostro interno, con le nostre forze, un ufficio che si occupi solo della parte legale,


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in grado di procedere in modo parallelo. Si tratta semplicemente di migliorare l'organizzazione del lavoro interno. Naturalmente, non escludo, per arrivare alla definizione di parametri più stringenti, che implicano un lavoro attento, ad esempio, al regolamento di attuazione della finanziaria, di avvalermi di consulenze esterne dell'Avvocatura dello Stato, oppure della Corte dei conti, o ovunque esistano competenze che al nostro interno manchino. Infatti, piuttosto che assumere persone in modo casuale, è preferibile attingere ad altre forze esistenti.
Un tema toccato dagli onorevoli Bono, De Biasi, Sasso e Colasio è quello del libro. Non ho bisogno di ricordare (lo sapete meglio di me) che su questo campo le competenze sono prevalentemente del ministro per i beni e le attività culturali. Ho competenza in materia di promozione della lettura e ne farò uso perché lo ritengo doveroso. Ricordo che qualcuno di noi, forse lo stesso onorevole Barbieri - ma non vorrei citare a sproposito -, ha avanzato l'ipotesi di intervenire sulle modalità con le quali oggi si lavora sui premi della cultura, assegnati in modo dispersivo. Anche l'onorevole Bono è tornato a parlare di questo.
Ritengo, quindi, che ci sia una consonanza in merito agli obiettivi che ci poniamo, con un'evidente discrepanza tra la posizione espressa in modo corale dai membri di questa Commissione e dal presidente stesso sulla accettabilità dei tagli, e la posizione del Governo. Quest'ultimo ritiene infatti, al contrario, che anche il mondo dell'editoria debba essere chiamato - in forme indolori ancora da individuare insieme - a contribuire per la sua parte al doveroso riequilibrio della finanza pubblica.
Cercheremo di intervenire su questo fronte in modo concertato: dall'inizio del mio incarico ho già incontrato, tra gli altri, i rappresentanti della FIEG, dell'USPI, di Mediacoop, della SIAE, della FNSI, della Federazione delle radio e televisioni, dell'Associazione italiana degli editori, della FIPED, del sindacato nazionale dei giornalai. A ciò si aggiungano le varie riunioni con SIAE e FIEG, con rappresentanti di testate, che vanno dall'Unità al Corriere della Sera, da Repubblica a Mediaset, all'ENI (per l'AGI), alla RAI e Apicom.
Ho incontrato molti soggetti e così continuerò, perché intendo raccogliere la vostra esortazione a mantenere un contatto stretto con gli operatori della cultura, pur non potendo sempre rispondere con dei «sì». L'ho affermato al seminario convocato da Mediacoop: dirò tanti «sì» e qualche «no», dirò tutti i «sì» possibili, ma anche tutti i «no» doverosi, contando sinceramente di poter instaurare con voi un dialogo quanto più frequente possibile.

PRESIDENTE. Ringrazio ancora Ricardo Franco Levi, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega per l'editoria, per questa replica, nonché per la franchezza con cui ha affrontato molti temi. Pensiamo, comunque, di potergli assicurare l'assoluta collaborazione anche nella possibile ricerca di soluzioni al tema più controverso, soluzioni attraverso le quali contemperare le diverse esigenze qui rappresentate.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.10.