COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 28 giugno 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE POMPEO META

La seduta comincia alle 13,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche tramite la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
Il ministro, che ringrazio per la sensibilità istituzionale, è qui per riferire sull'insieme delle politiche del Ministero, dal reperimento delle risorse, alle priorità delle opere, ai tempi di realizzazione delle infrastrutture. Come si sa, inoltre, egli ieri ha riferito all'VIII Commissione.
Premetto, signor ministro, che la Commissione è determinata ad esercitare i propri compiti nell'ambito delle competenze istituzionali ad essa assegnate. Sono d'altro canto sicuro che lei non verrà meno al confronto con la Commissione stessa.
In proposito, ricordo che il ministro è stato il primo ad essere ascoltato da una Commissione parlamentare in questa legislatura - il 13 giugno scorso - sulle vicende legate alla prospettata fusione per incorporazione della società Autostrade.
Do la parola all'onorevole ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. La ringrazio, signor presidente. Rivolgo un saluto a lei e a tutti i commissari.
Sono onorato di poter rappresentare anche a questa Commissione le linee programmatiche e le prime azioni operative su cui intende muoversi il mio dicastero con riferimento alle infrastrutture del nostro paese.
Una premessa: come è a tutti noto, il Ministero è stato «spacchettato», sulla qual cosa personalmente non ero d'accordo. Però, grazie a Dio, io e il ministro Bianchi - checché se ne possa pensare o dire - andiamo molto d'accordo; ci sentiamo e ci confrontiamo regolarmente. Molte materie per le quali è prevista una competenza condivisa vengono affrontate bilateralmente. Ci tengo a dirlo perché le iniziali incomprensioni sono state del tutto superate.
Nel programma della maggioranza di cui faccio parte, le infrastrutture sono un punto di riferimento importante per lo sviluppo del paese, da realizzare all'interno di un piano coerente di priorità e di necessità.
Al Ministero delle infrastrutture ho trovato una situazione basata soprattutto su una grande progettualità e su un grande impegno, teso a rilanciare il sistema infrastrutturale italiano. Di questo devo dare atto, come ho già fatto in altre sedi.
È importante che faccia questa premessa, dal momento che la realizzazione di infrastrutture, specie quelle delle grandi


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opere, per definizione, non può essere coperta né in un anno né in una legislatura. Ora, immaginare che ad ogni legislatura o, peggio, ad ogni anno si cambi dalla sera alla mattina tutto l'insieme delle opere programmate, progettate, cantierizzate, vuol dire gettare tanti soldi al vento e tanti progetti per aria.
Infatti, solo per mettere in piedi la fase progettuale ci vogliono anni di lavoro e tante risorse. Soprattutto, dobbiamo tutti avere l'umiltà di comprendere che le nostre certezze possono non essere tali per gli altri, in termini sia di priorità infrastrutturali, sia di interessi generali del paese.
Allora, con spirito laico, mi sono avvicinato al piano infrastrutturale varato dal centrodestra, per cercare di ripartire da esso, alla luce del programma che l'Unione si è data: che è il mio punto di riferimento, posto che io rappresento una maggioranza di Governo, cui intendo rispondere.
In realtà, al di là di alcuni casi specifici, che pure ci sono - dei quali si può e si deve discutere - lo scheletro del programma infrastrutturale italiano è abbastanza condivisibile da una parte e dall'altra. In realtà, il quadro infrastrutturale è molto composito e, per averne una visione completa, bisogna leggerlo in modo integrato: si va dalla legge obiettivo ai programmi straordinari - prima vi erano state leggi specifiche -; poi vi sono le previsioni in sede di DPEF, all'interno della finanziaria, e via dicendo.
Per questa ragione, il primo impegno del mio Ministero è stato quello di andare ad individuare, da una parte, ciò che è realizzato e ciò che è da realizzare; dall'altra, ciò che è realizzabile e ciò che è irrealizzabile. Traduco: abbiamo cantieri i cui lavori sono conclusi; vi sono cantieri aperti - che volgarmente definisco «con la pala in mano» -; esistono poi lotti che risultano cantierizzabili, con procedure di gara già concluse, per le quali c'è solo da sottoscrivere il contratto; abbiamo quindi opere individuate come necessarie, da fare, o comunque utili, non ancora in gara; infine ci sono opere, segnalate in occasione dell'ultima seduta del CIPE, per alcune delle quali è stato approvato un piano tecnico-finanziario - per altre solo un piano tecnico - e che, pur rientrando in una ossatura generale del programma, saranno realizzate solo dopo aver individuato le fonti finanziarie.
Ho voluto svolgere questa prima analisi della situazione che abbiamo trovato, perché non è che non c'era nulla. Abbiamo trovato tante cose da fare, tra le quali bisognerà scegliere.
E qui cominciamo a non andare d'accordo su alcune impostazioni. Siamo tutti d'accordo sui numeri; quanto alla valutazione politica, ciascuno esprimerà la propria. Io, in qualità di ministro, quindi come pubblico ufficiale, ho il dovere di attenermi scrupolosamente alla contabilità dello Stato: quindi, per prima cosa, ho analizzato la situazione di cassa degli enti sottoposti alla mia vigilanza.
A seguito dello «spacchettamento», cui ho prima fatto riferimento, come sapete, io mi occupo del sistema infrastrutturale italiano, ad eccezione delle opere militari: quindi porti, aeroporti, metropolitane, ferrovie, strade, autostrade, e quant'altro. Ora, per poter fare un buon programma, senza buttare all'aria tutto ciò è stato fatto, sia per le ragioni che ho detto prima e sia perché le infrastrutture si realizzano nell'arco di programmi pluriennali, ho dovuto innanzitutto prendere atto di quel che c'è, valutando come raccordare i vari progetti.
Nel caso di questa analisi abbiamo riscontrato che gli enti di gestione, in particolare le Ferrovie dello Stato e l'Anas, hanno un deficit di cassa sostanziale ed uno importante di competenza.
Parliamo subito dei problemi di cassa. Le Ferrovie hanno bisogno di oltre 5 miliardi di euro per le opere che si stanno realizzando in questi mesi. L'Anas ha bisogno immediatamente di oltre 1,1 miliardi di euro. Questa è la situazione di cassa: ci sono cantieri aperti i cui lavori sono in corso, per i quali vanno pagate le somme previste per l'avanzamento dei lavori altrimenti, come già detto dai diretti interessati, gli stessi verranno chiusi.


