COMMISSIONI RIUNITE
VIII (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI) E IX (TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 19 settembre 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA VIII COMMISSIONE ERMETE REALACCI

La seduta comincia alle 14,45.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, sulle prospettive di sviluppo della rete autostradale alla luce delle vicende societarie di Autostrade SpA.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, sulle prospettive di sviluppo della rete autostradale alla luce delle vicende societarie di Autostrade SpA.
Nel salutare anche i colleghi della IX Commissione, comunico subito che, purtroppo, il presidente Meta non è presente a causa di un ascesso, pare piuttosto virulento. Gli rivolgiamo, pertanto, i nostri auguri di pronta guarigione. Chiederò quindi ausilio al collega Testoni, più avanti, nella presidenza della seduta.
Con la IX Commissione abbiamo convenuto di svolgere l'odierna audizione congiuntamente, dal momento che le competenze delle due Commissioni si incrociano quando si affrontano temi che riguardano la politica dei trasporti. Questo è un primo esempio concreto, alla ripresa dei lavori - ma avevamo iniziato già prima -, di collaborazione fra le due Commissioni.
Ricordo che il ministro Di Pietro è già intervenuto presso la VIII Commissione il 13 giugno 2006, per riferirci sullo stato dell'arte della rete autostradale. Al ministro riconosciamo di essere stato sempre attento e disponibile nell'informare tempestivamente il Parlamento e nell'ascoltare il nostro punto di vista su questa vicenda.
Alla ripresa dei lavori, inoltre, è stato lo stesso ministro Di Pietro a sollecitare un incontro, per avere un confronto con noi su alcune vicende, dal punto di vista dell'andamento dei rapporti, nonché in relazione alle obiezioni che sono state sollevate in sede europea.
Cari colleghi, deve essere chiaro a tutti - non è oggetto della discussione di oggi - che stiamo affrontando una materia di grande delicatezza, che investe anche le altre concessioni autostradali, per le quali, come sapete, esistono regole in parte diverse da quelle che vigono per la Società Autostrade. Di conseguenza, esiste anche il problema di omogeneizzare le regole fra le varie concessionarie.
Inoltre, in questo inizio di legislatura stanno emergendo diverse questioni, che riguardano aziende di interesse nazionale e, in particolar modo, le reti di interesse nazionale - penso alle reti energetiche, alle telecomunicazioni, alle vicende di Alitalia -, che credo impongano a tutta la politica e al Parlamento una riflessione su come si tutelano e si conciliano gli interessi del mercato con gli interessi nazionali e di politica generale del paese. Questo è un caso che, con più evidenza, impone scelte immediate.


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Do quindi la parola al ministro Di Pietro, affinché ci relazioni sullo stato della situazione attuale.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Ringrazio il presidente ed i vicepresidenti e saluto tutti i componenti delle due Commissioni.
Ho assunto l'impegno di riferire periodicamente al Parlamento e alle Commissioni competenti in ordine alle competenze del mio Ministero. Pertanto, questo incontro da una parte si inquadra nella richiesta che mi era stata rivolta espressamente dalla Commissione di riferire periodicamente e di tenere informato il Parlamento, e dall'altra si collega soprattutto alla necessità che avverto, come ministro, di confrontarmi con il Parlamento su temi delicati, come quello in generale delle infrastrutture, e sulla problematica del sistema delle concessioni nelle infrastrutture che riguardano il mio dicastero.
Ricordo la mozione dell'onorevole Lupi che, sin dal 4 maggio 2006, proprio con riferimento alla vicenda della fusione, dopo aver fatto un excursus sulle ragioni della stessa, chiedeva di impegnare il Governo «ad intraprendere ogni possibile iniziativa di competenza affinché siano chiariti i termini del rapporto fra Società Autostrade e Abertis e le ripercussioni che avranno sugli investitori e sugli utenti finali». A me pare che sia una questione di estrema importanza, quindi ritengo doppiamente doveroso riferire in questa sede, anche per dare una risposta compiuta al collega che ha presentato la mozione.
Le questioni, in realtà, sono quattro. Non conosco l'ampiezza e la profondità della discussione di oggi, né so se le mie considerazioni vi risulteranno esaustive. Per quanto mi riguarda, divido il «capitolo» di questa informativa in quattro «paragrafi», ma chiedo che siate voi a dirmi quali dobbiamo affrontare oggi e quali in un'altra occasione.
Il primo paragrafo riguarda lo stato dell'arte della vicenda concernente la fusione tra Società Autostrade e Abertis. Il secondo paragrafo comprende una valutazione su cosa intendiamo fare e cosa io, quale ministro competente, intendo proporvi in relazione alla concessione specifica Autostrade per l'Italia, a prescindere che si proceda o meno alla fusione tra Società Autostrade e Abertis. Il terzo paragrafo concerne una valutazione delle concessioni in essere. In realtà, le concessioni sono 25, ma non tutte hanno già prodotto effetti: per intenderci, sulla BreBeMi, non ancora in corso, non abbiamo elementi di valutazione di merito (ovviamente, sono disponibile a svolgere un'audizione sulla BreBeMi). Il terzo paragrafo, dunque, riguarderà le 23 concessioni che hanno prodotto già una serie di diritti e doveri, prestazioni e controprestazioni, e comunque delle quali è già in corso un'esperienza. Il quarto paragrafo, infine, è relativo alla concessione fra Ministero e Anas, che è la prima delle concessionarie.
Mi sto occupando di queste vicende con riferimento alle problematiche delle concessioni. Ho parlato di «capitolo» perché il Ministero non si occupa solo di questo argomento, ma anche di altri, sui quali è bene che io venga a riferire. Per non rubare molto tempo, mi limiterò a parlare per «indici», ma sono ovviamente disponibile ad entrare nel merito, nei limiti delle mie conoscenze.
Per quanto riguarda la vicenda Società Autostrade-Abertis, come è noto - tra l'altro, l'ho riferito direttamente in Commissione -, la fusione è già avvenuta da parte delle assemblee competenti: è avvenuta una fusione sub conditione, ovvero a condizione che si abbia l'autorizzazione da parte del Ministero. Anche loro, dunque, hanno riconosciuto ciò che il Consiglio di Stato ha disposto.
Preso atto di ciò, ci è stato richiesto di dare l'autorizzazione al trasferimento di concessione al nuovo soggetto. Il soggetto formalmente rimane lo stesso, ma il soggetto dominus, che detiene il 100 per cento del pacchetto, mentre adesso è Autostrade SpA, diventerà AutoAbertis; oggi ha sede in Italia, domani avrà sede a Barcellona; oggi ha un amministratore delegato italiano, domani avrà un amministratore delegato spagnolo; oggi è regolato dalla legislazione


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italiana, domani sarà regolato dalla legislazione spagnola. Mi fermo qui, per non entrare troppo nel merito.
Come dicevo, ci è stata richiesta l'autorizzazione e noi abbiamo iniziato l'istruttoria, come si usa fare in questi casi - prima di emanare un atto amministrativo si fa un'istruttoria, sia in termini di legittimità, che di merito -, quindi abbiamo raccolto una serie di atti. Dunque, ci siamo incontrati (prima io e il ministro dell'economia, poi con il Presidente del Consiglio e con gli altri ministri interessati), abbiamo esaminato la documentazione e, sulla base di essa, siamo addivenuti alla conclusione che, per un combinato disposto tra norme a carattere primario, ossia la legge, e norme a carattere secondario, ossia provvedimenti amministrativi, non si può dare la concessione. Esiste, infatti, un vizio di legittimità: vi è una società che fa le costruzioni e che, come tale, non potrebbe partecipare al pacchetto di controllo della società che detiene la concessione.
Questa nostra valutazione, di cui ci assumiamo la responsabilità politica e giuridica, è la stessa espressa anche dal Consiglio di Stato, nel suo parere, dalla Corte dei conti, nelle relazioni annuali e, in precedenza, dalla Commissione europea quando, con riferimento alla privatizzazione, ha interloquito con l'Italia, convenendo sulla legittimità di questa scelta.
L'intera ricostruzione di questa operazione - non voglio annoiarvi troppo - fa parte di una relazione che mi permetto di consegnare al presidente, nella quale vengono ricostruite sul piano analitico le fonti normative primarie e secondarie, gli interventi amministrativi dei vari Ministeri, nonché gli interventi di controllo effettuati dagli organi competenti, compreso il richiamo preciso e puntuale alle determinazioni della Commissione europea in precedenza adottate.
La nostra reiezione di autorizzazione è, per noi, un atto definitivo: ad una richiesta di autorizzazione amministrativa è corrisposto un rigetto. A domanda, dunque, non posso che rispondere che la pratica è chiusa. Questo non vuol dire che una pratica chiusa non si possa riaprire in eterno; significa che se qualcuno presenta un'altra pratica, un'altra domanda, sulla base di presupposti di legittimità diversi, non possiamo che riprenderla in considerazione.
Ad esempio, se qualcuno presenta un'altra domanda sulla base di una legislazione nel frattempo intervenuta o perché l'organo europeo decide che una determinata norma è da considerarsi decaduta, o comunque non più attuale, è ovvio che si tratterà di una pratica nuova. Questi sono i fondamentali del diritto amministrativo, non sto dicendo nulla di nuovo.
La Commissione europea su questa operazione è intervenuta due volte: una con riferimento alla fusione, l'altra con riferimento al diniego di autorizzazione. Con riferimento alla fusione, in particolare, è intervenuta la Commissione diretta dal commissario alla concorrenza, Kroes, che ha aperto un'istruttoria per verificare se non ci sia una concentrazione che limiti la concorrenza, appunto. Questa è un'operazione, come potete ben immaginare, del tutto indifferente ai fini dell'autorizzazione. Si tratta di decidere se questa fusione si possa realizzare o meno.
Correttamente, abbiamo dato al commissario la nostra informativa sulla vicenda, proprio sulla falsariga delle informazioni contenute nella relazione che vi ho consegnato. Il giorno 22 sarà completata l'istruttoria e sapremo se c'è una violazione della libera concorrenza o no, con riferimento a questa fusione, per l'incorporazione avvenuta.
L'altra vicenda, che non attiene ad un'istruttoria in corso, ma ad una richiesta preventiva di informazioni, proviene dal commissario McCreevy, con riferimento al mercato interno, per valutare se l'esistenza della clausola del divieto per i costruttori di partecipare all'acquisto e alla compravendita di azioni possa essere considerata ancora rispondente al diritto della Comunità europea o no.
Anche su tale punto abbiamo dato la nostra risposta, che è contenuta nella relazione. Abbiamo affermato, dunque,


