COMMISSIONI RIUNITE
VII (CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE) E VIII (AMBIENTE)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 15 febbraio 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA VIII COMMISSIONE ERMETE REALACCI

La seduta comincia alle 14,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, sulle problematiche relative alla trattazione del tema dei cambiamenti climatici nell'ambito di programmi e strutture scolastiche.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, sulle problematiche relative alla trattazione del tema dei cambiamenti climatici nell'ambito di programmi e strutture scolastiche.
Data la congestione dei lavori parlamentari - alle 15 è prevista la ripresa delle votazioni in Assemblea - abbiamo pochissimo tempo a disposizione. Se avessimo convocato questa audizione martedì, le condizioni sarebbero state più favorevoli, ma non è stato possibile a causa dei lavori congiunti delle due Commissioni.
Ricordo che questa audizione non verterà sulle politiche della pubblica istruzione del nostro paese, ma su un tema specifico. La conferenza dei capigruppo ha deciso di dedicare una seduta speciale alle politiche legate ai mutamenti climatici. Il lavoro istruttorio è affidato alla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, d'intesa con tutte le altre Commissioni congiuntamente con la Commissione cultura: si tratta di politiche assolutamente trasversali, che non possono essere considerate legate al solo Ministero dell'ambiente piuttosto che a quelli dello sviluppo, dell'economia, dei trasporti, dell'agricoltura o anche al solo Ministero della pubblica istruzione.
L'oggetto dell'audizione riguarda specificamente le misure che il Ministero della pubblica istruzione intende mettere in campo relativamente al risparmio energetico ed alle fonti rinnovabili, sia dal punto di vista della formazione e dell'istruzione, sia coinvolgendo l'infrastruttura, quantitativamente poderosa, rappresentata dalle scuole italiane. Gli edifici scolastici sono decine di migliaia nel nostro paese e, al di là dei percorsi formativi ed informativi, utilizzare questi edifici come catalizzatori di interventi virtuosi in questo campo può essere un'occasione molto importante nel nostro paese.
Do la parola al ministro Fioroni.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Ringrazio il presidente Realacci ed il presidente Folena. Sarò rapido, compatibilmente con i tempi delle due Commissioni. Parlerò della scuola e dell'educazione alla sostenibilità ambientale.
Le scuole sono impegnate da anni in progetti educativi volti alla conoscenza ed alla protezione dell'ambiente, al rispetto ed alla salvaguardia delle risorse naturali. Con i propri studenti, i docenti hanno percorso negli anni le diverse tappe dell'educazione


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ambientale: hanno condiviso le affermazione delle dichiarazioni di Rio del 1992, della Carta dei principi di Fiuggi per una educazione ambientale orientata allo sviluppo sostenibile del 1997, del Protocollo di Kyoto del dicembre 1997, della dichiarazione di Johannesburg del settembre 2002, della Carta di Aalborg del maggio 1994, della Carta di Lisbona dell'ottobre 1996, del VI programma quadro di azione della Comunità europea 2002-2010 («Ambiente 2010. Il nostro futuro è la nostra scelta»), ed infine, su indicazione dell'UNESCO, del decennale dell'educazione allo sviluppo sostenibile 2005-2014.
Mentre l'aggettivo «sostenibile» - usato e molte volte anche abusato - andava via via affermandosi nel vocabolario comune, le scuole hanno collaborato, ciascuna con la propria sensibilità e con le proprie competenze, a piccole e grandi iniziative, proposte ai diversi soggetti per dare senso compiuto e condiviso al termine «sostenibilità». Dall'educazione ambientale si è passati all'educazione alla sostenibilità ambientale. La scuola ha sviluppato progetti didattici e realizzato percorsi educativi che hanno permesso agli studenti di riflettere sui grandi temi dello sviluppo, della salute, delle risorse, della povertà, dei consumi, dello sfruttamento, delle catastrofi, dei diritti alla cooperazione, della partecipazione, ed ancora ha ricercato e sostenuto la collaborazione con amministrazioni, enti e associazioni per promuovere la partecipazione attiva degli studenti: un'azione locale volta alla risoluzione dei problemi del territorio, alla gestione dell'emergenza ambientale e al miglioramento della qualità della vita, per la condivisione di strategie e azioni di Agenda 21 locale.
I punti di attenzione attorno ai quali si sviluppano le azioni di educazione ambientale non possono prescindere dallo sviluppo delle conoscenze e dall'acquisizione di informazioni scientificamente corrette, anche attraverso una rilettura dei contenuti disciplinari in chiave di sostenibilità: non solo la biologia e le scienze della terra, ma anche la storia, la geografia, lo sviluppo delle relazioni socio-economiche fra popoli e Stati, l'arte, l'architettura e la letteratura che, unitamente alla tecnologia, forniscono ai giovani elementi per una lettura dello sviluppo dei popoli e del pianeta e per l'individuazione delle insostenibilità cui porre rimedio e della sostenibilità da ricercare. Allo stesso tempo la cultura della sostenibilità si costruisce con una continua intersezione dei due piani di lettura della realtà, il globale e il locale, attraverso la costruzione della condivisione di obiettivi inseriti in una strategia di azione condivisa da decisori politici e portatori di interesse.
Le nostre scuole hanno avviato percorsi e progetti che ritengono sempre più l'ambiente come un prezioso libro di lettura; come magazzino di segni del passato e di azioni del presente; come laboratorio di vita, occasione di ritorno alla naturalità, alla fantasia e all'immaginazione; come antidoto critico alla società dei consumi; come ricerca, esplorazione e occasione di apprendimento significativo; come esercizio di responsabilità e corresponsabilità; come tema robusto di incontro e dialogo tra le scuole ed il territorio; come integrazione proficua tra gli obiettivi formativi e le politiche ambientali. «Turismo sostenibile», «Vivere il verde», «Agricoltura sociale», «Musei all'aperto», «Sezioni didattiche degli enti parco», «Aree protette» e «Risparmio energetico» sono soltanto alcuni della miriade di progetti e di percorsi che le nostre scuole hanno avviato.
Le autonomie scolastiche hanno perseguito obiettivi per educare alla consapevolezza che le scienze ecologiche ed ambientali, che si occupano delle interrelazioni tra tutte le forme di vita, mirano all'integrazione dei diversi ambiti disciplinari; educare all'impegno civile e sociale, alla responsabilità individuale e collettiva per la tutela, la difesa e la valorizzazione sostenibile del proprio territorio; educare alle caratteristiche ed alle prospettive dell'economia sostenibile; educare alla sensibilità ecologica ed alla speranza consapevole che le ha annunciate catastrofi possono


