COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 13 giugno 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERMETE REALACCI

La seduta comincia alle 11.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche tramite la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
(Così rimane stabilito).

Audizione del ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, sullo sviluppo degli investimenti infrastrutturali nel settore autostradale e sulle prospettive di gestione della rete viaria alla luce delle recenti vicende organizzative relative alla società Autostrade.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, del ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, sullo sviluppo degli investimenti infrastrutturali nel settore autostradale e sulle prospettive di gestione della rete viaria alla luce delle recenti vicende organizzative relative alla società Autostrade.
Desidero preliminarmente ringraziare il ministro per aver dato la propria disponibilità a riferire tempestivamente in Commissione su questo tema.
Ricordo che il ministro - il primo ad essere ascoltato in una Commissione parlamentare in questa legislatura - si era già dichiarato disponibile ad intervenire in Commissione il martedì successivo al passaggio referendario (che, come sapete, comporterà una sospensione dei lavori della Camera) per riferire sull'insieme delle politiche del ministero, relativamente al reperimento delle risorse, alle priorità delle opere, al codice degli appalti e via dicendo.
Pertanto, l'audizione di oggi verte esclusivamente sulla vicenda relativa alla società Autostrade ed anche i quesiti che i colleghi porranno dovranno riguardare puntualmente questo argomento. Sappiamo che si tratta di una questione di grande delicatezza, in quanto abbiamo seguito un processo di privatizzazione sicuramente non impeccabile, che ha comportato l'apertura di una serie di aspetti problematici nella gestione dei vari passaggi.
Nella passata legislatura, inoltre, vi è stato un aumento delle tariffe autostradali, non chiaramente vincolato al mantenimento degli impegni che la società Autostrade aveva assunto in termini di investimenti, riguardo ai quali, come sappiamo, si registra un forte ritardo, di almeno 2 miliardi di euro rispetto a quelli concordati.
Su questo fronte siamo un po' tra Scilla e Cariddi: da una parte abbiamo l'esigenza di non cambiare in corso d'opera le regole date, per non turbare le attività del mercato, dall'altra dobbiamo garantire gli interessi del paese - questo è il compito principale del dicastero retto dal ministro Di Pietro - in un settore strategico come quello delle infrastrutture autostradali.
Colgo l'occasione per comunicare ai colleghi che - come avranno già notato -, dato l'evidente legame fra gli argomenti in questione e la tematica dei trasporti, sono qui presenti molti componenti della Commissione


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trasporti, con i quali nel corso di questa legislatura cercheremo di individuare il miglior modo di collaborare. Siamo felici della loro presenza, per la quale li ringraziamo, e ovviamente li invitiamo a partecipare a questa audizione.
Una volta ascoltato il ministro, proporrei di osservare la regola secondo cui ogni gruppo parlamentare ha diritto ad un intervento, ovviamente sintetico, sul tema in discussione. Successivamente darò la parola a tutti gli altri colleghi che ne faranno richiesta, in relazione anche alla disponibilità di tempo del ministro.
Do la parola al ministro delle infrastrutture.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. La ringrazio, presidente. Sono onorato di essere qui presente, in quanto questo è il mio debutto da ministro, almeno nella seconda versione; infatti, ho già ricoperto questa carica una prima volta, ma in qualità di tecnico.
Ho chiesto di poter riferire, in questa occasione, unicamente in relazione alla prospettata fusione tra Abertis e Autostrade. Tale scelta, tuttavia, non è certamente dettata dalla volontà di sottrarmi al confronto con voi su tutte le altre questioni in campo. Anzi, poiché credo che sia necessario confrontarci, ho già dato la mia disponibilità per futuri incontri. Vi sono tante questioni aperte che riguardano il mio ministero e che hanno una forte rilevanza per l'economia e le infrastrutture del paese. A tale proposito, mi preme ribadire che non mancherò di confrontarmi con la Commissione prima di assumere delle decisioni in merito a tali argomenti.
Il tema della fusione Abertis-Autostrade mi è parso essere tra i più importanti; tuttavia esiste anche un'altra questione degna di attenzione, sulla quale sarà necessario riflettere. Mi riferisco al codice degli appalti, anch'esso in scadenza. Personalmente, infatti, non stabilisco la priorità degli argomenti in base alla loro importanza - del resto, non si sa mai quale essa sia, dal momento che dipende dal punto di vista -, ma mi riferisco alla loro urgenza rispetto alle scadenze. Esiste un codice degli appalti che entrerà in vigore all'inizio del mese e mi interessava segnalare che bisognerà trattare anche questo tema.
Al momento, tuttavia, dobbiamo valutare se affrontare o meno la questione relativa alla fusione Abertis-Autostrade, proprio perché le parti hanno annunciato che in seconda convocazione, prevista per il 30 giugno, definiranno un percorso a seguito del quale ci troveremo di fronte una condizione differente da quella attuale. Entriamo, così, nel merito della questione.
Vi espongo subito la situazione che abbiamo trovato - quando dico «trovato», non intendo attribuire alcuna colpa al precedente Governo, né alla precedente maggioranza -. Ebbene, alcuni privati hanno messo in essere una serie di azioni indipendentemente dal confronto con le autorità governative. Hanno agito da soli e tutto sommato ciò rientra nella libera disponibilità di chi è proprietario di azioni, in base ad un diritto comunitario in cui è prevista la libertà di poter decidere cosa fare delle proprie azioni societarie.
Il problema di fondo è che, nel caso di specie, il patrimonio di Autostrade per l'Italia consiste essenzialmente nella concessione loro data dal Governo. Nel momento in cui si decide di vendere la controllante di Autostrade, dunque, è chiaro che dobbiamo sapere a chi diamo questa risorsa dello Stato. Poiché qualcuno potrebbe essere interessato, spiegherò brevissimamente in che cosa consiste l'operazione di fusione di cui stiamo parlando.
Attualmente, la concessione autostradale, per circa 3 mila chilometri di autostrade, è affidata ad una società denominata Autostrade per l'Italia. In realtà, la concessione fu data a suo tempo, al momento della privatizzazione, ad una società che si chiamava Autostrade; dopodiché, a seguito di un progetto di ristrutturazione complessivo, Autostrade è diventata una holding, da cui è derivata una società controllata al cento per cento,


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Autostrade per l'Italia (ASPI). Quest'ultima ha preso in carico ciò che prima era di Autostrade, ovvero la concessione. Già così si poneva un primo problema che può, in un certo qual modo, essere considerato prodromico. Infatti, bisognerebbe capire se questa concessione potesse essere data in via unilaterale o se richiedesse un decreto autorizzativo a monte.
Resta il fatto che la questione è stata superata da una legislazione e da una serie di interventi governativi susseguenti, che hanno fatto richiamo alla cessione di Autostrade ad Autostrade per l'Italia. Il Governo, dunque, per fatti concludenti, e comunque per richiami espliciti - contenuti in alcune leggi, addirittura nella legge finanziaria successiva -, ha riconosciuto in capo ad Autostrade per l'Italia ciò che prima riconosceva in capo ad Autostrade.
La particolarità di questa concessione consiste nel fatto che prima della privatizzazione era stata data ad una società a totale capitale pubblico, sicchè le clausole di concessione erano basate su gentlemen's agreement istituzionali. Si trattava di due soggetti pubblici: uno era una società per azioni e l'altro una società di controllo, ma tutti erano comunque «fratelli» della stessa «famiglia».
È ovvio, quindi, che la concessione iniziale data ad Autostrade prima del decreto ministeriale di privatizzazione non ha tenuto conto più di tanto di clausole di controllo, di garanzie di salvaguardia dell'interesse pubblico. Del resto, il fatto che la società fosse a totale capitale pubblico garantiva, o doveva garantire istituzionalmente il rispetto di tale interesse.
Tale considerazione è vera a tal punto che, in sede di concessione, non sono state previste sanzioni per gli inadempimenti, salvo la sanzione estrema della revoca, prevista in un solo caso, ovvero quello di grave inadempimento non altrimenti tipizzato. In questi termini, l'espressione «grave inadempimento» può significare tutto e il contrario di tutto, a seconda di ciò che vogliamo mettere al suo interno. Ovviamente, per chi lo deve subire, un grave inadempimento per essere considerato tale deve essere così grave per cui «resistere non potest», mentre per chi lo deve commettere può essere un qualsiasi inadempimento che genera una disfunzione.
Pertanto, esiste questa anomalia di fondo nella concessione a suo tempo rilasciata, stipulata fra due soggetti, concedente e concessionario, che erano «amici» per definizione, in quanto avevano lo stesso obiettivo sociale, ossia l'interesse pubblico.
In questa situazione, come ho detto, non sono stati previsti controlli, né un'attività di vigilanza e neanche interventi soddisfacenti dell'interesse pubblico, dal momento che esso era in sé una priorità per Autostrade.
Questo è un problema che non è stato affrontato, ma credo che sia necessario farlo, a prescindere dall'eventuale vendita o cessione di Autostrade per l'Italia ad Abertis. Ritengo che sia giunto il momento di affrontare tale questione. Pertanto, vorrei farmi carico - e mi farebbe piacere se potessi essere confortato anche dal vostro parere - di richiedere comunque ad Autostrade, alla luce di questa privatizzazione complessiva, una rivisitazione delle clausole di garanzia, soprattutto riguardo alle seguenti circostanze: congruità del prezzo; congruità degli investimenti; garanzia del mantenimento della somma agli investimenti; verifica in progress della vigilanza operativa tecnica, dello stato di manutenzione delle strade, dell'efficienza del servizio e, quindi, previsione di una serie di norme a tutela e di sanzioni nel caso di inadempimento. Credo che tutto questo debba far parte di un quinto atto aggiuntivo - sono già quattro gli atti aggiuntivi alla concessione - che dovremo ridiscutere con la società.
Mi rendo conto del fatto che - in proposito i giuristi ne sanno più di me - una volta rilasciata la concessione la questione si considera conclusa. Tuttavia, voi mi insegnate che quando è in gioco un superiore interesse pubblico, bisogna andare a valutare complessivamente tale interesse. Quindi, in sede di rinegoziazione, dovranno essere fatti presenti anche eventuali inadempimenti da parte della società. Ne elencherò alcuni e ne parlerò in via


