COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 25 luglio 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIETRO FOLENA

La seduta comincia alle 11,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, Giovanna Melandri, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, il seguito dell'audizione del ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, Giovanna Melandri, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
Ricordo che nelle sedute del 27 giugno, del 6 luglio e dell'11 luglio scorsi abbiamo esaurito l'esame degli aspetti legati alle competenze del ministro in materia di attività sportive. Nella seduta odierna il ministro Melandri, anche sulla base di una richiesta comune di tutti i gruppi della Commissione, illustrerà le linee programmatiche del suo dicastero per quanto riguarda le politiche giovanili.
Do quindi la parola al ministro Giovanna Melandri.

GIOVANNA MELANDRI, Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive. Mi è stato chiesto, nello scorso incontro, di integrare la precedente relazione programmatica sulle politiche sportive con la parte riguardante le competenze relative alle politiche giovanili e a questa Commissione. Anche su tale versante abbiamo avviato, da settimane, una serie di confronti volti ad aiutarci a delineare un quadro programmatico articolato e funzionale alle competenze di indirizzo e di coordinamento del Ministero per le politiche giovanili.
In una precedente seduta dedicata alla mia audizione è stato già sollevato il problema della trasversalità delle competenze di questo Ministero. Oggi mi limiterò - nei limiti del possibile, perché è chiaro che gli sconfinamenti sono sempre dietro l'angolo - a presentarvi il Piano delle politiche giovanili, che ha intersezioni evidenti con le competenze della vostra Commissione.
Personalmente sono convinta che, se vogliamo far compiere all'Italia un salto in avanti e farne un paese competitivo sul piano internazionale, dobbiamo invertire la rotta e scegliere di investire con forza sulla parte giovane del paese, cominciando ad attrarre, sostenere e valorizzare le migliori energie creative dei nostri giovani.
Da questo punto di vista, se è vero - lo voglio ricordare anche in questa sede, dopo averlo fatto in Commissione affari sociali - che solo con questo Governo e con la decisione del Presidente Prodi il nostro paese si dota per la prima volta di un Ministero per le politiche giovanili, è anche vero, però, che questo non significa


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certo che le politiche giovanili si trovino all'anno zero. Anzi, da qui vorrei cominciare.
Il primo passo che abbiamo compiuto nel neonato Ministero per le politiche giovanili è stato quello di operare un'ampia ricognizione delle buone pratiche e delle politiche che, a livello territoriale, sono state realizzate. Non sono assolutamente all'anno zero, infatti, le politiche delle istituzioni locali e regionali. Tutte le regioni e le province autonome - mi fa piacere riferire questo dato che abbiamo verificato - hanno deliberato provvedimenti specifici e al 2005 erano state censite più di 1.300 leggi regionali sui giovani. Tali leggi hanno già al proprio attivo centinaia di esperienze e di buone pratiche, alle quali il nuovo dicastero può offrire il raccordo e il supporto tecnico che, nel rispetto ovviamente delle singole identità, possono costruire quell'effetto-sistema che stiamo cercando di mettere in piedi e garantire anche la massa critica necessaria per acquisire peso strategico e non rimanere semplicemente degli isolati esempi virtuosi.
Di certo non è all'anno zero, per quanto riguarda le politiche giovanili, l'Unione europea. Come ho già detto nella precedente seduta, con la decisione del Governo Prodi di istituire il Ministero per le politiche giovanili e le attività sportive abbiamo colmato un vuoto. L'Unione europea ha legato alle politiche rivolte ai giovani, con il Libro bianco del 2001, una parte importante della realizzazione della strategia di Lisbona. Voglio ricordare che nel marzo 2005 il Consiglio europeo ha adottato un patto europeo per la gioventù, il cui obiettivo principale è quello di migliorare l'istruzione, la formazione, la mobilità e l'inserimento professionale e sociale dei giovani europei, facilitando nel contempo la conciliazione tra vita familiare e vita professionale.
Infine, non si trova certamente all'anno zero il mondo ricco e variegato dell'associazionismo giovanile, che conta più di cinquanta organizzazioni di dimensioni nazionali e una galassia infinita di aggregazioni locali: una vera e propria forza trainante della società civile.
Dunque, con la creazione del nuovo Ministero, tutte queste politiche trovano anche in Italia un interlocutore strategico, uno sportello unico - chiamiamolo così - in grado di dare maggiore forza alla posizione italiana nell'accesso alle risorse comunitarie, che per il solo programma «Gioventù in azione», nel periodo 2007-2013, ammontano complessivamente a 915 milioni di euro.
La visione complessiva e unitaria che intendiamo dare non dovrà mancare di orientare anche il disegno del quadro strategico nazionale 2007-2013 per le politiche di sviluppo in Italia e potrà in seguito consentirci di dare risposta - anche attraverso una legge quadro che il Governo presenterà - alle esigenze di messa a sistema maturate sulla scia delle numerose esperienze che vedono le amministrazioni pubbliche, il terzo settore e i privati impegnati nel comune obiettivo di garantire al giovane il diritto al proprio futuro.
È in questa direzione e con questo intendimento che ritengo necessario aggiungere valore, per i giovani, attraverso gli spazi offerti da quegli importanti strumenti di intervento congiunto tra amministrazioni centrali, regionali ed enti locali, che sono gli accordi di programma quadro.
Voglio qui aprire una piccola parentesi, signor presidente, perché ritengo estremamente importante il fatto che tra pochi giorni il nuovo Ministero per le politiche giovanili firmerà un accordo di programma quadro con la regione Puglia, che avrà alcuni contenuti qualificanti nella direzione della fruizione culturale da parte dei giovani, della formazione permanente e quant'altro.
Insomma, stiamo cominciando a lavorare singolarmente con gli enti territoriali - cominciamo tra pochi giorni con la Puglia - proprio per inserire negli strumenti della pianificazione economica e sociale questa linea di intervento. Mi fa piacere sottolineare che tra i contenuti


