COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 5 ottobre 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE POMPEO META

La seduta comincia alle 10,55.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del ministro dei trasporti, professor Alessandro Bianchi, sugli indirizzi del Governo in materia di trasporti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, il seguito dell'audizione del ministro dei trasporti, professor Alessandro Bianchi, sugli indirizzi del Governo in materia di trasporti.
Dopo aver ascoltato, nella scorsa seduta, la relazione del signor ministro, oggi proseguiremo con gli interventi dei deputati.

ANTONIO ATTILI. Grazie, signor ministro, per la sua presenza. Voglio subito esprimere un apprezzamento non formale per il metodo, che ha inaugurato, di venire a riferire in Commissione, a grandi linee, sul primo risultato del suo Ministero rispetto alla finanziaria. Questo ci consente - non avvengono spesso cose del genere - di avviare immediatamente un'interlocuzione nella fase ascendente del provvedimento.
Bisogna riconoscere che, per quanto riguarda il Ministero dei trasporti e quindi la competenza di questa Commissione, il testo che cominciamo a scoprire e ad approfondire - si tratta di un testo molto complesso, composto di 218 articoli - presenta dei risultati positivi e significativi. Condivido appieno l'impianto della finanziaria, ma ne parleremo in sede di discussione sulle linee generali.
Cercherò, invece, di sottolineare alcuni elementi di criticità che, a mio parere, possono essere corretti, con l'obiettivo di migliorare questo testo. Premetto che ho letto in maniera non approfondita l'articolato, dunque mi scuso fin d'ora se quel che dirò è superato dal testo.
Mi preme sottolineare, in particolare, tre questioni. La prima riguarda il problema della formazione professionale dei lavoratori marittimi. Inoltre, vi è il problema dell'avviamento al lavoro, un tema molto delicato che, prima o dopo, dovrà essere affrontato per dare un segnale importante. È una questione che si trascina da molto tempo, ma non ne trovo traccia nella finanziaria. Infine, vi è una terza questione, più generale: con le positive norme sulle autorità portuali, sicuramente vi sarà un'ulteriore spinta alla richiesta di istituirne di nuove; credo che, per evitare questa proliferazione, il ministro dovrebbe prendere un'iniziativa - non so se tramite la finanziaria o attraverso un autonomo atto - per accorpare le realtà marittime e creare autorità con competenze più ampie, in modo che davvero possano svolgere quei ruoli che la legge n. 84 assegna loro.
Cito un esempio concreto, per intenderci meglio. Nel nord della Sardegna


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esiste un'autorità portuale, quella di Olbia, e un porto importante come Porto Torres, che oggi è gestito dalla Capitaneria. Ebbene, credo si potrebbe costituire un'unica autorità portuale, che ci esimerebbe dal rispondere alle pressioni localistiche - di sicuro ci saranno - e che consentirebbe a tutto il nord della Sardegna di avere una guida, dal punto di vista della programmazione, e via dicendo.
Credo che un'iniziativa in questo senso, attuata anche per via amministrativa, almeno sulla questione dell'allargamento delle competenze - ovviamente, previa verifica con gli enti locali interessanti - potrebbe rappresentare una strada da perseguire. Inoltre, se andiamo a verificare regione per regione, credo che questo possa essere un metodo utile, che mi permetto di suggerire al ministro.
Un punto molto critico della finanziaria - su questo mi soffermerò qualche minuto in più - riguarda il trasporto aereo, che esce davvero male da questo provvedimento, sia per quello che manca sia per quello che c'è. Da questo punto di vista, la finanziaria non compie una svolta rispetto agli anni precedenti. Il trasporto aereo - chissà perché - è considerato sempre il paria della situazione. Eppure si tratta di un settore molto importante, che quest'anno muoverà 110 milioni di passeggeri, con migliaia di lavoratori, afflitti peraltro da problemi non di poco conto (il ministro prima rispondeva a un'interpellanza urgente sull'Alitalia). In finanziaria, però, tutti questi aspetti non emergono.
Ricordo uno sciagurato - lasciatemelo dire - provvedimento, sui requisiti di sistema, che venne approvato attraverso un emendamento, quindi senza discussione; il provvedimento fu sottratto all'esame di questa Commissione, che sicuramente vi avrebbe apportato miglioramenti e modifiche. Mi sembra, purtroppo, che anche il nostro Governo stia iniziando a percorrere questa strada - ovviamente non lo condivido -, prevedendo in finanziaria una serie di interventi che non aiutano a risolvere i problemi.
Citerò in maniera rapida i titoli, perché non è mia intenzione intervenire dal punto di vista tecnico. Piuttosto, mi preme si comprenda il senso politico di quello che sto cercando di dire. Allora, prendiamo un «pezzo» del trasporto aereo, gli aeroporti e le gestioni aeroportuali, e vediamo che cosa è successo in sette mesi: prima è stato approvato il decreto sui requisiti di sistema - comunque lo si voglia considerare, ha inciso pesantemente -, poi si è attuato un intervento di 30 milioni di euro sulla questione relativa al contributo sui servizi antincendio, si sono sottratti i beni considerati non strumentali alla navigazione (parcheggi e quant'altro), che sono ritornati nella disponibilità dello Stato - per cui gli incassi vanno all'erario -, si è escluso questo comparto dalle agevolazioni derivanti dalla riduzione del cuneo fiscale, infine vi è stata tutta una serie di altre questioni che non sto qui ad elencare. É evidente che ci troviamo di fronte alla scelta precisa di mettere in seria difficoltà un «pezzo» decisivo del trasporto aereo: questo non è condivisibile, signor ministro.
Credo che abbiamo ancora il tempo per rivedere con serietà tutta la problematica e per istituire un tavolo con i soggetti interessati, che ci consenta di individuare uno o due emendamenti da presentare, mi auguro anche con il contributo dell'opposizione, per affrontare la questione nel suo complesso.
L'articolo 42, che elimina i consigli di amministrazione di tutti gli enti pubblici non economici, riguarda anche l'ente nazionale per l'aviazione civile. Ebbene, questo ente doveva essere trasformato in ente economico entro il 31 luglio 1999, ma questa operazione - non so perché - non è stata mai portata avanti da nessun Governo, né di centrosinistra né di centrodestra. Il codice lo definisce autorità, il decreto n. 237 del 2004 lo definisce ente garante, regolatore, e via elencando. Chiedo al ministro Bianchi se sia possibile affrontare un problema così delicato nell'ambito di una norma generale, che tende esclusivamente a ridurre la spesa.
Badate, cambia il modello che noi costruimmo nel 1999 e che è stato - lo devo riconoscere - confermato dal Governo di centrodestra, che ha contribuito modificando


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il codice. Quel modello significava affidare la gestione alle società di gestione, la programmazione al ministero, le verifiche, i controlli, la regolamentazione tecnica e quant'altro ad un ente che avrebbe dovuto avere una propria autonomia, rispetto a tutti gli altri soggetti. La scelta di quel modello fu determinata dal fatto che la situazione del trasporto aereo, in quel periodo, era disastrosa. La centralizzazione nell'ambito della direzione generale dell'aviazione civile aveva portato il nostro paese agli ultimi posti nel mondo occidentale. È bene che lo sappia, signor ministro: questa scelta, fatta utilizzando un provvedimento per la riduzione della spesa, rappresenta un colpo mortale per questo modello.
È evidente che tutto si può fare. Si intendono modificare, sciogliere i consigli di amministrazione: lo si faccia, non è questo il punto. Il provvedimento prevede un direttore generale di un ente monocratico, che risponde al ministero ed è coadiuvato dai dirigenti di vertice dell'ENAC: mi sembra si tratti di una scelta da non condividere che ci fa fare un passo indietro rispetto alla direzione generale dell'aviazione civile.
La Margherita ha organizzato convegni su queste tematiche, è bene che lei lo sappia, signor ministro. Noi puntiamo addirittura ad un aumento dell'autonomia attraverso la previsione di un'autorità. Ma dobbiamo gestire la materia attraverso una discussione di merito in questa Commissione. Le chiedo di affrontarla e di impegnarsi a presentare un suo disegno di legge - oppure, se vuole, lo facciamo di iniziativa parlamentare - perché la materia è talmente delicata che non può essere trattata in modo del tutto allotrio rispetto al merito, nell'ambito di un provvedimento che riduce le spese degli enti pubblici non economici; questo rischia davvero di portarci in un vicolo cieco.
Non vorrei che la riforma avviata sette anni fa dal centrosinistra, dal Governo Prodi, che ha ottenuto i risultati positivi che sappiamo e che fu portata avanti con un confronto di merito conclusosi unanimemente in questa Commissione, venga oggi sacrificata dallo stesso Governo di centrosinistra, in nome di un risparmio di 150 mila euro l'anno; mi sembrerebbe davvero un errore gravissimo.
Da questo punto di vista, dobbiamo sviluppare una seria riflessione. Invito il ministro Bianchi a prendere in considerazione, se possibile, queste riflessioni, che a lui affido, essendoci ancora i tempi per ridurre il danno su questa materia così delicata.

