COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 4 ottobre 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE POMPEO META

La seduta comincia alle 14,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche tramite la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del viceministro per l'economia e le finanze, senatore Roberto Pinza, sugli indirizzi del Governo in relazione alle nomine dei vertici delle società di trasporto controllate dallo Stato.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del viceministro per l'economia e le finanze, senatore Roberto Pinza, sugli indirizzi del Governo in relazione alle nomine dei vertici delle società di trasporto controllate dallo Stato.
Prima di dare la parola al viceministro Pinza, desidero precisare che, ai fini dello svolgimento del dibattito successivo al suo intervento, oggetto della presente audizione sono soltanto gli indirizzi e i criteri che presiedono alla nomina dei vertici societari e non anche, come è evidente, il giudizio o le valutazioni su specifici nominativi.
Cedo la parola al viceministro Pinza.

ROBERTO PINZA, Viceministro per l'economia e le finanze. Sono chiamato a rispondere sui criteri osservati per quanto concerne le nomine delle società partecipate, con particolare riferimento alle imprese di trasporto, e lo faccio subito enunciandoli. Dopodiché, resto a disposizione degli onorevoli, unitamente al sottosegretario Tononi, che si occupa specificamente, all'interno del Ministero dell'economia e delle finanze, delle società partecipate.
Prima di tutto, vorrei fornire un elemento utile alla definizione del quadro complessivo: il Ministero dell'economia e delle finanze ha ventisei partecipazioni di controllo, di cui quattro quotate, vale a dire ENI, ENEL, Finmeccanica ed Alitalia. Le società di maggior rilievo del settore dei trasporti rientrano in questa situazione. Alitalia ha un consiglio costituito da cinque membri, e la scadenza del mandato è prevista per il 31 dicembre 2006; stessa scadenza per il consiglio di amministrazione delle Ferrovie. Lo preciso perché - è sicuramente noto alla Commissione - la recente nomina (pochi giorni fa) di Cipolletta e Moretti come presidente e amministratore delegato può avere ingenerato la sensazione che, in realtà, i termini di scadenza non siano questi. Due nuovi membri cooptati hanno la medesima scadenza degli altri: il 31 dicembre 2006, quando si rinnoveranno i vertici delle Ferrovie, esattamente come avverrà per Alitalia.
Invece, per ANAS ed ENAV la scadenza è fissata al 31 dicembre 2008; anzi, ENAV ha avuto un rinnovo abbastanza recente, nel marzo 2006. Le persone scelte sono note a tutti: Bruno Nieddu, che resta alla carica di presidente, e Guido Pugliesi in qualità di amministratore delegato; dobbiamo sostituire un consigliere, l'onorevole Lanzillotta, dimessasi essendo divenuta ministro. Dunque, nel futuro prossimo si


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provvederà all'integrazione del consiglio. Bisogna, inoltre, avvicendare un membro di Alitalia, l'avvocato Roberto Ulissi, dirigente del nostro ministero, chiamato ad occuparsi d'altro; anche in questo caso, l'integrazione sarà rapida.
Questo è il quadro per quanto riguarda le scadenze. È noto che per l'ANAS si è preferito unire nella stessa persona le cariche di presidente ed amministratore delegato, sebbene normalmente siano cariche disgiunte; ciò perché la valutazione della situazione dell'ANAS ha destato grande preoccupazione. Per questo motivo si è deciso di concentrare in un'unica figura - valuteremo poi nel tempo se le due cariche dovranno restare concentrate o si dovrà ritornare ad una fisiologica divisione - il potere gestionale e direttivo della società, in modo da avviare a soluzione non pochi problemi che si sono manifestati negli ultimi tempi.
Il Ministero dell'economia e delle finanze ha un ruolo di azionista: attraverso uno specifico dipartimento, cerca di organizzare queste società in modo che abbiano una massa adeguata e che usino metodologie corrette.
La linea, sostanzialmente, è la seguente: per le società quotate - poche, a dire il vero: quattro, e solo una nel settore dei trasporti - si è cercato di anticipare i codici di comportamento (quelli delle società quotate non vengono certo elaborati in un giorno). Ho partecipato a questi processi di elaborazione e posso dire che sono codici determinatisi nel tempo, con la capacità quindi di recepire i principi organizzativi. Pertanto, per le società quotate è stata compiuta una tendenziale anticipazione; dopodiché, quei principi sono stati estesi anche alle società non quotate, rispetto alle quali i codici non sono obbligatori, forse neppure raccomandati; trattandosi di partecipazioni pubbliche, ci è sembrato opportuno essere abbastanza rigorosi riguardo ai requisiti.
Innanzitutto, abbiamo ritenuto necessario estendere alle società non quotate i requisiti di professionalità e onorabilità; è un passo compiuto nel 2005, e - come vedete - non faccio distinzioni a seconda dei diversi Governi che si sono succeduti: non mi interessa questo aspetto, perché contano le cose fatte bene. L'obbligatorietà dei requisiti di professionalità e onorabilità è volta ad evitare scelte che abbiano alle spalle unicamente un curriculum politico. Non che il curriculum politico sia spregevole, tutt'altro (noi tutti veniamo da questo tipo di esperienza), ma in questo modo si introduce un importante filtro professionale, soprattutto in società dalle notevoli dimensioni e presenti in settori professionalmente qualificati.
In secondo luogo, abbiamo posto un limite all'assunzione di incarichi di amministratore. È una scelta importante, e non un inutile moralismo; punta ad evitare, nei consigli di amministrazione, il solito fenomeno dell'accumulo di incarichi, un fenomeno assolutamente negativo, forse presente più nel settore privato che in quello pubblico.
Abbiamo, allora, adottato un principio valido per tutte le società, quotate e non quotate: chi, in un consiglio di amministrazione, ha un incarico con deleghe, quindi un incarico che richiede una certa operatività, può avere al massimo altri due incarichi, in conformità alle raccomandazioni emerse nel codice di autodisciplina per le società quotate. Si può pensare che sia già troppo così, o che sia poco; ma era importante fissare un limite, che mi pare accettabile; comunque, tutte le osservazioni che perverranno al riguardo saranno gradite. Il limite sale di due nel caso in cui si tratti di persone che partecipano soltanto al consiglio di amministrazione senza avere incarichi gestionali.
Su un ulteriore aspetto è stata compiuta una scelta, che può essere messa ai voti: può apparire più o meno convincente e, personalmente, la ritengo una scelta valida. È stata rivolta una raccomandazione dall'azionista pubblico agli amministratori: nella maggior parte dei casi, nelle società controllate - pubbliche e private - c'è la brutta tendenza a riprodurre il consiglio di amministrazione delle società controllanti. In questo modo, si crea una molteplicità di incarichi insignificanti, con qualche vantaggio magari per gli amministratori,


