COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 27 giugno 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MICHELE POMPEO META

La seduta comincia alle 13,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del ministro dei trasporti, Alessandro Bianchi, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
Onorevoli colleghi, voglio davvero ringraziare il ministro Bianchi, il viceministro e i due sottosegretari per la sensibilità istituzionale che hanno dimostrato partecipando all'odierna audizione della Commissione, nel corso della quale saranno illustrati al Parlamento gli indirizzi politici del Governo in materia di trasporti.
Premetto, signor ministro, che la Commissione è determinata ad esercitare i propri compiti nell'ambito delle competenze istituzionali ad essa assegnati. Non nascondiamo le difficoltà che il Governo ed il paese hanno ereditato nel settore. Sono forti e diffuse le preoccupazioni sullo stato comatoso delle imprese del settore: FS SpA e Anas hanno esaurito i finanziamenti dello Stato per il 2006.
Il bilancio di FS nel biennio 2004-2006 è passivo e ciò è dovuto al tracollo di Trenitalia (meno 300 milioni nel 2004, meno 650 nel 2005 e una previsione, per il 2006, di meno 1.200 milioni di euro).
Nel contempo, si è assistito ad un decadimento del servizio in termini di quantità e di qualità e ad un progressivo deterioramento del profilo industriale. È necessario, a mio avviso, un profondo cambiamento che consenta la ripresa programmatica del Piano generale dei trasporti, della logistica e dello sviluppo del Mezzogiorno.
Nelle more del nuovo lavoro pianificatorio di cui siamo venuti a conoscenza si suggerisce l'adozione di una direttiva del Governo che inquadri le principali linee strategiche: l'adozione di questa direttiva deve tendere ad un'azione di sviluppo e di risanamento al fine di delineare un nuovo indirizzo che il nuovo gruppo dirigente dell'impresa dovrà attuare.
Si possono cogliere le opportunità derivanti dalle prossime attivazioni delle linee ad alta capacità Napoli-Milano e Torino-Venezia. Con la loro entrata in esercizio si determinerà una capacità aggiuntiva di 60 milioni di treni-km, il 20 per cento in più rispetto ai servizi attuali merci-passeggeri.
Purtroppo Trenitalia non ha ancora affrontato strategicamente e organizzativamente il problema del materiale rotabile. Peggiora lo stato della manutenzione dei mezzi e la qualità dei servizi in appalto. Non molto diversa è la situazione di Anas SpA, che nel corso degli ultimi anni sembra avere abbandonato la propria missione industriale di realizzare le strade statali e di esercitare i doverosi controlli sulle società concessionarie. Sarebbe utile conoscere gli indirizzi del Governo e del


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ministro in merito alla società Ponte sullo Stretto e relativamente alla crescita di sovrastrutture costose come la Quadrilatero SpA, la Società RAM, ISPA SpA e via dicendo.
C'è molta attesa, da parte della Commissione, sulla situazione del trasporto aereo di Alitalia SpA. Piacerebbe a me (ma credo anche a tutti i componenti della Commissione) che la politica dei trasporti tornasse sotto l'indirizzo politico dei titolari del settore e non solo dell'azionista Ministero del tesoro, che ovviamente ha altre priorità.
Nel settore marittimo-portuale si può fare molto con atti di forte discontinuità rispetto agli ultimi anni, valorizzando le autorità portuali nel rispetto dei ruoli dello Stato, delle regioni e degli enti locali.
Ci sono cinque porti commissariati, quello di Livorno lo è da tre anni. Altro segnale atteso è lo sblocco dei finanziamenti stanziati nel lontano 1998 e la definizione dell'autonomia finanziaria delle autorità portuali, che metterebbe fine ad un'ingiustificata proliferazione delle stesse, insieme alla definizione del salario per le giornate di mancato lavoro dei lavoratori dei porti e ai controlli per la corretta applicazione del contratto unico dei lavoratori dei porti, garantendo inoltre quei servizi tecnico-nautici necessari anche per lo sviluppo delle cosiddette autostrade del mare.
Gli operatori dell'armatoria privata e pubblica, della cantieristica privata e pubblica, della nautica da diporto e delle organizzazioni dei lavoratori si attendono molto dal Governo e dal Parlamento e ritengono che occorra corrispondere a tali attese nel più generale impegno per lo sviluppo del paese.
Infine, ma non per ordine di importanza, permane il problema della sicurezza sulle strade: si paga un alto tasso di incidenti con molti feriti. Ci piacerebbe conoscere quali sono gli intendimenti del ministro, se ritenga che occorra mettere mano a nuove modifiche del codice della strada e se, e come, intenda esercitare i doverosi controlli per la corretta attuazione delle norme vigenti, controlli relativi anche all'applicazione delle norme a favore dei proprietari dei veicoli.
Per concludere la breve introduzione, signor ministro, richiamo l'esigenza di un profondo cambiamento anche in merito al trasporto pubblico locale, che sembra essere diventato la «Cenerentola» del trasporto. Le nostre città - Roma, Milano, Napoli, ma anche le altre grandi città, oltre a quelle medie - stanno soffocando per il traffico.
I costi, a partire dal carburante, sono sempre crescenti e l'insufficienza delle risorse, ferme al 1999, stanno determinando enormi problemi per le aziende, per gli enti locali e anche per i lavoratori del settore.
Spero vivamente, signor ministro, che già da oggi e nelle prossime occasioni di incontro e di lavoro con la Commissione, vi siano precisi indirizzi da parte del Governo e si possa avviare una positiva interlocuzione e una proficua collaborazione.
Do ora la parola al ministro per lo svolgimento della sua relazione.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. La ringrazio, signor presidente, rivolgo a tutti i membri della Commissione, e a lei in particolare, il saluto della nostra amministrazione, dello staff, del capo di gabinetto, del capo della segreteria e di tutti gli altri membri con i quali stiamo ancora costruendo - non abbiamo ancora finito di farlo - lo staff del Ministero.
Abbiamo immediatamente accolto la sua richiesta di incontro: è un dovere da parte nostra e ribadisco che onoreremo l'impegno ogni volta che lei riterrà opportuno convocarci.
È questa la prima occasione di incontro, quindi considero una priorità, come da lei sottolineato, chiarire, per quanto possibile, allo stato attuale dei nostri lavori, le intenzioni programmatiche del Ministero dei trasporti per realizzare gli obiettivi posti dal programma generale del


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Governo e quelli che abbiamo ritenuto di individuare esaminando la situazione (da quando ci siamo insediati ad oggi).
Innanzitutto faccio una necessaria premessa, peraltro a voi tutti già nota, poiché il Ministero dei trasporti deriva dalla ripartizione del precedente Ministero delle infrastrutture e i trasporti. Questo processo che non si è ancora del tutto completato sul piano formale; tuttavia posso dire che, sul piano sostanziale, la ripartizione è ormai chiara (lo era dall'inizio e l'abbiamo affinata con il passare del tempo).
Il Ministero delle infrastrutture si occuperà della progettazione e realizzazione di opere, mentre il Ministero dei trasporti prenderà in consegna queste opere, ne curerà la gestione e, soprattutto, curerà la gestione dei servizi. Tutto quel che riguarda la circolazione terrestre, la via ferrata, la strada, la circolazione navale e la circolazione aerea attiene alle competenze di questo Ministero.
Questa premessa chiarisce un elemento di fondo, ossia che il Ministero dei trasporti è sostanzialmente un ministero di programmazione: non è un ministero di realizzazione di opere. Dico questo perché il nucleo centrale dell'azione che intendiamo svolgere da qui in avanti è la rimessa in gioco di una politica dei trasporti.
Noi intendiamo fare in modo che la politica dei trasporti torni al centro dell'attenzione delle politiche governative e, se possibile, parlamentari. Lo dico perché abbiamo rilevato che questa componente è rimasta forse un po' defilata negli anni passati rispetto alla realizzazione vera e propria delle opere. Lo spirito, la forma e la sostanza della legge obiettivo era di questo tipo: elencare le opere ritenute maggiormente importanti per il paese per realizzarle successivamente.
Tutto questo è avvenuto forse in maniera non del tutto coerente con un quadro generale, con una visione strategica di quel che rappresenta il trasporto per il nostro paese, soprattutto in una fase in cui il rapporto con i paesi europei, ma più in generale con il resto del mondo, ha un sostanziale elemento di congiunzione nelle reti di connessione legate alla mobilità (termine che forse è preferibile utilizzare).
Da questo punto di vista, ripeto, il nostro intento, il nostro lavoro principale nei prossimi anni, sarà dedicato a sviluppare una politica dei trasporti. Per farlo non possiamo che rimettere in piedi lo strumento base della politica dei trasporti, ovvero il Piano generale dei trasporti. L'ultima versione di questo piano, che si chiamava esattamente Piano generale dei trasporti e della logistica, risale al 1999 come elaborazione, risale al 2001 come approvazione e, per la verità, non risale - mi pare - a quasi nessun anno come attuazione: è rimasto un libro, peraltro ben articolato, di scenari del trasporto che non sono stati del tutto perseguiti. Noi intendiamo rimettere in moto questa macchina, intendiamo rimettere in moto la macchina del piano che, probabilmente, come accennavo prima, sarà meglio chiamare Piano generale della mobilità. Quel che serve è disegnare uno scenario di mobilità, di persone e cose, nel territorio nazionale e internazionale. I mezzi con cui questa mobilità verrà assicurata saranno diversi: il trasporto marittimo, il trasporto aereo e quello terrestre e, soprattutto, il trasporto intermodale.
Questo mi consente di venire al secondo punto di specificazione rispetto a questa filiera della politica dei trasporti, lo strumento per attuare una politica dei trasporti, il Piano generale della mobilità (la parola chiave di questo piano). La parola chiave per noi è integrazione tra le reti nazionali e le reti transnazionali. Di immediata evidenza sono quelle che ci collegano con le altre reti europee. I corridoi 1 e 5 sono in piena discussione (se volete più avanti possiamo trattare nel dettaglio i singoli punti), ma è del tutto evidente che occorre integrare la rete dei trasporti nazionali con questa rete internazionale. C'è una rete, in particolare, che ci sta molto a cuore: le cosiddette autostrade del mare. Si tratta di una connessione non così evidente e non così codificata delle relazioni nazionali ed internazionali ma alla quale riteniamo che bisogna


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prestare grande attenzione, sia con riguardo al rapporto con l'Europa, sia con riguardo al rapporto con quella parte di Mediterraneo che Europa non è (mi riferisco in particolari ai paesi della riva sud e della riva est).
La prima grande integrazione sulla quale noi giochiamo, quindi, è quella tra reti nazionali e reti transnazionali. La seconda integrazione è tra i modi di trasporto. Tra i quattro modi del trasporto possibile esiste ancora, nel nostro paese, una sostanziale separazione. A prescindere dall'efficienza dell'uno o dell'altro modo, certamente non sono efficienti i punti di contatto fra questi; anzi, la mancanza di questi punti di contatto, la mancanza di cerniere tra un modo e l'altro dei trasporti, abbassa fortemente il livello di efficienza delle nostre reti.
Si possono fare esempi banali, come quelli del raccordo tra le grandi linee di comunicazione ferroviaria e le reti di mobilità urbana - questo è uno dei casi più evidenti di mancanza di cerniere di collegamento - ma il discorso vale in generale per le grandi connessioni. Un punto sul quale intendiamo porre particolare attenzione è proprio quello della creazione di nodi di interscambio fra i diversi nodi di comunicazione.
Una terza integrazione è invece quella fra i livelli di mobilità e di trasporto, ovvero tra i livelli che riguardano la grande comunicazione, nazionale o internazionale che sia, e, all'estremo opposto, i trasporti locali. Come sappiamo, i trasporti locali sono stati di fatto formalmente trasferiti alle competenze delle regioni e, in alcuni casi, delle amministrazioni comunali. Ebbene, questo, secondo noi, non significa che lo Stato, il Ministero dei trasporti, possa spogliarsi del compito di guardare qual è il livello di funzionalità di queste reti, che per la verità, non è così esaltante.
Ci sono, come è evidente, alcune regioni, specialmente del centro-nord, in cui il trasporto pubblico locale si è sviluppato in maniera efficiente ed efficace, ma ci sono molte regioni (quasi tutte quelle del Mezzogiorno) nelle quali, invece, questo trasporto è in condizioni assolutamente precarie. Questo riguarda, peraltro, la condizione di vita di alcuni milioni di persone che sono pendolari e che la mattina devono percorrere distanze neppure molto elevate, in genere 50-100 chilometri, con livelli di servizio bassissimi.
Riteniamo, allora, che non sia possibile sviluppare separatamente una politica delle grandi e veloci comunicazioni, delle TAV o quant'altro, senza tenere contemporaneamente presente le necessità di mobilità che riguardano alcuni milioni di persone e che sono collegate alle reti locali.
Ci sono quindi tre tipi di integrazione, per reti nazionali e transnazionali, per modi e per livelli. Queste sono le parole chiave che metteremo in apertura del Piano generale della mobilità e che saranno esplicitate nelle linee guida che stiamo predisponendo e che contiamo di presentare entro il mese di settembre e comunque prima della discussione della legge finanziaria, perché il percorso che dobbiamo fare è mirato a far convergere alcune risorse su questo nostro piano strategico.
Peraltro, indicazioni di questo tipo le stiamo mettendo a punto su richiesta del Presidente del Consiglio stesso, in particolare del ministro Padoa-Schioppa, per la formulazione del DPEF, che nelle intenzioni del ministro sarà sostanzialmente un documento di indirizzi. Quindi stiamo predisponendo tali elementi di indirizzo della nostra politica dei trasporti. Sarà forse anche un documento di indicazione di iniziative concrete, di opere; quasi certamente non saranno affiancate delle cifre a queste indicazioni, a queste opere, perché verranno rimandate alla legge finanziaria, e tuttavia stiamo predisponendo anche una serie di indicazioni di questo tipo (che se volete possiamo discutere) che riguardano sia il trasporto ferroviario che quello navale ed aereo, perché poi tutto questo sistema possa avere le risorse necessarie per implementarsi.
Vorrei aggiungere un'osservazione di carattere generale che riguarda i due grandi problemi del trasporto aereo e del