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che allo stato è questa la nostra legislazione e prendiamo atto di quel che loro decideranno, sulla base di valutazioni che riterranno di fare, tenendo conto del fatto che, in precedenza, si sono già espressi sul punto, con una determinazione di legittimità. Tuttavia, come voi sapete, ogni organo legislativo o esecutivo ha la facoltà di ripensare la propria decisione. Anche noi, ad oggi, possiamo decidere di ripensarci. Questa è la «fotografia» dello stato attuale.
Il Ministero considera con dispiacere il fatto di non potere entrare nel merito della vicenda, in quanto un presupposto negativo di legittimità gli impedisce di farlo. Paradossalmente, quindi, al contrario di quanto ritiene la vulgata comune, noi stiamo cercando - con riferimento ad Autostrade per l'Italia e a tutte le 23 concessionarie - lo strumento per una rimessa in discussione delle clausole contrattuali che le singole concessionarie hanno in corso.
Riteniamo, cioè, che alla luce dei dieci anni di esperienza vi sia la prova provata che, così com'è formulato, il meccanismo concessorio, in regime di monopolio naturale, finisce per realizzare una diseguaglianza sostanziale del sinallagma contrattuale fra prestazione e controprestazione, soprattutto alla luce dei successivi atti aggiuntivi che si sono venuti a determinare per Autostrade per l'Italia e delle altre clausole concessorie previste nelle altre concessionarie (data la prima, le altre hanno seguito pressappoco lo stesso iter).
A prescindere dalla vicenda AutoAbertis, intendiamo, laddove possibile, rimettere in discussione le clausole contrattuali, per le ragioni che elenco sinteticamente. È chiaro che il libero mercato non può che essere solo simulato, in un regime di concessione, dove il monopolio è naturale. Il meccanismo per questa simulazione è quello del price cap, un meccanismo che si basa sul concetto di qualità-servizio e sul concetto di simulazione dei parametri di riferimento, stabiliti i quali si deve cercare di mantenere sempre una redditività costante: ciò che gli esperti chiamano ROE, return on equity, vale a dire che il piano finanziario deve essere fatto in modo tale da garantire comunque una parte per gli investimenti, una parte per la spesa corrente e una parte di un giusto utile. Nel 1997, allorché fu stabilita la concessione, anche se Autostrade era ancora pubblica, il parametro di riferimento base era l'8,75 per cento.
Il meccanismo del price cap prevede che, a revisione quinquennale, si tenga conto delle variazioni sia dell'inflazione, sia del parametro qualità-prezzo (si deve essere spinti a fare di più e meglio perché così guadagna di più), sia degli investimenti realmente effettuati - quindi, della percentuale di investimenti realizzati, possibilmente superiori a quelli programmati - per guadagnare in competitività e avere un ROE maggiore.
Dal 1997 al 2002 è successo che il ROE, che doveva essere bloccato basandosi sul valore del sinallagma contrattuale dell'8,75 per cento, nel 1999 è stato del 17,4 per cento, nel 2000 del 19,2 per cento, nel 2001 del 22,5 per cento, nel 2002 del 28,1 per cento.
Ciò avrebbe imposto che venisse applicata, in sede di revisione del piano quinquennale, la clausola del clawback, ossia di una rivalutazione in riduzione del ROE.
Vorrei consegnarvi alcuni documenti che consentono di valutare la non corrispondenza che riteniamo essere avvenuta tra quella che era la formula parametrale per l'individuazione del giusto price cap e quella che, invece, è stata realizzata. Tali clausole riteniamo di dover mettere in discussione nella sede e nei modi opportuni, soprattutto attraverso un'azione negoziale.
È ovvio che, a prescindere dalla questione AutoAbertis, è necessario farlo come attività di ufficio o ricorrendo all'autorità di controllo o giudiziaria competente. Lo valuteremo di caso in caso, a seconda che si tratti di arricchimento senza causa, piuttosto che di inadempimento contrattuale, piuttosto che di sopravvenuta onerosità (le tre clausole previste dal codice civile, tanto per intenderci).


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Come ho detto, la formula la diamo per acquisita tutti quanti, anche se la cosa più importante è il parametro «x», quello redditività-quantità di prestazione. Siccome stiamo procedendo con riferimento non solo ad Autostrade per l'Italia, ma a tutte le 22 autostrade che producono già un reddito, vi consegno questo documento, da cui potrete verificare un elemento importante: a fronte delle 22 concessioni che già producono reddito, è previsto, nell'arco dell'intera durata delle concessioni, un investimento di 15 miliardi 859 milioni di euro. Dal momento in cui sono state affidate le concessioni ad oggi, dovevano essere realizzati 8 miliardi 661 milioni di euro di investimenti.
A fronte di questo investimento che già oggi avremmo dovuto avere, in realtà troviamo un investimento di soli 5 miliardi 916 milioni di euro. Questo vuol dire che circa 2 miliardi 600 milioni di euro non sono stati investiti, ossia non abbiamo infrastrutture per oltre 2 miliardi di euro. Infrastrutture per le quali, paradossalmente, abbiamo anche pagato l'aumento del prezzo, per un certo periodo, in previsione degli investimenti da effettuare.
Basti pensare che la sola Autostrade per l'Italia ha realizzato 2 miliardi 212 milioni di euro di investimenti, a fronte dei 4 miliardi 72 milioni di euro previsti. Insomma, solo Autostrade per l'Italia è inadempiente per oltre 2 miliardi di euro. Lasciamo stare il discorso di chi è la colpa, il dato di fatto è che mancano 2 miliardi 600 milioni di euro di investimenti.
Con riferimento alla valutazione, un conto è fare causa per responsabilità per inadempimento - si dice che non è possibile, in quanto non sarebbe colpa della società, ma dei comuni, che non hanno dato l'autorizzazione -, altro è tenere conto o no, quando si fa la rivalutazione del ROE ai fini del price cap, del fatto che gli investimenti non ci sono stati e che, quindi, il parametro «x» di valutazione non può essere utilizzato, in quanto gli investimenti sono in negativo e non in positivo. Questo documento vi dimostra che, semmai, doveva esserci una riduzione per questo valore, non un aumento.
Vi consegno anche un altro documento, che credo possa avere una sua importanza. Si tratta di un documento di carattere generale, che tuttavia contiene anche una parte specifica per ognuna delle 22 concessioni. Dovete sapere che le concessionarie, nel loro insieme, hanno avuto circa 74 milioni di veicoli per chilometro nel 2001, 76 milioni nel 2002, 80 milioni nel 2003, 82 milioni nel 2004, 82,5 milioni nel 2005. Ciò significa che, progressivamente, il numero di auto è sempre aumentato, dunque abbiamo avuto sempre un maggiore incasso. Pertanto, nella valutazione del parametro di riferimento, se avessimo applicato correttamente quella formula, per ristabilire il return on equity all'8,75 per cento, avremmo dovuto diminuire il prezzo, in quanto è aumentato il numero di automobili sulle autostrade.
Inoltre, sempre dal 2001 al 2005, la media della tariffa dell'insieme della rete autostradale - per le tariffe delle singole autostrade, una per una, vi consegno il documento e vi risparmio l'elenco - era nel 2001 di 0,045 euro per chilometro per veicolo; nel 2002 era di 0,046, nel 2003 di 0,047, nel 2004 di 0,048, nel 2005 di 0,049. Come si può constatare, ai fini dell'inflazione, ogni anno la media è aumentata, perché il price cap viene valutato ogni cinque anni, ma c'è un aumento automatico, anno per anno, con riferimento al tasso di inflazione. L'inflazione, dunque, ha già tenuto conto da sé di eventuali svalutazioni, quindi questo dato ha già ripagato la società dell'aumento dell'inflazione per i costi, per gli stipendi, e via dicendo.
In termini assoluti, nel 2001 l'insieme delle società concessionarie ha realizzato 3 miliardi 313 milioni di euro, nel 2002 3 miliardi 500 milioni di euro, nel 2003 3 miliardi 700 milioni di euro, nel 2004 3 miliardi 950 milioni di euro, dal 2005 ad oggi 4 miliardi 72 milioni di euro. Come si può rilevare, vi è sempre un aumento.
Credo che questi dati debbano far riflettere e indurre a chiedersi se quella formula sia da ritenersi corretta e, soprattutto - ed è questa l'istruttoria che stiamo svolgendo -, se quella formula sia stata