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ma non per le società. Per tale motivo è stata indicata una linea prioritaria: quando si deve provvedere alla nomina degli organi delle società controllate, occorre scegliere persone con deleghe gestionali continuative nelle controllanti, e dunque dirigenti, o al limite un amministratore con delega, o comunque qualcuno con incarichi operativi, in modo da evitare la riproduzione dei consigli di amministrazione con persone che forniscono una pura presenza fisica.
Oltretutto, è una scelta che vuole evitare un fenomeno pericoloso: se la presenza nel consiglio della società controllata di chi ha forze di gestione nella controllante si giustifica perché può dare attuazione concreta alla sua capacità di indirizzo, è tuttavia poco giustificabile, anzi pericolosa, la riproduzione di amministratori privi di poteri, perché in realtà viene meno qualunque dialettica; si determinerebbero, così, divisioni interne alla controllante. Naturalmente, è chiaro che è fatta salva la possibilità di inserire, negli organi di gestione delle società controllate, personale esterno rispetto alla controllante, ma dotato di capacità, professionalità e competenze specifiche.
Vengo ora alle società quotate: vi sono quattro società a cui facevo cenno inizialmente, tra cui soltanto Alitalia riguarda il settore dei trasporti. In questo caso, è stata voluta - a suo tempo, dato che già da molti anni è così - l'introduzione piena del voto di lista, a tutela degli azionisti privati di minoranza. Il voto di lista è quanto di più controverso ci sia, ma necessario se si vuole dare un senso alla minoranza. Lo inserirò nella normativa sul risparmio che sto in parte conservando e potenziando e in parte modificando, e i signori onorevoli avranno modo di vederlo quando la normativa arriverà all'esame del Parlamento. Ho usato la prima persona perché me ne sto occupando direttamente. Ritengo che il voto di lista sia uno dei punti chiave.
Un altro aspetto riguarda il numero minimo di amministratori indipendenti. È un principio generale: quando fu approvata la riforma del risparmio - talora con il consenso di tutte le parti politiche, talora con quello di una sola parte - e furono modificate le norme sul corpo dell'e-governance, cercammo di rendere obbligatoria la presenza di amministratori indipendenti, in modo che, fino a sette membri, ci fosse almeno un amministratore indipendente. Oggi, probabilmente, il margine aumenterà ancora, ma comunque è importante che, quando c'è partecipazione statale, qualche amministratore abbia requisiti di indipendenza assoluta. Vale per tutti, ma in modo particolare quando gli azionisti siamo noi.
Un ultimo punto, comunque notorio: i diritti dell'azionista in assemblea sono sempre esercitati d'intesa fra il Ministero dell'economia e delle finanze e i ministeri che hanno la specifica competenza di settore.
Questo è il quadro generale e la metodologia alla quale ci si ispira nella gestione delle società partecipate.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MARIO RICCI. In verità, quando abbiamo chiesto l'audizione, insieme ad altri componenti della Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera, eravamo animati da uno spirito preciso: porre quesiti all'azionista di riferimento di alcune grandi società partecipate - che peraltro svolgono un ruolo fondamentale in alcuni settori strategici come i trasporti aerei e ferroviari, le telecomunicazioni, l'organizzazione tradizionale del lavoro, le poste - per capire, alla vigilia o nelle circostanze in cui sono rinnovati i vertici di queste aziende (come le Ferrovie dello Stato) con la nomina del presidente e dell'amministratore delegato, se e con quali indirizzi questo Ministero, azionista di riferimento, verifichi e controlli gli indirizzi delle società partecipate, in virtù dell'importanza che rivestono.
Mi pare che il viceministro Pinza si sia limitato ad una sorta di metodologia di criteri e parametri (pur apprezzabili) rigorosi nella scelta del management, che


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deve prefiggersi una gestione efficiente ed efficace da un punto di vista economico e di qualità del servizio di queste società.
A questo punto, introduco alcune riflessioni ed alcune domande, vista anche la situazione, se non drammatica, per lo meno abbastanza preoccupante, di alcune società, alle quali faceva riferimento anche il viceministro Pinza. Prendiamo in esame la situazione di Alitalia, o comunque consideriamo le limitazioni della programmazione del trasporto aereo nel nostro Paese: è un segmento importante nella mobilità di persone e merci, nel quadro della politica intermodale di trasporto che dovremmo perseguire, nonostante siano avvenuti processi di separazione e spacchettamento (termine, in questo senso, proprio) di tutti i segmenti che dovrebbero ricomporsi all'interno di un processo unitario del governo dell'intermodalità del trasporto. Diversamente, ogni segmento opererebbe per conto proprio, e quindi si disperderebbero l'efficacia, l'efficienza ed anche l'uso razionale delle risorse.
In questo contesto, appunto, occorre sottolineare la mancanza o il limite di una programmazione su tutto il terreno del trasporto aereo. Da questi limiti dipendono anche le difficoltà, in particolar modo di Alitalia: è in continua perdita, e sono stati prodotti dei tagli consistenti al personale, con forti ripercussioni sulla stessa sicurezza, in un segmento di trasporto così importante, per quanto riguarda le manutenzioni ordinarie e quelle programmate. Tuttavia, continua a registrarsi un indebitamento, un deficit di gestione, nonostante quei tagli abbiano prodotto un consistente risparmio nel 2005 sul 2004 ed ora nel 2006 sul 2005: si parla nel 2005 sul 2004 di 427 milioni di euro, e costi relativi anche nel 2006, a fronte di una precedente diminuzione, con la previsione di 184 milioni di euro per il 2006.
L'indirizzo che dovremmo fornire, come soggetto azionista di riferimento, sarebbe, in primo luogo, quello di portare avanti una politica del personale che riesca a valorizzare le risorse professionali accumulate; in secondo luogo, quello di non vendere pezzi del patrimonio aziendale (sono, infatti, in ballo alcune ipotesi di cessione), mantenendo invece l'unitarietà del gruppo, per rilanciare una politica di questa società in grado e all'altezza di qualificare e consolidare una compagnia di bandiera.
Non si capisce come altre compagnie di bandiera, con un'organizzazione diversa e più puntuale, riescano comunque a soddisfare la maggiore richiesta di traffico aereo verificatasi nel corso di questi anni, quando invece l'Alitalia, nonostante la crescita di mercato, registra una caduta della capacità di aderire alla domanda di trasporto aereo.
Ho preso in analisi l'Alitalia, ma faccio riferimento ad altre due grandi società alle quali siamo particolarmente attenti. Ferrovie dello Stato presenta, anch'essa, «buchi» importanti, deficit di gestione aziendale per quanto riguarda sia Ferrovie dello Stato, che Trenitalia, con un continuo e progressivo abbassamento di qualità del servizio. Bisognerebbe individuare quali indirizzi, controlli, verifiche siano necessari e mettere in campo il Ministero dell'economia e delle finanze come azionista di riferimento.
Per inciso, vorrei dire - lo faremo anche nell'audizione che si terrà con il nuovo management Cipolletta e Moretti, e l'abbiamo fatto con una lettera al presidente della Commissione - che dovremmo dare un segno di rigore in questo senso, anche per quanto riguarda il legame che vi è fra il licenziamento dei quattro ferrovieri che hanno partecipato alla trasmissione Report e Dante De Angelis, il ferroviere di Roma responsabile della sicurezza: hanno messo in evidenza, sul terreno della sicurezza del trasporto ferroviario, l'attivazione di una modalità come il VACMA, di cui è stata tra l'altro annunciata l'eliminazione. A questo punto, chiedo se l'azionista di riferimento (il Ministero dell'economia e delle finanze) possa - come abbiamo voluto affermare in una risoluzione - se non imporre, almeno sollecitare un orientamento del management delle Ferrovie, per mettere fine a una vicenda assurda sul terreno del rapporto