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prodromica. Mi riferisco a tutto ciò che troviamo a monte della ventilata vendita, o meglio della ventilata fusione per incorporazione.
Anche se qualche maligno sostiene che in realtà si tratta di una vendita simulata, parliamo, comunque, di una fusione per incorporazione in cui l'«elefante» Autostrade viene incorporato dall'«elefantino» Abertis: è il piccolo che incorpora il grande. Prima di procedere a tale operazione, per permettere che il grande possa entrare nel piccolo - scusate se mi esprimo con termini semplici -, i soci provvedono ad un «maxi-extra» dividendo; asciugano un po' la pancia della società per permetterle di entrare in un contenitore più piccolo a parità di azioni (un'azione dell'una a fronte di 1,05 dell'altra). Per poter attuare questo concambio pressoché alla pari, quindi, hanno dovuto impoverire, o meglio, distribuire un maxidividendo.
Tuttavia, prima di arrivare a discutere della situazione di Abertis-Autostrade, e quindi della progettata fusione per incorporazione, vorrei continuare a segnalarvi quelle che sono, a mio avviso, le anomalie intervenute in sede di privatizzazione. Faccio il ministro e come tale devo dire le cose come stanno, a prescindere da coloro a cui appartiene la responsabilità politica di questi fatti. Per onestà intellettuale, devo riconoscere che quella privatizzazione non ha prodotto effetti di sufficiente garanzia per lo Stato.
Voglio solo specificare alcune delle anomalie che è possibile riscontrare. Ve ne espongo una semplice, perché a volte è nell'esempio più banale che si trova la riprova più calzante. A suo tempo, quando Autostrade era una società completamente pubblica, tra i tanti corrispettivi che essa riceveva per il servizio offerto vi era anche quello di incamerare, tout court, le sub-concessioni derivanti dall'utilizzo dei sedimi demaniali (pompe di benzina e quant'altro). Tutto sommato, tale situazione andava bene, in quanto tali sedimi erano sempre dello Stato. Ma, nel momento in cui vi è stata la privatizzazione, perché le sub-concessioni sono rimaste tutte alla società Autostrade? Stiamo parlando di sedimi demaniali...

MAURIZIO ENZO LUPI. Ce lo siamo domandati anche noi.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Ve lo siete domandati per cinque anni?

FRANCO STRADELLA. Non cominciamo con le battute (Commenti).

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Chiedo scusa, ma mi è stata proprio «tirata». Comunque, voglio ribadire che sono venuto qui con il compito e con l'impegno di parlare come uomo di Governo e non come un uomo di parte e mi pare di adempiere a questo intento.
Stabilito ciò, vi dico che vi ho riportato un solo esempio, ma posso assicurarvi che ho trovato diverse questioni del genere. Ho il dovere di aggiungere che ho provveduto a contestare ad Autostrade tali questioni attraverso l'ente vigilante ANAS. Non basta dire ciò che non va, dobbiamo anche agire di conseguenza e contestare questi fatti.
Posto ciò che abbiamo detto riguardo al grave inadempimento, di cui alla norma sanzionatoria - ricordatevi che la concessione data non prevede sanzioni, salvo una assurda sanzione di grave inadempimento -, non ci si può permettere oggi di non avere un'autostrada in Italia, o di lasciarla senza gestione. Tuttavia, in base a cosa deve essere valutato un inadempimento, per decidere se esso sia grave o meno? A mio avviso, deve essere giudicato secondo il principio per cui nessun inadempimento è grave di per sé, ma lo diventa se le questioni non vengono risolte.
Cosicché, se la questione dei sedimi non è in sé un grave inadempimento, lasciandola irrisolta essa lo diventa. Insomma, il rifiuto a venire incontro ad un problema di questo tipo diventa esso stesso - il silenzio-rifiuto - un grave inadempimento, in quanto si risolve in un


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indebito arricchimento, che non è previsto neanche dalle norme del codice civile.
Volutamente vi ho parlato di una sola clausola che non è un grave inadempimento in sé, ma ho già provveduto ad una prima elencazione di anomalie da correggere; tutto questo a prescindere dal fatto che la fusione avvenga o meno.
La mission di Autostrade come società privatizzata era quella di rilanciare - parallelamente al fatto di creare giusti e sacrosanti profitti ai privati - il servizio pubblico, ampliando il sistema autostradale, migliorandone la qualità, aumentando la manutenzione, garantendo la sicurezza e quant'altro. In quest'ottica, grandi interventi da parte di Autostrade non ne abbiamo visti, salvo quelli previsti nella concessione, vale a dire gli appalti in essa elencati, previsti nella originaria concessione del 1997. Nel biennio 2002-2003 è stato redatto il quarto atto aggiuntivo, che presentava una serie di elenchi di opere, soprattutto in relazione alla variante di valico e a qualche altra questione.
Ad oggi, risulta che una quantità di denaro, pari a 2 milioni di euro complessivamente, non è stata investita. Per l'esattezza, dalla relazione che è stata stilata da un apposito gruppo di studio, voluto dall'Autorità per la vigilanza, arriviamo a conoscere le somme finali che - senza valutare di chi sia la colpa, sto citando un dato oggettivo - ammontano, ad oggi, a 1.966 milioni di euro (quasi 2 miliardi di euro) che non sono stati investiti nei tempi previsti. In base a tale relazione, dunque, rimangono esattamente 22 milioni di euro del 2002, 235 milioni di euro del 2003, 590 milioni di euro del 2004 e 1.118 milioni di euro del 2005, per un totale di quasi 1.966 milioni di euro che, lo ripeto, non sono stati investiti.
Come sapete, le giustificazioni addotte per spiegare tale situazione riguardano autorizzazioni non arrivate in tempo, o riguardano la conferenza di servizi e via dicendo. Non voglio entrare nel merito della questione, ma sono partito da questo fatto solo per svolgere alcune riflessioni in ordine alla fusione Abertis.
Un conto è dire ad una società concessionaria che è scusata per i ritardi, dovuti anche a mancate autorizzazioni, e dunque riconoscere la propria colpa per il mancato rispetto dei tempi; altra cosa è che questa società, nel frattempo, fa finanza con 2 miliardi di euro non investiti. Se tutto fosse andato in porto, infatti, quella somma si sarebbe già trasformata in investimento, in opere, in strade o in manutenzione. Il fatto che questi 2 miliardi di euro li abbia la società può andare bene fin quando abbiamo il controllo della società stessa. Tuttavia, se un domani dovessimo perdere tale controllo, dove andremmo a ritrovare questi soldi ? Come possiamo garantire che ciò che la società incassa come finanziamento oggi me lo restituirà domani e con quali garanzie?
Credo che le garanzie debbano necessariamente seguire ed essere incorporate all'interno dell'atto di concessione, dando luogo ad una garanzia reale, mentre un semplice accordo fra parti, fra soggetti, darebbe vita ad un'obbligazione personale.
Il concetto di fondo è che in questo momento ciò che ci viene proposto da Autostrade, in relazione alla fusione, è una serie di impegni che essa assume. Gli impegni della società, ancorché si tratti di una società giuridica, sono cosa diversa dal legare l'impegno alla concessione stessa, che quindi ne segue le sorti. Con ciò intendo dire che sarebbe stata cosa diversa se questi 2 miliardi di euro fossero stati messi in un fondo nel quale era impossibile toccarli, se non per realizzare queste opere. In tal modo, infatti, quella somma sarebbe rimasta comunque a noi. Traducendo il concetto in «dipietrese», potremmo dire che i soldi li tieni qua e tu puoi andare dove ti pare - questa è l'idea di fondo -, visto che si tratta di soldi nostri.
Ho fatto tutta questa premessa per arrivare a dire che, a mio parere, non possiamo avere - e non abbiamo - alcun titolo per decidere ciò che le società debbano fare con le loro azioni. Le società, infatti, sono libere di vendere e di comprare. Il fatto che a vendere o a comprare


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sia Nicola o Francesco, piuttosto che Nicolas o Francisco, non cambia assolutamente nulla ai fini del pacchetto azionario, in quanto siamo nell'ambito del diritto comunitario. Ciò che conta, adesso, è l'occasione per rivedere complessivamente questa convenzione, prima che si frantumi in una realtà incontrollabile.
Cosa ho chiesto formalmente ad Autostrade, tramite l'ANAS? Intanto, nulla quaestio su ciò che fate. Anzi, buon lavoro, tanti auguri e figli maschi. Il problema è che prima di fare qualunque cosa va riscritta la concessione con un nuovo atto di convenzione, in modo che chi compra sa cosa si porta via: vale a dire diritti, ma anche doveri; poteri, ma anche obblighi. E, soprattutto, per parte nostra dobbiamo essere garantiti.
Questo è il dato di fatto. Ecco perché ho contestato, contesto e contesterò sempre che vengano dati gli «otto giorni» all'ente governativo concedente: o entro il 30 giugno ci date una risposta o andiamo avanti comunque.
La società può fare tutto ciò che vuole, però essa deve sapere che possiamo considerare grave inadempimento - posto che non è prefissato il concetto di «grave inadempimento», che saranno le autorità competenti a valutare - anche il non voler rinegoziare tutta una serie di preoccupazioni che nutriamo e che abbiamo tradotto contestualmente in una serie di preavvisi, esplicitando i punti contestati. La mancata rinegoziazione potrebbe essere essa stessa, a mio avviso, fonte di una scorrettezza istituzionale da valutare come grave inadempimento. In seguito, di volta in volta, andremo a stabilire in che termini e in che modo.
Ciò premesso, cosa chiediamo in concreto? Ribadiamo che il decreto ministeriale del 16 maggio 1997 prevede espressamente che del pacchetto stabile dell'azionariato della società non possano far parte società di costruzione, per evitare di incorrere in un conflitto di interessi.
La società sostiene che tale limite era valido solo per tre mesi, ma a mio avviso non è vero. È sufficiente andare a rileggere le carte per verificarlo. I documenti possono anche essere scritti in maniera poco chiara, ma basta andarsi a rileggere gli atti parlamentari per stabilire la verità dei fatti.
Riteniamo che la ratio secondo cui le Commissioni parlamentari in un primo momento, e il Governo dopo, hanno posto come condizione che non dovessero far parte del pacchetto stabile che gestisce la concessione autostradale società di costruzione sia una norma di garanzia valida sempre, non solo per tre mesi. Non avrebbe senso che tale condizione dovesse essere rispettata solo per i primi tre mesi e non dal quarto in poi; per illogicità manifesta, a meno che non si voglia considerare il contraente di allora incapace di intendere e di volere, è chiaro che tale condizione non era sottoposta a termine.
Dopo la fusione tra Abertis e Autostrade, il 12,5 per cento del pacchetto azionario sarà acquisito dalla società spagnola ACS, la quale svolge prevalentemente attività di costruzione.
Dunque, cosa contestiamo nel caso in cui tale operazione dovesse essere svolta, prima ancora di arrivare ad una ridefinizione? Contestiamo motivi di legittimità, motivi di opportunità, motivi finanziari e assenza di garanzia. Inoltre, in particolare, chiediamo che - pur riconoscendo loro la libertà di fare ciò che vogliono - prima di agire si addivenga ad una nuova convenzione di concessione, tenuto conto dei rilievi provenienti dalla Commissione ANAS e dalle indagini dell'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici - due documenti a disposizione - da cui risulta che bisogna intervenire per tempo, e a prescindere dalla fusione, su situazioni di conflitto di interesse in capo a soci partecipanti all'azionariato di controllo, a seguito della fusione.
Pertanto, a prescindere dalla fusione, dovremo prevedere un atto aggiuntivo che stabilisca - per ora e per il futuro - che il nucleo stabile del pacchetto azionario non possa avere al suo interno società di costruzione. Questo è stato scritto nel provvedimento ministeriale, ma non in convenzione, quindi è necessario aggiungerlo. Già questo fatto fa pensare.