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non avverarsi se ciascuno, individualmente e socialmente, per la propria parte assume comportamenti responsabili.
Questa è una rapida sintesi degli obiettivi contenuti nei piani delle offerte formative (POF) realizzati dalle 10.772 istituzioni scolastiche.
Per questo le nostre scuole, con progetti autonomi ma soprattutto in rete fra loro, hanno ribadito la formazione degli insegnanti alle tematiche ambientali, la partecipazione attiva alle iniziative nazionali ed internazionali, l'apertura delle scuole e di centri intenzionalmente formativi come musei, laboratori, parchi e fattorie didattiche ed i rapporti con centri non intenzionalmente formativi, risorse paesaggistiche e monumentali, centri di produzione e comunicazione.
Negli ultimi cinque anni queste attività si sono spesso realizzate in maniera autonoma e spontanea. Credo che il Ministero - come previsto dalle dichiarazioni programmatiche rese all'inizio del mio mandato - debba svolgere un'azione attenta di coordinamento, potenziamento e catalizzazione delle iniziative che partono dal mondo della scuola, soprattutto per dar vita a reti sempre più vaste con cui partecipare ai tavoli realizzati assieme al Ministero dell'ambiente, in vista di una presenza sostanziale, all'interno dei piani delle offerte formative, di un percorso sempre più caratterizzato dall'educazione ambientale e dallo sviluppo sostenibile.
Credo che la scuola debba sentirsi interpellata profondamente (e oggi in modo particolare, proprio in vista delle audizioni che il presidente Realacci - insieme con le altre Commissioni, d'intesa con il Presidente e con la Conferenza dei capigruppo - ha avviato sul Protocollo di Kyoto e sui cambiamenti climatici) per trovare la realizzazione di un modello educativo e formativo che concorra - e faccia concorrere il nostro sistema-paese - alla realizzazione vera di uno sviluppo sostenibile e compatibile, che tenga insieme ambiente, economia e crescita economica, senza però mai far venire meno l'importanza, in questo percorso - nella visione di un locale che si allarga alla globalizzazione - dei principi di giustizia sociale e di eticità.
La scuola ha avviato per questo un progetto - oggi ve lo illustro sinteticamente - che io reputo ambizioso sul piano dell'educazione e della formazione. Esso prevede di avviare, all'interno delle nostre 10.772 istituzioni scolastiche, un laboratorio sperimentale che coinvolga tutta la comunità scolastica nel campo dell'educazione ambientale e dello sviluppo sostenibile, mettendo insieme il «sapere», il «saper fare» ed il «saper essere». Esso si può basare su una vera e propria interdisciplinarietà, su una trasversalità dell'intero processo e progetto educativo all'interno della scuola. All'interno di questo laboratorio educativo noi potremmo consentire ai nostri ragazzi, partendo da un «saper fare», un risparmio energetico ed un recupero dell'efficienza energetica nell'ambiente in cui vivono, quello delle nostre scuole.
Credo di non dovervi segnalare, per brevità, quale sia lo stato dei nostri 42 mila edifici scolastici: la maggior parte di essi, nonostante i 44 anni di proroghe ininterrotte, non è ancora sicura, non solo per la legge n. 626, ma anche per alcuni altri aspetti fondamentali. Questo riguarda ovviamente ogni parte degli edifici scolastici, sia la parte elettrica, sia la parte termica. Credo non sfugga a nessuno che gli edifici scolastici sono una buona parte di quelli che originano quello spreco di energia e quel surplus di consumo che potrebbero essere facilmente abbattuti. Credo quindi che candidare le nostre istituzioni scolastiche ed i nostri edifici scolastici ad un progetto di produzione di energia alternativa possa contemporaneamente realizzare risparmio energetico ed una riduzione dello spreco ma, oltre alla produzione di energia alternativa, possa anche rappresentare un momento importante per i nostri ragazzi.
Abbiamo provato ad inserire nel decreto «mille proroghe», al Senato, un apposito emendamento per la razionalizzazione dei consumi all'interno delle scuole; proveremo a proporlo di nuovo