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con i lavoratori e con le organizzazioni sociali, rapporto non certo puntuale rispetto alle grandi questioni aperte nel settore del trasporto di persone e merci.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERO TESTONI

MARIO RICCI. Detto questo, bisogna capire quali sono le scelte prioritarie, e come devono essere affrontati i problemi dell'ammodernamento delle reti secondarie importanti, dopo aver investito notevoli risorse nell'alta velocità (o alta capacità, che dir si voglia), che non hanno portato a risultati adeguati. In base a studi a disposizione di tutti, si comprende come l'alta velocità (o l'alta capacità) non abbia alcuna redditività sotto ogni punto di vista; al contrario, le reti interregionali e le reti secondarie, soprattutto il quotidiano trasporto dei pendolari lavoratori (pare ormai ammontino a 17 milioni circa), sono un segmento rilevante ed importante abbandonato a se stesso: ognuno di noi ne può avere testimonianza diretta viaggiando per l'Italia. Noi vorremmo, invece, che nella missione assegnata al nuovo management questa grande questione fosse al primo posto.
Un discorso analogo vale per Poste italiane. Negli ultimi anni si è concretamente verificato che sempre più nell'organizzazione delle Poste Spa prevale l'aspetto finanziario rispetto al tradizionale ruolo organizzativo, di rapporto con l'utenza, circa la distribuzione della posta e l'efficienza dei servizi prestati. E notiamo tutto ciò con preoccupazione.
Non è vero che negli ultimi anni ormai nell'organizzazione delle Poste prevalga, fino forse a separare due segmenti importanti, l'aspetto finanziario sull'organizzazione tradizionale di un servizio sociale e pubblico così importante?
Inoltre, nonostante anche in questa Commissione sia stato affrontato, a inizio legislatura, il problema del taglio degli sportelli postali nei piccoli comuni, e nonostante l'impegno promesso dal ministro in un'audizione durante la quale fu sollevato il problema, chiedo se vi sia un processo di tagli ancora in atto anche nelle piccole realtà in cui le poste svolgono un ruolo e un servizio sociale centrale.
Per quanto riguarda il taglio del personale, esso è funzionale al modo di fare cassetta, perché le Poste Spa sono, forse, l'unica realtà delle società partecipate (se non mi tradisce la memoria) in cui sono stati realizzati degli utili: 500 milioni di euro nel 2005, circa 300 milioni nel 2006. Da questo punto di vista, vorrei capire come vengano reinvestiti questi utili in una realtà come le Poste, dove l'utile è probabilmente realizzato sulla pelle dei servizi e del personale, dato che sono impressionanti i numeri in negativo quanto ai tagli, all'utilizzo delle ferie e così via. Sono utili reinvestiti per sviluppare un servizio all'altezza dei bisogni dei cittadini, soprattutto nelle realtà più periferiche? Oppure si tende continuamente a fare cassetta, facendo prevalere gli interessi di profitto rispetto allo sviluppo e alla qualità del servizio? Ricordo che 13 mila sportelli rappresentano un patrimonio fondamentale e, senza dubbio, positivo nell'organizzazione di un servizio così importante.
A nostro avviso, sono questi i punti sui quali - con la Commissione e l'azionista di riferimento - dovremmo svolgere periodiche riflessioni, senza voler prevaricare e imporre una linea, ma mantenendo nettamente quell'autonomia dalla politica (quindi, dal Ministero dell'economia e delle finanze) della gestione (il management) che agisce sulla base di una missione e di un indirizzo preciso, rispetto al quale può essere verificato e giudicato - con strumenti del Parlamento e attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale - l'operato del management.
Cipolletta, da un punto di vista tecnico, è un'ottima risorsa a disposizione delle Ferrovie. Vorrei, però, capire sulla base di quale missione Cipolletta, Moretti e altri dirigenti mettano a disposizione le loro capacità tecniche e gestionali per far progredire, nell'interesse collettivo, aziende come le Ferrovie dello Stato.


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PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ricci. Prima di dare la parola all'onorevole Pedrini, faccio presente che il viceministro Pinza ha testé rappresentato alla presidenza l'esigenza di potere subito intervenire in sede di replica agli interventi svolti, dovendosi successivamente assentare per concomitanti impegni parlamentari presso il Senato della Repubblica. Se non vi sono obiezioni, ritengo che la Commissione possa comunque proseguire nello svolgimento dell'audizione alla presenza del sottosegretario per l'economia e le finanze, Tononi, che ha manifestato la sua disponibilità ad intervenire per rispondere ai quesiti e alle osservazioni formulate dai deputati.
Do ora la parola all'onorevole Pedrini.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Quanti minuti o secondi ho a disposizione?