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Vi espongo ora i punti cruciali della questione. Il primo è relativo alla manifestazione di politiche di gruppo penalizzanti le capacità di Autostrade per l'Italia di adempiere agli obblighi di concessioni. Vale a dire che nel momento in cui la governance si sposta in una realtà imprenditoriale diversa, in cui Autostrade per l'Italia non comanda più, perché è governata da Abertis, è possibile che vengano attuate politiche di sviluppo del gruppo diverse da quelle che interessano l'Italia, e quindi anche in altre realtà.
Il secondo aspetto riguarda la mancanza di garanzie tese ad assicurare la permanenza in capo ad Autostrade per l'Italia di risorse finanziarie adeguate all'adempimento degli obblighi di convenzione. Ciò significa che adesso vi sono 2 miliardi di euro, di nostra proprietà, che sono nella disponibilità di Autostrade per l'Italia, la quale li utilizza per operazioni di finanza pura e questo non va bene. Non ho capito perché Autostrade debba usare questo denaro per fare operazioni di finanza pura e non possiamo farlo anche noi, utilizzando tale somma per realizzare le strade.
Bisogna considerare poi la questione dell'inadeguatezza del sistema delle misure sanzionatorie con riferimento al controllo sui singoli investimenti, ovvero la previsione, in caso di inerzia della concedente, degli interventi sostitutivi da parte delle autorità pubbliche. In altre parole, la graduazione delle misure di sanzione non esiste. Infatti, avendone prevista solo una gravissima, che non può essere attuata, di fatto è come se tali misure non ci fossero. E un precetto senza sanzioni non produce effetti.
Inoltre, si rende necessario un riesame dell'attuale congruità delle percentuali a carico della concessionaria sui pedaggi autostradali e sui proventi della subconcessione a terzi del suolo demaniale e della pubblicità. Non si capisce perché nei comuni la pubblicità viene raccolta dall'ente locale, mentre sulle autostrade viene raccolta dalla società concessionaria.
A suo tempo la raccolta pubblicitaria fu posta in capo ad Autostrade, in quanto questa società era integralmente soggetto pubblico. In sede di concessione, non fu altrimenti specificato e il non averlo fatto ha comportato che tale prerogativa rimanesse in carico ad Autostrade. Proprio per questo vogliamo rivisitare la questione, pur essendo ben consci che Autostrade oggi abbia diritto di percepire tali proventi.
Ma noi possiamo continuare a lasciare le cose come stanno? È questo il problema. E qui mi limito a segnalare una serie di anomalie di merito. Il fatto che Autostrade stia incassando dei soldi legittimamente non è da mettere in dubbio, sia chiaro. Il problema è nostro, non loro.
Vi è poi la necessità di un riesame dei benefici derivanti alla concessionaria dalla diluizione dell'ammortamento finanziario degli investimenti, in relazione al prolungamento dei termini della concessione dal 2018 al 2038. Avendo portato la concessione fino al 2038, infatti, l'ammortamento viene diluito e quindi bisogna rivedere questo aspetto, perché la società spende in molto più tempo.
Si pone ancora la necessità di attente valutazioni in ordine alla conformità della vigente formula per la determinazione dei pedaggi a corretti criteri parametrali ed in particolare in ordine alla loro coerenza e agli effettivi volumi di traffico. Bisogna rivedere anche questo aspetto, in quanto i volumi di traffico odierni non sono gli stessi di tanti anni fa - poi si arriva a parlare di maxidividendi -.
Un ulteriore aspetto è quello della necessità di maggiori garanzie, finalizzate ad assicurare la massima trasparenza e parità di trattamento in casi di cessione a terzi del suolo demaniale autostradale; e ancora la necessità di implementazione di specifiche clausole o meccanismi attraverso i quali si garantisca, con maggiore incisività, che l'interesse pubblico alla corretta gestione, al potenziamento della rete autostradale gestita dall'ASPI non venga subordinato all'interesse privato del gruppo Autostrade. Infatti, una volta che il gruppo Autostrade non ci sarà più, in quanto assorbito da Abertis, quest'ultimo potrebbe avere un interesse privato che


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confligge con l'interesse pubblico, che abbiamo espresso attraverso la concessione ad Autostrade per l'Italia.
Infine, è necessario affrontare la questione legata alla necessità di maggiore chiarezza delle disposizioni di cui all'articolo 5, comma 4 della convenzione vigente, relativa alle comunicazioni di variazione del capitale azionario superiore al 2 per cento, a maggiore garanzia della serietà ed affidabilità della concessionaria ed al fine di evitare conflitti di interessi tra l'ASPI e la propria capogruppo. Questa condizione era stata prevista inizialmente, ma poi non è stata riprodotta in convenzione, se non per tre mesi. É bene essere informati ogni volta che si verifichi uno scostamento di una compravendita del 2 per cento nel capitale azionario nel pacchetto stabile, per capire chi sono coloro con cui abbiamo a che fare.
Questi sono i punti salienti. Per tali ragioni - e concludo -, credo sia necessario ribadire che ciò che sta facendo Autostrade con Abertis è nel suo pieno diritto, nella sua piena disponibilità. Non possiamo assolutamente metterci il dito, come si dice.
Tuttavia, traendo occasione da ciò che è accaduto adesso e pensando che potrà avvenire anche in futuro tante altre volte (dalla Spagna andremo a finire prima o poi sicuramente in Cina), dobbiamo chiederci, per l'interesse pubblico, se e fino a che punto possiamo mantenere inalterata questa convenzione di concessione o se non sia il caso di cogliere l'occasione ora per chiedere una rinegoziazione di convenzione in tempo utile, prima di non essere più in grado di controllarla.

PRESIDENTE. La ringrazio, signor ministro. La pregherei di consegnare alla Commissione il documento inviato alla società Autostrade, del quale ha dato lettura praticamente integrale, insieme alla restante documentazione.

TOMMASO FOTI. Signor ministro, nella sua relazione lei ha fatto riferimento a due documenti a disposizione: in realtà ci sono due atti pubblicati da Il Sole 24 Ore che non sono a disposizione della Commissione e che, quindi, dobbiamo acquisire (Commenti).

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Quanto ho appena letto è il contenuto di una lettera che mezz'ora fa ho inviato ad ANAS, quindi non può essere stato pubblicato sulla stampa. La ragione per cui ho inviato la lettera all'ANAS questa mattina alle 10 era proprio per evitare che fosse pubblicata da qualche giornale.

PRESIDENTE. Dal momento che la lettera è stata inviata ed è stata letta in maniera praticamente integrale, può essere utile per la Commissione averla a disposizione, insieme agli altri documenti, per farne oggetto di discussione.
Oltretutto, è stata presentata dai colleghi dell'opposizione una mozione che per quanto mi riguarda - questo è un parere personale - considero largamente condivisibile nei suoi aspetti fondamentali. Abbiamo, insomma, diversi elementi sui quali dibattere.
Ricordo che è previsto l'intervento innanzitutto di un parlamentare per gruppo; darò poi la parola anche agli altri, con ovvio diritto di ospitalità per i colleghi della Commissione trasporti presenti, se vorranno porre delle questioni.
Do quindi la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

TINO IANNUZZI. Innanzitutto, visto che è il nostro primo giorno di lavoro, auguro buon lavoro a lei, signor presidente, e all'ufficio di presidenza. Rivolgo un saluto e un apprezzamento al ministro Di Pietro, per la sensibilità dimostrata nel voler avviare subito un dialogo ed un confronto con la Commissione di riferimento su tematiche così rilevanti.
Voglio anche esprimere apprezzamento - ma avremo modo di approfondire in altre occasioni questi aspetti - per l'impostazione adottata dal ministro, in generale, sui temi dell'ammodernamento infrastrutturale del paese, legata in maniera