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Ricapitolando, l'insieme delle opere previste da più leggi e da più programmi - il programma straordinario, il programma TEN europeo, il DPEF, la legge finanziaria, il reinvestimento dei residui passivi, eccetera - produce un'elencazione enorme di opere che il centrodestra o ha messo in cantiere o ha già assegnato (ma non anche messo in cantiere) o ha già individuato (ma non anche assegnato) oppure ha solo indicato (ma per le quali non è riuscito a individuare le risorse).
Ora, per le opere cantierizzate vengono prodotti gli stati di avanzamento lavori. In buona sostanza, ogni tre mesi la fattura deve essere pagata (e qui serve la cassa). Ebbene, la cassa dell'Anas non ha soldi per pagare 1,1 miliardi di euro di fatture, mentre a quella delle Ferrovie dello Stato mancano oltre 5 miliardi di euro.
Il Ministero dell'economia, quindi, deve dare questi soldi, pena la chiusura dei cantieri. L'impegno mio e dell'intero Governo è di fare ogni sforzo possibile per trovarli. Siamo quindi fortemente impegnati per reperire i fondi, non certo per chiudere i cantieri e ciò deve essere chiaro.
E qui lo dico apertis verbis: con riferimento alle opere in corso, molte delle quali volgono alla conclusione, pensare di fermare i cantieri, magari perché non ci piace l'opera, è come pensare di ammazzarsi per non essere ammazzati. L'opera, infatti, è già esistente.
Peraltro, posso dirvi che, nell'ambito delle tante opere previste, tra quelle cantierizzate di opere «fasulle» non ce ne sono: sono opere comunque necessarie ed importanti da fare. Si può discutere sull'una piuttosto che sull'altra, ma nessuna mette in crisi il sistema.
Il problema si pone con riferimento, in generale, alle modalità con cui il precedente Governo e la precedente maggioranza hanno previsto di finanziare dette opere. Non sempre, cioè, rispetto alle appostazioni del bilancio di competenza, riusciamo a individuare dove sono questi soldi.
Vi è un esempio sulla cui oggettività «non ci piove», essendo documentale - esempio che ho evidenziato ieri e che richiamo in questa sede. Per l'Anas, una delle ragioni per cui manca la posta di bilancio - poi vedremo se la responsabilità è solo politica, o è anche di altri, o magari non ve n'è alcuna - è dovuta al fatto che quando l'Anas si è trasformata da ente pubblico in SpA sono stati individuati oltre 12,5 miliardi di euro di residui passivi. Sennonché, con un decreto del Ministero del tesoro sono stati definiti in quasi 9 miliardi i residui passivi con cui si doveva continuare a lavorare ed essi hanno costituito i fondi per le opere che si dovevano realizzare e che si stanno realizzando. Sono stati inoltre smobilizzati fondi per 4,5 miliardi di euro, dicendo che queste opere da fare non c'erano più, in quanto relative a vecchi impegni di spesa, risalenti agli anni '70, '80 e '90. Questi soldi sono stati utilizzati per realizzare un piano di opere, denominato «programma straordinario 2003-2005 degli investimenti», approvato, appunto, grazie all'arrivo di queste risorse.
Come detto, per sviluppare questo programma è stato dato l'incarico ad Anas, cosa che sta facendo. Qualche opera è stata contrattualizzata, qualche altra solo assegnata. Insomma, si tratta di un progetto politico, che ha avuto una sua copertura, che è stato messo in esecuzione da parte dell'Anas in quanto gestore di quelle somme. Ora, il problema è che questi oltre 4 miliardi di euro di residui passivi non riguardavano opere che non si dovevano più realizzare, bensì lavori che o si stavano facendo o si sarebbero comunque fatti. Ci siamo trovati, quindi, in un ingorgo di cassa tale per cui si sono dovute pagare sia le vecchie che le nuove commesse. La cosa ha il suo lato positivo nel fatto che si sono eseguiti tanti lavori. Grazie a risparmi e ad economie, l'Anas ha recuperato circa un miliardo di euro, portando il deficit da 4,5 a circa 3,3 miliardi di euro. Tutto questo, però, ha costituito e, in prospettiva, costituisce un disavanzo di cassa che porta l'Anas ad avere un indebitamento maggiore rispetto al patrimonio (il patrimonio vale 15,5 miliardi di euro, mentre le opere da realizzare


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comportano una spesa di 19,5 miliardi), che è compreso fra i soldi che incassa e quelli che spende.
Questo il fatto, che è inoppugnabile in quanto documentale. E non lo dico io, ma lo dice l'Anas nel momento in cui chiede i soldi. Ora, all'Anas dicono: «La responsabilità non è nostra, perché a noi è stato detto che il programma era realizzabile». Il Governo precedente dice: «Noi sapevamo che c'erano dei residui passivi». Il fatto oggettivo è che c'erano in piedi due linee di cantieri finanziate con gli stessi fondi. Questo fatto comporta delle responsabilità oppure no? Chi vi parla, che prima di tutto deve sapere quanti soldi ha e quanti cantieri aperti esistono, ha il diritto-dovere di prendere atto e di segnalare questa anomalia.
Stabilito questo, abbiamo ipotizzato tre livelli di intervento: il livello 0, ovvero tutte le opere «con la pala in mano», per completare le quali bisogna trovare i soldi; il livello 1, ovvero tutto quell'insieme di opere, seppur non ancora cantierizzate, per le quali è già stato definito e contrattualizzato l'appalto (alle opere di cui ai livelli 0 e 1 bisogna dare corso, altrimenti ci troveremmo in una situazione delicatissima); il livello 2, nel quale vi sono opere assegnate, per le quali in alcuni casi vi è già anche l'appalto, ma che non sono state ancora contrattualizzate (tra queste vi è, ad esempio, il ponte sullo Stretto di Messina, la cui realizzazione è stata assegnata, ma non contrattualizzata).
Tra quelle incluse in quest'ultimo livello dobbiamo rivedere tutta una serie di opere. Tanto per fare degli esempi che fanno male a tutti, il ponte sullo Stretto di Messina e la TAV. L'appalto per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina è già stato assegnato e da questo dobbiamo partire. Il concedente ha già assegnato l'appalto al general contractor, che è Impregilo, che, a sua volta, sta già redigendo il progetto. Si sa, infatti, che è stata bandita una gara pubblica, vinta appunto dall'Impregilo. Lo dico perché quando dobbiamo decidere quale opera bloccare e a che punto, dobbiamo anche capire come fermarla, laddove riteniamo di escludere certe opere perché il progetto dell'Unione è in parte diverso da quello del centrodestra.
Non vi è dubbio, lo dico e lo ripeto: ho il mandato dal programma dell'Unione di non collocare la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina tra le opere prioritarie - così dice testualmente il programma - da realizzare e a questo mi atterrò. Il problema di fondo è: posto che a questo programma mi devo attenere, un dovere di responsabilità contabile mi impone di valutare se, come e quando mi devo fermare per rispettare il programma dell'Unione, ma non a spese del contribuente, perché altrimenti si creano dei problemi.
È questo il lavoro che stiamo svolgendo in questi giorni. Stiamo, cioè, effettuando una serie di audizioni con i responsabili per individuare una soluzione condivisa, che contemporaneamente non porti alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, e non comporti, d'altro canto, una penalizzazione estrema.
E l'unico modo per bloccare «senza se e senza ma», diceva qualcuno a me vicino, è quello del recesso ad nutum, che comporta delle sanzioni durissime. Ora, se riceverò uno specifico mandato dal Parlamento in questo senso, vi darò corso; diversamente, prima di essere chiamato a rispondere, come ministro, in un procedimento contabile presso la Corte dei conti, ci penso due volte. Ma con un mandato dal Parlamento ben volentieri lo eseguo.
Anche la TAV è già in assegnazione. Siamo nella fase del progetto preliminare, che dobbiamo portare avanti. È in questa fase che dobbiamo vedere come procedere, alla luce delle linee programmatiche e della situazione esistente. Su impulso del Governo - del Presidente del Consiglio in particolare - abbiamo deciso di riprendere il dialogo da dove era stato interrotto nell'ultima legislatura. Vale a dire: ferme restando le valutazioni politiche che ognuno di noi è legittimato a fare, in riferimento a ciò che è avvenuto inizialmente sulla TAV che ha portato a degli scontri, successivamente la gestione TAV ha visto l'istituzione di un tavolo politico,


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coordinato dall'onorevole Letta «zio» (Gianni), tavolo che è stato riconvocato per domani, questa volta coordinato da Letta «nipote» (Enrico). Scusatemi la battuta, ma serve per sdrammatizzare.
A questo tavolo politico partecipano non solo le autorità centrali ma anche quelle locali. Insieme a questo tavolo è stato costituito un osservatorio, che domani intendiamo rilanciare, con compiti specifici. In più, abbiamo deciso di mettere in piedi le procedure necessarie per giungere ad una VIA (valutazione di impatto ambientale) ordinaria, invece che la VIA straordinaria, prevista dalla legge obiettivo. Ciò perché, da una serie di valutazioni comparative che abbiamo fatto, abbiamo visto che essa è stata una delle cause principali della situazione di tensione e di blocco con le popolazioni locali. In fin dei conti, la procedura straordinaria è stata più lunga di quella ordinaria.
Ovviamente lo dico ai colleghi del centrodestra e a quelli del centrosinistra: la VIA ordinaria può giungere, come sostenuto dal ministro Pecoraro Scanio, non solo ad un «sì» o ad un «no», ma anche ad un «sì con prescrizione», ivi compreso il tracciato, e questo non è un mio concetto, ma è stato espresso dal commissario europeo ai trasporti, Loyola de Palacio.
Non mi soffermerei poi su tante altre questioni specifiche: ho voluto farvi presente che in questo momento il nostro lavoro è quello di una ricognizione dello stato degli atti e di una rivalutazione di questa massa enorme di progetti realizzati, ideati, o anche solo immaginati, per cercare di individuare le priorità da portare avanti, fondamentalmente dare corso ad un piano infrastrutturale italiano, intervenendo sul piano esistente, non buttandolo a mare, né demonizzandolo, ma anzi limandolo e limitandolo per la parte in cui il centrosinistra non ritiene riguardi opere primarie e per la parte in cui non può realizzare le opere per mancanza di fondi.
Come si tradurrà in atti concreti questa filosofia? Si tradurrà - se verrà confermato questo metodo - in una linea programmatica, da allegarsi al DPEF, come attualmente prevede la legge, e in un documento che mi ripropongo, appena completato, di depositare anche in questa Commissione.
Mi fermerei qui per non sottrarre ancora tempo al dibattito. Sarebbero tante altre le questioni da sollevare, ma penso sia più importante lasciare a voi l'opportunità di formulare osservazioni e domande.