PRESIDENTE. La sintesi è più incisiva.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. La mia sintesi è famosa.

MARIO TASSONE. Già avete fatto uno show!

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Su che cosa?

MARIO TASSONE. Al Senato!

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Devo dire che non posso che condividere la stragrande maggioranza delle cose che ha detto il collega che mi ha preceduto, il generale, l'onorevole Ricci...

MARIO TASSONE. Reazionario militarista (Commenti del deputato Mario Ricci)...

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Assistiamo, viceministro Pinza, ad una situazione che, secondo me, non è certamente attribuibile a questo Governo; è una situazione abbastanza schizofrenica, priva di una linearità di comportamento. È chiaro che dobbiamo valutare i criteri di comportamento e di individuazione nelle nomine di responsabilità del Governo, perché assistiamo a delle contraddizioni: si rimprovera ad alcuni top manager il risultato negativo, ma contemporaneamente vengono loro elargite liquidazioni che sono a dir poco scandalose.
Ma ciò non fa pendant col taglio parziale del 30 per cento dello stipendio dei ministri: ci riferiamo, cioè, a noccioline in luogo di cose sostanziose. Il problema non è sui singoli nomi, ma sul criterio di nomina: riguarda il background di queste persone relativamente alle posizioni in cui vengono nominate, e riguarda soprattutto le capacità e i compiti che sono chiamate a svolgere.
Da quando siete qui in Commissione - approfitto per scusarmi del ritardo - l'ingegner Cimoli (amministratore delegato di Alitalia) ha guadagnato quasi 1.500 euro e ha perso 100 mila euro: sono cifre che devono diventare patrimonio di tutti; c'è un guadagno di quasi 6 miliardi delle vecchie lire all'anno, e una perdita di non meno di 230 milioni all'anno, fatta salva la compensazione delle perdite con la parte finanziaria per non portare l'azienda in un tribunale fallimentare.
Lo stesso discorso vale anche per gli altri settori: se alle aziende Finmeccanica viene sottratto il settore militare, esse avranno un bilancio in sofferenza. E, allora, manca una capacità di gestione da parte del management. I grandi stipendi, signor sottosegretario, devono essere attribuiti sulla base di risultati - come l'utile, o il contenimento dei costi - che comunque devono rispondere a degli equilibri. Ormai, ci sono persone che di ciò fanno un fatto professionale: un dirigente, che ha perso «un'ira di Dio» in termini di risultati economici, è passato dall'Alitalia agli Aeroporti di Roma, poi agli Aeroporti di Forlì, successivamente ad Autostrade, è ritornato agli Aeroporti di Roma, ed infine nuovamente all'Alitalia; tutto questo, quantificando guadagni personali incredibili, pur avendo, tranne che nel caso di Autostrade, collezionato una serie di risultati negativi. Nel caso di Alitalia, addirittura,


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non aveva neppure concluso il contratto Hedge, un sistema per fare fronte alle crisi petrolifere.
E allora, ogni qual volta succede qualcosa di negativo, non si può dare sempre la colpa al sindacato - non voglio scavalcare Ricci a sinistra, altrimenti mi rimprovera - o a un fattore esterno come il petrolio! Il prezzo del petrolio, oltretutto, sta scendendo: da 70 euro è arrivato a 58, eppure non vedo miglioramenti nel bilancio. Arriveremo a questi risultati di fatto anche in relazione alle future nomine, se le persone non verranno scelte sulla base della professionalità; se si nomina qualcuno che ha già distrutto le Ferrovie - è un esempio, non c'è nulla di personale - in un settore dove poi realizza perdite, evidentemente c'è stato quantomeno un errore al momento della nomina.
Oltretutto, concordo con l'onorevole Ricci, quando evidenzia alcuni problemi non indifferenti. Signor viceministro, nell'Alitalia vi è un problema di sicurezza: nei primi sei mesi di quest'anno sono stati cancellati 7 mila voli; molti aerei partono dalle piazzole e ritornano in piazzola; un MD-80, che voi utilizzate per raggiungere le periferie, ha un costo di 150 mila lire block hour, indipendentemente dal momento in cui si muove. Presentando un disegno di legge finanziaria molto critico e per alcuni versi preoccupante, possiamo lasciare invariata questa situazione? È anche un messaggio che lanciamo al Paese.
Quel che preoccupa non è tanto il problema degli stipendi: infatti, vengono realizzati piani di sviluppo in cui, con leggi dello Stato, sono attribuiti i famosi requisiti di sistema che, per agevolare le tariffe di alcuni operatori, portano a svuotare le casse dello Stato, calando - ad esempio - le entrate relative ai diritti aeroportuali.
Concludo sul problema delle Poste: i grandi manager delle aziende a partecipazione statale, che certamente non hanno avuto il merito di costruirle, portano il bilancio delle Poste in utile come anche la mia nipotina sarebbe in grado di fare: tagliando i servizi sul territorio, chiudendo l'ufficio (ad esempio) nel comune di Stella, in provincia di Savona, a meno che non paghi 20 milioni di euro all'anno. Mi scusi, ma perché, per far ciò, devo pagare l'amministratore delegato, laddove in Finmeccanica potrebbe farlo il comparto militare, nelle Poste provvederebbero i comuni, per Alitalia i requisiti di sistema? Ciò non è pensabile. Allora, anche i contratti dovrebbero prevedere una skill, una professionalità, una missione ben precisa, il rispetto di vincoli in assenza dei quali - per cortesia - bisognerebbe ricorrere alle azioni di responsabilità, invece che all'elargizione di liquidazioni a dir poco scandalose.
Vorrei sapere dal sottosegretario quale sia il meccanismo sulla cui base vengono stipulati questi contratti, e vorrei, inoltre, sapere perché nei contratti venga solamente tutelato il capo azienda senza che sia precisato, in caso di risultati negativi, quali sono le possibili conseguenze.

ROBERTO PINZA, Viceministro per l'economia e le finanze. Se il presidente lo permette, prima di allontanarmi, vorrei dire qualcosa sugli ultimi due interventi dell'onorevole Ricci e dell'onorevole Pedrini. Premetto che di nomine ne abbiamo fatte poche: abbiamo nominato due dirigenti delle Ferrovie, Cipolletta e Moretti, e uno solo all'ANAS per i motivi già detti.
Vorrei spiegare per quale motivo abbiamo accelerato queste nomine.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Però a Pozzi non avete pagato la liquidazione!