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alla Camera e, se non ci riuscissimo, dovremmo farlo oggetto di un provvedimento ad hoc. Con la realizzazione di un pannello fotovoltaico sopra il tetto, sul terrazzo o nelle adiacenze dei nostri edifici scolastici, non solo - da un punto di vista tecnico ed utilitaristico - produrremmo energia alternativa, ma comparteciperemmo al risparmio energetico complessivo. Potremmo così far beneficiare le nostre istituzioni scolastiche non solo di fondi, annualmente ripartibili, per ogni singola istituzione che fosse in grado di ubicare nelle proprie vicinanze un pannello fotovoltaico, ma anche di risorse aggiuntive che potrebbero contribuire alla manutenzione ordinaria e straordinaria ed alla realizzazione dei processi di messa in sicurezza degli edifici. Rendere i ragazzi compartecipi di questo processo del «saper fare» - studiando come si realizzi (e realizzando) un pannello fotovoltaico, come si generi e produca, a partire dall'insolazione, l'energia alternativa e come questa contribuisca alla riduzione dei cambiamenti climatici ed all'emissione di CO2 nell'atmosfera e così via - credo aiuti ad apprendere facendo, cosa che ritengo un aspetto fondamentale ed importante.
Proprio per questo abbiamo fatto alcuni calcoli: un pannello di piccole dimensioni che abbia una potenza nominale di 50 kilowatt, posizionato su una scuola (di medie dimensioni) del sud che abbia un alto livello di insolazione, con una producibilità annua di 75.000 kilowattora, con una tariffa incentivata in conto energia di 0,46 euro per kilowattora, potrebbe dare a quella scuola un ricavo annuo di 41.250 euro. Nel centro Italia tale ricavo potrebbe arrivare a 35.750 euro e in una scuola del nord Italia a 30.250 euro. Per la realizzazione del pannello potremmo seguire strade diverse: una di esse, che abbiamo già avviato, è quella dei rapporti con le regioni. Pensiamo ai fondi per le aree depresse, ai FAS del sud. Pensiamo alla possibilità, per le regioni, se si sposasse questo progetto, di realizzare il pannello fotovoltaico attraverso un finanziamento POR: potremmo pensare al coinvolgimento di comuni e province.
Credo possa essere perseguibile anche questa strada: se all'interno dei megawatt previsti di energia alternativa, fosse possibile - come noi abbiamo richiesto per il piano triennale - una finalizzazione alla produzione, da parte delle scuole, di energia alternativa certa, che ne assegni una soglia di 100-150 megawatt in tre anni (il che potrebbe riguardare almeno 3 mila edifici), noi avremmo la possibilità di trovare anche sinergie importanti con capitali privati che possano consentire l'investimento, facendo in modo che una quota parte significativa di risparmi vada direttamente alla scuola.
Abbiamo quindi varie possibilità di intervento: con i FAS ed i POR, con la partecipazione diretta degli enti locali, con la compartecipazione da parte di privati, intendendo anche strutture ed aziende estremamente significative nel nostro paese, che potrebbero avere interesse a realizzare una sinergia con le istituzioni scolastiche. Credo che questo rappresenterebbe la parte che io definisco del «saper fare», nella quale i nostri ragazzi vivrebbero l'utilità della partecipazione ad un sistema che non solo produce energia alternativa e favorisce il risparmio, ma permette anche il reinvestimento.
Se un terzo dei nostri 42 mila edifici scolastici fosse posto in condizione di produrre energia alternativa, con 500 megawatt noi ridurremmo di 3 milioni di tonnellate i CO2 ed avremmo un costo in bolletta incrementato solamente dello 0,8 per cento, ottenendo un risultato non solo da un punto di vista ambientale, ma anche educativo sui nostri ragazzi che, appunto, approfondirebbero dal punto di vista del sapere che cosa sia il mutamento climatico e quali ne siano le ricadute sull'ambiente; approfondirebbero l'argomento dello sviluppo sostenibile; vedrebbero la realizzazione dell'energia alternativa e contemporaneamente avrebbero anche una vivibilità ed una qualità diversa dei loro edifici.
Questo sarebbe un aspetto importante anche per un discorso educativo fondamentale. Quando si affrontano questi temi nelle nostre scuole, emerge spesso la concezione che la soluzione dei problemi