ILARIO FLORESTA. Condivido totalmente quello che ha appena detto il collega Attili per quanto concerne il merito della finanziaria. Preliminarmente, devo dire che intervengo come deputato di Forza Italia, ma soprattutto come parlamentare siciliano: sono felice che ora vi siano altri a sostenere la Sicilia, dal momento che, nei quindici anni precedenti, l'ho sempre sostenuta io.
In secondo luogo, devo dire che sono veramente deluso da questa audizione. La seduta odierna prevedeva il seguito dell'audizione del ministro Bianchi sugli indirizzi del Governo in materia di trasporti. Capisco, invece, che qui si tratta di giudicare in via preliminare le linee guida in materia di trasporti contenute nella finanziaria: questo è assolutamente limitativo.
Penso che il ministro abbia, invece, il dovere di ragguagliarci sulle linee guida del piano programmatico del suo dicastero in questa legislatura, lasciando poi agli amministratori delegati delle società, o ad altri, il compito di entrare nel merito.
Signor ministro, immaginavo che lei oggi, prima che il presidente desse la parola ai commissari, avrebbe continuato la sua relazione. Sicuramente non le sarà sfuggito che il nostro capogruppo, onorevole Sanza nella scorsa seduta le ha chiesto di conoscere i suoi programmi sulle Ferrovie e sull'Alitalia. Francamente, speravamo di avere queste notizie, invece ella non ha aggiunto nulla prima dell'apertura del dibattito.
Signor ministro, lei ha stravolto - le parlo da parlamentare siciliano - l'operato del Governo Berlusconi, innanzitutto eliminando il progetto del ponte sullo


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stretto. Attraverso la non realizzazione di quest'opera non pensa di assestare un colpo mortale all'evoluzione del territorio del Mezzogiorno, dove lei stesso vive? Peraltro, mi risulta che molti di voi sono completamente contrari a questa sua decisione, tant'è che stiamo pensando di indire un referendum, nelle regioni Sicilia e Calabria, per chiedere alla gente che abita in quei territori se voglia o meno la realizzazione del ponte. Specifico che la richiesta di referendum è trasversale e vede protagonisti noi come portabandiera ed esponenti della sinistra come Bianco e Misiti.
Veramente lei è determinato a far sì che il ponte non si faccia? E se lo è, ce ne vuole spiegare il motivo? Non vorrei che emergesse un conflitto di interessi.
Passo ad altro argomento. Ricordo che l'ex amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Elio Catania, assieme al nuovo amministratore delegato, dottor Moretti, che io stimo molto, hanno presentato un piano organico finalizzato allo sviluppo delle logistiche della RFI e un piano organico delle infrastrutture che si sarebbero dovute realizzare, specialmente - parlo da siciliano - in Sicilia. Lei sa, caro ministro, che per raggiungere Catania da Palermo oggi occorrono circa cinque ore di treno, che per fare il tratto Messina-Catania occorrono due ore e mezza, per non parlare del tratto Messina-Palermo? Il Governo Berlusconi aveva predisposto un piano e aveva cominciato a realizzare alcune opere. Se questo Governo ha cancellato sic et simpliciter il ponte sullo stretto, non vorrei che lo stesso accadesse per il raddoppio dei binari e per altre opere. Le chiedo, dunque, di confermare che il piano di potenziamento delle reti ferroviarie, al quale erano stati già destinati dei fondi deliberati dal CIPE, verrà mantenuto.
Signor ministro, ci dica - la sto portando verso il tenore di quella che, a mio avviso, doveva essere l'audizione odierna -: quali sono i piani programmatici del suo dicastero per il quinquennio (che mi auguro tale non sarà)? Non ci venga a parlare solo del tema limitato della finanziaria, che credo dibatteremo, in modo anche aspro, in altra sede. Tra l'altro, mi fa piacere constatare che anche dalla sua parte c'è gente che non ne condivide parti importanti. Ad esempio, cosa intendete fare per le autorità portuali? Le scioglierete tutte? In tal caso, comincio ad avvertire i miei amici che vi lavorano di cercarsi un'altra occupazione.
In particolare, vogliamo sapere se sia irreversibile la sua idea relativa al ponte sullo stretto: mi auguro di no poiché questo darebbe luogo a forti tensioni, non in piazza - quelle tensioni si creano solo per questioni di propaganda politica - ma in Parlamento. Inoltre, ci attendiamo il mantenimento dei piani di potenziamento delle reti ferroviarie previsti per la Sicilia.

ANTONIO ROTONDO. La ringrazio, signor ministro, per la sua presenza e per la possibilità che ci offre di affrontare le grandi questioni relative ai trasporti, in stretta connessione con la vicenda della finanziaria, che sta per iniziare il suo iter. Le rivolgo i miei auguri per il compito gravoso che l'aspetta.
Mi soffermerò principalmente sulla tematica della portualità italiana - in merito alla quale credo che lei abbia grossi problemi da superare e grandi questioni da affrontare - poiché già con la finanziaria vengono poste le basi per affrontarla in maniera positiva. Lei dovrà aiutare questo paese a recuperare il gap che si è creato negli ultimi anni.
Vorrei ricordare ai colleghi commissari che, per quanto riguarda il traffico marittimo, i nostri porti non sono riusciti non dico a tenere il passo, ma almeno a garantire una certa attività rispetto a quello che è successo in Europa negli ultimi anni. Ad esempio, i traffici nei porti nord europei e spagnoli hanno avuto, negli ultimi anni, un incremento notevolissimo - più 16,8 Rotterdam, più 15,6 Barcellona, più 16,7 Algeciras -, rispetto, invece, alla crescita stentata della portualità nazionale. L'1,4 per cento di Genova, il 3,6 per cento di Gioia Tauro indicano una grande sofferenza del traffico marittimo nazionale.


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Mi pare che i primi passi del Governo Prodi si muovano nella direzione di potenziare le strutture portuali. Il fatto stesso che il Presidente Prodi si sia recato - non lo ha mai fatto il presidente Berlusconi - in Cina, in uno dei suoi primissimi viaggi all'estero, dove ha affrontato la grande questione dei traffici con il far east, traffici essenzialmente marittimi, mi sembra significativo. Mi pare, dunque, che ci stiamo muovendo nella giusta direzione.
Già nel 2001, come presidente della Commissione europea, Romano Prodi aveva posto il problema. Ricordo che, recatosi in Cina, aveva colto dai politici cinesi l'esigenza di individuare un porto che potesse fungere da riferimento per i traffici del far east. Addirittura i cinesi avevano già individuato in Taranto ed Augusta i porti di riferimento per i loro traffici. L'allora presidente della Commissione europea rivolse al Governo italiano questa richiesta, ma non abbiamo avuto notizie di attività in quella direzione.
Vorrei affrontare con lei, signor ministro, una questione prettamente italiana. Il mercato del transhipment è in vorticoso aumento. Il CNEL, in uno studio di un anno e mezzo fa, come lei ricorderà, ci ha dimostrato che i traffici internazionali si incrementeranno, nei prossimi otto-dieci anni, del 75 per cento. Ebbene, se in Italia riuscissimo a mettere in campo tutta la progettazione attualmente possibile, la nostra offerta non potrebbe superare il 40 per cento dell'attuale. C'è, allora, l'esigenza di riflettere su come incrementare l'offerta italiana, senza perdere una grandissima occasione per l'intera economia del paese.
Perché non possiamo andare oltre? Ci sono degli evidenti limiti fisici nei porti attualmente considerati porti di transhipment nazionale. Cagliari, Gioia Tauro e Taranto hanno limiti fisici che non permettono di rispondere all'esigenza che il mercato internazionale ci pone e di cogliere questa grandissima occasione. Penso, dunque, che dovremmo fare una riflessione su come rispondere a questa richiesta che ci viene dai mercati. Sarebbe importante pensare a un quarto porto di transhipment, nel panorama nazionale, che possa dare una risposta del genere. Senza voler fare campanilismo, ritengo che il porto di Augusta, che lei ben conosce, possa dare risposte in tale direzione, in quanto non presenta i limiti fisici degli altri porti nazionali. Questi ultimi devono essere sicuramente potenziati attraverso un necessario e mirato intervento; al riguardo, lei ha giustamente inserito in finanziaria una posta ben precisa per il porto di Gioia Tauro.
Faccio presente - sappiamo di parlare di questioni che hanno un notevolissimo ritorno economico nei territori di riferimento - che il porto di Augusta ha gli spazi giusti, un retroporto collocato fuori dalla città, cosa che non succede negli altri porti italiani, e un'area industriale in gran parte in via di dismissione. Potremmo cogliere l'occasione della bonifica, che sta per essere avviata, dei fondali della rada di Augusta - lei conosce il problema dell'inquinamento della rada e sa che il Ministero dell'ambiente sta ponendo in essere una serie di interventi di bonifica, con il dragaggio, di ben 2 metri dei fondali - per utilizzare il materiale di risulta, opportunamente bonificato, per ampliare le banchine; insomma, ci sono diverse opportunità da cogliere al volo.
La ringrazio per quello che questo Governo sta facendo nei confronti della portualità nazionale e penso, altresì, che attraverso la finanziaria si possa trovare un modo per rispondere alle esigenze di cui le parlavo.
Concludo, signor ministro, con una piccola nota sulla questione del ponte sullo stretto, che non è assolutamente mia intenzione affrontare in questa sede. Vorrei ricordare al collega Floresta che non esiste alcuna battaglia ideologica sull'argomento, almeno per quanto ci riguarda; semmai, vi è l'esigenza di individuare le priorità. Collega Floresta, lei ha giustamente parlato di trasporto ferroviario, ma non capisco a cosa intendeva riferirsi quando ha detto che il precedente Governo ha fatto qualcosa per i trasporti ferroviari: le ricordo che i fondi per la velocizzazione delle tratte ferroviarie siciliane equivalgono praticamente a zero.


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Come dicevo, è un problema di priorità. Faccio notare ancora al collega Floresta che quando si parla di infrastrutture, in genere, bisogna anche ricordare che l'acqua in alcune città siciliane, ad esempio Agrigento e Caltanissetta, arriva una volta ogni sette giorni in estate e una volta ogni cinque giorni in inverno. Abbiamo avuto per tanti anni un commissario straordinario per l'emergenza idrica, nella figura del presidente della regione siciliana.

