COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 27 giugno 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERMETE REALACCI

La seduta comincia alle 11,20.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, del ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
Innanzitutto voglio ringraziare il ministro per l'attenzione che dimostra nei confronti delle prerogative e dei lavori del Parlamento. È la seconda volta che viene in Commissione a riferire; la prima è stata in ordine alla vicenda della cessione della società Autostrade ad Abertis, tema sul quale la Commissione è chiamata a pronunciarsi domani, in ordine alla presentazione di tre risoluzioni. Credo che sia possibile - è l'invito che rivolgo oggi ai colleghi - lavorare per addivenire ad una unica risoluzione, non distante dall'impostazione data dal ministro nel suo precedente incontro, che possa essere approvata dalla Commissione domani mattina.
Sicuramente la relazione che il ministro terrà oggi non sarà esaustiva: la politica del Ministero che egli dirige è molto ampia. Di certo comincerà ad entrare nel merito delle politiche e delle questioni principali che interessano il Ministero delle infrastrutture e molto probabilmente ci saranno riferimenti a questioni di attualità, come quella emersa in relazione al grave incidente sul lavoro verificatosi in Sicilia.
In generale, credo che il ministro ci indicherà le linee programmatiche del Ministero e del Governo in relazione alle necessità che stanno emergendo per quanto riguarda la situazione degli appalti pubblici sul fronte sia dell'Anas sia delle Ferrovie. Il ministro riferirà sulle esigenze finanziarie effettivamente accertate, sulle misure che il Governo intende adottare per reperire le risorse necessarie e sulle priorità che si cominciano a delineare rispetto alle opere da portare a compimento e in relazione al piano dei lavori in corso o appaltati. Dopodiché, spetterà al ministro valutare se vi sarà spazio per ulteriori approfondimenti su altri fronti.
Se siete d'accordo, colleghi, sarei dell'opinione di riservare al ministro circa trenta minuti per la sua esposizione. Laddove il ministro ritenesse utile distribuire del materiale ai componenti della Commissione, sarà nostro compito metterlo a vostra disposizione.
Dopo l'intervento iniziale del ministro, come sempre, vi sarà spazio per un intervento per ogni gruppo. Vi chiederei di contenere il primo intervento entro i cinque-sette minuti, poiché i gruppi rappresentati in Commissione sono molti, almeno dodici o tredici.

MAURIZIO ENZO LUPI. Vi siete moltiplicati.


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PRESIDENTE. Grazie alla legge elettorale. Mi pare che il collega Lupi non abbia levato grida di dolore quando è stata votata l'ultima legge elettorale (Commenti).
Per dare ordine ai lavori, se per il primo intervento i colleghi che parlano a nome dei gruppi si contengono nell'ambito dei cinque-sette minuti, può rimanere spazio per interventi successivi da parte degli altri colleghi che ne faranno richiesta e per una replica del ministro al termine della discussione.
C'è grande interesse per la sua relazione, signor ministro: siamo preoccupati per una situazione che alcuni di noi sapevano essere possibile, ma non nelle dimensioni in cui sta emergendo, per quanto riguarda la mancanza e la carenza di fondi necessari ad ultimare lavori importantissimi per il Paese. Per fare un favore all'amico Iannuzzi, penso all'autostrada Salerno-Reggio Calabria, tema che sicuramente gli starà a cuore. Siamo ansiosi di conoscere il suo punto di vista.
Do la parola al ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Vi ringrazio per l'attenzione che dimostrate verso l'operato del Ministero delle infrastrutture. Come mi sono impegnato a fare nella precedente audizione, vorrei proseguire la mia opera di interlocuzione con voi. Non credo però che ciò debba risolversi esclusivamente nell'audizione di oggi: vi saranno tante altre occasioni per farlo, tenuto conto che ogni giorno viene fuori un fatto nuovo e che il confronto con il Parlamento è sempre importante.
In primo luogo, vorrei riferire quanto a mia conoscenza circa l'incidente sul lavoro verificatosi sull'autostrada Catania-Siracusa. È un fatto di cui dobbiamo occuparci e preoccuparci in relazione sia a quanto è accaduto sia a cosa si può fare per evitare il ripetersi di tali situazioni nel futuro.
Consegno alla Commissione due documenti. È ovvio che, trattandosi di relazioni preliminari, allo stato non sono individuate o individuabili ipotesi di responsabilità: sono passate poche ore dall'incidente. Tuttavia, le relazioni potranno servire alla Commissione per avere un quadro corretto e completo della situazione: in esse sono indicati gli appaltanti, gli appaltatori, chi stava eseguendo l'opera, cosa stessero facendo in concreto, come è avvenuto materialmente il fatto e via dicendo.
Si tratta di un documento redatto dall'Anas che, a sua volta, ha istituito una commissione di inchiesta. La relazione preliminare, pervenutaci questa mattina, individua e descrive il luogo dov'è avvenuto il fatto, il lavoro che si stava facendo, chi lo stava eseguendo e quali azioni si intende intraprendere per individuare ipotesi circa le cause dell'incidente. Sono riportati anche i nomi dei componenti della commissione tecnica istituita dall'Anas.
Per non dilungarmi in dettagli tecnici, mi limiterei a rimandare al contenuto della relazione circa l'individuazione del lotto, del general contractor e della società subappaltatrice.
Preciso che per ogni questione che affronterò consegnerò alcuni documenti.
Inoltre, io stesso ho istituito una commissione interna. Vi ricordo che stiamo parlando di commissioni interne, non di incarichi o consulenze esterne: si tratta di interventi che intendiamo far svolgere al momento dai responsabili degli uffici competenti. Ovviamente, è in fase di svolgimento un altro lavoro da parte dei consulenti tecnici del procuratore della Repubblica, che è intervenuto sul posto, e ha la direzione dell'indagine. Tenete presente che finora non è stato possibile fare ulteriori accertamenti perché il cantiere è sotto sequestro. Sarà possibile accedervi solo quando sarà dissequestrato dal procuratore della Repubblica.
Per avere una verifica più puntuale e indipendente, ho nominato un'altra commissione tecnica ministeriale, che ha redatto una prima relazione circa l'ipotesi del crollo. Anche in questo caso, si tratta di una semplice descrizione tecnico-materiale di quanto è avvenuto, rimandando


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l'individuazione delle eventuali responsabilità a una successiva documentazione.
Per intenderci meglio e non tediarvi troppo, fin da ora si può dire che sarebbe anomalo pensare che tutto sia avvenuto per causa di forza maggiore o per caso fortuito, gli unici due casi in cui sarebbe esclusa qualunque forza di responsabilità. Dico ciò perché la dinamica descritta in quei primi documenti - di cui vi consegno una copia - è la seguente. Si stava costruendo una sopraelevata e tra il pilone numero 5 ed il numero 6 bisognava inserire delle solette per l'asfalto. Per compiere questo lavoro tra i due piloni viene inserita una torre rompitratta, una sorta di pilone provvisorio che sostiene la struttura. Ebbene, questo pilone non ha retto.
La prima ipotesi che si dovrà verificare è il perché non abbia retto: bisognerà appurare se si sia sbagliato nell'individuare quanto doveva essere grossa o pesante la sopraelevata, e quindi quanto peso la torre rompitratta dovesse sostenere, oppure se chi ha realizzato la torre rompitratta non ha rispettato le previsioni del capitolato. O chi ha realizzato la torre rompitratta non ha rispettato le prescrizioni previste per questo tipo di torre, con riferimento al peso che doveva sopportare, oppure chi ha redatto il progetto non ha previsto una torre rompitratta sufficientemente portante per mantenere la struttura.
Va aggiunto che al di sopra della struttura viene posto il carro varo, che serve a posizionare il pilone in cemento armato. Rompendosi la torre rompitratta, il carro, essendo una struttura provvisoria, si è piegato e a sua volta è crollato.
La prima causa scatenante, quindi, è stata indubbiamente il crollo della torre rompitratta. Però non basta dire ciò: la colpa è imputabile solo alla torre rompitratta o anche al carro reticolare, che era troppo pesante oppure non era sufficientemente robusto per mantenersi tra i due piloni, anziché piegarsi in due? Tra l'altro, nel rompersi, esso produce due pressioni sui due lati dei piloni, che crollano, uno a destra, l'altro a sinistra. Il pilone, difatti, deve portare la soletta in maniera perpendicolare; invece, la pressione si è dispersa sui lati e l'ha aperto. Ma ciò è avvenuto perché effettivamente non poteva che aprirsi oppure perché i piloni, a loro volta, non avevano una sufficiente tenuta per rimanere in piedi? In altri termini, in fase di costruzione, i piloni furono progettati in modo tale da sostenere un tale peso? Quanto avvenuto non è una cosa spropositata, eppure i piloni sono crollati. Il cemento armato e il ferro erano quelli previsti dal progetto e, in caso affermativo, erano sufficienti a sostenere i piloni?
Queste sono le tante domande a cui bisogna rispondere. Credo che impostando il problema in tal modo si possa capire come risolvere la questione.
Il secondo punto su cui credo sia importante relazionare, per ragioni di emergenza e di urgenza, attese le imminenti scadenze, riguarda Autostrade. Come sapete, a suo tempo avevo richiesto un parere al Consiglio di Stato, che ha dato un'indicazione per cui, per le ragioni ivi previste, prima di procedere alla fusione tra Autostrade e Abertis vi è la necessità di un parere preventivo sia del Ministero delle infrastrutture sia del Ministero dell'economia.
Ciò comporta, però, un'impostazione di ordine metodologico e una certa formalità. Faccio notare che in tutto questo baillamme di incontri e di discussioni, le parti che hanno intenzione di compiere questa operazione hanno dimenticato di prendere atto che, se ci vuole un'autorizzazione, è necessario che qualcuno la chieda. Anche per richiedere la licenza di pesca, ad esempio, si presenta la domanda, si allegano i documenti e, sulla base degli stessi, il concedente può o meno procedere alla concessione o alla richiesta di ulteriore documentazione. Formalmente - sotto questo aspetto è paradossale - ad oggi, a pochi giorni dalla fusione da deliberare, non è stata ancora avanzata alcuna richiesta formale di autorizzazione. Partendo dal presupposto che non ce ne fosse bisogno, nessuno se n'è preoccupato.
Tuttavia, dal giorno in cui ho ricevuto il parere del Consiglio di Stato, l'ho subito comunicato alle parti, all'Anas, ad Autostrade