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applicata. Di certo, come testimonia il grafico inserito nella documentazione, il numero degli autoveicoli è sempre aumentato. Abbiamo detto che vi è la necessità di entrare nel merito di queste concessioni per vedere cosa è successo. Il problema è come e quanto entrarci, dal momento che la convenzione di concessione è un atto contrattuale a tutti gli effetti, come gli avvocati e i giuristi insegnano; pertanto, se ne può parlare alla scadenza della concessione, altrimenti si generano obblighi e responsabilità di tutti i tipi (contrattuale, extracontrattuale, eccetera), salvo che - come è a voi noto - non accada un fatto, esterno o interno, che imponga o metta le parti nelle condizioni di sedersi ad un tavolo.
Il momento della fusione Autostrade-Abertis è di questo tipo, considerato che il Consiglio di Stato ha chiarito che, se si vuole fare questa operazione, occorre una nuova autorizzazione. Sui giornali leggo che mi daranno torto, prima o poi, e permetteranno che si entri nel merito. Magari accadesse, così non dovrei aspettare il 2038! Il problema è che, invece, sono costretto a farlo, salvo che non intervenga un fatto interno, ossia un'eventuale impugnazione delle clausole contrattuali, in parte o in tutto. È su questo aspetto che stiamo lavorando.
Cito un esempio, con riferimento alla Società Autostrade per l'Italia. So bene che da più parti si dice che queste sono società quotate in borsa. Non è che non si possa parlare - specie nell'ambito del Parlamento - delle società quotate in borsa; in questo caso, l'interesse pubblico è innanzitutto quello dell'utente, del contribuente, del piccolo azionista, della società in quanto tale. L'interesse pubblico, però, deve essere tutelato, altrimenti è facile sostenere che si mette a rischio un'operazione fondamentale: il problema è capire per chi tale operazione è fondamentale.
Finora ho parlato in «dipietrese», ora cercherò di chiarire: quando è stata data la concessione ad Autostrade SpA, poi diventata Autostrade per l'Italia, quest'ultima ha ottenuto la concessione per gestire una rete. Già in ciò vi è una prima anomalia: mentre tutte le altre concessionarie hanno ottenuto la concessione per gestire una tratta, Autostrade per l'Italia gestisce una rete. Pertanto, se gestisce una rete, dovrebbe avere la responsabilità adeguata, quella di mettere in rete, appunto, la rete. Per gestire una rete non basta fare le tratte, mentre noi facciamo, a spese nostre, il collegamento tra le diverse tratte.
Inoltre, Autostrade per l'Italia ebbe una concessione per 2.866 chilometri, che costituiscono il 51 per cento dell'intero chilometraggio autostradale italiano. Questo non costituisce forse un monopolio, che si aggiunge a quello naturale, rappresentato dal blocco decisionale?
La concessione per 2.866 chilometri è stata considerata legittima, ma da allora ad oggi è accaduto che Autostrade per l'Italia ha acquisito una serie di partecipazioni. Ogni giorno qualcuno mi consegna un documento che attesta che Autostrade per l'Italia, oltre ad aver avuto la concessione di cui ho parlato, ha acquistato azioni di «n» società concessionarie - praticamente quasi tutte -, arrivando attualmente a gestire 3.907 chilometri, vale a dire il 69,62 per cento della rete autostradale italiana.
Questo è un problema che dobbiamo porci: qual è il limite alla possibilità di fare tutto, diventando non solo monopolista, ai fini della determinazione del prezzo, ma anche dominus, di fatto in grado di esercitare i poteri del proprietario, e non più solo i poteri del concessionario? Anche al riguardo vi consegno un documento. Quella che sollecito è una riflessione, ed io sono qui per chiedervi lumi e indirizzi.
Vi è un altro documento che ritengo opportuno consegnarvi. Posto che, a mio avviso, c'è la necessità di rivedere tutte le concessioni, per le ragioni che ho esposto prima e per tante altre, dobbiamo aspettare necessariamente la fine delle concessioni? Una scade nel 2009, ma le altre scadono nel 2040! Non è così, perché sulla formula che ho citato per individuare il giusto equilibrio tra il ROE e il price cap si può intervenire in sede di revisione del


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piano quinquennale, che non è solo un atto automatico, come finora si è voluto far credere. Infatti, nella valutazione del piano quinquennale vi è anche una valutazione di merito, che riguarda la competitività: sicurezza, qualità del servizio, rendimento negli investimenti, e così via. Questa è una valutazione di merito che si può fare. Nel documento che sto illustrando si può constatare che, in effetti, con questo meccanismo di valutazione, oggi si riescono a mettere sotto istruttoria 17 delle 22 concessionarie: possiamo intervenire, dunque, se abbiamo la volontà di farlo.
Probabilmente, c'è bisogno anche di un aiuto legislativo. Tra i problemi legati a questa circostanza, ne cito uno che riguarda proprio Autostrade per l'Italia. La vicenda assume tratti, per certi versi, tragicomici: fino a quando Autostrade gestisce una concessione, ma comunque la stessa Autostrade appartiene allo Stato, tutto sommato si tratta, male che vada, di una tassazione indiretta. Non sarà proprio una bella situazione, ma non è comunque un maxidividendo. Penso a una tassazione indiretta come accade, ad esempio, per l'Enel.
Prima vi ho parlato della necessità di applicare, attraverso quei parametri, il claw-back per rimettere in pareggio il ROE e riportarlo all'8,75 per cento. La concessione prevede che nei cinque anni considerati le variazioni le incamera direttamente la concessionaria, ma il piano quinquennale per il futuro deve rimettere ordine e riportare il ROE all'8,75 per cento. Il risultato è una sorta di «fisarmonica», ogni cinque anni.
Quando è scoppiato questo caso, nel dicembre del 2002, è successo che Autostrade per l'Italia ha presentato all'Anas il nuovo piano quinquennale, non chiedendo una riduzione, ma un aumento, sostenendo cioè che quel valore doveva aumentare progressivamente nei cinque anni successivi.
La legge prevedeva, allora, che il piano quinquennale avrebbe dovuto essere approvato dall'Anas e trasmesso ai ministri competenti, i quali, sentito il NARS - il nucleo di valutazione appositamente costituito presso il CIPE -, con decreto avrebbero dovuto rendere efficace l'accordo sottoscritto dall'Anas, un accordo valido ma non efficace. Ebbene, l'Anas ha approvato il piano 2003-2008 di Autostrade per l'Italia in aumento anziché in diminuzione; in altre parole, Autostrade invece di applicare il claw-back, ha applicato un aumento. Non se ne comprende la ragione e non vi è alcuna spiegazione negli atti.
Il NARS, però, non ha approvato il piano. Non trovando un punto d'incontro, entrambi gli organi tecnici hanno portato le loro relazioni al CIPE il 27 dicembre 2002. In tale data, il CIPE ha deliberato di prendere atto che le valutazioni del NARS differiscono totalmente da quelle dell'Anas: vi è uno scostamento, fra le due proiezioni, che produce una differenza di utili del 20 per cento. Tenendo conto che l'8,75 per cento è un punteggio che entrambi gli organi riconoscono, significa che c'è un utile del 28,75 per cento.
Il CIPE ha deliberato - ne ha dato testimonianza, nella Commissione competente del Senato, Mario Baldassarri, all'epoca viceministro - di rivedere positivamente il claw-back. Ciò avveniva, come ho detto, il 27 dicembre 2002. Sembrava, quindi, tutto fatto. Il problema è che il 23 dicembre, quattro giorni prima, l'Anas - senza la delibera del CIPE, quindi in violazione di legge - ha firmato il quarto atto aggiuntivo, che recepiva i valori di Autostrade per l'Italia.
Dovete tener presente che lo scostamento fra le due valutazioni produce una differenza di utili, nel quinquennio 2003-2008, calcolata in circa 500 milioni di euro. La questione diventa «incandescente», addirittura il sistema politico appare come vittima di un altro sistema, probabilmente lobbistico o di incompetenze. Pensatela come volete, a seconda che riteniate che ciò sia accaduto o meno in buona fede.
Resta il fatto che ne è nato un braccio di ferro, che è stato risolto legislativamente in sede di decreto «milleproroghe» del 24 dicembre 2003. In tale provvedimento


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è stato recepito il contenuto di un emendamento - che ha poi costituito l'articolo 21 - composto di sette commi.
Nel primo comma si prevede che la periodicità della revisione del parametro che permette il claw-back possa essere portata a dieci anni, anziché a cinque, così che l'utile rimane assicurato per un bel po' di tempo. È vero, sto parlando in «dipietrese», ma se si legge l'articolo 21 vi renderete conto che è un testo veramente difficile. Credo, dunque, che si possano concedere delle attenuanti al legislatore che ha approvato questa norma, che è veramente difficile da leggere. Abbiamo dovuto fare un'opera di interpretazione non irrilevante.
Il secondo e il terzo comma affermano, in sostanza, che il Ministero delle infrastrutture deve presentare, entro quattro mesi, al CIPE proposte di nuovi standard di qualità ai fini della sicurezza. Insomma, si ammette che forse è stato un errore valutare la qualità con quel tipo di parametro, ovvero con quella famosa «x», e si prevede che, entro quattro mesi, il Ministero delle infrastrutture debba presentare al CIPE una nuova formula.
Quando sono arrivato al Ministero, per tre mesi ho cercato di capire che cosa è stato fatto, ma, ad oggi, non sono riuscito a trovare nemmeno il funzionario che si deve occupare di questo aspetto. La verità è che non si sono mai posti il problema. Per questo motivo, ho ritenuto doveroso avviare un'istruttoria per rivedere questa formula. Ad oggi, però, il Ministero non si è occupato di questa materia, probabilmente perché la norma non era facilmente comprensibile.
Nel quarto comma - udite, udite - si prescrive che per il futuro, ovvero dal 2003 in poi, le convenzioni autostradali non passino più al vaglio del CIPE. Come ricorderete, il CIPE si avvaleva della struttura del NARS per esprimere un parere. Di fatto, dunque, il NARS è stato completamente esautorato, dipendendo dal CIPE.
Con il quinto comma si stabilisce che le variazioni tariffarie annuali non vengano più discusse e approvate da parte e controparte, ovvero da Anas e da Autostrade per l'Italia, ma vengano semplicemente comunicate dalle concessionarie al concedente.
Infine, il settimo comma recita testualmente: «Il quarto atto aggiuntivo tra Anas e Autostrade, stipulato il 23 dicembre 2002, è approvato a tutti gli effetti con decreto del ministro delle infrastrutture, di concerto con il ministro dell'economia».
Come vedete, esiste una norma che sana, un anno dopo, ciò che è avvenuto quattro giorni prima del provvedimento del CIPE, e lo fa senza dire cosa succede a quel guadagno extra che si è registrato nel corso dell'anno, sicché è rimasto nelle mani di chi l'ha rilevato. Questa è una delle questioni da affrontare, ma ovviamente non ci stiamo limitando solo a questo aspetto nella nostra istruttoria.
Infine, voglio «aprire una finestra» sulle molte questioni che stiamo ponendo sotto una lente d'ingrandimento, che ci impongono, a mio avviso, un intervento comune di Governo e Parlamento. Le questioni che ho richiamato possono essere risolte soltanto in Parlamento, perché siamo di fronte a una legge che vieta l'intervento del CIPE e del NARS. Il passato è, appunto, passato, ma per il futuro cosa vogliamo fare?

ALEANDRO LONGHI. Chi ha presentato l'emendamento?

PRESIDENTE. Fu presentato dal Governo.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Non intendo fare il difensore d'ufficio di nessuno, ma chi sia il vero padre - di padri putativi ne ho visti tanti - di tutta questa storia non l'ho ancora capito.