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trasporto terrestre (dell'Alitalia e delle Ferrovie per capirci). Sia per l'una che per l'altra è stato attivato un gruppo di lavoro con i rappresentanti dei Ministeri dei trasporti, delle attività produttive e dell'economia, che lavora da circa un mese a questa parte per predisporre una istruttoria che in questi giorni stiamo per presentare al Presidente Prodi (il gruppo è stato formato proprio dal Presidente). Presumo - questa è l'ipotesi che ho avanzato - che ci sarà una riunione a breve tra i rispettivi ministri, per dare degli orientamenti conseguenti a questa istruttoria.
Non posso anticipare qui i contenuti (anche perché potrei anticipare solo quelli che conosco per la mia parte), ma posso riferire in merito ad una ipotesi di lavoro che ho avanzato al Presidente e agli altri colleghi ministri, sia sul fronte Alitalia, sia sul fronte Ferrovie dello Stato.
Secondo me ciascuna delle due realtà vive delle evidenti criticità: le Ferrovie dello Stato quest'anno porteranno circa 1,8 miliardi di sbilancio mentre per quanto riguarda l'Alitalia - cito una cifra a mente - mi sembra che nel primo trimestre ci siano perdite per 550 milioni, che, considerate in progressione, porterebbero ad una cifra di circa 600 milioni a fine anno.
Ho detto al Presidente che a mio modo di vedere ci sono tre problemi che coesistono per ciascuna delle due strutture. Il primo è un problema di equilibrio economico e finanziario, che in questo momento non c'è (si chiama squilibrio). L'altro è un problema di piano industriale, cioè di proiezione delle attività strategiche che queste due componenti dovrebbero avere e che non mi sembra così chiaro. Il terzo è di management.
Ho espresso la mia perplessità circa il fatto che anche uno solo di questi problemi possa essere esaminato separatamente dall'altro: mi riferisco in particolare al problema del management. Riterrei non del tutto produttivo pensare di sostituire vertici o parte di vertici o tutti i vertici di qualcuna di queste due agenzie senza considerare il modo in cui ci vorremmo muovere per realizzare nuovamente la condizione di equilibrio economico e finanziario senza sviluppare una strategia di presenza industriale di questi due soggetti.
Ritengo che le tre cose vadano viste assieme fra loro e che la strada dovrebbe essere perlomeno quella di dire che ad un eventuale nuovo assetto dirigenziale debba essere affidato un mandato che contenga linee di indirizzo per i due fronti.
Prima di proseguire, permettetemi di presentare il viceministro Cesare De Piccoli, il sottosegretario Raffaele Gentile e il sottosegretario Andrea Annunziata, ognuno dei quali ha specifiche deleghe in materia rispettivamente di navigazione aerea, terrestre e stradale, e con i quali tuttavia abbiamo convenuto fin dall'inizio di sviluppare un'azione unitaria nell'intento principale di ricostruire una politica dei trasporti.

PRESIDENTE. Do il benvenuto agli onorevoli De Piccoli e Annunziata, la cui presenza ai nostri lavori è particolarmente gradita. In questa prima audizione, penso che dovremmo garantire a ciascun gruppo il diritto di intervenire e di porre questioni. Speriamo che, nella seduta odierna, lei possa darci delle risposte puntuali, riservandoci di valutare eventualmente in un momento successivo eventuali decisioni sull'organizzazione dei nostri lavori.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

MARCO BELTRANDI. Ringrazio il ministro, il viceministro e i sottosegretari per aver subito aderito alla richiesta di venire in Commissione per cominciare a discutere di questa materia così importante per lo sviluppo del paese e per ogni cittadino.
Per quanto riguarda ciò che ho appena ascoltato, non posso non esprimere pieno apprezzamento. Nella materia dei trasporti, la programmazione è un elemento assolutamente imprescindibile per uno sviluppo che abbia un minimo di ordine e una sua efficacia: finché i sistemi di trasporto si svilupperanno ciascuno isolatamente dagli altri e funzioneranno in questo modo, è evidente che il nostro paese


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non sarà in grado di rispondere alle sfide e anche alle opportunità. La nostra posizione e collocazione geografica, infatti, possono consentire ad una Italia dotata di un sistema di trasporti integrato e intermodale di essere un punto di passaggio fondamentale per le merci e non solo.
Intervengo soprattutto in merito a una intervista del signor ministro che ho letto un paio di giorni fa - forse addirittura ieri - su La Stampa, relativamente alla questione della TAV, dell'alta velocità e del famoso Corridoio 5 (per quanto riguarda la parte italiana). Se ho ben compreso, da quell'intervista il signor ministro diceva sostanzialmente che questa parte italiana del Corridoio 5 va sicuramente realizzata ma che occorre, per così dire, ripartire da zero e prendere in esame, eventualmente, anche un altro progetto, inizialmente scartato. Questa ripartenza, secondo le sue previsioni, comporterebbe un ritardo di un paio d'anni, con qualche dubbio circa la possibilità di ottenere ancora investimenti europei: veniva detto che non li avremmo perduti ma che se li avessimo perduti non sarebbe stato comunque un grosso problema, perché essi rappresentano il 20 per cento del costo dell'opera.
Sicuramente, nella vicenda della TAV e dell'alta velocità non tutto è andato per il verso giusto: probabilmente sono stati fatti degli errori. Esprimo, però, a questo riguardo molta preoccupazione. Due anni di ritardo, nelle condizioni in cui si trova il nostro paese, non sono poca cosa, come non è poca cosa anche il rischio di perdere finanziamenti che si dice ammontino solo al 20 per cento, ma che rappresentano comunque risorse non trascurabili. Su questo punto vorrei invitare il signor ministro e tutto il ministero a tenere in debito conto anche l'esigenza di procedere, comunque, alla realizzazione delle infrastrutture, cercando di correggere gli errori, ma dando molto peso al fatto che anche solo un giorno di ritardo nella costruzione delle opere significa costi e mancate opportunità per il paese.
A questo proposito, mi permetto solo di aggiungere che sarebbe anche tempo che l'Italia si dotasse, per quanto riguarda la valutazione di impatto ambientale, di standard riconosciuti internazionalmente. Questa è una grossa questione: se non la si risolve, qualunque opera si deciderà di fare in futuro, avremo sempre qualcuno che riuscirà a sollevare - e anche ad utilizzare - i timori delle popolazioni locali e anche le giuste preoccupazioni, per porre alla fine un veto: si troverà sempre qualche esperto a sostegno di una tesi o dell'altra. Credo che anche un'uniformità dei criteri di valutazione degli standard ambientali riconosciuti a livello internazionale sarebbe un importante passo avanti.

ANTONIO ATTILI. Signor ministro, ho ascoltato con attenzione le sue dichiarazioni programmatiche e condivido le parole chiave che lei vuol mettere al centro della sua politica di programmazione.
Sono questioni per la verità non nuove che però, nell'ultimo periodo, sono state trascurate e sono passate in secondo piano per molti versi. È giusto, quindi, che lei indichi con nettezza alla Commissione il percorso strategico del suo Ministero. Valuteremo il documento che lei annuncia per settembre tra qualche mese, e allora potremo dare un contributo più puntuale.
Tuttavia, signor ministro, vorrei attirare la sua attenzione sul fatto che lei, ereditando una situazione estremamente difficile, è di fatto obbligato ad assumere decisioni urgenti ed immediate, che non possono essere differite e che riguardano quasi tutti i settori di sua competenza.
Innanzitutto, penso che lei debba riflettere seriamente sulla questione della sicurezza: questo è un problema che riguarda tutti i settori. Particolarmente preoccupante è la situazione del trasporto aereo e marittimo. Sulle questioni della strada ha già detto e accennato il presidente della Commissione. Nell'ultimo periodo c'è stata una serie di segnali, tutti negativi, di inconvenienti gravi nel settore del trasporto aereo, che non fanno presagire nulla di buono. Quindi, vanno prese delle decisioni. Innanzitutto, bisogna consentire all'Ente nazionale dell'aviazione civile, che ha questo delicato compito e che


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presidia questo settore, di svolgere il proprio lavoro.
Mancano risorse, signor ministro! Non si tratta di chissà quali grandi investimenti, ma di risorse umane e di professionalità necessarie per svolgere il compito istituzionale e garantire agli utenti la serenità indispensabile in un settore così delicato.
Lo stesso vale per la questione del mare, per cui vecchi e importanti progetti sono rimasti sulla carta. La settimana scorsa due navi, con quasi tremila persone a bordo, si sono scontrate all'imbocco del porto di Olbia. Poteva essere una grave tragedia, ma per fortuna non lo è stata. Non possiamo tenere quel porto, così come altri, che soprattutto nei periodi di alta stagione registrano un incremento di traffico straordinariamente imponente, senza controlli seri ed effettivi, senza le strutture tecnologiche necessarie a garantire la sicurezza.
Altra questione generale sulla quale lei deve rapidamente dirci cosa vuol fare - e aggiungerei, se è possibile, un suggerimento alle indicazioni strategiche che lei ha dato - riguarda l'attenzione ai diritti degli utenti, che sono quasi sempre trascurati, che sembrano l'ultima catena del mondo del trasporto quando invece, se andiamo a ben guardare, ne sono il primo elemento. Vi è una serie di indicazioni anche da parte della Comunità europea. Non si parte da zero, però occorre la volontà politica di mettere al centro della politica del trasporto i diritti degli utenti.
Inoltre, sempre in termini generali, alle indicazioni strategiche che lei ha dato mi consenta di aggiungere il necessario riequilibrio del paese, che non significa fermare un pezzo del paese per aspettare l'altro: ciò sarebbe un errore. Significa, invece, lavorare tenendo sempre conto di questa situazione.
Abbiamo poi una serie di problemi più specifici. Ne voglio indicare solamente due o tre, per i quali può essere fatto qualcosa fin da subito. Per quel che riguarda il mare, lei, se non erro, ha sei autorità portuali commissariate. Di due ci ha detto che c'è già una proposta in fieri (se non ho capito male), ma ci aspettiamo che anche sulle altre si esca dalla situazione di straordinarietà e si torni alla normalità, indicando i responsabili in questi importanti settori.
Va poi ripresa, sempre rispetto alle autorità portuali, la problematica dell'autonomia finanziaria, che non è stata mai affrontata e risolta. Chiedo, inoltre, che si torni a parlare con decisione di investimenti. Ora, riguardo alla divisione che lei ha ricordato fra i due ministeri, probabilmente il discorso degli investimenti lo faremo domani con il ministro delle infrastrutture (se non ho capito male, lui realizza, qualcun altro gestisce). È bene, comunque, che tutti e due i ministri competenti affrontino questo problema.
Per quel che riguarda l'aria, parliamo per grandi settori. Voglio ricordare una cosa che non era presente nella sua relazione ma che è abbastanza delicata: alla luce del codice della navigazione approvato nella scorsa legislatura, dal 23 giugno le società di gestione possono chiederle di nominare commissari ad acta per il rilascio delle concessioni.
Il precedente Governo, su questa materia, ha oscillato parecchio (l'ex viceministro Tassone magari ci dirà che così non è). Rimane il problema di una serie di istruttorie già completate che attendono il decreto dei ministri. Si tratta di provvedimenti senza spesa, che anzi servono a sbloccare ingenti finanziamenti previsti dai piani industriali delle società che hanno fatto la richiesta di concessione e che sono fermi.
Non vorrei che fosse lei il ministro (anche perché non ne ha nessuna responsabilità) che deve autonominarsi commissario ad acta per sostituire lei stesso che non fa i decreti. Chiedo di fare attenzione a questo punto perché si tratta di un pezzo del mondo del trasporto aereo che è importante, che serve a migliorare la qualità del servizio, che serve a rimettere in moto un pezzo di economia del paese. Si tratta non di una riforma, ma di un atto dovuto.
Un'ultima considerazione di carattere generale riguarda Alitalia. Ritengo che sia


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opportuno tener presente i piani economici e industriali e la questione del management. Forse non è giusto affrontarne uno a prescindere dagli altri, però una cosa è certa: bisogna far presto! Di piani industriali se ne sono fatti parecchi, le risorse sono state concesse e i risultati, purtroppo, non si vedono. È l'unico vettore di riferimento europeo che perde pesantemente! Ho visto la semestrale di tutti i vettori europei: fanno tutti utili straordinari. Tutti hanno ristrutturato nello stesso periodo di Alitalia. Allora, se c'è qualcosa che non va, mi auguro che il gruppo di studio, sicuramente composto da persone estremamente competenti, dia dei suggerimenti, però la decisione politica spetta al Governo che la deve prendere al più presto e nel modo più rapido possibile!