ANGELO MARIA SANZA. Signor ministro, non farò alcuna considerazione a latere delle domande che vengo a porle. Per chiosare la vicenda del ponte sullo stretto, vorrei ricordarle che qualche giorno fa il suo collega Di Pietro ha detto ai siciliani, ricevendone applausi, che il ponte si farà. Decida lei con il suo collega e ci faccia sapere, in questa sede, qual è la decisione del Governo in merito. Se dobbiamo fare demagogia sul territorio, facciamola prima in questa sede. Il ponte si farà, ha detto Di Pietro. Se vuole lo ripeto, come ha fatto Prodi in aula con il suo «rap». I fondi del ponte sullo stretto esistono, del resto mi pare che il Governo intenda utilizzarli per l'ANAS, per Gioia Tauro, il transhipment e quant'altro.
Signor ministro, noi vorremmo chiarezza, che credo rappresenti un diritto del Parlamento, considerato che siamo ancora in una repubblica parlamentare e che la gestione del programma del Governo avviene con il consenso della maggioranza. Come minoranza, vorremmo almeno essere informati dei programmi del Governo.
La seconda questione che intendo sollevare riguarda la TAV e il Corridoio 5. Ho letto che è stata avanzata un'ipotesi di referendum: sarebbe come proporre il referendum per il ponte ai siciliani. Il tema è di strategia politica; se venissero introdotti i meccanismi referendari ciò significherebbe spogliare il Parlamento delle sue responsabilità e delegare i programmi alla periferia. In questo caso, poi, c'è il problema delle priorità: il Governo deve assumersi le proprie responsabilità e ristabilirle. Comunque, non mi sembra questa l'occasione per avviare un confronto e un dibattito sul tema. Vorrei solo segnalare al ministro Bianchi che se venisse promosso un referendum - sono convinto che in tal caso, su quella tratta, la TAV verrà bocciata - l'Italia avrebbe perso il collegamento del Corridoio 5.
Passo al capitolo del trasporto aereo. Cimoli oggi ha affermato che l'Alitalia più vola più perde. Dobbiamo avere contezza di quale tipo di azienda del trasporto aereo dispone questo paese. La flotta è obsoleta, una volta su tre si verificano incidenti, di diversa entità. Insomma, siamo in una situazione disastrosa. Per non dire, poi, del grave assenteismo del personale.
Signor ministro, non vogliamo girarle il coltello nella piaga. A parti invertite, il problema non cambierebbe molto. Vorrei che lei comprendesse che queste nostre considerazioni non sono finalizzate alla polemica politica, ma riguardano l'interesse del paese.
Sempre in questo comparto - l'ha ricordato il collega Attili, e ne convengo - vi è molta incertezza nell'ENAC. Per anni e anni il legislatore ha lavorato sulla riorganizzazione normativa del trasporto aereo. Qui mi pare che, con un colpo di spugna, si voglia tornare indietro di dieci anni. Ne prenda atto, signor ministro, e ci faccia capire. L'ENAC è l'ente che si occupa della sicurezza nel trasporto aereo. Registriamo grande sbandamento, e mi pare che le scelte del Governo precludano maggiormente il fronte della sicurezza.
Per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, domani l'Italia si ferma. Nella sua relazione lei ci ha segnalato un fondo di 100 milioni di euro per l'acquisto di materiale rotabile. Mi permetto di dire che 100 milioni di euro per treni locali e per autobus, anch'essi obsoleti, del trasporto locale, mi sembrano una polverina che, a pioggia, il Governo distribuirà alle regioni.
E che ne è del contratto? Lo sciopero è stato organizzato per il contratto. Qualche giorno fa ho registrato una dichiarazione del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Enrico Letta, il quale ha assicurato che i soldi per il contratto ci


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sono: me lo auguro, nell'interesse del paese. La mobilità è un elemento fondamentale: se freniamo le abitudini di questo paese sulla pendolarità, viene compromessa non solo la qualità della vita, ma anche tutta l'attività produttiva.
Nella scorsa legislatura ci siamo impegnati particolarmente per approvare una legge sulla rottamazione dei traghetti. A parte i 30 milioni destinati alla rottamazione del naviglio obsoleto, devo dire che ho apprezzato la costituzione del fondo per il sostegno ai servizi per le isole minori. Al riguardo, credo che dovremmo rafforzare tale sostegno, per quello che è possibile fare. Comprendo, comunque, lo sforzo in questa direzione.
Come aveva già anticipato il collega Attili, per quanto riguarda le autorità portuali, ci chiediamo se esse facciano parte di quegli enti pubblici non economici per i quali è prevista l'eliminazione dei consigli di amministrazione e dei presidenti; da parte sua vorremmo avere rassicurazioni. Sempre in questo contesto, è urgente che si completino le nomine. Molte autorità portuali sono ferme, in una sorta di stand-by, perché il concerto fra lei e le regioni non va a compimento.
Adesso, con l'incertezza che deriva dalla finanziaria a proposito degli enti pubblici non economici, nasce un'ulteriore preoccupazione. Sarebbe il caso che diradassimo le nubi.

SERGIO OLIVIERI. La ringrazio, signor ministro, per la sua presenza a questa audizione. Negli interventi precedenti si è discusso della grande opera rappresentata dal ponte sullo stretto. Signor ministro, vada avanti sulla linea che più volte ha indicato poiché noi la sosterremo. Il ponte sullo stretto non rientra certo nelle priorità del paese, e nemmeno nelle priorità della Sicilia. Ho ascoltato gli interventi dei deputati Floresta e Sanza, ma non ho ben capito qual è la linea... (Commenti dell'onorevole Floresta). Evitiamo di parlare di chi si deve vergognare in questo paese; al riguardo, ho un'idea del tutto opposta alla sua.
Come dicevo, non ho capito, dagli interventi dei deputati Floresta e Sanza, qual è la linea che essi indicano: l'uno propone un referendum in Sicilia, e scommette sulla vittoria; l'altro sostiene che discutere sul referendum significherebbe dare spazio ai localismi e, comunque, ridurre il ruolo del Parlamento. Mettetevi d'accordo, colleghi! Non vorrei che, alla fine, questa incertezza di posizione nascondesse una sorta di opportunismo, come a dire che lo strumento referendario va bene in Sicilia e, magari, non va bene per la Val di Susa.
Delle due l'una: o lo strumento referendario è uno strumento valido, che è opportuno mettere in pratica quando si affrontano questioni come le grandi opere - in questo caso apprezzerei il salto in avanti di Forza Italia, che passerebbe dalla democrazia televisiva alla democrazia di massa, partecipata -, oppure non lo è.
Certo, non può non far riflettere quanto osservava il deputato Sanza in relazione alle affermazioni del ministro Di Pietro - non le definisco «presunte» perché mi fido dell'onorevole Sanza, che è una persona seria - in Sicilia. Queste affermazioni devono indurci a riflettere. Ricordo che noi avevamo espresso delle riserve, al momento della formazione del Governo, quando ci fu il famoso spacchettamento. Devo dire che le vicende di questi mesi, e anche quest'ultimo episodio che è stato riferito, non aiutano a superare le riserve che abbiamo espresso. Ci pare che, in questi mesi, siano emerse su questo piano contraddizioni, difficoltà e incertezze.
Noi crediamo si debba ribadire - e vorremmo che questo fosse chiaro per il Governo - un punto essenziale: la politica dei trasporti deve stare necessariamente in capo al Ministero dei trasporti. Dopodiché, il Ministero delle infrastrutture ne è il braccio politico-operativo, ma credo che non possa surrettiziamente, con gli interventi concreti che attua, determinare, di fatto, uno scenario che implica delle scelte obbligate per la politica dei trasporti.
Con questo, ovviamente, non si intenda una nostra critica al ministro Di Pietro,


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del quale apprezziamo, ad esempio, lo sforzo e l'impegno per mettere ordine e moralizzare la questione delle autostrade e delle concessioni (ne abbiamo parlato anche recentemente), tuttavia non potevo fare a meno, anche dopo l'intervento dell'onorevole Sanza, di sottolineare l'aspetto della politica dei trasporti.

ANGELO MARIA SANZA. Io ho detto esattamente quello che hai detto tu. Apri un confronto che non mi pare sia l'oggetto di questa conversazione!

SERGIO OLIVIERI. Io parlavo d'altro e non credo che questa mattina si debba affrontare il tema di quello che la finanziaria prevede nel campo dei trasporti. Molti di noi - almeno parlo per me - non l'hanno ancora approfondita, quindi avremo modo, in occasioni successive, di verificare cosa preveda la finanziaria e di fare gli opportuni correttivi, laddove fossero necessari.
In questo momento a me interessa capire bene il senso politico e gli indirizzi di fondo della politica del Governo nel campo dei trasporti. Ad esempio, mi interessa capire se e come il Governo intenda delineare una netta inversione di tendenza rispetto ai processi di privatizzazione, di esternalizzazione e di aziendalizzazione che sono andati avanti anche nel campo dei trasporti e che hanno avuto effetti così disastrosi, come è sotto gli occhi di tutti. Credo che questo sia un punto politico essenziale, dunque inviterei il ministro a farci capire se si intenda continuare su quella strada, oppure cambiare rotta, ovviamente con la gradualità necessaria.
Alcuni nodi di merito, in parte, sono già emersi. Mi limiterò a citarne alcuni. Per quanto riguarda il trasporto aereo, si dice che più si vola più si perde. Vorremmo capire che ruolo il Governo intende giocare in questo campo.

ANGELO MARIA SANZA. Lo dice Cimoli, non io!

SERGIO OLIVIERI. Sì, ho capito. Ho detto, infatti, che «si dice». Siamo rimasti un po' perplessi, nel corso dell'audizione di ieri, quando il sottosegretario Tononi si è trincerato - rifugiandosi in una discussione di altra natura, ma sempre inerente al trasporto aereo - dietro la formula del non poter dire nulla per non turbare la borsa e il mercato, quando poi delle questioni dell'Alitalia sono piene le cronache dei giornali. Vorremmo capire se il Governo intenda assumere una posizione pilatesca oppure se intenda fare politica, e quale, anche in questo campo.
Rispetto alla questione del trasporto marittimo, mi interesserebbe ragionare attorno al tema del rapporto con i territori. Spesso ci sono rapporti difficili e non vorrei, ad esempio, che l'autonomia delle autorità incrementasse le contraddizioni che frequentemente emergono. Vorrei capire quali ricadute positive si possano avere nei nostri territori a fronte di una politica per il trasporto marittimo. Non credo che l'Italia possa rappresentare solamente la piattaforma logistica per merci che poi vengono lavorate da altre parti. Mi piacerebbe che emergesse con maggior chiarezza una sinergia tra il trasporto, lo stoccaggio delle merci e la loro trasformazione. So che questo è un terreno di confine con il Ministero dei trasporti, tuttavia mi pare che, di fronte alla necessità di una visione d'insieme, un ragionamento su questi argomenti valga la pena impostarlo.
Se il punto politico importante è quello di trasferire quote di traffico dalla gomma alla rotaia, vorrei capire attraverso quali scelte concrete si realizzi questo grande obiettivo, a fronte di una situazione del nostro trasporto ferroviario che è quella che sappiamo (non c'è bisogno di descriverla). Insomma, chiedo quali grandi scelte, quali grandi investimenti, rispetto al materiale ferroviario, alle linee ed alla sicurezza, si intendano mettere in campo.
Da ultimo, signor ministro - la so sensibile all'argomento -, le chiedo un impegno personale per risolvere una situazione ormai vergognosa. Mi riferisco al licenziamento dei quattro macchinisti intervistati dalla trasmissione Report, e dell'altro macchinista che ha opportunamente


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denunciato l'introduzione del VACMA o dell'«uomo morto» (adesso, per fortuna, pare si faccia marcia indietro). È una vergogna che questi lavoratori siano stati licenziati ed è ancor più una vergogna che questi licenziamenti rimangano operanti con il Governo di centrosinistra.
Le chiedo, signor ministro, un impegno formale per fare in modo che Ferrovie dello Stato faccia giustizia e riassuma questi lavoratori.