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e ad Abertis, di modo che, se e quando lo riterranno, presenteranno la loro richiesta di autorizzazione. È ovvio, però, che la richiesta di autorizzazione sarà istruita con i tempi e le valutazioni tecniche che ci vorranno. Questa è la premessa, ma non voglio certo nascondermi dietro questo formalismo.
Nel frattempo, vi sono stati tanti incontri e tante occasioni per affrontare il merito del problema, che si può riassumere nella documentazione che riproduco, aggiornata a ieri. In una serie di incontri fra Anas e Autostrade, Ministero e Anas e Ministero, Anas e Autostrade, si è svolta una serrata discussione in merito a quali potessero essere le migliori garanzie, posto che deve esserci un'autorizzazione e che senza di essa l'operazione non si può compiere, perché ne conseguirebbe la decadenza della concessione.
Allo stato, le posizioni delle parti non sono convergenti, ma vi sono due documenti. Il primo è uno schema operativo predisposto da Anas, su impulso di questo Ministero. Nel caso volessero richiedere l'autorizzazione, non si può non discutere di questi punti né fare una richiesta minimale di certe condizioni, di cui vi consegno l'elenco. Vi è poi una risposta di Società Autostrade in cui si avanzano delle proposte che non corrispondono alle suddette condizioni.
Ricapitolando, attualmente la situazione è la seguente. Ho predisposto un promemoria, dal quale si evince che non vi è corrispondenza fra le prescrizioni minimali previste dal Ministero e Anas e le proposte operative avanzate da Società Autostrade. Non si tratta comunque di divergenze che non si possano superare: bisogna mettersi intorno a un tavolo e capire se si può raggiungere un punto di incontro.
Vi consegno anche una nota che ritengo importante per valutare l'intera documentazione.
Con riferimento a tale questione - la nota relativa all'adunanza e al Consiglio di Stato è già a vostra disposizione - occorre porsi alcuni quesiti, come spunto costruttivo di riflessione.
Anzitutto, posto che un'operazione di questo genere richiede, sia al Ministero dell'economia e delle finanze - proprietario della concessione - sia al Ministero delle infrastrutture - come istituto vigilante - di rilasciare un'autorizzazione, essa deve essere concessa con riferimento a questioni solo di legittimità o anche di merito e di opportunità?
In secondo luogo, se l'autorizzazione deve essere rilasciata anche con riferimento a questioni di merito e di opportunità - circa la convenienza dell'operazione, se gli investimenti sono a rischio o se non sono più assicurati, se dietro c'è un'operazione finanziaria che comporta maggiori costi, che potrebbero essere ridotti -, ci troviamo di fronte a un'operazione di monopolio privato assoluto - più di tremila chilometri di autostrade italiane - in cui non vi è concorrenza. Il quesito, quindi, è se la valutazione debba implicare il merito.
Nel momento in cui i soci della Società Autostrade decidono di vendere azioni o di procedere a fusioni, essi sono liberi di fare ciò che vogliono o a chi deve dare l'autorizzazione spetta la possibilità di chiedere al mercato se esista un migliore offerente, ad esempio qualche miliardo di euro in più di investimenti? È un quesito che pongo alla vostra riflessione: credo che dovrà pur esservi un momento di valutazione del libero mercato da parte di chi dà l'autorizzazione, avendo sempre a cuore l'interesse pubblico. Pongo alla vostra attenzione questo problema senza avere né sapere la risposta. Credo che noi, come depositari dell'interesse pubblico, dobbiamo immaginare come tutelare il cittadino rispetto al principio della libera concorrenza e del libero mercato, in una situazione in cui, per necessità, ci troviamo di fronte ad un monopolio privato e assoluto e dobbiamo chiederci se tale situazione possa trasformarsi in un momento di verifica della libera concorrenza.
Vi domando se, in merito a un'operazione di questo genere, l'autorizzazione debba essere data meramente in base all'esame della documentazione, per verificare il rispetto di tutte le regole, oppure


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se debba essere data la parola al mercato in relazione a possibili migliori opzioni. È una valutazione che rimetto al dibattito politico.
Il problema è subentrato in seguito alla necessità dell'autorizzazione e non riguarda tanto il Ministero delle infrastrutture - quindi non chiedete a me la risposta - ma piuttosto il proprietario, ossia il Ministero dell'economia e delle finanze. Comunque, ho voluto segnalarvelo ugualmente.
Un'altra questione che vorrei affrontare attiene alla situazione delle opere da realizzare con riferimento al denaro disponibile per quanto riguarda il sistema sia viario sia ferroviario.
Non sono ancora in grado di presentare una valutazione con riferimento al sistema portuale, nodale - c'è un momento in cui questi sistemi devono integrarsi fra loro - e metropolitano delle grandi città nel loro insieme, ma non perché non voglia o non possa farlo. Conseguentemente allo «spacchettamento» dei ministeri, infatti, si devono ancora costituire i relativi uffici: il provvedimento relativo è ancora in fase di registrazione presso la Corte dei conti e in Parlamento è in fase di approvazione per la conversione in legge. Quindi, i tempi tecnici non ci danno ancora la possibilità di utilizzare gli uffici competenti, in maniera da verificare alcune situazioni a pieno regime.
Per quanto riguarda le Ferrovie, a seguito della suddivisione fra i due ministeri, io mi occupo della parte infrastrutturale e ferroviaria e il collega di quella progettuale e della mobilità di questo settore.
Da un'analisi accurata si rilevano alcuni elementi, la cui relativa documentazione mi permetto di consegnare in copia. Allo stato attuale, per andare in porto e continuare la propria attività RFI ha delle necessità di cassa sia in conto di investimenti sia con riferimento al conto economico. Vi è necessità di cassa per continuare le attività fino al 2006. Naturalmente le stesse opere hanno bisogno di altri finanziamenti per gli anni successivi. Per la rete alta velocità sono necessari 2 miliardi e 100 milioni di euro e per la rete convenzionale 3 miliardi di euro. In totale, vi è una necessità di cassa per investimenti pari a 5 miliardi e 100 milioni di euro.
Per quanto riguarda il conto economico, vi è necessità di pagare 901 milioni di euro per i contratti di programma e 618 milioni di euro per gli interessi prestiti ISPA, per un totale di 1 miliardo e 519 milioni di euro. Complessivamente, le necessità di cassa per completare le opere al 2006 sono pari a 6 miliardi e 619 milioni di euro.
La ragione di questa enorme necessità di cassa risiede nel fatto che negli anni precedenti, nonostante fosse stato fissato un ammontare di investimenti per ogni anno a competenza, in realtà sono entrati in cassa meno soldi di quelli previsti, rinviando all'anno successivo il riempimento della cassa da parte di chi doveva pagare, quindi del Ministero.
Vi è una proiezione - che vi allego - di come sono avvenuti gli spostamenti della cassa rispetto alla competenza, di anno in anno. Ad esempio, nel 2005 erano previsti versamenti per 2 miliardi e 582 milioni di euro, ma sono stati effettivamente versati solo 400 milioni di euro. Ciò ha comportato una serie di rimodulazioni con delle necessità di cassa.
Un altro documento - che pure produco - riporta un riepilogo generale. Attualmente vi sono opere cantierizzate da parte di Ferrovie per un totale di 47 miliardi di euro. Le opere cantierizzate sono indicate in questo elenco, che produco analiticamente. Con riferimento a ciascuna opera è riportato il valore, il pagamento effettuato al dicembre 2005, il finanziamento previsto in competenza (se previsto nella sua interezza), quanto manca da pagare e quale sia il finanziamento necessario.
Dunque, con riferimento alle opere cantierizzate - che consideriamo di livello zero, ossia opere che devono essere completate e per le quali le risorse devono essere necessariamente trovate perché non possono essere interrotte o dismesse o perché in molti casi sono in dirittura d'arrivo - rispetto ai 47 miliardi e 73


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milioni di euro di valore, al dicembre 2005 sono stati pagati 23 miliardi e 725 milioni di euro. Rimangono da pagare 23 miliardi e 348 milioni di euro. I finanziamenti utilizzati in competenza ammontano a 44 miliardi e 714 milioni di euro. Mancano, dunque, rispetto alle opere cantierizzate, 2 miliardi e 359 milioni di euro.
In altri termini, abbiamo in cantiere opere per cui sono stati previsti finanziamenti in competenza per importi inferiori a quelli necessari per realizzarle di 2 miliardi e 359 milioni di euro. Le opere a cui mi riferisco sono indicate nel documento allegato.
Oltre alle opere cantierizzate, vi sono opere affidate ma da cantierizzare: non c'è ancora il cantiere, ma la procedura di gara è stata completata e si attende soltanto il via libera. Per queste opere, il cui valore complessivo è di 2 miliardi e 370 milioni di euro, sono stati trovati finanziamenti in competenza - non in cassa - per 2 miliardi e 17 milioni di euro. Mancano ancora 353 milioni di euro da cantierizzare.
Tanto per intenderci, quali sono queste opere funzionali affidate e da cantierizzare per cui mancano 353 milioni di euro? Una sola: il ponte sullo stretto di Messina. In merito a questa opera è tutto completato: mancano solo 353 milioni di euro.

MAURIZIO ENZO LUPI. Due miliardi di euro ci sono.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. In competenza vi sono 2 miliardi e 17 milioni di euro. Quando si parla di finanziamenti autorizzati in competenza, non si tratta di finanziamenti dello Stato: di volta in volta bisogna individuare chi li finanzierà.
Oltre a questo documento, vi è una proposta di piano. In totale, fra opere cantierizzate e affidate o da cantierizzare, il valore ammonta a 49 miliardi e 443 milioni di euro, cioè circa 50 miliardi di euro. A questi si aggiungono altre opere, per cui sono in corso progetti e studi, per un totale di 121 miliardi e 177 milioni di euro, di cui 44 miliardi di euro riferiti a opere. Il resto manca, trattandosi per la maggior parte di studi e di progettazioni.
Ho fatto un riepilogo con riferimento ai vari stadi in cui si trovano questi famosi investimenti per 100 miliardi di euro: alcuni sono allo studio di fattibilità, per altri vi è il progetto preliminare o definitivo, per altri ancora è in corso la procedura di gara. Si tratta ora di individuare a quali progetti si riferiscono. Il riepilogo indica complessivamente che con riferimento a questi progetti (per un totale di 108 miliardi di euro) sono necessari finanziamenti in competenza per 97 miliardi di euro. Ciò equivale a dire che, tolti gli 11 miliardi di euro finanziati in competenza, la parte restante dei finanziamenti è da trovare. Si tratta cioè di progetti di fattibilità preliminare, definitiva o in gara per cui mancano i soldi. Le opere in questione sono indicate analiticamente nel prospetto che consegno. Potrei farvi l'elenco, ma credo di potervelo risparmiare.

PRESIDENTE. Sì, ministro, anche perché consegnando tempestivamente i documenti ai deputati, possiamo prevedere una successiva audizione in cui entrare nel merito delle singole questioni.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Non credo che sia possibile farlo progetto per progetto: per ogni singolo progetto ci vorrebbe un'intera audizione.

PRESIDENTE. È chiaro che avendo tanto materiale...

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Per questa parte specifica può riferire anche il viceministro.

PRESIDENTE. Assolutamente.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Consegno quindi un documento contenente l'elenco delle opere. Si tratta di centinaia di appalti.
Per concludere l'aspetto relativo alle Ferrovie, aggiungo che per completare le


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opere già cantierizzate occorrono circa 6 miliardi di euro solo per quest'anno. Inoltre, con riferimento alle opere indicate a livello zero e uno, è necessario continuare l'attività posta in essere dal precedente Governo, trattandosi di opere già in corso di realizzazione. Mi pare del tutto improponibile se non impossibile fermare opere per le quali sono stati già costruiti i piloni.
Con riferimento alla miriade di opere per cui sono in corso studi e progettazioni, nel progetto governativo esse non sono state neanche prese in considerazione: in questo momento non sappiamo dove trovare le risorse. Certamente le opere sono interessanti e importanti, ma bisognerebbe individuare le risorse da reperire, che al momento non ci sono.

PRESIDENTE. Se permette, signor ministro, poiché la mole di materiale è corposa - peraltro anche sulla legge obiettivo dagli uffici della Camera è stato fatto un ottimo lavoro di aggiornamento - le chiedo se sia possibile avere dei dati sintetici su questo argomento e sulla vicenda Anas.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Credo che i dati che vi ho fornito siano importanti, ma se preferisce, signor presidente, posso essere anche più sintetico.
Per quanto riguarda lo stato degli interventi con riferimento alla legge obiettivo, in merito alle opere infrastrutturali stradali - sotto la vigilanza dell'Anas - consegno, opera per opera, appalto per appalto, l'elenco completo di tutte le opere previste nella legge obiettivo, suddivise in quelle approvate dal CIPE, quelle approvate dalla struttura tecnica di emissione e quelle con parere in fase di acquisizione. Si tratta di un numero notevole di interventi. Tanto per capire il concetto, cito il primo della lista, la SS1/bis (Aurelia bis), «Progetto preliminare e studi d'impatto ambientale dei lavori di costruzione della variante dell'abitato di Imperia». È riportato a che punto è il livello progettuale (definitivo, esecutivo o preliminare), a quanto ammonta in euro l'intervento previsto, a che punto è il finanziamento (quanto è stato finanziato e quanto è ancora da finanziare), quale tipo di approvazione esso ha ricevuto e in che posizione si trova attualmente. Con riferimento a questa opera, ad esempio, si è ancora allo stato preliminare; in particolare, sono stati previsti finanziamenti per 213 milioni di euro, ma sono stati finanziati 4 milioni e 900 mila euro.
Il problema è sempre come rinvenire i soldi per pagare le belle opere scritte nell'elenco.