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inerenti i mutamenti climatici e lo sviluppo sostenibile siano affidati ai potenti, ai forti, a chi conta. Credo che questa potrebbe essere una dimostrazione tangibile del fatto che ciascuno di noi, a scuola, vivendo meglio dove sta e contribuendo a produrre energia alternativa, può partecipare allo sviluppo sostenibile, non giocando allo scaricabarile sugli altri, ma cercando di lasciare il mondo un pochino meglio di come l'ha trovato, con tante piccole azioni quotidiane. Credo che nelle nostre scuole questo potrebbe essere uno degli aspetti fondanti: aiuterebbe gli studenti anche a «saper essere», perché questo tipo di impostazione, basato sul fare e sul conoscere, li porterebbe anche ad essere testimoni di attenzione e veicoli eccezionali di una cultura dello sviluppo sostenibile, che dai ragazzi passerebbe ai genitori.
Questo coinvolgerebbe direttamente anche i docenti, tramite i processi formativi: tenete presente tutto quello che dovrebbero fare dal punto di vista delle competenze energetiche, della gestione e dell'utilizzazione di questi impianti per poter riuscire a vivere e ad abitare la scuola in modo migliore.
In tutte le tappe tecniche necessarie di questo processo potremmo avere un'interazione significativa sia con l'ENEA, sia con il CNR, oltre che con il Ministero dell'ambiente per la gestione del sistema elettrico; ma credo anche con l'ENI e con l'ENEL, che potrebbero realizzare un'intesa con le regioni proprio sul discorso della sicurezza e del risparmio energetico nelle scuole, finalizzando anche la loro capacità di progettazione prioritariamente per assolvere ai loro obblighi di legge, nel periodo 2007-2009, per quanto riguarda le nostre scuole.
Credo non sfugga a nessuno che questi processi di risparmio energetico, in generale, sono fatti di grandi cose - la produzione, tramite pannello fotovoltaico, di energia alternativa o di energia pulita - ma che le nostre scuole hanno anche il problema dello scaldabagno o delle lampade che devono essere cambiati, cose che spesso non riescono ad avere dalle autonomie locali. Penso per un attimo che l'ipotesi - se il decreto-legge venisse convertito - delle donazioni fatte alla scuola, che imporrebbe la finalizzazione specifica del miglioramento della qualità dell'edilizia scolastica, potrebbe essere anch'essa un elemento fondamentale, insieme al Fondo di perequazione, per far sì che il risparmio energetico e lo sviluppo di un ambiente sostenibile passino anche per una politica delle piccole cose, con la quale diamo la possibilità anche alle scuole di migliorare dall'interno. Pensate solo per un attimo al cambiamento delle lampade, dell'impianto elettrico o dello scaldabagno che, nella totalità delle nostre scuole, non rispondono a nessuna delle normative attualmente vigenti, e che potrebbero andare in direzione del risparmio energetico. Credo che anche le donazioni - considerato che il ruolo da esse occupato oggi nella scala delle priorità non potrebbe permettere alla scuola di fare questo - potrebbero consentire di realizzare questo aspetto.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

PAOLO CACCIARI. Mi hanno fatto molto piacere le parole del ministro, che condivido quasi totalmente. Sono d'accordo con lui: nelle scuole si sono sviluppate, in questi anni, delle esperienze davvero importanti nel campo dell'educazione ambientale. Molti insegnanti hanno dato il meglio di loro stessi e intere scolaresche hanno approcciato queste problematiche proprio all'interno delle scuole. Sono però d'accordo con il ministro: questo processo è avvenuto in termini eccessivamente spontanei, contando sulla buona volontà di qualche docente, di qualche preside e anche di alcune associazioni ambientaliste che si sono impegnate molto all'interno delle scuole, anche realizzando dei progetti insieme al corpo insegnante.
Credo che tutto questo vada strutturato un po' di più. Leggevo che, in Gran Bretagna, Blair ha annunciato l'istituzione di un'ora di educazione ambientale legata


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ai cambiamenti climatici - non ho capito bene, non ho letto il progetto -, quasi come fosse una nuova materia di educazione istituzionale. Non so se questa debba essere la strada, ma probabilmente no: sarei più propenso a percorrere la direzione dell'aggiornamento degli insegnanti, soprattutto di materie come la geografia e le scienze, però questo aspetto andrebbe preso in mano dal Ministero.
Per quanto riguarda il discorso del «saper fare» - anche su questo argomento condivido molto di ciò che diceva il ministro - abbiamo un problema riguardo a quelle che vengono definite le «buone pratiche». Credo che il Ministero potrebbe impegnarsi in questa direzione: a tal proposito va benissimo il progetto sui 42 mila tetti fotovoltaici. Faccio molti auguri al ministro, perché le esperienze in questo senso fatte spontaneamente da qualche preside si sono scontrate con burocrazie pazzesche per quanto riguarda le competenze sugli edifici scolastici; ma lasciamo perdere: spero che lei riesca a risolvere questi problemi.
Va quindi benissimo il progetto sui tetti fotovoltaici, ma non è solo questo il punto. Mi piace molto l'idea del laboratorio, di mettere cioè mano alla propria scuola, da un punto di vista della bioedilizia nel suo complesso: non c'è infatti solamente l'energia elettrica, ci sono anche l'acqua calda sanitaria, il solare termico ed il problema dei consumi dell'acqua. Ci sono poi i problemi di manutenzione degli spazi verdi intorno alla scuola, che spesso vengono mantenuti in modo non intelligente e che potrebbero anch'essi diventare dei veri e propri laboratori all'aperto di pratiche di ecosostenibilità. Penso anche ai consumi interni, cioè ai procurement, al problema degli acquisti verdi - lei sa che, da un paio d'anni ormai, c'è un decreto al riguardo, secondo me assolutamente inapplicato all'interno degli uffici e delle scuole - e al problema della raccolta differenziata. Perché non mettere allora allo studio un «manuale di buone pratiche possibili»?
Tutto questo dovrebbe essere gestito in modo intelligente - non da parte della segreteria scolastica, come diceva giustamente lei - facendone uno strumento di autosostenibilità e di autogestione di questi aspetti da parte di insegnanti e studenti. È questo che ci interessa: la finalità educativa viene prima del risultato nell'abbattimento di CO2 o nel risparmio energetico, almeno in questo caso, nelle scuole.
Concludo qui: questi erano i suggerimenti che ho voluto dare, all'interno di un quadro che condivido molto.