PRESIDENTE. La ringrazio, signor ministro. Per organizzare i nostri lavori, informo che la seduta dell'Assemblea riprenderà alle ore 15, con il question time, dove lei dovrà intervenire, intorno alle 15,30; ci siamo informati.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. A me hanno detto di stare in aula prima. Vi prego di non farmi fare brutta figura; è il mio primo question time...!

PRESIDENTE. Potrà avviarsi per tempo. Vedrà che sarà puntualissimo.
Possiamo organizzare questa fase come ieri: un intervento per gruppo, poi un secondo giro di domande per i gruppi più consistenti; quindi, ascolteremo la replica del ministro.
Dato il tempo a disposizione, non riusciremo forse a dare corso a tutte le richieste intervenute. In questo caso proseguiremo - il ministro ha già dato la sua disponibilità - nella giornata di giovedì 6 luglio, alle 15.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

MARIO BARBI. Vorrei innanzitutto ringraziare il ministro per l'energia e la schiettezza con le quali ha esposto e proposto i temi principali e prioritari che si trova ad affrontare. Quanto emerso ci consente di dire che il coordinamento con il ministro dei trasporti - sul quale egli ci ha comunque rassicurato - è una cosa sulla quale il paese potrà contare, in quanto di vitale importanza per il buon esito delle politiche del Governo. Ma la necessità di questo coordinamento, tutto


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sommato, è ben poca cosa rispetto alla situazione che il ministro Di Pietro ha dinanzi, per averla ereditata dal passato Governo.
La questione delle risorse pare essere una questione di importanza capitale, che presenta persino taluni aspetti di emergenza. Su questo chiederei al ministro, nella misura del possibile, di presentare alla Commissione un documento che renda esplicite le questioni concernenti le risorse disponibili per i due enti cui faceva riferimento, Ferrovie dello Stato ed Anas, delle quali tanto si parla.
Il fabbisogno di cassa per concludere l'anno, a cui ha fatto riferimento - se ho capito bene - è già molto cospicuo, sia per le Ferrovie dello Stato, sia per l'Anas.
A me è capitato di leggere un articolo del Sole 24 Ore del 21 giugno scorso, in cui si citava il piano di finanziamento 2001-2006, proprio con riferimento a questi enti. Non voglio leggere i dati, ma emergeva una contrazione delle risorse disponibili negli anni 2006-2008, con uno spostamento, verso la parte finale del quinquennio, della sostanza delle risorse: parliamo di migliaia e migliaia di miliardi di vecchie lire.
Se in tempi ragionevoli il ministro potesse, avvalendosi ovviamente delle proprie strutture, mettere a disposizione della Commissione un quadro che consenta di valutare con chiarezza lo stato della cassa e della competenza rispetto al tema che ci ha prospettato, credo che farebbe cosa utile per tutti.
Come egli ha giustamente rilevato, infatti, il tema delle infrastrutture e della programmazione non è cosa di una singola legislatura, ma è questione che riguarda il paese per un periodo di tempo lungo. È una questione sulla quale dobbiamo misurarci tutti, a partire da dati condivisi che ci dicano dove stiamo andando.
Su questo, naturalmente, anche in ragione di quanto il ministro ha detto con riferimento al programma dell'Unione, cioè della maggioranza attuale, noi del gruppo dell'Ulivo, ma credo la maggioranza tutta, non possiamo che esprimere condivisione per il fatto che sia stato sottolineato come l'attuale pianificazione dovrà essere rivista, in ragione di una visione del paese, di priorità individuate e definite in quel programma. Anche su questo aspettiamo, sapendo che il lavoro è iniziato da poco e che dopo il censimento siamo fiduciosi che la verifica e le conclusioni potranno essere, per quanto possibile, ravvicinate.
Concludo con una breve annotazione, tendente a sottolineare la diversità di filosofia che riteniamo di avere rispetto al Governo precedente. Questa, peraltro, è stata più volte illustrata, specie con riferimento alle modalità di intendere e di realizzare la legge obiettivo e le opere infrastrutturali, secondo noi non bene organizzate e non ben integrate con i piani generali dei trasporti e della mobilità.
Il fatto che si ritorni ad una visione integrata e ad una collaborazione stretta fra infrastrutture e obiettivi di realizzazione dei servizi e dei piani di mobilità - sui quali ieri ci ha riferito il ministro dei trasporti, in modo convincente dal punto di vista concettuale - è per noi un fatto rilevante e qualificante, che crediamo possa condurre a risultati positivi.

EZIO LOCATELLI. Innanzitutto vorrei esprimere un ringraziamento per l'esposizione del ministro. Ritengo che egli si trovi - come tutti noi peraltro, ognuno per il ruolo che gli compete - a dover dare delle risposte ad un problema che certamente ha una priorità strategica: quello dei trasporti e della mobilità, che, comunque, deve essere valutato in ragione della complessità delle questioni che riguardano il settore.
Quando parlo di complessità dei problemi non mi riferisco unicamente alla questione, comunque rilevante, legata alla penuria delle risorse finanziarie. Lei ha fatto riferimento soprattutto a questo problema e naturalmente ciò ci impone una selezione di priorità. È bene tenere in considerazione questo elemento rispetto alle molte richieste e sollecitazioni, tante volte irrazionali, che pervengono al Governo.


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Ma credo che, insieme a questo elemento, ve ne siano altri a cui prestare forte attenzione, anche se quando si valuta un'opera infrastrutturale le valutazioni vengono operate soprattutto dal punto di vista econometrico.
A mio avviso, invece, serve un punto di vista complessivo rispetto alla questione del trasporto. Va prestata una grande attenzione - è la richiesta che ci sentiamo di avanzare in questa sede e certamente vi saranno tante altre occasioni per discuterne - ai vincoli di carattere fisico, ambientale e territoriale.
Sono personalmente convinto che non ci siano solo problemi legati alla penuria di risorse finanziarie. Abbiamo il dovere di verificare la sostenibilità di alcune grandi opere, che non possono, per l'appunto, essere valutate solo dal punto di vista econometrico.
Lo dico dopo aver partecipato nei giorni scorsi ad un importante incontro di Assolombarda, utile anche per capire i diversi punti di vista. Ne parlo perché lo ritengo emblematico per l'approccio semplicistico che hanno i diversi soggetti in campo, quando si tratta di affrontare il tema del trasporto e della mobilità: a fronte di una domanda di mobilità in crescita l'unica risposta che si riesce ad elaborare è lo sviluppo incrementativo della rete viaria, autostradale, delle grandi opere, quando, invece, il problema centrale per il nostro paese, in modo particolare per le regioni del nord, è lo squilibrio tra le diverse modalità di trasporto. Questa è la grande emergenza che dobbiamo affrontare nella nostra realtà e nelle nostre regioni.
Questo tipo di approccio è assolutamente vecchio. Dobbiamo capire che siamo in una fase completamente nuova rispetto a trenta anni fa e che sulle infrastrutture va adottata una politica veramente moderna.
Lei ha parlato del ponte sullo stretto di Messina: non è una priorità, non soltanto perché lo diciamo nel programma dell'Unione, ma non lo è rispetto alle emergenze che sono in campo. Lo ripeto con forza: il problema dei problemi, assolutamente prioritario, è la crescita squilibrata dei diversi modi di trasporto che hanno caratterizzato il sistema e la mobilità nel corso degli ultimi venti-trenta anni nel nostro paese.
Dunque una strategia di intervento, per quanto riguarda la tematica delle infrastrutture, deve dimostrarsi capace di intervenire per una diversa ripartizione modale del trasporto, proponendo trasporti alternativi rispetto a quello su strada.
Questa è la sollecitazione che sommariamente ci sentiamo di fare in questa prima occasione di confronto.
Lei diceva prima che lo scheletro del piano consegnatoci dalla precedente maggioranza di Governo potrebbe considerarsi valido. A mio avviso, invece, si dovrebbe revisionare il piano generale dei trasporti e della logistica e questo dovrebbe rappresentare un impegno preciso. Ora vorremmo sapere se vi sia questo orientamento per le prossime settimane e per i prossimi mesi.
Infine, se il ponte sullo stretto di Messina non può essere considerato una priorità, neppure residuale, dal punto di vista delle risorse finanziarie, credo che questo tipo di ragionamento non possa che essere applicato anche all'alta velocità; lo dico non in termini pregiudiziali, ma in risposta alle affermazioni che ho sentito ieri da parte di un collega del gruppo dell'Ulivo.
Su questo punto specifico ritengo sia necessario produrre un elemento di approfondimento, non soltanto sui tracciati, ma sull'effettiva razionalità ed utilità di quest'opera. Se rispetto allo spostamento di merci e di persone dovessi scegliere tra l'alta velocità e gli spostamenti che avvengono soprattutto sul corto e medio raggio, di 60-80 chilometri, darei la priorità certamente al potenziamento di questi ultimi, tenendo conto dei problemi di risorse e di impatto ambientale.
Non abbiamo comunque punti di vista pregiudiziali. Andando avanti avremo l'occasione di entrare nel merito, ma la questione e l'impegno che chiediamo è di rendere assolutamente prioritario l'intervento e l'investimento nel trasporto pubblico collettivo e nel trasporto pendolare.