MAURIZIO ENZO LUPI. Le conoscevamo. Sono in allegato al DPEF, lo strumento dato dal Parlamento per monitorare la legge obiettivo.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Il problema di fondo è un altro. Se vogliamo fare polemica, facciamola pure, ma con riferimento alla legge obiettivo e alle opere infrastrutturali di ANAS e di Ferrovie, quanto previsto in competenza non si può produrre in termini di cassa perché non sono state poste in essere le condizioni affinché i soldi arrivino in cassa. Il problema è tutto qui. Nei documenti citati è indicato che quest'anno in competenza sarà trasferito un certo ammontare di fondi, ma senza specificare dove verranno reperiti. Alla fine diventa una tassa a carico del cittadino.
In riferimento alle altre opere che non rientrano nella legge obiettivo, vi consegno due elenchi completi e aggiornati. Il primo riguarda le opere cantierizzate, per le quali c'è bisogno di 1 miliardo e 827 milioni di euro, più 200 milioni di euro per la manutenzione. Quindi, serve 1 miliardo di euro che, però, non è nelle casse dell'Anas.
L'altro elenco, l'allegato 2, è relativo alle opere consegnabili, in quanto l'iter della gara è finito, a cui però non si può dare il via perché ci vogliono i soldi, che non sono stati trasferiti in cassa all'Anas e l'ammontare di questi fondi è di 4 miliardi di euro.
Si tratta, dunque, di 5 miliardi di euro, quantificati opera per opera. La domanda


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che mi pongo è dove reperire questi soldi: se qualcuno mi dà l'indirizzo esatto, vado a prenderli. Il problema di fondo è che ad oggi non abbiamo capito qual è l'indirizzo esatto.
C'è un fatto che riguarda l'Anas che vi voglio accennare. La questione della mancanza di fondi trasferiti ad Anas nasce nel 2002, a seguito della trasformazione di Anas da ente pubblico in società per azioni. In quell'occasione si cercò di fare un riepilogo delle potenzialità di Anas in termini di soldi disponibili in cassa o in competenza, per eseguire opere e svolgere attività. Si evidenziò che l'Anas, alla data del 18 dicembre 2002, aveva residui passivi per 12 miliardi e 524 milioni di euro. Preso atto di questa situazione, che viene presa in carico dalla nuova società, si cercò di capire cosa fossero questi residui passivi e se fossero ancora attuali. Sulla base di verifiche e di analisi, l'Anas SpA decise di rimodulare i residui passivi: 6 miliardi e 642 milioni di euro vennero vincolati a lavori in corso di esecuzione e 4 miliardi e 475 milioni furono resi disponibili per nuove attività di investimento. Insomma, si è preso atto che investimenti per 4 miliardi e 475 milioni di euro non erano più attuali: non erano mai stati fatti ed erano residui passivi del tutto inattuabili. Detto volgarmente, questi soldi avanzavano.
Per tale ragione è stato varato prima un programma straordinario per il 2003, poi un contratto di programma 2003-2005, predisposto da ANAS e approvato dai ministeri competenti, con tutti i crismi del caso, con cui si è detto che, preso atto che 4 miliardi e 475 milioni sono in più, perché queste opere non sono state fatte, non sono mai state attivate e non sono più da fare, quei fondi sarebbero stati destinati a nuove opere. È stato così approvato un elenco importante di opere, che sono state finanziate con questi 4 miliardi e 475 milioni di euro.
Il primo fatto delicato di cui vorrei parlare è che, di questi 4 miliardi e 475 milioni di euro, in realtà 3 miliardi e 763 milioni di euro risultavano vincolati nella spesa per impegni già presi. Vale a dire - l'elenco è allegato - che non è vero che le opere non erano più in programma, ma si trattava di opere che si stavano realizzando, progettando o che erano in corso. Tutto ciò ha prodotto uno scollamento totale tra quanto l'Anas aveva come disponibilità e le opere che andava ad eseguire.
In definitiva - ho fatto stilare un'apposita relazione su questo punto - nel corso del tempo, come è stato accertato dai documenti in possesso dell'ufficio del Ministero e come riferito da persone che hanno provveduto ad attivarsi in tal senso, è stata posta in essere una duplice attività con gli stessi soldi. A seguito di ciò, nel corso degli anni, l'Anas ha dovuto fare una sorta di rotazione dei soldi che gli arrivavano, ben sapendo che più le opere andavano avanti, più si arrivava a una strozzatura: con i soldi si faceva o una cosa o l'altra. Questa è la ragione fondamentale per cui l'Anas oggi non ha soldi: con i soldi presi ha dovuto tamponare diverse situazioni.
Per capire di cosa stiamo parlando, al di là di tutti i documenti pervenuti a questo ufficio che abbiamo acquisito, ritengo importante leggere la relazione presentata dall'Anas in questi giorni, a fronte della nostra richiesta di verifica.
È stata svolta un'analisi degli impegni per lavori e fondi di copertura, alla data del 31 dicembre 2005, redatta dal professor Laghi per conto della presidenza dell'Anas, da cui risulta che l'Anas ha un totale di impegni pari a 19 miliardi di euro e un totale di fondi di copertura pari a 15 miliardi e 500 milioni di euro, con un saldo negativo pari a 3 miliardi e 500 milioni di euro. In altri termini, l'Anas si trova oggi nella situazione di non poter completare gli investimenti per i quali si è impegnata, nell'ambito del contratto di programma 2003-2005 e di altre forme di investimento, perché mancano 3 miliardi e 500 milioni di euro, a cui devono aggiungersi i maggiori costi derivanti dalle realizzazioni.
Vorrei leggere una nota di un membro del consiglio di amministrazione di Anas: «In sede di predisposizione e di approvazione


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del rendiconto finanziario e del bilancio, al 18 dicembre 2002, data di trasformazione, fu evidenziata la possibilità e l'opportunità di riclassificare una parte molto consistente dei residui passivi, circa 5 miliardi di euro. A loro dire, questa opportunità nasceva dal fatto che nei precedenti bilanci fossero presenti stanziamenti relativi a lavori non più attuali o comunque non più realizzabili, il cui importo complessivo, da un'attenta ricognizione, era pari alla somma suddetta. Pertanto, questi fondi vennero suddivisi in due voci: una denominata «fondo per lavori», di importo pari a circa 4 miliardi e 475 milioni, l'altra denominata «fondo rischi» per 623 milioni.
In conseguenza di questa situazione, il consiglio di amministrazione approvò nel marzo 2003 un programma di appaltabilità e cantierabilità che comprendeva un piano straordinario di lavori derivanti dal reinvestimento di 4 miliardi e 475 milioni di euro».
Precisamente, l'importo complessivo del programma è pari a 4 milioni e 473 milioni di euro.
«Il piano straordinario è stato inserito nel contratto di programma. Dopo una serie di approfondimenti, effettuati dapprima nel corso della predisposizione del bilancio 2004 e successivamente nel corso della predisposizione del bilancio 2005, ho potuto riscontrare la sussistenza di alcuni importanti problematiche relative alla copertura finanziaria del programma straordinario 2003 e dell'intero contratto di programma 2003-2005. In particolare, da elementi acquisiti all'interno degli uffici di contabilità e bilancio, risulterebbe che il problema sia stato già sollevato nel novembre del 2004. In quella data, il responsabile dell'ufficio contabilità segnalò una mancanza di copertura finanziaria per 3 miliardi e 800 milioni di euro.
La mancanza complessiva di copertura finanziaria, relativamente alle operazioni di residui passivi, si può attestare, quindi, tra i 3 miliardi e 300 milioni e i 3 miliardi e 800 milioni di euro. Di questa situazione non è mai stata data alcuna informazione né rendicontazione al consiglio di amministrazione da parte di nessuno degli organi competenti (presidente, direttore amministrazione e finanze, direttore generale, collegio dei sindaci).
Come risulta dalla tabella riepilogativa dell'analisi degli impegni fatta dal professor Laghi, l'ANAS ha un totale di impegni pari a circa 19 miliardi di euro, a fronte di 15 miliardi e 500 milioni di euro, con una differenza negativa di 3 miliardi e 500 milioni.
In altri termini, nel bilancio 2004, il presupposto necessario alla capitalizzazione dei maggiori costi di cui sopra risiede nell'inserimento di questi costi all'interno dei quadri economici dei singoli lavori».
Quindi, l'attivo patrimoniale dell'Anas risulta minore rispetto ai suoi debiti. In una società per azioni ciò comporta delle responsabilità societarie: ogni società di capitali ha il dovere di segnalare ai soci, innanzitutto, e agli organi competenti che i debiti sono superiori al proprio patrimonio netto. Questa è una questione che lascio alla vostra valutazione; ho già informato il ministro dell'economia affinché prenda le dovute decisioni.
È certo, però, che oggi al socio ministro dell'economia stiamo chiedendo dei soldi per ripianare debiti in corso e soprattutto per far fronte a costi per lavori in corso. La questione che ci dobbiamo porre è se e in che misura sia possibile consegnare i soldi allo stesso management che ha operato questa doppia appostazione di fondi, per opere già fatte e nuove. Il problema di fondo è che con i soldi che gli si danno, l'Anas paga una cosa o l'altra. Qual è allora l'economia e la scelta dei pagamenti che devono essere effettuati in via prioritaria? Faccio notare che, comunque sia, non ci sono soldi a sufficienza per pagare ciò che è di competenza e di cassa. La cassa serve a ripianare l'urgenza, ma manca comunque al bilancio, al patrimonio della società, una serie di opere per le quali non c'è finanziamento.
Questo è il quesito che ho posto al ministro dell'economia per valutare se debba versare immediatamente del denaro per permettere all'Anas di far fronte ai


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propri impegni e se, allo stesso tempo, il denaro debba essere versato a questo management, oppure se contestualmente si debba provvedere a un suo ricambio.
Devo fare un'ultima precisazione riguardante la vicenda del Codice degli appalti, che è arrivata al Senato. Come sapete, abbiamo redatto un primo decreto correttivo, che verrà discusso in Commissione, per ricevere eventuali indicazioni. Infine, abbiamo presentato un emendamento al decreto-legge sulle proroghe per permettere ad alcuni istituti facoltativi, non a quelli obbligati dalla Direzione europea, di vedere rinviata a fine anno la loro entrata in vigore.

PRESIDENTE. La ringrazio, ministro. L'esposizione è stata molto più lunga del previsto. Il materiale è corposo e credo che sarà alla base di ulteriori confronti con il Ministero o con chi deciderà lei sulle singole questioni.
Se non ho male interpretato le sue parole finali, ha chiesto il commissariamento dell'Anas.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Ho chiesto al ministro dell'economia e al Presidente del Consiglio l'urgenza di versare le somme che vengono richieste dall'Anas per provvedere ai pagamenti delle fatture in scadenza: riteniamo che sia fondamentale per il paese che i cantieri non si fermino. Ma ho chiesto anche che contestualmente alla consegna dei soldi - a mio avviso, la disposizione deve essere data immediatamente per provvedere al pagamento di quello che sta facendo l'Anas - si valuti se non sia il caso di procedere al commissariamento dell'Anas per affidarlo a soggetti terzi, non coinvolti nella doppia «appostazione» fatta a suo tempo, che ha provocato questa situazione, che può apparire come un dissesto finanziario di Anas.

MAURIZIO ENZO LUPI. Che tempi vi siete dati? Oggi il Sole 24 Ore anticipava la notizia di un'ipotesi di commissariamento dell'Anas. Considerata l'urgenza di conferire risorse nuove all'Anas...

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Non ho posto limiti all'urgenza: per me può andar bene anche a mezzogiorno.

PRESIDENTE. Possiamo ora procedere con il dibattito. Do la parola ai colleghi che intendano porre domande o formulare osservazioni, chiedendo loro di contenere la durata degli interventi.