MARIO TASSONE. Devo ringraziare il ministro Bianchi per lo sforzo che, questa mattina, ha prodotto di fronte alla Commissione trasporti nel tentativo di enucleare le grandi questioni che interessano il trasporto nel nostro paese. Io, per dire la verità, sono cosciente delle difficoltà che il Ministero ha in questo momento. Il professor Bianchi si trova di fronte ad uno «spacchettamento», come si usa dire tecnicamente, dei due ministeri. L'ho capito, signor ministro, anche dallo sforzo che lei ha compiuto, però forse un chiarimento ed un approfondimento ulteriore ci vorrebbero, in riferimento alle competenze del Ministero delle infrastrutture e del Ministero dei trasporti.
Quando lei parla di programmazione che rimane in capo al Ministero dei trasporti, separando il momento della realizzazione, il confine, come lei può capire, è molto labile ed indefinito. Come si può programmare, se siamo fuori da una realizzazione? Mi sembra di trovarci di fronte anche ad una concessione di ritorno: non vorrei che il Ministero dei trasporti fosse concessionario del Ministero delle infrastrutture! Questo è un dato che mi preoccupa moltissimo. Certo, poi c'è tutta la materia della riorganizzazione degli uffici, i famosi siti (siti infrastrutture e siti trasporti) che certamente richiederanno e richiedono una definizione.
Io sono per una programmazione vera. Non credo che un Ministero possa programmare se non ha la capacità di realizzazione: si fanno le realizzazioni sulla base di una programmazione. È un tutto unico! Diversamente, avremmo competenze delegate al Ministero delle infrastrutture. Allora, anche per quanto riguarda l'ambiente qualora bisognasse costruire qualcosa, ad esempio un depuratore, sarebbe il Ministero delle infrastrutture ad essere competente, o anche, per fare un altro esempio, nel campo dell'agricoltura. I conti non mi tornano, signor ministro, e sottopongo alla sua attenzione questa mia considerazione.
Capisco anche dall'intervento del presidente della Commissione, che un po' l'ha introdotta, precedendo la questione nelle comunicazioni del Governo e tracciando un quadro generale delle problematiche, che oggi la nostra attenzione è sul tema delle eredità. Torniamo sempre sulle eredità. Ognuno di noi ne ha sempre avute e di vario genere (c'è chi ha l'eredità dall'America, chi da altre parti, ma ci sono pur sempre delle eredità).
È certo che il tema delle infrastrutture e il tema dei trasporti sono oggi all'attenzione del nostro paese. Capisco anche che questo Governo si troverà e si trova di fronte a situazioni di difficoltà di carattere economico, di copertura, ma si trova di fronte anche a provvedimenti legislativi, come la legge obiettivo che lei ha ricordato, che riguardano più che altro il Ministero delle infrastrutture. Lei ha parlato anche di Anas; sarei curioso di capire chi è competente dell'Anas: anche da questo punto di vista, vi è confusione! Lei però, rispetto all'impegno che deve portare avanti, ha due codici: quello della navigazione aerea, che è venuto fuori dopo sessantatre anni (come ha poc'anzi ricordato il collega Attili) e quello della nautica da riporto. Sono stati due momenti, oltre alla riforma della navigazione aerea, che hanno dato risposte molto serie, forse non esaustive, per quanto riguarda la sicurezza nel trasporto aereo, ad esempio, per ciò


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che concerne i rapporti tra ENAC ed ENAV (che sono stati sempre problematici rispetto alla necessità di mantenere alto il livello di sicurezza).
A proposito della sicurezza nei trasporti in genere, signor ministro, lei si trova di fronte a un tema importante. Quando parliamo di intermodalità dei trasporti (lei ha parlato di moduli facendo la differenziazione o legando il problema nazionale e transnazionale, quindi anche del livello regionale, ma soprattutto del livello della sicurezza) deve essere considerata anche la sicurezza. Non si può parlare della sicurezza del trasporto su ferro, su gomma, via aerea e via mare: deve esserci un momento aggregante. Ebbene, con l'ultimo provvedimento licenziato dal Parlamento, a cui facevo riferimento in precedenza, non ci sono meriti particolari o medagliette che qualcuno di noi intende attribuirsi, ma c'è stata una coralità di impegno e soprattutto di lavoro. In quest'ultimo provvedimento si è prevista la costituzione dell'Osservatorio dei trasporti, che fu visto, allora, come propedeutico per la costituzione di un'agenzia della sicurezza dei trasporti all'interno del nostro paese.
Questo è un dato su cui voglio richiamare la sua attenzione, perché è anche l'avvio di un dibattito fra di noi. Certamente, i temi che ho richiamato (non possiamo disconoscere che vi siano stati dei risultati per quanto riguarda sia le autostrade del mare sia la cantieristica, sia lo spostamento dal centro-nord di alcune costruzioni di navi) indicano come il settore abbia avuto delle impennate in termini positivi. Questo dato, ovviamente, deve essere legato ad un problema di fondo che lei ha posto, quello delle società delle ferrovie, delle holding. Abbiamo le holding Ferrovie, le società, e via discorrendo, ed è un problema che mi sono sempre posto. È un fatto che sottopongo alla sua attenzione, perché anche questo è una eredità che qualcuno si è trovato. Non è ammissibile: non è un problema di management, o di piani industriali! Il problema è capire che livello di competenza abbia il Governo per quanto riguarda queste società, che sono, a volte, svincolate dal suo controllo reale.
Allora qui c'è bisogno veramente di una riconversione anche di carattere legislativo, sia per quanto riguarda le Ferrovie dello Stato, sia per quanto riguarda, ad esempio, l'Alitalia, anche se, però, per questo dobbiamo capire cosa vogliamo fare (naturalmente, mi riferisco al discorso della privatizzazione o meno). Ci sono discorsi che sono stati portati avanti anche con il concorso delle forze sociali, ovviamente con una coralità di posizioni politiche anche all'interno del nostro paese.
Sono temi che certamente devono essere affrontati, non soltanto per atto amministrativo (tanto esiste un accordo di programma iniziale, ad esempio, con le Ferrovie, per cui si modifica poco rispetto ad una capacità che invece il Governo, a mio avviso, dovrebbe avere). Allora, bisogna modificare e cambiare alcune norme che diano senso e significato anche ad una impostazione di carattere generale.
Detto questo, per il trasporto pubblico locale c'è una legge, di una difficoltà incredibile, che prescrive il concorso da parte dei comuni e anche delle regioni. Questa è la grande sfida. Poi c'è la problematica dei corridoi. Dobbiamo parlare del Corridoio 5 (non faccio a lei e non faccio ai colleghi nessun discorso sulla TAV, perché è competenza, ovviamente, anche del ministro delle infrastrutture, o quanto meno è un combinato disposto). Sulla TAV una parola chiara bisogna pure dirla, così come sul Corridoio 1, anche per capire perché si fanno le cose. Ecco perché la programmazione non può essere scissa dalla realizzazione delle opere! Quando si parla del Corridoio 1 si parla della Berlino-Palermo, quindi c'è l'attraversamento stabile dello stretto di Messina. Su questo, signor ministro, lei deve dirci qualcosa perché, se vogliamo ottenere un risultato in politica internazionale, qualche dato e qualche elemento di valutazione dobbiamo pur averlo.
Termino il mio intervento sottolineando che non esprimo alcun giudizio sul referendum (sui no e sui sì ognuno ha i


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suoi convincimenti). Però, aggiungerei, signor ministro, che sul «no» e con il «no» c'è una restitutio ad integrum anche rispetto ad una norma costituzionale che dava alle regioni, per quanto riguarda le grandi reti strategiche di trasporto, una competenza. Quindi, c'è una legislazione concorrente da parte dello Stato e non una legislazione esclusiva.
Questo cambia lo scenario, perché lei rischierà di trovarsi, nel momento in cui si parla di porti o di aeroporti, anche in una situazione di incostituzionalità, in cui ci siamo un po' trovati tutti. Poi c'è tutta la problematica da approfondire che riguarda le concessioni aeroportuali, anche questa certamente nel rispetto delle direttive comunitarie per quanto riguarda la tutela del passeggero. Tuttavia la tutela del passeggero va attuata riconoscendo i diritti ed elevando il livello di sicurezza. Invece, nella gestione delle concessioni, variamente difese, si è elevato il livello di interesse del privato a scapito dell'interesse generale del paese.
Considererei questo primo incontro come interlocutorio; il ministro Bianchi è stato corretto e ha parlato di grandissime linee, più che altro di sue sensazioni rispetto alle ipotesi di lavoro. Dobbiamo pure lavorare anche su elementi concreti e ci auguriamo in un'altra occasione di poter discutere su dati e numeri reali.

ROBERTO ROLANDO NICCO. Vorrei richiamare l'attenzione del ministro Bianchi su due questioni. Si parla in questi giorni (da gran tempo, aggiungerei da troppo tempo) di TAV, di Alta velocità/Alta capacità, di Corridoio 5, della rete che attraverserà - pensiamo nei prossimi decenni - l'Europa a sud e a nord delle Alpi. Questa è sicuramente una questione essenziale e cruciale per lo sviluppo del nostro paese, per l'integrazione dell'Europa.
Tuttavia, a me pare che, a fianco di questa questione, ve ne sia un'altra non meno importante che dovrebbe essere al centro dell'attenzione del Governo, anzi, che non può non essere al centro dell'attenzione di questo Governo! Mi riferisco allo stato di quella rete ferroviaria che potremmo definire intermedia, che non è TAV e nemmeno trasporto locale, bensì una rete non meno essenziale della TAV, usata per il funzionamento delle relazioni sociali ed economiche all'interno del nostro paese. Una rete che è utilizzata, ogni giorno, da milioni di utenti, soprattutto da lavoratori e da studenti, e che è in una condizione assolutamente inaccettabile per l'inadeguatezza strutturale e per il tipo di servizio.
Siamo giunti, ultimamente, a situazioni di tensione anche molto forti, con il blocco delle linee: un vero e proprio calvario per gli utenti! Il presidente Meta parlava di decadimento del servizio: concordo interamente con questa definizione. Ognuno di noi potrebbe portare degli esempi concreti. Io gliene voglio citare uno molto brevemente, perché ben lo conosco. È quello della Valle d'Aosta, dove l'intera regione, per quanto di piccole dimensioni, è comunque collegata alla rete nazionale ed internazionale da una rete oggi assolutamente inadeguata. Questo è uno dei tanti esempi che potremmo fare.
La seconda questione che vorrei richiamare alla sua attenzione riguarda il trasporto delle merci attraverso le Alpi. Se n'è discusso a lungo e si tratta di una questione sicuramente complessa, di non facile soluzione, stante la necessità, evidente, di favorire lo sviluppo del commercio quale base per un'economia moderna. Ciò che vorrei sottolineare è che tale imperativo non può assolutamente e non deve rappresentare una penalizzazione per la vita e l'attività economica all'interno delle vallate alpine, per quelle vallate la cui conformazione orografica, come lei ben sa, non può sopportare pesi e flussi di transito superiori a quelli che sta già sopportando.
Abbiamo tutti letto il Libro bianco sulla politica dei trasporti europei che ha indicato degli aumenti fortissimi, circa il 50 per cento nell'arco di tempo 1998-2010. È di tutta evidenza che questi flussi di transito non possono e non potranno essere sopportati dalle vallate alpine, quindi bisogna procedere ad una riconversione. Se


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n'è parlato molte volte, troppe volte: il passaggio dal trasporto su gomma al trasporto su ferro. Si tratta di passare operativamente a politiche che si concretizzino.
Lei, prima, ha parlato di autostrade del mare. Questa è certamente un'indicazione di ordine generale importante, ma anche qui si tratta di «dare le gambe» a queste indicazioni. Le vallate alpine sono in attesa di segnali precisi dal Governo in questa direzione, ed uno di tali segnali potrebbe essere la ratifica rapida di quel protocollo trasporti della convenzione per la protezione delle Alpi su cui, però, mi pare che ci siano ancora delle remore che, francamente, non ho ben compreso.

VALTER ZANETTA. In primo luogo, signor ministro, voglio focalizzare la nostra attenzione su una riflessione che riguarda le sue competenze, come già fatto dall'onorevole Tassone. Per le cose che ci ha detto oggi, per l'aspetto legato alla programmazione degli interventi e soprattutto per il voler andare a rivisitare il Piano generale dei trasporti, denominandolo Piano della mobilità, mi pare che, alla fine, tutto debba passare attraverso le sue indicazioni. Con il collega Merlo ci siamo trovati, l'altro ieri, a discutere di TAV in regione e affiorava questa difficoltà nell'interpretare le competenze. Banalizzando qualcuno ha anche detto che lei si occupa in sostanza di ordinare i treni: in realtà, per come le ha illustrate oggi, sono molto più articolate le competenze del suo dicastero e il compito che deve svolgere molto complesso.
Prendo atto di questa ragione e della valenza che oggi lei ci ha illustrato. Lei ha dato delle indicazioni di metodo che possiamo anche condividere, anche se una rivisitazione del piano nei tempi che lei ha detto probabilmente servirà solo per dire che si dà un valore tecnico-scientifico a eventuali altre scelte, però l'abbiamo letto dai giornali, con sue affermazioni e indicazioni. Questo è stato il suo primo intervento di fronte alla Commissione, nella quale molti commissari che oggi sono di minoranza hanno lavorato su questi temi e pensano di aver fatto delle scelte oculate, supportate anche dall'Europa, ad esempio relativamente alla TAV, al Corridoio 1 e ai corridoi in generale. Lei, anche sulla base di sue convinzioni, magari di studio, ha rilasciato determinate dichiarazioni ed oggi, qui, è tornato ad ipotizzare un metodo di revisione del Piano generale della mobilità. In questo quadro, chiederei (magari non ci sarà tempo oggi), che sulla TAV ci sia maggiore chiarezza. Dobbiamo assolutamente arrivare a delle indicazioni e a delle decisioni.
C'è stato un programma de L'Ulivo e un programma elettorale, ma il tempo è già trascorso, perché il nuovo Governo si è insediato ormai da due mesi e mezzo, per cui credo che il tempo sia stato sufficiente per venire qui a dirci qualcosa, evitando di continuare a parlare attraverso i giornali. Noi deputati ci sentiamo anche un po' in difficoltà, perché siamo costretti a leggere le intenzioni del ministro non nella sede opportuna ma attraverso la lettura dei quotidiani.
Le chiedo, pertanto, sui due temi citati, magari aggiornando la seduta di oggi (ci saranno molti interventi da parte dei colleghi) la massima chiarezza. La prego, inoltre, di precisare nuovamente le sue competenze, perché c'è molta confusione su questo argomento, come registrato in una riunione ad alto livello, in quel di Torino.

ANGELO MARIA SANZA. Signor ministro, intendo innanzitutto rivolgerle gli auguri per l'incarico che è venuto assumendo. Mi preme però subito dirle anche che la sua esposizione è come un libro da cui abbiamo estratto l'introduzione e l'indice: manca il libro! Lo dico a lei perché, essendo un accademico, capirà che abbiamo bisogno di contenuti e in questa Commissione una buona parte dei colleghi presenti, sui temi cui lei ha accennato, non parte dall'anno zero. C'è una politica dei trasporti che è remota, datata, indipendentemente da chi avesse le responsabilità di maggioranza o di opposizione. Anzi, colgo l'occasione per ricordarle che i lavori di questa Commissione, spesso, sono stati


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informati ad un criterio di responsabilità verso il paese. Qui, molto spesso, c'è il dovere di rispondere ai problemi della gente per quanto riguarda il trasporto via aria, via mare, su gomma o su ferro, e la sicurezza, prima puntualmente richiamata dal collega Attili: tutti temi che lasciano scarso spazio a polemiche che sono proprie della politica, quando la politica doverosamente deve interpretare il paese secondo le coalizioni di centrodestra o di centrosinistra.
Sarebbe poco corretto nei suoi confronti, oggi, forzare ogni argomentazione in qualsiasi direzione. Le diamo il tempo necessario. Intanto, deve prendere coscienza della ristrutturazione di questo dicastero, una ristrutturazione che - le voglio dire con molta forza - non condividiamo. Riteniamo che se qualcuno prepara le infrastrutture e, successivamente, le offre, perché lei le gestisca, o ci faccia correre sopra i servizi, una tale ristrutturazione creerà seri problemi al Ministero. Ma questo sarà un ulteriore elemento di forza per noi dell'opposizione. Del resto questo aspetto era presente anche nell'intervento del collega Beltrandi, quando ha sottolineato la difficoltà che lei avrà con il collega delle infrastrutture per intendersi su chi sarà chiamato a realizzare le opere (sul perché realizzare prima un'opera piuttosto che un'altra) anche a fronte della penuria dei mezzi finanziari, penuria a cui hanno dovuto far fronte tutti, non soltanto voi, ma anche i Governi precedenti.
Il presidente Meta mi pare che abbia scritto, molto puntualmente, i capitoli del libro (difatti volevo dirle, scherzando, se dovevamo audire il presidente Meta, o il ministro Bianchi, data l'introduzione del presidente della Commissione).