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La richiesta che le formuliamo, pertanto, è di capire se ci sia l'intenzione di rivedere il piano dei trasporti e della logistica.
Colgo anche l'occasione per esprimere un apprezzamento per l'opera di trasparenza che lei, signor ministro, ha intrapreso in questi giorni a proposito della società Autostrade e dell'Anas. Le dichiarazioni che lei ha reso e i dati che ci ha fornito segnalano un danno nei confronti del pubblico interesse e, in conseguenza, della collettività. Tanto basterebbe perché venisse meno il rapporto di fiducia della pubblica amministrazione nei confronti di questi soggetti.
Credo che quanto meno - in questo momento mi rivolgo al presidente della Commissione - dovremmo chiedere un'audizione con i vertici della società Autostrade e dell'Anas. Penso, infatti, che la materia non possa essere affrontata unicamente dal ministro, ma anche noi su questa vicenda dobbiamo entrare nel merito.
Infine, pongo un'ultima questione: come intende affrontare, signor ministro, la grande emergenza legata alla sicurezza stradale? Facciamo discorsi astratti e teorici, legati alla questione del fabbisogno viario, delle grandi opere e così via, ma spesso ci dimentichiamo che una delle tante controindicazioni di questa scelta è rappresentata dai costi umani e sanitari dovuti all'incidentalità, oltre che naturalmente dai costi ambientali, che sono altissimi e insostenibili.
Parlando in maniera specifica dell'incidentalità e della sicurezza, credo che dobbiamo dare alcune risposte: dal 1970 ad oggi 40 milioni di morti sulle strade d'Europa sono un costo enorme, così come lo sono le decine di migliaia di morti sulle strade d'Italia. Anche questo punto dovrebbe essere segnato nell'agenda delle nostre priorità.

MARIO TASSONE. In poche battute cercherò di fare un ragionamento, ponendo, magari implicitamente, dei quesiti all'attenzione del ministro, che ovviamente anche io ringrazio per la presenza.
Questa audizione fa seguito a quella del ministro dei trasporti, il professor Bianchi. A lui abbiamo posto il problema del cosiddetto «spacchettamento», soprattutto avuto riguardo alle competenze fra il Ministero delle infrastrutture e quello dei trasporti. Ieri ho avanzato delle perplessità in merito, specie in riferimento al rapporto fra programmazione, realizzazione e gestione, dove il confine è certamente molto labile, incerto, evanescente. Ho posto delle questioni e mi sono dichiarato preoccupato.
Ora, la sua esposizione, signor ministro, fa riferimento ad un ristabilito rapporto con il suo collega. La cosa ci fa piacere non fosse altro perché a tutti noi toglie qualche preoccupazione notturna.
Non v'è dubbio, però, che continuino a sussistere dei problemi. Cos'è la programmazione? Cos'è la gestione? Cos'è la realizzazione? Uno programma e realizza, l'altro opera la gestione? Il Ministero dei trasporti è concessionario mentre il Ministero delle infrastrutture è concedente? E poi, come si programma? Insieme? In quali termini? Con quali strutture?
So che ci sono oggettive difficoltà all'interno dei due Ministeri, con una divisione oggi operante sul piano formale ma non sostanziale. Bisogna infatti rivedere uffici, competenze e articolazioni. Ma con questa impostazione, a mio avviso, certamente non si va avanti: c'è la programmazione, la realizzazione, quindi la gestione. Questi momenti non possono essere diversificati o scissi, anche al di là dei tempi e degli inconvenienti che, comunque, non so come riuscirete a superare.
Questa è una prima questione che mi sento di porre. Dopodiché, le do atto di aver fatto riferimento ad un impegno del passato per quanto riguarda le infrastrutture all'interno del nostro paese. Per la verità, sulla questione specifica avverto un certo «spacchettamento» fra lei e qualche suo collega di Governo: qualcuno infatti parla di anno zero, altri dichiarano quanto meno di aver avuto contezza di un impegno e di un dispiegamento di risorse tesi alla realizzazione di infrastrutture nel nostro paese.


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C'è poi tutta la problematica, che lei evidenzia, fra il livello 0, il livello 1 e il livello 2, vale a dire tra opere già appaltate e avviate, non appaltate o soltanto indicate. Lei ha fatto riferimento ai problemi di cassa delle Ferrovie dello Stato e dell'Anas. Non c'è dubbio che le difficoltà sono finanziarie e che vengono anche da lontano, lo riconosco. Nel passato vi era però l'impegno a far fronte agli impegni assunti, finanziando le opere già avviate. Ritengo, quindi, che il Governo, formatosi all'indomani delle elezioni politiche, abbia il dovere - e lei, in fondo, lo ha riconosciuto - di portare avanti le opere già appaltate.
Se parliamo della Salerno-Reggio Calabria e della statale 106 Jonica, facciamo riferimento ad una norma alla quale anche lei si è richiamato: la legge obiettivo, che ha rotto alcune incrostazioni, prima fra tutte quella dei «microlotti», dando una visione molto più appropriata e adeguata, attraverso i «maxilotti», generando così un'azione più incisiva e più forte.
C'è poi la questione della TAV - di cui discuteremo in Aula, in occasione del question time - sulla quale servirebbero dei dati più veri. Accostando, infatti, le sue dichiarazioni a quelle del ministro Bianchi mi sono fatto il convincimento - anche se posso sbagliare, non sarebbe la prima volta, sono conosciuto per errori continui e costanti, sono un recidivo, ma con questo non vorrei darle qualche illusione in più - che non ci sia la volontà di fare la TAV. In effetti, ripartire con una nuova VIA mi sembra un modo per porre tutto nel nulla. Sarà anche una scelta politica, ma che si abbia il coraggio di farla e di dire chiaramente che non c'è la volontà di fare la TAV.
Il Governo ha già qualche difficoltà in politica estera; poi c'è la politica ambientale e quella infrastrutturale e sulla TAV alcuni ministri hanno già espresso un parere negativo. Il sottosegretario Cento lo va dicendo continuamente, senza essere smentito. Ma si continua a fare tutto un giro lungo: istituire un tavolo, fare il confronto, ma anche riprendere alcuni retaggi e valutazioni tecniche del passato, per creare strutture alternative a Venaus, strutture già scartate proprio dai tecnici. Allora, o hanno sbagliato i tecnici, o ha sbagliato l'Europa, perché lei, signor ministro, sa che la linea TAV/TAC Torino-Lione si basa soprattutto su questo tunnel, che ne rappresenta una condicio sine qua non.
Ci sono altre soluzioni tecniche? E i tempi? E l'Europa? Basta saperlo. Non ci potete portare avanti per un tempo indefinito, salvo poi, tra due o tre anni, dopo tutti questi confronti, sapere che non si può fare e che la responsabilità è di altri.
So bene che voi siete molto impegnati ad indicare prospettive esaltanti, mentre io, invece, sto parlando di volontà politica. In questo caso, per quanto riguarda l'Europa, i soldi ci sono; c'è l'impegno chiesto dalla commissaria De Palacio all'Italia e il presidente del Consiglio dei ministri ha detto di sì con molta chiarezza: ora quello che voglio capire è se esista la volontà politica o meno e, ovviamente, se ci sia il concorso del Parlamento e del Governo per reperire le risorse.
Infine, signor ministro, anche il ponte sullo stretto di Messina, come la TAV, fa parte di un corridoio, la TAV del Corridoio 5, l'attraversamento stabile dello stretto di Messina del Corridoio 1. Vista l'avversità ad entrambe le realizzazioni se ne deve dedurre che siamo fuori dalle opere transeuropee, cioè a dire che la politica internazionale del nostro paese è fuori dall'integrazione europea. Non è solo questione di infrastrutture, ma anche e soprattutto di strategie di politica estera. Qui viene ripensata tutta la natura della politica italiana, cosa che vogliamo dire con estrema chiarezza.
Lei, infatti, ha detto che il ponte sullo stretto non è un'opera prioritaria, cosa che, ovviamente, significa allontanarne sempre di più la realizzazione. Dobbiamo capire allora come chiudiamo le partite già avviate e se c'è un'iniziativa da parte del Governo; lei non può lasciare la questione in sospeso, signor ministro.
Peraltro, sul ponte sullo stretto ho sempre espresso qualche preoccupazione da calabrese. Ho detto infatti che è necessario