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qualificanti dell'accordo di programma quadro tra il Ministero per le politiche giovanili e la regione Puglia ci sono i seguenti obiettivi: rivitalizzazione economica, sociale e ambientale, attraverso la nascita di laboratori urbani giovanili, luoghi d'apprendimento collettivo nei campi dell'artigianato, dell'arte, della cultura, delle nuove tecnologie; sostegno all'infrastrutturazione immateriale connessa e a supporto di processi di sviluppo di sistemi locali a forte vocazione culturale; divulgazione del patrimonio socioeconomico locale; promozione di forme di partecipazione attiva e di inserimento e integrazione dei giovani alla vita locale; sostegno ai processi di animazione locale finalizzati alla creazione e individuazione di nuove opportunità; promozione occupazionale; promozione di reti innovative tra giovani e istituzioni locali. Su questo modello di inserimento delle politiche giovanili negli accordi di programma quadro tra lo Stato e gli enti territoriali intendiamo sviluppare una politica e un'iniziativa complessiva con tutti gli enti territoriali possibili.
Il confronto fin qui realizzato ci ha incoraggiato anche ad esplorare la strada della messa a punto di un vero e proprio Piano nazionale giovani, richiamato esplicitamente anche nel DPEF, che contiene gli obiettivi, le priorità, le misure che oggi appaiono non più rinviabili e che costituiranno l'oggetto dell'azione di indirizzo e di coordinamento di questo dicastero.
Per la sua evidente trasversalità, il Piano interessa differenti Commissioni parlamentari e, soprattutto, l'azione trasversale tra questo e molti altri dicasteri. Ciò che mi preme in questa sede rappresentare è la caratteristica di organicità che intendiamo dare ad un Piano destinato a trecentosessanta gradi a promuovere le potenzialità dei giovani italiani. L'ambiziosità di questo obiettivo presuppone, e sta presupponendo nella sua ideazione e realizzazione, un gioco di squadra da parte dell'intero Governo, con il Ministero per le politiche giovanili che si offre di svolgere il compito ad esso assegnato di indirizzo e di coordinamento tra i Ministeri dell'economia, dello sviluppo economico, della solidarietà sociale, del lavoro, dell'istruzione, dell'università, della famiglia, della giustizia, ma anche dei beni e delle attività culturali, dell'innovazione tecnologica e delle comunicazioni.
Le poche settimane dall'avvio della nostra attività ci sono servite per individuare la prima ossatura del Piano nazionale giovani, che ovviamente andrà arricchita anche grazie al proficuo apporto che sono certa arriverà dalle Commissioni parlamentari competenti.
Per esigenze di collegamento funzionale, tralascerò i punti che riguardano gli interventi sulla casa e sul lavoro, che pure sono due capitoli importanti del Piano nazionale giovani. Cito solo il capitolo sul lavoro, perché gli interventi sulla formazione, di cui tratterò immediatamente dopo - la formazione ha una pertinenza diretta con questa Commissione -, non possono prescindere da un'analisi corretta del rapporto, peraltro non semplice nel nostro paese, tra giovani e mondo del lavoro.
L'Italia, come sapete, ha il più basso tasso di occupazione giovanile in Europa. Lo ha ricordato nella sua relazione anche il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi. Per i giovani tra i 20 e i 29 anni il tasso italiano di occupazione è inferiore di 10 punti rispetto alla media europea. Prioritario diventa il compito di mettere in opera azioni di contrasto alla condizione di marginalità e debolezza nel mercato del lavoro che contraddistingue i giovani, soprattutto le giovani donne, oggetto di vera e propria discriminazione di fatto, dovuta in larga misura al crescente fenomeno di precarizzazione dei rapporti di lavoro.
È evidente che, da questo spunto di vista, è un obiettivo - cito solo i titoli - del Ministero per le politiche giovanili, ad esempio, l'indirizzo di quella parte selettiva della manovra sul cuneo fiscale verso la stabilizzazione dei contratti di lavoro. È inoltre uno degli obiettivi strategici di questo Ministero il lavoro - già avviato dal collega Mastella, di concerto con altri dicasteri, tra cui quello che rappresento - in merito alle riforme degli ordini professionali, soprattutto nella direzione dell'accesso


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alle professioni liberali da parte delle più giovani generazioni. Non pensiamo ad una crociata contro gli ordini professionali, bensì a un chiaro e moderno disegno di riforma, orientato da un intento di liberalizzazione volto a migliorare le condizioni dei consumatori, ma soprattutto ad ampliare le vie di accesso alle professioni.
È necessario sviluppare e valorizzare le competenze dei giovani sostenendo in prima battuta e con forza i percorsi formativi scolastici e universitari e l'attività di ricerca. La nostra capacità, come paese e come Unione europea, di raggiungere gli obiettivi della strategia di Lisbona si gioca, infatti, proprio su questo tavolo degli interventi necessari sul lavoro: sul grande capitolo della formazione e del rapporto fra questi due ambiti occorre esplicitare una concreta attività propositiva.
La fotografia la conoscete tutti. Il valore del titolo di studio in Italia sta diminuendo: secondo i dati Eurostat, il tasso di disoccupazione dei giovani fra i 20 e i 29 anni è pari al 24 per cento tra i laureati, al 13 per cento tra chi ha un titolo di studio medio e al 10 per cento tra chi ha un titolo di studio basso. La situazione è completamente capovolta in Europa, dove abbiamo il 9,3 per cento dei disoccupati tra i laureati, il 14 per cento fra chi ha un titolo di studio medio e il 20 per cento tra chi ha un titolo di studio basso.
Ovviamente ci sono molte azioni necessarie, ma gli strumenti possibili a cui pensare sono diversi. Innanzitutto si deve partire dal rafforzamento della rete di orientamento dei giovani che escono dal ciclo secondario di studi nella scelta dei percorsi universitari da intraprendere. Salta infatti agli occhi la sproporzione esistente fra il numero dei diplomati dei licei tecnico-scientifici e il numero di coloro che si iscrivono alle facoltà tecnico-scientifiche. Una recente indagine ci dice, inoltre, che rispetto alle scelte future il 50 per cento dei ragazzi italiani tra i 15 e i 19 anni esclude di iscriversi a facoltà scientifiche, il 29 per cento ci sta pensando (ma poi non lo fa), mentre solo il 18 per cento è sicuro di questa scelta.
Esiste quindi una grande area di intervento, tra le politiche per l'istruzione e le politiche per il lavoro, che è nel nodo dell'orientamento, su cui il Governo intende lavorare. C'è un'area grigia, per così dire, fra gli studi e il lavoro, che riguarda l'orientamento. In realtà, sono due i grandi nodi dell'orientamento: il nodo dell'orientamento dopo la scuola superiore, verso l'università, e il nodo dell'orientamento dall'università verso il mondo del lavoro.
Si rende poi necessaria, a nostro avviso, la strutturazione di un sistema di stage, che garantisca effettivamente, anche più di quanto non accada ora, ai giovani universitari di incontrare il mondo del lavoro. È utile - mi sia consentito un piccolo inciso - cominciare a ragionare sull'estensione dello strumento degli stage anche nei confronti dei ragazzi tra i 16 e i 18 anni, concependolo naturalmente, al di fuori delle forme di inserimento al lavoro e dei calendari scolastici, come esperienza formativa utile per i ragazzi per cominciare a familiarizzare con gli ambienti lavorativi.
Noi vediamo a questo proposito una grande differenza tra la cultura anglosassone - ma io direi ormai di quasi tutti i paesi d'Europa - e il nostro paese. In Europa gli stage estivi - magari il mese trascorso presso la grande impresa - sono frequenti e rappresentano un'esperienza di familiarizzazione con gli ambienti lavorativi, mentre in Italia non sono assolutamente diffusi.
Vi è poi il capitolo dell'erogazione delle borse di studio, su cui i ministri Mussi e Fioroni stanno lavorando proprio in queste ore. È di ieri l'annuncio del ministro Fioroni di un primo intervento importante di erogazione di borse di studio per 258 milioni di euro. Mi collego a questo per dire che, in particolar modo nelle materie scientifiche, sta intervenendo un'iniziativa concreta del Governo ai fini della promozione di un vero e proprio programma a sostegno degli studi avanzati, che preveda borse di studio e finanziamenti a tasso