MARIO BARBI. Vorrei innanzitutto ringraziare il signor ministro per la sua esposizione in apertura di audizione sia in merito ad alcuni aspetti non irrilevanti contenuti nella finanziaria sia in merito ad alcune indicazioni di massima che ci ha fornito relativamente al piano più generale di politica dei trasporti del suo Ministero, a cui anche l'onorevole Olivieri faceva riferimento.
Non credo che, in questa sede, dobbiamo entrare nel merito degli articoli e delle misure previste nella finanziaria, benché questa occasione, da quanto rileviamo, è stata in parte usata anche a tal fine. Credo che avremo modo di approfondire le osservazioni dell'onorevole Attili e quelle di altri colleghi dell'opposizione.
Vorrei utilizzare questa occasione per formularle delle richieste specifiche e per fare qualche rilievo. Innanzitutto desidero chiederle, se è possibile, qualche elemento in più relativamente alle modalità e ai tempi che lei prevede per la definizione del piano generale della mobilità, che ci ha annunciato anche nel corso della prima audizione. Da quello che mi pare di capire, questa è la carta che lei ci proporrà per definire un quadro strategico di riferimento, nel quale forse ci saranno - ce lo auguriamo - le risposte che venivano ora richieste relativamente alle politiche di gestione e di riordino dei flussi di traffico, degli spostamenti da un modo all'altro, e via dicendo, questioni che naturalmente sono di grande rilievo e che riguardano l'intero paese. Su questo sarebbe opportuno avere, se è possibile, qualche elemento in più.
Sul trasporto aereo, le chiedo se abbia avuto modo di leggere il documento - vedo che fa segno di no - che ci è stato consegnato proprio l'altro ieri e che ispira l'articolo sul Corriere della sera di oggi. Nel documento Alitalia si dice che è meglio rimanere a terra piuttosto che volare (vi ha fatto riferimento l'onorevole Sanza).
Se le cose stessero così, ci troveremmo in una situazione più che preoccupante, ma tanto più preoccupante se avesse un fondamento serio la tesi centrale, che mi pare di cogliere nel documento - lei non l'ha letto, poi avrà modo di farlo -, nel quale in fondo si sostiene che tutto il sistema aeroportuale, dalle strutture ai sistemi di regolazione e quant'altro, è costruito per penalizzare la compagnia di bandiera. Ora, non so se questo sia vero, ma è quello che è scritto nel documento citato. Basta leggerne appena un passo: «Questi fattori determinano una situazione strutturale di svantaggio competitivo dei vettori nazionali e rendono vana la pretesa che il paese possa disporre di un proprio network carrier, attore indispensabile per lo sviluppo economico del paese, che operi con un costo dei fattori allineato a quello di vettori stranieri». Questa mi sembra una tesi piuttosto forte, che certamente merita di essere analizzata ed approfondita.
Quella del ponte sullo stretto è questione politicamente importante e rilevante. Non diciamo niente di nuovo quando affermiamo che l'Unione, nel programma che ha presentato agli elettori, ha ritenuto di sostenere che il ponte sullo stretto non era una priorità del sistema infrastrutturale e trasportistico del paese, nella situazione data. Francamente non so se il ministro Di Pietro abbia detto che il ponte si farà, ma nessuno ha riferito se il ministro ha indicato anche i tempi. «Il ponte si farà» è un'affermazione che anch'io mi sentirei in qualche modo di sottoscrivere, il problema è quando, ossia quando saranno date le condizioni di priorità e di contesto che renderebbero quell'opera realizzabile.
In questo senso vorrei chiedere al ministro se possa confermarci quello che


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abbiamo letto in questi giorni, relativamente alla determinazione che sarebbe stata assunta dal Consiglio dei ministri nell'ambito della finanziaria, per la quale le risorse previste per il ponte sullo stretto saranno destinate ad opere di interesse infrastrutturale e trasportistico ritenute maggiormente prioritarie per la Sicilia e per la Calabria.
Relativamente alle consultazioni delle popolazioni, in caso di realizzazione di opere di grande impatto per i territori, possono esserci opinioni diverse, come quelle espresse dagli onorevoli Sanza e Floresta. Quello che mi sento di poter dire in questa sede è che noi, effettivamente, consideriamo importante e prioritario il coinvolgimento e il consenso informato - così si direbbe nel caso di interventi sulla salute - delle popolazioni interessate alle opere. Anche nel caso della Val di Susa, mi auguro che il consenso possa essere ottenuto da un'attività di persuasione e di convinzione precisa, puntuale, che raggiunga l'obiettivo di spiegare perché l'opera è indispensabile per il paese e perché è compatibile con la situazione locale; questo richiede un lavoro che la politica e il Parlamento devono fare.
Un'ultima osservazione sull'articolo 42, relativo alla rivisitazione dei consigli di amministrazione degli enti pubblici non economici. Al riguardo, volevo chiedere al ministro se possa dirci qualcosa in più in merito alla filosofia di questo articolo. Inoltre, relativamente al comma che individua le esclusioni, vorrei sapere se non potremmo prevedere, magari con un consenso unanime e largo, di escludere - motivando tale scelta - la parte che riguarda l'ENAV.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCO BELTRANDI

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor ministro, mi associo subito, prima di parlare dei problemi relativi alla materia in questione, all'appello che le è stato rivolto in merito ai licenziati delle Ferrovie. Ci sono state diverse indicazioni del Parlamento in questo senso, quindi si tratta di attendere anche a tali richieste. Peraltro, si è dimostrato che quei dipendenti avevano ragione ad assumere determinati comportamenti trattandosi di problemi di sicurezza della vita. Secondo me non solo non dovevano essere licenziati, ma avrebbero meritato un apprezzamento per quello che hanno riferito.
Vengo, adesso, ai problemi del trasporto aereo. Lei è qui, mi dicono, con il suo capo ufficio legislativo. Ne approfitto per portare alla sua attenzione alcuni problemi. Sarebbe opportuno ristabilire alcuni equilibri all'interno del Ministero dei trasporti, riportando alla competenza dello stesso ministero competenze che, per problemi che sarebbe lungo esporre - per la verità, in parte incomprensibili, se non eccessivamente comprensibili -, sono state dirottate altrove: mi riferisco, ad esempio, alla questione Assoclearance. Si tratta di un'associazione di vettori privati che svolge sostanzialmente una funzione pubblica concernente l'assegnazione e la gestione degli slots, che sono beni dello Stato. Nel momento in cui lo Stato dà un bene ad un ente che lo può utilizzare c'è da chiedersi se, poi, quest'ultimo abbia anche il diritto di vendita e di commercializzazione, per patrimonializzarlo all'interno del bilancio delle proprie aziende. La questione legata a Volare, ad esempio, è servita non tanto per aiutare l'azienda, quanto per prendere gli slots provenienti dal Governo. Siamo all'assurdo che una compagnia, sulla quale avremmo dovuto intervenire - visto quello che è successo -, come è stato, per la revoca di una serie di concessioni che erano state rilasciate, ha addirittura la possibilità di patrimonializzare beni che, a mio avviso, appartengono allo Stato.
Signor ministro, ho sentito più di una volta le sue dichiarazioni sulle concessioni aeroportuali. Esprimo apprezzamento e, se posso permettermi, la esorto ad andare avanti sulla linea che ha riferito, sia nelle sue interviste sia in aula.
Sul problema delle privatizzazioni, un conto è privatizzare, altra cosa è vendere. Noi dobbiamo andare verso la privatizzazione