FRANCO STRADELLA. In considerazione della mole di documenti che ci sono stati consegnati e della pregevole indagine che è stata svolta, non accompagnata da una visione strategica su quello che il Ministero intende fare per ovviare ad alcuni inconvenienti che apparirebbero dalla documentazione, a mio avviso sarebbe opportuno valutare innanzitutto la documentazione e poi eventualmente incontrare di nuovo il ministro o il viceministro per approfondire alcuni aspetti di tipo tecnico.
Sul piano politico, le cose non ci entusiasmano molto. Al di là del paventato commissariamento dell'Anas, questa mattina non abbiamo sentito parlare di linee strategiche.

PRESIDENTE. È chiaro che non è possibile esaurire in una sola audizione un tema così complesso. Il materiale consegnato è corposo, tanto che nelle prossime audizioni segmenteremo meglio i temi affrontati, in modo da entrare più nel merito.
Nel frattempo, atteniamoci agli argomenti che oggi il ministro ha portato all'attenzione della Commissione.

MAURIZIO ENZO LUPI. Signor ministro, la ringrazio per essere venuto. Devo dire che era stato molto più chiaro nella precedente audizione, forse anche perché ha voluto mettere insieme una serie di cose o perché deve ancora approfondire maggiormente la materia. Nella precedente audizione sull'Anas mi è sembrato molto chiaro nelle linee e negli obiettivi da perseguire, mentre oggi ho avuto - lo dico con profondo rispetto nei suoi riguardi - la percezione di molta confusione.


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Se non sbaglio, l'obiettivo era di presentare alla Commissione e al Parlamento le linee strategiche del suo Ministero. Oggi avrebbe dovuto dirci dove il dicastero da lei guidato e questo Governo avrebbero messo mano riguardo ai temi fondamentali per il nostro Paese: lo sviluppo delle infrastrutture, la regolamentazione delle leggi che riguardano i lavori pubblici, la riqualificazione e lo sviluppo del territorio e i temi fondamentali che sono stati oggetto della campagna elettorale, quali la riqualificazione delle aree metropolitane, la casa, la qualità del territorio e quant'altro.
Insomma, avremmo voluto sapere cosa il Governo, una volta finalmente insediatosi, propone, quali sono i suoi obiettivi a breve, medio e lungo termine, su cosa ci si misura e ci si confronta. Credo che l'obiettivo dell'audizione di oggi fosse questo, ma dobbiamo rimandare l'appuntamento. Desideriamo confrontarci con lei a tale riguardo, ma oggi, forse perché sono avanzate altre emergenze, non ne abbiamo avuto la possibilità. Non vorrei che la questione sollevata con riferimento a debiti, stanziamenti, competenze e disponibilità non sia altro che un grande polverone - ma non posso crederci: in politica ci si confronta sui contenuti, sulle strategie e sull'assunzione di responsabilità - che si vuole alzare perché la maggioranza e il suo Governo non hanno una linea comune su temi così importanti.
In queste settimane abbiamo notato - e sarebbe stato molto bello confrontarci su questo argomento - che su qualsiasi questione strategica che appartiene a questi temi e al suo Ministero, la maggioranza si divide, si spacca, ha linee diverse. Basti un esempio per tutti, quello in merito alla TAV: in meno di 24 ore abbiamo ricevuto quattordici dichiarazioni diverse.
Chiedo al presidente - ma credo che sia anche suo compito e desiderio - di confrontarci su questi temi.
Venendo al merito di alcune osservazioni che lei ha espresso in questi giorni sui giornali e che oggi ha ripetuto in maniera più confusa nella nostra Commissione, se nella precedente legislatura fossimo stati di fronte a una relazione di questo genere, in questa Commissione ci sarebbe stata una rivoluzione (Commenti). Non voglio essere polemico, ma permettetemi di svolgere il mio intervento. Sono molto chiaro e netto nei giudizi, perché in politica e in Parlamento ci si confronta con chiarezza sui giudizi, cosa che in tre mesi voi non avete avuto ancora il coraggio di fare. Non sappiamo se le grandi opere, la TAV, volete farle o meno, non sappiamo nulla.

MAURO CHIANALE. Ma si è capito bene.

PRESIDENTE. Colleghi, la campagna elettorale è finita ed è terminata anche la campagna referendaria.

MAURIZIO ENZO LUPI. Scusi, presidente, ma stavo svolgendo un intervento non da campagna elettorale. Sui quotidiani nazionali leggo un'affermazione del ministro Di Pietro che dice che il precedente Governo faceva opere pie, non pubbliche, aprendo cento cantieri con cento lire ciascuno e che questi cantieri non rispondevano a criteri di priorità ma al caso o all'attenzione di questo o quel potente. Egli aggiunge che pensavano che far passare un'autostrada vicino al paese di un politico influente fosse una storia da prima Repubblica e invece si sono accorti che è capitato anche nella seconda Repubblica. Credo che sia un dovere confrontarci su questa affermazione, di cui il ministro si assume la responsabilità, la sviluppa e ci dice cosa vuole fare: noi facevamo opere pie, forse questo Governo vuole fare miracoli.
Al ministro consiglio di documentarsi bene anche rispetto all'egregio lavoro che questa Commissione ha svolto. Ricordo che la legge obiettivo non ha parlato di opere pie ma si è dotata - perché il Parlamento ha voluto dotarsene - di uno strumento di controllo immediato e puntuale sullo stato di attuazione dei lavori, proprio per evitare il rischio di opere pie e del passaggio di strade per i paesi dei potenti. Ricordo che ogni anno il DPEF


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deve presentare in allegato uno stato di avanzamento rispetto alle opere pubbliche e alle grandi opere previste dalla legge obiettivo. Non è un caso che questa Commissione si sia dotata di un monitoraggio che è arrivato al secondo anno e ci sarà, credo, anche il terzo.
Quando ci si confronta, ministro, lo si fa seriamente sui contenuti, dando la buona fede all'una e all'altra parte. In tal modo si vedono i problemi che ci sono; se invece si fa altro, lo si faccia pure, ma credo che l'interesse del Paese venga meno.
Se lei esamina le infrastrutture strategiche in Italia e l'attuazione della legge obiettivo, secondo il rapporto per l'VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici del luglio 2005, a pagina 98 troverà qualcosa di interessante. Badi bene che si tratta di un rapporto redatto dalla Camera dei deputati, non da un partito. Le posso garantire che questo è il clima con il quale abbiamo sempre lavorato: senza pregiudizi. Da questo punto di vista, il lavoro dei funzionari è stato ad altissimo livello...

PRESIDENTE. In questo sono d'accordo con l'onorevole Lupi.

MAURIZIO ENZO LUPI. A pagina 98 si legge: «La legge obiettivo ha sicuramente determinato una nuova stagione nelle opere pubbliche, dando finalmente il via libera a un processo di infrastrutturazione di questo paese che prima non c'era stato». Questa è la prima questione.
Ministro, deve declinare queste cose. La legge obiettivo, piuttosto che il tema della priorità strategica, presuppone che il paese si dotasse di opere strategiche. Nell'aggiornamento del DPEF 2005-2008 le sue osservazioni furono esattamente recepite dal fatto che tutte le regioni che avevano sottoscritto intese di programma avevano usato la legge obiettivo per inserire tutte le opere che ritenevano prioritarie. Ci trovammo, allora, di fronte non più a 98, 100 o 120 opere, ma a centinaia, tant'è vero che il Governo, in allegato al DPEF, decise di dare delle priorità, le famose opere prioritarie, sottoscritte non dal potente di turno - signor ministro - ma dai presidenti di regione e dal Governo centrale e approvate dal CIPE. Questo è il metodo che ci siamo dati, non altro.
Poi ci si può confrontare. Queste opere sono strategiche per il paese? Sì. Sono state fatte? Sì. Finalmente lei ci dà atto - e la ringrazio di ciò - che in questo paese ci sono tantissime opere cantierate, tant'è vero che oggi stiamo a discutere su dove reperire le risorse per pagare i cantieri aperti. Se non ci fossero cantieri aperti, ovviamente, non avremmo il problema delle risorse (Commenti).
Noto che vi state agitando per nulla.

PRESIDENTE. Scusi...

MAURIZIO ENZO LUPI. Quando si sente dire dal ministro che abbiamo fatto opere pie, un minimo di osservazione è lecito.
Per quanto riguarda il tema delle risorse, credo sia utile confrontarci con il metodo indicato dal nostro capogruppo, l'onorevole Stradella. Mi sembra inutile entrare ora nel merito: avremo modo di approfondire la questione. Lei ha fatto delle osservazioni che approfondiremo; poi ci confronteremo con lei e - come ci insegna - «carta canta»: i numeri sono numeri, non si può andare da una parte e dall'altra.
Per quanto riguarda il tema dell'Anas, oggi abbiamo avuto la notizia che il Governo ne chiede il commissariamento. Da questo punto di vista, riteniamo che se ci sono delle responsabilità saranno acclarate. L'Anas è stato e sarà sempre uno strumento operativo importante per l'attuazione delle grandi opere. Ne avevamo discusso anche in questo Parlamento: per quanto riguarda le opere cantierate nel 2006, un primo finanziamento è stato reperito attraverso una parte di legge finanziaria all'inizio dell'anno per 1,8 miliardi di euro. Il finanziamento necessario per completare le opere del 2006 era di 1,1 miliardi di euro. Il Ministero dell'economia, a fronte di una lettera che aveva inviato come impegno - non si possono


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aprire i cantieri se non vi sono le relative coperture -, aveva garantito che, a fronte di un'effettiva apertura dei cantieri e di un effettivo stato di avanzamento dei lavori, sarebbe stata assegnata la seconda tranche di 1,1 miliardi di euro. Dunque, c'erano una lettera e l'impegno da parte del Ministero.
La scelta sulle risorse, mi perdoni, è di priorità. È una scelta politica: si vuole andare in una certa direzione piuttosto che in un'altra. Sulla priorità delle opere pubbliche e dello stanziamento delle risorse ci troverà sempre dalla sua parte; invece, sull'utilizzo del fumus della mancanza di risorse per coprire altri problemi, non ci troverà certamente con lei, anzi ci troverà all'opposizione in maniera dura.

PRESIDENTE. Abbiamo concesso qualche minuto in più al collega Lupi in quanto esponente dell'opposizione. Invito i colleghi che interverranno successivamente, in particolar modo quelli della maggioranza, a mantenere i propri interventi in tempi più contenuti.
Il collega Lupi ha richiamato il lavoro serio svolto dalla Commissione anche grazie agli uffici tecnici, per quanto riguarda l'analisi della legge obiettivo. Il collega Lupi ricorderà che in sede di discussione della legge finanziaria proprio in questa Commissione fu osservato che non si disponeva delle risorse adeguate per tenere conto degli impegni. Da questo punto di vista, non era una legge finanziaria realistica.
Quello che è emerso delinea una situazione più grave del previsto: lo stesso management dell'Anas, dopo le elezioni, ha denunciato che in assenza di stanziamenti ulteriori i cantieri andavano chiusi. Siamo di fronte a un'emergenza di una dimensione tale da superare qualsiasi previsione ed è un problema con cui tutti dobbiamo fare i conti, Governo e opposizione.