ROBERTO PINZA, Viceministro per l'economia e le finanze. Questo è un altro problema. Dicevo, vorrei spiegare perché siamo intervenuti rapidamente per alcune nomine e non per altre. Non ci siamo minimamente preoccupati di sollevare problemi per ENAV sul generale Nieddu o sull'amministratore delegato Pugliesi, che sta lavorando egregiamente. Siamo intervenuti su Ferrovie e ANAS, perché si è verificata una concentrazione di problemi. All'indomani dell'apertura della legislatura, si è evidenziata una drammaticità di situazioni: l'ANAS ha dichiarato che non era in grado di portare avanti neanche un


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cantiere, mentre le Ferrovie hanno denunciato una perdita di 1,6 miliardi nel 2006.
Cosa doveva fare, allora, un Governo (qualunque esso fosse) in queste situazioni? Era necessario immettere mezzi finanziari, perché - al di là di quello che si può dire in teoria - l'interruzione dei grandi servizi trasportistici è impensabile; e quindi - prima con la cosiddetta manovrina in via di urgenza, poi all'interno del disegno di legge finanziaria in cui le infrastrutture coprono una parte considerevole - sono state immesse energie finanziarie per intervenire sulle infrastrutture in generale e su questi due punti in particolare.
In altre circostanze è stato cambiato il management delle due società più critiche, Ferrovie dello Stato e Autostrade, perché non sarebbe stato logico affidare una massa così imponente di danaro a persone che, a prescindere dalla loro onestà personale, che è fuori discussione, avevano alle spalle risultati così negativi e, per certi versi, sorprendenti.
Credo che sarà molto interessante, quando in Commissione saranno auditi Cipolletta e Moretti, sentire non solo i piani per il futuro, ma anche la diagnosi del passato. Infatti, devo ancora capire come sia possibile accumulare - ed è stata una sorpresa postuma - una perdita non sui famosi rami secchi e sugli aspetti sociali (perdite che si possono discutere e capire), ma addirittura sulle gestioni cargo, sul trasporto merci, dunque su attività tipicamente imprenditoriali, estranee alla struttura essenziale delle Ferrovie.
È questa la ragione alla base delle nostre scelte. Nel caso di ANAS abbiamo affidato ad una sola persona le cariche di presidente e amministratore delegato, perché è una fase in cui i poteri devono essere concentrati, essendo necessario rimettere a posto una serie di cose. Per questo è stata scelta una persona di grande esperienza che da oltre vent'anni lavora in questo settore, ed è stata individuata considerando gli ottimi risultati e le sue performances professionali.
Questo è il motivo per cui, nel caso di Ferrovie, abbiamo impiegato due uomini come Cipolletta e Moretti: quest'ultimo ha una grandissima esperienza di «macchina» (come si dice in gergo), una notevole conoscenza dell'organizzazione ferroviaria, in cui occorre un capo azienda molto forte; Cipolletta, invece, è noto a tutti come uomo dalle grandi capacità economiche e relazionali, quello di cui Ferrovie aveva bisogno. È, dunque, evidente la ragione per cui abbiamo proceduto ad effettuare tre nomine urgenti di holding (poi, le holding provvedono autonomamente per quanto riguarda le società collegate).
Mi rendo conto come il desiderio sia di parlare di tutt'altro, ad esempio di politica dei trasporti: è inevitabile, ma verrà fatto nel momento in cui verremo chiamati, insieme agli altri ministeri competenti a discutere di ciò; e lo faremo ben volentieri.
Prima di lasciare a vostra disposizione il sottosegretario Tononi che sarà senz'altro molto più esauriente, vorrei affrontare la questione delle liquidazioni, che certamente ha destato non poche perplessità. Si tratta di contratti che sono stati stipulati a suo tempo. Noi li abbiamo trovati, e sapete bene che i contratti esistenti devono essere rispettati: si può affermare di non voler adempiere, o ricorrere a cause, ma i contratti si rispettano e si applicano. Mi trova del tutto consenziente quello che l'onorevole Pedrini diceva, al punto che abbiamo iniziato a metterlo in pratica. Di contratti ne abbiamo fatti ben pochi: ho citato tre casi, ed è stata prevista una parte variabile per l'indennità - ipotesi più o meno praticata -, perché a livello privatistico una parte dei manager accetta un'indennità parzialmente variabile legata al risultato.
Se il mondo del privato accetta la logica della variabilità, non è poi così strano prevederla; abbiamo liquidato - e non potevamo far altro - i contratti già presenti, mentre nei nuovi contratti abbiamo introdotto una quota di variabilità. E ciò ci permette poi di essere più stringenti nella verifica dell'attività degli amministratori.

PRESIDENTE. Salutiamo il viceministro Pinza.


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EGIDIO ENRICO PEDRINI. Prima che se ne vada, pongo un'ultima domanda al viceministro: non prevedete un sistema di revisione degli attuali contratti, quantomeno legato ad alcuni risultati già presenti?

ROBERTO PINZA, Viceministro per l'economia e le finanze. Onorevole Pedrini, ha ragione. Devo dirle che non mi sono minimamente occupato di questo problema, a causa dei tempi a disposizione. Valuteremo assieme al sottosegretario Tononi dove siano rintracciabili dei margini contrattuali che consentono di farlo; ma dove ci sono dei contratti fissi e a scadenza, giuridicamente parlando, c'è poco da fare, a meno che non si determinino vere e proprie inadempienze, a cui lei faceva cenno prima. Ma questo è un altro discorso.

PRESIDENTE. Salutiamo nuovamente il viceministro Pinza.
Do ora la parola all'onorevole Zanetta.