ROMOLO BENVENUTO. Signor ministro, condivido molto di quello che lei ha detto. Ha tracciato un bellissimo progetto, ambizioso e coraggioso, come deve essere la scuola italiana e come forse deve essere anche il nostro paese nel suo complesso.
Il concetto di laboratorio non è, se ho ben capito, un concetto puntuale di piccola elaborazione da estendere, ma è un vero laboratorio di grandi dimensioni che interessa tutto il complesso dell'edilizia scolastica e, in questo senso, mi sembra una cosa di straordinaria importanza. Le consiglierei di esplorare bene anche il campo della - per così dire - normale edilizia scolastica, cioè dei progetti che intervengono sulla nuova edilizia scolastica e sulle ristrutturazioni, perché su questo c'è moltissimo da fare: dalle lampadine a basso consumo, alle coibentazioni, alle doppie finestre, al solare termico per l'acqua calda, al solare fotovoltaico, alle pompe di calore per il riscaldamento. In questo campo si tratta quindi di intervenire, a mio modo di vedere, sia per dare prescrizioni in modo che tutti gli interventi sull'edilizia scolastica - siano essi di nuova edilizia scolastica o di ristrutturazione - siano fatti con certi criteri di risparmio energetico, sia per semplificare le normative.
Riguardo alle normative condivido quello che diceva il collega Cacciari. Ho fatto anche l'assessore all'edilizia scolastica nella mia regione e mi sono reso conto di quanto sia difficile ristrutturare un edificio ed anche intervenire sulle normative per rendere più semplici ed agevoli interventi di questo tipo. Spero che in questo modo potremo contemporaneamente


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superare il deficit di sicurezza che mortifica la nostra scuola. Essa è il punto in cui il cittadino incontra lo Stato per la prima volta, da piccolo, ed è giusto che tale incontro sia positivo ed avvenga in un ambiente sicuro, pulito, ordinato ed anche attento al risparmio. Spero che la scuola svolga, anche in questo senso, un ruolo pedagogico: che si parta dagli edifici scolastici per arrivare poi agli ospedali, alle carceri, agli uffici pubblici ed a tutto il grande comparto dell'edilizia pubblica che dovrebbe, nella sua interezza, seguire la strada che lei ha oggi indicato.

RENATO GALEAZZI. Sarò brevissimo, signor ministro, perché condivido la sua relazione. Vorrei mettere l'accento su alcuni punti già richiamati dai colleghi, ma che mi piace sottolineare.
In primo luogo la questione - senza imitare Blair, magari - dell'ora di lezione di educazione ambientale. Se la scuola è lo snodo nevralgico per la formazione dei cittadini del 2020, del 2030 - che avranno periodi molto più caldi, in tutti i sensi - credo che questa potrebbe essere un'occasione importante per l'educazione di un ragazzo, tenendo conto di tutta la filiera: risorse idriche, energia, rifiuti, eccetera. Ritengo quindi importante che ci sia un incrocio tra chimica, fisica, geografia.
L'altra questione è la seguente: da ex sindaco posso testimoniare quanto sia difficile ristrutturare una scuola. L'obbligo non deve essere solo per i nuovi edifici: occorre impegnare comuni e province con vincoli di bilancio, al limite con potere sostitutivo, in modo che ogni edificio che viene ristrutturato sia ecologico ed ecocompatibile. Un programma ambizioso, quindi, ma che può essere un'occasione importante per cambiare la sensibilità, cosa che è quasi diventata una questione di sopravvivenza.