RAFFAELLA MARIANI. Innanzitutto vorrei ringraziare nuovamente il ministro per la sua presenza e dirgli che abbiamo avuto molto chiaro, fin dall'inizio, che i dati e le conferme che oggi ci ha dato erano il bilancio di cinque anni di grandi annunci ed esternazioni che venivano fatte anche qui in Commissione. Ricordo al collega Lupi che in questa sede abbiamo spesso assistito ad ore e ore di relazioni del ministro Lunardi, che leggeva un bel documento, molto chiaro, ma con filosofie generali che però non contenevano molte risposte alle nostre richieste concrete. Per sottolineare che in questa Commissione abbiamo lavorato tutti insieme, maggioranza e opposizione, nell'aprile 2005 ci siamo trovati a sottoscrivere una risoluzione che chiedeva di erogare finanziamenti all'Anas che, anche in quel caso, si trovava con i cantieri in crisi e doveva avere ulteriori risorse rispetto a quelle destinate dalla legge finanziaria precedente.
Le cose che lei ha detto, signor ministro, le avevamo denunciate anche nella discussione dell'ultima legge finanziaria. Avevamo molto chiaro che l'Anas e le Ferrovie si sarebbero trovate in questa situazione, tanto che a luglio del 2005 avevamo annunciato la necessità di una manovra finanziaria, ma eravamo stati trattati come le «Cassandre» del momento. Anche da parte di Anas c'erano state, forse per eccesso di zelo, dichiarazioni tranquillizzanti rispetto alla nostra preoccupazione relativa ai cantieri e al finanziamento di opere già avviate.
A mio avviso, dovremmo dare un segnale e la ringrazio per le dichiarazioni che ha reso questa mattina. Chiediamo a tutti gli enti locali, dal più piccolo fino alla regione, di prevedere sempre una copertura finanziaria quando si dà il via ad appalti, a lavori concreti, alle opere di cui il nostro Paese ha assolutamente bisogno.
Purtroppo, nella confusione creata ad arte tra progetti cantierati e progetti con denominazione diversa nella famosa legge obiettivo, ci siamo trovati a non capire fino in fondo dove vi fosse la copertura finanziaria e, soprattutto, a non farlo capire all'esterno. Sui territori in alcuni casi vi è stata la condivisione dei presidenti delle regioni, in altri no. Ricordo a tutti che vengo da una provincia, quella di Lucca della regione Toscana, dove dall'alto


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Anas, Ministero dei lavori pubblici e alte cariche istituzionali hanno imposto progetti che nessuno degli enti locali, tantomeno la regione, voleva e chiedeva, con richiesta di investimenti, ad esempio per il lotto zero del territorio di Lucca, di 460 milioni di euro. La questione che sottolineava l'onorevole Lupi, della condivisione con i presidenti delle regioni, non è stata valutata fino in fondo, circostanza che ha rappresentato un limite della legge obiettivo.
Riteniamo che, mentre era necessario velocizzare e avere un corpo normativo unitario e più semplice, la discussione di quella legge - l'abbiamo sottolineato più volte - ha conosciuto alcuni limiti. Uno concerneva il rapporto con le regioni e gli enti locali, la condivisione e la concertazione sulle opere. L'altro riguardava un fatto più grave, che oggi sottolineiamo anche a seguito del gravissimo incidente verificatosi in Sicilia in queste ore - credo che dobbiamo rispetto ad Antonio Veneziano, l'operaio scomparso pochi giorni fa -. Si tratta di una valutazione legata alla figura del general contractor e a una revisione, come evidenziato dalla Corte dei conti e da una procedura di infrazione segnalata in questi ultimi giorni dall'Unione europea, rispetto al lavoro e al valore del contraente generale in quella legge. Vorremmo che questo aspetto fosse ridiscusso: questi elementi riguardano, oltre all'efficienza di un corpo normativo complesso, anche il carattere della vigilanza e dell'osservatorio in termini non solo di risorse, ma anche di controllo sui vari stadi degli appalti. Vorrei richiamare le parole della Corte dei conti nella sua relazione: «Considerata la carenza dei sistemi di verifica incrociata sulle operazioni di autorizzazione, liquidazione e versamento, appaiono elevati i rischi di manipolazione e scarsi i sistemi di monitoraggio e di controllo degli appalti».
Oggi ci troviamo a fare le spese di un sistema che aveva maglie molto larghe e che, oltre alle conseguenze di subappalti a cascata non controllati e non verificabili, ha visto anche quelle dovute a una scarsa verifica e a una scarsa attenzione alle risorse.
Per questo motivo chiediamo al ministro - come avevamo già fatto all'epoca come opposizione - di valutare questi aspetti, anche per rendere efficiente ed efficace il sistema delle infrastrutture italiane. Siamo molto attenti al ruolo di sviluppo economico e alle ricadute che esso avrà in futuro sul piano nazionale. Oggi le denunce provengono dal sistema delle imprese, ma anche dagli enti locali. Dalle dichiarazioni delle ultime ore che provengono dall'Anas, ma anche da esponenti del mondo politico, si evince il timore per la sorte dei cantieri e delle opere avviate, alcune delle quali hanno trovato finanziamenti e approvazione alcuni anni fa. Si è creato, quindi, un clima di preoccupazione diffusa a cui credo varrebbe la pena cercare di dare una risposta.
La questione più importante che vorrei sottolineare, oltre alle inadempienze che, dal mio punto di vista, questa legge ha provocato rispetto al sistema di controllo e di verifica, riguarda temi che non abbiamo approfondito e che, però, signor ministro, sarebbe interessante analizzare nelle prossime settimane. Tali questioni riguardano - come lei ha sottolineato - il trasporto pubblico locale e le risorse idriche. Sono necessarie numerose infrastrutture per un sistema che metta a norma le risorse idriche, soprattutto nel Mezzogiorno, comprese nell'elenco delle opere della legge obiettivo. Sarà necessario fare il punto della situazione anche su questa questione.
Siamo così convinti dell'importante lavoro svolto dall'osservatorio sulla legislazione della nostra Commissione che, come gruppo dell'Ulivo, abbiamo chiesto al presidente di poterci avvalere dell'aggiornamento di questo lavoro alla vigilia del DPEF per quest'anno. È vero, nelle note che illustrano il lavoro della Commissione parlamentare, soprattutto del Servizio Studi, riguardo al rapporto sulle opere, vi sono alcune indicazioni e apprezzamenti sulla legge obiettivo, ma vi sono anche,


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nude e crude, le cifre che lei oggi ha citato, signor ministro. Queste cifre le abbiamo sempre tratte - anche per la nostra discussione, a volte polemica, con la maggioranza di allora - dall'analisi obiettiva circa la mancanza delle risorse necessarie. La Corte costituzionale aveva sottolineato la crescente difficoltà di rapporto tra Governo e regioni riguardo alle materie di competenza concorrente e ad alcuni elementi particolari inerenti la legge obiettivo. Faccio riferimento alla valutazione di impatto ambientale strategico, uno degli elementi che in qualche modo ha rallentato e acceso i contenziosi tra le regioni e il Governo centrale.
Alcuni elementi riguardano la questione di impianto generale e, dal nostro punto di vista, sono fondamentali per ripartire con riferimenti molto netti e certezze rispetto alle risorse da reperire, ma anche da destinare ulteriormente.
Vorrei sapere con maggiore nettezza qual è il giudizio dell'opposizione di oggi sull'operato dell'Anas e sulla necessità di fare il punto della situazione prima che il Ministero dell'economia - come tutti ci auguriamo - reperisca le risorse riaffidandole a quel management, con quella impostazione, per far ripartire i cantieri. Spesso ci siamo ritrovati impelagati in una discussione che alla fine non ha prodotto niente, semmai ha amplificato alcune delle difficoltà che lei oggi ha sottolineato.
Altri argomenti che cito solamente, ma di cui credo dovremo tornare a parlare, riguardano la legislazione urbanistica, il governo del territorio, la pianificazione - rispetto ai quali la discussione in Parlamento è stata ampia, ma vorremmo riaffrontarli con gli enti locali, i territori e soprattutto con le regioni - e la casa. Reiteratamente, nel corso della passata legislatura, abbiamo fatto riferimento al tema della riqualificazione urbana, dell'edilizia e della casa, che consideriamo una questione sociale che darebbe grande contributo allo sviluppo economico, nonché alla riqualificazione.
Penso che avremo modo di tornare con più precisione su questi argomenti.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Facciamo a capirci: mi avete detto che bisognava svolgere una serie di relazioni e quindi sto facendo una presa d'atto. Se mi dite che dobbiamo parlare della casa, possiamo anche fissare tre giornate alla settimana per affrontare la questione.
Ha ragione l'onorevole Lupi quando dice che bisogna parlare di un programma. Per farlo, però, il primo passo è lo stato di fatto, altrimenti come faccio a fare un progetto?
Se vogliamo parlare della casa e di quant'altro, abbiamo bisogno di otto ore.

RAFFAELLA MARIANI. Era un elenco di temi che volevamo lasciare agli atti e che ci interessano.

PRESIDENTE. Appunto perché sta ascoltando...

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Vi chiedo di avere otto ore di tempo a disposizione, non di andarmene via.

PRESIDENTE No, signor ministro. La collega Mariani ha solo elencato degli argomenti di futuri confronti. Il tema è molto ampio.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Io sono disposto a rimanere qui anche per otto ore, ma non mi si deve dire che non ho parlato di alcuni temi.

PRESIDENTE. Credo che sia chiaro il senso delle materie elencate dalla collega Mariani: riguardano temi futuri da approfondire inerenti la politica di questa Commissione e del Ministero.
Approfitto dell'interruzione per ricordare che proseguiremo dando la parola ai colleghi che rappresentano i vari gruppi e successivamente interverranno gli altri colleghi che ne hanno fatto richiesta.
Chiedo al ministro - e credo che sia nell'interesse della Commissione - se fosse possibile, rispetto alla presa d'atto fatta oggi con dovizia di dati, prevedere che nel


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DPEF sia inserito un elenco di priorità, con il reperimento delle risorse necessarie. Il prossimo passaggio sarà il documento di programmazione economica e finanziaria e credo, signor ministro, che sia utile per il Paese, per lei e per noi che vi sia contenuto un elenco delle priorità sul quale il Parlamento possa confrontarsi.

GUIDO DUSSIN. Ho preso atto che siamo qui per analizzare lo stato di fatto e in parte per l'analisi storica. Chiediamo quali sono le tendenze e le potenzialità del Paese. Come Lega Nord, siamo sicuramente più interessati alle opere del nord. Le faccio, a tal proposito, una domanda: quali opere intende maggiormente sviluppare e qual è la situazione di alcune opere importanti, con particolare riferimento a quelle più strategiche? Nel merito entreremo nel corso dei prossimi incontri con i viceministri o chi per loro.
Per quanto riguarda le cose che non costano - ci saranno pure cose che il Ministero dovrà fare e non hanno costi - il ministro cosa intende fare? Fatta questa analisi e rinvenuta l'esistenza di buchi nei bilanci e della mancanza di soldi, di cui prendiamo atto, cosa si intende fare sulle cose che non prevedono costi? Mi riferisco, in particolare, alla normativa e ai temi citati dai miei colleghi. Badi bene, non voglio sollecitarla a parlare in questa occasione di tutti questi argomenti. Io sono disponibile a rimanere in questa sede per otto ore e ben vengano incontri con lei o con i suoi viceministri in più occasioni: in questa prima fase abbiamo bisogno di un confronto per capire le nuove linee guida che intende portare avanti. Vogliamo anche sapere come sarà supportato: a parte il primo periodo in cui dovremo coprire questa situazione, poi dovremo capire quale sarà la tendenza successiva e, quindi, le potenzialità del Paese.
Da parte mia rimane la volontà di comprendere l'azione strategica che si intende perseguire sui vari temi. Ci confronteremo nelle prossime occasioni; da parte nostra vi è la massima disponibilità al dialogo, affinché si possano portare a termine alcune opere fondamentali - lo dico chiaramente - che sono ferme da anni, in particolar modo in alcuni territori.

PRESIDENTE. Penso che nello spirito di questa Commissione faremo di tutto per procedere nella direzione da lei auspicata, onorevole Dussin.