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delle gestioni, non verso la vendita delle reti e delle strutture, per beni che svolgono una funzione di sicurezza nazionale. Se in un aeroporto, all'interno del quale si svolgono anche funzioni fortemente pubblicistiche, a un certo punto si perde il controllo di tali funzioni, queste possono finire anche in paesi non controllabili (non parlo del meccanismo del leverage buy out che è stato utilizzato).
Per di più, c'è il problema di un consistente assetto societario che va in mani straniere, di cui non si conosce l'identità, soprattutto in un momento caratterizzato, purtroppo, da terrorismo e da altre questioni, che sostanzialmente riguardano la vita e la sicurezza del paese.
Un conto, dunque, è privatizzare la gestione, altra cosa è il trasferimento delle concessioni su sistemi che svolgono una funzione di sicurezza, quindi sono strategici. Bisogna stare attenti, perché nella passata legislatura qualcuno, addirittura, voleva trasferire le funzioni del direttore dell'aeroporto alle società di gestione: saremmo arrivati all'assurdo del trasferimento di funzioni pubblicistiche a società private, su cui personalmente avrei anche qualcosa da dire.
Parte del prezzo dei biglietti va alle concessionarie totali che dovrebbero utilizzarlo per investimenti. Molte volte il sistema del trasporto aereo non funziona perché le concessionarie - in concessione totale - non fanno gli investimenti che dovrebbero. A quel punto, comincia il rimpallo delle responsabilità: si lamenta la mancanza dell'accordo di programma, alla quale si attribuisce il ritardo degli investimenti, e così via. Intanto, i soldi rimangono a loro. Ora, quei soldi trattenuti dalle concessionarie - anche se non per loro responsabilità - producono ricchezza, dal punto di vista della gestione del cash, per lo Stato o vanno, invece, in una contabilità non separata dentro la gestione delle società?
Vengo al problema dell'ENAC, che, a mio avviso, deve essere assolutamente rafforzato, in quanto ad esso sono attribuite funzioni che, finora, non è riuscito a svolgere (ad esempio, il controllo delle valutazioni economiche delle società). Di una struttura che gestisce un servizio pubblico che ha anche una funzione di sicurezza è necessario valutare gli equilibri - se di equilibri si tratta - economici, per assicurarsi che sia in grado di svolgere la funzione di garanzia della sicurezza, senza sottrarre risorse economiche da destinare, appunto, a questi settori.
Mi sembra che lei, signor ministro, abbia posto attenzione a questo ente, nel senso di dotarlo di maggiori risorse, perlomeno per quanto riguarda la parte umana (devo ancora valutare la parte economica). L'ENAC ha funzioni che necessitano di professionalità specifiche e di risorse.
Il modello ENAC, a mio avviso, è da esportare in altri sistemi: si tratta, infatti, di un'authority, che sta all'interno dello Stato e non sfugge dunque al suo controllo. Purtroppo, invece, molte volte si istituiscono delle authority piuttosto deboli rispetto alla potenza economica che devono controllare. Il risultato è che lo Stato viene sempre più indebolito. ENAC, invece, è un'authority dentro lo Stato ed ha una funzione di garanzia di obiettività per tutti.
Per chiudere sul tema del trasporto aereo, leggo - mi viene quasi da sorridere - a pagina 4 del documento diffuso da Alitalia: «La convinzione è che sia ancora possibile una presa di coscienza matura da parte delle istituzioni e delle parti sociali». Credo che dovremmo pregare chi scrive questi documenti di avere un minimo di rispetto e di cortesia istituzionale. Non credo che siamo arrivati addirittura al punto di aver bisogno di una nota di qualche agenzia esterna, redatta da qualche collaboratore interno, che ci dica di cosa dobbiamo prendere coscienza. Non parlo tanto in termini individuali, ma del Parlamento nella sua globalità.
Devo dire che ho davvero difficoltà a leggere fino in fondo questo documento - scrivetelo meglio, per favore -, che peraltro è la sintesi di un altro documento. Mi soffermo su questo tema perché stiamo parlando di una filosofia che investe il rapporto con Alitalia, che deve garantire la


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mobilità del cittadino. Se non parlo di questo, come faccio a parlare di ENAC, di Assoclearance, di concessioni?
Dal documento si evince una sintesi - sarei tentato di definirla «alla Catalano», pensando a Quelli della notte - di questo genere: se il mondo va bene, anche l'Alitalia va bene. Ma se il mondo va bene e anche l'Alitalia va bene, non abbiamo bisogno di manager! La verità è che si invoca la liberalizzazione totale, ma al contempo si chiede un atteggiamento protezionistico da parte del Governo nei confronti di una compagnia, riferendo peraltro cifre che non rispondono a verità. La liberalizzazione risale al 1o aprile del 1997 e le cose sono andate in un modo un po' diverso da quello che si legge in questo documento.
Sulle autorità portuali, signor ministro, il principio che viene introdotto è ottimo. Se fosse possibile un'ulteriore elaborazione, direi che si dovrebbe definire meglio la parte in cui si afferma che vengono lasciati dei diritti (parte di entrate, diritti erariali) alle autorità portuali, al fine di effettuare degli investimenti. Secondo me, questo principio andrebbe ulteriormente specificato, nel modo seguente: nel caso di soggetti che producono di più, la parte in più, oltre il trend di crescita, andrebbe lasciata ai porti, per ulteriori investimenti. Senza voler scimmiottare nessuno, basterebbe considerare il caso del porto di Castellon, creato dal nulla e sviluppato proprio con questo sistema.
Infine, il problema del trasporto pubblico locale. Prendiamo atto che vengono lasciati dei meccanismi di contribuzione dello Stato, ma anche in questo caso, secondo me, bisogna individuare un meccanismo per cui non può esserci solo un piè di lista da parte dei sistemi periferici per assicurare il trasporto locale. Vedo che anche in questo ambito alcune aziende municipalizzate vengono privatizzate e affidate ai francesi o ad altri: arriva lo straniero, chiede più soldi e «restringe» la città per obbligare la gente a usare più spesso gli autobus.
Questo processo di privatizzazione che cosa comporta? O meglio, che cosa porta via?

PRESIDENTE. Ci sono stati interventi molto lunghi. Poiché siamo in ritardo, vi prego davvero di contenere i tempi.

MARIO TASSONE. Lei vuole controllare i tempi dell'opposizione, quindi la prego di ritirare questo invito. Sulle audizioni non si può regolamentare!

PRESIDENTE. No, si tratta semplicemente di un invito.

MARIO TASSONE. La prego di ritirarlo.

PRESIDENTE. Mantengo l'invito, semplicemente per un fatto di orario, e specifico che riguarda anche i deputati del centrosinistra. Ci sono ancora parlamentari della maggioranza iscritti a parlare.

SILVANO MOFFA. Vorrei fare una premessa, scusandomi con il ministro per non aver partecipato alla sua precedente audizione perché impegnato quel giorno in altra riunione.
Ovviamente, mi riferirò a quanto è scritto nella legge finanziaria e alle considerazioni generali che ella cortesemente ha posto alla nostra attenzione nel primo incontro in Commissione.
Vorrei porre una sorta di pregiudiziale. Non possiamo, presidente, terminare qui il nostro incontro con il ministro per due ragioni: perché dobbiamo ancora entrare in maniera più approfondita nel merito delle questioni poste dalla finanziaria e perché l'interlocuzione con il ministro è nata sulla base di una richiesta della Commissione, avanzata al fine di comprendere le linee programmatiche sulle quali il Governo - il ministro dei trasporti in particolare - intende sviluppare la sua politica, nonché valutare le linee innovative rispetto al passato.
Abbiamo discusso anche dei limiti che derivano dallo sdoppiamento del Ministero e ne abbiamo fatto una questione centrale


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delle nostre riflessioni; ma tutto questo oggi ritorna prepotentemente in primo piano, proprio per le considerazioni che anche i miei colleghi hanno espresso.
Nel merito dell'incontro di oggi, non ripeterò cose sulle quali sono assolutamente d'accordo. Ho molto apprezzato l'intervento dell'onorevole Attili: ne condivido la sostanza, soprattutto con riferimento al rischio politico di tornare ad un passato che tutti avevano contribuito a superare. Mi limito solo a sottolineare l'opportunità, che mi sembra emergesse anche dal ragionamento dell'onorevole Attili, di considerare il possibile stralcio di questa materia, per riconfigurarla, sulla base di un più attento approfondimento, in un apposito disegno di legge non inserito all'interno della massa critica costituita dalla finanziaria. Il rischio consiste nel destrutturare sostanzialmente un sistema attraverso il meccanismo della legge finanziaria: credo che questo rappresenti un evento eccezionale. Sono nuovo del Parlamento italiano, ma non mi sembra che nella storia vi siano stati molti casi di destrutturazione sostanziale sistemica attraverso l'utilizzo di una legge finanziaria. Questo, tra l'altro, sminuisce l'effettivo valore della nostra stessa Commissione, sminuisce il Parlamento e ci pone problemi molto pesanti e gravi.
Sulla portualità si sono soffermati anche alcuni colleghi, e non ripeterò considerazioni che condivido assolutamente. Quando venne a trovarci in Commissione, ella sottolineò la necessità di rilanciare il sistema portuale italiano, e usò un'espressione molto felice parlando di integrazione come elemento intorno al quale ricostruire tutta la politica di sviluppo e pianificazione territoriale, ma soprattutto di abbrivio verso un sistema logistico integrato, che, come tale, chiami in causa il sistema infrastrutturale e moduli gli interventi sulle portualità in maniera molto più forte e significativa. L'argomento in questione contempla anche un aspetto di interpretazione giuridica su cui vorrei aprire un confronto. Nell'articolo 136 si scrive chiaramente che si va verso l'autonomia finanziaria delle autorità portuali e si sottolinea la natura di enti giuridici non economici.
Mi chiedo, dunque, se rientriamo nella previsione dell'articolo 42, dal momento che la risposta che potrei ricevere è che stiamo parlando di autorità portuali la cui valenza non è nazionale. Voglio ricordare, tuttavia, che le nomine sono del ministro, sia pure sulla base della concertazione di un parere espresso da altre autorità locali. Voglio aggiungere che si tratta di un elemento sul quale ci siamo confrontati anche in passato, quindi il problema non è di questo Governo, ma si trascina da qualche tempo (per delega ricevuta, me ne occupai personalmente in questa stessa Commissione) per cui questa mi sembra essere un'altra occasione persa.
Quando abbiamo affrontato il tema delle autorità portuali, avveniva, come anche attualmente, che vi fossero difficoltà riguardanti soprattutto l'individuazione delle nomine. C'era quindi un problema di requisiti - ho notato che anche su questo si vuole tornare a rideterminare i criteri -, ma soprattutto un problema riguardante una scelta che il Parlamento non aveva saputo fare: quella di stabilire esattamente le portualità aventi valore strategico nazionale ed internazionale. Ciò significava quindi andare verso una sostanziale classificazione dei porti, che ci consentisse di affrontare la materia, anche depurandola di quella valenza regionale o interregionale, che spesso complica profondamente le situazioni e determina poi problemi gravi, riguardanti anche la stessa economicità delle attività che si svolgono nei sistemi portuali.
Vorrei sapere se il Governo, e quindi lei, ministro, intenda intervenire su questo argomento.
Nella finanziaria è previsto un intervento per un nuovo piano di mobilità e per l'aggiornamento del piano della sicurezza stradale. Se non vado errato, il piano della mobilità preesistente è datato 2002, il piano della sicurezza stradale è datato 2004. Mi domando se sia davvero necessario rimodulare e rivedere quel piano e quali siano le linee lungo le quali si vuole