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rigorosa alla definizione di una griglia di priorità effettive, correlata alle risorse finanziarie realmente disponibili, all'identificazione delle opere in corso e di quelle di effettiva valenza complessiva per il paese o per territori di area vasta.
Per quanto riguarda il tema specifico, devo dire che la relazione del ministro è stata ampia, accurata e approfondita. Attraverso la lettura della missiva che questa mattina ha inviato all'ANAS, il ministro ci ha rivelato - e lo ha fatto in via prioritaria all'VIII Commissione della Camera - il percorso che il Governo intende seguire.
Ritengo che questa impostazione sia da condividere. Siamo di fronte ad una problematica estremamente complessa: non si tratta, dal punto di vista giuridico, di un progetto di fusione per incorporazione fra Autostrade per l'Italia e il gruppo spagnolo Abertis, ma di una vicenda - dal punto di vista della valutazione politica e dell'esercizio del nostro ruolo istituzionale - che si correla ad una tematica di portata ben più ampia e complessiva, quella del rapporto tra Stato-ANAS, soggetto concedente, e Autostrade per l'Italia, società concessionaria, per circa 3 mila chilometri, di larga parte della rete autostradale italiana.
Nella sostanza, siamo di fronte ad un'occasione preziosa - condivido questa angolazione data dal ministro -, al di là degli aspetti giuridico-formali, che ci impongono il rispetto delle regole sia del diritto interno che dell'ordinamento comunitario, per quanto riguarda la disciplina della libertà di iniziativa economica, dei rapporti fra le imprese, quindi della disponibilità dei pacchetti azionari delle strutture societarie. Siamo di fronte, in definitiva, ad una questione che ci consente finalmente di entrare, con molta determinazione e con la chiarezza degli obiettivi che debbono rispondere all'interesse pubblico generale della nostra comunità nazionale, sulle questioni sottostanti alla problematica della concessione della rete autostradale italiana.
Dal momento che siamo consapevoli di essere in presenza di una concessione che ha un orizzonte temporale - fino al 2038 - estremamente lato, che riguarda 3 mila chilometri della rete autostradale, sappiamo bene che questo deve portarci a riconsiderare la tematica degli investimenti del soggetto concessionario, della effettività dell'esecuzione degli investimenti stessi, nel rispetto dei tempi previsti, del miglioramento della qualità del servizio per l'utenza, nonché il problema della disciplina delle tariffe per i pedaggi, degli adeguamenti tariffari e della loro correlazione più stretta, penetrante ed effettiva con il problema della reale esecuzione degli investimenti.
Condivido la preoccupazione generale che ha portato l'amministrazione pubblica a chiedere un approfondimento delle tematiche sottostanti al progetto di fusione per incorporazione: un approfondimento importante per far emergere pienamente i nodi giuridico-formali, ma anche per chiarire il ruolo che verrebbero ad avere le imprese di costruzione bandite nel decreto ministeriale del 1997 in questo progetto, così come è stato prospettato nella ricostruzione delineata dal gruppo spagnolo. È stato giusto, quindi, introdurre questi momenti di approfondimento e di sviluppo, anche perché il progetto è stato presentato in una fase delicatissima della politica italiana, in cui sostanzialmente non avevamo un esecutivo nella pienezza delle sue competenze, dei suoi poteri e del suo ruolo. C'è stata un'attività che ha riguardato la commissione dei saggi nominata dall'ANAS, il rapporto dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici e l'operato del ministero, che hanno evidenziato anche una serie di punti di riflessione.
Il punto su cui credo dobbiamo rivolgere tutta la nostra attenzione, possibilmente con unità di intenti da parte del Parlamento e del Governo, è quello di cogliere questa occasione per migliorare le ricadute che sul sistema Italia derivano dal problema delle concessioni della rete autostradale. Da questo punto di vista, l'occasione è preziosa per spingere lo Stato, non in chiave nazionalista, ma come soggetto concedente, visto che cambia l'azionista del concessionario, a chiedere alla


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società di presentarsi ad un tavolo di rinegoziazione delle condizioni complessive del rapporto di concessione.
Le esigenze da tutelare, signor ministro, sono le seguenti: cogliere questa occasione per incrementare realmente competizione e concorrenza; farne derivare un miglioramento della qualità del livello degli standard e dell'efficienza del servizio, quindi una risposta più satisfattoria agli interessi degli utenti e dei cittadini; soprattutto incidere sul nodo centrale, che è quello della effettività degli investimenti del soggetto concessionario.
Lei ci ha detto che, rispetto agli impegni assunti dal soggetto concessionario, alla fine del 2005 c'è un'esecuzione che, nella migliore delle ipotesi, ha raggiunto il 52 per cento; il 48 per cento, pari a 1.960 milioni su 4.072, rimane inevaso. Sappiamo anche che non si è data esecuzione alla direttiva ANAS di accantonare le somme per investimenti previste, e non realmente impiegate, in un fondo ad hoc, che può essere svincolato soltanto su specifica ed espressa autorizzazione dell'ANAS (altro punto rimasto completamente inevaso).
Da questo punto di vista, dobbiamo spingere per definire un meccanismo in cui le tariffe e gli incrementi dei pedaggi siano strettamente condizionati e subordinati all'esecuzione degli investimenti, all'avvenuta verifica e all'avvenuto monitoraggio della corrispondenza tra impegni assunti dal concessionario ed effettività dell'investimento eseguito, senza creare uno iato tra previsioni e concrete realizzazioni.
Ritengo, altresì, giusto cogliere l'occasione per introdurre una gradualità di strumenti e di sanzioni, per consentire effettivamente al concedente di esercitare vigilanza, controllo e monitoraggio. Non basta, oggi, lo strumento della revoca per grave inadempimento: tale clausola rischia di essere vuota e di lasciare il concedente privo di ogni strumento di tutela dell'interesse pubblico, attraverso un monitoraggio stringente sul concessionario. Occorre, dunque, introdurre strumenti graduali ed intermedi.
Da questo punto di vista, preannuncio la nostra intenzione di lavorare in Commissione presentando una proposta di risoluzione. Riteniamo che un lavoro importante sia già stato compiuto dai gruppi del centrodestra con la presentazione di una mozione in aula, che trovo in molti punti condivisibile, come già riferito dal presidente Realacci. Il tentativo è quello di produrre, come Commissione, una risoluzione che consenta al Governo di andare avanti sulla via della rinegoziazione, ponendo al centro l'interesse pubblico dello Stato e, soprattutto, cogliendo questa occasione per migliorare effettivamente la qualità del servizio e per legare il meccanismo degli incrementi ad investimenti che non vanno solo previsti, ma anche eseguiti. Non possiamo rimanere fermi alle difficoltà burocratiche, alle conferenze di servizi che non si legano e a questioni di questo genere.
Concludo, signor ministro, ringraziandola della sua presenza. Mi sia consentito di salutare, nel suo ingresso in Commissione, anche l'amico sottosegretario Meduri.

FRANCO STRADELLA. Cercherò di essere sintetico, anche perché sarà l'onorevole Lupi ad entrare maggiormente nel merito. Credo che la relazione del ministro, con il quadro in essa delineato relativamente alla vicenda Autostrade per l'Italia-Abertis, possa definirsi sostanzialmente corretta e completa.
Non dobbiamo correre il rischio di normare tutta la materia, tenendo conto di un aspetto che, per il momento, è straordinario. È vero, peraltro, che in futuro molto probabilmente altri soggetti entreranno nel mercato e, quindi, bisognerà utilizzare tutta la prudenza e l'accortezza necessarie per evitare di trovarci di fronte a situazioni non governabili o imbarazzanti, che mettono a repentaglio la tutela del consumatore nonché un patrimonio di garanzie, non solo di tipo economico, che deve essere assolutamente salvaguardato.
Questa impostazione metodologica, lo ripeto, mi pare corretta. Credo che possiamo concordare nel dire che occorrono


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correttivi, norme più stringenti, ma anche la consapevolezza che tutto non può essere fatto solo in relazione a questo episodio. I soggetti, infatti, sono diversi, ci sono altri concessionari, ci sono ancora concessionari pubblici, e via discorrendo. Non si può, dunque, concludere l'operazione «buttando il bambino insieme all'acqua sporca».
Credo che il ministro Di Pietro, in queste prime esternazioni sulla vicenda, sia stato estremamente corretto. Gli chiederei tuttavia di evitare - la mia potrebbe essere interpretata come una critica, ma non vuole esserlo - che gli uffici del ministero esprimano interpretazioni su questa vicenda, diano suggerimenti o sollecitino curiosità.
Penso, ad esempio, alla relazione del presidente dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, Rossi Brigante. Tra l'altro, sulla questione dell'indebito arricchimento, richiamata anche dal ministro, non sono così sicuro. È vero che Autostrade per l'Italia fa finanza con risorse che dovrebbero essere destinate agli investimenti, ma è anche vero che utilizza una norma che glielo consente. È evidente, dunque, che prima bisogna approvare la norma e poi evitare l'abuso. Sono assolutamente d'accordo sul principio, ma chiedo che nel fare esternazioni su questo argomento si adotti particolare ponderatezza, oculatezza e prudenza.
Ringrazio il ministro per l'audizione odierna, tempestiva, per la relazione completa, ma anche per il comportamento che ha assunto finora. Non mi rimane che chiedergli di effettuare un maggiore controllo nei confronti degli uffici, per evitare che nascano malintesi o si diffondano interpretazioni estensive o restrittive di un problema che, al contrario, deve essere esaminato nel suo complesso.

PAOLO CACCIARI. Ringrazio il presidente e il ministro Di Pietro. Esprimo anch'io grande soddisfazione per la relazione del ministro, che mi è parsa priva di ogni reticenza e molto approfondita. Credo che sia necessario un approccio libero a questa materia, in quanto non si tratta semplicemente di una questione ingarbugliata da un punto di vista societario ed economico.
Il Governo deve dare risposte politiche ad una vicenda che sta colpendo l'opinione pubblica e i contribuenti italiani. Del resto, è davvero paradossale quello che è successo. Stiamo parlando di una società che, dalla privatizzazione ad oggi, ha visto passare il valore delle proprie azioni, se non sbaglio, da 7 a 24 euro e che tuttavia è inadempiente per 2 miliardi di euro negli investimenti - una situazione davvero inquietante -. Non stiamo parlando di qualcuno che si è introdotto nel caveau della Banca d'Italia. Questa incredibile appropriazione privata di un bene, di una risorsa dello Stato - io dico di un bene pubblico -, è avvenuta legalmente. Credo che un approfondimento sia necessario, anche al di là di questa vicenda.
Non credo che siamo di fronte soltanto ad una «Caporetto» dell'Autorità di vigilanza, a un difetto delle previsioni nelle clausole concessorie, e così via. Mi permetto di chiedere che il Governo operi un ripensamento e si domandi se non sia stata sbagliata la guerra iniziale, non solo la battaglia di Caporetto: il meccanismo della privatizzazione. Quando studiavo ragioneria mi hanno insegnato che si tratta di un monopolio naturale. Qui, invece, continuo a sentir parlare della liberalizzazione per la concorrenza. Mi piacerebbe sapere quando mai sarò libero di scegliere se percorrere l'autostrada di Benetton, quella di Abertis, quella statale, e così via.
Non si tratta solamente di una risorsa dello Stato, ma di un bene pubblico collettivo, naturalmente monopolistico. Chiedo, allora, se non sia il caso di ripercorrere fin dall'inizio questa vicenda, a partire dal 1950, per giungere alla catena di proroghe che ha prodotto questa situazione. Si deve tener conto - lo ricordava l'onorevole Stradella - che ci sono anche altri concessionari e non vorrei che domani ci trovassimo di fronte a situazioni analoghe.
È necessario, dunque, effettuare una ricostruzione il più possibile storica e chiedersi se pensiamo che siano sufficienti


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aggiustamenti e rinegoziazioni, revisioni e rivisitazioni, oppure se non sia il caso di fare come in Florida, dunque cominciare a pensare a public companies che abbiano la proprietà di questi monopoli naturali, per arrivare a una gestione privatistica, ma senza concedere patrimoni ed opere. Credo che i contribuenti italiani l'abbiano pagata tre o quattro volte, ormai, questa autostrada.