PRESIDENTE. Cambia con il cambiare delle maggioranze.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Oltre a questo, devo porre un altro problema. Lo faccio oggi, ma se volete posso chiarire il punto in un'audizione apposita.


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PRESIDENTE. Sarà sicuramente fatto.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. A mio avviso, fino a quando non risolviamo il problema del leverage buyout, ossia di quel meccanismo che permette a singole strutture finanziarie di comprare a debito società a monopolio pubblico, con concessioni «in pancia», non realizzeremo la trasparenza dovuta, perché tutto quello che è successo...

ARMANDO DIONISI. Il padre putativo, però, qui...

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Faccio il ministro della Repubblica e il mio unico impegno è quello di far rispettare la legge.
Se si vuol sapere del leverage buyout e si vuole entrare nel merito, posso assicurare che con questo meccanismo sono intervenute variazioni significative sotto i Governi di entrambi gli schieramenti. Nessuno, dunque, può «scagliare la prima pietra». Potrei fornire ulteriori dettagli, ma occorrerebbe troppo tempo. Di certo, posso assicurare che questo meccanismo è stato utile per intervenire su entrambi i Governi.
Non dimenticate che l'operazione Autostrade-Abertis si è compiuta dieci giorni prima delle elezioni e che anche questa operazione avviene, con cambio uno a uno, con premio maxidividendo in capo a chi ha un valore maggiore. Mi fermo qui, per non dare l'idea di voler fare una requisitoria.
Le questioni, come potete constatare, sono molte. Da ultimo, ricordiamoci che l'Anas è una società concessionaria e che, fino a quando rimane concessionaria e concedente, non si risolve il problema di fondo. Ad esempio, i lavori dell'autostrada Asti-Cuneo sono stati bloccati dal Ministero dell'economia e delle finanze, perché non si riesce a far firmare l'Anas per due volte, una come concedente ed una come concessionaria. Esiste, dunque, un problema tecnico, a cui occorre trovare una soluzione.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Di Pietro. Sicuramente sfrutteremo ancora la sua disponibilità - certo in parte dovuta, ma di cui le va dato atto - nei confronti del Parlamento, per approfondimenti successivi.
Do ora la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

MAURO FABRIS. Desidero ringraziare il ministro Di Pietro per la linearità seguita nelle vicende che ha ricordato nella sua relazione, innanzitutto rispetto al Parlamento. Ogni qualvolta è stato chiamato a riferire, infatti, il ministro Di Pietro è intervenuto andando ben oltre le nostre legittime aspettative.
La invito dunque, signor ministro, a perseverare in questo tipo di iniziativa, specialmente alla luce di un problema che abbiamo - credo giustamente - come Parlamento. Dobbiamo tutelare un interesse pubblico, che è non solo interesse di una concessione pubblica data a privati per la gestione, ma anche l'interesse e la difesa del diritto alla mobilità dei cittadini italiani. Tale diritto chiaramente, rispetto ad alcuni aspetti rilevati oggi ma già a nostra conoscenza, viene penalizzato dalle situazioni citate, non solo per quanto attiene alla realizzazione degli investimenti promessi, ma anche rispetto alla questione delle tariffe.
Su questo punto, ripeto, bisogna andare avanti, ed è necessario che le procedure che lei ha individuato siano esperite fino in fondo. Ritengo che lei abbia ottime motivazioni per proseguire su questa strada. Vorrei ricordare a tutti, anche a chi si è distratto e adesso magari si mette alla ricerca di «padri putativi», che esattamente di questi problemi abbiamo discusso nella precedente legislatura, in varie occasioni.
Vorrei ricordare, anche al presidente Armani - che ora non mi ascolta, ma prima si agitava molto - come, ad esempio, sul tema del rinnovo delle concessioni oppure sul tema degli aumenti tariffari, nel Parlamento precedente, nella XIV legislatura, si sia verificato un «braccio di


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ferro» durissimo tra maggioranza e opposizione proprio in relazione all'aumento delle tariffe autostradali.
Ricordo, inoltre, a chi oggi si stupisce di alcune osservazioni formulate dal ministro Di Pietro, come in varie occasioni sia stata chiesto all'organo vigilante - in quel caso l'Anas - se effettivamente siano state realizzate sino in fondo le azioni dovute.
Vorrei rammentare come il NARS sia stato oggetto di attacchi durissimi, addirittura con dimissioni e prese di posizione dei passati presidenti, con accuse durissime, che non sono state tenute in considerazione dai colleghi dell'allora maggioranza. Oggi, i risultati sono questi, e credo che sia giusto che il ministro Di Pietro verifichi la situazione.
Per quanto riguarda la questione Europa, signor ministro, lei ha ragione di assumere questo atteggiamento nei confronti dell'Unione europea, perché l'Unione europea ci ha fatto penare moltissimo come paese quando, tra il 1997 e il 1999, c'è stato il momento della proroga delle concessioni. Ha voluto valutare persino le virgole, ed ancora successivamente è intervenuta più volte con procedimenti di infrazione rispetto al nostro paese, perché non avremmo rispettato proprio quei temi della concorrenza e della trasparenza del mercato, che giustamente lei oggi ricorda nelle memorie inviate a Bruxelles.
In questo - e non ho ancora avuto tempo di leggere la copiosa documentazione che ci ha fornito - spero ci sia un passaggio che ricordi all'Unione europea proprio quanto fiscale sia stata a suo tempo, quanto sia entrata nel merito, rispedendo al Governo italiano, in alcune occasioni addirittura per tre volte, la singola concessione, per ottenere un quadro chiaro all'interno dei vari passaggi. Quindi, in questo caso non può non sapere, e dunque lei ha ragione nel ricordare all'Unione europea che, qualora intenda disapplicare una norma, è nel suo diritto farlo, purché lo dichiari con chiarezza.
Per quanto riguarda il tema della rimessa in discussione delle concessioni, signor ministro, voglio dire che condivido la sua impostazione, però nel frattempo - ed è il terzo punto - vorrei pregarla di ricordare alle concessionarie, attraverso l'organo di vigilanza, o direttamente il Ministero, che i piani finanziari approvati ed in essere vanno rispettati. Esistono concessionarie - basti segnalare la Brescia-Padova -, che, in attesa del rinnovo della concessione, o della proroga, o dell'atto aggiuntivo sollecitato, sospendono qualsiasi attività o realizzazione dei piani finanziari in essere. Ciò non può essere concesso, non può assolutamente essere permesso, perché esiste un impegno preciso, registrato alla Corte dei conti, in base al quale i piani finanziari in essere vanno, appunto, rispettati. Nello stesso tempo, intanto, i concessionari non hanno certo sospeso gli incassi dei pedaggi, ed è quindi veramente necessario intervenire (ne va della credibilità del diritto nel nostro paese): bisogna che gli impegni finanziari vadano avanti, mentre le assicuro che così non avviene e si registrano casi in cui si verifica il problema precedentemente citato.
Credo, quindi, che il Parlamento debba intervenire, dietro sua sollecitazione, anche con necessari interventi legislativi, su un tema riguardo al quale lei ha aperto una questione di grande attualità in questi giorni. Ritengo, infatti, che il Parlamento (la maggioranza in primis) debba tornare a riflettere sul tema delle cosiddette privatizzazioni o trasferimenti di interessi pubblici in mani diverse da quelle dello Stato. Mi sembra, infatti, che a dieci anni, e forse più, dall'apertura della stagione cosiddetta delle privatizzazioni, sia giunto il momento di fare dei bilanci, che francamente ci portano ad ammettere con amarezza di non aver constatato maggior libertà sul mercato, né iniziative utili ad aumentare la qualità dei servizi e ad abbassare le tariffe. Abbiamo assistito, invece, alla creazione di monopoli e di oligopoli, che francamente è giunto il tempo di rimettere in discussione.
Se, infatti, non è ammissibile la mano pesante dello Stato in economia, non può neanche essere accettabile che lo Stato


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tuteli in maniera improvvida interessi particolari, anzi privati, in nome e per conto di un interesse che dovrebbe invece essere pubblico. Credo, quindi, e su questo punto mi rivolgo ai colleghi tutti, ma in modo particolare a quelli di maggioranza, che si possa avviare un confronto con molta serenità e serietà, senza riaprire questioni stantie sul ruolo dello Stato in economia, o sulle partecipazioni statali, anche dal momento che alcuni colleghi dell'opposizione si sono dimostrati assai sensibili a questo tema. Personalmente, rilevo interessi pubblici compromessi e interessi privati tutelati.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA IX COMMISSIONE PIERO TESTONI

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor ministro, non sono parole di circostanza, ma desidero compiacermi per l'esposizione, l'indagine e l'accuratezza con cui lei oggi ci ha fornito queste cifre. In sintesi, affronto subito il problema delle concessioni ad Autostrade SpA.
Il sistema degli atti concessori viene praticato non solamente con Autostrade SpA, ma in tutti i settori che risentono della mancanza di investimenti; situazione quest'ultima che giunge a compromettere seriamente sia un diritto costituzionale (l'articolo 16 della Costituzione) sia la competitività del sistema Italia.
Mi riferisco non solamente ad Autostrade SpA, ma anche agli aeroporti, alle concessioni sulle banchine portuali, ad un sistema cioè dove si danno in concessione - la pregherei di sottolineare questo aspetto - beni (come gli slot delle compagnie aeree) appartenenti allo Stato ma patrimonializzati da privati, i quali non rispettano la convenzione collegata all'atto concessorio e, invece di essere richiamati per tale inadempienza, addirittura, quando falliscono, vendono il bene dello Stato.
Per approfondire questi aspetti - spero che le Commissioni competenti lo facciano quanto prima - ben venga l'audizione a cui faceva riferimento il ministro in tema di leverage buyout e sui sistemi adottati molte volte, a costo zero, per trasferire beni dello Stato, facendo affermare un principio per cui, con un sistema delle privatizzazioni che non condivido, vengono privatizzati gli utili e si socializzano le perdite.
Rispetto a questo tipo di impostazione, ritengo sia opportuno rivedere anche il sistema dell'atto concessorio. Nessuno vuole tornare ad impostazioni stataliste, ma occorre privatizzare la gestione, non le strutture e le reti, con modalità - su base contrattuale - che non rendano impotente il Governo, come avviene oggi. In ordine alla possibile revoca dell'atto concessorio, lo Stato si è sempre mostrato debole di fronte alle grandi lobby economiche. In questo caso, al contrario, sarebbe sufficiente una raccomandata con disdetta per mancanza di adempimenti contrattuali in ordine ad un bene ricevuto in concessione.
Qualcuno afferma che questi ragionamenti riportano a principi statalisti. Su ciò invito i colleghi a svolgere una riflessione. Queste considerazioni le stiamo facendo sui settori strategici del nostro paese. Le prese di posizione di ieri di Sarkozy, che non è certamente un uomo di sinistra, e non ha i nostri convincimenti politici, a proposito della difesa dei settori strategici che riguardano la capacità di sviluppo e di competitività del paese, evidenziano come il rapporto con l'Unione europea vada rivisto anche in questo senso.
Lei, signor ministro, che è stato in Cina, sicuramente ha constatato qualcosa che è necessario diffondere, ovvero che la Cina che qualcuno immagina non esiste più. Non si può, tuttavia, pensare di vendere con le bancarelle i prodotti di paesi cosiddetti avanzati a paesi che, invece, riteniamo abbiano ancora da imparare.
La verità è che vogliono un sistema di approccio diverso, un sistema di capacità di collaborazione e di vendite di sistemi. Con questi sistemi di privatizzazione, l'Italia, a mio avviso, non è neppure in grado di svolgere un suo ruolo.
Le cifre che lei ha citato sono di per sé significative. Da un calcolo che ho fatto