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che questa opera vada avanti di pari passo con le altre infrastrutture, ma questo è un altro tipo di discorso.
Qualcosa, poi, signor ministro, dovrà dircela anche sull'Anas, dal momento che i giornali sono pieni delle sue dichiarazioni. Devo però dire che dalle sue parole di quest'oggi abbiamo potuto apprendere che di progetti ed attività da parte dell'Anas ne ha trovati. Peraltro, per alcuni interventi c'è sempre stato l'assenso da parte degli organi di controllo, quindi della Ragioneria generale dello Stato.
A mio avviso bisogna scorporare i problemi che riguardano la magistratura ordinaria e perciò il codice penale dai mezzi che ha a disposizione un ministro, che non servono per adire il magistrato ordinario, ma per operare sul piano politico, almeno per quanto riguarda alcune vicende.
Su questo voglio esprimermi con estrema chiarezza: se dicessi che ho benevolmente accolto le iniziative che lei ha assunto presso la magistratura ordinaria non sarei me stesso, sarei un ipocrita. Comprendo che ognuno è preso dal proprio vecchio mestiere, ma questo non è un dato politico che fa giustizia di alcune prospettive. Il paese in questa maniera non va avanti. Se ci sono delle colpe, delle responsabilità individuali, esse sono da circoscrivere. Ma il battage su questa iniziativa, intrapresa da parte di un ministro, ritengo che sia fuori luogo o, quantomeno, avrebbe dovuto avere un conforto da parte del Parlamento, con passaggi più certi e definiti, anche per essere credibili nel nostro paese.
Il PGTL (Piano generale dei trasporti e della logistica) non viene varato da una maggioranza. Il primo fu varato nel 1995 da grandi tecnici. Si tratta di opere e di strategia, che riguardano il fabbisogno e l'interesse del nostro paese. Non vorrei che il PGTL potesse essere declassato ad una sorta di piano finanziario triennale. È tutt'altra cosa!
Se questa è la logica che alcuni colleghi ritengono di dover seguire, annuncio fin da ora che noi non ci stiamo.

ROBERTO ROLANDO NICCO. Solo poche, brevi considerazioni sul modus operandi da adottare su queste grandi questioni, anche sulla scorta di quanto avvenuto circa la TAV/TAC, cui lei ha fatto riferimento.
È una vicenda che ci ha dimostrato e ci dimostra - in ciò concordo con lei, signor ministro - che un certo tipo di decisionismo può produrre, in realtà, più danni che benefici: può allontanare la soluzione dei problemi, piuttosto che avvicinarla, anche per quanto riguarda infrastrutture molto importanti.
Credo che il coinvolgimento degli attori locali, soprattutto dei comuni e delle regioni, sia un punto essenziale, una condicio sine qua non, soprattutto per quanto concerne le grandi opere e che questa debba essere operata fin dall'inizio. Ciò non significa essere ostaggi dei mille localismi che ben conosciamo; né significa essere irretiti in una ragnatela che ci impedisce di decidere né tantomeno significa essere in balia di qualche minoranza che intende porre solamente veti, ma significa costruire sulle grandi opere un consenso e questo deve essere fatto fin dall'inizio.
Il mio ragionamento, non in astratto, si riferisce a problematiche molto precise e concrete, di cui abbiamo cominciato a discutere anche ieri con il ministro Bianchi, che riguardano il transito delle merci attraverso le vallate alpine, ovviamente tramite le relative infrastrutture.
È una questione sulla quale, tra l'altro, nel merito sarebbe anche interessante capire se questo Governo mantiene le indicazioni di massima, maturate in questi anni, o se invece ci sono dei mutamenti rispetto a quello schema di base che lei, signor ministro, prima richiamava.
Ma, restando alla questione del metodo, credo che, quali che siano le scelte, sia fondamentale che siano compiute assieme agli attori locali, in primo luogo ai consigli delle regioni interessate, punto di riferimento essenziale.
Faccio solo un esempio concreto, credo di un certo rilievo: tra le questioni aperte sicuramente c'è quella del futuro del traforo


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del Monte Bianco, le cui vicende drammatiche hanno segnato per quanto riguarda la sicurezza un punto significativo nella cronaca degli ultimi anni. Su questa questione le chiedo di operare sempre, ed in modo congiunto, in piena consonanza con le indicazioni già espresse dalla regione e dal suo consiglio regionale. Credo che ciò rappresenti un esempio concreto positivo e che tale metodo valga anche per altre opere di altrettanta importanza. Un'assicurazione, in questo senso, da parte sua sarebbe certamente benvenuta.