VALENTINA APREA. Grazie presidenti, grazie ministro. In questa giornata celebrativa che vuole andare oltre il rito, mi sento sicuramente in sintonia con il ministro Fioroni quando dice che non siamo all'anno zero nella scuola italiana. Mi sento in sintonia con lui soprattutto quando riporta i dati dell'impegno della classe docente e dei giovani studenti.
Devo però ammettere che il cambiamento culturale nella scuola italiana e nel pubblico non c'è ancora stato: dobbiamo essere onesti e sinceri. Va bene la proposta che fa il ministro, ma forse dovremmo cominciare, ministro, a fare qualche corso per il personale ATA ed i bidelli, perché noi possiamo fare ai ragazzi lezioni di comportamento corretto rispetto allo sviluppo sostenibile, nelle scuole, ma non serve se poi vedono, sempre nella scuola, che i rifiuti non sono messi in ordine secondo il criterio della raccolta differenziata, e via dicendo. Penso all'esempio della Campania, ma apro e chiudo subito questo discorso perché, ripeto, quella di oggi è una giornata che dovrebbe vederci positivi verso il futuro, quindi non voglio ricordare altre situazioni - che pure qui sono state richiamate - rispetto alle condizioni, non dico di sviluppo sostenibile, ma di scarsa vivibilità, in cui si trovano i nostri ragazzi. Il cambiamento deve quindi sicuramente riguardare tutto il personale della scuola (gli insegnanti hanno già fatto la loro parte).
Mi dichiaro assolutamente contraria a confinare questo problema in un'unica ora di educazione ambientale, perché già nelle nostre indicazioni nazionali abbiamo posto l'educazione ambientale tra le educazioni trasversali: il comportamento deve essere corretto sempre. Credo sia invece utile, ministro, suggerire anche alle scuole, agli insegnanti ed alla scuola italiana un'esercitazione che, per esempio, misuri i livelli di inquinamento. Sappiamo che oggi è possibile vedere quanto noi contribuiamo personalmente e collettivamente ad inquinare il nostro pianeta. Questa sì, potrebbe davvero essere un'esercitazione per tutta la scuola: vedere quali soggetti fanno qualcosa per ridurre l'inquinamento e quali abitudini scorrette invece continuano, giorno dopo giorno, ad aumentare l'inquinamento complessivo.
Comunque valuteremo le proposte del ministro Fioroni: mi sembra che su di esse si possa concordare; occorre verificare se


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ci possa essere davvero questo risparmio energetico e finanziario. Ripeto però che lavorerei soprattutto sul cambiamento culturale di tutto il paese e di altri soggetti che non siano solo l'insegnante ed i bambini, che sono gli unici, in Italia, a credere alla raccolta differenziata e alla lotta all'inquinamento. Per ora ci prendiamo il merito di questo lavoro, ma forse possiamo fare anche altro.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA VII COMMISSIONE PIETRO FOLENA

ANTONIO RUSCONI. Condivido la relazione e porrò tre domande secche, muovendomi verso l'obiettivo del ministro, secondo cui non si deve lasciare tutto alla buona volontà ed a lodevoli iniziative estemporanee.
La prima domanda riguarda il tema, particolarmente importante, dell'autonomia della scuola: come si può, sul territorio, rendere più agile la collaborazione delle associazioni ambientaliste, di cui qui abbiamo esperti come il presidente Realacci? In tutti i comuni importanti, medi o anche piccoli, ci sono associazioni di questo tipo. Sappiamo essere difficilissimo, per un esterno, entrare nella scuola, perché ci vuole l'autorizzazione del consiglio di istituto, eccetera. Come si fa a rendere il tutto più agile, evitando di perdere delle potenzialità?
Anche se mi accorgo che è un po' impropria, perché sottintende un problema di rapporti sindacali, la seconda domanda è tesa a capire come sia possibile creare degli incentivi per gli insegnanti maggiormente motivati su questo tema. Sappiamo che oggi nelle scuole ci sono delle funzioni-obiettivo: alcuni insegnanti hanno delle funzioni particolari, per le quali sono premiati anche economicamente. Come si può agire in questa direzione?
La terza domanda è per metà una provocazione. In finanziaria sono finalmente stati ripristinati un po' di fondi per l'edilizia scolastica. A volte assumiamo belle iniziative ecologiche nei comuni e poi quegli stessi comuni approvano progetti edilizi nei quali non tengono assolutamente conto del dato ambientale. Come si fa allora a finanziare prioritariamente quei progetti per l'edilizia scolastica che abbiano un particolare valore dal punto di vista ambientale?

PRESIDENTE. Prima di dare la parola, se vorranno, al ministro o al presidente Realacci, vorrei innanzitutto ringraziare il presidente Realacci e la Commissione VIII per aver assunto un'iniziativa di grande importanza in occasione dell'anniversario di Kyoto. L'audizione di oggi è particolarmente importante perché è l'occasione, per il ministro Fioroni, per annunciare un'iniziativa di grandissimo rilievo. Se davvero saremo in grado di mettere in moto un meccanismo virtuoso che ci porti, in un tempo non lungo, a dotare di pannelli fotovoltaici un numero importante di plessi scolastici, avremo in qualche modo avviato un processo ed una trasformazione di grande rilievo.
Vorrei sottolineare la situazione di drammatico degrado delle strutture scolastiche, che il ministro conosce benissimo. Interloquendo subito con ciò che ha detto il deputato Rusconi, domando al ministro se non possiamo pensare di inserire dei vincoli di legge nelle misure che dovremo prendere per ciò che riguarda l'edilizia scolastica, tenendo conto che qualcosa già è stato fatto con la finanziaria. I finanziamenti per questi interventi, sia di nuova edilizia, sia di ristrutturazione, non sono prioritari, ma vincolati al fatto che si realizzino alcune caratteristiche - quelle di cui parlava il deputato Cacciari - non solo nel campo energetico, ma anche nel campo, per esempio, del risparmio idrico. Basti pensare a cosa succede ogni volta che si preme lo sciacquone, in assenza di una distinzione fra acqua sanitaria ed acqua potabile: è uno spreco molto pesante. Far crescere nelle scuole una cultura del risparmio e del riuso dell'acqua, tema su cui alcuni di noi sono particolarmente sensibili, credo sia un punto di enorme rilievo.