MARIO TASSONE. Era semplicemente una prefazione.

ANGELO MARIA SANZA. Ne convengo, collega Tassone. In questo modo possiamo avere la prefazione, l'introduzione e l'indice, ma manca comunque il discorso contenutistico.
Tuttavia proprio per aprire in chiave di collaborazione positiva i lavori in questa Commissione, desidero sottolineare che ci sono dei provvedimenti da approvare e da mandare avanti. Ne cito uno: il regolamento per le autostrade del mare, che è ancora pendente presso il Ministero; semmai lo si potrà rivedere, ma è chiaro che le responsabilità saranno sue e della maggioranza che la sostiene.
Per chiosare, le devo dire che ho visto molto del professore nella sua introduzione. È un aspetto molto nominalistico il fatto che il piano, invece di chiamarlo dei trasporti e della logistica, lo chiamiamo della mobilità. Noi, per la verità, vediamo scarsa differenza tra l'uno e l'altro. Non è questo che ci preoccupa, come anche le considerazioni relative ai grandi temi che lei ha qui affrontato e sottolineato, sempre in chiave accademica, quali la rete nazionale e internazionale, i livelli regionali, nazionali e internazionali; questioni che in questa sede sono pane quotidiano. I colleghi che hanno vissuto la vita di questa Commissione negli anni che ci lasciamo ormai alle nostre spalle sanno che ci siamo sempre preoccupati di reti, ci siamo sempre preoccupati delle modalità dei trasporti e della qualità, ossia dei vari livelli.
Lei certamente - di questo gliene va dato atto - vista la celerità con la quale questa Commissione l'ha voluta udire, ha avuto il garbo di venire subito tra di noi. Questo è un aspetto che non possiamo trascurare, perché per avere contezza più approfondita degli aspetti che i colleghi sono andati segnalando, lei avrebbe avuto bisogno di più tempo. Ma abbiamo questo tempo, per cui mi auguro che lei si faccia interprete delle problematiche vere in questo settore. Per la parte che riguarda il nostro gruppo troverà sempre degli interlocutori molto rigorosi, ma ugualmente responsabili per quanto riguarda la gestione di un Ministero che è assai delicato per la vita del paese.

MARIO RICCI. Signor ministro, la ringrazio per la puntuale esposizione di alcuni nodi di sicuro interesse per la Commissione, ma anche degli indirizzi e delle azioni che il Governo intende portare avanti su alcune questioni fondamentali


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che attengono ad una reale programmazione della mobilità delle merci e delle persone nel nostro paese.
Lei è partito da una dichiarazione che, per certi aspetti, attenua le preoccupazioni che abbiamo avuto nel corso della formazione del Governo circa lo «spacchettamento» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Lei è partito da considerazioni più che giuste, perché uno dei grandi mali in questo campo nel nostro paese è dato dall'incomunicabilità fra i diversi settori e siti del trasporto delle merci e delle persone: vi è una separatezza che contraddice la necessità di costruire una politica intermodale dei trasporti che possa dare efficacia ed efficienza ed anche consentire una lineare programmazione del settore.
Questo dimostra che vi è nel ministro Bianchi, nel ministro Di Pietro e, complessivamente, nel Governo, la consapevolezza circa la necessità di una costante comunicazione per evitare delle sovrapposizioni. Noi, oggi, parliamo di alcune questioni, di intendimenti di programmazione, così come li ha chiamati il ministro Bianchi, ma non c'è ancora una politica vera e propria di programmazione, sulla quale ci dovremo misurare prima della legge finanziaria, nel mese di settembre. La Commissione dovrà essere investita di ciò al fine di offrire un suo contributo. A differenza del collega Tassone, il libro vorrei scriverlo insieme, possibilmente. Francamente, non mi interessano libri che vengono calati o dettati dall'alto. Sono importanti i temi e i capitoli che sono stati indicati nell'esposizione del ministro Bianchi ed anche nella introduzione del presidente della Commissione.
Detto questo, nella consapevolezza di superare questa separazione e dare vita effettivamente ad una politica intermodale e ad un sistema integrato dei trasporti, mi pare che uno dei dati importanti che segnalava come priorità il ministro Bianchi sia quello del superamento della legge obiettivo. Si tratta del recupero di una programmazione nel settore che consenta di far fronte alle priorità, alla selezione delle priorità non solo in funzione della carenza dei mezzi finanziari, per quello che è lo stato finanziario del paese, ma soprattutto per indicare una tendenza che sottolineiamo positivamente con grande forza, che è quella di un progressivo superamento della politica fin qui seguita a favore del trasporto su ferrovia, su rotaia e via mare. Fino ad oggi il 70-80 per cento del trasporto è stato su gomma, con tutte le conseguenze negative che derivano non solo dal punto di vista dell'impatto ambientale, ma anche per il processo economico e sociale di carattere complessivo del nostro paese.
Vengo da una realtà che è un po' l'asse di congiungimento della grande comunicazione nel nostro paese, cioè Firenze e la Toscana con il nord del paese; la cosiddetta dorsale appenninica. Possiamo anche realizzare sei corsie autostradali ma questo nodo, questo grande appesantimento sulla dorsale appenninica che si è venuto accumulando nel corso dei decenni, non sarà comunque risolto. Quindi è un problema che va affrontato lavorando in due direzioni. La prima è quella di sviluppare le altre dorsali per la comunicazione e la mobilità delle merci e delle persone, la dorsale tirrenica e quella adriatica. Io vengo dalla costa tirrenica, dove del raddoppio della pontremolese, ovverosia dell'efficacia della mobilità delle merci per via ferroviaria con il collegamento fra la costa tirrenica ed il nord del paese, Milano e Torino, si parla ormai da trenta o quaranta anni, e questo nodo importante non è ancora nelle priorità, per quanto riguarda il finanziamento e gli accordi fra Stato e regioni, ed anche fra lo Stato e la regione Toscana. Ci preme molto che si vada ad una politica che superi progressivamente e modifichi il rapporto fra trasporto su gomma, trasporto su ferro e trasporto via mare.
Ritengo che anche l'altro nodo, accennato dal ministro Bianchi, sia importante. Ora, al di là delle posizioni di merito che ogni gruppo ha rappresentato sul tema dell'Alta velocità, esiste effettivamente una contraddizione. Mentre da una parte si sono tentati e sono stati fatti grandi investimenti sull'Alta velocità/Alta capacità,


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non solo le reti secondarie, le reti a carattere locale di trasporto pubblico locale, hanno conosciuto un degrado, ma così è stato anche per le reti di carattere nazionale. Anche in questo caso cito l'esperienza fatta in questi giorni: il raccordo ferroviario sulla costa tirrenica in assenza dell'Alta capacità produce un'eccessiva decelerazione nel trasporto delle merci e delle persone.
C'è un problema di ammodernamento della rete ferroviaria, del materiale rotabile, per cui l'efficacia e l'efficienza di un sistema di trasporto non è sempre data dall'Alta velocità e dall'Alta capacità. Fermo restando che sulle scelte prioritarie ci vogliamo misurare, si tratta anche di verificare le modalità di realizzazione di pezzi di alta velocità, di vedere le modalità e le diverse forme, anche in termini di percorso e di tragitto, della realizzazione dell'Alta velocità nel nostro paese.
Altre due questioni. C'è un problema che dovremo affrontare e che è stato accennato dal ministro Bianchi: come riaffrontare e rivisitare tutto il sistema della portualità nel nostro paese. Noi verificammo che, nel corso di questi ultimi quindici anni, dopo l'ubriacatura della privatizzazione della gestione portuale nel nostro paese, è andata crescendo una sorta di contrapposizione fra diversi siti portuali. Noi, al contrario, dovremmo tendere a realizzare una politica di rivisitazione attraverso un sistema portuale incentrato sulla diversificazione delle funzioni, senza creare elementi di contrapposizione, bensì rendendo il sistema efficace e funzionale per costruire quell'obiettivo che condividiamo moltissimo, cioè le autostrade del mare.
Mi consenta, signor ministro, di aggiungere a mo' di esempio le nostre funzioni in materia di cantieristica. Ebbene, nel nostro paese se non si rilancia la navalmeccanica, quindi anche il ruolo dei cantieri nelle forme che, secondo noi, devono conoscere un ulteriore spazio pubblico di intervento nel rilancio delle grandi politiche della navalmeccanica in Italia e in Europa, tutta la politica delle autostrade del mare diventa abbastanza aleatoria e rimane solo sulla carta.
A questo proposito, abbiamo presentato anche un documento di sindacato ispettivo per quanto riguarda le prospettive di Fincantieri. A tal riguardo, sappiamo che è in atto, più che uno spacchettamento, una politica di spezzatino, e non solo la divisione in ramo militare e ramo civile di questa grande azienda pubblica. Avremo occasione di misurarci nella discussione di questo documento presentato come gruppo di Rifondazione Comunista, sia nella Commissione trasporti, sia nella Commissione attività produttive E su tali questioni lavoreremo.
Chiudo sottolineando nuovamente la necessità di aprire una discussione seria per quanto riguarda l'elaborazione di un Piano generale del trasporto e della logistica o Piano generale della mobilità e della logistica (lo si chiami come si voglia) a settembre, perché come Commissione si possa dare un contributo nell'elaborazione della legge finanziaria, individuando le priorità e tenendo fermi quei principi ai quali ci ha richiamato questa mattina, con la sua esposizione, il ministro dei trasporti.

SILVANO MOFFA. Signor ministro, anch'io la voglio ringraziare per la cortesia e la disponibilità che ha mostrato accogliendo l'invito della Commissione a presentare gli indirizzi programmatici del suo dicastero. Voglio sottolineare in particolare come lei, molto onestamente, nella sua introduzione, abbia avuto la sensibilità di richiamare le difficoltà nelle quali è chiamato ad operare per un intervento che, come altri hanno già sottolineato, pone, oggettivamente, dei problemi di funzioni e competenze al suo Ministero.
Voglio brevemente ritornare su questo argomento, intanto per ribadire, anche da parte nostra, una posizione nettamente contraria a questa scelta di parcellizzazione rispetto a quella che era stata una intuizione, tra l'altro non nostra ma del ministro Bassanini, che aveva compreso la necessità di legare i sistemi proprio per


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sviluppare una politica di programmazione.
Lei, forse anche con qualche enfasi, che sottolineo riconducendola alla sua cultura di pianificatore territoriale, giustamente pone al centro della riflessione la necessità di sviluppare una politica di programmazione a livello trasportistico. Siamo ancora in fieri ma mi sembra abbastanza chiaro che si vada delineando una distribuzione di competenze per cui i trasporti diventano il luogo residuale, pur nella sua oggettiva importanza, della gestione dei servizi. Vedo quindi sfumare ampiamente queste capacità programmatorie che il Ministero, invece, dovrebbe assumere su di sé e sviluppare, perché, a fronte di questo, risulterebbe assolutamente ridondante il proposito di mettersi al lavoro per un nuovo piano della mobilità.
Lei si troverà anche di fronte ad un problema che per la verità (lo possiamo dire con assoluta franchezza e sincerità) il Governo precedente aveva cercato di affrontare. In qualità di sottosegretario me ne sono occupato, anche se infruttuosamente. Mi riferisco al problema connesso alla gestione del personale. Non è un problema secondario bensì molto delicato e complesso. Si tratta anche di una questione attinente l'equiparazione e l'equiordinazione, assolutamente non risolta, soprattutto a livello di Ministero dell'economia e delle finanze.
Tutto questo incide profondamente nel buon funzionamento del Ministero e rischia di vanificare gli sforzi che lei, correttamente, ha cercato di porre alla nostra attenzione per qualificare quest'ultimo e farlo essere davvero un Ministero della programmazione.
Detto questo, con altrettanta franchezza le voglio rappresentare un certo disagio nell'ascoltare il suo intervento. Non cito quello del presidente Meta, che ha voluto provocare una discussione, perché lui è un «provocatore» nato, nel senso buono del termine, essendo stato assessore ai trasporti nella regione Lazio, quindi gli riconosciamo le capacità e anche le provocazioni, positive. Lei ha posto l'accento su alcune questioni e argomenti centrali. È evidente che questo primo incontro non poteva che essere di indirizzo generale. Probabilmente dovremmo calendarizzare con lei altri incontri per far sì che dall'indicazione degli argomenti si entri poi nel merito effettivo, per cercare di dare un contributo come Commissione al lavoro che lei si appresta a fare, e anche per aver una cognizione più chiara circa gli intendimenti del suo Ministero.
Come qualche collega ricordava, però, a leggere alcune dichiarazioni sui giornali qualche riserva la nutriamo, soprattutto perché leggiamo opinioni molto contrastanti, sulla TAV, sul Ponte sullo Stretto, ma anche sulle competenze specifiche che la riguardano.
Quando lei dice che bisogna ripartire dal piano dei trasporti e della logistica perché scontiamo la mancanza di una visione strategica, utilizza un ragionamento che mi consentirà di contestare. Non si tratta di mettere una bandierina sul lavoro fatto dal precedente Governo, perché sono questioni che si sono dipanate nel corso degli anni e hanno riguardato più legislature e più governi. Noi però abbiamo fatto un Piano generale, abbiamo varato un Piano della logistica integrata, che data 2005-2006, e nell'ambito della legge finanziaria sono state individuate anche le risorse per intervenire sulle autostrade del mare e per rafforzare le piattaforme logistiche, usando proprio quel termine che condivido e che lei ha posto al centro della sua riflessione, come l'elemento chiave dell'integrazione.
Su questo siamo assolutamente d'accordo. Pensare oggi ad una politica dei trasporti intesa in senso lato, al di fuori di una integrazione, significa evidentemente non aver capito nulla della situazione nella quale ci muoviamo e anche delle politiche europee. In questo senso voglio dirle che non solo non partiamo dall'anno zero ma ritengo corretto, per un ministro che voglia effettivamente dare anche il segno della sua presenza in questa fase, non gettare a mare tutto quel che di positivo è stato realizzato all'interno di queste programmazioni. Questo riguarda il trasporto intermodale e anche le questioni di sicurezza