ANGELO PICANO. Il ministro oggi ci ha fornito una fotografia esatta dello stato dei lavori delle Ferrovie e dell'Anas. Il documento di programmazione economica e finanziaria ci permetterà di affrontare una discussione più ampia sulla strategia del Ministero, che svolge un ruolo chiave per la modernizzazione del Paese.
La prima cosa che mi sento di dire è che il mio partito è impegnato, sia nell'assestamento di bilancio, sia nella discussione della legge finanziaria, al reperimento di risorse che possano finanziarie le iniziative messe in cantiere, dopo aver valutato le priorità con cui portare avanti i lavori.
La seconda osservazione sulla quale richiamo l'attenzione del ministro è la seguente. Mi giunge voce che in Francia, in Spagna e in altri paesi europei il costo della costruzione delle ferrovie a chilometro sia di un terzo rispetto ai costi del nostro Paese. Mentre l'Italia spende 75 miliardi di euro a chilometro, la Francia ne spenderebbe 15. Questo potrebbe essere spiegato con l'orografia del territorio: l'Italia è un Paese montagnoso, gli altri paesi sono diversi. Credo che andrebbe posta l'attenzione su questi aspetti per individuare le strozzature, le anomalie e le procedure, anche legislative e normative, che impediscono un maggiore risparmio.
In terzo luogo, ci rendiamo conto delle risorse ingenti che servono a modernizzare il Paese, ma anche della difficoltà a reperirle. Allora, perché non pensare a una formula delle concessioni nella costruzione di grandi opere che faccia sì che il capitale interno e internazionale si impegni in queste costruzioni, in modo da esentare lo Stato dall'intervenire direttamente? Potrebbe trattarsi di concessioni trentennali, quarantennali o cinquantennali,


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finché l'opera realizzata non diventi di proprietà pubblica.
In questo modo, per analogia a quanto è stato fatto in altri paesi europei, potremmo accelerare la modernizzazione del Paese e dotarlo delle infrastrutture più che mai necessarie per competere sui mercati internazionali.

LELLO DI GIOIA. La ringrazio, presidente, dell'opportunità che ci ha dato di ascoltare il ministro. Voglio ringraziare anche il ministro Di Pietro, non soltanto perché si è reso disponibile a restare qui per otto o nove ore. Sappiamo benissimo che egli è uno stakanovista e, quindi, non avrebbe problemi a restare qui a discutere della situazione infrastrutturale del nostro paese. Lo voglio ringraziare perché ha messo questa Commissione in condizione di valutare attentamente e con grande serenità la situazione economica relativa alle grandi opere infrastrutturali, la situazione dell'Anas e delle Ferrovie. Credo che questo sia propedeutico a qualsiasi ragionamento di programmazione futura, che andrà sviluppata con il Ministero interessato.
Esprimo una prima considerazione con molta umiltà, ma anche con grande fermezza nei riguardi dei colleghi sia della maggioranza sia dell'opposizione. Come ha già fatto il nostro presidente, riconfermo e sottolineo che questa Commissione opererà come ha fatto nel corso della passata legislatura: in maniera bipartisan, discutendo in modo sereno e serio, per il bene comune del nostro Paese.
La riflessione che volevo fare è la seguente. Vi pare possibile tracciare le linee programmatiche di un Ministero nel momento in cui non disponiamo dei dati? Il ministro oggi ha presentato la situazione con dovizia di particolari. Non vi è alcuna polemica: i dati sono questioni asettiche che devono farci riflettere con grande attenzione su cosa dobbiamo fare e su come dobbiamo programmare il futuro. Ebbene, da questi dati emerge una significativa situazione: c'è un problema che riguarda RFI e un altro che concerne l'Anas e gli interventi sulle grandi opere pubbliche.
La questione che ci dobbiamo porre - e che giustamente il ministro ha posto - è come sia possibile riattivare quei cantieri che oggi sono fermi, per il semplice fatto che non vi sono disponibilità finanziarie. Aggiungerei che moltissime aziende rischiano di fallire perché i pagamenti sono enormemente ritardati da parte degli organi competenti. Inoltre, molte arterie importanti della nostra realtà nazionale sono bloccate perché ad oggi non vi sono disponibilità finanziarie, in quanto la differenza è di circa 3,5 miliardi di euro.
Al di là della solerzia che il ministro ha avuto nel sottolineare al Ministero dell'economia la necessità di reperire questi fondi per riattivare il sistema degli appalti, e delle opere da completare, credo che sia necessario che nei prossimi giorni - e il ministro ha rimarcato la sua disponibilità nel suo intervento iniziale - vengano discusse le priorità da dare agli interventi da realizzare e le linee programmatiche del Ministero, nel momento in cui vi sarà la possibilità reale di coprire un buco esistente.
Diventa difficile ragionare sulle prospettive, se non vi è la possibilità di guardare a quello che già esiste. Credo che dobbiamo ragionare con estrema realtà sulla situazione economica che stiamo attraversando: come è emerso anche nell'audizione con il ministro dell'economia, non mi pare che i dati siano estremamente confortevoli. Anzi, si tratta di dati estremamente negativi, che ci devono far preoccupare e che ci devono spingere a costruire un rapporto forte, intenso e sistematico con il Ministero delle infrastrutture per capire come vogliamo muoverci nel prossimo futuro.
Avviandomi alle conclusioni, vorrei esprimere alcune considerazioni molto tranquille nei riguardi del collega Lupi. Non è vero che questa maggioranza non abbia una sua idea dello sviluppo infrastrutturale. È una maggioranza che ha la stessa idea. Non è qui necessario ribadire che abbiamo sottoscritto tutti un programma


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e che sappiamo quello che dobbiamo fare. Sappiamo tutti che questo paese necessita di una grande rete di infrastrutturazione, così come sappiamo che lo sviluppo passa attraverso una modernizzazione di tali infrastrutture.
Non penso, quindi, che vi saranno delle difficoltà da parte di questa maggioranza nell'affrontare e risolvere le questioni che ci verranno poste, nella misura in cui avremo le risorse per risolverle.
Signor ministro, in questa legislatura dobbiamo caratterizzarci per dati certi. Dobbiamo avere la capacità di aprire i cantieri, sapendo che nel momento in cui si aprono essi debbono essere portati a conclusione. Dobbiamo avere poste di bilancio che ci consentano di completare le opere. Sono convinto - e ne approfitto per ringraziarla ancora - che riusciremo a raggiungere questo obiettivo.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Posso intervenire in replica dopo i rappresentanti dei gruppi?

PRESIDENTE. Il ministro è qui da più di due ore e lo ringrazio per la disponibilità. Se fosse possibile, chiedo ai colleghi iscritti a parlare di limitarsi a porre la questione in un minuto.

AURELIO SALVATORE MISITI. Ho ascoltato la relazione del ministro e la ritengo molto realistica. Sono completamente d'accordo con l'obiezione mossa dall'onorevole Stradella: prima di pronunciarci nel merito delle questioni sollevate, sarebbe bene che studiassimo i dati che il ministro ci ha fornito. Il confronto, onorevole Lupi, si può fare solo dopo la conoscenza. Oggi abbiamo già «tanta carne al fuoco» ed è bene elaborarla, farci un'idea precisa, dopodiché, il ministro e i suoi viceministri verranno a dirci cosa vorranno fare da qui in avanti.
Badate che il piano nazionale dei trasporti non si può attuare in una legislatura, ma ne servono tre, quattro o cinque. Bisogna stare attenti a fare polemiche che, da qualunque parte provengano, in questo caso sono fuori luogo.
Ho molto apprezzato anche le brevissime e immediate relazioni, ancora in nuce, sull'incidente verificatosi in Sicilia. Quell'incidente deve essere analizzato molto bene, in modo che tali eventi non si ripetano. Forse non tutti lo sanno, ma incidenti del genere sono più frequenti di quanto si pensi. Si tratta di incidenti fortunatamente senza morti, che avvengono in diversi cantieri. Sfortunatamente questa volta ci sono stati morti e feriti ed è apparsa evidente la necessità di darne risalto. Bisogna, però, stare attenti a fare facili semplificazioni. Si dice che bisogna cambiare la legge sugli appalti perché si sono verificati degli incidenti. Mi sembra un collegamento un po' strano. La sciagura è stata causata da questioni tecniche. Quindi, facciamo attenzione alle semplificazioni. Bene ha fatto il ministro a dirci che sono le primissime considerazioni delle due commissioni e che verificheremo poi cosa emergerà.
Vengo alla questione Autostrade-Abertis. Mi sembra che la Commissione sia in sintonia con il ministro e probabilmente anche con i ministri dell'economia e delle attività produttive. Ritengo che si stia procedendo molto bene: la questione Autostrade-Abertis è legata al futuro dello sviluppo dell'infrastrutturazione del paese. Non è un fatto secondario avere o meno due miliardi di euro per infrastrutture autostradali in più o comunque per infrastrutture necessarie, soprattutto per le zone difficili del nostro territorio. Non solo per il passato, ma anche per il futuro, dobbiamo far sì che chi ha la concessione debba continuare a svolgere questo ruolo e a realizzare infrastrutture con i fondi disponibili.
Infine, vi è la questione dei fondi. Anche in questo caso, dobbiamo stare attenti alle semplificazioni. Come dicevo, per qualsiasi maggioranza è impossibile realizzare un piano di grandi opere pubbliche in cinque anni e tantomeno si possono cambiare o stravolgere i piani ogni cinque anni. Apprezzo molto il discorso del ministro di «non buttare il bambino con l'acqua sporca»: dobbiamo distinguere tra le opere che vanno bene,


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che ci convincono e che si possono realizzare, e quelle che possono essere accantonate ma - badate - solo per rinviarne la realizzazione, perché meno urgenti. Si è parlato di priorità, un dato che mi sembra effettivamente buono.
Bisogna poi distinguere tra i fondi: vi sono quelli del Tesoro e quelli che provengono da altre attività. Ad esempio, i fondi per investimenti pubblici sono diversi da quelli per la realizzazione di opere pubbliche senza ritorno o con un ritorno non considerato. Investimenti pubblici o privati in grandi opere devono avere un ritorno. Se va via un investimento che ha un ritorno al sud e si trova lo stesso investimento in un'altra zona del Paese con maggiore ritorno, ciò significa depauperare il sud. Stiamo attenti, quindi, anche alle questioni della distinzione dei fondi.
Infine, i fondi sono necessari per l'anno in corso. Si dice che i fondi necessari sono, ad esempio, 5 miliardi di euro. Tuttavia, se l'Anas o le Ferrovie dello Stato fossero in grado di spendere 6 miliardi di euro in un anno, a quei dirigenti darei il premio Nobel. Nemmeno un quarto dei fondi si possono spendere in un anno: i fondi servono nel corso di tanti trienni o quinquenni per realizzare le opere. I piani nazionali dei trasporti sono, come minimo, decennali. È chiaro che sui fondi le esigenze che sono state poste vanno riviste in un quadro di programmazione.
Come è avvenuto per la riforma della Costituzione, ogni maggioranza non può fare il proprio piano dei trasporti, che dovrebbe essere di lungo termine, da realizzare in tempi realistici e non immaginari.