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agevolato destinati a consentire ai giovani di mantenersi agli studi universitari e post-universitari senza gravare eccessivamente sulle loro famiglie.
Come accade già altri in paesi, soprattutto anglosassoni e dell'Europa continentale del nord, attraverso le agevolazioni nell'accesso al credito l'Italia deve dare dimostrazione ai suoi giovani che scommette e investe sul loro futuro.
Apro una breve parentesi per precisare che, da questo punto di vista, siamo al lavoro. Uno dei primi atti che ho scelto di assumere in qualità di ministro per le politiche giovanili riguarda un accordo quadro con l'ABI - sul quale, naturalmente, non appena sarà perfezionato, sarò felice di riferire in questa Commissione -, per aprire quattro linee di accesso agevolato al credito per i ragazzi italiani, verso il prestito per gli studi, per la locazione di case, per l'acquisto di case e per l'autoimpiego e per il primo impiego.
Altro obiettivo è quello di aumentare la mobilità dei giovani studenti in Italia. Qui mi riconnetto alla necessità di politiche per l'abitazione, ma anche di acquisto e di affitto, che non penalizzino, come oggi accade, chi vuole studiare al di fuori della propria città. È da sottolineare il dato della difficile esperienza, per i ragazzi italiani, della mobilità per motivi di studio. Dobbiamo aumentare la mobilità in Italia e all'estero. Stiamo pensando ad un rafforzamento del programma di scambio Erasmus, che incontra sempre maggiore consenso fra i giovani europei e che si è rivelato, negli anni, come uno dei principali strumenti volti a favorire la mobilità e la reciproca conoscenza dei giovani cittadini dell'Unione.
Tuttavia, le possibilità di un ulteriore sviluppo in Italia sono ancora oggi limitate e andrebbero estese, ad esempio, attraverso un programma quadriennale finalizzato ad integrare le borse di studio e a sostenere quelle università italiane in grado di organizzare corsi di lingua, anche in inglese, al fine di incrementare la domanda di scambi da parte di università straniere. Pensiamo anche a sovvenzioni per l'apprendimento delle lingue straniere sotto forma di contributi a fondo perduto, fino alla previsione di forme di detrazione o deduzione fiscale per l'acquisto di libri per gli studenti.
Da questo punto di vista, un passaggio ineludibile per rafforzare il raccordo tra formazione e mondo del lavoro è la ripresa dello strumento del cosiddetto prestito d'onore, che come sapete è stato modificato nel 2000 ed ampiamente definanziato nella scorsa legislatura. Riteniamo che questo strumento debba essere modificato nelle finalità, con estensione alle attività di specializzazione in campo formativo, e negli attuali sistemi di erogazione. Sicuramente, comunque, dobbiamo rimettere mano allo strumento del prestito d'onore.
Un altro capitolo del Piano nazionale per le politiche giovanili riguarda il cosiddetto digital divide, in italiano la disuguaglianza digitale. Credo che questo capitolo interessi nello specifico le competenze della vostra Commissione. Non v'è dubbio che un'altra direzione del lavoro di questo nuovo Ministero sia quella di agevolare la partecipazione dei giovani alla società dell'informazione.
L'acquisizione di competenze informatiche sempre più sviluppate e sofisticate si pone come un passaggio ineludibile della formazione dei giovani di oggi: anche al riguardo ci sono statistiche non confortanti non solo sull'accesso alle macchine, ma anche sulla capacità di appropriarsi degli strumenti cognitivi in Italia. Sempre di più il possesso di competenze e di cultura informatica sta diventando il nuovo metro di valutazione di nuove forme di esclusione sociale. Basti ricordare che esistono paesi come l'Islanda o la Svezia in cui il 98 per cento degli studenti usa la rete - non parlo di accesso al computer - almeno una volta a settimana. Solo due terzi degli studenti italiani usano abitualmente la rete, mente il 19 per cento non l'hanno mai usata.
Esistono dati eloquenti che devono informare l'azione del Governo. Questa «ignoranza informatica» costa all'Italia quasi 20 miliardi di euro l'anno: costo determinato dal tempo produttivo perso


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dai dipendenti sui luoghi di lavoro per risolvere problemi informatici nell'accesso alla prima occupazione.
Questo stato di vero e proprio analfabetismo informatico in cui versa una larga parte della popolazione italiana, anche giovanile, va combattuto, anche perché dispone, da un lato, a consumi spesso inutili di tecnologie e, dall'altro, all'inutilizzazione o sottoutilizzazione di tecnologie che, invece, avrebbero enormi potenzialità rispetto alla partecipazione ai processi produttivi, nonché ai processi di formazione della democrazia di questo paese.
In tal senso vanno implementate - questo è uno degli oggetti della cooperazione con i ministri Nicolais e Gentiloni, con i quali stiamo lavorando in stretta collaborazione - le iniziative già attuate negli ultimi anni: computer ai giovani, acquisto dell'hardware, ma anche sviluppo dell'acquisizione delle competenze e, più in generale, della crescita della cultura informatica nel nostro paese.
Strumenti possibili per favorire nei giovani un esercizio sempre più ampio e consapevole di capacità informatiche solide possono essere l'erogazione di prestiti a tasso agevolato ai giovani per gli abbonamenti a servizi di connessione a banda larga e, più in generale, per l'acquisizione di competenze informatiche, lo sviluppo e l'aumento dei nodi di connettività e di accesso pubblico alla rete. Evidentemente non basta aiutare i ragazzi dal punto di vista dell'accesso alle macchine; bisogna aiutarli ad avere accesso alle reti e alla banda larga. Ci sono esempi - oltre alle biblioteche pubbliche e ai nodi pubblici della banda larga -, peraltro già capillarmente diffusi, di punti dotati di connettività veloce, per usi commerciali. Penso, ad esempio, alle ricevitorie del lotto. Stiamo immaginando un'estensione di punti dotati di connettività veloce anche ai fini di politiche pubbliche.
Personalmente non amo molto la mitologia della banda larga fine a se stessa e portatrice «di magnifiche sorti e progressive». Tuttavia, se è vero che dobbiamo fare in modo che tutto il paese sia dotato dell'infrastruttura tecnologica necessaria a far viaggiare una mole crescente di dati e informazioni digitalizzate, è molto più vero che dobbiamo soprattutto mettere in condizione tutti i cittadini italiani di viaggiare sulle autostrade dell'informazione con un bagaglio di cultura e di competenza informatica sufficiente per non farli fermare in panne, o con le quattro frecce accese sulla corsia di emergenza, mentre gli altri sfrecciano accanto. Non c'è dubbio che esiste un grosso lavoro da fare sull'utilizzazione della banda larga, al fine di partecipare a processi di produzione economica, di partecipazione e di allargamento anche delle sfere democratiche.
Un altro capitolo del Piano nazionale giovani che ha una pertinenza diretta con questa Commissione riguarda l'estensione dell'accesso alla cultura e il diritto alla cultura. Vi sono modelli ed esperienze interessanti che stiamo analizzando. Mi riferisco, in particolare, a percorsi extracurricolari, con la previsione di strumenti sul modello della cosiddetta «carta giovani», da realizzare su base convenzionale con gli operatori del mondo dell'offerta culturale e in accordo con gli enti locali, che consentano un accesso facilitato dei giovani alle varie forme di espressione della cultura.
In tal senso, abbiamo già avviato i necessari contatti con l'Associazione nazionale comuni italiani (ci sono molte esperienze di carte giovani locali). Vorremmo cercare di costruire un'infrastruttura nazionale a cui collegare queste esperienze di vario tipo e di varia qualità. Altre iniziative, in accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali e con gli enti locali, dovranno riguardare la promozione della creatività giovanile, non solo in campo artistico, ma in tutti gli ambiti della cultura materiale.
Da questo punto di vista, traggo dalla mia precedente esperienza di ministro per i beni e le attività culturali la convinzione che una leva notevole di impatto per sostenere il talento creativo dei giovani italiani sia la leva fiscale. Penso da tempo - ho anche dedicato una parte di un mio libro a questo tema - che un articolato