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individuare un aggiornamento, perché questo è uno strano paese, dove, quando si arriva al Governo, si inaugura subito un piano nuovo, che rimane sostanzialmente inevaso.
Prima di parlare del trasporto aereo, vorrei fare una rapida considerazione interna alla finanziaria. Lei ha sostenuto in maniera molto decisa, trovando su questo l'appoggio dell'estrema sinistra - ma non avevo dubbi in proposito -, che il ponte sullo stretto non si deve fare. Qualcuno la pensa diversamente; mi permetterà di chiederle, quindi, se le risorse del ponte sullo stretto siano esattamente quelle utilizzate oggi per interventi sull'ANAS e sul rafforzamento della portualità di Gioia Tauro. Da qualche parte le risorse devono essere trovate ed impiegate, dunque vorrei capire, perché qualche problema esiste anche in merito a chi oggi si occupa di ANAS mentre ieri si occupava di ponte sullo stretto. Questo sarà però argomento di dibattito quando affronteremo la questione con i soggetti deputati.
L'ultima considerazione riguarda il trasporto aereo. Ieri abbiamo audito il sottosegretario Tononi, il quale è stato molto accorto nell'evitare indicazioni in merito al deficit strutturale e all'aggravio della situazione finanziaria di Alitalia perché giustamente temeva, dal suo punto di vista - credo di poter condividere questa sua impostazione -, ripercussioni in borsa. Poi, questa mattina apprendiamo dai giornali quello che ritroviamo in questo documento. Non è mia intenzione entrare nel merito della questione - ne parleremo direttamente con Cimoli -, ma la legenda di questo documento parla di mercato relativamente povero, mercato frammentario, mercato frazionato su due hub ciascuno con seri problemi: forte potere sindacale tipico dell'industria calato in un contesto iperprotettivo; forte potere del sistema aeroportuale nazionale e di altri oligopoli nelle forniture; gestione regolatoria e normativa frammentata e carente; gestione inappropriata della concorrenza nel settore; eredità specifica dell'operatore principale.
Potrei continuare a lungo, ma il documento chiude con alcune linee di azione ritenute assolutamente necessarie che riguardano l'ENAC, le inefficienze dei sistemi portuali, l'ENAV. Ebbene, tutto questo, che sarà materia di riflessione, ha ripercussioni inevitabili sulla legge finanziaria. Le domando dunque, signor ministro, se, alla luce di queste considerazioni, i numeri riportati in finanziaria siano coerenti con la precisa indicazione che ci viene da Cimoli, oppure se, rispetto a queste linee programmatiche, esistano considerazioni diverse da parte del Ministero e del Governo, che ci inducono a ritenerle due cose diverse.
Vorremmo davvero capire quali siano le linee lungo le quali il Governo attuale intende muoversi per affrontare il nodo del trasporto aereo in Italia. Grazie.

MARIO TASSONE. Brevissimamente, signor presidente. Prima ho voluto fare un'eccezione per il vicepresidente, non per motivi personali - lei sa che ha tutto il mio affetto -, ma proprio perché vedo queste audizioni e questi confronti improntati ad uno sforzo da parte di tutti, sia della maggioranza sia dell'opposizione. Questo sforzo è molte volte ripetitivo, tanto da sembrare un fatto liturgico, e nelle conclusioni non rimane un elemento forte cui ricollegarsi per avviare un percorso di carattere legislativo.
Le dico subito, signor presidente, con tutta la considerazione che ho nei suoi confronti, che, dopo aver letto il documento proveniente da Alitalia, ritengo utile e opportuno audire in Commissione - l'11 di ottobre - l'amministratore delegato di Alitalia, anche perché ha compiuto una certa valutazione sugli enti regolatori dando giudizi trancianti; tra l'altro, vorrei capire se l'azionista di riferimento concordi con i giudizi espressi in Commissione. Se lo ritiene opportuno, signor presidente, potremmo organizzare diversamente l'evento ponendo i quesiti all'amministratore delegato, senza poi aprire un confronto.
Non abbiamo espresso alcun giudizio in merito, ma il signor Cimoli afferma che


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l'ENAC non farebbe il suo dovere come ente regolatore in quanto ha problemi, che l'ENAV sarebbe un covo di mascalzoni e che Vitrociset - la quale dovrebbe essere, invece, salutata come una grande innovazione e moralizzazione - meriterebbe un pessimo giudizio.
Vorrei sapere, signor ministro - da lei che è conosciuto per le sue capacità organizzative - quale sia la sua opinione riguardo alla politica del trasporto aereo nel nostro paese, anche a fronte del lavoro svolto da questa Commissione. Le ricordo che essa ha lavorato sempre con grande convergenza, tanto che molte leggi sono uscite da quest'aula approvate all'unanimità. Questa Commissione ha approvato la legge sul trasporto aereo, il codice sulla navigazione aerea, la nautica da diporto, il codice sulla nautica, la rottamazione. Ebbene, ritengo che tutto questo debba avere un riflesso sulla sua azione politica, visto che lei, opportunamente, ci ha indicato le poste in finanziaria. Sono lieto di quanto abbiamo ottenuto, perché ovviamente il Ministero dell'economia è una controparte delle parti, rappresentate dai ministri interessati.
Il problema del trasporto aereo riguarda ovviamente le gestioni, le concessioni, gli enti regolatori, il sistema aeroportuale e un aspetto che lei non ha avuto tempo di affrontare: mi riferisco alla definizione degli aeroporti di interesse nazionale e locale, al problema dei porti di interesse nazionale e locale e a tutta la problematica della logistica, per la quale non ci sarà mai una seria politica se non si riuscirà ad attribuire le competenze. Se nel piano della mobilità vi fosse un riferimento serio alle scelte decisionali, si realizzerebbe un passaggio utile, per lei e per noi come rappresentanti parlamentari, perché tutti insieme dobbiamo rispondere al paese senza essere «presi a calci» dalla gente che non distingue le differenti posizioni ideologiche.
Al di là delle ideologie, esistono gli interessi primari del paese e non le tutele dei privilegi che, purtroppo, anche con questa finanziaria vengono ad essere ampiamente riconfermate, perché non si scardina la centralità del capitalismo e dei poteri forti e non c'è nessuna tutela reale dei ceti deboli e dei lavoratori. Rimane un marchingegno ingegneristico e architettonico di distribuzione del reddito, ma manca una politica delle riforme.
Anche per quanto riguarda i trasporti, il problema è quello delle riforme. Lei lo sa bene, signor ministro, perché abbiamo vissuto insieme la questione di Gioia Tauro. Ebbene, se non si risolve il problema della 'ndrangheta nel porto di Gioia Tauro - lo dico formalmente, in verbale, senza timori - rispetto ad un contenzioso antico tra l'ASI e l'Autorità portuale, nonostante qualche passo avanti, avremo un blocco. Anche se lei ha ottenuto 50 milioni di euro, rispetto ai 100 milioni relativi alla portualità per Gioia Tauro, ci sono centinaia di milioni pregressi che devono essere allocati. Allo stesso modo c'è il problema del rigassificatore e della piastra del freddo, su cui certamente va fatta anche una valutazione complessiva. Allora, tenuto conto del circuito nazionale, Gioia Tauro non vive se non nell'interportualità del nostro paese e in una visione intermodale.
Bisogna ricordare che il Governo Prodi e poi il Governo D'Alema approvarono il ponte sullo stretto di Messina, tant'è vero che l'attuale presidente della giunta regionale della Calabria, che all'epoca era ministro, con molta onestà ha ammesso chiaramente di averlo approvato in Consiglio dei ministri; oggi, però, il ponte non si fa più. Lei ha ottenuto qualche fondo aggiuntivo a seguito della redistribuzione rispetto all'incameramento della società dello stretto verso l'ANAS, ma non si capiscono il ruolo di Ciucci e la valorizzazione delle risorse.
Ricordo che nel 1983 - allora ero sottosegretario ai lavori pubblici - abbiamo dato centinaia di miliardi a società variamente chiamate per lo stretto, società che hanno succhiato fondi preziosi al paese. Vorrei sapere che fine fa tutto questo, anche se è giusto dire chiaramente, come è stato detto da lei, che non vogliamo il ponte sullo stretto.


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Lo stesso discorso vale per la TAV, rispetto alla quale sono tranquilli i Verdi, è tranquillo Pecoraro Scanio, è tranquillo Paolo Cento, è tranquillo il presidente della comunità montana, sono tranquilli i sindaci, perché non si fa; c'è il percorso alternativo Strasburgo-Bratislava, tanto che si sta lavorando in quella direzione. Mi chiedo, saltando il Corridoio 5, quale sarà il ruolo di Gioia Tauro e quale quello di Taranto? Ma si tratta di problemi sui quali possiamo tornare.
Signor ministro, un vecchio parlamentare come me può dare il consiglio di definire i rapporti tra il Ministero delle infrastrutture e il Ministero dei trasporti. Se il Ministero delle infrastrutture vuole occupare anche il posto di Mastella, figuriamoci se non vorrebbe occupare anche il suo! É uno scherzo da ragazzi, visti i confini molto labili. Per esempio, esiste il grave problema connesso con la nomina dei presidenti delle autorità portuali. Lei non può accettare di fare il ministro concessionario di un concedente, che è il Ministero delle infrastrutture! Mi chiedo come possa programmare le infrastrutture per chiedere poi la concessione di porti e aeroporti, come possa limitarsi a controllare quello che fa l'ENAC.
Non sono d'accordo - lo ribadisco ufficialmente - sull'articolo 42, perché abbiamo realizzato una riforma sul trasporto aereo affidando all'ENAC un ruolo importante e indicandola grosso modo come authority, e non approvo che lei torni indietro. Sono contrario alle gestioni monocratiche, tanto che nella mia vita ho condotto battaglie contro i direttori generali delle ASL, che rappresentano l'avvilimento della democrazia e della civiltà di questo paese. Un direttore generale ASL afferma che dovevamo indicarlo apoliticamente, quando poi è semplicemente espressione di uno, e deve interessarsi di tutto (primari, paramedici, materiale).
Forse presenteremo pochi emendamenti: uno sull'agenzia della sicurezza, uno sull'agenzia relativa al trasporto terrestre e, ovviamente, qualcosa sul ponte sullo stretto di Messina e sulla TAV (o TAC). Ricordo che, una volta, fui ripreso violentemente dal mio amico Enrico Letta in televisione, perché parlavo di TAV e non di TAC, per cui si aprì una grande disquisizione (alta velocità o alta capacità).
Ritengo esista tutta una problematica su cui, certamente, torneremo per capire se lei stia programmando il futuro di questo paese dal punto di vista delle infrastrutture, cambiando anche le regole e i rapporti tra Ministero e Ferrovie, tra Ministero e ANAS. La programmazione e le convenzioni non si fanno in termini generici, specialmente tra Ministero e impero, perché prevale l'impero economico e non ovviamente i rappresentanti del Governo democraticamente eletto.