VALTER ZANETTA. Io cercherei di circoscrivere il mio intervento rispetto ai limiti fissati dal presidente, perché seguendo la scia dei colleghi che ci hanno preceduto dovremmo evidentemente allargare il campo, e ognuno di noi avrebbe molto da dire sull'argomento. Però, mi pare che l'introduzione del viceministro Pinza abbia grandemente limitato il campo e l'oggetto dei ragionamenti che dovremmo sviluppare quest'oggi.
In primo luogo, sollevo la questione relativa alla conoscenza delle holding, delle controllanti, ma anche delle società controllate. Chiedo che sia presentata alla Commissione una relazione che comprenda tutto l'universo che ruota attorno alle società controllanti; si discute, infatti, delle controllanti in sé, ma spesso ci sfugge quanto succede nelle controllate. Il viceministro Pinza ha rappresentato una linea per la individuazione di coloro che amministreranno le controllate, una linea che passa - mi pare di aver colto - attraverso la struttura. Credo che sarebbe molto importante per la Commissione conoscere lo stato delle cose nelle controllate, con riferimento anche alle relative scadenze. Ritengo, infatti, che ognuno di noi abbia in passato trovato oggettive difficoltà ad orientarsi nel sistema.
In secondo luogo, nutro qualche obiettiva perplessità sul fatto che il vertice delle controllanti si debba affidare, quasi totalmente, alla struttura della controllante stessa al fine di individuare gli amministratori delle controllate.
È vero quanto ha affermato il viceministro Pinza in ordine a ciò che succede a valle; ma questo non può essere accettato, ad esempio per quanto riguarda le Ferrovie: lo stesso viceministro ha sollevato la questione di Trenitalia, delle difficoltà riferite al cargo, e via discorrendo; non possiamo passare oltre, semplicemente affidandoci a Moretti e Cipolletta, senza certezze su quello che succede dopo, anche perché chiameremo in audizione i manager della holding principale.
Cercando con un certo sforzo di circoscrivere l'oggetto del mio intervento, penso che sarebbe utile avere oggi un quadro chiaro, anche per quanto riguarda le società che operano in settori che vanno oltre le competenze di questa Commissione, dato che si parlava di Poste italiane. Oltretutto, si è svolta in questa Commissione un'audizione con il sindacato, tra l'altro prima di ascoltare Fincantieri, con cui questa Commissione ha trovato addirittura difficoltà ad interloquire. Abbiamo, quindi, audito prima i sindacati, e ciò è abbastanza paradossale per certi versi.
Se il viceministro Pinza e il sottosegretario Tononi ci fornissero un quadro completo della situazione, credo che oggi avremo compiuto un buon lavoro.

SILVANO MOFFA. Sottolineo la mia adesione alla richiesta poc'anzi avanzata dal collega; è evidente che questa audizione è un po' particolare: non possiamo uscire dal perimetro che ci siamo dati. Pur tuttavia, vorrei porre al sottosegretario Tononi due quesiti.
Il primo riguarda la novità introdotta nei criteri di nomina a proposito del cumulo delle cariche. Anch'io credo che


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affidare da parte delle controllanti a strutture dirigenziali la responsabilità all'interno di un consiglio di amministrazione sia una scelta che non consente quella separazione tra gestione effettiva e indirizzo, che è il cuore del problema intorno al quale anche noi ci interroghiamo.
Non voglio allargare il discorso come ha fatto poco fa il collega di Rifondazione. Tuttavia, oggi c'è l'esigenza obiettiva di capire - non solo nell'atto della nomina, ma anche nell'atto della sostituzione, che evidentemente anticipa una nuova nomina - quali effettivi criteri di valutazione vengono adottati, a prescindere da considerazioni di natura politica: stiamo parlando di strutture molto importanti e di società estremamente complesse e articolate; stiamo discutendo di una qualità tecnica, dirigenziale e soprattutto amministrativa, al di là dell'indirizzo politico spettante al Governo, al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero delle infrastrutture, per la parte che loro compete relativamente alle società di cui ci stiamo occupando. E dunque, per svolgere un controllo e una verifica certi, occorrono dei criteri di valutazione anche strategica rispetto all'opera e all'attività svolta da questi manager.
Chiedo, dunque, qual è l'idea oggi per allineare l'indirizzo con l'attività poi svolta dal consiglio d'amministrazione, dai nuovi presidenti, dai nuovi vertici di queste società; e chiedo qual è l'effettivo potere di intervento per correggere in corso d'opera una attività, qualora si manifestassero degli scostamenti rispetto all'indirizzo.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE POMPEO META

SILVANO MOFFA. Chiedo, dunque, se oggi siamo in grado, in una situazione estremamente complessa, di immaginare strumentazioni e modelli di valutazione che allontanino il sospetto che la sostituzione sia solo una sorta di spoil system, piuttosto che un'attenzione alla reale qualità manageriale messa in campo per dare risultati aziendali, di efficienza, ma anche di economicità, risultati estremamente positivi anche sotto il profilo della redditività di impresa.
È questo il problema fondamentale, l'argomento che volevamo porre alla vostra attenzione, fermo restando che sono sicuramente apprezzabili alcuni dei criteri enunciati dal viceministro; tra l'altro, alcuni erano già stati introdotti in passato e sono stati sostanzialmente riconfermati.
Mi fermerei qui, perché credo che, quanto al rapporto tra questa Commissione e il Ministero dell'economia e delle finanze, dovremmo cadenzare degli incontri anche per effettuare verifiche in corso d'opera. Questo è uno strano Paese in cui chi va al Governo avverte delle inefficienze e pensa di risolverle sostituendo gli uomini; ma gli uomini devono essere sostituiti quando sono effettivamente incapaci, e quando si ha un risultato concreto della loro inefficienza.
Ecco perché la domanda che veniva posta prima dall'onorevole Zanetta non è sbagliata: vorremmo sapere se ci si è fermati solo a quei primi due interventi richiamati dal viceministro o, invece, dovremo, da qui a non molto tempo, assistere ad ulteriori interventi, magari apprendendoli dai giornali.