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senza avere a disposizione i documenti che lei ha redatto, risulta che mancano già centinaia di chilometri di autostrade a causa di investimenti non effettuati. In questo modo non solo abbiamo privatizzato la titolarità giuridica della concessione, ma addirittura il ministro delle infrastrutture non ha fondi per gli investimenti, perché non ha una capacità di intervento.
Da ultimo, mi permetta un cenno ad una situazione particolare. I problemi di nostra competenza riguardano l'articolo 16 della Costituzione. Lo Stato deve garantire la mobilità, ma non posso non richiamare all'attenzione di tutti il problema dell'aumento delle tariffe, che sono inversamente proporzionali al tratto percorso. In tal modo i lavoratori e le persone più deboli pagano di più e pagano gli investimenti a fronte di grandi plusvalenze, quali quelle del matrimonio Autostrade-Abertis, che spero non si faccia mai, non tanto per motivi di sistema o di capacità di revoca dell'atto concessorio, ma perché, trasferendo all'estero una capacità decisionale, si impedirebbe al sistema Italia di avere i vantaggi di cui gode chi oggi sui giornali lamenta di essere un bersaglio del potere politico, mentre sta realizzando, con investimenti che non sono stati fatti da nessun privato, plusvalenze di 1.200 miliardi delle vecchie lire.

PIETRO ARMANI. Nella precedente legislatura ho avuto l'onore di essere presidente della VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, nell'ambito della quale, nelle diverse occasioni dettate dall'esame sia di atti amministrativi, sia di atti legislativi che hanno interessato il settore autostradale, abbiamo ascoltato in audizione i rappresentanti dei vertici del gruppo Autostrade, in cui, come sappiamo, figura Autostrade per l'Italia SpA.
La nostra preoccupazione, signor ministro, derivava essenzialmente da una sciagurata legge del 1975 dovuta alle famose «domeniche a piedi» cioè alla prima crisi energetica che, lei ricorderà, coincise con la guerra del Kippur (1973-1974); legge che bloccava ogni costruzione autostradale, persino l'apertura di un casello. Tanto è vero che il casello di Ponzano Romano-Soratte, che ha avuto un'importante funzione nello snellimento del traffico di accesso a Roma dall'autostrada del sole, pur essendo stato programmato molti anni fa - come vicepresidente dell'IRI lo ricordo molto bene - è stato realizzato solo pochi anni dopo l'abrogazione della famigerata legge del 1975.
Il ministro ha avuto la cortesia di ricordare il leverage buyout e le privatizzazioni. Lei, però, signor ministro, ha compiuto un autogol, perché tutte le privatizzazioni sono state realizzate durante i Governi di centrosinistra: il Governo Amato ha trasformato gli enti di gestione in società per azioni, il Governo Ciampi, richiamando Prodi alla presidenza dell'IRI, ne ha iniziato le svendite di varie parti. Ricordo, inoltre, che la prima privatizzazione di Telecom risale al periodo del Governo Ciampi con il famoso 0,64 per cento della FIAT. Il Governo Prodi ha realizzato successivamente ulteriori privatizzazioni. Infine, la merchant bank di Palazzo Chigi del Governo D'Alema è stata autrice della sponsorizzazione dei cosiddetti «capitani coraggiosi» della seconda privatizzazione Telecom.
Ciò detto, quindi, sarei più cauto. Le privatizzazioni sono state fatte. Personalmente sono contrario alle ristatalizzazioni che potrebbero avvenire attraverso l'acquisto delle reti telefoniche da parte della Cassa depositi e prestiti: un paese che ha 1,5 milioni di miliardi di debito pubblico non può, a mio avviso, indebitarsi ulteriormente per condurre questo tipo di operazioni. Ricordiamoci, perciò, del passato.
Per quanto riguarda il problema della fusione Autostrade-Abertis, lei, signor ministro, fa benissimo a prevedere delle verifiche. Si tratta di un'operazione che, essendo stata decisa nel passaggio da una legislatura all'altra, è stata anche, in un certo senso, scorretta, trattandosi di fusione e di trasferimento di concessioni statali.
Signor ministro, vorrei farle presente che è necessario procedere ad investimenti


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autostradali in modo da aumentare i chilometri di autostrade soprattutto al nord, dove ci sono delle strozzature drammatiche. Sono stato eletto in Lombardia e conosco perfettamente la Milano-Brescia, il problema della Pedemontana lombarda, per non parlare del passante di Mestre, in Veneto. Ferma restando la difesa degli interessi dello Stato e della collettività, dobbiamo dunque fare in modo che questi investimenti autostradali siano realizzati preferibilmente con capitale privato, perché allo Stato mancano le risorse finanziarie per farli. Dobbiamo, quindi, favorire gli investimenti privati.
Il ministro ha posto in evidenza la notevole crescita fatta registrare dal ROE; tale crescita, maggiore delle previsioni, è da attribuire a due fenomeni dei quali ha fornito illuminanti statistiche. Si tratta della crescita del volume dei veicoli circolanti nella rete autostradale esistente e degli impegni di price cap nell'ambito del meccanismo concessorio. Tuttavia lei, signor ministro, non è intervenuto sulle cause. Il grosso del ritardo di Autostrade per l'Italia deriva dal problema della variante di valico. Lei sa che le vicende in ordine alla variante di valico hanno dato vita, soprattutto a causa dei suoi predecessori, ad una specie di telenovela poiché sono durate venti anni.
Valutiamo allora per quale ragione il grosso degli investimenti riguardanti la variante di valico mancati da parte di Autostrade per l'Italia è dipesa dai magistrati che si sono messi di traverso in ordine alla destinazione del materiale di scarto per lo scavo delle gallerie. Non bisogna poi dimenticare i ricatti fatti dagli enti locali e dalle regioni (Emilia-Romagna e Toscana governate da sempre dal centrosinistra, se non dalla sinistra estrema). Da qui, rallentamenti, blocchi, contenziosi e contestazioni.
Lei certamente fa il suo mestiere con l'utilissima deformazione professionale che ognuno di noi ha in base alle proprie vicende professionali. Tuttavia, l'obiettivo primario deve essere quello di aumentare il numero di chilometri autostradali nel nostro paese; tutte le concessioni autostradali sono ancora in discussione o non ancora attribuite; occorre anche verificare le cause del determinarsi di questi ritardi che ritengo siano prevalentemente responsabilità di Autostrade per l'Italia SpA. Non credo che le altre concessionarie abbiano accumulato tutti questi ritardi negli investimenti in tema di impegni di concessione.
Due ultime considerazioni. Per quanto concerne il contratto di concessione, lei ha giustamente sottolineato che è necessario intervenire con coerenza. I contratti di concessione sono firmati e la concessione ha una durata pluriennale stabilita: dobbiamo, quindi, avere degli elementi esterni o interni che giustifichino l'intervento sul contratto di concessione. Lei ha rilevato come la pronuncia del Consiglio di Stato rappresenti un'occasione per intervenire sul contratto della società Autostrade per l'Italia SpA.
Per quanto riguarda l'Anas, lei sa che sono primo firmatario di una proposta di legge tesa a realizzare la separazione della funzione del concedente, assegnata al Ministero al quale dovrebbero collegarsi i NARS e tutte le strutture che studiano il problema delle concessioni e delle tariffe, da quella dei concessionari. Peraltro, l'Anas non ha ancora nessuna concessione in attività, perché, come lei ha ricordato, l'Asti-Cuneo è stata bloccata. Quindi, siamo ancora in tempo per separare le due funzioni. Mi auguro, però, che le autostrade assegnate in concessione all'Anas (la Salerno-Reggio Calabria e l'Asti-Cuneo) siano completate, messe a pedaggio, e magari trasferite a società miste o a società totalmente private. Il Mezzogiorno - e lei viene dal Mezzogiorno - ha bisogno del completamento dell'asse autostradale e, mi consenta, ha bisogno - visto che questa mattina abbiamo tutti manifestato a favore del ponte sullo Stretto - di tale infrastruttura proprio per evitare di trovarsi intrappolato in un collo di bottiglia.

PRESIDENTE. Colleghi, avverto che ci sono ancora nove iscritti a parlare. Ritengo che potremmo concludere gli interventi alle 16,30 e dare una decina di


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minuti di tempo al ministro per replicare.