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Un secondo punto riguarda le materie. Comprendo la ratio di ciò che hanno detto Cacciari e Galeazzi, ma - mi posso sbagliare - milito più a favore dell'impostazione di cui ha parlato la deputata Aprea: piuttosto che ad un'ora di educazione ambientale, credo sia meglio pensare a come coinvolgere gli insegnanti (di fisica, di chimica, di scienze, di geografia, delle materie economiche) in un aggiornamento ed in iniziative che possano essere lanciate in momenti straordinari. Tra queste iniziative - se veramente realizzeremo i poli tecnico-professionali attraverso la riforma dell'istruzione, che ha a che fare con lo sviluppo economico - credo sia fondamentale, tanto per le scuole statali, quanto per la formazione professionale, fare in modo che le figure che formiamo e, in generale, gli input che diamo, vadano nella direzione di uno sviluppo sostenibile. Voglio dire che se i lavoratori, gli imprenditori ed i progettisti di domani cominciano ad essere formati con una mentalità per la quale questo problema va affrontato prima e non dopo, credo avremo dato un grande contributo. Poiché siamo alla vigilia di un'importante e discussa riforma dell'istruzione tecnico-professionale, credo che la questione dello sviluppo sostenibile ne debba far parte organicamente.
Intervengo infine sulle risorse. Vanno benissimo tutte le forme di raccolta, di aiuto e di sostegno (studieremo bene le modalità di queste donazioni, che sono all'esame del Parlamento); vorrei però dire qui - semplicemente perché lo ritengo essenziale - che tutto questo è aggiuntivo, ma nulla potrà togliere la necessità di un sostanzioso incremento ed anche di una migliore utilizzazione dei fondi per la scuola pubblica nel nostro paese, senza i quali non metteremmo in sicurezza le scuole, non avremmo scuole che sprecano poca energia e non avvieremmo alcun meccanismo virtuoso. Il ministro lo sa benissimo; lo dico perché dobbiamo fare una certa battaglia anche nei confronti del Ministero dell'economia.

ERMETE REALACCI. Faccio una battuta ed una proposta al presidente Folena, dopodiché faremo ovviamente concludere al ministro.
Abbiamo creato un terreno di lavoro, ma immagino che anche per il Ministero non sarà semplice organizzarsi, perché mettere in rete questi finanziamenti è complesso. Quanto ricordavano precedentemente il deputato Cacciari ed il deputato Benvenuto sulle competenze in materia delle varie istituzioni, fa capire che perseguire seriamente questo tema implica, per il Ministero, la messa in campo di intelligenza e determinazione, e a noi chiede coerenza. Faccio un esempio che vale per l'VIII Commissione. Alcune delle cose dette possono entrare anche nel Codice degli appalti, il quale può essere uno strumento attraverso il quale introdurre determinati meccanismi ed avviare una serie di ragionamenti, anche sulla questione degli edifici pubblici, scolastici, eccetera. Come ricordava il presidente Folena, l'azione di manutenzione e messa in sicurezza delle scuole incrocia bene le azioni legate al risparmio energetico, alla coibentazione, al solare termico, al solare fotovoltaico, al risparmio elettrico.
Vorrei fare al presidente Folena la seguente proposta: siccome questa prospettiva incrocia anche altre decisioni (ed in primo luogo quelle di natura finanziaria), al di là dell'azione messa in campo adesso con gli strumenti già esistenti, che non sono pochi - penso alle cose che ha nominato il ministro, rispetto alla possibilità di reperire fondi non solo dal sistema delle imprese e dai privati, ma anche dai fondi pubblici, attraverso le varie forme di finanziamento esistenti sul territorio, e non sono cose marginali - c'è però, nella finanziaria, un passaggio in merito, come ricordava il presidente Folena. Mi chiedo se, messo in moto questo meccanismo, non convenga fare il punto della situazione in tempo utile - il che significa fra sei mesi, per capirci: nella fase di discussione della legge finanziaria - per capire a che punto siamo e di quali risorse si ha bisogno per andare in questa direzione che, credo, è stata segnalata da tutti come positiva. Questa è dunque la mia proposta.


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PRESIDENTE. Sono del tutto d'accordo. Il deputato Acerbo si era iscritto a parlare per un breve flash. Abbiamo solo quattro minuti.