ANGELO MARIA SANZA. Saluto il ministro, al quale formulo i miei auguri per un impegno di legislatura, spero molto meno per noi dell'opposizione.
Rivolgendomi al presidente della Commissione, devo dire che, dopo l'audizione del ministro Bianchi e quella di oggi del ministro Di Pietro, sono molto fiducioso per il futuro del centrodestra. Dalla babele che è emersa a seguito dell'esposizione dei due ministri, vedo un Governo in grande affanno e un futuro molto prossimo di impegno per l'attuale opposizione.
Ahimè, però, questo affanno del Governo sarà purtroppo un affanno per il paese. Come infatti ho avuto modo di anticipare ieri, la politica è importante ma relativa, perché giochiamo sulla pelle del paese.
Tra il ministro Di Pietro e il suo collega Bianchi i rapporti sono buoni? Ce l'auguriamo, anche se non è che ci interessi tanto; è un fatto assolutamente marginale. Voi avete bisogno di spiegare questi rapporti, mentre noi avevamo risolto a monte il problema, unificando queste amministrazioni dello Stato. Per la verità tale unione è stata opera di Bassanini, che voi oggi così profondamente disconoscete.
I due ministri, quindi, proveranno a programmare. Si dà il caso, però, che ieri il ministro Bianchi ha detto, con molta franchezza, che lui avrebbe programmato e lei avrebbe realizzato. Oggi, invece, abbiamo sentito che lei sarà impegnato non solo nella realizzazione ma anche nella programmazione. Insomma, non sappiamo chi programmerà, speriamo solamente che vi troviate d'accordo su una programmazione che risponda alle esigenze del paese.
In ogni caso, l'approccio è corretto. La sua umiltà e le sue certezze sono un viatico per un rapporto corretto con il Parlamento, come d'altronde lo spirito laico che lei ha rivendicato e che noi vogliamo rimarcare, perché è quello che alberga in questa democrazia.
Noto, però, una forte contraddizione, signor ministro, tra quello che lei dice alla stampa e quello che ha detto in apertura del confronto con questa Commissione. Lei ha testualmente detto che «In fondo le opere sono abbastanza condivisibili tra centrodestra e centrosinistra. Corrispondono ai bisogni del paese, quindi è inutile stare qui a discettare quali sono quelle che mi sono state consegnate». Anzi, ha rimarcato un fatto che sarebbe auspicabile rifacesse pubblicamente. Ha detto: «Molte cose sono state fatte e sono state fatte bene».
Allora, vorrei che lei recuperasse una gradualità temporale, intanto perché buona parte della programmazione del Governo di centrodestra si era basata sul programma del Governo Amato, approvato nel 2001, che era passato attraverso il CIPE, la Conferenza Stato-regioni e l'approvazione del Parlamento. Ho visto che lei, positivamente, ha anche detto che si sarebbe correttamente rimesso alle valutazioni del Parlamento e di questo siamo certi.
Ora, dal punto di vista procedurale, dalla lettura delle carte che ha trovato, lei dice cose sostanzialmente condivisibili. Vedremo poi a valle perché pensa di dover commissariare l'Anas - ne ha parlato già il collega Tassone -, a meno che non ci siano fatti che attengono più alla sua precedente esperienza professionale, nel qual caso ha fatto bene. Se, invece, siamo nella gestione tecnica, vorremmo avere contezza di quello che è stato programmato, realizzato, messo in corso, di ciò che è realizzabile e, infine, solo indicato; ho segnalato tutti i tipi di opere che sono alla sua attenzione.


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Ebbene, ministro Di Pietro, tra questo mosaico di opere e il discorso finanziario dobbiamo capirci. Lei non è il ministro dell'economia; ed io posso formulare dubbi sul discorso economico-finanziario che lei ci ha sottoposto. Innanzitutto, perché, più che sentire lei, sugli aspetti finanziari dovremmo sentire il ministro dell'economia. A me sorge legittimo il sospetto che, nel programma del Governo, a monte, non si vogliano dare a lei i mezzi finanziari, costringendola così a denunciare la penuria di mezzi finanziari. Alla Presidenza del Consiglio o al Ministero dell'economia c'è la volontà di chiudere i «rubinetti» a lei, per giustificare sul territorio il perché non si realizzano delle opere.
Tanto per capirci, faccio l'esempio del ponte sullo stretto di Messina, che non è un'opera che pone problemi economici, perché è finanziata fuori da impegni per lo Stato. A fronte di ciò, c'è una scelta programmatica dell'attuale maggioranza di Governo, che è libera di decidere quello che vuol fare, con tutte le penalità che eventualmente dovranno essere pagate. Ho visto che lei, tra il dire e il non dire, questa preoccupazione ce l'ha - ed è già un dato positivo che ce l'abbia.
Ora, tutti i discorsi sui dodici miliardi di euro di residui, sui quali sono stati basati dei programmi, e sugli ulteriori quattro miliardi, su cui sono stati basati altri programmi, sono certamente importanti, ma, come diceva anche qualche collega della maggioranza, o noi abbiamo le tabelle ufficiali del Ministero dell'economia, che fanno riferimento al suo dicastero, nel qual caso possiamo effettuare una comparazione puntuale, oppure, signor ministro, diciamo numeri a casaccio che non ci consentono, almeno sul dato della contabilità e dell'imputazione della spesa, di poterla criticare o di essere al suo fianco, se volessimo perseguire l'obiettivo della realizzazione delle opere.
Lei, poi, afferma che il Governo vuole trovare i soldi. Noi lo sappiamo bene: quando il Governo un'opera la vuole realizzare i soldi li trova. Quando, invece, un'opera non la si vuole realizzare, si dà la croce al Governo precedente, sostenendo che i mezzi sono scarsi e non ci sono le condizioni per poter dare corso agli impegni precedentemente assunti.
Lei ha indicato tre livelli di intervento: zero, uno e due. Sul livello zero è inutile che discutiamo, visto che è d'accordo lei, si immagini noi. Sulle opere appaltate e cantierizzate, assegnate e non contrattualizzate il problema è di amministrazione. Sollecito la sua attenzione - anche se lei è persona accorta - agli eventuali vantaggi che, anche non volendo, finirà per dare a coloro che, avendo vinto degli appalti, si dovessero trovare di fonte ad un annullamento della gara: non so se sarà più costoso pagare i danni o far realizzare l'opera.
Il suo collega Bianchi sostiene che il ponte sullo stretto non lo vuole fare. L'ha detto con molta chiarezza. Lei è più morbido e ha detto che non lo ha inserito fra le priorità. Legata a questa opera è la velocizzazione della Salerno-Reggio Calabria. Senza tale velocizzazione l'opera del ponte avrebbe un'importanza relativa, almeno nell'immediato.
Però, visti i tempi che richiede la realizzazione del ponte sullo Stretto, abbiamo tutto lo spazio, come dicono gli stessi tecnici delle Ferrovie dello Stato, di poter velocizzare la Salerno-Reggio Calabria.
Pare, invece, fin troppo palese il giochetto sul collegamento ad alta velocità Torino-Lione. L'abbiamo capito: si tratta di migliorare l'attuale collegamento esistente tra l'Italia e la Francia.
Signor ministro, il Governo - lo dico in apertura di legislatura - si deve assumere le proprie responsabilità, con riferimento allo sviluppo dell'economia, in questo caso dell'Italia settentrionale: se non ci diamo da fare per realizzare il collegamento veloce tra Torino e Lione, lei sa meglio di me che sono già in corso contatti diretti tra i francesi e i tedeschi, perché il collegamento da Lisbona a Kiev passi a nord delle Alpi. Ora, se questa è la scelta di fondo che sta adottando chi governa il nostro paese, in queste ore e in questi giorni, ne prenderemo atto, soltanto che alle future generazioni dovremo spiegare


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perché l'Italia è stata vieppiù emarginata dallo sviluppo economico in un contesto europeo.
Infine, vorrei dirle che lei, qualche volta, ha uno slancio un po' simile al mio. Entrambi siamo meridionali e veniamo dalle terre rudi della montagna. A lei è scappata l'espressione che il Governo precedente avesse fatto delle «opere pie». In una forzatura della sua mentalità, ho capito che cosa voleva dire. Rimane il fatto che lei oggi non è seduto ad un tavolo di fratellanza, ma deve assumersi precise responsabilità: le opere che il centrodestra ha realizzato sono state per il 90 per cento indicate come priorità dal piano generale dei trasporti proposto dall'allora ministro Bersani.
Quando volete possiamo prendere le carte, verificando la proposta di Bersani e le opere che abbiamo realizzato. Quelle priorità sono per il 90 per cento venute dal ministro dei trasporti Bersani, nel 2001. Sono state approvate dal CIPE, dalla Conferenza Stato-regioni e quindi dal Parlamento. Non di opere pie si tratta, quindi.

MARIO TASSONE. Ministro, il collega Sanza sta facendo un complimento al ministro Bersani. Dovreste ringraziarlo. Non sapevamo che ci fossero queste differenziazioni tra di voi.

ANGELO MARIA SANZA. A me preme che ci capiamo con il ministro Di Pietro: a quali opere pie faceva riferimento? Se era a quelle opere pie, allora c'è il discorso che ho testé fatto e posso anche raccogliere la sua interruzione. Se, invece, il ministro Di Pietro faceva riferimento ad altre opere pie (che non so come potrebbe graduare: zero, uno, quattro, dieci), egli, con la sua professionalità, sarà certamente in grado di contrastarle.
Un ultimissimo appunto vorrei sollevarlo sull'Anas, tema già affrontato dal collega Tassone. Il ministro Di Pietro ha titolo per sostituirne i vertici, in quanto si tratta di una società per azioni. Non vorrei che il ministro legasse, per una sua esperienza consolidata, i messaggi terzi verso obiettivi concreti. Allora, se si tratta di sostituire il vertice dell'Anas, il ministro Di Pietro può usare altre procedure molto più politiche e più amministrative, in quanto ricade sotto la sua responsabilità la fiducia o la sfiducia nell'attuale vertice di questa amministrazione, cosa che vorremmo che accadesse nei confronti di tutte le altre amministrazioni che, comunque, fanno riferimento al ministro.
In ogni caso, quando si sostituiscono i vertici - anche se ciò ricade nella sfera della sua libertà, signor ministro - vanno scelti soggetti competenti e probi.