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richiamate. Quando si parla di sicurezza non c'è mai un limite da porsi, bisogna cercare di migliorare sempre di più le situazioni, di adoperarsi per introdurre sistemi tecnologici sempre più avanzati, bisogna intervenire per garantire la sicurezza nelle portualità. Certo è che il tema della sicurezza è stato più volte al centro del dibattito di questa Commissione, ci sono stati provvedimenti importanti (probabilmente non sufficienti ancora) con l'analisi di tecnologie assolutamente avanzate che sono state introdotte sia per quanto riguarda il sistema trasportistico sul treno, sia per quanto riguarda il trasporto aereo.
Non stiamo all'anno zero: dobbiamo capire esattamente quali sono le criticità sulle quali intervenire positivamente. Per quanto riguarda le criticità, visto che lei ha correttamente parlato anche del trasporto pubblico locale, indotto in ciò dall'esperto ex assessore della regione Lazio e nostro nuovo presidente di Commissione, ebbene, non so se questa sia una competenza specifica del Ministero o piuttosto non debba essere un'iniziativa da sviluppare a livello di Commissione trasporti. Forse, dal momento che è passato qualche anno dal 1997, dal varo della legge n. 422, è il caso di avviare un monitoraggio corretto, anche per verificare esattamente quali sono le criticità che non fanno decollare il sistema del trasporto pubblico locale.
La mia esperienza di amministratore mi porta a dire che quelle criticità sono individuabili esattamente in alcuni percorsi che riguardano i modelli per la privatizzazione, per la messa in gara del servizio, per la scarsa economicità del servizio medesimo a fronte di una mancata programmazione e pianificazione regionale. Senza voler entrare nei temi del referendum, non c'è dubbio che ci sia anche una competenza del Governo e una competenza del Parlamento, per cercare di capire quali sono i limiti entro i quali bisogna intervenire, ma anche quali sono i necessari interventi che bisogna apportare per far decollare il sistema.
In conclusione, sulle portualità, il nostro paese ha sofferto per troppo tempo la mancanza di una vera e propria politica di cabotaggio. Abbiamo cominciato a sfruttarla negli ultimi tempi, ma non abbiamo sufficientemente guardato a quel concetto di integrazione cui lei si riferiva. Certo è che oggi il problema delle autorità portuali non è tanto chi debba nominarle (perché ormai il tema è stato discusso e dibattuto anche con interventi della Corte costituzionale). Ritengo invece importante capire qual è il sistema portuale che vogliamo mettere in piedi in questo paese per essere competitivi. Allora, probabilmente, il tema centrale - su questo, signor ministro, la invito ad avviare una riflessione ed anche un approfondimento - probabilmente tutto italiano degli oltre 100 porti che abbiamo non è relativo alle autorità portuali, ma piuttosto riguarda la gerarchizzazione dei sistemi portuali. Ci sono infatti sistemi portuali che in una logica di integrazione richiedono sicuramente una competenza nazionale e ce ne sono altri che possono essere assolutamente di competenza regionale.
Questo non significa spingere sull'acceleratore di una conflittualità tra i livelli istituzionali, bensì capire esattamente qual è la politica internazionale che sui porti il nostro paese intende adottare.
Questo tema della gerarchizzazione, che nasce e non può che derivare da uno studio corretto dei sistemi portuali (con tutto il rispetto per le osservazioni di poc'anzi dell'onorevole Ricci) mi fa pensare che generalizzare il concetto in termini di scarsa incidenza della privatizzazione di questi sistemi allontani lo sguardo dalle dinamiche dello sviluppo della portualità - soprattutto dei sistemi europei - perché basta guardare un po' fuori dai nostri confini per renderci conto che non è affatto vero che alcuni sistemi privatizzati non siano diventati competitivi a livello internazionale (basta andare a Rotterdam per rendersi conto di come funzionano diversamente i sistemi portuali in quella realtà). Questo non significa che non ci debba essere il controllo pubblico.


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Concludo con una riflessione che riprende alcuni accenni che faceva l'onorevole Tassone poc'anzi.
Il vero tema è la portata della capacità di controllo del Governo rispetto a tutte le società, le holding costituite in questo settore e che non partono dagli ultimi cinque anni ma sono nate da una politica avviata già in passato.
Capire qual è il sistema di controllo probabilmente significherebbe anche capire qual è il livello legislativo sul quale ci dobbiamo impegnare e sul quale lei, signor ministro, ha competenza ad intervenire.

GIORGIO MERLO. Sarò rapido, anche per recuperare un po' di tempo.
Mi associo anche io a quello che dicevano i colleghi, e ringrazio il signor ministro anche per aver ricercato subito un dialogo con il Parlamento. Rispetto ad un passato anche recente è un elemento che qualifica il Parlamento, ma credo anche chi gestisce il Ministero.
Ora, mi concentro sia pur rapidamente, su un aspetto già toccato da molti colleghi, che però ritengo uno degli elementi centrali che qualificherà l'azione di Governo, di questo Governo, e che qualifica anche uno degli aspetti del sistema paese. Mi riferisco al tema dell'alta capacità ferroviaria. Non perché sia balzato all'evidenza della pubblica opinione in questi ultimi mesi, come tutti ben sappiamo, ma perché questo tema credo che sia un elemento decisivo; lo ricordava anche con spirito bipartisan il collega Zanetta, dopo l'incontro che abbiamo avuto ieri in Piemonte proprio su questi temi, presente anche il collega Barbi. È un tema importante perché riguarda lo sviluppo del paese, riguarda l'ammodernamento infrastrutturale, il miglioramento della vita dei cittadini e anche le modalità con cui possiamo uscire dall'isolamento.
Voglio subito dire, per sgombrare il campo dagli equivoci, che ho molto apprezzato la sua intervista di ieri su La Stampa, perché ha detto alcune cose con rara chiarezza: che la TAV si farà e, cosa ancor più importante, parlando di Corridoio 5 - corridoio decisivo e strategico per il nostro paese e per l'intera Europa - che il Corridoio 5 deve assolutamente passare a sud delle Alpi. Farlo passare a nord significherebbe tagliare fuori il paese, soprattutto il nord, da quello che sarà il futuro prossimo dell'Europa. Questo ritengo sia un aspetto importante, anche alla luce del dibattito che c'è stato recentemente su questo tema, pur se mi rendo perfettamente conto che il tema dell'alta capacità ferroviaria non è riconducibile esclusivamente alla Torino-Lione, sebbene in quel caso vi sia stata una maggiore attenzione dovuta alla più forte concentrazione del dibattito. Il terzo valico della Genova-Milano, dove siamo di fronte ad un progetto definitivo approvato dal CIPE, ma non finanziato dal precedente Governo, è un tema altrettanto importante, anche perché riguarda lo sviluppo del porto di Genova e dell'intero nord-ovest.
Ora, però, credo che la vera sfida del Governo - e mi avvio alla conclusione - oggi sia anche quella di premere sull'Unione europea affinché si acceleri una normativa che favorisca il trasporto su ferro, e non solo su gomma.
Dico questo pensando forse anche al modello svizzero, attraverso una politica di incentivi, perché sotto questo aspetto probabilmente noi, con questo Governo e con questo ministro abbiamo qualche possibilità in più, avendo egli a cura solo l'interesse generale e non interessi particolari.
Lo dico, però, anche perché questa necessità del Governo di favorire e di premere l'acceleratore sul trasferimento, sulla maggior attenzione alla politica del trasporto su ferro e non su gomma è dovuta al fatto - e mi riferisco sempre alla sua intervista - che uno degli elementi su cui si sta insistendo molto - conosciamo bene in Piemonte molte amministrazioni comunali della Val di Susa e molti territori interessati - è che ci troveremmo di fronte ad una riduzione progressiva del trasporto di merci. Questa è una grande sciocchezza ed è vero, semmai, il contrario: e se è vero il contrario è pur vero, allora, che occorre rendersi conto che chi vuole potenziare la linea tradizionale deve capire che la linea


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tradizionale è già satura, quindi è impensabile un tracciato che non sia quello individuato.
Se è vero come lei ha detto, e lo ripeto, che la TAV si deve fare, che non si deve sprecare tempo, che bisogna, rispetto a quello a cui abbiamo assistito nei cinque anni passati, coinvolgere le popolazioni locali e le amministrazioni locali - quindi no ad un disegno autoritario atto a studiare e declinare l'alta capacità ferroviaria - credo che sia quanto mai importante per tranquillizzare tutti, il sistema paese, e non soltanto gli enti locali piemontesi, offrire certezze sul tracciato, garanzie per quanto riguarda i finanziamenti e, soprattutto, tranquillizzare le popolazioni locali sostenendo che qualunque opera si faccia, non si farà violentando il territorio, per non esporsi nuovamente a tutto ciò che abbiamo conosciuto in un recente passato. Credo che questo sia l'unico modo per uscire dall'isolamento, e anche per creare le condizioni concrete affinché possiamo difendere gli interessi generali, attraverso un rapporto virtuoso con l'Europa.
Ho ricordato questo aspetto perché il tema dell'alta capacità ferroviaria non è un tema piemontese né un tema lombardo, emiliano o campano, ma è un tema nazionale. Ritengo che attorno ad esso ci giochiamo molto anche in merito alla possibilità di modernizzare le nostre infrastrutture. Avremo tempo e modo per approfondire il problema, ma ritengo che oggi una risposta su questo argomento possa essere un elemento importante.

ARMANDO DIONISI. Vorrei ringraziare il ministro per la sua esposizione ed aggiungere all'indice del libro alcune brevissime considerazioni.
Io le consiglierei, signor ministro, quando si parla di risorse, e soprattutto di risorse europee - ancorché queste rappresentino solo il 20 per cento per quanto riguarda gli investimenti sulla TAV - molta più prudenza, perché oggi le prospettive finanziarie non sono difficili soltanto nel nostro paese, ma anche all'interno dell'Europa, e le difficoltà nel definire le prospettive finanziarie 2007-2013 ne sono una testimonianza.
L'Europa sarebbe ben contenta, probabilmente, di non finanziare il Corridoio 1 piuttosto che il Corridoio 5, considerando non solo le difficoltà finanziarie ma anche i processi di allargamento, con i nuovi dieci paesi che sono entrati e gli altri che sono alle porte.
Le difficoltà finanziarie sono molte, soprattutto all'interno del finanziamento per le reti transnazionali. Ritengo pertanto, signor ministro, che vada portata avanti con grande determinazione la realizzazione di corridoi che riescano a tenere il nostro paese dentro un processo di integrazione europea.
Mi permetto, però, di suggerire un altro aspetto importante che il collega Tassone e gli altri che mi hanno preceduto non hanno toccato. Noi dobbiamo anche continuare, nel processo di integrazione europea, a portare avanti il mercato interno e quindi anche le liberalizzazioni. Se ne parla poco e non vorrei che il nostro paese arrivasse tardi a questo appuntamento, che riguarda soprattutto la capacità di un paese di essere competitivo e di recuperare la sua efficienza.
Credo che dobbiamo fare molto nel settore del trasporto aereo, del trasporto ferroviario ed anche nel trasporto marittimo (lei ha citato un grande tema europeo, ma anche un grande tema nazionale, quello delle autostrade del mare). Tuttavia, signor ministro, come ha già sottolineato il collega Moffa, se non recuperiamo l'efficienza dei nostri porti, cioè se non recuperiamo quella capacità di attrarre persone e merci, come pensiamo di potenziare le autostrade del mare? Qui si pone allora un altro grande tema, quello di ridare alla portualità italiana una capacità non solo di investimento ma anche di competitività: solo se riusciamo a restituire competitività non solo sul piano economico ma anche sulla riduzione dei tempi per lo scarico e carico delle merci e delle persone ci sarà un futuro, altrimenti il nostro paese, al di là delle enunciazioni,


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si porrà fuori dal contesto di sviluppo della Comunità economica europea.
Signor ministro, le suggerisco pertanto su quell'indice, che poi nelle prossime riunioni svilupperà, di mettere anche questi temi all'attenzione del nostro paese perché sono temi di grande rilevanza, sia quello delle risorse, sia quello della liberalizzazione e della competitività.

ANTONIO PEZZELLA. Signor ministro, ringrazio lei, unitamente alla sua squadra, che le dà una mano e che le dovrà dare una valida mano (se fossimo ai mondiali dovremmo almeno augurarci un rigore!).
Questa Commissione, lo dico ai colleghi che non ne facevano parte, negli ultimi cinque anni ha lavorato alacremente: spesso e volentieri ci siamo accapigliati, come è normale che accada in politica. Nel contesto generale però, provvedimenti sono stati discussi e elaborati. Sovente, anche dei colleghi dell'opposizione sono stati relatori, a dimostrazione del fatto che in effetti c'era uno spirito di lavoro comune. Il Governo precedente, devo dire, è sempre stato attaccato per una mancata presenza da parte del ministro Lunardi, però tutti gli altri erano sempre presenti e non caso con una buona parte della squadra di Governo - a cominciare dall'ex viceministro Tassone e dagli altri due sottosegretari - c'è sempre stato un discorso di grande correttezza e di grande lavoro in Commissione. Tant'è che dopo molti anni (parliamo anche di sessant'anni) si è varato il codice della navigazione aerea - abbiamo fatto tutto quello che era necessario -, i regolamenti della legge sull'autotrasporto, un elemento estremamente importante, con il coinvolgimento delle associazioni di categoria, che erano per il 95 per cento concordi, e soprattutto della consulta dell'autotrasporto. Questi elementi propulsivi hanno dato una grande spinta al lavoro della Commissione; spesso e volentieri provenivano dalle categorie per essere successivamente fatti propri dalla Commissione, che li recepiva e li portava avanti.
Quanto al codice della strada, abbiamo fatto un ottimo lavoro, devo dire anche con un «pizzico di pepe»; l'opposizione all'epoca non ha fatto mancare il voto contrario, anzi si è astenuta, ma sui provvedimenti in concreto ha sempre dato il suo grande apporto. Questo per dire che questa è stata una commissione tecnica che ha lavorato. Auspico quindi che questa Commissione, che all'epoca si è formata attraverso il lavoro concreto, mantenga quella connotazione anche con gli altri colleghi, ciascuno nell'ambito della propria specificità, così da avere la possibilità di portare avanti ancora meglio il proprio lavoro.
Certo, abbiamo dei momenti estremamente importanti per il paese, uno dei quali è la realizzazione della TAV. So che almeno nell'ambito del centrodestra la posizione è univoca; ho ascoltato prima il collega Merlo e ci fa piacere una presa di posizione chiara, netta e precisa. Su quella posizione siamo perfettamente d'accordo, anche perché l'Italia non la possiamo lasciare fuori; quindi una discussione su questo tema non può che essere comune, avendo oltretutto il problema dei valichi, rispetto ai quali bisogna avere una attenzione particolare. Purtroppo l'Italia non è una realtà a sé stante, ha bisogno di far circolare le merci quanto più velocemente possibile, quindi, dato che la corona delle Alpi ci cinge e ci crea anche problemi a causa della morfologia del territorio, dobbiamo trovare per forza di cose una soluzione rispetto al problema dei valichi.
Nell'ultimo scorcio di legislatura, anche per un ostruzionismo messo in atto da parte dell'allora minoranza, non si è potuta approvare in tempo utile l'ultima parte del decreto sulla patente a punti, anche per il recepimento della sentenza della Corte costituzionale. Vorremmo che questo Governo si facesse carico di trovare immediatamente e di sottoporre al Parlamento quella soluzione già indicata dalla Corte costituzionale e che comunque il Parlamento aveva già approvato. Ad onor del vero, il numero legale è mancato al Senato per quattro voti e non certamente da questa parte del Parlamento.