PAOLO CACCIARI. Sarò rapidissimo perché credo anch'io che bisognerà studiare bene i dati. Mi pare che l'incontro di oggi sia inevitabilmente interlocutorio. Lancerò solo dei flash.
Da quanto diceva il ministro oggi e l'altro giorno, mi pare di capire che non si tratta soltanto di una crisi di cassa e neanche solo di una crisi finanziaria. Come dice il direttore generale dimissionario dell'Anas, l'azienda è fuori controllo. Essendo questa l'azienda che dovrebbe controllare, mi pare che la crisi sia del sistema nel suo complesso.
Nella scorsa audizione il ministro parlava di «mission» contraddittoria, ibrida, dell'Anas. La domanda nasce spontanea: c'è un'idea, un progetto da parte del suo Ministero o del Governo per superare questa crisi di sistema del trasporto?
Vengo alla seconda questione. Siamo tutti molto interessati all'apertura dei cantieri, però siamo altrettanto interessati allo svolgimento dei servizi ordinari esistenti. Tanto per rimanere al sud, leggevo che le Ferrovie dello Stato stanno cancellando il servizio di alcuni traghetti per il collegamento con le isole. Abbiamo assistito tutti alle proteste quotidiane dei pendolari e degli utenti abituali per lo stato di manutenzione della rete e dei servizi. Capisco che ci sia stata la divisione dei compiti tra i due Ministeri, però credo che la nostra gente chieda una risposta non secondo le specifiche competenze, ma di sistema. Ritengo, quindi, che dovreste fare uno sforzo maggiore di coordinamento tra i due Ministeri in modo da dare risposte complete.
Inoltre, bisognerà capire le ragioni di questa crisi finanziaria e di cassa: o il management dell'Anas ha un po' «imbrogliato» le carte e forse lo ha fatto anche qualche referente ministeriale nei passati anni, oppure c'è stato un errore di valutazione, di eccessiva fiducia sui project financing. Ricordo alcune di quelle opere che vi erano iscritte: all'inizio si partiva senza oneri in carico per lo Stato; andando avanti di qualche anno, l'onere è diventato di un terzo, poi della metà e ancora di più della metà. Bisogna, dunque, capire bene se si è trattato solo di una confusione oppure se ci sono state delle valutazioni errate.
Infine, una riflessione che dovrà essere fatta di concerto con il Ministero dell'economia: come si rimettono in moto questi cantieri? Siamo proprio sicuri che debbano essere tutti a carico della fiscalità generale, ancora una volta, oppure si possono rimettere in campo delle idee realistiche, non del tipo finance project? Lei


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parlava di minipedaggi, ad esempio; in altri posti del mondo si chiamano «tasse di scopo». Diciamolo chiaramente, signor ministro, sempre alla luce del discorso di collegamento tra i ministeri, la politica deve dare una risposta globale: alcune di queste opere stanno rendendo miliardi di utili a cacciatori di terre e speculatori immobiliari che, all'uscita di ogni casello e di ogni nuovo raccordo, realizzano milioni di metri cubi di capannoni, centri commerciali e così via, grazie ai vantaggi localizzativi che queste nuove opere producono. È molto buffo che tutta la finanza pubblica si stia indebitando, mentre alcuni furbetti che la vedono più lunga riescono a ottenere varianti urbanistiche nei comuni sotto casa, che grazie a queste nuove opere, che non sappiamo come finanziare, si stanno arricchendo.
Bisogna avere una capacità di progettazione e di programmazione che non sia legata solo alla quantità di traffico che porta ciascuna tratta stradale, ma anche agli effetti e alle ricadute economiche che essa può avere.

PRESIDENTE. Dobbiamo individuare un metodo di lavoro. È necessario dare al ministro il tempo per la replica, ricordando che alle ore 14 deve essere in Senato.
Pertanto, avendo ancora tre interventi dei gruppi, in ogni caso alle 13,30 darò la parola al ministro per la replica. Se i colleghi che intervengono a nome dei gruppi riescono ad essere contenuti, possiamo lasciare spazio a coloro che si sono iscritti a parlare.

PIETRO ARMANI. Per quanto riguarda i problemi di programmazione mi richiamo a quanto detto dal collega Lupi. Aspettiamo che in occasione della presentazione del DPEF - visto che per legge in allegato ad esso dovrà essere inserito l'elenco delle opere da programmare e da effettuare nell'arco di durata e di vigenza del DPEF stesso - vi sia una strategia di priorità per queste opere. Mi rimetto, dunque, a ciò che esamineremo al momento della presentazione del DPEF. In quell'occasione svolgeremo l'analisi che lo stesso ministro ha rinviato, avendoci fornito oggi una documentazione che dovremo verificare.
Per quanto riguarda lo «spacchettamento» tra infrastrutture e trasporti, le auguro, ministro, che esso non determini sovrapposizioni e conflitti di competenza. La riforma dei ministeri era stata fatta dal ministro Bassanini; ora avete spaccato in varie parti alcuni ministeri precedentemente accorpati. A mio avviso, il collegamento tra infrastrutture e trasporti era abbastanza razionale. Le faccio quindi tanti auguri, sperando che riesca a evitare sovrapposizioni e conflitti di competenza con il suo collega dei trasporti.
Non basta dire: «io faccio le opere e il ministro dei trasporti si preoccupa della movimentazione dei treni o dei TIR sulle strade». Credo che questo sarà uno dei problemi sui quali ella, signor ministro, avrà da riflettere e soprattutto da confrontarsi con il suo collega dei trasporti.
Per quanto riguarda l'Anas, lei ha giustamente ricordato la storia della sua trasformazione da ente di diritto pubblico in società per azioni. Tuttavia, lo scopo della trasformazione dell'Anas in SpA era di farla uscire dall'area della finanza pubblica. Come lei sa, in base ad una direttiva dell'Unione europea, si esce dall'area della finanza pubblica se il 50 per cento dei ricavi è effettuato al di fuori dei conti dello Stato. Nell'ottica di far uscire questa struttura dall'area finanza pubblica, che è fortemente gravata da oneri e da vincoli che talvolta risalgono a tempi molto lontani - mi riferisco all'ammontare del debito pubblico - occorreva che la SpA avesse una sua autonomia di finanziamento e un capitale adeguato. Da lì è nata la questione dei residui: quanta parte era effettivamente disponibile e quanta, viceversa, era vincolata agli impegni effettuati o in via di realizzazione.
Lei non l'ha ricordato - io come ex presidente di questa Commissione lo ricordo bene - ma vi era il problema del contenzioso. C'era una marea di contenzioso con le ditte appaltatrici sul quale c'era una nebbia assoluta, nel senso che


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non si sapeva l'ammontare effettivo di questo contenzioso, quanto potesse risolversi e con quali oneri per l'Anas, una volta arrivati all'arbitrato. Tuttavia, l'Anas aveva - ed ha - un capitale molto consistente. Basta pensare ai terreni, alle case cantoniere, ai cartelloni pubblicitari e agli accessi alle strade. Se si mettesse a reddito tutto questo patrimonio, il problema sarebbe risolto. Inizialmente, addirittura, non si conosceva neanche il numero delle case cantoniere esistenti e quanti erano gli accessi che potevano essere messi a valore economico. Credo che questo tipo di analisi sia stata compiuta e che vi siano dei dati a disposizione.
Successivamente, nel 2005, in collegamento con la legge finanziaria dello stesso anno, fu varato - come ricorderà il collega Realacci - un decreto legge con cui l'Anas fu divisa in due parti. Una società doveva occuparsi della manutenzione normale delle strade e presumibilmente avrebbe dovuto gravare quasi interamente sull'area della finanza pubblica, ancorché mettendo a valore economico gli accessi, la cartellonistica, le case cantoniere e così via. Per l'altra società, invece, l'Anas si univa al capitale privato per la gestione di concessioni autostradali in prospettiva del completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, Orte-Venezia e così via. Nell'ambito di quest'ultima società rientra l'accordo sull'autostrada Asti-Cuneo che - come lei sa - è in gestione mista fra Anas e privati. Indipendentemente dagli 1,1 miliardi di euro necessari per completare i lavori entro il 2006, credo che la struttura di separazione tra Anas statale e Anas in accordo con i privati sia da valorizzare, ai fini del fatto che dobbiamo eseguire tante opere, sia pure scaglionate nel tempo, impiegando tanti soldi, quindi con la necessità di coinvolgere il capitale privato.
In ultimo, in riferimento alla questione Autostrada-Abertis, il ministro ha detto di aver chiesto il parere del Consiglio di Stato e ha fatto bene. Il Consiglio di Stato le ha risposto che lei ha diritto a dare una autorizzazione, però ha aggiunto che c'è qualcuno che deve richiederla. Si presume che sia Autostrade holding, o addirittura Autostrada per l'Italia, la sottostante all'holding, a doverlo fare. Tuttavia, cosa accadrebbe se questa richiesta non vi fosse? Il Ministero deve intervenire, sulla base del parere del Consiglio di Stato.

GIACOMO DE ANGELIS. Sarò velocissimo: porrò solo due questioni relative a due punti specifici. Credo che abbia fatto bene, e ringrazio il ministro per l'ampia relazione...

PRESIDENTE. Chiedo scusa se la interrompo. C'è un'organizzazione con cui dovremo confrontarci, perché i gruppi sono aumentati numericamente. Se questo può consolare il collega Napoli, faccio notare che il gruppo dell'Ulivo, che è il doppio di quello di Forza Italia come dimensioni, ha svolto un solo intervento.

GIACOMO DE ANGELIS. Credo che, su quest'ultima considerazione, il presidente dovrà trovare il modo di organizzare il lavoro con tutti noi. Nessuno si sottrarrà alla responsabilità di trovare il metodo con cui procedere nei lavori.
Poiché si tratta di un'audizione importante, vorrei ringraziare il ministro anche per i dati che ci ha fornito. Esprimo però una preoccupazione: se da un lato è importante che si sappia di cosa stiamo parlando, dello stato dell'arte, dall'altra parte la invito a fare attenzione al dopo. Ricordo bene quando è stato detto che l'Italia sarebbe stata un grande cantiere unico, che si sarebbe costruito dappertutto. Facciamo attenzione: questo messaggio è passato tra le popolazioni. Da tutte le parti si è pensato, progettato e si è andati avanti sull'ipotesi di realizzare progetti. Sui territori vi è molta attesa, quindi dovremo spiegare bene la situazione.
Per questo motivo apprezzo il suo punto di vista iniziale, ma allo stesso tempo dovremmo dire qual è lo stato dell'arte, sottolineando l'incapacità di realizzare queste opere e di scegliere tra loro: ecco la scelta strategica. Le chiedo anche che tipo di contributo questa Commissione può dare nel rapporto diretto con l'esecutivo


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nazionale. Credo che i passaggi ulteriori, dopo questa prima discussione, debbano vertere essenzialmente sulle grandi scelte strategiche che dovremo compiere, anche in tempi diversificati.
Ringrazio poi il ministro per aver relazionato in modo abbastanza dettagliato sull'incidente che si è verificato in Sicilia. È vero - e voglio dirlo anche ad un collega che è intervenuto prima - non dobbiamo creare allarmismo; però, attenzione, l'indifferenza uccide anche di più. In questo caso ci troviamo di fronte ad un morto e a diversi feriti, mentre in altre occasioni non vi sono stati incidenti mortali, però questo deve essere un punto d'onore per noi parlamentari e per il Governo. Signor ministro, considerato che c'è già stata un'esperienza analoga in Senato nella precedente legislatura, le chiedo se non sia il caso di istituire una Commissione d'inchiesta sulla questione della realizzazione dei progetti e degli appalti, in modo che si svolga una verifica e un controllo su ciò che succede, visto che i casi di cui abbiamo cognizione da diverso tempo non sono isolati, ma numerosi.

GRAZIA FRANCESCATO. Per fare contento l'onorevole Napoli farò un flash di un minuto. Per prima cosa, non riteniamo affatto che il ministro Di Pietro abbia sollevato un polverone o che sia stato confuso. In realtà, egli ha fatto una ricognizione capillare e forzatamente complicata dello stato dell'arte. Direi che è uno stato di confusione non casuale, che quasi sembra voglia coprire una sorta di «gioco delle tre carte». Questa situazione finanziaria, che sicuramente è più grave di quella che ci aspettavamo, non ci stupisce più di tanto. Noi siamo «Cassandre istituzionali»: avevamo suonato molti campanelli di allarme e, quindi, non siamo colti di sorpresa, anche se la situazione è molto più grave del previsto e non si risolverà soltanto procedendo con il commissariamento dell'Anas, che comunque sembra essere un passo logico. Condivido la preoccupazione del collega Cacciari: non appare soltanto una crisi di cassa o finanziaria, ma una crisi del sistema nel suo complesso. Il problema, signor ministro, è capire come superare questo impasse. Al di là del commissariamento, avviamo un progetto per affrontare questa crisi di sistema.
Di fronte a questa mancanza di fondi - mi verrebbe da dire che «non c'è trippa per gatti» - siamo costretti a mettere in primo piano le priorità, le scelte da compiere, cioè il lavoro che dovrà fare questa Commissione. Non si tratta di riaprire tutti i cantieri indiscriminatamente e di riempire l'Italia di opere pubbliche, ma di realizzare quelle utili, quando e laddove lo siano realmente.
Ritengo necessario far presente a tutti che non partiamo da zero. Abbiamo un programma dell'Unione, su cui abbiamo lavorato insieme in maniera molto approfondita, che stabilisce queste priorità. Il problema è quali di queste priorità potremo onorare con l'attuale situazione finanziaria, cioè fino a che punto potremo attuare il nostro programma. È su questo che dovremo insieme stabilire le priorità.
Per quanto riguarda il Codice degli appalti, avevamo chiesto di sospendere l'efficacia delle norme previste dal nuovo Codice per correggere i punti negativi. In particolare, ricordo quelli che hanno fatto saltare le regole fondamentali della legge Merloni, cioè la separazione tra progettazione e costruzione e il ricorso estensivo alla trattativa privata. Da questo punto di vista, offriamo una valutazione positiva del lavoro che il Governo sta svolgendo, anche per quanto attiene alla questione di Autostrade-Abertis, su cui riteniamo di fare una valutazione complessiva come Commissione.