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sistema di favore fiscale nei confronti di giovani artisti e creativi e di chi ne sostiene l'opera, fino ad immaginare la possibile formazione in Italia di un vero e proprio hub culturale, un vero e proprio paradiso fiscale, non per evasori, ma per giovani ricchi di una potente vitalità creativa, possa essere una pista su cui lavorare.
Un regime fiscale agevolato per gli autori di una certa consistenza potrebbe indurre molte personalità, molti giovani del mondo culturale internazionale ad assumere la residenza fiscale italiana. Da questo punto di vista, vorremmo trasformare l'Italia in un luogo attrattivo di esperienze e di percorsi professionali anche di giovani europei. In questo modo, non solo si creerebbe in Italia il clima di hub culturale, ma si favorirebbero preziosi contatti tra l'industria nazionale e le maggiori personalità culturali europee e mondiali. Mi riferisco a provvedimenti destinati ai giovani autori, come ad esempio la previsione della piena esenzione per i primi cinque anni di attività dall'imposizione fiscale sui proventi dei diritti d'autore. Penso anche a strumenti volti a favorire lo sviluppo, da parte delle grandi imprese nazionali, di un mecenatismo diretto specificamente ai giovani creativi. Su questo stiamo lavorando con il viceministro Visco.
Ho cercato di estrapolare dal Piano nazionale giovani le materie che possono essere di maggior interesse per questa Commissione. Non è facile ricostruire un quadro unitario e dinamico del mondo giovanile in base al modo in cui è organizzata oggi l'offerta di informazioni statistiche e socioeconomiche. Questo è un problema sul quale ci siamo immediatamente «impantanati». Ci sono dati, indagini ed analisi sulla condizione giovanile e sulle determinazioni dei giovani italiani molto diversificate. Ad esempio, esistono dati analitici molto lontani tra loro sul tema della permanenza in casa dei giovani italiani e sulle relative motivazioni. I numeri, da questo punto di vista, sono molto eloquenti: circa 4 milioni di giovani italiani tra i 25 e i 35 anni - età in cui altrove, in Europa, si è già fuori di casa - vivono ancora con i genitori. Questo fenomeno, com'è ovvio, può essere letto ed interpretato in modi molto diversi: come un fenomeno derivante dalle barriere anche materiali nell'accesso alla casa e al lavoro, ma anche come una sorta di patto intergenerazionale che i giovani italiani definiscono con i loro genitori o con le loro famiglie.
Ci sono valide ragioni per cui è necessario dotare anche il nuovo Ministero per le politiche giovanili di uno strumento di conoscenza. Per questo è mia intenzione promuovere la redazione di un libro bianco sui giovani, quale base analitica e diagnostica del Piano nazionale giovani a scadenza annuale. Penso a un rapporto sulla condizione giovanile in Italia, che segua da vicino l'attuazione del Piano e i suoi effetti. Per il rapporto annuale intendo avvalermi della collaborazione di tutte le strutture e i soggetti della ricerca pubblica e privata che già sono attivi, sebbene spesso con una visione settoriale in questa materia.
Come vedete, onorevoli colleghi, le possibili linee di intervento politico e normativo in materia di politiche giovanili sono molteplici e direzionate verso numerosi obiettivi. Ciò che mi premeva, in questo primo e sicuramente parziale appuntamento, era cominciare a mettere a fuoco con voi le linee di un intervento che, complessivamente, ci aiuti a definire un'azione politica concertata tra Governo e Parlamento, che si muova con l'intento di rendere l'Italia un paese un po' più amico dei suoi giovani.
Sono sicura che la collaborazione e l'apporto propositivo che arriveranno da questa Commissione saranno importanti. Per questo motivo, anticipo, in avvio di legislatura, la mia più viva gratitudine.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per questa ampia integrazione sulle politiche giovanili. Come avevamo stabilito nella precedente seduta, in questo modo dovrebbe sostanzialmente concludersi questa prima lunga - in quanto ha impegnato quattro sedute della Commissione - audizione del ministro Melandri.


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Darei adesso la parola - lo aveva anticipato nella scorsa seduta - all'onorevole Meloni, prima di concludere definitivamente l'audizione, fermo restando che il ministro Melandri sarà disponibile a riferire, oltre che sulle politiche dello sport, di cui siamo pienamente competenti, anche per quanto riguarda tutti gli altri temi (come già manifestato nel corso di queste settimane) che si presenteranno nel prosieguo dei nostri lavori. E ciò a partire dalla ripresa della nostra attività, quando alcuni dei disegni di legge, dei progetti e dei programmi annunciati potranno essere trasmessi alla Commissione: penso, ad esempio, sarebbe di grande interesse per noi disporre del testo dell'accordo di programma quadro con la regione Puglia, in modo da poter comprendere come sviluppare il nostro lavoro.
Do pertanto la parola all'onorevole Giorgia Meloni.

GIORGIA MELONI. Desidero ovviamente ringraziare il ministro Melandri e il presidente Folena per aver dato risposta ad una richiesta che avevamo formulato - come gruppo di Alleanza Nazionale - durante la scorsa seduta, circa la possibilità che il ministro venisse a relazionare sulle politiche giovanili in Commissione cultura, che ha moltissime competenze al riguardo. A mio avviso, forse è la Commissione che - trattando di scuola e università, che hanno un ruolo fondamentale nella crescita delle giovani generazioni - ha la maggior competenza di base; eppure il ministro ha relazionato sulle politiche giovanili prevalentemente in Commissione affari sociali.
Ciò apre un problema che avevo già sollevato durante la precedente seduta, sempre alla presenza del ministro Melandri: laddove il Governo scelga la strada dell'istituzione di un Ministero per le politiche giovanili, per la prima volta nella storia della Repubblica italiana, è opportuno che consideri la possibilità che tale dicastero abbia anche un interlocutore ben preciso.