MAURO FABRIS. Anch'io ringrazio il ministro Di Pietro per la disponibilità a venire in Commissione e per le notizie che ci ha dato. Devo comunque subito chiedergli riferimenti più precisi. Vorrei che fornisse anche a noi quelle tabelle - lo chiedo anche al presidente della Commissione - che ha lasciato alle altre Commissioni di merito, al Senato e alla Camera, in ordine alle opere che egli ritiene a rischio.
Certamente occorre mettere ordine. La situazione che si sta delineando è quella che temevamo e che, a dire il vero, non solo noi avevamo denunciato. Ricordo che nel corso delle ultime due assemblee dell'ANCE - una fonte non sospetta, quindi - era stato denunciato il rischio del fermo dei cantieri. Se poi vogliamo essere corretti, dobbiamo dare atto anche alla stessa Anas, che, all'inizio dell'anno e anche in occasione dell'ultima legge finanziaria, aveva denunciato il rischio che se fossero stati tagliati quei famosi trasferimenti - cosa che poi è avvenuta - avremmo potuto vedere fermi alcuni cantieri.
Mettere ordine, signor ministro, mi va molto bene, però bisogna farlo soprattutto nei numeri, anche perché lei sa che le poste di bilancio dello Stato sono dati non modificabili e gestibili a piacimento di chicchessia. Allora, se è stato fatto quello che lei paventa, sicuramente siamo in presenza di un atto gravissimo. Ma, in questo caso, non posso non essere d'accordo con qualche collega che è intervenuto prima: le responsabilità individuate nell'Anas riguarderebbero l'ultimo, o comunque


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solo uno dei meccanismi dell'ingranaggio complessivo.
Abbiamo la sezione della Corte dei conti presso l'Anas, il Ministero dell'economia, il CIPE, o altri organismi ancora, che evidentemente hanno mancato nella vigilanza.
Ora, siccome abbiamo bisogno di certezze e non di parole che certo non incidono nella realtà grave che abbiamo di fronte e che ci preoccupa, abbiamo assolutamente necessità di numeri certi, possibilmente usando il linguaggio che ritroviamo negli atti parlamentari, nelle scelte compiute dai diversi organi di programmazione e di controllo dello Stato.
Francamente, non riesco a incasellare il livello zero, uno, due e tre rispetto agli schemi che normalmente utilizziamo. Insomma, si tratta di capire se sono opere decise, opere rispetto alle quali sono state fatte le gare, opere appaltate, opere in corso - di questo stiamo parlando, non di altro. Allora, rispetto a questo bisogna che ci capiamo, altrimenti, ribadisco, non riusciamo a prendere delle decisioni. Quindi, chiarezza e ordine rispetto ai numeri.
Poi, dal punto di vista politico, la maggioranza (lei, il ministro Bianchi, gli altri colleghi del Governo) deve dare delle risposte. Come Commissione parlamentare, abbiamo bisogno di capire se il suo Ministero, assieme al ministro Bianchi e agli altri, avete affrontato il problema principale: la programmazione delle risorse, che sono sicuramente scarse, che va comunque fatta, rispetto ad un piano di priorità che la maggioranza si può e si deve dare.
Rispetto a queste priorità non posso non dire (perché è la verità ed è stato ricordato anche prima) che ben oltre il 90 per cento - credo che l'onorevole Sanza sia stato magnanimo - delle 230 e più opere strategiche inserite nel piano approvato dal Governo Berlusconi nel dicembre 2001, è rappresentato da quelle indicate nel piano nazionale dei trasporti e della logistica approvato nel gennaio 2001 dal Governo e dalla maggioranza di centrosinistra uscente.
Sul punto credo che occorra essere chiari, rispetto al paese e rispetto agli impegni assunti regione per regione. Non va infatti dimenticato che quel piano nazionale fu contrattato con le regioni. Inoltre, anche su richiesta dell'allora opposizione, quando venne definito il piano delle opere strategiche da parte del Governo Berlusconi, ci furono i tavoli regionali e, giustamente, nella Conferenza Stato-regioni le regioni chiesero di poter indicare le priorità.
Ora, anche per le responsabilità amministrative e politiche che abbiamo sul territorio, cerchiamo di essere chiari a nostra volta, altrimenti mettiamo in discussione non solo i contratti validi in essere - ponendo in difficoltà il sistema delle costruzioni nazionali -, ma anche e soprattutto le attese che si sono espresse a livello locale, peraltro assolutamente legittime, visti i ritardi che abbiamo nel realizzare le opere di infrastrutturazione del paese.
Mi aspetto, quindi, che nella replica il ministro Di Pietro ci indichi le priorità e l'utilizzo delle risorse eventualmente disponibili.
La seconda questione politica riguarda il come, dentro queste priorità, si intenda ridisegnare l'intermodalità, sviluppare la logistica e le autostrade del mare, che abbiamo indicato in campagna elettorale, insomma, qual è la strategia sulla più generale questione dell'infrastrutturazione del paese, che non può essere solo un'elencazione di «no», anche perché - ripeto - noi molti «sì» li avevamo già messi nel piano nazionale; su questo bisogna essere chiari e onesti.
Come terzo dato politico, ho letto da qualche parte - vorrei che lei me lo confermasse - che si vorrebbe riportare la programmazione delle opere e soprattutto la loro gestione al ministro competente, e cioè a lei, cosa che a me va benissimo. Si sottrarrebbe così quel potere di interdizione che, purtroppo, negli ultimi dieci, quindici anni abbiamo lasciato, per il tramite del CIPE, al ministro dell'economia; un'innovazione, a mio avviso, assolutamente auspicabile, se vogliamo dare


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un segno di discontinuità rispetto a scelte operate negli ultimi dieci anni. Capisco che qualcuno debba tenere i cordoni della borsa, e mi va benissimo, tanto più se la situazione economico-finanziaria è quella che denunciava lei, ma una volta deciso quello che è lo stanziamento per il suo Ministero, lei deve avere la piena responsabilità politica di portare avanti le opere decise. Diversamente, non ne usciamo più. È un prezzo che tutti abbiamo pagato negli ultimi anni.
Vado velocemente alle altre questioni. Mi interesserebbe molto che, rispetto alle priorità indicate, alla tempistica e alle risorse, avessimo chiarezza sui costi che, eventualmente, lo Stato dovrebbe sopportare per il fermo di alcune opere che riteniamo non strategiche. Ad esempio, per quel che riguarda il ponte sullo stretto di Messina, mi permetto di correggere il collega Sanza: può anche darsi che l'opera sia in autofinanziamento - sappiamo che tutte le opere hanno bisogno di un fondo perduto -, ma il tema è quello delle garanzie che lo Stato dà, sia sulla TAV, sia su questo tipo di opere e su altre ancora, poiché sappiamo perfettamente che le garanzie, se non tornano i piani finanziari gestiti dai concessionari, ad un certo punto vengono escusse da qualcuno. L'aver posto fuori bilancio l'Anas, le Ferrovie, la TAV e quant'altro è di tutta evidenza che è un'operazione che dura poco, tant'è che siamo stati censurati più volte, anche in sede europea, su questo punto.
Allora, al di là di quanto ci costa o non ci costa nell'immediato, il punto è capire qual è l'onere per fermare l'esecuzione di alcune opere. Dico questo perché so che, ad esempio, un conto è fermare l'operazione ponte sullo stretto di Messina ora, altra cosa sarebbe fermarla fra un anno. Il general contractor, che ha vinto la gara in maniera assolutamente legale, ha giustamente previsto degli oneri al momento dell'accettazione dell'assegnazione dell'opera, che si pagano in ragione, più o meno elevata, di quando si decide di non eseguirla. Anche su questo, ministro Di Pietro, una decisione in un senso o nell'altro sarebbe auspicabile. Certo, dibatteremo all'interno della maggioranza e con tutto il Parlamento se sia giusto o meno fermare alcune opere, ma che almeno ci sia certezza sui costi, senza lasciare andare alla deriva tali questioni.
Un altro dato ancora: c'è questo problema, lei ha detto per cassa o non cassa. Siccome ho letto sui giornali cifre un po' diverse, lei ha parlato di 5 miliardi di euro per le Ferrovie dello Stato, di 1,1 miliardi per l'Anas...