ANGELO PICANO. Le dichiarazioni del ministro, che ho ascoltato con molta attenzione, hanno offerto spunti interessanti per fugare alcuni dubbi che molti di noi nutrivano sulla fusione tra le due società.
Il primo aspetto sul quale intendo soffermarmi è il seguente: il motivo per cui, come sede della società, è stata scelta la Spagna pare sia legato ai benefici fiscali che il Governo spagnolo assicura alle società che ne incorporano altre e scelgono il proprio territorio come sede. Ciò pone una grave questione, non solo per questa operazione, ma per tutte le altre eventuali che si dovessero fare in futuro; dunque sarebbe più che mai opportuno sollevare il problema in sede comunitaria. Diversamente, è difficile prevedere che società italiane che vengono incorporate da altre possano scegliere come propria sede il nostro paese.
Il ministro ha sottolineato che circa 2 miliardi di euro destinati ad investimenti non sono stati spesi. Certamente questo è un problema che richiede la nostra attenzione. La responsabilità della mancata spesa è solo di Autostrade?

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. No, è soprattutto degli enti che devono dare le autorizzazioni.

ANGELO PICANO. Questo è un primo problema. Suggerisco di verificare se in questo caso - certamente non è un caso isolato, ma si ripeterà probabilmente in futuro - non si debbano prevedere investimenti alternativi. Insomma, anziché aspettare mesi e anni le autorizzazioni o il via libera da diverse amministrazioni pubbliche, chiedo se non sia il caso di prevedere investimenti alternativi da parte della società, in modo da verificarne immediatamente sul mercato i benefici.
Un'altra questione che mi preme sottolineare, anche se lo hanno già fatto i colleghi, riguarda le tariffe. Credo che sia le famiglie sia le imprese - per i rilevanti costi che incidono sul prodotto finale - vogliano avere certezze sulla formazione delle tariffe, naturalmente in riferimento agli investimenti e ai costi. Ciò che chiediamo al ministro è di fare in modo che nel futuro ci siano una chiarezza maggiore, motivazioni più esaurienti, ma anche una maggiore economicità nella gestione stessa del problema.
Infine, il ministro ha fugato - di questo lo ringrazio - la nostra perplessità circa la possibilità che delle società di costruzione potessero far parte del capitale. Mi pare che il ministro abbia già indicato una soluzione e da questo punto di vista siamo molto soddisfatti delle dichiarazioni rese.

TOMMASO FOTI. Innanzitutto mi permetto di far rilevare al signor ministro che la mia precedente interruzione, peraltro garbata, riferiva della mancanza di due documenti - torno a ripetere - che sono stati pubblicati per estratto da quotidiani economici e che fanno riferimento alla relazione a firma del presidente Rossi Brigante ed altri. Proprio perché pubblicati per estratto, la mancanza di alcune parti dei documenti non consente di comprendere fino in fondo come si è sviluppata la questione.
Signor ministro, le do atto di aver affrontato, nella sua relazione piuttosto sintetica, alcuni problemi che sono figli della scelta politica - bipartisan la si potrebbe definire - effettuata quando si decise di prorogare tutte le concessioni autostradali per evitare le gare. È bene chiamare le cose con nome e cognome. Quella scelta - ricordo che il sottosegretario Bargone venne a riferire al riguardo in questa Commissione - cercava, io penso in buona fede, di tutelare l'impresa italiana.
Queste concessioni, dunque, hanno anche un vizio di origine, forse un po' troppo


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paternalistico, di rapporto fiduciario estremo con concessionarie che poi, con le leggi di mercato, hanno cambiato nome e cognome. Prima, signor ministro, lei ha fatto un riferimento che in sé ha una certa logica, sostenendo che comunque il proprietario è sempre lo Stato. Ma quando si privatizza le cose cambiano. Bisogna allora fare una riflessione: quando è stata fatta la valutazione di quella società che si voleva portare sul mercato privato, quegli asset hanno fatto comodo per aumentare il valore della società che si metteva in vendita; allora, non si può pensare di ricontrattare un asset che è stato valutato - mi auguro - correttamente.
Questo è un discorso che però esula dalla valutazione della concessione. Tutt'al più, dovremmo discutere della privatizzazione o della non adeguata privatizzazione. Indubbiamente, tuttavia, chi ha acquistato lo ha fatto anche in ragione degli asset che erano stati indicati, sui quali si poteva pensare di predisporre un piano finanziario corretto.
Signor ministro, penso che su questa vicenda occorra dire chiaramente che la gestione di tutti i rapporti di concessione in capo ad ANAS merita una riflessione. Peraltro, come lei sa, la fusione per incorporazione non è un fatto nuovo del diritto societario. È una previsione abbastanza datata, quindi il legislatore deve anche raffrontarsi con previsioni sufficientemente datate. Quando abbiamo previsto queste concessioni non potevamo pensare a società che rimanessero immobili negli anni e nei secoli, con gli stessi proprietari e gli stessi azionisti.
Ritengo che ANAS debba applicare l'istituto della messa in mora, che è un istituto giuridico, per poter creare le condizioni dell'eventuale contestazione dell'inadempimento. La gravità di tale inadempimento, poi, non spetta a noi stabilirla, ma al giudice di merito. Non si può neanche dire, a priori, che non vi sia una casistica sul grave inadempimento, perché esiste una giurisprudenza al riguardo. Certo, rimane da verificare se si attaglia o meno al caso di specie.
Mi permetto di suggerire che un buon metodo operativo è proprio quello della messa in mora e delle contestazioni. ANAS, in un recente verbale del collegio dei revisori dei conti, cita alcuni dati che più o meno, trattandosi di stime, coincidono con quelli riferiti oggi dal ministro (1.500 contro 2 mila milioni di euro). Tuttavia dobbiamo sinceramente valutare - penso che nessuno sia avvezzo all'insider trading o all'aggiotaggio - che alcune affermazioni su eventuali inadempimenti ci possano portare sulla buona strada per far crollare un titolo in borsa. In presenza di un inadempimento acclarato, l'intervento conseguente è la revoca della concessione; se, invece, vi è un inadempimento supposto, penso che alcune condizioni debbano essere verificate.
Si è detto, ad esempio, che con i 2 miliardi in cassa la società Autostrade fa pure finanza. Se fossi la controparte (ma non lo sono) dovrei dire che magari il giorno in cui si svolgerà l'appalto anche i prezzi delle materie prime non saranno più gli stessi; quella finanza, forse, potrebbe anche non compensare il nuovo costo degli appalti.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Purtroppo è prevista la revisione dei prezzi.

TOMMASO FOTI. Signor ministro, lei ha ragione quando afferma la necessità di fissare dei paletti più rigidi. Dico anche, però, che forse il tempo a disposizione non è molto, ma questo non dipende da noi. Un azionista, alla fine, sceglie la strada che ritiene più opportuna.
Penso che, sotto questo profilo, il Parlamento abbia anche titolo per dire, senza invadere il campo dell'azionista, che alcune regole scritte o soggette ad interpretazione possono trovare una modalità di applicazione leggermente nuova, in ragione di una situazione oggettivamente nuova.
Direi, quindi, che la strada di fondo è quella di non fossilizzarci sui 2 miliardi di euro di mancati investimenti e di considerare più genericamente un insieme di


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rapporti che vanno rivisti. Prima, signor ministro, lei ha fatto un'affermazione molto precisa a proposito del decreto del 1997, che non vale per tre mesi. Non vorrei suggerirle di fare una verifica di tutte le concessioni in piedi sul territorio nazionale, per vedere se quella condizione sia rispettata o meno. Se la dovessimo fare, però, temo fortemente che scopriremmo che in misura larga la norma è stata interpretata per quei tre mesi e solo per quei tre mesi. A quel punto, tuttavia, chi ha il potere di vigilanza deve esercitarlo.
In primo luogo, la vigilanza spetta al soggetto concedente. Questa concessione non è figlia di nessuno; al contrario, vi sono dei soggetti legittimati, che penso la Commissione debba ascoltare dopo il signor ministro, per cercare di mettere in rete i vari passaggi. Infatti, se il potere politico fornisce indicazioni alle quali però non seguono dei comportamenti, questi sì, concludenti, non facciamo altro che parlarci addosso.
Signor presidente, anche per avere un parere da parte del ministero, chiediamo che nell'ambito delle proposte di legge da iscrivere all'ordine del giorno della Commissione sia inserita, in quota all'opposizione, la proposta di legge in materia di gestione e trattamento delle autostrade, già presentata (prima firma quella dell'onorevole Armani), in modo tale che essa possa ricevere un parere da parte del ministro, anche come argomento di discussione.
In secondo luogo, chiediamo che entro il 30 giugno la risoluzione depositata agli atti della Commissione possa essere discussa e votata, affinché, senza far crollare o meno titoli azionari, sia fornita un'indicazione più ampiamente condivisa - mi auguro - da parte del Parlamento, su un tema delicato che forse affrontiamo per la prima volta.
Oggi ci troviamo di fronte al caso della fusione per incorporazione con Abertis, ma se si trattasse di un'operazione analoga tra due gruppi italiani la considererei con identico occhio, in quanto le preoccupazioni non modificherebbero lo stato dei rapporti che sono quantomeno dubbi, sotto il profilo del rispetto formale, tra Stato e privato, stabiliti un tempo, quando però i rapporti erano fra Stato e Stato e non tra Stato e privato.

PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Foti. Per quanto riguarda l'iscrizione della proposta di legge, essa dipende dalle nostre decisioni e quindi si procederà senz'altro in tal senso.
A quanto mi risulta, attualmente la mozione è depositata in Assemblea, non in Commissione. In questa sede possiamo senz'altro pensare ad una risoluzione e mi sembra che questo fosse anche il senso di quanto detto dall'onorevole Iannuzzi, ovvero la necessità di presentare una risoluzione in tempi rapidi.
Vorrei sottolineare, ministro - anche se oggi c'è stata grande correttezza da parte sua -, la questione posta in precedenza, sotto forma di battuta, dall'onorevole Foti, ossia quella del tempestivo arrivo dei materiali che sono necessari per valutare i fatti. Se nel corso dell'audizione stessa ci pervenissero i materiali richiesti, credo che sarebbe un segnale apprezzato dalla Commissione.

GRAZIA FRANCESCATO. La ringrazio, signor ministro, per questa tempestiva presenza. Noi Verdi apprezziamo la sua relazione, molto accurata e completa, che, per dirla in «dipietrese», ci azzecca molto con l'impostazione che abbiamo dato.
Sia chiaro che noi Verdi non abbiamo mai contestato l'operazione in quanto tale, quindi il diritto di un privato di muoversi sul mercato e di fare affari con Juan piuttosto che con Giovanni; tuttavia, come lei stesso ha detto nella sua relazione, le preoccupazioni derivano dal come, dalle modalità, dalle anomalie che questa operazione ha comportato.
Del resto, diciamolo, ciò che si andrà a fare assomiglia molto ad una svendita di Autostrade. Lei ha citato l'esempio dell'elefantino che ingoia l'elefante. Si può dire, in effetti, che si tratta di un rapporto squilibrato; oserei definirlo «transgenico». Del resto, la società ha sede a Barcellona, il presidente non è italiano e via dicendo.


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La nostra prima preoccupazione, dunque, è proprio quella di evitare questo rischio di svendita e di rapporto transgenico.
Tale preoccupazione si tramuta in allarme perché - come lei ha già detto - Autostrade ha una serie di impegni con lo Stato, che tende già di per sé a non mantenere. L'andazzo potrebbe peggiorare; quindi si pone una necessità di rigorosa vigilanza pubblica ed è lapalissiano che occorra rivedere questa convenzione, con atti formali molto precisi da parte del suo ministero. Concordiamo, dunque, con quanto lei ha detto riguardo al quinto atto aggiuntivo.
D'altra parte questa vicenda - l'hanno detto in molti e anche noi lo riconosciamo - può essere una buona occasione per riaprire tutto il dossier della gestione delle concessionarie. Tale questione merita di essere vigilata nella sua interezza, in quanto la tendenza è quella di procedere verso una privatizzazione che - parlo in generale - non garantisce efficaci regole di controllo.
Pertanto siamo d'accordo - non ripeterò ciò che ha già detto il collega Iannuzzi - nel mettere in moto un sistema di vigilanza e di regole che garantisca l'interesse pubblico. Tuttavia, condividiamo anche la considerazione dell'onorevole Cacciari, secondo il quale questo non basta. Noi tendiamo spesso ad usare le parole «privatizzazione» o «innovazione» come una sorta di mantra, ma sarebbe il caso di svolgere una riflessione culturale più ampia su questo atteggiamento.
Aggiungo una considerazione, che mi pare non sia ancora stata espressa, sempre a proposito di concessioni. Signor ministro, lei sa che si trovano sul suo tavolo due proroghe di concessioni, date in extremis dal Governo dimissionario: una riguarda la Serenissima, Brescia-Padova, la famosa Valdastico; l'altra riguarda l'Autocisa, il tratto Parma-La Spezia: in questo caso la proroga è stata concessa per realizzare il tratto Parma-Verona.
Lei non ritiene che queste proroghe vadano fermate, dal momento che sono in violazione di direttive italiane ed europee che, lo ricordo, impongono l'indizione di gare d'appalto per la scelta dei gestori per nuovi investimenti? Ricordo anche che noi siamo a quota 272 infrazioni di direttive europee, tra cui 77 in materia ambientale. Due di esse sono estremamente importanti e riguardano la VIA (magari ne parleremo al suo ritorno): mi riferisco alla 249 e alla 5170. Proporrei di bloccare queste due proroghe e di mettere in moto un sistema di vigilanza su tutto il regime delle concessioni. Affianchiamo, quindi, l'impegno del collega Iannuzzi per questo lavoro da svolgere in Commissione.
Naturalmente l'occasione odierna è molto appetitosa, ma visto che il signor ministro tornerà in Commissione concludo a questo punto il mio intervento.

FRANCESCO NUCARA. Signor ministro, la ringrazio della relazione che credo sia stata puntuale e precisa, ma altresì troppo tecnica e molto poco politica. Lei ci ha illustrato la cronologia e le inadempienze della società e, tra l'altro, noi ci fidiamo di ciò che ci racconta. Tuttavia, a mio parere è mancata un'indicazione relativa a come sciogliere il nodo politico della questione.
Che la società Autostrade sia inadempiente nei confronti dello Stato è molto probabile, direi quasi certo; che però tutto questo venga collegato, per dire che non si può procedere alla fusione con la società Abertis, non vorrei che ci conduca domani ad un conflitto con le decisioni comunitarie, così come è avvenuto per le banche.
Il problema non è Abertis. Se ci sono le condizioni perché siano rispettate le leggi comunitarie e quelle italiane, forse è bene che - in una maggiore e migliore integrazione europea - anche le società straniere vengano in Italia. Infatti, se esse offrono agli italiani un servizio migliore di quello fornito dalle società italiane, e a costi minori, ben vengano. Peraltro, l'Italia ha elaborato insieme ad altri paesi europei il piano di Lisbona, il cui fondamento è basato proprio sul concetto di liberalizzazione.
Se ci si lamenta del fatto che le cose non hanno funzionato perché esiste - come esiste effettivamente - un regime di


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quasi monopolio, probabilmente ciò è avvenuto perché non ci sono state le liberalizzazioni. Nelle liberalizzazioni e nelle inadempienze delle società autostradali è scritta tutta la storia del paese, non di questo Governo ovviamente, né di quello precedente e forse nemmeno di quello ancora precedente. Non si può scegliere oggi un'autostrada e domani un'altra. Le concessioni hanno un valore economico anche per chi se ne assume gli impegni e richiedono un tempo adeguato in cui, attraverso la finanza, rientrare dagli investimenti.
Ciò che vorrei da lei, signor ministro - se è possibile, ovviamente -, è capire se esiste, non dico un pregiudizio, perché sarebbe un termine eccessivo, ma una maggiore attenzione, per il fatto che è coinvolta una società spagnola. Per quanto mi riguarda, se fosse tedesca o di un altro paese sarebbe la stessa cosa. Se questa specie di riserva esistesse veramente, non vorrei che si ripetesse la vicenda della italianità delle banche.
Questo è il nodo politico per me. Tutto il resto va bene.

PRESIDENTE. L'intervento dell'onorevole Nucara è stato chiarissimo.

MAURIZIO ENZO LUPI. Le chiedo di avere pazienza, signor presidente, se il mio intervento dovesse essere lungo, semplicemente perché, come concordato con il capogruppo, cercherò di battere nel tempo il collega Iannuzzi....!

PRESIDENTE. Questa è una minaccia...!

MAURIZIO ENZO LUPI. Vorrei entrare nel merito delle questioni poste, senza dimenticare le premesse, per esplicitare in maniera molto chiara la posizione di Forza Italia riguardo a questo tema che, sin dall'inizio, ci ha visto intervenire anche con la presentazione, insieme agli altri colleghi dell'opposizione, di una mozione, come ha ricordato il presidente Realacci.
Innanzitutto vorrei augurare al signor ministro buon lavoro in occasione del nostro primo incontro. Certamente ci saranno occasioni di confronto sui temi importanti che lei ha sottolineato, come il codice degli appalti, a proposito del quale siamo molto preoccupati, e il tema dell'ANAS, che ritornerà senza dubbio all'attenzione della Commissione.
Le suggerisco - lo faccio perché può essere molto utile nel confronto - che nella scorsa legislatura era stato già focalizzato il tema delle autostrade, sul quale le Commissioni riunite VIII e IX hanno svolto un'indagine conoscitiva, conclusasi con la redazione di un documento finale importante, approvato dalle due Commissioni, che evidenzia esattamente alcune delle problematiche che lei ha posto e individua anche alcune strade che il Parlamento dovrebbe percorrere.
Dico questo proprio per una correttezza di rapporto e per non buttare a mare tanto lavoro fatto. Sono d'accordo anche con l'onorevole Stradella nel riconoscere l'obiettività con cui lei ha svolto la sua relazione.
Credo che, a questo punto, dobbiamo entrare nel merito della vicenda. Sono passati nove anni dalla concessione del 1997, quindi sono coinvolte sia la maggioranza passata che quella attuale. Non c'è nulla da difendere, ma se si sono registrate anomalie e disfunzioni, ora dobbiamo intervenire e capire insieme come risolvere i problemi che con questa fusione si sono evidenziati.
Mi sembra che questo sia l'atteggiamento migliore da tenere. Se poi ciascuno di noi deve difendere la propria parte, impieghiamo pochissimo a scendere su questo piano, ma credo che non sia utile a nessuno. Il clima di questa Commissione è sempre stato di collaborazione e credo che debba continuare ad essere tale.
Per entrare nel merito, credo che le questioni poste - tra l'altro toccate anche dal ministro nella sua relazione - siano sinteticamente quattro. La prima riguarda la privatizzazione, dalla quale lei stesso è partito per svolgere le sue considerazioni. È stato privatizzato un monopolio naturale, è stato seguito un metodo e oggi, a distanza di nove anni, riscontriamo tutti i