EMERENZIO BARBIERI. Non è vero, per la seconda volta.

GIORGIA MELONI. È vero, mi scuso. Dico questo perché anche nella relazione appena svolta il ministro Melandri cerca sostanzialmente di operare una distinzione tra le competenze di questa Commissione e quelle estranee alla stessa. In verità, se davvero si vuole intervenire sul problema del mondo giovanile e delle nuove generazioni, l'unica strada - al di là della demagogia, che troppo spesso investe questi argomenti - è la capacità di offrire un'idea complessiva della politica che si vuole adottare su tali tematiche.
In buona sostanza, è davvero un problema se questo Governo intende discutere di giovani e lavoro in Commissione lavoro, di giovani e disagio sociale in Commissione affari sociali, di giovani e università in Commissione cultura. Per tale ragione, non essendo questa una responsabilità del Governo, affronteremo anche formalmente - in particolar modo con il Presidente Bertinotti - le possibilità di dirimere questo aspetto controverso.
Detto ciò, devo rilevare, signor ministro, che anche quando ha svolto la sua relazione in VII Commissione relativamente alle competenze della stessa, lei ha preferito discutere esclusivamente delle tematiche inerenti allo sport, senza affrontare né il tema dei rapporti tra Ministero per le politiche giovanili e istruzione, né quello dei rapporti tra giovani e scuola. Questo aspetto era totalmente assente dalla relazione che lei ha illustrato alla Commissione cultura, mentre la relazione odierna è la stessa che lei ha svolto in Commissione affari sociali: ha, quindi, ritenuto di dover trattare il tema del rapporto tra scuola e giovani in un'altra Commissione.
In generale, la mia impressione è che in questi primi mesi di Governo sia stata data maggiore attenzione alle tematiche dello sport, forse perché ciò poteva conferire maggiore visibilità e lustro a questo Governo. Ma sappiamo bene che il problema delle politiche giovanili ha maggiore importanza - riguardando, in sostanza, il futuro del nostro popolo - ed esige più


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lungimiranza di quanta ne richieda specificamente il tema del calcio, che pure ha ovviamente la sua rilevanza.
A questo punto, mi scuso se non sarò in grado di distinguere le competenze specifiche della Commissione dal quadro generale. Lei, del resto, ha trattato tanti temi e mi piacerebbe rispondere a 360 gradi su alcune cose che sono state dette.
L'impressione che ho avuto, signor ministro, ascoltando la sua relazione, è che contenesse molta analisi e poche risposte. Insomma, come se la relazione la facesse Mannheimer: sono stati forniti molti dati sulla realtà - peraltro conosciuta bene da molti di noi - del mondo giovanile. Ma, a fronte di questo, stento a vedere una reale lungimiranza in termini di politiche giovanili, innanzitutto perché molte delle idee espresse sono già state realizzate: lei, signor ministro, parla del rapporto dei giovani con la scuola e con l'università, della necessità di avviare per le nuove generazioni degli stages, ma questo è oggetto della riforma Moratti, è già stato previsto. Anzi, le ricordo che tutto ciò fu ampiamente contestato da una sinistra che, per fare demagogia, sosteneva che si voleva costruire una scuola di serie A ed una di serie B, ovvero una scuola di gente che studiava ed una di gente che lavorava.

GIOVANNA MELANDRI, Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive. Gli stages!

GIORGIA MELONI. Sì, anche gli stages. Lei ha parlato del digital divide e della necessità di alfabetizzare, dal punto di vista delle nuove tecnologie, le giovani generazioni, aspetto su cui lei stessa ha ammesso che sono state promosse numerose iniziative nella precedente legislatura. Ha parlato, altresì, delle lingue, ma anche questo è un punto già ampiamente previsto dalla riforma Moratti. Manca il resto, quello cioè che finora non è stato fatto e che, in qualche maniera, si vuole provare a costruire.
Lei ha accennato, inoltre, alla necessità di avviare iniziative di accesso alla casa, e su questo trova da parte mia massima sensibilità, essendo un tema di estrema importanza. Mi piacerebbe sapere come si intende concretamente sviluppare questo punto, ricordando che nell'ultima finanziaria del Governo Berlusconi è stata prevista l'istituzione di un fondo da dedicare ai giovani per l'acquisto della prima casa; un fondo che, tuttavia, è stato oggetto di un ricorso alla Corte costituzionale presentato dalla regione Friuli-Venezia Giulia (che, se non erro, non è governata dal centrodestra) circa i vincoli di attribuzione.
Nella sua relazione, signor ministro, si parla del mondo del lavoro. I problemi del precariato e della flessibilità, lo sappiamo, esistono per questa generazione. Anche alcune organizzazioni giovanili del centrodestra, come Azione Giovani, hanno avviato iniziative per discutere del precariato e delle modalità per affrontare il tema della flessibilità. Tuttavia, dal momento che lei citava talune iniziative del ministro del lavoro volte a selezionare alcuni contratti atipici, più o meno utili, credo che la soluzione non sia questa: condivisibile o meno, il tentativo della legge Biagi è quello di immaginare tanti contratti atipici quante sono le possibili situazioni di confronto con il mondo del lavoro.
Il problema non è tanto stabilire quali sono i contratti utili e quali gli inutili, quanto trovare la strada per rendere la flessibilità una finestra di ingresso nel mondo del lavoro e non una precarietà stabile. E questo lo si può fare incentivando le imprese a trasformare i contratti di lavoro atipico in contratti di lavoro a tempo indeterminato. Non lo si fa semplicemente abolendo dei contratti...

WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. È nel programma dell'Unione!

GIORGIA MELONI. Non è solo nel programma dell'Unione, è stato detto anche da qualcun altro!

WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. È nel programma dell'Unione!