RAFFAELLA MARIANI. Ringrazio il ministro Di Pietro per averci oggi fornito, dopo un primo incontro svoltosi in IX Commissione, informazioni dettagliate ed accurate. Sono tentata di fare alcuni riferimenti al «buco di memoria» di cui l'onorevole Armani ha sofferto in questi ultimi cinque minuti. A questo proposito, ricordo all'onorevole Armani che rispetto ad alcune delle questioni che oggi il ministro sottolineava e che riguardano la fase del quarto atto aggiuntivo, taluni riferimenti della Corte dei conti, ma anche talune raccomandazioni che l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici aveva ribadito, magari un po' tardivamente, alla fine della passata legislatura, andavano incontro ad un tema che avevamo posto in evidenza anche in Assemblea. Ciò era avvenuto nel corso dell'esame del maxiemendamento presentato al cosiddetto decreto mille proroghe che aveva fatto sorgere molti dubbi all'allora opposizione in ordine a quegli aspetti che garantivano notevoli possibilità di guadagno alle società autostradali.
Signor ministro, la risposta che volevamo l'avevamo già in parte ottenuta. Quanto da lei detto oggi conferma che l'inefficienza del nostro sistema autostradale non è legata esclusivamente alla scarsa capacità autorizzatoria degli enti locali, delle regioni ed anche, come si vuole sottolineare secondo un luogo comune, alle regioni più evolute che nel loro territorio riescono a costruire e a progredire ma che, guarda caso, hanno stabilito di bloccare magari la variante di valico e, quindi, tutto il sistema infrastrutturale nazionale.
Assistiamo, ormai, a giustificazioni che non sono più solo quelle addotte da Società Autostrade SpA, i cui vertici aziendali per tutta l'estate hanno rilasciato ai maggiori organi nazionali dichiarazioni secondo le quali il motivo del ritardo dei suoi investimenti è legato soprattutto alla scarsità delle autorizzazioni, ma anche quelle di una parte politica che in Parlamento continua a sostenere, pur essendo stata al Governo per cinque anni, che i rallentamenti sono dovuti soprattutto alla mancanza di potere autorizzatorio dello Stato centrale, quindi alla possibilità di bypassare le scelte dei territori.
La puntualizzazione che le sottopongo riguarda l'Anas. Ci chiediamo se vi fosse una giustificazione alla discussione svoltasi, in contrapposizione al CIPE, in ordine all'accettazione da parte di Anas di utilizzare il meccanismo, che favoriva di più Autostrade SpA, del ROE. Desidererei, inoltre, conoscere anche la sua valutazione sulla capacità di controllo e verifica di tutte le concessioni dell'Anas.
L'altra questione che a noi risulta difficile spiegare ai cittadini concerne i problemi emersi con il verificarsi delle emergenze meteorologiche degli anni passati. Come ricorderete tutti, le autostrade erano rimaste bloccate a seguito di notevoli, ma non eccezionali, nevicate. Anche in quel caso le società concessionarie addussero la mancanza di risorse, la mancanza di capacità organizzativa; insomma, uno scaricabarile tra Anas e società concessionarie. Ciò detto, ci chiediamo quale debba essere il meccanismo e attraverso quali strumenti il Parlamento possa intervenire per rendere il sistema, tramite opportuni controlli, più efficiente. Ricordo che l'Autorità per i lavori pubblici l'8 giugno ha consegnato al Parlamento una relazione da cui si evince una valutazione negativa soprattutto sulla percentuale di investimenti realizzati dalle società concessionarie tra cui Società Autostrade, alla quale si addebita la responsabilità maggiore. A questo punto, mi domando se tutta questa pletora di organismi che, insieme all'Anas, rivestono un ruolo sempre maggiore - cito solo i contratti per lavori pubblici e tutto quel che ne consegue -, sia riuscita, in tutti questi anni, nel suo obiettivo principale, o se invece dobbiamo ritenere che sia stata un fallimento.

MAURIZIO ENZO LUPI. Con tutto il rispetto per il ministro, che ringraziamo di essere venuto in questa sede, a differenza di alcuni colleghi che hanno parlato di


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linearità personalmente individuo una situazione di confusione complessiva.
È evidente che ciascuno si porta dietro la sua storia, ed è giusto che nessuno la dimentichi, ma lei adesso fa il ministro, ed è sbagliato farlo seguendo l'ottica del pubblico ministero. Dico ciò perché il pubblico ministero deve fare il pubblico ministero e il ministro deve fare il ministro. Il ministro deve preoccuparsi, in rappresentanza di questo paese, di attuare e di sviluppare, nell'ambito della sua competenza, le tematiche infrastrutturali e, come tale, proporre eventuali cambiamenti al Parlamento con leggi innovative.
Denunciare qualunque devianza spetta ad un altro organo. È, intanto, sbagliato perdere tempo per fare ciò. Ovviamente, qualora siano identificate delle responsabilità, esse devono essere denunciate, ma comunque verificate in altre sedi.
Nel mio intervento cercherò di farle capire perché questa devianza porta poi ad uno stato di paralisi e a fare confusione nell'illustrazione. Se l'ottica è sempre quella di ricercare il male, qualcuno potrebbe ipotizzare che tutto il male sia costruito ad arte e concludere che il problema risieda nel privato. A tal proposito, sottolineo che questo modello di privatizzazione non è una nostra creazione. Infatti, è stato proposto nel 1999. Il ragionamento che ne potrebbe conseguire è che nel privato si annidi il negativo e nello Stato, al contrario, tutto il positivo. Come sappiamo, non è vera né l'una né l'altra cosa. Dobbiamo confrontarci, ovviamente, su come creare un giusto equilibrio, su quale sia il ruolo dello Stato e quale quello del privato. Dobbiamo comprendere se il ruolo dello Stato sia quello di gestire Autostrade SpA, oppure quello di fungere da regolatore lasciando che il gestore sia un altro, nonché stabilire le regole e le condizioni.
Mi sembra che le questioni poste dal ministro siano tre, su ognuna delle quali desidero esprimere la nostra opinione.
La prima questione si collega alla ragione che mi ha indotto a parlare di confusione. Noi avevamo sollecitato che l'oggetto dell'odierna audizione fosse che il Governo facesse il punto della situazione sulla proposta di fusione tra Autostrade-Abertis.
Da questo punto di vista, devo riconoscere la sua totale disponibilità, perché lei, contrariamente ad altri, è aperto al confronto, pur nella diversità delle posizioni.
Avevamo sollecitato questa audizione perché abbiamo letto sui giornali, mi sembra il 3 agosto scorso, che il ministro dell'economia e delle finanze, il ministro delle infrastrutture e Anas, a fronte di una richiesta di autorizzazione formale, proposta da società Autostrade, avrebbero risposto di non procedere sulla base di diverse motivazioni. A ciò si aggiunga l'aver appreso che l'Unione europea si dovrà pronunciare su questo caso, per stabilire se sia legittimo, dopo la pronuncia del Consiglio di Stato che chiedeva al Governo di esprimersi, un pronunciamento nel merito da parte del Governo stesso, o, per conto del Governo, da parte di Anas.
La preoccupazione del Parlamento è, a fronte di una eventuale paralisi o di un eventuale contenzioso riguardo ad un oggetto che comunque interessa tutti (i nostri clienti, i cittadini, gli investimenti fatti), di capire se sia opportuno aspettare che l'Unione europea dichiari che abbiamo sbagliato tutto, oppure, come sembrava di comprendere (e qui è l'atto di trasparenza), se siano in corso trattative tra voi, Governo, o, attraverso voi, Anas, nei confronti di Autostrade-Abertis, per giungere a una soluzione della vexata quaestio. Aspettiamo il pronunciamento o invece si sta muovendo qualcosa? Questa è la prima questione che le sottopongo.
A questo riguardo, lei afferma giustamente - di ciò abbiamo discusso diverse volte anche nella passata legislatura - che quello che si nasconde dietro la fusione di Autostrade-Abertis è, più in generale, il rapporto che intercorre tra un concedente e il concessionario. Poiché il concedente è stato nel 1999, e lo è ancora oggi, lo Stato (attraverso Anas), intendiamo verificare il rapporto esistente. Vogliamo una verifica perché questo caso pone in evidenza una


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serie di questioni tra le concessioni in essere, la loro attuazione e la loro eventuale modifica.
Non è un caso che lei dichiari di voler prendere spunto, indipendentemente dall'esito della trattativa tra noi, Abertis e Unione europea, per rivedere la questione. Ritengo che questa seconda questione appartenga ad un'altra tematica su cui confrontarci in maniera chiara. Tematica sulla quale il Governo, al di là delle analisi da lei compiute sui difetti e le incongruenze riscontrate, deve indicarci una proposta di soluzione. Su questo, Parlamento e Governo, maggioranza e opposizione si dovranno confrontare.
Le due questioni evidenziate non devono essere sovrapposte; non è un caso che la nostra mozione prende spunto da questa preoccupazione. Non intendevamo certo opporci al libero mercato, ma conoscere quali garanzie Anas e Governo fossero in grado di fornire affinché quella fusione, sulla quale non spetta a noi decidere in quanto si tratta di una questione di libero mercato, non ostacolasse l'oggetto della concessione e la possibilità che gli investimenti continuino ad essere effettuati.
Questo era lo scopo. Le dico perché esiste un difetto, facendole i due esempi che lei ha citato. Il primo esempio, su cui abbiamo discusso molto anche in Commissione, concerne l'aumento del prezzo legato agli investimenti effettuati. Questo sistema, così come è stato concepito (le traduco in «lupese» quel che lei ha detto in «dipietrese»), non funziona.
Noi abbiamo sempre sottolineato che gli aumenti tariffari possono essere solo connessi agli investimenti realizzati e all'aumento delle prestazioni: non esiste altra possibilità per cui l'aumento possa essere dato. Il punto, però, è che questo aumento tariffario non deve avvenire alla fine del percorso, ma all'inizio, perché sono necessari gli investimenti per poterlo fare. Lei giustamente dice che non avremmo dovuto aumentare le tariffe perché gli investimenti non sono stati fatti. Oggi, però, ci troviamo ad avere un patrimonio davanti, cui lei ha accennato. Ad esempio, Autostrade SpA ha accantonato 2 miliardi di euro per investimenti da realizzare. A noi Governo, a noi Parlamento, interessa che i 2 miliardi di euro esistenti, senza i quali non potremmo realizzare nulla, siano investiti. Ci chiediamo come, con quali tempi e quali certezze ciò verrà fatto. Qui il rapporto da rivedere non è quello dei ruoli. Ritengo giusto sia che il Governo, lo Stato fungano da controllori, nel senso di indirizzare, attuare e controllare, sia che esista un gestore privato. Inoltre, è necessaria una valutazione del funzionamento dell'esercizio del controllo e dell'indirizzo. Se non funziona, dobbiamo domandarci perché, giacché entrambi hanno una loro giustificazione. A questo riguardo, lo Stato potrebbe dire che il privato non vuole investire, e il privato che non gli sono state date le concessioni.
Noi abbiamo cercato di fornire una risposta, che ritengo positiva, altri la possono giudicare negativamente. A questo proposito abbiamo sollecitato una modifica delle leggi, abbiamo approvato la legge obiettivo ed affrontato il problema della certezza dei tempi in cui gli investimenti sono realizzati.
Questa è la prima questione, sulla quale ho fatto un esempio, per dire su cosa dobbiamo confrontarci, ma, se si parte da un pregiudizio - il famoso difetto all'origine -, non affronteremo nel merito il problema e non troveremo la soluzione. A me, in qualità di utente, di cittadino, interessa non impiegare 4 ore a percorrere la Milano-Bergamo-Brescia e che venga creata la quarta corsia. Sono dunque disposto a pagare 0,2 euro in più, pur di beneficiare di una prestazione valida. Il problema è che questa prestazione non viene erogata e non ci sono le risorse per gli investimenti e la certezza dei tempi.
L'ultima osservazione concerne la grande preoccupazione che le manifestiamo con riferimento a questi singoli atti, che riguardano Autostrade SpA, l'Anas, le telecomunicazioni. Noi pensiamo che si stia andando verso un ritorno ad una concezione statalista in ordine all'erogazione di servizi e nel rapporto con le imprese, e non già, invece, seguendo l'indirizzo