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Ci sono una serie di argomenti e temi da affrontare, ma mi rendo conto che questa mattina abbiano avuto solo un primo incontro; ora abbiamo anche la possibilità di conoscerci di persona, non soltanto attraverso i giornali. Naturalmente ci conosceremo meglio, ci scontreremo e saremo anche spesso d'accordo sui provvedimenti sui quali potremo lavorare.
Concludo richiamando una serie di proposte di legge, che venivano prima ricordate, riguardanti la sicurezza stradale. Avevamo incardinato ultimamente in questa Commissione, unitamente all'VIII Commissione, diverse proposte di legge presentate da più parti politiche (quindi vi era un interesse da parte di tutto il Parlamento, e quindi di ambo le Commissioni) per arrivare alla costituzione di una agenzia della sicurezza stradale al fine di abbattere quell'indice che purtroppo reca tanti morti e tanti feriti che creano lutti alla nostra comunità. Questo tema dovrà essere affrontato in maniera incisiva per poter dare delle risposte ai nostri cittadini sia in termini legislativi che in termini comportamentali.

PAOLO UGGÈ. Anche io voglio ringraziare il signor ministro per il confronto che ha voluto metterci a disposizione, e dichiarare subito la comprensione che indubbiamente deve permeare il rapporto che si instaura tra la Commissione e gli enti, per quanto mi riguarda personalmente, in considerazione dell'attività gravosa che il ministro e i suoi collaboratori si troveranno a dover affrontare. Indubbiamente questi momenti di confronto consentono di far nascere anche un elemento fondamentale, che è la conoscenza, ed è così che ho potuto anche io apprezzare, come il collega Merlo, la sua intervista su La Stampa, che con grande determinazione, con grande chiarezza, modificava le prime dichiarazioni apparse sui giornali relativamente alla necessità della realizzazione della TAV che tante polemiche avevano suscitato.
Da qui la dimostrazione che la conoscenza è sicuramente un elemento di grande valore, che deve essere posto alla base del nostro operare.
Per quanto mi riguarda, mi metto a disposizione per fornire tutti quegli elementi di conoscenza che possono aiutare un lavoro comune. Per questo voglio spendere due parole. Più volte ho sentito lei, signor ministro, e anche qualche suo collaboratore, fare riferimento al Piano nazionale della logistica riferendosi all'anno 2001.
Ebbene, guardando il sito del Ministero dei trasporti, ho potuto trovare, pubblicato per intero, il Piano nazionale della logistica approvato anche dal CIPE, e pubblicato recentemente sulla Gazzetta ufficiale. Si dice, addirittura, che quel piano della logistica si configura proprio come una continuità del Piano generale dei trasporti, così come previsto dall'articolo 1 della legge del 2001. Quindi un riconoscimento esplicito, previsto, che però non ho potuto riscontrare, ma probabilmente è frutto della mancata conoscenza: ecco l'importanza dello scambio di opinioni e delle conoscenza reciproche.
Ebbene, quel piano della logistica perché è importante? Non perché è stato redatto nella passata legislatura ma perché non è frutto di una elaborazione di tecnici, è un piano che è frutto di un confronto costante, continuo e approfondito con i rappresentanti delle realtà economiche principali che operano nel paese, da Confindustria a Confcommercio, alle confederazioni dell'artigianato, al mondo del trasporto e della spedizione. Tutte le realtà interessate al trasporto e alla logistica hanno collaborato a realizzare quel piano. Abbiamo dichiarazioni di rappresentanti autorevoli che ne condividono i contenuti.
Ovviamente non si pretende che questo debba essere accettato a scatola chiusa, ci mancherebbe altro. Può essere modificato, integrato o sostituito per parti, ma sentir dire che non esiste un Piano nazionale della logistica, quando invece il sito del Ministero dei trasporti dà ampia diffusione, ci ha lasciato un po' perplessi; da qui quindi la necessità della conoscenza.


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Così come la questione dello sviluppo del combinato: signor ministro, lei ha un decreto ministeriale da firmare e il regolamento che mette a disposizione incentivi per lo sviluppo delle autostrade del mare è pronto. Sono passati quaranta giorni e, invece di continuare a dire che bisogna potenziare le autostrade del mare, forse qualche suo collaboratore avrebbe potuto rappresentarle questa realtà. È stato approvato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e firmato dal Presidente della Repubblica di allora, Carlo Azeglio Ciampi. Manca un decreto attuativo ministeriale che è di sua competenza, o di chi ha la delega.
Credo che, attraverso questo confronto, verremo anche a stabilire una cosa importante, sulla quale dobbiamo riflettere. L'ho ascoltata attentamente quando lei, in aula, ha annunciato la sottoscrizione del protocollo trasporti della convenzione delle Alpi. Ebbene, signor ministro, bisogna riflettere molto su questo aspetto. Noi non l'abbiamo voluto ratificare, perché così come è realizzato quel protocollo trasporti, di fatto, rischia di essere un elemento che aggraverà pesantemente l'economia del nostro paese, e a dire questo non è il mondo dell'autotrasporto ma è un mondo che collega il settore dell'autotrasporto al settore della spedizione, della produzione.
Ormai la logica della consegna delle merci in tempo reale pone sempre più in evidenza la logistica, ma la logistica è tempo. Pertanto, se le nostre merci non riescono a raggiungere i punti di consegna in tempo reale sempre più rapidamente, corriamo il rischio di creare un danno enorme all'economia del paese. Quindi attenzione a parlare di protocollo trasporti senza avere garanzie sull'infrastrutturazione necessaria per lo sviluppo dell'economia del nostro paese, per consentire alle merci prodotte e trasformate in Italia di arrivare sui mercati europei; questo rischia di essere un grosso peso sullo sviluppo economico e sulla competitività del nostro paese.
Quel Piano generale dei trasporti contiene anche la riforma dell'autotrasporto, e anche qui, mi scusi, signor ministro, ci sono dei decreti che debbono essere rapidamente emanati perché, viceversa, la riforma sulla liberalizzazione del trasporto delle merci (riforma concordata con tutte le parti sociali, dalla committenza al mondo dell'autotrasporto, come diceva prima il collega Pezzella) se non venisse emanata rischierebbe di creare problemi, perché non si riuscirebbe a verificare l'impatto che la riforma ha sul sistema paese, sull'economia, sullo spostamento delle merci, sull'attività delle imprese e non riusciremmo, nei termini consentiti dalla delega, ad apportare quei miglioramenti che, insieme, andremo a verificare e che potranno essere necessari.
Mi permetto di suggerire due cose. Le associazioni del mondo dell'autotrasporto stanno chiedendo ripetutamente, da quaranta giorni credo, con due o tre lettere, di essere ascoltate dal suo dicastero. Sarebbe importante per tutti, onde evitare che i problemi si accavallino e le soluzioni non vengano, per cui ci troveremmo a dover affrontare una situazione di conflittualità che nessuno vuole trovarsi a dover affrontare.
Concludo ringraziandola ancora per l'attenzione, auspicando che, magari, essendo questi temi di grande rilevanza ed avendo anche delle specificità tecniche che meritano approfondimenti, si prevedano dei momenti di confronto per le quattro grandi modalità (aereo, mare, ferrovia, trasporto e logistica): potrebbero essere dei momenti che ci consentirebbero di approfondire ulteriormente le cose e di scambiarci reciproche informazioni onde aumentare quella conoscenza che è e sarà indispensabile per tutti noi, se vogliamo operare, come questa Commissione credo sia importante faccia, nell'interesse del paese.

RENZO LUSETTI. Signor ministro, prendo spunto da alcuni interventi dell'opposizione esclusivamente per ricollegarmi a due problemi che voglio affrontare. Quando gli onorevoli Sanza e Moffa hanno detto che non partiamo dall'anno zero hanno detto il vero, però vorrei fare


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due esempi a caso per capire se non siamo sottozero, e mi riferisco alle Ferrovie e ad Alitalia.

ANGELO MARIA SANZA. Sei arrivato in ritardo!

RENZO LUSETTI. Ora, poiché sulle Ferrovie c'è un'assemblea, o più di un'assemblea aperta, e so che non è competenza sua, perché è del Ministero dell'economia e delle finanze, occorre capire che cosa si vuole fare.

MARIO TASSONE. Questo è il problema posto prima!

RENZO LUSETTI. È molto semplice: sto ponendo un problema che ho sollevato anche nella scorsa legislatura, solo che il ministro non era mai presente ma c'era l'onorevole Tassone.

ANGELO MARIA SANZA. Questo era il tema proposto!

RENZO LUSETTI. Sapevo di generare un po' di caos con il mio intervento, comunque vorrei esprimere ugualmente le mie considerazioni.
Vorrei capire, rispetto a quello che non è stato fatto nella precedente legislatura sul tema Ferrovie e sul tema Alitalia, che cosa possiamo fare in termini di indirizzo strategico, sapendo che comunque lei, signor ministro, ha poteri di vigilanza su un tema così importante e sapendo che il tema è stato affrontato anche prima e non ha avuto molte prospettive strategiche.
Abbiamo soprattutto Trenitalia che è in grosse difficoltà. È noto a tutti che i risultati del conto economico rilevano un drammatico peggioramento fino ad oggi ed è altresì noto a tutti che c'è anche un tasso di soddisfazione dei clienti - chiamato in gergo tecnico customer satisfaction - inferiore rispetto a quello misurato un anno fa. C'è una situazione patrimoniale molto negativa dal punto di vista della legge finanziaria e, in genere, c'è un'immagine un po' negativa delle Ferrovie.
Credo che il tema delle Ferrovie vada affrontato in maniera organica, senza considerarla questione su cui mettere bandierine. Ritengo che il problema non sia di far arrivare puntuali i treni, che forse arrivano anche puntuali, o di materiale rotabile, pur importante, perché ci sono anche problemi legati alla sicurezza, tema affrontato in maniera molto argomentata nella scorsa legislatura in questa sede. Ma c'è anche un problema di compatibilità di conti economici, di strategie industriali dell'ente, per cui vorrei capire sotto questo profilo, poiché ritengo che qui siamo veramente sotto lo zero, se ci sia qualche indirizzo di tipo strategico nella dinamica industriale che le Ferrovie dello Stato devono avere, sapendo che le società sono tante, che ci sono diverse assemblee aperte ma comunque non è in discussione, almeno per ora, la holding. In realtà credo che la holding sia un po' la fonte di tutti i problemi, perché è poi la holding che affida mission e competenze e decide gli uomini, quando non è pressata dai partiti politici - della precedente maggioranza - e chi vuol capire capisca. Mi scusi, ministro Bianchi, per l'accento un po' polemico, ma in questa Commissione ci stiamo confrontando su molte questioni, per cui vorrei capire se, su questo tema, esista qualche idea di tipo strategico.
Alitalia è l'altra nota dolente del nostro paese e lo dico a chi ha affrontato il tema del trasporto aereo in maniera molto articolata. Il problema esiste, e questo vale per le Ferrovie ed anche per Alitalia. L'attuale management non l'ho certo nominato io, l'ha nominato un altro Governo, un'altra maggioranza, e così via.

MARIO TASSONE. Guarda che è lo stesso dell'altro Governo!

RENZO LUSETTI. Ora, poiché con le organizzazioni sindacali parliamo tutti, anche nel trasporto aereo, quindi anche in Alitalia, dato che non avete fatto nulla in cinque anni, vorrei capire, anche sotto questo profilo, cosa si intenda fare sul tema Alitalia. È importante che anche sulla compagnia di bandiera ci sia una


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linea strategica per evitare che arrivi il solito sciopero durante l'estate e, dopo, si assista al rimpallo di responsabilità e competenze: sappiamo che esiste un problema che non riguarda solamente il personale aereo o chi fa accordi con alcune organizzazioni sindacali e non con altre (e voi sapete bene a chi mi riferisco) ma soprattutto i passeggeri, che sono sempre le vittime dei disservizi.