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GIORGIA MELONI. Siamo d'accordo su qualcosa, ne sono contenta.
Attenzione, dunque, ad individuare la soluzione - cosa che non condivido - nell'abolizione di alcune forme di contratto, perché esse riguardano anche e soprattutto il mondo giovanile e la possibilità di interfacciarsi con il mondo del lavoro per quella parte della nostra generazione cui non può essere garantito un contratto di lavoro in senso tradizionale e che, magari, concilia lavoro e studio. Parlo di situazioni verificatesi in questi anni, che hanno dato al mondo giovanile opportunità rispetto alle quali credo non si debbano porre limiti.
Esiste il problema, che lei citava, della partecipazione. Signor ministro, lei ha parlato, se non erro, di un consiglio nazionale della gioventù, che può essere sicuramente un'iniziativa utile. C'è già un forum delle associazioni, che lei cita. Su questo, quindi, assicuriamo la massima disponibilità. Ad ogni modo, credo che il confronto con tutta la realtà associativa giovanile di stampo politico, metapolitico e movimentista sia estremamente importante. Benché non sia purtroppo una realtà rappresentativa - e lo dico proprio io - dell'intero mondo giovanile, rimane comunque uno stralcio che può aiutare a confrontarsi con le nuove generazioni.
Mi incuriosisce un altro aspetto legato al problema della partecipazione ed è l'attenzione che viene riservata alla questione del servizio civile. Non che non sia d'accordo: quello del servizio civile è un tema estremamente importante, soprattutto in termini di partecipazione democratica e di educazione alla cittadinanza. Tuttavia, poiché sono state avanzate delle proposte che prevedevano l'obbligatorietà del servizio civile, allorquando è stata invece abolita la leva militare obbligatoria, vorrei conoscere la sua opinione in materia. Ritengo infatti che il servizio civile, proprio perché ha uno stampo volontaristico, debba rimanere tale, altrimenti non ha motivo di esistere.
Ci sono, poi, una serie di temi che riguardano la cultura. Sono soddisfatta della circostanza che lei richiami un'antica rivendicazione del movimento giovanile di Alleanza Nazionale: la carta giovani, ovvero la possibilità di offrire un circuito del tempo libero alle giovani generazioni; qualcosa che riguarda la cultura, ma anche lo sport, e più in generale la possibilità per questa generazione di usufruire di strumenti adeguati.
Credo, signor ministro, che il tema della cultura e del disagio rappresenti il più grande limite del quadro generale da lei tratteggiato. Il problema dell'accesso alla cultura delle giovani generazioni, così come quello del disagio - problema che lei non affronta in questa Commissione, ma, mi dispiace dirlo, nemmeno esaustivamente in Commissione affari sociali -, riguarda prevalentemente la mancanza per questa generazione di spazi di aggregazione, di posti dove crescere insieme, di luoghi nei quali poter produrre cultura ed esprimere le proprie capacità, le proprie attitudini, la propria voglia di crescere.
Non si può continuare a pensare che in Italia gli unici spazi di aggregazione giovanile possano e debbano essere i centri sociali. Su questo punto vorrei che qualcuno, anche in questo Governo, desse una risposta. Quando penso ad uno spazio di aggregazione giovanile, immagino uno spazio che possa essere fruibile e vivibile da tutti, che non debba necessariamente essere occupato abusivamente, uno spazio che possa essere...

WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Anche quelli di destra!

GIORGIA MELONI. Anche quelli di destra! Penso ad uno spazio che possa essere sostenuto e sovvenzionato dalle amministrazioni, uno spazio aperto e trasparente, dove non si entri solo ed esclusivamente se si ha una certa ideologia, dove non si organizzino atti di violenza ai danni di chi non la pensa nello stesso modo. Insomma, un luogo privo - sostanzialmente - di tutto quello che siamo abituati a conoscere. Uno spazio di libertà.
Da questo punto di vista, è grave la carenza che si riscontra in Italia. Permettetemi di aprire una parentesi relativa alla


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droga, pur sapendo che non è diretta competenza di questa Commissione. Balza però agli occhi come, in tutte le sue relazioni in tema di giovani, non vi sia alcun riferimento al problema della droga. Allo stesso modo, mi è sinceramente dispiaciuto che lo scorso 26 giugno, in occasione della Giornata mondiale contro la droga delle Nazioni Unite, nessuno dei tre ministri competenti del nostro Governo - lei, il ministro Ferrero e il ministro Turco -, nell'esporre le proprie rivendicazioni (sulla legge Fini, sulla necessità di abbassare o elevare i limiti di detenzione della cannabis, sull'opportunità di abolire le sanzioni amministrative, tutti temi su cui ognuno può avere opinioni diverse), abbia inteso lanciare alle giovani generazioni un messaggio contro la droga. Lo trovo sinceramente triste.
Al di là dello scontro politico sul tema della droga, e al di là delle diverse letture che i partiti politici possono dare al problema, credevo che fossimo tutti d'accordo, almeno, sulla necessità di indurre le giovani generazioni a trovare sempre un'alternativa alla tossicodipendenza. Non so se davvero qualcuno in Italia possa considerare una vittoria il fatto che l'80 per cento dei giovani tra i 13 e i 30 anni fa utilizzo delle cosiddette droghe leggere. Io, di certo, non lo considero un successo. Si può poi discutere sulla gravità o meno dell'utilizzo di queste droghe, ma non è certo una vittoria.
Esiste la possibilità di dire che c'è sempre un'alternativa alla droga, che quella non è la soluzione ad alcun problema. La vera responsabilità di un Governo dovrebbe essere quella di offrire, appunto, un'alternativa. Il problema di cui parliamo non è di poco conto. È assolutamente vero che non tutti quelli che fanno uso di droghe leggere arrivano ad assumere eroina - questo ormai non lo crede più nessuno -, ma è purtroppo vero anche il contrario, ossia che tutti coloro che assumono eroina hanno iniziato dagli spinelli (Commenti del deputato Guadagno).
Onorevole Guadagno, le chiedo cortesemente - poiché nessuno l'ha mai interrotta - di farmi terminare l'intervento. Poi lei prenderà la parola ed io farò silenzio. Non condivido questo metodo.
Su questo tema, come dicevo, mi sarebbe piaciuto sentire qualche parola, avrei gradito constatare la volontà di offrire alternative al disagio, alla noia, all'alienazione, all'incapacità di comunicare, aspetti alla base di numerosi fenomeni: ho parlato della droga, ma si possono ricordare i disturbi alimentari e tante altre problematiche.
Qui subentra, ad esempio, il ruolo che può giocare la scuola, e in tal modo tocchiamo una competenza specifica di questa Commissione. Negli anni passati, alcuni progetti hanno riguardato l'utilizzo della scuola come spazio di incontro, anche al di fuori dell'orario curricolare. È questo, del resto, il grande limite della scuola: essa impartisce semplicemente delle nozioni all'interno del suo orario curricolare, senza preoccuparsi di essere punto di riferimento per la comunità che ha intorno, anche al di fuori di quello spazio.
Tante iniziative - penso, ad esempio, al decreto del Presidente della Repubblica n. 567 sull'apertura pomeridiana delle scuole - che sono state portate avanti negli anni, ma che non hanno funzionato adeguatamente, andrebbero probabilmente implementate e potrebbero rappresentare un'alternativa valida per rafforzare la capacità della scuola di porsi come interlocutore nei confronti delle giovani generazioni, anche e soprattutto per quel che riguarda i fenomeni del disagio e della relativa prevenzione.
Esiste un problema - metapolitico piuttosto che politico - a trecentosessanta gradi di offerta di spazi adeguati, che non viene preso minimamente in considerazione. Mi piacerebbe che, al di là delle posizioni preconcette, delle preclusioni, dei singoli tentativi di difendere il proprio orticello e i propri amichetti, si tentasse di affrontare le questioni legate alle politiche giovanili in maniera lungimirante. Lei sostiene - ed io lo condivido pienamente - che investire sulle giovani generazioni equivale ad investire sul futuro di un