MAURIZIO ACERBO. Sarò brevissimo: farò una segnalazione interdisciplinare di mezzo minuto. La gran parte delle scuole - o meglio tutte - sono gestite dai comuni o dalle province, che hanno problemi di bilancio derivanti dal Patto di stabilità; hanno cioè, molto spesso, i soldi in cassa ma non possono spendere, al di fuori di determinati parametri. Credo potrebbe essere un'azione virtuosa, difficilmente contestabile - in quanto dobbiamo raggiungere gli obiettivi di Kyoto, su cui tra l'altro tutta Europa è impegnata per superare il gap esistente - pensare ad una norma attraverso la quale i comuni e le province, relativamente al loro patrimonio, potessero ottenere una deroga, rispetto al Patto di stabilità, per le energie rinnovabili. Ci sono dei precedenti di deroghe di questo tipo, come ad esempio quella concessa dal Parlamento e dall'allora Governo italiano al comune di Torino per le Olimpiadi della neve.

GIUSEPPE FIORONI, Ministro della pubblica istruzione. Vorrei dire solo tre cose, rapidamente. Molto di quanto è stato detto potrebbe anche avere, secondo me, una rapida evoluzione legislativa. Lo dico soprattutto al presidente Folena ed ai membri della VII Commissione, ferma restando la questione del Codice degli appalti, di cui ha parlato il presidente Realacci. Se noi, una volta finito il dibattito sul decreto, potessimo utilizzare il disegno di legge o quelle sue parti che non verranno modificate, io proporrei, se la Commissione è d'accordo, di investire la VII Commissione della questione attualmente contenuta nel provvedimento sulle liberalizzazioni all'esame della X Commissione, con l'impegno reciproco che dopo aver tolto le parti che voi riterrete - sarete voi a studiare quali, ma va bene - in Commissione inseriremo alcune delle proposte avanzate. Quando Folena parla, ad esempio, dei nuovi istituti tecnici e professionali, io credo sia nel giusto. Mi richiamo all'indicazione nazionale (non mi vengono in mente altre cose): circa i programmi che dobbiamo fare, qualunque sia lo strumento regolamentare, vi inviterei a fare in modo che rimanga agile - e colgo questo anche come momento di comunicazione. Possiamo rimetterlo al parere delle Commissioni, ma lasciandolo agile, come se fosse un decreto legislativo, anche se non lo è, per evitare altri passaggi, che appesantirebbero il tutto.
Questo aspetto fa parte del ridisegno degli istituti tecnici e professionali, ed è pertanto una materia che merita di essere approfondita (che sia con lo strumento del regolamento o con il decreto ministeriale): personalmente sono d'accordo che la parte operativa venga sottoposta al parere delle Commissioni, nel periodo dell'esercizio della delega.
Nell'ambito delle norme urgenti introdotte da quel disegno di legge potremmo inserire anche il tema dell'edilizia scolastica - ne parlo, giacché l'abbiamo richiamato. Non c'è solo il tema del risparmio energetico e delle energie alternative, c'è anche un aspetto sostanziale, vitale in questo momento, ossia quello che ha ricordato il deputato Acerbo: due terzi dei comuni e delle province hanno i soldi e non possono spenderli; da tante parti abbiamo risorse che non riusciamo ad utilizzare. Anche se ad oggi non è previsto in quel disegno di legge, potremmo collaborare (Governo e Parlamento insieme), con un occhio attento a ridisegnare ciò che serve perché l'edilizia scolastica proceda un po' più tranquilla e veloce. Credo che questo sia uno degli aspetti fondamentali, oltre alle altre cose che abbiamo detto.
Quello richiamato dal deputato Acerbo, ad esempio, è vitale, è uno degli aspetti fondanti. L'altro tema di un qualche interesse mi sembra sia quello sollevato dal deputato Rusconi: egli ha parlato di incentivi, io propongo di usare una terminologia più precisa, che non faccia scatenare le guerre puniche.
Vorrei solo registrare che l'autonomia di ricerca e l'autonomia didattica e di innovazione fanno parte dell'autonomia


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che le scuole devono espletare. Siamo in fase di rinnovo contrattuale e il Parlamento può dare delle indicazioni in questo senso. Non parlo di incentivi, ma occorre tenere presente che gli insegnanti che si applicano in questi progetti e li realizzano, lo fanno volontaristicamente, come succede in tutte le pubbliche amministrazioni: questa potrebbe essere una delle tante voci che consente loro di avere un merito per quello che fanno. Non tutti gli insegnanti fanno le cose di cui abbiamo parlato oggi e che ricordava prima il deputato Cacciari. L'interdisciplinarietà si basa sul volontariato: questo diventa uno degli elementi su cui riflettere. Se l'insegnante non trovasse come portare avanti un progetto e, anziché cercare un co-finanziamento della provincia, della Toyota, della Nestlé o di altri, lo trovasse all'interno di un rapporto vero - che gli istituti contrattuali consentono - benché io non usi il termine «incentivi», questo potrebbe essere un aspetto utile. Mi richiamo all'idea del presidente Realacci di fare il punto della situazione: se voi faceste - avendone il tempo, tra le mille cose da fare - un'indagine conoscitiva sull'edilizia scolastica e, nello specifico, su cosa viene speso o non speso, sulle norme esistenti e quant'altro, fareste un'opera di bene, visto che l'anagrafe sull'edilizia scolastica è stata realizzata solo in due regioni, tra cui il Molise, che l'ha introdotta dopo quello che è successo.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per la sua disponibilità e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.