PAOLO UGGÈ. Signor ministro, devo esprimere una lamentela, o meglio rappresentare quella che mi pare una grande lacuna nel dibattito riguardante la mobilità delle merci. Possiamo certamente discutere del problema delle infrastrutture, del piano della mobilità, dei problemi dell'Italia, che sono stati in questa Commissione rappresentati da tutti gli intervenuti a seconda delle opinioni, che però hanno evidenziato, evidentemente, la necessità di un intervento approfondito, di una disamina dell'intera questione.
Voglio sottolineare che, senza un piano della logistica, che consenta nei prossimi dieci o quindici anni la realizzazione di quelle infrastrutture sulle quali tanto si sta disquisendo, corriamo il rischio di vanificare tutto il sistema produttivo del nostro paese.
Bisogna comprendere questo, e non escludere completamente il lavoro portato avanti non con una impostazione politica, ma con un'impostazione squisitamente tecnica ed economica dalle forze sociali ed economiche presenti nel paese. Ribadisco che lei, signor ministro, ha un piano dei trasporti e della logistica che è frutto di un lavoro approfondito svolto con il coinvolgimento delle realtà che rappresentano la società economica e produttiva del nostro paese: Confindustria, Confcommercio, Confederazione dell'artigianato, mondo della cooperazione, mondo della spedizione e mondo del trasporto.


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Nel quel piano che è stato redatto, del quale lei non fa mai menzione, è indicata una serie di interventi attraverso i quali si danno risposte concrete anche alla necessità della infrastrutturazione del paese, perché le infrastrutture sono lo strumento attraverso cui si realizza la politica dei trasporti, e lei sa che prima si fa la politica dei trasporti, poi si individuano i mezzi attraverso i quali realizzarla.
Questo è anche il motivo per cui abbiamo contestato, all'inizio della legislatura, la decisione in base alla quale nel decreto originario la logistica veniva suddivisa tra il nuovo Ministero delle infrastrutture, il Ministero delle attività produttive e il Ministero dei trasporti. La logistica è infatti una scienza che deve essere in capo al Ministero dei trasporti, non ad altra realtà. Purtroppo, oggi, vediamo le conseguenze delle scelte operate, anche se andiamo a valutare altri aspetti. Se non parliamo di come e con quali tempi nei prossimi anni le merci prodotte in Italia riusciranno ad arrivare sui mercati europei - e lei sa benissimo che i tempi di uscita dall'Italia delle nostre merci oscillano intorno alle due ore, due ore e mezza - senza interventi rischiamo nel 2009 o 2010 di raddoppiare quei tempi. Eppure, signor ministro, a proposito della sua dichiarazione resa in aula circa la volontà di sottoscrivere il protocollo trasporti della Convenzione delle Alpi, così come viene rappresentato, all'onorevole Brugger lei ha dato assicurazione che intende sottoscrivere il protocollo trasporti esattamente nella sua versione originale.
Lei deve sapere, signor ministro, che tutto il programma infrastrutturale che interessa l'attraversamento delle Alpi e la realizzazione del potenziamento dei valichi alpini, siano essi ferroviari o stradali, sarà sottoposto al vaglio dei sette paesi che hanno sottoscritto la Convenzione delle Alpi, e poi ci domandiamo ancora che senso abbia la discussione sulla TAV! Se non creiamo le condizioni per far uscire rapidamente le nostre merci, non si può pensare di intercettare - e questo il presidente Prodi lo ha ribadito - quelle che arrivano dal lontano est che, entrando nel Mediterraneo, intravedono nell'Italia (in particolare nella Sicilia) la prima piattaforma logistica; collegare la Sicilia con una infrastruttura stabile risponderebbe proprio a questa logica. Se non riusciamo a comprendere quello che avverrà nei prossimi venti anni e a prevedere gli interventi, rischiamo ovviamente di non dotare il paese delle necessarie infrastrutture.
Vorrei sapere se, quando lei avrà potenziato il porto di Gioia Tauro, apriremo i container o rappresenteremo solo un paese di transito, nonché come pensa potranno uscire dal nostro paese i milioni di container di merci che arriveranno e che ci prefiggiamo di intercettare.
Nel piano della logistica si parla del trasporto combinato e del suo sviluppo. Lei ha sostenuto che vi sono delle risorse destinate all'autotrasporto: desidererei sapere come intenda adoperarle. Se non ricordo male, infatti, gli interventi derivano da protocolli di intesa sottoscritti a Palazzo Chigi, e tendono nella gran parte ad adeguare i costi che gravano sulle imprese nel trasporto nazionale rispetto a quelli che gravano sulle imprese europee nostre concorrenti.
Lei dice che dobbiamo potenziare il trasporto per mare e il trasporto ferroviario, ma ha anche detto che avrebbe brindato il giorno in cui un mezzo pesante si fosse spostato dalla strada al mare. Avete da sei mesi il decreto sulla messa a disposizione di risorse per le autostrade del mare, ma non è mai uscito. Chi ha la competenza o la delega e affronta le tematiche legate alle autostrade del mare non ha ancora identificato le rotte sulle quali intervenire per poter attuare quello che è stato il primo intervento portato avanti a livello comunitario, autorizzato dalla Comunità europea e preso ad esempio da altri paesi. Sono passati sei mesi ed è ancora lì, nonostante fosse definito e approvato dal Consiglio di Stato.
Avete giustamente introdotto nella legge finanziaria la questione della tassa di possesso differenziando la tassa a seconda del tipo del mezzo - euro 0, euro 1 - ma non so se siano stati valutati gli effetti


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sulle regioni, giacché quelle tasse sono di competenza regionale. Credo che sarebbe stato meglio estendere anche ai mezzi pesanti una penalizzazione, moltiplicando per sei la tassa di possesso per i veicoli inquinanti (gli euro 0, gli euro 1), e prevedendo l'esclusione per i veicoli euro 4, euro 5, come è stato fatto in Germania e in altri paesi della Comunità europea.
Dovrò presentare un emendamento in tal senso, ma mi sorprende che lei, che segue con molta attenzione questo aspetto, e il Governo così attento alla questione ambientale non abbiate esteso ai mezzi pesanti la misura introdotta per le autovetture, come è già accaduto per altre misure quali la riduzione, relativa al servizio sanitario nazionale, per i mezzi pesanti, che è legata al tipo di mezzo (se è euro 0 non gode di nessuna riduzione, se euro1 al 50 per cento).
Anche per le riduzioni sui pedaggi autostradali è stato adottato lo stesso sistema. Sulla tassa di possesso si può fare una grande opera di incentivazione per la riduzione del parco, ma si deve anche tenere conto delle ripercussioni a livello regionale.
In ogni caso, il trasporto combinato si sviluppa solo potenziando i controlli sui mezzi stradali, che non costano niente, attuano la legge esistente e producono immediatamente un risultato. Quando venne introdotta la patente a punti, secondo i dati CEMAT e i dati delle compagnie marittime, abbiamo avuto un incremento del 20 per cento del coefficiente di riempimento delle navi e un aumento del fatturato sul trasporto ferroviario, che è balzato dall'8 al 12 per cento. Ciò si è verificato perché negli operatori era scattata la paura dei controlli da parte dei soggetti autorizzati a svolgere questa attività.
Nei protocolli di intesa sottoscritti a Palazzo Chigi è prevista, con un impegno del ministro dell'interno, l'istituzione di pattuglie miste dedicate al controllo dei mezzi pesanti. Quindi, ministro, la riforma di liberalizzazione dell'autotrasporto, che si regge sul principio dei controlli, intervenendo in questa direzione, può automaticamente creare le condizioni affinché l'impresa di trasporto scelga altre modalità rispetto al trasporto stradale.
Ma in quello che è stato detto e in quanto è contenuto nella finanziaria mi pare di non cogliere questa attenzione nei riguardi di una questione che non deve essere vista come propria dell'autotrasporto, ma come legata allo sviluppo e alla competitività dell'economia del paese.
Infine, non ho trovato menzione della legge n. 454 del 1997, che produce residui di circa 50 milioni di euro all'anno per il 2006, 2007, 2008, 2009. Tali risorse devono essere messe a disposizione di quel fondo che è stato istituito e che doveva aiutare le imprese a raggrupparsi e trasformarsi in operatori di logistica. Quei fondi devono essere finalizzati a questo, e, con gli operatori del settore, devono essere realizzate le condizioni perché le nostre piccole imprese possano crescere e partecipare alle sfide sui mercati europei, creando così una migliore risposta alle aspettative del sistema produttivo.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE POMPEO META

SILVIA VELO. Farò due rapide considerazioni, dal momento che gli interventi numerosi e le domande circostanziate che hanno posto i colleghi hanno toccato tutti gli argomenti complessi che riguardano il Ministero dei trasporti.
La prima riguarda i provvedimenti contenuti nella legge finanziaria sulle autorità portuali. A nostro avviso, dotare le autorità portuali di autonomia finanziaria è una scelta importantissima, sulla quale c'era una grande attesa. Esprimo il mio apprezzamento, quindi, per questo provvedimento e per le altre decisioni - già trattate dal ministro Bianchi, e sulle quali hanno relazionato i colleghi - che riguardano gli interventi per lo sviluppo della portualità nel nostro paese.
Esistono, però, alcune questioni assai rilevanti, e di immediata possibile risoluzione, che vanno analizzate. Si è parlato delle nomine e della necessità di accordi


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con i territori. Mi risulta ci siano già accordi, quindi sollecitiamo il Governo a fare le nomine poiché ci sono situazioni, come quella del porto di Livorno, che vedono commissariamenti protratti per più di quattro anni e che necessitano di risposte immediate, proprio per dare seguito alle politiche che il Ministero sta promuovendo.
L'onorevole Uggè è già intervento ampiamente sul tema dell'autotrasporto, un settore in seria difficoltà, che ha visto una riforma significativa nella precedente legislatura. Riforma che, oggi, è al vaglio delle associazioni di categoria, con posizioni non identiche e che derivano da quelle assunte nei confronti della riforma stessa nella procedente legislatura.
Mi risulta sia stato proclamato un blocco di cinque giorni dell'autotrasporto per fine ottobre. Vorrei sapere quale sia lo stato delle trattative e sollecito il Governo a trovare strumenti di confronto e occasioni per evitare un blocco che sarebbe pesante per l'economia del paese e che interessa un settore oggettivamente in difficoltà (i costi dei carburanti, la concorrenza dei trasportatori di paesi dell'est Europa, ed altro). Credo che questo sia un tema su cui sarebbe bene prendere un'iniziativa, anche politica.