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popolo (in questo caso del nostro popolo); ma per fare questo è necessaria la capacità di andare oltre la demagogia, oltre la rincorsa dei voti, al di là di ciò che la politica troppo spesso si limita a guardare, per provare davvero a costruire un futuro.
Questo discorso riguarda anche il tema dello sport, rispetto al quale mi piacerebbe sapere come si possa concretamente incentivare tra le giovani generazioni la pratica sportiva. Non so se stiamo parlando di incentivi per le famiglie meno abbienti per l'utilizzo delle strutture sportive, dell'implementazione delle strutture comunali, oppure del problema dell'edilizia scolastica e degli spazi della scuola ancora oggi inadeguati. Nella maggior parte delle scuole - soprattutto delle grandi città - questi spazi avevano un'altra destinazione d'uso, che poi è stata modificata. Anche su questo, quindi, possiamo provare a costruire dei percorsi condivisi.
Tornando al tema della cultura, lei parlava del sostegno agli artisti e a tante esperienze che in Italia sono poco valorizzate. Questo è assolutamente vero, ma credo che anche in tal caso il problema sia quello di dare a questi ragazzi la possibilità di esprimersi. In Italia esistono tantissimi gruppi musicali e teatrali giovanili che non hanno spazi in cui esercitarsi.
Non esiste, in Italia, una formazione complessiva in tema di arte. Esistono formazioni settoriali, come l'Accademia di danza, l'Accademia di arte drammatica, i Conservatori di musica. Non esiste, però, una struttura di formazione, anche a livello più giovane - parlo di formazione media superiore -, diretta complessivamente al mondo dello spettacolo. I risultati, del resto, li vediamo: penso a persone che fanno carriera nel mondo dello spettacolo e sulle quali tutti da anni si chiedono quali siano le loro capacità e le loro attitudini, mentre passando per la Galleria Colonna qui a Roma si possono vedere ragazzi che ballano come Michael Jackson ma che probabilmente non otterranno mai una parte in uno spettacolo.
Da questo punto di vista, un'antica rivendicazione del mondo giovanile di Alleanza Nazionale riguarda la scuola popolare degli artisti, ovvero la possibilità per le giovani generazioni di avere un percorso di formazione nel mondo dell'arte che non sia a pagamento, ma sia di stampo puramente meritocratico.
Insomma, sono tanti gli interventi da porre in essere, ma spero che riusciremo, intanto, ad avere un interlocutore specifico, a dare una definizione complessiva al problema delle politiche giovanili e ad investire davvero su di esse.
Mi rendo conto delle difficoltà che può incontrare un Ministero per le politiche giovanili che ha, di fatto, qualche lira da spendere e deve rincorrere cinque, sei, sette altri ministeri per tentare di definire un quadro complessivo del problema. Tuttavia, quando si vorrà non già rincorrere la demagogia, non già ingaggiare uno scontro ideologico - come pure, anche questa mattina, in Commissione qualcuno ritiene di dover fare -, ma confrontarsi serenamente sul problema delle politiche giovanili, da parte di Alleanza Nazionale incontrerete ovviamente grande attenzione, non fosse altro per la grande tradizione giovanile che il nostro partito vanta.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Meloni. Al di là delle differenze di opinioni e di collocazioni politiche, il fatto che, in questa legislatura, il Governo abbia istituito il Ministero per le politiche giovanili e il fatto che uno dei gruppi principali dell'opposizione abbia candidato e poi eletto ad una carica istituzionale elevatissima, come la Vicepresidenza della Camera, una rappresentante giovane come lei, che viene dal movimento giovanile, lo considero come il segno di un intento che non si può che salutare molto positivamente.
Do la parola all'onorevole Guadagno, per alcune brevissime precisazioni.

WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Mi scuso per il tono con il quale ho interrotto l'intervento dell'onorevole Meloni, ma sinceramente vi ho riscontrato maggiore demagogia rispetto alla presunta demagogia della relazione del ministro Melandri.


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Mi auguro che il lavoro di questa Commissione sia diretto all'individuazione di una risposta ai tanti problemi dei giovani. L'utilizzo della nostra Commissione per demonizzare luoghi come i centri sociali, dove vengono svolte attività culturali, non ci trova d'accordo. Voglio ricordare, ad esempio, che presso il tanto famigerato Leoncavallo ci sono librerie e si tengono corsi per insegnare l'italiano ai migranti. Penso dunque che demonizzare i centri sociali, sia quelli di sinistra che quelli di destra, non serva a nulla, né serve farlo in questa sede.
A mio avviso, quello che si aspettano i giovani è trovare un lavoro che assicuri loro un futuro. Oggi i giovani avvertono ansia più per quello che avverrà dopo la laurea, anziché per il percorso che è necessario per conseguirla. Penso che il vero modo per realizzare una politica della famiglia sia consentire che le famiglie si formino, e questo lo si fa, ad esempio, quando si ha la possibilità di avere una casa, magari attraverso la concessione di un mutuo, che oggi nessun direttore di banca concede con la garanzia di un contratto di lavoro precario.
Considero, altresì, importante affrontare il tema dell'affitto delle case per gli studenti. Quando si parla di salary cap bisognerebbe immaginarlo per chi affitta abitazioni agli studenti. Spesso le richieste sono davvero numerose e i proprietari ne approfittano per chiedere molti soldi, peraltro in nero. Qui evidentemente si innesta un problema di istruzione di classe, dal momento che non tutti possono permettersi di studiare fuori dalla propria città. Credo che, da questo punto di vista, bisognerebbe destinare maggiori risorse alle case dello studente.
Insomma, dobbiamo lavorare affinché i giovani che decidono di restare a casa lo facciano di propria volontà e la loro non sia una scelta obbligata. Su questo tema addirittura Giacomo Leopardi sosteneva che i giovani che restano in casa sono giovani a cui viene negata la possibilità di creare artisticamente.
Ho ritenuto di dover puntualizzare tali questioni, essendo stata chiamata in causa. Non credo che anche oggi fosse così prioritario parlare del tema della droga. Mi è sembrato un argomento specioso, soprattutto dopo una legge che ha reso più conveniente lo spaccio della cocaina, anziché della cannabis.

PRESIDENTE. Do la parola al ministro Melandri per la replica.