MARIO BARBI. Vorrei ringraziare il signor ministro a nome del gruppo dell'Ulivo, a conclusione di questa audizione che ha visto, da parte nostra, la sottolineatura di alcuni aspetti particolari e di particolare interesse, quali quello della sicurezza nei vari sistemi di trasporto, quelli legati alla necessità di assicurare le grandi scelte e le grandi opere strategiche di cui il paese ha bisogno per renderlo e mantenerlo competitivo e capace di sostenere la sfida che dobbiamo affrontare nel quadro dei mercati europei ed internazionali.
Si potevano segnalare, certamente, aspetti particolari che interessano più regioni, che interessano più modi di trasporto di quanto abbiamo fatto in questa occasione, concentrandoci in particolare sui corridoi europei, ai quali attribuiamo, naturalmente, grande importanza e grande rilievo, verso i quali riteniamo di poterci attendere, nel prosieguo della sua attività, ulteriori specificazioni. Su questi temi, però, credo si possa dire in questa occasione che un elemento che questa maggioranza e questo Governo vogliono assicurare, in particolare nella realizzazione di opere così importanti, con aspetti così critici, è il consenso delle popolazioni e delle istituzioni che a queste opere sono interessate.
Questo elemento lo dico a margine: i colleghi hanno fatto riferimento alla riunione di Torino tenutasi ieri su quell'opera cui si è fatto cenno, in merito a cui ha parlato - lo dico a titolo di esempio - un parlamentare dell'opposizione sindaco di uno di quei comuni che con grande energia, per un verso, ha detto di essere assolutamente favorevole e, subito dopo, ha aggiunto che, però, servono alcune precise condizioni. Quindi, sappiamo che il consenso per queste opere è un consenso che va ricercato al di là dei colori occasionalmente espressi da quelle popolazioni e in chi li rappresenta, di un tipo o di un altro.
Voglio manifestare un apprezzamento particolare per i concetti che il ministro Bianchi ci ha esposto, in particolare il concetto di integrazione articolato in quei tre livelli. È un indice? Può anche darsi che sia soltanto un indice, ma un buon indice consente la scrittura di un buon libro, e su questo mi pare che tutti noi della maggioranza abbiamo espresso posizioni ed aspettative analoghe.
Vorrei, contestualmente, mostrare il mio apprezzamento per la moderazione e lo spirito costruttivo da parte dell'opposizione su tutti i punti che il ministro Bianchi ha segnalato e che sono stati espressi, il che forse ci consente di guardare al lavoro che ci aspetta con qualche ottimismo e con la possibilità di perseguire risultati utili per il paese in un'area di interesse e di competenza, che è davvero fondamentale per la competitività, per la vivibilità del paese e, quindi, per le nostre popolazioni, in riferimento al trasporto a grande distanza, al trasporto locale e agli spostamenti delle merci che il sistema deve assicurare.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
MARCO BELTRANDI

PRESIDENTE. Do la parola al ministro Bianchi per la replica.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Ringrazio il presidente Meta e tutti gli onorevoli che sono intervenuti. Come era lecito aspettarsi, sono emersi da questa discussione, elementi preziosi per il lavoro che dobbiamo compiere. Credo che queste aperture, delle quali vi sono grato, segnino un rapporto collaborativo tra il Ministero e la Commissione e che ciò sia di buon auspicio per il lavoro che dobbiamo svolgere.


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Se posso recuperare anch'io la metafora del libro che è stata aperta inizialmente, si tratta in realtà di un libro collettaneo, questo è quello di cui dobbiamo prendere atto: un libro collettaneo di cui il ministro, probabilmente, dovrà fare il curatore. Allora è vero che questa mattina non abbiamo potuto presentare più che un indice e qualche cenno, anzi direi nemmeno tutta la prefazione, che forse può essere rappresentata da queste carte che ho con me e che, tra qualche giorno, presenteremo al ministro e al Presidente, sostanzialmente come elementi da inserire nel DPEF. Nel DPEF intendiamo inserire la prefazione del libro perché, se non ve la inserissimo, non avremmo messo il punto di partenza per quel percorso che, attraverso la legge finanziaria, ci deve consentire di avere le risorse disponibili per attuarlo.

MARIO TASSONE. Il DPEF è poi, di fatto, anch'esso una prefazione alla finanziaria!

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Abbiamo praticamente toccato tutti gli argomenti, quasi nulla è sfuggito alla problematica che riguarda il Ministero dei trasporti. Chiaramente non sono in grado di esprimere integralmente il mio pensiero su quanto è stato detto. Cercherò di sintetizzarlo in alcuni punti riassuntivi.
Il primo riguarda il ruolo del Ministero dei trasporti. Mi pare che questa sia la questione delle questioni, la questione madre. Non credo affatto che questo Ministero corra il rischio di essere residuale ma esattamente il contrario, ossia che possa essere, questa, l'occasione in cui riaffermare la centralità del ruolo della programmazione rispetto a quello della realizzazione. Questo, con ogni evidenza, è un obiettivo che può essere raggiunto da due ministeri disgiunti, come poteva esserlo da un unico ministero, non pongo pregiudiziali da questo punto di vista. Peraltro, non ho mai contribuito ad operare il cosiddetto «spacchettamento» - un termine davvero orrendo - dei due ministeri, né ho particolari preferenze per l'uno o per l'altro. Prendo atto che la situazione è questa: dobbiamo ragionare a valle del fatto che esistono ormai due dicasteri, con due diverse attribuzioni. Quello che deve essere chiaro è che la competenza in materia di pianificazione generale del sistema del trasporto è sicuramente attribuita al Ministero dei trasporti, al quale si chiede di concertare questo con il Ministero delle infrastrutture, e che la competenza in materia di programmazione delle opere da realizzare in coerenza con la programmazione generale dei trasporti è affidata al Ministero delle infrastrutture, al quale si chiede di concertare con il Ministero dei trasporti.
Vedo un quadro che nei sistemi di pianificazione, di qualunque tipo siano, è piuttosto consolidato. Si traccia un quadro generale strategico delle scelte, ed è per questo che, se mi consente, il discorso mobilità e trasporti non è solo un gioco lessicale ma è il fare riferimento al fatto che il problema che occorre affrontare in sede di programmazione dei trasporti è quello di far muovere cose o persone da un punto all'altro. Le scelte su quali siano i sistemi e i modi con cui realizzare questa mobilità, scelte che sono di carattere infrastrutturale, è cosa diversa. Poi, anch'io non sono affezionato alle parole, possiamo continuare a chiamarla come volete: vi rappresento, ad esempio, il fatto che, qualche anno fa, esisteva un Piano generale dei trasporti, al quale ad un certo punto è stata aggiunta la parola «logistica». Ebbene, se andiamo avanti in questo modo, continueremo ad aggiungere cose a questo titolo che diventerà lunghissimo - del tipo Piano generale dei trasporti, della logistica, delle autostrade, e via discorrendo - invece se parliamo di Piano generale della mobilità non dovremo più aggiungere nulla. È quello che si muove. Noi dobbiamo fare in modo che quello che si muove abbia un suo quadro di riferimento. Il Ministero delle infrastrutture dovrà operare delle scelte in stretta dipendenza dal Piano generale dei trasporti. Non è possibile altra via ma su questo credo non vi sia nessuna questione, dal momento che non è un problema di competenze


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ma è un problema di logica della programmazione dei sistemi, quali che siano, in questo caso del sistema dei trasporti.
Un altro aspetto che posso trattare è quello delle grandi questioni che sono state poste. Mi pare di capire che quella delle direttrici sia tornata più volte, quindi vale la pena di affrontarla sia pure brevemente, relativamente alla Direttrice 1 e alla Direttrice 5.
La Direttrice 5, in questo momento, significa discussione sulla TAV, è inutile negarlo, sul tratto Torino-Lione. Intanto dobbiamo prendere atto - è stato già detto e lo ribadisco solo per maggior convincimento in questa direzione - che in realtà la parola TAV dovrebbe essere sostituita dalla parola TAC, perché stiamo parlando di sistemi di trasporto ad alta capacità. Eravamo partiti, in realtà, anni fa con un problema di alta velocità. Questo è diventato un problema di alta capacità. Il problema della Direttrice Kiev-Lisbona non è un problema di alta velocità, ovviamente, ma riguarda la capacità con cui trasportare enormi volumi di merci attraverso tutta l'Europa in senso trasversale, da ovest ad est e viceversa. In questo modo bisogna anche leggere quel tratto che è di pertinenza del nostro paese, ossia la Torino-Lione e, poi, i percorsi successivi.
Quello che ho sostenuto, e che qualcuno di voi ha ritenuto di richiamare, è che reputerei assolutamente fuori posto sostenere l'idea che questa enorme direttrice, la Lisbona-Kiev, passi al di fuori del territorio nazionale, ossia che passi sopra le Alpi. Peraltro è noto a tutti che un paese direttamente coinvolto in questa operazione, la Francia, avrebbe visto, forse, preferibilmente il tracciato sopra le Alpi che non quello all'interno del nostro paese. Probabilmente è da lì che è derivata anche questa ineguale ripartizione dei costi, 67 per cento, e non 50 per cento, a carico nostro. Detto ciò, dobbiamo partire da questo presupposto, ossia che si deve fare questa parte di quella enorme direttrice.
Perché, poi, ho detto che bisogna azzerare tutto? Perché per come sono andate le cose, purtroppo, ci siamo messi in un vicolo cieco, quello per il quale, se domani dicessimo che si fa in un certo modo, entreremmo in diretta conflittualità con una situazione che abbiamo vissuto in termini piuttosto forti, che hanno sconfinato nell'ordine pubblico, quindi al di fuori dei territori di pertinenza di una programmazione dei trasporti. Dobbiamo farlo, allora, riaprendo la discussione e cercando di capire dov'è che, nel percorso che ci ha portati da una scelta fatta alcuni anni fa alla impasse totale che si è determinata qualche mese fa, sono stati saltati dei passaggi, commesse delle leggerezze, o qualunque altra cosa che ci consenta di riannodare le fila dell'intero discorso. È per questo che ho richiamato il fatto che esisteva un'ipotesi diversa anche di attraversamento un po' più a nord di quella di cui si discute, che era, poi, stata scartata. Non so nemmeno esattamente per quali motivi, lo si potrebbe approfondire, ma se c'è qualcuno che vuole ritirare fuori quell'ipotesi facciamolo, mettiamo anche quella sul tavolino. Poi, invece, abbiamo fatto, ed è molto avanzata, la scelta della galleria da cinquanta chilometri.
Vengo da un mondo tecnico-scientifico, conosco meno quello politico, ma ho imparato nel tempo che, comunque, le soluzioni tecnico-scientifiche non sono mai univoche, non è mai vero che c'è una cosa che si può fare e che tutte le altre non si possono fare. Se ne possono fare tantissime diverse. Allora se è vero, come credo che sia in parte vero, che le valutazioni di carattere ambientale e, direi, anche sociale, che sono state fatte non hanno tenuto debito conto, fino in fondo, dei problemi che c'erano, possiamo ricominciare daccapo e farle. Ciò significherebbe che perdiamo un anno o due? Non ho lo spirito di perdere del tempo. Comunque dico che, se la condizione per arrivare ad ottenere un consenso su un'opera e realizzarla dal punto di vista tecnico della compatibilità ambientale e sociale migliore significa che, invece che nel 2018, finiamo nel 2020, non mi strapperei i capelli, purché si arrivi ad una soluzione. Fra dodici o quattordici anni, probabilmente,


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sapete meglio di me quali altri rischi corriamo che i tempi non siano quelli.
Vengo adesso all'Europa, anche per la questione dei fondi. Mi guardo bene dall'affermare che dobbiamo dire all'Europa di riprendersi il suo 20 per cento perché non sappiamo che farcene. Saremmo dei folli. Però, ho anche imparato che non esistono scadenze così tassative, per cui se il 4 luglio, come è stato chiesto nell'incontro di alcuni giorni fa, dobbiamo dare delle risposte, ebbene per quella data risposte non ne avremo. Bisogna dire, serenamente, che ci occorre il tempo ragionevole per ridiscutere la questione.
I soldi sono finiti ma i soldi non è che possono andare dall'altra parte, i soldi ci saranno lo stesso. Non è che è un gioco nostro: facciamo o non facciamo. Sono fondi che l'Europa ha deciso di investire per una delle più grandi opere infrastrutturali che abbia mai fatto, per cui aspetterà un attimo, uno o due mesi in più, e terrà quei soldi da parte. Non rischiamo che vengano distratti, figuriamoci se questa cosa è possibile.
Come ho detto prima, probabilmente una delle condizioni che abbiamo scontato nel non dividerci a metà il costo dell'opera è dovuta al fatto che i francesi avrebbero privilegiato l'altra soluzione. Ma escluderei che, in un contesto di accordi che riguardano tutta l'Europa, questi ad un certo punto possano decidere di passare al di là delle Alpi perché l'Italia non ha deciso entro il 4 luglio. Andrei, serenamente, ad un confronto nel quale - questo sì - non possiamo dire loro di lasciarci del tempo perché stiamo ancora discutendo, ma dobbiamo dire che abbiamo un tempo ragionevole, mesi o settimane, per addivenire ad una soluzione. D'altronde, non possiamo trascurare il fatto che c'è un fondo di verità nel dire che le valutazioni di impatto ambientale che sono state fatte non sono così approfondite e così cogenti come forse avrebbero dovuto essere. Allora, le dovremo probabilmente rifare.
Credo che sia un quadro abbastanza ragionevole, con il quale possiamo anche arrivare ad una accordo con chi ha manifestato la maggiore opposizione su questo tema se non è, e questo bisogna dirlo fino in fondo, un'opposizione che pretende di dire l'ultima parola. Ecco la mia contrarietà al veto, non ci sono veti in democrazia. Se c'è una forma decadente, come ho già avuto modo di dire, di democrazia è quella dei veti. Se la gente è disposta a discutere di tutto, a chiedere che vengano sentite le sue brave e buone ragioni e tutti siamo disposti ad ascoltare, bene. Se c'è una chiusura pregiudiziale, allora che qualcuno si collochi dall'altra parte. Non addiverrò mai ad acconsentire ad una strada di questo genere.
Il Corridoio 1 è un altro degli assi fondamentali del rapporto di integrazione europea. Ne abbiamo discusso di recente alla prima riunione del Consiglio dei ministri europei, dove ho fatto presente che questa direttrice ha due punti singolari: uno sul Brennero, l'altro sullo Stretto di Messina.
Sul Brennero mi pare che siamo d'accordo per la realizzazione del traforo ferroviario. È la scelta esattamente contraria a quella che viene posta a freno dal protocollo delle Alpi, e torno poi un momento sul discorso del protocollo delle Alpi. Quindi, la realizzazione di quel traforo ci trova consenzienti e non c'è molto altro da dire.
Sull'altra singolarità, il Governo ha posto un altro tipo di scelta. Non sto, adesso, a riferire le mie personali convinzioni sul problema del Ponte sullo Stretto, una questione della quale mi sono occupato per una trentina d'anni, perché non hanno incidenza sul fatto.
È un fatto, però, che nel programma dell'Unione è scritto che l'attraversamento dello Stretto non è una priorità, e siccome credo che la disponibilità di risorse che abbiamo e che avremo sarà tale per cui a mala pena riusciremo a realizzare le priorità, non vedo come si possa mettere in conto ora di parlare di Ponte sullo Stretto.
Questo però non significa che possiamo rimanere fermi, perché il Corridoio Berlino-Palermo va chiuso comunque. La mia idea, e l'idea che proporrò all'interno della discussione che faremo nelle pagine del libro che dobbiamo scrivere insieme, è che