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limiti di quella privatizzazione. Non è un caso, infatti, che lei abbia osservato che - poi dovremo verificare se volutamente o meno, ma questo attiene alla valutazione politica - si è privatizzato un monopolio, ma contemporaneamente si è lasciata una concessione, una relazione fra privatizzato (ovvero il soggetto che ha privatizzato lo Stato) e privato che è rimasta, invece, quella antica, ossia quella fra due soggetti, tra due interlocutori che erano la stessa cosa, l'IRI e lo Stato. Questa è una grandissima anomalia.
Inoltre, lei ha fatto esplicitamente riferimento - ma in Commissione, in questi anni, l'abbiamo più volte denunciato - al sistema delle sanzioni che non esiste: o c'è la revoca o non c'è nulla.
Quando abbiamo parlato delle inadempienze riguardo la pulizia delle strade e delle autostrade dalla neve, ci siamo trovati in una situazione paradossale, per cui se non avessimo revocato la concessione non sarebbe stato possibile agire. Questo è un paradosso che, tuttavia, rende perfettamente chiari i termini della questione.
Il secondo aspetto problematico di questa privatizzazione - lo affronto perché anche lei lo ha toccato - riguarda invece questo atto. Il mercato segue le sue logiche - e si figuri se noi non siamo per il mercato -, ma noi che dobbiamo vigilare, dobbiamo stare attenti che, nel momento in cui il mercato svolge le sue funzioni, non si verifichino anomalie rispetto all'atto iniziale.
Lei ricorderà bene - perché siete stati tutti protagonisti nel Parlamento di allora - che ci furono delle clausole esclusorie per quanto riguardava i partecipanti a quella gara. Si restrinse di molto, allora, il panel dei partecipanti. Alcuni soggetti con determinate caratteristiche, infatti, non furono ammessi a partecipare. Tra gli esclusi vi erano anche i famosi costruttori.
Oggi ci ritroviamo di fronte ad una fusione, che vede il possesso e l'acquisto di una concessione, all'interno della quale - lei lo ha denunciato - esiste esattamente una di quelle ipotesi di incompatibilità. Il socio di maggioranza è il secondo grande costruttore in Europa. Per non parlare in astratto, quantomeno, una delle clausole di garanzia che bisognerà chiedere - e questo è il secondo punto - è che d'ora in poi non si potranno più accettare lavori in house. Noi abbiamo condotto tantissime battaglie su questo tema in Parlamento. Ricorda, presidente Armani, quanto abbiamo discusso? È ovvio, dunque, che bisognerà procedere per forza di cose solo attraverso gare pubbliche. Diversamente, l'incompatibilità diventerebbe non soltanto qualcosa di cui dovremmo accertarci, ma anche un conflitto di interessi che non potremmo accettare.
Il secondo punto, dunque, riguarda non tanto la verifica del processo privato che appartiene al mercato, ma la verifica delle compatibilità tra quel processo e il sistema concessorio che nel 1997 fu messo in piedi.
Il terzo aspetto concerne il tema delle garanzie. Anche questo tema, che lei ha affrontato, è una grande questione che abbiamo sollevato e che crediamo di dover porre con forza. Non a caso lei ha citato un avvenimento del 2003 - tanta discussione è stata fatta anche su questo, tanto per essere corretti e bipartisan -, allorquando si consentì che la società madre generasse una società figlia, denominata Autostrade per l'Italia. Ovviamente in tema di garanzie questo fu accettato perché la società madre possedeva la società figlia al 97 per cento e le garanzie erano prestate da Autostrade SpA e non dalla società figlia, ossia Autostrade per l'Italia. Oggi siamo di fronte ad una nuova figura, con rapporti che non sono più nell'ordine del 97 per cento, ma sono divenuti di 49 e 51, o di 50 e 50.
Le garanzie previste sugli investimenti, sul contenuto della concessione e quant'altro, chi le presta oggi? Con quale forza? La risposta a queste domande non è indifferente.
È evidente che in questi nove anni si è verificato un problema - lo diciamo con chiarezza - sulla questione di fondo che spetta alla parte pubblica, e in particolare allo strumento che della parte pubblica è operatore. Sto parlando dell'esercizio della vigilanza e del controllo, a proposito del


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quale sono state citate diverse questioni. Ovviamente, noi dobbiamo riflettere, intervenire e capire, qualora vi siano state delle manchevolezze nell'esercizio della vigilanza e del controllo, per arrivare a superare tale problema.
Lo strumento conclusivo di questo percorso è una nuova concessione. Non possiamo dare il via libera a nessuna fusione, rispetto ad un soggetto terzo, ma in ogni caso mi chiedo se il Governo rapidamente se ne faccia carico per dare queste garanzie. Dobbiamo valutare se questo sia lo strumento più opportuno, ma di certo occorre uno strumento rapido, decisivo e anche vincolante che permetta che queste garanzie vengano offerte e messe in atto.
L'ultima osservazione, invece, è più politica. Di cosa siamo preoccupati, ministro Di Pietro? Di non tornare indietro di anni. Intendo dire che mi preme che, a fronte di patologie che si evidenziano, o si evidenzieranno, la legislazione non sia attuata su di esse, buttando a mare l'acqua sporca insieme al bambino, come diceva l'onorevole Stradella. È importante intervenire sulle patologie, senza però frenare un processo. Dicendo questo, penso al codice degli appalti, al tema delle concessioni autostradali e alla questione del rapporto tra pubblico e privato, che è fondamentale.
Se si sono commessi errori in un processi di privatizzazione, non si può non liberalizzare più il mercato. Andiamo piuttosto verso il mercato e cerchiamo di correggere gli errori, facendo tesoro di ciò che si è sbagliato. Se il general contractor presenterà dei problemi, non possiamo buttarlo a mare. Diversamente, ritorneremmo ad avere a che fare con un mostro che fu creato nella nostra legislazione in tema di lavori pubblici, e di cui tutti oggi paghiamo le conseguenze. Mi riferisco alla famosa legge Merloni e alla concezione che si trovava dietro di essa. Questa è la nostra posizione e credo che su questi temi dobbiamo confrontarci con chiarezza, come abbiamo sempre fatto.
Il caso Autostrade-Abertis è emblematico e non può passare sotto silenzio, altrimenti saremmo tutti conniventi.

RAFFAELLA MARIANI. La ringrazio, ministro, di essere qui e di averci dato, anche attraverso una relazione sintetica, un'idea dell'analisi già svolta dal suo ministero. Ringrazio anche il sottosegretario Meduri e mi auguro che in futuro potremo collaborare nel clima che stamane abbiamo potuto avvertire in questa Commissione.
Rispetto a quanto ci siamo detti, anche nella primaria consultazione dei nostri gruppi, intendo sottolineare che bisogna sancire, con una risoluzione da parte di questa Commissione, le questioni evidenziate dai singoli parlamentari, soprattutto del mio gruppo.
Desidero anch'io fare riferimento al lavoro svolto dalle Commissioni riunite VIII e IX nella passata legislatura. L'analisi molto approfondita che sul tema delle autostrade era stata portata a termine dalle due Commissioni aveva sottolineato alcuni elementi fondamentali, che in meno di dieci anni avevano visto una trasformazione molto importante sia del sistema concessorio che degli enti regolatori. Non per niente la trasformazione che l'ANAS stessa aveva subito negli ultimi due o tre anni - che ha visto una riorganizzazione complessiva delle funzioni, anche e soprattutto nella sua impostazione come istituzione - ha senz'altro distolto da un riferimento molto preciso quello che doveva essere un sistema di maggiore analisi e controllo.
Secondo il mio punto di vista, l'ANAS ha svolto analisi e individuato priorità, tempistiche, coerenza della programmazione e della pianificazione generale dei lavori, mentre ha verificato meno la questione tariffaria e alcune delle problematiche che rimanevano aperte anche in una mutazione molto veloce degli aspetti finanziari delle società.
Noi pensiamo che questo lavoro debba essere fatto in fretta. Lo dico non per paura di tornare indietro, come temeva l'onorevole Lupi, ma perché credo che queste trasformazioni sia nel sistema economico che in quello delle grandi imprese - che in qualche modo devono restituire maggiore efficienza e modernità, anche nel


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sistema delle infrastrutture e della mobilità - debbano essere accompagnate da una capacità di regolazione e di normazione che è mancata. Anche nel documento conclusivo delle due Commissioni abbiamo sottolineato un'assenza di verifica precisa e di controllo, di cui dovremo farci carico inevitabilmente. Ci auguriamo che il ministero lo possa fare con l'aiuto e il contributo di tutti.

PRESIDENTE. Credo che su questo terreno continueremo a lavorare. Ritengo inolte che, in considerazione dei tempi che abbiamo avuto a disposizione, la Commissione abbia svolto un buon lavoro grazie alla collaborazione del ministro Di Pietro, intervenendo tempestivamente su una situazione la cui delicatezza e i cui contorni pare siano stati da tutti sottolineati. Ritengo quindi che il nostro operato sia utile per il Parlamento e per il paese.
Do la parola al ministro Di Pietro per la replica.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Sono io che ringrazio voi per tutta una serie di indicazioni, spunti, riflessioni, consigli, suggerimenti e pareri che ho avuto modo di apprendere oggi, ascoltandovi. Soprattutto, sono soddisfatto del fatto che quel che il mio ministero aveva individuato come assoluta priorità da affrontare sia condiviso da tutto il Parlamento.
Non v'è dubbio che le nostre decisioni potranno avere una rilevanza nei termini generali di una rivisitazione complessiva del sistema delle concessioni pubbliche, con riferimento specifico a quel che attiene a situazioni monopolistiche. Passare da monopolio pubblico a monopolio privato si può, e in alcuni casi si deve, ma a condizione che l'interesse pubblico sia salvaguardato.
Vorrei segnalarvi - poiché non faceva parte del discorso non ho avuto modo di farlo prima - che in realtà, come ministro, ho già avviato una procedura di verifica su tutte le venticinque concessioni. La concessione di cui abbiamo parlato oggi e che riguarda Autostrade per l'Italia, nella sua delicatezza, era meno preoccupante - mi si permetta il termine, che non intendo in termini patologici, ma di dialogo fra istituzioni - quanto a trasparenza.
Credo che ci siano altre questioni da affrontare legate ad altre realtà, ad altri tipi di concessione. Non tutte le concessioni sono uguali, non sono fatte allo stesso modo. Questa, tutto sommato, ha ricevuto una serie di verifiche e di atti aggiuntivi. Inoltre, essendo relativa a molti chilometri, bene o male è all'attenzione dell'opinione pubblica. Infatti, un'operazione di questo genere è venuta in evidenza.
Tuttavia - lo dico ben sapendo che decisioni di questo genere sono state assunte sia dal Governo di centrodestra, che da quello di centrosinistra, quindi non è una questione che attiene alla politica dell'uno o dell'altro -, nel corso degli anni sono state concesse una serie di proroghe a trattativa privata che, in realtà, non sono solo proroghe. Si tratta di pezzi di autostrade di un metro per i quali, in sede di proroga, si prevede la costruzione di altri dieci metri. C'è qualche cosa che non va, dunque, in quanto non si tratta di una proroga di tempo, ma di un'altra autostrada. A me pare che questo modo di fare consenta non solo di avere una trattativa privata, ma di gestire tutto in house. Quindi, credo che il sistema nel suo complesso vada rivisto.
È compito di questo ministero occuparsi di tale aspetto, ed io me ne sono già fatto carico. Ne parleremo nella prossima relazione, ma vi dico subito che mi auguro di riuscire a rendere la situazione delle infrastrutture trasparente come un palazzo di vetro, il più presto possibile.
Il problema che dobbiamo affrontare è un altro ed è a monte della questione Autostrade. Mi riferisco alla missione dell'ANAS. L'ANAS gestisce o controlla? Fino a quando svolgerà entrambe le funzioni, finirà per fare male tutte e due. Lo dico con il cuore in mano. Non si tratta di una politica di destra o di sinistra; in questo momento l'ANAS controlla e gestisce contemporaneamente.