GIOVANNA MELANDRI, Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive. Signor presidente, nei pochi minuti che ho a disposizione non posso naturalmente tracciare conclusioni ampie, ma proverò ad esprimere alcune considerazioni, anche sulla scorta delle obiezioni e delle critiche sollevate dall'onorevole Meloni.
Naturalmente se la Camera dei deputati, in sede di Ufficio di Presidenza, riuscirà a dare una soluzione più organica e coerente al tema della dispersione delle competenze di questo Ministero tra le varie Commissioni, non potrò che rallegrarmene. Tuttavia, mi fermo qui, altrimenti ne discutiamo ogni volta e sembra che il tema del dibattito sia l'intenzione del ministro di esporre in Commissioni diverse.
È chiaro che in questa sede non ho parlato a lungo come avrei voluto e lei, onorevole Meloni, ha fatto riferimento ad alcune questioni molto precise. Ad esempio, non mi sono soffermata sulla riforma del mercato del lavoro, ma naturalmente su questo tema ho le mie idee, che sto portando avanti insieme al ministro Damiano. Comunque, non mi pareva opportuno in questa sede dilungarmi su argomenti come job on call, contratti atipici, disboscamento dei contratti previsti dalla legge n. 30, e via dicendo.
Detto questo, vorrei provare a portare qui il senso generale di un'iniziativa, di una politica e di un'azione di Governo: trattare i giovani italiani come una grande risorsa e non come un problema. Forse in questo lei, onorevole Meloni, ha colto un punto vero. I temi del disagio giovanile naturalmente esistono e sono centrali - ancora una volta potrei dire che ne ho riferito in Commissione affari sociali, ma


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non mi basta - per il Ministero per le politiche giovanili. Credo, però, che in Italia ciò che è mancato, al di là della storica esperienza, onorevole Barbieri, è non aver mai avuto un Ministero che abbia affrontato il tema trasversale dell'azione di sostegno e di investimento sui giovani come risorsa, come potenzialità, diciamo anche come risorsa sprecata, e non come problema. In altre parole, non è il versante del disagio ciò che muove l'azione di questo Ministero. Peraltro, sul disagio ha una competenza diretta il Ministero delle politiche sociali, ma dico questo per spiegare qual è l'anima che sta caratterizzando la definizione di questo piano d'azione.
Onorevole Meloni, forse non lo ha colto o forse non mi sono fatta comprendere a sufficienza, ma quando annunciamo - e sono molto lieta di questo - che per la prima volta in Italia, in un accordo quadro di programma, che è lo strumento della programmazione e della pianificazione delle risorse pubbliche e dell'accordo tra lo Stato e una regione, entra a pieno titolo e con piena legittimità una linea di intervento dedicata ai giovani, credo che sia davvero importante. Nell'accordo con la regione Puglia - l'ho detto anche prima, comunque troverà i dettagli nella relazione che deposito in Commissione - rientra l'obiettivo della realizzazione di spazi, di laboratori urbani giovanili, luoghi della produzione ma anche della fruizione di cultura, che - senza nulla togliere all'esperienza associativa dei centri sociali - è un obiettivo delle politiche pubbliche. Allo stesso modo, un obiettivo delle politiche pubbliche nell'accordo quadro di programma che ho citato è l'accesso alla cultura, il rafforzamento di certi strumenti (carte giovani, e così via) a cui si faceva riferimento prima.
Non entro nel dettaglio, ma la definizione di un accordo di programma quadro secondo me è fondamentale per segnalare che nelle politiche di sviluppo di questo Governo entra, per la prima volta, una linea di intervento destinata ai giovani. Il Piano di azione delle politiche giovanili è uno strumento che ovviamente dovrà essere verificato anno per anno, sulla base anche del quadro delle conoscenze che il libro bianco ci fornirà.
Onorevole Meloni, mi dispiace farle notare che lei ha usato la parola «demagogia» ben quarantadue volte. Credo che non ci sia nulla di demagogico nella costruzione di un piano d'azione trasversale, realizzato con diversi altri dicasteri. È chiaro che il Ministero per le politiche giovanili è un dicastero di coordinamento e di indirizzo ed è chiaro che è senza portafoglio, ma ciò non significa che non possa facilitare l'accesso alle risorse europee.
Ho fatto riferimento alle risorse che il piano europeo «Gioventù in azione» destina alle politiche giovanili, che sono state strutturalmente e costantemente ignorate dalle politiche nazionali del nostro paese negli ultimi cinque anni, ma, diciamolo pure, anche prima. Stiamo parlando di 915 milioni di euro l'anno, non sono risorse così insignificanti. Credo che noi, pur non avendo risorse dirette, attraverso gli accordi quadro di programma con le regioni e le risorse che queste possono dedicare a tali linee di intervento, nonché attraverso una valorizzazione delle risorse europee, possiamo finalmente incardinare una politica tesa ad estendere le opportunità e a rafforzare i processi di emancipazione dei giovani italiani.
Siamo convinti che investire sui giovani sia un modo per far ripartire l'Italia. A dire il vero, per giustificare una politica in questo senso sono a mio avviso sufficienti le ragioni che riguardano l'estensione dei diritti e i processi di emancipazione dei ragazzi italiani.
In conclusione, cito qualche dato. Ho parlato prima di 4,5 milioni di ragazzi tra i 25 e i 35 anni di età che vivono ancora in casa con i genitori. Se noi, con una politica a trecentosessanta gradi, finalizzata a facilitare l'accesso al mercato del lavoro, a stabilizzare i contratti atipici e precari in forme di contratti stabili, ad agevolare l'accesso alla casa e al credito, riuscissimo a far uscire di casa, entro il termine della legislatura, anche solo la


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metà di quei 4,5 milioni di ragazzi, avremmo realizzato qualcosa di importante.
Se non fossero sufficienti le ragioni che riguardano l'estensione dei diritti e i processi di emancipazione, ci sono argomenti decisivi, che riguardano la crescita economica di questo paese. Se riuscissimo a far uscire di casa la metà di quei 4 milioni di ragazzi che fino a 35 anni vivono con i genitori - naturalmente non come obiettivo in sé, ma come obiettivo di aumento delle prerogative di autonomia dei ragazzi italiani - avremmo dato un contributo molto significativo alla crescita della domanda interna e all'aumento di un'economia domestica.
Credo che anche questo sia un argomento utile, a cui ovviamente immagino più sensibile il ministro del tesoro piuttosto che quello dello sviluppo economico. Lo ripeto, si tratta di temi importanti per far ripartire l'economia italiana.
Il Piano nazionale giovani si muove su tantissimi ambiti, molti dei quali sono già stati oggetto di iniziative concrete da parte dei miei colleghi. Ho citato l'esempio del ministro Fioroni, potrei ricordare l'iniziativa del ministro Mussi per quanto riguarda l'impulso ai giovani ricercatori e le politiche per le borse di studio agli studenti universitari. Si tratta di un piano d'azione a trecentosessanta gradi.
Certamente partiamo dal presupposto che i giovani italiani siano non un problema per la nostra società, ma una risorsa importante, strategica, talvolta sprecata, come sostengono molte analisi sociologiche. Essi hanno bisogno di un Governo più amico, che sappia investire su di loro.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Melandri, al quale rinnovo gli auguri di buon lavoro.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,30.