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la saldatura del collegamento fra la Calabria e la Sicilia avvenga attraverso una serie di punti sul territorio calabrese, una serie di punti sul territorio siciliano, che vengano affidati alla navigazione via mare, cioè a un trasporto intermodale tra ferrovia, strada e mare.
Questa è la maniera con cui potremo rispettare l'impegno preso in Europa di realizzare la direttrice, senza dar vita ad un'opera che non siamo in grado, né abbiamo volontà in questo momento, di realizzare, al di là dei miei personali convincimenti sulla sostanziale inutilità di quell'opera.
Altro aspetto, ripreso da più parti, riguarda FS e Alitalia.
Io non sono in grado né potrei dire, per un minimo di rispetto dei lavori che sta ancora conducendo la commissione presso la Presidenza del Consiglio, quali saranno le scelte. Posso dire che il problema sarà affrontato in profondità, nelle carni vive, perché non c'è altra strada che farlo in questo modo.
Ho parlato, in una riunione, usando un termine che forse mi avrebbe portato a qualche critica di professoralità: ho parlato di filosofia delle ferrovie e devo dire, con mio grande stupore, che i tecnici delle ferrovie hanno detto che è giusto. Noi siamo in una condizione tale per cui soprattutto il tema delle ferrovie non può essere affrontato se non lo discutiamo alla radice, nel profondo, cioè se non ridiscutiamo il tipo di ruolo che vogliamo affidare al sistema ferroviario in questo paese.
Io credo che ci sia un grande potenziale da dispiegare, in qualche modo le ferrovie possono rappresentare oggi, negli anni 2000, quello che le autostrade hanno rappresentato negli anni '50-'60 in questo paese. Bisogna fare, però, un discorso che intanto le tiri fuori da questa insanabile contraddizione, per cui perdono soldi e danno un cattivo servizio. Qualcuno di voi ha parlato di centralità dell'utente, ma credo che se non si parte dal presupposto che le Ferrovie, che sono semplicemente un ente vigilato, con tutti ovviamente i distinguo del caso, trovano la loro unica ragione d'essere nel soddisfare le esigenze dell'utente, è meglio chiudere subito: la ferrovia non ha altri compiti. Poi ci sono altri mille problemi, ma il problema principale è quello.
Noi abbiamo generalmente, in ampia generalità, utenti insoddisfatti, bilanci in passivo e mancanza di strategia aziendale. Questo è il tema di fondo, per questo dico che il problema ha un carattere quasi filosofico: ripensiamo le fondamenta delle ferrovie italiane che, se ripensate nel modo giusto, secondo me possono rappresentare una grande opportunità, e non un grave problema, come purtroppo oggi sono.
Credo poi che quello di Alitalia sia un problema leggermente diverso. Qui dovremmo rapidamente intervenire per mettere un punto fermo, perché l'Alitalia si sta avviando verso una deriva lenta ma incontrollabile. La ormai ex cosiddetta compagnia di bandiera è arrivata ad avere il 40 per cento del traffico nazionale, ne aveva l'80 per cento fino a non moltissimi anni fa.
Se questa fosse stata una scelta aziendale si poteva capire; però non lo è stata, è stata una lenta deriva nel perdere quote progressive di mercato. In questo momento - secondo me ha ragione il ministro Bersani che lo ha detto - l'Alitalia è troppo piccola per essere una grande compagnia e troppo grande per essere una low-cost qualsiasi. Per la verità, avevo posto questo problema esplicitamente al presidente Cimoli quando ci siamo incontrati: da qui bisogna uscire. Se ho ben capito, la strategia dell'Alitalia, in questo momento, per uscire da questa impasse è recuperare l'accordo Air France-Klm, ma non so se questa soluzione sia adottabile: infatti, mi chiedo perché questo tipo di accordo non lo abbia assunto separatamente.
D'altronde questa è l'altra scelta di fondo, materia di discussione, soprattutto di un dibattito di carattere parlamentare più ancora che governativo. Riteniamo che l'Italia debba avere una sua compagnia di riferimento, di bandiera o meno che sia? La Francia ce l'ha, perché l'Air France detiene quasi l'80 per cento delle quote nazionali; la Germania ce l'ha, perché


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detiene oltre il 70 per cento delle quote nazionali. Non so citare la percentuale dell'Inghilterra ma c'è una situazione analoga. Noi pensiamo che non serva, pensiamo che questo sia un paese in cui tutto sia low-cost? Oppure, non può essere che un paese come il nostro abbia diritto ad avere una sua compagnia di riferimento? Io per la verità propendo per questa soluzione, suggerisco di parlarne, di articolare il ragionamento e di capire, perché se vogliamo percorrere questa strada dobbiamo fare alcune scelte per le quali non basta sostituire un presidente con un altro, ma bisogna perlomeno ricordare a quel presidente che si trovava in quel posto per ricomporre il ruolo della compagnia di riferimento, il che non significa privatizzarla poco o troppo: possiamo fare quel che vogliamo ma occorre un indirizzo che non c'è e a causa del quale, grazie alla mancanza di questo indirizzo, l'Alitalia da tempo va un po' per i fatti suoi.
C'era stata una osservazione a proposito delle autorità portuali commissariate. Una delle prime questioni su cui ho messo mano è l'eliminazione dei commissariamenti che considero una patologia di qualunque organismo: soffro a vedere commissari che rimangano 5, 6, o 10 anni.
In questo momento, se ben ricordo, abbiamo cinque situazioni aperte, a cominciare da quella di Trieste, per la quale abbiamo però già preso provvedimenti, nominando un commissario straordinario: non potevamo non farlo in quanto il commissario precedente era stato dichiarato illegittimo da una sentenza del TAR. Lo abbiamo nominato e abbiamo però contestualmente chiesto le terne: stiamo attendendo che la regione ci fornisca la terna per concertare la scelta dell'autorità portuale.
Abbiamo aperto a Livorno, per il quale c'è già stato un doppio scambio tra il Ministero e la presidenza della regione, che non hanno trovato l'accordo sul nome. Adesso ho chiesto al presidente della regione Toscana di farmi sapere se esista la possibilità di concertare su un altro nome, oppure ricominceremo da capo con la terna. È già in corso.
Abbiamo già richiesto le terne per il porto di Civitavecchia, attualmente commissariato, quindi siamo in attesa di risposta, e dobbiamo convenire con il presidente della regione Puglia per le due commissioni di Bari e Taranto, perché anche per queste c'è stato un primo tentativo di concertazione che non è andato a buon fine e ci ritorneremo.
Ripeto, l'impegno che assumo di fronte a questa Commissione, che ho già assunto altrove, è che al più presto elimineremo le situazioni di commissariamento. Poi, se il presidente sarà bravo o meno, lo vedremo, ma il commissariamento verrà eliminato al più presto.
Quanto al tema generale delle autorità portuali e dei porti, c'è un discorso di politica generale che riferisco ancora alle nostre intenzioni di programmazione del sistema.
Le autorità hanno un'autonomia pressoché totale in materia di progettazione delle loro aree di pertinenza e di funzionalizzazione di queste aree. Occorre sbloccare un finanziamento che era già stato assegnato, poi è stato bloccato, e che speriamo di rimuovere, ma secondo me c'è un problema più generale, cioè siamo arrivati ad una fase nella quale se non costruiamo per le decine di autorità portuali, quindi di porti diversi, una cornice di riferimento, avremo delle situazioni di ingovernabilità del sistema. Insomma, bisogna mettere in rete queste autorità, questi porti e le relative autorità portuali. L'ho detto, per la verità, in un paio di occasioni, in presenza di associazioni di operatori del settore, che convenivano tutti su questo aspetto. Senza ledere l'autonomia delle autorità, che va rispettata, credo che vada anche richiamato un diritto del Governo centrale a fornire un quadro di coerenza. Il discorso sulle autostrade del mare lo facciamo, ma se poi ogni porto decide di adottare una propria politica autonoma, che contraddice quella dell'altra parte...
Presidente, vado per «sciabolate», lei mi perdonerà. Quanto al tema della sicurezza, ovviamente si tratta di un tema superattenzionato. In questo documento ci


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sono anche i richiami ad alcuni provvedimenti già esistenti che vanno rifinanziati per la sicurezza: più in generale il tema della sicurezza, affidato anche come delega, si sta portando avanti. Un punto di riferimento è la Conferenza di Verona che si terrà, se ricordo bene, il 3 e 4 novembre, per la sicurezza stradale. Si tratta di una iniziativa molto avvertita anche in campo europeo, che considero uno dei luoghi di discussione principale su questo tema. C'è da investire, è chiaro che la sicurezza richiede soldi: ogni livello di sicurezza in più che perseguiamo significa investimenti in questo settore, ed è uno dei settori su cui insisteremo in sede di legge finanziaria.
Come ho detto più volte al ministro Padoa-Schioppa, sappiamo bene, come riferivo all'inizio, di non essere un Ministero di spesa. I soldi li spenderà il Ministero delle infrastrutture, ma su alcune di queste spese insisteremo, ed una è sicuramente la sicurezza.
La revisione di tutti i codici è avviata; non posso parlarne ora, ma riferirò alla prima occasione, tornando in Commissione. Pongo un ultimo problema, in questo caso un problema aperto: uno dei nodi che vanno affrontati per quanto riguarda le ferrovie, in relazione agli equilibri economico-finanziari e ai costi di gestione, è che ogni chilometro di ferrovia, ogni chilometro di strada ferrata realizzata dalle ferrovie, costa in Italia tre-quattro volte quel che costa in Francia e Germania. In riferimento a ciò, qualcuno pensa di tirare fuori le ferrovie da un discorso di concorrenza possibile, e le spiegazioni sono comprensibili: l'Italia è fatta morfologicamente male, bisogna costruire le gallerie, ma questo non incide sulla spesa totale. Un'altra questione è che produciamo opere di inserimento ambientale maggiori rispetto agli altri paesi: questo lo vorrei verificare, ovvero quante di quelle che vengono chiamate opere di compensazione sono poi utili ai fini dalla complessiva economia. Se vado da una parte, per compensare quello che sembrerebbe un danno che sto apportando, e poi costruisco un campo da calcio, questo non mi convince.
Altra questione è se investo per un migliore inserimento dell'opera. Il tema principale di questo sovracosto però è un altro, il codice degli appalti e le modalità di affidamento dei lavori. Se non mettiamo mano - per fortuna il ministro Di Pietro sta già lavorando in tal senso - ad una revisione dei meccanismi, soprattutto in merito ai general contractor, non ci libereremo dal fatto che i nostri costi saranno incontrollabili e i nostri tempi imprevedibili.
Dobbiamo affrontare questa questione o saremo sempre e comunque in una condizione di fuori mercato per quanto riguarda le nostre ferrovie.
Presidente, avrei tante altre osservazioni, ma capisco che l'ora è tarda.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MICHELE POMPEO META

PRESIDENTE. La ringrazio, tornerà sicuramente molto presto, quando ce ne sarà bisogno glielo chiederemo, e anche quando vorrà venire di sua spontanea volontà a misurarsi e a confrontarsi in Commissione sarà il benvenuto. Lei ha fatto la prova del battesimo, l'esordio di un lungo cammino del confronto tra questa Commissione e il Governo.
Io credo che il confronto sia stato improntato al rigore e all'onestà intellettuale, in modo reciproco. Domani avremo il ministro «dirimpettaio», Di Pietro, ministro delle infrastrutture, poi quello delle comunicazioni. Abbiamo voluto fare questa full immersion per capire innanzitutto gli orientamenti e la traduzione coerente del Governo rispetto al programma elettorale, ma anche quanto di vostro mettete nella ricetta.
Lei oggi, per quanto mi riguarda, ma penso di interpretare il sentire della Commissione, questo esame lo ha superato nel merito, ma lo ha superato soprattutto perché è venuto a svolgere un ragionamento molto onesto, che ho apprezzato.


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È una buona partenza, le questioni messe sul tappeto sono reali. Non saremo una Commissione di notai: su tutti gli aspetti, e per alcuni in particolare, svolgeremo anche un ruolo propositivo, assolutamente non di supplenza. La sfida che abbiamo di fronte, soprattutto in questi campi, è generale: la competizione del paese, la sua unità e crescita. Quando sente l'esigenza, nonostante l'eredità positiva del vecchio piano, di rimetterci le mani, ci trova consenzienti: l'importante è non ripartire per un nuovo lavoro che duri eternamente, ma da punti condivisi. Mi sembra che in questa Commissione il confronto già sottolinea alcune competenze di merito. Non ci si divide sull'ammodernamento del paese, né quando al centro si mettono i diritti della mobilità dei cittadini, diritti per lunghi decenni negati, sia nel trasporto extraurbano su ferro sia in quello urbano. Su questo credo che non ci divideremo.
Questa Commissione, come lei avrà saggiato, è anche piena di competenze e di risorse umane e professionali, oltre che politiche, nella maggioranza come nell'opposizione. Consideri questa Commissione come un grande luogo di opportunità per migliorare il prodotto. Penso che il Ministero, questa volta, sia stato contaminato positivamente, chiamando un uomo delle professioni, della competenza, dell'accademia e dell'università a dirigere un comparto decisivo. Ritengo che sia utile e arricchisca anche il prodotto politico, il merito. In noi lei troverà dei controllori integerrimi, severi e obiettivi, ma anche dei collaboratori che con lo stile e il metodo che ci ha proposto, potranno, insieme a lei, fare un percorso importante, accelerando anche i tempi. Ne abbiamo bisogno, le questioni sono tante.
Ora non mi faccio illusioni: c'è una scorciatoia o si può semplificare eccessivamente? Registro quanto di positivo è emerso dal confronto di oggi.
La ringrazio perché il suo è stato innanzitutto un grande sforzo di rigore intellettuale, di onestà. Per quanto mi riguarda, esprimo un giudizio positivo, ma sono convinto di interpretare la stragrande maggioranza del pensiero dei colleghi, che del resto hanno espresso le loro opinioni. Siamo all'inizio; il confronto continuerà, e continuerà nel merito.
Ringrazio tutti i colleghi intervenuti.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,55.