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intrapreso in passato. Non sono casuali l'intervento del collega dell'Udeur, Fabris, e gli interventi letti in questi giorni: da anni non si sentiva più l'espressione «ritorniamo alle partecipazioni statali». Sarebbe un gravissimo errore pensare che il problema di un rapporto corretto fra Stato e imprese possa risolversi ritornando allo Stato gestore o alle partecipazioni statali.
Crediamo fermamente che, liberando le risorse esistenti anche nel settore infrastrutturale, e rendendo protagoniste le imprese, ma con un controllo serio esercitato dallo Stato, si possano ottenere più facilmente i risultati che servono e interessano ai nostri concittadini.
Ritengo sia questo il contesto in cui collocare la sua relazione e le nostre osservazioni, anche pesantemente critiche.

ENZO CARRA. Mi pare che l'esposizione del ministro sia stata talmente esauriente che le nostre domande sono spesso - e non sarà il mio caso - polemiche rispetto al passato.
Desidero sottoporre all'attenzione del ministro due problemi. Il primo è quello della fusione Autostrade-Abertis; il secondo è quello della mancanza di investimenti del suo Ministero.
Sul primo punto, lei, ministro, ha affermato di essere dispiaciuto di non poter entrare nell'argomento. Potremmo almeno sapere quando considerarlo definito per evitare che, per dirla come in altri uffici, esso rimanga un fascicolo aperto a carico di ignoti. Gradirei sapere quando si potrà parlare di tale argomento, quando potremo venire a conoscenza di quel che il Governo ha deciso. Vorrei, inoltre, chiederle se esista un'alternativa, perché, se si è aperto un capitolo come questo, un motivo deve esserci: non può trattarsi solo di una bassa insinuazione o del fascino della Spagna. La motivazione di questa fusione potrebbe essere, ad esempio, il potenziamento della rete autostradale. Desidererei capire, quindi, se su tale questione pensa ad altro. Gradirei inoltre conoscere l'opinione del ministro su una proposta, a me nota, che circola in alcuni ambienti, riguardante un progetto di grande rete, che potrebbe essere capitanata da Autostrade SpA e di cui potrebbero far parte reti come SNAM e TERNA.
Non devo pronunciarmi, perché non sono al Governo, ma lei sì; conseguentemente, mi farebbe piacere conoscere la sua opinione in merito ad un'eventuale alternativa di questo tipo e se la considera realistica.
Per quanto riguarda gli investimenti, prendo spunto da cose minimali. Mi pare che il canone di concessione sia al momento dell'1 per cento. Lo Stato, dunque, sui proventi netti di pedaggio, secondo la legge n. 537 del 1993, riscuote l'1 per cento. Sarebbe possibile ridiscuterne e aumentarlo al 2 per cento, per esempio?
Quanto alle subconcessioni, il 2 per cento dei ricavi netti vanno all'Anas. Sarebbe possibile portarli al 4 per cento, facendo carico all'Anas di trasferirne due al Ministero?
Esiste anche un fondo centrale di garanzia, che serviva per garantire i mutui e i contratti dei concessionari quando vigevano quelli a prevalente capitale pubblico. Tale fondo di garanzia mi pare sia abbastanza ricco, poiché nell'anno 2005 aveva un utile intorno ai 154 milioni di euro. Ignoro il motivo per cui in questo fondo non sia incluso il Ministero delle infrastrutture ed esso non sia abilitato a gestirlo insieme al Ministero dell'economia e delle finanze. Non dico che avreste risolto parte del problema degli investimenti, ma con queste tre tappe, con questi tre step forse potremmo realizzare qualche investimento in più.
Questi sono i due temi che le sottopongo: la fine della questione Abertis e gli investimenti del suo Ministero.

VITTORIO ADOLFO. Abbiamo preso atto della relazione del ministro, sia per quanto riguarda l'aspetto della fusione Autostrade-Abertis, sia per quanto riguarda gli aspetti inerenti alla concessione di Società Autostrade SpA.
Per quanto riguarda la fusione, esistono ovviamente aspetti che vanno approfonditi e che, pur tenendo conto delle considerazioni


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di mercato e delle normative europee, possono destare qualche preoccupazione nella tutela del nostro azionariato, del capitale italiano e del suo management. Vi sono però altri aspetti riguardo ai quali attendiamo di conoscere anche il parere dell'Unione europea, quindi, è giusto attendere l'evoluzione della procedura.
Per quanto concerne invece gli aspetti di natura concessoria, è giusto approfondire la questione delle realizzazioni condotte sul territorio e della mancata realizzazione di alcune opere. È proprio su questo che vogliamo porre l'attenzione, perché è giusto evidenziare se tutti gli impegni sono stati mantenuti, però, laddove sappiamo esistere una sopravvenienza, chiediamo che sin da oggi queste realizzazioni vengano portate avanti e potenziate. È questa la nostra maggiore preoccupazione. Si può fare un elenco di opere da realizzare, dal nodo di Genova, all'Asti-Cuneo, al proseguimento del nodo di Mestre, e così via.
In questa fase di approfondimento, di verifica e soprattutto di esame della concessione per creare quelle condizioni che possano condurre a nuove soluzioni, persino a prospettare una nuova convenzione, chiediamo che si portino avanti i lavori che, ovviamente, con 2.600 miliardi possono essere realizzati.

PAOLO CACCIARI. Il ministro ci aveva detto molto gentilmente, venendo qui, di essere alla ricerca di lumi ed indirizzi. Per quanto riguarda la mia parte politica, tra gli indirizzi che vorremmo suggerire al ministro c'è quello di continuare in questa opera di trasparenza e di informazione su un mondo purtroppo molto incerto e strutturalmente opaco.
Nel merito, due cose mi sembrano centrali. La prima riguarda l'urgenza sulla questione della fusione con Abertis. L'indirizzo che suggeriamo al ministro e al Governo è di evitare a tutti i costi che il 70 per cento della rete autostradale italiana si trasferisca, in termini di sede legale e fiscale, fuori dal nostro paese. Dico ciò non per revanscismo nazionalistico, da me distante, ma per la funzione che queste società svolgono nel sistema economico italiano. Questo ruolo, illustratoci oggi dal ministro (sebbene non da ora ne venissimo a conoscenza), è quello di società concessionarie riscossori di tasse indirette. Questo, infatti, sono le società che gestiscono - cosa che finalmente ho visto scritta sui giornali, e lei oggi ha evidenziato - quelli che in ragioneria vengono chiamati monopoli naturali, ove la concorrenza è impossibile. Tant'è che, per far rientrare in modo artificiale e ideologico la gestione di tali settori in un'idea di mercato, è necessario simulare regole, inventare formule magiche e parametri regolatori estranei al mercato, assolutamente arbitrari e artificiali, che emergono da contrattazioni tra soggetti politici ed economici e con i risultati catastrofici segnalati dal ministro.
Però, ministro, per ottenere indicazioni da noi, dovrebbe completare questa opera di informazione. Vorremmo sapere, per esempio, quali sono i costi sia del mercato artificiale creato con queste regole, sia dei consigli di amministrazione di queste 24 società. Ad esempio, i concessionari che riscuotono i pedaggi delle nostre autostrade non vanno identificati con i soli casellanti, bensì con una pletora di società, più o meno quotate in borsa, che si suddividono queste riscossioni in modo assolutamente dispendioso. Tali società potrebbero essere molto più economiche se gestite diversamente, attraverso un controllo pubblico più rigoroso di quello che lo Stato italiano è riuscito ad attuare in questi anni.
Ecco, quindi, che giustamente concordo con lei: il problema ha una sua urgenza, una sua specificità e riguarda il sistema autostradale e la gestione di tutti i servizi monopolistici che hanno un interesse pubblico generale.
Sarei lieto se il Governo potesse fornirci indicazioni e suggerimenti sia per evitare questo scippo delle autostrade italiane - non escludendo l'ipotesi da lei avanzata nella prima audizione, quella della revoca della concessione - sia per riprendere un controllo pubblico sull'intero sistema. Il problema non consiste


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tanto nell'ottenere qualche quattrino in più sui canoni di concessione, o qualche miliardo in più per gli investimenti, quanto, come lei ben sa, nella privatizzazione del sistema autostradale - quella che chiamo produzione di autostrada a mezzo di Autostrade - la quale è avvenuta con continue proroghe delle concessioni, in cambio della realizzazione di qualche svincolo o di qualche chilometro in più. Lo Stato non aveva i soldi per realizzare gli investimenti, le società autostradali si sono proposte in occasione delle Olimpiadi e delle Colombiadi, anticipando risorse finanziarie in cambio di proroghe delle concessioni. Mi dica lei, signor ministro, se c'è stato il caso di un rinnovo di concessione avvenuto per gara, come dovrebbe accadere in un libero mercato che voglia dirsi trasparente. In Italia le concessioni sono state sempre prorogate agli stessi signori e non vi è stata concorrenza nemmeno negli affidamenti.
Siamo, quindi, di fronte al fallimento più completo di chi pensava di realizzare con questo sistema una concorrenza e un libero mercato: non solo questi non ci sono stati, ma si sono inasprite le lobby e le sotto-lobby esistenti in questo settore. Dobbiamo chiederci, quindi, se siamo davvero sovrani nel nostro paese, se esista cioè ancora una sovranità nella decisione pubblica o se tutti noi, partendo dal Parlamento e dal Governo, dobbiamo sottostare agli interessi di questi gestori privati di beni pubblici e di servizi pubblici.
Sono d'accordo, pertanto, che si debba suggerire al Governo l'alternativa per uscire da questa situazione. Quando dico «uscire da questa situazione» non intendo solamente guadagnare qualche soldo in più, ma avere un'alternativa: liberarci le mani per poter scegliere davvero e poter fare in modo che gli italiani esercitino la loro sovranità e la loro libera scelta. Non possiamo essere ricattati da chi una volta ha avuto una concessione e pretende di mantenerla in eterno.