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Troppo spesso in capo agli stessi organismi ci sono diverse missioni.
Non sto criminalizzando l'ANAS, sia chiaro, ma dobbiamo chiederci, come autorità pubblica (Governo e Parlamento), quali compiti vogliamo affidare a questo ente, perché se deve controllare non può gestire allo stesso tempo.
Questo è un problema che non riguarda solo l'ANAS, ma anche le ferrovie. Infatti, è vero che è stato effettuato lo «spacchettamento» - scusate il termine - tra RFI e Trenitalia (uno realizza le infrastrutture, l'altro ci cammina sopra con i treni), ma è anche vero che entrambi fanno capo a Ferrovie dello Stato, la quale gestisce la propria politica aziendale in relazione all'esigenza di far quadrare i conti della holding. Fortunatamente è tutto pubblico, ma se dovesse essere privatizzata, cosa succederebbe? Questo problema, prima o poi, dovremo porcelo.
Spero di avere tempo, mezzi e risorse sufficienti, anche sul piano umano e professionale, per attuare questi interventi, ma conto molto su tutto ciò che potrà fare il Parlamento in questo senso.
Per quanto riguarda la questione specifica di Autostrade-Abertis, ad esempio, ho sentito parlare di una risoluzione. Magari potesse intervenire una risoluzione, che potrebbe fungere da stella polare delle decisioni che prenderemo! Una eventuale risoluzione del Parlamento, o quantomeno un'indicazione di questa Commissione, la assumerò senz'altro come punto di riferimento.
Il problema di fondo rimane, però, la tempistica. A tale proposito, vorrei precisare che troppo spesso sento parlare del 30 giugno come ultima data utile. Questa è una scelta imprenditoriale che si è liberi di assumere. Tuttavia, certamente l'autorità pubblica non può essere condizionata, né deve essere messa in mora. Intendo dire che solo se avessero concordato con noi prima, per capire se un'operazione del genere poteva andare bene, sarebbe stato possibile fissare una data. Ad oggi, non è possibile stabilire una data senza prima aver concordato con noi. Viceversa, neanche noi possiamo in alcun modo impedire che l'operazione venga attuata entro il 30 giugno.
Vorrei che fosse chiaro che, al momento, Autostrade non è formalmente inadempiente su nulla, perché, al di là di lettere di circostanza, non ci sono messe in mora formali. Per la precisione, personalmente conosco solo due messe in mora, quelle che ho fatto io questa mattina «ai sensi e per gli effetti di legge e di convenzione», come si legge nella mia lettera.
Il problema, come sottolineava giustamente il collega, con riferimento all'estrema ratio del grave inadempimento, esiste in quanto qualcuno mette in mora. Se si continuano a dare consigli, raccomandazioni e quant'altro, non si va da nessuna parte, è necessaria la messa in mora. D'altra parte, non sono a conoscenza di alcuna messa in mora, almeno ad oggi. Certo, mi auguro che ci siano, ma - ripeto - ad oggi non ne ho trovata nessuna. Tale responsabilità non è da attribuire ai Governi di colore, ma a tutti i Governi, perché, in fin dei conti, la colpa è di chi tiene il manico.
Una cosa deve essere chiara: ad oggi Autostrade non è inadempiente di alcunché. Occorre ribadirlo, perché non dobbiamo essere coloro che impoveriscono il valore dell'azione. Autostrade sta facendo ciò che la legge gli permette di fare e, quindi, la responsabilità di ciò che sta accadendo non è di Autostrade.
Ha ragione l'onorevole Stradella quando invita a prestare attenzione al fatto che non si tratta di indebito arricchimento. È un arricchimento, è vero, ma non è indebito perché non viola la legge. Il problema di fondo è che si tratta di un indebito impoverimento per noi e, dunque, bisogna intervenire per opportunità.

MAURIZIO ENZO LUPI. La lettera che lei ha mandato è formalmente una messa in mora.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Si tratta di due lettere. Dal punto di vista tecnico - attenzione - chi fa le contestazioni formali è l'ANAS. Tuttavia


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io, che ho l'obbligo, il dovere e il potere di vigilanza sull'ANAS, ho preso atto che questo non è stato fatto. Pertanto, oggi ho chiesto formalmente all'ANAS di intervenire, mettendola in mora, affinché, a sua volta, metta in mora la società Autostrade. Potete stare tranquilli del fatto che dopo le mie lettere, domani mattina, l'ANAS agirà in questa direzione.

TOMMASO FOTI. Anche perché ha una responsabilità.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Certo. Il problema è questo. Ho mosso due contestazioni per due motivi specifici. La prima è riferita alla paventata fusione Abertis-Autostrade. In tale contestazione ho affermato che, data l'esistenza di tutte le questioni che abbiamo affrontato oggi, la fusione senza previo aggiornamento di concessione costituisce essa stessa un inadempimento da valutare. La seconda prescinde da Abertis e si lega ad un altro aspetto. Con riferimento alla verifica puntuale, abbiamo acquisito una serie di informazioni da cui risultano altri tipi di inadempienze.
In precedenza, ad esempio, abbiamo parlato della questione relativa alle nevicate. Qualcuno ha sostenuto che non togliere la neve dall'autostrada non può essere considerato un inadempimento, ma la reiterazione continua e costante, ripetuta una miriade di volte, specie se a fronte della relativa messa in mora, può esserlo. Tuttavia, come detto, bisogna fare la contestazione e la messa in mora. Alla seconda contestazione si dice: «Premesso che ti ho già fatto una prima contestazione...» e così via di seguito fino alla decima, quando si è poi legittimati a dire: «Amico mio, arrivederci e grazie». Dobbiamo quindi creare un circuito virtuoso del controllo e della vigilanza. Dobbiamo ribadire forte e chiaro che, oggi come oggi, ad Autostrade non possiamo dire nulla, tanto meno possiamo pretendere che ci dia indicazioni riguardo al suo pacchetto azionario, che può utilizzare come meglio crede.
Il problema di fondo non è, e non può essere, una riserva mentale legata al fatto che si venda a Giovanni piuttosto che a Juan. È possibile che qualcuno abbia un atteggiamento del genere, ma dal punto di vista istituzionale, per quanto mi riguarda, non esiste alcuna riserva mentale né personale, né politica. Come sapete, faccio parte del gruppo liberale europeo e, di conseguenza, sono favorevole alla liberalizzazione. Ciò che conta è che, in questo caso, non abbiamo liberalizzato, ma abbiamo monopolizzato in privato. Pertanto, questo è un problema completamente diverso.
Se fosse possibile, vi chiederei di arrivare ad una risoluzione in tempi rapidi. Visto che si è registrata una sostanziale condivisione dell'impegno, se potesse arrivare prima del 30 giugno un'indicazione di massima, anche di sole dieci righe, che contenga un vostro parere favorevole o contrario ad un quinto atto aggiuntivo, per noi ciò costituirebbe un messaggio forte da mandare. Se così fosse, infatti, sarebbero il Governo e il Parlamento a chiedere un quinto atto aggiuntivo e, a quel punto, non vi sarebbe solo una prassi, ma anche un dovere istituzionale, un gentlemen's agreement istituzionale a cui doversi attenere.
In conclusione, so che potrebbe verificarsi che la ACS venga sostituita all'ultimo momento, escludendo dunque la presenza di quella famosa società di costruzione dietro cui c'è Dragados e che violerebbe quella normativa. In questo modo si risolverebbe il caso di specie, ma noi dobbiamo avere riguardo al caso di genere. Nell'atto aggiuntivo di concessione che andremo a prevedere, e che dovremmo prevedere, in accordo con Autostrade, dobbiamo considerare l'anomalia anche se ad oggi non si verifica, per prevenirla in futuro. La normativa che dobbiamo emendare non deve mirare a sanare un'anomalia riscontrata, ma deve essere approntata in previsione del futuro.
Il fatto che oggi ci sia o non ci sia Dragados o ACS per Autostrade non ha importanza, una volta stabilita una regola secondo la quale chi ha concessioni autostradali non può fare parte di società che fanno attività di costruzione. Tale norma, inoltre, non può e non deve valere solo per


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Autostrade, ma anche per le altre 24 concessioni, e non vedo perché dovrebbe essere diversamente.
Ciò su cui occorre riflettere è se non sia il caso di prevedere un codice etico a monte, una risoluzione quadro riguardante le privatizzazioni - non solo questa, ma di qualsiasi tipo esse siano -, con la quale si stabilisca che ogni volta che si provvede bisogna tenere conto delle norme di trasparenza generali. Queste ultime sono legate al sistema delle concessioni autostradali in tal caso, ma possono riguardare tutte le concessioni. Lo ripeto, questo è un problema che si pone a monte e la cui soluzione compete non a me, ma a chi si occupa di conflitto di interessi.

PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente il ministro Di Pietro. Credo che in questa occasione abbiamo svolto in maniera soddisfacente il lavoro per il quale siamo stati eletti dai cittadini italiani. L'ufficio di presidenza della Commissione discuterà la questione della risoluzione in Commissione.
Vorrei altresì ringraziare il viceministro delle infrastrutture, Angelo Capodicasa, ed i sottosegretari Tommaso Casillo e Luigi Meduri, dei quali apprezziamo l'attenzione nei confronti dei lavori della Commissione.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,50.