PRESIDENTE. Ora darò la parola al ministro per la replica. Se il ministro riesce a terminare il suo intervento entro un certo orario, possiamo svolgere le questioni; altrimenti i quesiti possono essere posti sotto forma di interrogazione, con l'impegno della Commissione ad ottenere una risposta in termini solleciti. Si tratta comunque di organizzare un andamento dei lavori che ci consenta di finire per tempo.


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OSVALDO NAPOLI. C'è un problema di metodo.

PRESIDENTE. Do la parola al ministro Di Pietro per la replica.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Capisco il problema di organizzazione dei lavori e ne prendo atto, ma dovete affrontarlo voi. Sono a vostra disposizione, ma purtroppo sono stato convocato al Senato alle ore 14.
Mi scuso, innanzitutto, ma forse mi sono spiegato male. Noi vogliamo arrivare a ridefinire un piano infrastrutturale partendo dal DPEF e ciò che stiamo facendo in questi giorni è confrontarci insieme. Così avevo capito, scusatemi se non è così. Dovremmo confrontarci con le parti interessate e i poteri per permettere al Governo di tener conto di tante situazioni.
Non pensavo, né potrei pensare oggi - che non ho ancora le funzioni di ministro, poiché il provvedimento non è stato ancora registrato alla Corte dei conti - di venire in Commissione a proporre il nuovo programma pluriennale di attuazione delle infrastrutture in Italia.
Ciò premesso, ho già detto - e lo ribadisco - che è necessario ripartire da quello che è stato fatto, proprio per le ragioni citate dall'onorevole Misiti. Non si può fare un programma pluriennale delle infrastrutture del paese annuale o di legislatura. È ovvio che, cambiando le legislature e le maggioranze, si possano rivedere, rimodulare e ridefinire le priorità, ma non si può buttare via l'ossatura complessiva.
Ritengo, peraltro, che lo sforzo fatto nella scorsa legislatura - questa è una dichiarazione politica che mi sento di fare - di cercare quanto più possibile di dare gli strumenti per un piano infrastrutturale italiano importante e competitivo per il sistema paese nel confronto con il resto dell'Europa sia importante. Possiamo discutere se sia utile o meno il ponte sullo Stretto di Messina, ma come Governo diamo per acquisita la necessità delle infrastrutture, così come lo hanno fatto il programma dell'Unione e quello del centrodestra. Non credo che dobbiamo discutere sul fatto che con il cambio di legislatura si debba buttare via tutto. Io non me la sento di dire questo.
Cosa ho voluto fare oggi? Altro non ho fatto che dare seguito agli impegni che avevamo assunto nel nostro ultimo incontro. Vi prego di rileggere il resoconto della riunione o di ascoltare le registrazioni. Eravamo rimasti d'accordo che, posto che delle opere erano cantierizzate, altre appaltate ma non cantierizzate, altre semplicemente assegnate o che appartenevano ad un «libro dei sogni», si doveva parlare della situazione allo stato dell'arte, cioè delle opere che si stanno facendo e di quelle che, sebbene non in fase di attuazione, sono già state assegnate. Vorrei ricordare a me stesso e a tutti che se si fa un contratto, compreso quello sul ponte dello Stretto di Messina, vi sono delle conseguenze tecnico-giuridiche, da cui conseguono anche delle spese, dei costi, degli investimenti e delle soluzioni da prendere. Dobbiamo intervenire per limitare i danni: ad esempio, con riferimento al ponte sullo Stretto di Messina, per il centrosinistra ciò vuol dire realizzarlo o meno, per il centrodestra pagare quanto dovuto.
L'altra volta mi è stato chiesto di elencare le opere. Certo, è noioso ascoltare l'elencazione completa delle opere con i numeri relativi, ma cosa posso fare se non produrvi lo stato dell'arte? Ho fatto un grosso sforzo per ricercare all'interno del sistema del trasporto viario, ferroviario e autostradale le opere assegnate, appaltate e cantierizzate, quelle assegnate, appaltate ma non cantierizzate, quelle assegnate e non appaltate, quelle indicate ma né assegnate né appaltate e quelle di cui non c'è traccia.
La progettazione infrastrutturale che intendiamo porre in essere parte da un progetto esistente, che non è solo vostro, ma è figlio del precedente, che a sua volta è figlio del precedente ancora, che cammin facendo si modella e si rimodula in base a tre esigenze: priorità finanziarie, di sistema e dovute ad emergenze in relazione a qualche fatto specifico.


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Ciò stabilito, nell'ambito del dialogo «in progress» che stiamo affrontando - non si conclude qui la nostra riunione, anzi auspico che continui, perché vorrei continuare a confrontarmi con voi su questo aspetto - ho cercato di tenere un profilo volutamente descrittivo e ricognitivo. Se volete che vada oltre, alcune cose dovete permettermi di dirle. Il problema grave qual è? Non credo che il Ministero debba scaricare il suo progetto senza discuterne con nessuno. Al contrario, credo che il Ministero debba discuterne anche in questa sede, soprattutto con le regioni, in uno spirito federalista, di coinvolgimento e di compartecipazione. Per questo motivo ho scritto ai presidenti di regione, a cominciare dalla Lombardia, che - con tutto il rispetto per le altre regioni - ha una situazione infrastrutturale enorme, fissando una settimana di incontri. Il Ministero, con Anas, Ferrovie, porti, metropolitane e tutti i soggetti interessati, invitando peraltro anche i rappresentanti del Ministero dell'economia e chi di voi volesse essere presente, andrà di regione in regione, con tutti i dati di cui disponiamo sotto l'aspetto finanziario, progettuale e di diversificazione e con le intese sottoscritte già dal precedente Governo. Ebbene, con quell'intesa in mano, stante la situazione finanziaria, verificheremo come possiamo rimodellarla, se è necessario mantenere quell'impostazione o se bisogna rivederla. A mio avviso, occorre ascoltare il parere delle regioni prima di procedere a delle modifiche.
Posso già annunciarvi che la progettazione infrastrutturale che intendiamo dare terrà conto, e come, degli organi istituzionali territoriali. Ne vorrà tenere conto quantomeno per confrontarsi con essi, per verificare quali opere vale la pena fare e quali no, qual è un «libro dei sogni» e quale una realtà, dove ci sono fondi e dove non ci sono. Ho sentito che in tante regioni ci sono opere a costo zero. Io dico che non sono a costo zero, perché ci vogliono 800 milioni di euro per cominciare! E chi li paga?
Ad esempio, in Lombardia vi è un problema che dovremo affrontare. Ci sono tante opere, tutte importanti e cantierizzabili: la quarta corsia si sta facendo, la Brebemi, la pedemontanina e la pedemontana grossa si possono fare. Quante ne facciamo? Le facciamo tutte insieme o prima una e poi l'altra? Quali sono quelle prioritarie? Di questo andremo a discutere con la regione, per non fare la fine, ad esempio, della Cisa, che va dal Tirreno all'Adriatico, per la quale sono state previste due traiettorie, con due concessioni: una a monte e una a sud. Forse sarebbe il caso di sceglierne una sola. Noi andiamo a discutere nel territorio: può darsi siano necessarie entrambe, solo una o l'altra.
Se non ho parlato di questa progettazione è perché la davo per acquisita. Chi di voi vorrà partecipare, regione per regione, non solo è benvenuto, ma ci aiuta a capire meglio. Abbiamo già fissato la data del 17 luglio per la Lombardia. Ho svolto una serie di tavoli tecnici preparatori per questo incontro: un tavolo tecnico per la Brebemi, un altro per la pedemontana e via dicendo. Ho scritto al presidente Formigoni chiedendogli di indicarmi chi parteciperà ai vari tavoli tecnici: quando discuteremo dovremo affrontare il problema.
È certo che tutto questo troverà spazio nel DPEF, ma forse non basta. Sarà un progress continuo che faremo insieme in questi anni.
Il problema di cui ho voluto parlare urgentemente riguarda l'Anas. Forse mi sono spiegato male, ma il problema dell'Anas non è il miliardo di cassa che manca. La cassa, onorevoli, manca all'Anas e alle Ferrovie. Anzi, mancano più soldi alle Ferrovie che all'Anas. Il problema è di credibilità patrimoniale per la sussistenza e l'esistenza dell'Anas. Il problema è che qualcuno ha fatto risultare a bilancio che c'erano delle economie per circa 4 miliardi di euro, per cui qualcun altro ha disposto di spenderli e ora ci troviamo nella situazione in cui sono stati spesi gli stessi soldi per anticipare più opere. Ci sono ipotesi da valutare, sotto l'aspetto delle false comunicazioni sociali e del falso in bilancio, per la parte penalmente rilevante, ma soprattutto per la


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parte patrimonialmente rilevante. Come ci hanno insegnato a scuola, una società di capitali non potrà mai avere un patrimonio netto inferiore all'indebitamento complessivo. È questo il senso della lettera che ho scritto al ministro Padoa-Schioppa: se non rifinanziamo l'Anas, abbiamo un patrimonio netto inferiore al debito complessivo, per cui si imporrà al primo amministratore che la gestisce, come primo atto, di portare i libri contabili in tribunale. Allora mi sono chiesto: se devo rifinanziare l'Anas per non mandarla in tribunale, devo lasciare il manager che ha provocato il dissesto o devo mettere un nuovo commissario sul posto? Questo era il problema tecnico-giuridico per il quale mi chiedevo se non fosse il caso di secretare la seduta.
C'è poi un altro aspetto. I dirigenti dell'Anas sono impazziti o qualcuno gliel'ha ordinato? Allora, se qualcuno gliel'ha ordinato, bisogna scoprire chi e perché l'ha fatto. Inoltre, sono andati «ultra petitum» nel mandato che hanno ricevuto?
Vi aggiorno su un altro elemento importante e delicato. Il primo atto compiuto quando l'ANAS si è trasformata da ente pubblico a società per azioni - lo dico con tutta la responsabilità che questa dichiarazione comporta - è stato il cambiamento del top management, del consiglio di amministrazione - quello uscente non voleva andarsene. In riferimento a quest'ultimo, è stato raggiunto un compromesso indebito e illegittimo, sottoscritto da diversi soggetti, per il quale sono stati pagati in modo indebito e illegittimo 3 milioni di euro al vecchio consiglio di amministrazione, sotto forma di consulenze non dovute, non fatte, di liquidazioni non dovute e non fatte. In questo momento è in corso un procedimento davanti alla Corte dei conti nei confronti di una serie di soggetti. Per dire i nomi, però, sarebbe necessario secretare la seduta.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per le quasi tre ore di audizione. È chiaro che continueremo la discussione su questo argomento.
Il ministro ha sottolineato la possibilità che i colleghi di questa Commissione siano informati sui prossimi incontri con le regioni, per interloquire sul processo di definizione. Invito il ministro a comunicarci il calendario di questi incontri.
Ringrazio tutti i colleghi intervenuti.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,45.