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Più altri 4 miliardi di euro.

MAURO FABRIS. Quindi, si tratterebbe di 5, più 1,1, più 4 miliardi? Insomma, questo è il punto: abbiamo bisogno di dati finanziari certi, perché talvolta i riferimenti sono diversi a seconda della fonte da cui si attinge.
Tre questioni veloci e ho finito, signor presidente - mi scuso anche con il collega Caparini. Della fusione di Abertis con la Società Autostrade non ha parlato. Lei ha già avuto modo di dire che attendiamo il parere del Consiglio di Stato e che avrebbe risposto nelle sedi competenti. Ebbene, siamo in una sede parlamentare, per cui questa è sicuramente una sede competente. Vorrei, inoltre, porle il problema delle altre concessioni autostradali in essere. Ad esempio, la Brescia-Padova è ferma - ciò sta bloccando una serie di opere importantissime -, ma ve ne sono altre ancora ferme. Non dico nulla sulla sicurezza stradale, perché lei sa quanto personalmente mi sia impegnato e mi impegno, dal momento che il tema mi interessa. Mi ricollego comunque a quanto ha detto il collega Locatelli.
Un'ultima questione riguarda la vicenda della salvaguardia di Venezia. Ci sono opere importanti che riguardano la navigabilità e l'accesso al porto di Venezia. Sarebbe quindi importante sapere esattamente come lei intende muoversi su questa vicenda, visto che non poco, ma tanto, del progetto avviato - anche questo - dai Governi di centrosinistra è stato realizzato.


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PRESIDENTE. Ricordo che il ministro Di Pietro dovrà essere in aula fra pochi minuti.

DAVIDE CAPARINI. Signor presidente, ho promesso che sarò breve per l'economia dei lavori e ogni promessa è debito.
Prendo atto degli ottimi rapporti personali tra il ministro Di Pietro e il ministro Bianchi. Mi auguro che gli stessi rapporti personali ci siano tra il ministro Di Pietro e il ministro Padoa-Schioppa, viste le cifre che ci ha fornito. La richiesta è quella di avere della documentazione, in quanto, essendo questa una Commissione parlamentare, abbiamo bisogno di cifre, numeri, dati e documenti su cui poter ragionare.
Prendo poi atto del fatto che vi è stato il riconoscimento di un ottimo lavoro svolto da parte della maggioranza della scorsa legislatura. Questo è però un po' in contraddizione con ciò che abbiamo sentito fino a pochi giorni fa, o letto sui giornali. Comunque, meglio soprassedere sulla capacità da parte del centrosinistra di strumentalizzare le vicende a seconda del ruolo che ricopre.
Vorrei sapere quali sono le priorità, come peraltro richiesto da molti colleghi e, soprattutto, l'elenco delle opere incluse nel livello zero, nel livello uno e nel livello due. Quando potremo avere questi dati in dettaglio? Quando potremo confrontarci con le decisioni prese dal suo Ministero o dal ministro Bianchi? Questo dobbiamo ancora capirlo. Insomma, chi prima arriva prima ci farà avere la documentazione su cui poter ragionare.

PRESIDENTE. Do la parola al ministro Di Pietro per una brevissima replica.

MARIO TASSONE. Se il ministro interloquisce in sede di replica, allora dobbiamo esaurire tutti gli interventi.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. In realtà, la mia non vuole essere una replica.

PRESIDENTE. Il ministro Di Pietro, infatti, non sta replicando.

ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Mi riservo di replicare una volta completato il giro degli interventi, per condividere alcune delle osservazioni che avete sollevato, spiegando il perché non concordo sulle altre. Intanto, per mettere tutti voi in condizione di sapere di cosa stiamo parlando, posto che mi è stata avanzata questa richiesta, mi è sembrato opportuno chiedere il materiale e consegnarvelo già in questa sede.
Ve ne faccio una breve descrizione. Innanzitutto, vi è una brevissima relazione sull'incidente sul lavoro che si è verificato e sulle commissioni che sono state nominate.
Poi, vi è l'elenco completo delle opere incluse nel livello zero e nel livello 1 per l'Anas, da cui si rilevano quali sono i cantieri aperti, per i quali occorre un miliardo di euro, di cui 827 milioni di euro per opere e 200 milioni di euro per manutenzione, e quali sono i cantieri da aprire (livello 1), già appaltati, che però sono importanti da realizzare, come la Salerno-Reggio Calabria, la statale 106 Jonica, l'Adriatica, l'Aurelia, e via discorrendo. Per queste opere occorrono altri 4 miliardi di euro. Il miliardo di euro fa riferimento ai cantieri aperti e i 4 miliardi servono ad evitare che quei cantieri rimangano a metà; parliamo di lotti della Salerno-Reggio Calabria, della statale Jonica, che sono fondamentali. Qui c'è l'elenco completo di opere, indicate in tutti i loro dettagli.
Inoltre, con riferimento alla richiesta avanzata dall'onorevole Fabris, mi sono permesso di allegare la situazione attuale di stallo, che vede la fusione di Società Autostrade con Abertis. Ebbene, chiediamo che per dare l'autorizzazione a quella fusione vengano stipulati dei patti aggiuntivi. Quali sono i patti aggiuntivi che chiediamo? Quali sono quelli offerti? È tutto scritto nell'allegato, che metto a vostra disposizione. Se vi parlo di qualunque argomento senza disporre della documentazione, è chiaro che avete difficoltà ad interloquire con me.
Con riferimento alle Ferrovie, vi ho allegato la rete TAV/TAC. Alla prima pagina


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troverete le necessità di cassa per investimenti in conto economico, per un totale di 6,619 miliardi di euro.
Elenco per elenco, tutte le opere sono divise nel modo seguente: opere per le quali ci sono già procedure di gara; opere per le quali ci sono le progettazioni definitive; opere per le quali ci sono le progettazioni preliminari; opere per le quali ci sono gli studi di fattibilità. Per ognuna di esse è indicato il costo, il pagamento effettuato, i soldi da pagare ancora, il pagamento utilizzato in conto competenza e, soprattutto, i soldi ancora da reperire in conto competenza. Tanto per rispondere ad una questione: troverete una voce, di 353 milioni di euro, da reperire subito per realizzare il ponte sullo stretto di Messina, che non dovrebbe costare niente - lo dico tanto per fare un po' di chiarezza.
Infine, per quanto riguarda la legge obiettivo, la parte ferrovia è dentro il fascicolo delle Ferrovie. Per la parte Anas, sempre con riferimento alla legge obiettivo, troverete indicate tutte quante le opere, una per una, con le seguenti specificazioni: lavori di manutenzione, con tutti i relativi dettagli; livello progettuale; intervento previsto; finanziamenti; importo ancora da finanziare; modalità di reperimento dei fondi; stato delle delibere CIPE; situazione attuale. Questo è l'elenco completo.
Mi fermo qui. Vi ho parlato di dati concreti con cui voglio confrontarmi con voi, per cui metto a vostra disposizione l'intera documentazione, affinché, chiedendovi naturalmente la disponibilità di poter tornare ancora in questa Commissione, possiate valutarla. Qui non ci sono numeri, ma fatti. Un conto è il programma, dal quale ho detto che dobbiamo cominciare, un conto, invece, sono le opere che sono state previste senza i relativi finanziamenti. A me si dice di realizzare le opere ed io devo pensare solo a questo: ma senza soldi come faccio a realizzarle?

PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente il ministro e rinvio il seguito dell'audizione alla giornata di giovedì 6 luglio, alle 15.

La seduta termina alle 15,05.