MARIO TASSONE. Signor sottosegretario, avevamo chiesto, a dire la verità, un confronto con il Ministero dell'economia e delle finanze - che si sta svolgendo - non immaginando di dover scomodare il ministro dell'economia in persona; non abbiamo mai avuto questa presunzione, perché siamo molto rispettosi della intangibilità e della sacralità di alcune persone.
Però, non c'è dubbio che non si possa ritenere esaurita qui questa vicenda; lo devo dire con onestà, perché mi angustia da molto tempo, sia quando ero dall'altra parte sia ancora prima, essendo un problema irrisolto.
Sono stato sempre duro in alcuni giudizi e in alcune valutazioni, svolte anche all'interno di una maggioranza di Governo.
Il problema sta nel dirimere alcune controversie o valutazioni differenti. Il Ministero dell'economia è detentore di un


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gruzzolo di risorse e di azioni in seno ad una serie di enti e società, soprattutto per quei servizi pubblici essenziali, fondamentali per il nostro Paese.
Vige, in fondo, un doppio regime: sono società regolate dal diritto civile, però, quando occorre, sono considerate società con qualche rilevanza pubblica, anche per quel che concerne la gestione delle azioni.
Vorremmo capire - al di là dei criteri esposti da Roberto Pinza, criteri su cui possiamo concordare (come Moffa ha detto con molta chiarezza), non essendo un problema di uomini - quale controllo e quale politica industriale siano esercitati dall'azionista di riferimento su alcuni di questi enti.
Una volta nominati, gli amministratori sono i padroni assoluti, usano il regime privatistico o pubblicistico a loro piacimento, a seconda del bisogno e delle esigenze del momento. Questo, signor sottosegretario, non è un problema né di maggioranza né di minoranza.
A suo tempo, è stato eliminato il Ministero delle partecipazioni statali, per i motivi che conosciamo; ma ritengo che quel ministero avesse almeno uno straccio di politica industriale e rispondesse al Parlamento. Oggi nessuno lo fa; e quando il Governo va a rispondere in Parlamento del problema, ad esempio, delle Ferrovie, è costretto a leggere la velina consegnata dalle Ferrovie; o, peggio ancora (nel caso relativo), la velina dell'Alitalia.
Ho seguito l'intervento di Egidio Pedrini con molta attenzione, e su alcuni passaggi ho concordato.
La vicenda non può finire in un'audizione, perché la questione centrale riguarda il modo di essere in relazione ad alcuni temi e problemi di fondo.
Nel caso, ad esempio, delle Ferrovie o delle Poste, gli amministratori sono nominati dal Ministero dell'economia e delle finanze, che non controlla ovviamente chi ha nominato; il Ministero dei trasporti (o quello delle comunicazioni nel caso delle Poste) non hanno grande rilevanza per quanto riguarda la gestione. Vorremmo, allora, capire se dobbiamo rendere le Ferrovie delle authority, in modo che rispondano solo a se stesse: può essere eventualmente una via, ma ritengo che mantenere una situazione di così grande precarietà sia un dato negativo rispetto alla funzionalità e al servizio da erogare.
A differenza del settore privato (quando ovviamente non è assistito, come talvolta succede), queste società hanno una rete protettiva: chi ha un azionariato pubblico è ampiamente assistito e coperto, senza voler fare riferimento all'Alitalia o ad altre società.
È possibile che il Ministero dell'economia - dotato di una sua realtà autonoma, di un suo ufficio - si limiti a raccogliere il gruzzolo, senza intervenire nella gestione di questo gruzzolo e nella verifica dei riscontri e dei risultati raggiunti? Non ho trovato nulla nella politica e nella legge finanziaria che faccia riferimento a questo punto.
Signor presidente, il mio amico viceministro Roberto Pinza ha parlato delle Ferrovie e della riforma che vuole attuare l'amministratore delegato Moretti. Personalmente ritengo lo spacchettamento di Trenitalia un tentativo di far rientrare tutto in una gestione monocratica della holding; ma è soprattutto un processo di riassorbimento di Trenitalia in RFI, che così diventa il perno centrale di tutta la struttura. Però, il Parlamento di tutto ciò non sa niente, a differenza del Governo e dell'azionista di riferimento.
Può anche darsi - per carità! - che sia una via giusta, ma dobbiamo sapere se esistano queste riforme, che tipo di prospettiva abbiano e quale riscontro ci sia sul piano economico e della qualità del servizio. Il Ministero dell'economia, in questa fase di attuazione, risponde alle convenzioni e ai rapporti di attuazione e di programmazione conclusi fra i ministeri competenti e questi enti? Oppure è chiamato semplicemente a coprire debiti e perdite? Sono dati ed aspetti che per noi è utile conoscere; è poi nella libertà del Parlamento (che detiene, è pleonastico dirlo, l'iniziativa legislativa) e del Governo adottare le leggi. Questo significa concordare anche, signor presidente, provvedimenti di riforma forte - altrimenti le


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audizioni sono inutili - per entrare nel merito di alcuni aspetti; e vorremmo avere, in quest'atmosfera di opposizione, il conforto della cittadinanza nel calendario dei lavori, ma vorremmo soprattutto un riscontro di razionalità e ragionamento anche con l'altra parte della Commissione. Vogliamo arrivare ad un approdo, per evitare di essere semplici osservatori e per evitare - signor sottosegretario, non se ne abbia a male - che anche il Governo sia osservatore di quanto è fatto da quelle società, per far sì che i poteri reali non sfuggano al controllo del Governo e del Parlamento.
Se potessimo aprire questa nuova fase, sarebbe un punto sul quale certamente intenderci per raggiungere qualche risultato apprezzabile.

PRESIDENTE. A questo punto propongo una breve sospensione dell'audizione, per procedere immediatamente all'esame degli altri punti all'ordine del giorno e svolgere comunicazioni sui lavori della Commissione.
Non essendovi obiezioni, ritengo si possa procedere come indicato.
Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 15,15, è ripresa alle 15,25.

PRESIDENTE. Do la parola al sottosegretario Tononi.

MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor presidente, vorrei, innanzitutto, dire che seguiamo con grande attenzione, non da semplici osservatori, le vicende delle società nel settore dei trasporti in particolare. E non è un'affermazione che faccio perché sono qui, ma perché purtroppo, tra le 26 società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, tre hanno registrato delle perdite, e la base di questo dato è il bilancio 2005. Queste tre società sono Alitalia, Ferrovie e ANAS, tre società del settore trasporti; le altre 23 guadagnano utili, oppure sono in sostanziale pareggio.
Quindi, è evidente che in questi mesi abbiamo seguito con molta attenzione le vicende di queste aziende e credo che lo abbiamo fatto non da semplici osservatori, ma in modo incisivo.
Gli strumenti di cui facciamo uso per applicare questa incisività sono diversi; innanzitutto, tenete conto che nel consiglio di tali società siedono rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, che quindi seguono i lavori come qualsiasi altro consigliere; ed inoltre c'è un monitoraggio molto attento da parte del Ministero stesso e, per quello che vale, del sottoscritto, che con queste aziende si confronta molto frequentemente.
I problemi sono evidenti (non è questa la sede per parlarne), ma anche gli interventi mi sembra siano abbastanza decisi; del resto, è stato detto poco fa che il Governo, fin qui, è intervenuto sugli assetti di vertice di due sole aziende, che purtroppo denotavano una situazione finanziaria ed industriale molto difficile: mi riferisco all'ANAS e alle Ferrovie.
Sono due aziende che nel 2005 hanno perso entrambe mezzo miliardo di euro, e nel 2006 - per quanto riguarda le Ferrovie in particolare - le perdite saranno molto più significative della cifra registrata nel 2005.
Su Alitalia, se mi consentite, non faccio commenti, perché è quotata in borsa e, quindi, sulle previsioni del 2006, o degli anni a venire, non mi esprimo; però, sapete bene che nel 2005 anche Alitalia ha registrato perdite abbastanza significative.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Mi scusi, cosa vuol dire che non si esprime?

MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Naturalmente, trattandosi di una società quotata in borsa, non posso dare indicazioni sull'andamento reddituale prospettico dell'Alitalia: penso sia ben noto, perché è effetto di una legge a cui non posso contravvenire.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Hai capito perché non bisogna mandare in borsa la


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Fincantieri? (Commenti del deputato Mario Ricci).

MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Non credo di aver svelato nulla di particolare. Prima di tornare sul tema principale, vorrei fornire dei chiarimenti in merito alle società di cui non abbiamo parlato nello specifico, perché in effetti ci siamo limitati alle società holding da noi direttamente controllate, e risponderò così all'osservazione dell'onorevole Zanetta.
Mi riferirò quantomeno alle principali, perché altrimenti rischiamo di dilungarci davvero. Nel mondo delle ferrovie, le due società più significative sono la RFI (la Rete Ferroviaria Italiana) e Trenitalia, e anche qui vi è stato un rinnovo dei vertici nelle settimane passate.
Per quanto riguarda Trenitalia, dove effettivamente è concentrata la maggior parte delle perdite del gruppo Ferrovie, è stato nominato un nuovo consiglio d'amministrazione di soli tre membri: questo è un dato significativo, che indica la volontà di snellire gli organi societari, anche al fine di risparmiare sui costi conseguenti; sono tre membri espressione del management delle Ferrovie. Si tratta di persone che ho incontrato e che ritengo capaci; l'ingegner Moretti ovviamente è della stessa opinione, così come l'ingegner Cipolletta. L'amministratore delegato è il dottor Soprano, che ha una lunga esperienza in Ferrovie, dove è stato recentemente responsabile della pianificazione e delle strategie.
Aggiungo che il consiglio di amministrazione di Trenitalia andrà a scadenza con l'approvazione del bilancio 2008, e quindi - come logico - nella primavera del 2009, essendo stato appena nominato.
Per quanto riguarda RFI si è provveduto per necessità alla sostituzione dell'amministratore delegato (perché tale carica era occupata da Moretti ora salito di livello, essendo amministratore delegato della holding): è stato nominato l'ingegnere Elia in un consiglio d'amministrazione (pure questo snello) di cinque membri, che andrà a scadenza con l'approvazione del bilancio di quest'anno, quindi nella primavera dell'anno prossimo.
Sempre nel mondo del trasporto, forse non abbiamo menzionato con l'attenzione che meritava la società Tirrenia, che è partecipata direttamente da Fintecna (quindi, solo indirettamente dal Ministero dell'economia) con una quota del 100 per cento; qui c'è un consiglio di amministrazione di nove membri che scade nel 2007, e l'amministratore delegato è il dottor Pecorini.
Da ultimo - e questa, forse, è stata una mancanza da parte mia, nel senso che ritenevo che l'oggetto di questa audizione fosse solo il trasporto, e non ho quindi esteso l'analisi alle Poste - vorrei menzionare, in due parole, il quadro di vertice sotto il profilo del diritto societario della società Poste italiane: c'è un consiglio di 11 membri, che scade con il bilancio 2007 e, quindi, tra un anno e mezzo; il presidente è il dottor Vittorio Mincato e l'amministratore delegato il dottor Massimo Sarmi.
Vorrei, altresì, precisare (lo ha fatto il viceministro Pinza, però anche questo credo meriti una puntualizzazione) che i diritti dell'azionista sono esercitati dal Ministero dell'economia e delle finanze che io rappresento, sempre d'intesa con altri ministeri, che vorrei ora menzionare specificamente perché mi sembra rilevante. Per quanto riguarda Alitalia, l'intesa è con il Ministero dello sviluppo economico; per l'ANAS è con il Ministero delle infrastrutture; per quanto riguarda le Ferrovie, è con il Ministero delle infrastrutture e con il Ministero dei trasporti. Sono, quindi, tre ministeri che concertano le decisioni che spettano all'azionista.
Posso ancora ribadire che nelle scelte degli assetti di vertice formulate fin qui e nelle sostituzioni effettuate, ci siamo attenuti a due principi.
Il primo: onorare i contratti esistenti che, devo dire, risalgono ad un'epoca precedente e come è doveroso sono stati rispettati; questo vale sia per ANAS che per Ferrovie, società in cui ci sono state delle modifiche degli assetti di vertice.
Il secondo principio: per quanto riguarda le persone prescelte ad occupare le


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posizioni di vertice di quelle aziende, credo davvero che il criterio ispiratore, al meglio delle nostre possibilità, sia stato quello della competenza, della professionalità ed anche della capacità di intervenire in maniera rapida ed immediata su situazioni oggettivamente molto critiche. E questo vale sia per il dottor Ciucci che per l'ingegner Moretti, nelle due società su cui siamo effettivamente intervenuti da azionista nella forma della sostituzione dei vertici.

DAVIDE CAPARINI. Vorrei intervenire - ringraziando il sottosegretario, e non volendo trattenerlo oltre - sull'ordine dei lavori, per chiedere se abbiamo speranze per quanto riguarda la mia richiesta di audizione del ministro Di Pietro in vista dell'esame del prossimo disegno di legge finanziaria di lacrime e sangue.

PRESIDENTE. Abbiamo registrato questa esigenza, stiamo interloquendo con il ministero, il ministro e i suoi uffici, per capire le disponibilità di calendario, una disponibilità utile prima che inizi l'iter di discussione in Assemblea. Siamo in attesa di una risposta.
Ringrazio tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,35.