PRESIDENTE. Considerata l'esigenza di concludere i nostri lavori in tempi rapidi, darei ora la parola al ministro, in quanto lo svolgimento degli ulteriori interventi dei deputati ancora iscritti a parlare non consentirebbe al ministro di replicare nella seduta odierna.

MARIO TASSONE. Signor presidente, vorrei avanzare una proposta sull'ordine dei lavori. Ritengo che il ministro possa replicare nella seduta odierna, restando inteso tuttavia che le Commissioni riunite potranno comunque affrontare gli argomenti oggetto dell'audizione nell'ambito delle future iniziative che saranno adottate congiuntamente, considerato anche che su talune questioni il ministro ha precisato che occorre tempo per verificare alcuni passaggi.

PRESIDENTE. Prendo atto che i deputati ancora iscritti a parlare non insistono per intervenire. Do quindi la parola al ministro Di Pietro per la replica.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Rispondo velocemente all'insieme delle domande che mi sono state poste e che mi pare vadano sostanzialmente tutte nella stessa direzione: ci si interroga sulle modalità d'intervento. Dico questo anche per rispondere all'onorevole Lupi, ricordando la sua mozione di cui ho fatto tesoro, che giustamente rileva che sono venuto a parlare oggi facendo più il pubblico ministero che il ministro.
Ho letto quella sua mozione che impegna il Governo a riferire su come intenda intervenire nella fusione Autostrade-Abertis. Se in una mozione mi chiede ciò ed io le rispondo, ma poi lei mi dice che non va bene, allora c'è qualcosa che non funziona, anche perché lei afferma che tutto deriva da un difetto di origine nella mia audizione. Le faccio notare che, se oggetto dell'audizione è il riferire sulla situazione delle concessioni, non posso certo riferire su altre questioni, come la realizzazione della Pedemontana o della BreBeMi. Quando farò l'audizione su questo tema, potrò riferirvene. Posso assicurarvi, tuttavia, che sono molto favorevole a strette collaborazioni tra regioni e Ministero per la realizzazione delle cosiddette


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autostrade a valenza regionale e interregionale. Sono andato, dunque, oltre l'argomento da trattare. Per di più, in questo momento sono impegnato in un dialogo istituzionale con almeno quattro regioni (Campania, Liguria, Veneto e Lombardia), con le quali stiamo cercando una soluzione al vero problema.
La collega Mariani mi ha chiesto cosa abbia fatto l'Anas, cosa possa fare, quale attività di controllo e di verifica essa e il Ministero possano esercitare. Al Ministero ho constatato un'assenza totale di controlli perché per legge, per prassi e per dato di fatto, si è pensato che lo facesse l'Anas. Al Ministero non ho trovato neanche sufficiente personale competente, mentre all'Anas ho trovato una situazione che, al di là dei fatti personali, è remissiva. Proprio per la sua struttura, non si riesce a capire quando agisce da concedente e quando da concessionaria. Da ciò deriva la proposta - sulla falsariga di quella del collega Armani - di diversi parlamentari del centrosinistra di «spacchettare» (termine di moda) l'Anas lasciandole la gestione, quindi facendola diventare concessionario, e portando la vigilanza e il controllo sotto la diretta responsabilità del Ministero, anche avvalendosi delle competenze e delle professionalità di Anas.
Ci si chiede se l'organo debba essere il Ministero, se esistano altri strumenti e autorità per i lavori pubblici. Se ne può discutere, ma è certo che più sono le autorità, più c'è la deresponsabilizzazione. Ritengo, invece, che debba esistere una responsabilità unica di coordinamento, sia politica sia giuridica, a seconda di quale ambito si vada ad implementare. È ovvio che, come ministro in carica, mi faccio avanti prepotentemente, ma mi rimetto alla valutazione del Parlamento, perché bisogna verificare il caso concreto.
Una delle soluzioni da attuare è la creazione di strutture più qualificate, più competenti, più capaci, alle dirette dipendenze di una responsabilità unitaria in grado di eseguire verifiche e controlli, lasciando direttamente all'Anas un ruolo di concessionaria generale per le autostrade (il sistema della viabilità nazionale) che si avvarrà di partnership regionali (quelle che possiamo chiamare Anas regionali).
Già oggi diverse regioni hanno una loro struttura societaria di riferimento. Personalmente, sono favorevole a considerare una partnership di strutture nazionali e strutture regionali. Ovviamente, sono disponibile ad ascoltare tutte le argomentazioni del caso.
Per quanto riguarda altre questioni più specifiche che mi sono state poste, ritengo che ci sia bisogno di un intervento normativo in materia, soprattutto per quanto riguarda alcune tematiche sollevate dal collega Carra. Il collega in questione ha chiesto dove sia finito il canone dell'1 per cento. In realtà, vorrei segnalarle che sono due i canoni di concessione: uno è il canone previsto per legge, variabile in base a una serie di circostanze, che Autostrade SpA paga per la concessione che ha ricevuto; l'altro è invece il canone del 2 per cento che paga Autostrade SpA in relazione alle subconcessioni che può dare.
Ritengo che questa sia una materia da rivedere completamente, tanto che l'ho già messa sub iudice, sotto osservazione. Se andate a verificare, noterete che è sbagliata la norma. Essa dice che Autostrade SpA dà direttamente le subconcessioni e paga il 2 per cento delle subconcessioni che concede. Ma da nessuna parte è scritto che Autostrade SpA abbia ricevuto anche la concessione per attività diverse dalla gestione! Se ne è semplicemente appropriata, perché nessuno le ha concesso niente: questo è il problema. Da nessuna parte è scritto che, oltre all'autostrada, la concessione si estenda anche a tutto ciò che non è tale, come, per esempio, alla pubblicità. Sapete che ci sono milioni di euro per la pubblicità. Ebbene, in qualsiasi comune i proventi della pubblicità confluiscono nelle casse comunali, e si ignora invece la ragione per cui la pubblicità debba andare alla società Autostrade SpA, per poi dare quel 2 per cento allo Stato.
Esiste, dunque, un problema di fondo che, nella farraginosità di questa stratificata normativa, non si riesce più a leggere. Ad esempio, ho dato disposizione di effettuare


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un atto ricognitivo, che è sottoscritto dalle parti ed è un testo unico. Certamente il fondo centrale di garanzia è, grazie a Dio, un po' più sostanzioso; abbiamo chiesto di poterlo utilizzare, posto che questo fondo era impiegato per i fallimenti societari. Tuttavia, in una società che si rispetti i fallimenti non devono più coinvolgere gli investimenti. Nella nostra proposta, le quote di investimenti maturate confluiscono in un fondo vincolato. Pertanto, il fondo di garanzia - attualmente di oltre un miliardo - dev'essere riutilizzato.
Abbiamo chiesto di inserire nella finanziaria un'apposita norma per investire questi soldi in infrastrutture e speriamo che la proposta sia accolta. Allo stesso modo, abbiamo chiesto di raddoppiare i canoni per poterli utilizzare per finalità relative alle infrastrutture.
Ci si chiede cosa intendiamo fare in attesa che la Commissione decida. Per noi la pratica, come ha detto giustamente l'onorevole Carra, non è un fascicolo aperto a carico di ignoti: è un fascicolo archiviato e, come tutti i fascicoli archiviati, ha una domanda di autorizzazione; a fronte di una reiezione della domanda di autorizzazione esso va all'archivio.
I fascicoli sono archiviati in una sede, ma «archivio» non vuol dire definizione: se una persona fa un'altra domanda, si apre un'altra istruttoria che potrà avere diverse valutazioni se non è uguale alla precedente o se contiene un quid pluris o un quid minus. Quindi, per noi la pratica è archiviata e le risposte che abbiamo dato a Bruxelles ci sono state richieste. È chiaro che, qualora da Bruxelles ci venga risposto che questa norma non è più valida e noi si riceva un'altra richiesta di autorizzazione, si tratterà di aprire una nuova pratica.
Mi fermo qui sperando di aver risposto a tutti. Ho preso atto delle vostre indicazioni e posso assicurare il nostro impegno a tutti i colleghi di maggioranza e di opposizione che mi hanno chiesto di rispettare i progetti di realizzazione di autostrade. Stiamo incontrando, infatti, tutte le regioni, stiamo mantenendo aperti tutti i cantieri e vi assicuro che il passante di Mestre sarà realizzato forse con un mese di ritardo. Tutte le altre opere, inoltre, sono attualmente in corso e non è prevista la chiusura di alcun cantiere. Assicuro, infine, che stiamo riscrivendo insieme alle regioni l'elenco delle priorità delle opere necessarie da realizzare, nei limiti degli impegni di spesa che possono essere ragionevolmente sostenuti, dal momento che mancano i 115 miliardi per le opere previste dalla legge obiettivo.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Di Pietro per la sua disponibilità e tutti i colleghi.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,45.