MARIO LOVELLI. Signor ministro, penso che lei abbia già avuto un quadro di richieste e di domande che la impegnerà per tutta la legislatura, della quale non voglio allungare la durata. Mi bastano i prossimi cinque anni e mi basta, soprattutto, che in questo periodo il Governo dell'Unione attui il programma che si è dato e parta da questa finanziaria per dare attuazione agli indirizzi di fondo di quel programma.
Da questo punto di vista, nella sostanza, condivido le linee programmatiche che lei ha esposto a questa Commissione, sia nell'audizione del 27 giugno sia nella riunione della scorsa settimana. Ciò che vorrei suggerire - e l'esame della finanziaria ci consentirà di scendere nel dettaglio, durante le prossime sedute dedicate proprio a questo -, è di passare ad una fase di concretezza maggiore rispetto agli enunciati generali. Mi riferisco, soprattutto, alle indicazioni che lei ha dato rispetto alla politica di programmazione e pianificazione, quando ha parlato di riscrittura di un piano nazionale della mobilità (punto sul quale conveniamo). Non dobbiamo, però, dimenticarci che abbiamo un piano nazionale dei trasporti approvato nel 2001, base importante su cui ragionare.
Il collega Uggè ha ricordato il piano della logistica, che non ha avuto un passaggio parlamentare. È stato un piano approvato dal CIPE a seguito del lavoro della Consulta nazionale che esisteva nel precedente quinquennio. Trovo che esso sia troppo sbilanciato sul versante dell'autotrasporto per definirsi generale. Però, naturalmente, è necessario che il lavoro svolto fino ad ora venga tenuto in considerazione.
Ho l'impressione che sulla programmazione e sulla scelta delle priorità il Governo, insieme al Parlamento, dovrà compiere lo sforzo maggiore, quindi tratterò gli articoli 134 e 135 della legge finanziaria, che riguardano lo sviluppo del sistema alta velocità/alta capacità e il finanziamento delle opere di preminente interesse nazionale.
Certamente su questi due articoli e sulle priorità che ne conseguono si concentra la capacità del Governo di predisporre un piano credibile e attuabile per l'infrastrutturazione del paese. Per cui su questo le chiederei un approfondimento, eventualmente da farsi anche in un'altra occasione. Del resto, la questione non si riferisce soltanto al problema della Torino-Lione che prima è stato evocato, e sul quale, mi pare evidente, bisognerà entro l'anno sciogliere i nodi presenti. Ma si riferisce, da una parte, ad esempio, alla questione del terzo valico del Giovi, che nella logica dei Corridoi europei è un'opera che ha una importanza evidente, e dall'altra alle scelte logistiche relative alla destinazione degli investimenti. In base a questo, infatti, si creano possibili indirizzi di sviluppo del paese su cui dobbiamo concentrare l'azione di Governo


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dei prossimi anni. Su questo le chiederei una risposta fin da oggi, anche se, in ogni caso, sarà utile approfondire la questione nel corso della discussione dei temi della finanziaria.

PRESIDENTE. Do la parola al ministro Bianchi per la replica.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Grazie, presidente. È una replica un po' difficile per la vastità degli argomenti trattati. Tenterò di riprendere le questioni sollevate e di fare alcune valutazioni di carattere più generale sulla politica dei trasporti.
In premessa, vorrei fare una sottolineatura. L'onorevole Floresta, che in questo momento non è presente, riteneva fosse limitativa una discussione riguardante solo la finanziaria. Non sono venuto in Commissione solo per discutere della finanziaria, ma la volta scorsa mi era parso utile parlare di questo argomento, in quanto ciò significava mettere in evidenza se e in che misura erano state rese disponibili risorse per gli interventi che intendevamo fare e che avevo annunciato nella precedente seduta.
Peraltro, ho detto e confermo che considero questo rapporto con la Commissione trasporti della Camera, come anche con la Commissione del Senato, essenziale per il lavoro che stiamo portando avanti. Sarà mia cura, se la Commissione lo riterrà opportuno, venire qui non solo ogni volta che riterrete di chiamarmi, ma ogni volta che vi sarà una qualche materia su cui dibattere in questa sede, affinché il confronto possa rappresentare un arricchimento per noi e un'apertura per i successivi passaggi parlamentari che si richiederanno.
Rispondo puntualmente all'onorevole Attili che ha rilevato la mancanza di due provvedimenti per la formazione professionale e per l'avviamento al lavoro. Abbiamo chiesto che tali provvedimenti venissero introdotti nella finanziaria, ma, purtroppo così non è stato. Ci proponiamo, quindi, di concordare e presentare alcuni emendamenti alla legge finanziaria in tal senso, perché riteniamo che occorra affrontare questi due aspetti essenziali per il mondo della portualità.
L'altro punto che l'onorevole Attili ha toccato è quello delle autorità portuali. Mi sembra di capire che il provvedimento che dà autonomia finanziaria sia stato considerato positivamente. Esso è stato oggetto di un'indicazione precisa che ritroviamo nella finanziaria: a fronte dell'assoluta autonomia gestionale si lascia nelle prerogative del Ministero dei trasporti la possibilità di regolamentare, indirizzare e verificare i programmi delle autorità portuali. Ciò fa riferimento, in particolare, al numero delle autorità, all'opportunità che se ne istituiscano altre, o al all'introduzione di nuove forme di aggregazione. È un tema che abbiamo aperto e che, per quanto mi riguarda, abbiamo posto in termini di ricerca di aggregazioni possibili. Siamo contrari, infatti, a generare una proliferazione di autorità portuali autonome riferite a singoli ambiti portuali, autorità che, a volte, non hanno la consistenza adeguata per dar luogo a quella massa critica - credo sia evidente a tutti - indispensabile ad attuare quanto voluto nel campo della logistica, dell'intermodalità, della costa, delle autostrade del mare, e così via. In alcune situazioni ho già verificato una volontà delle autorità portuali di realizzare queste forme di aggregazione.

CARLO CICCIOLI. Aggregazione anche su quelli che sono stati definiti i «grandi porti»?

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Questo era l'altro versante della domanda a cui rispondo subito. Si è creata una sorta di contrapposizione nella discussione, che vorrei ricondurre ad unicum, tra la politica dei porti considerati di transhipment e il resto. C'è un provvedimento particolare nella legge finanziaria che riguarda i transhipment, che, tra l'altro, non vengono nominati se non per quanto riguarda Gioia Tauro e solo per dire che c'è una riserva del 50 per cento delle risorse complessive.


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Si dice, invece, che il Ministero dei trasporti stabilirà un criterio di classificazione dei porti nazionali ritenuti idonei a svolgere transhipment. Contemporaneamente, «l'altra politica» che si fa sostanzialmente con le autorità portuali e che riguarda i porti «storici» di questo paese è un tutt'uno con la precedente. Non sono due cose diverse come hanno lamentato fortemente a Genova, dove mi recherò sabato prossimo e cercherò di spiegare che questa non è una contrapposizione, ma è la volontà di creare un sistema portuale nazionale, in analogia con quello che stiamo cercando di fare per il sistema aeroportuale, e che consente di mettere in gioco il sistema e non le singole parti.
Per quanto riguarda la questione specifica relativa alle nomine delle autorità portuali, voglio ricordare che abbiamo già fatto tre nomine (Livorno, Trieste e Bari) e che siamo in procinto di concludere quelle per Taranto e per Civitavecchia. Le tre nomine sono state già trasmesse al Presidente della Camera e al Presidente del Senato, la prima il 1o agosto, la seconda il 5 settembre e la terza il 4 settembre.

CARLO CICCIOLI. È un caso, ma erano le uniche autorità portuali non orientate politicamente.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. C'erano cinque commissariamenti, e sto cercando di risolverli. Tre nomine sono state già fatte e le due rimanenti sono quelle che ho appena citato.
Su tali nomine vi è stata la richiesta - non voglio eludere il problema sollevato dall'onorevole Tassone - di una verifica di competenza del Ministero delle infrastrutture. Le nomine sono di competenza del Ministero dei trasporti, come è a tutti chiaro, ma il ministro delle infrastrutture ha chiesto, di verificare se si debbano concertare con lui. Per quanto mi riguarda ritengo di no, per la semplice ragione che sullo stesso provvedimento...

MARIO TASSONE. È un problema di casellario...

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Ritengo che, sullo stesso provvedimento, non possano essere previste due concertazioni, una con un ministro e una con il presidente della regione. Può esistere una sola concertazione: si deciderà poi quale, tramite un'intesa o con una formula qualsiasi.
Abbiamo anche avviato la procedura di richiesta delle terne per il porto di Brindisi. Quindi, mi pare che su questa strada stiamo procedendo abbastanza celermente.
Vengo adesso alla questione dell'ENAC, che è stata più volte sollevata e in merito alla quale ci siamo mossi attivamente, in direzione di quello che è poi diventato l'articolo 57, che consente all'ENAC il rafforzamento del proprio personale con l'assunzione di un certo numero - credo un centinaio - di controllori, prevalentemente ingegneri. Nulla abbiamo fatto per l'articolo 42 che, come ho già detto, confesso di aver scoperto soltanto in un secondo momento. In tale articolo, infatti, non si cita l'ENAC, ma si parla di una tipologia all'interno della quale sicuramente ricade anche l'ENAC.

MARIO TASSONE. Vi ricadono duecento enti!

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Ho già parlato di questo con l'ENAC. La prossima settimana abbiamo un incontro, che avevamo comunque messo in calendario. Credo che una certa rivisitazione dei compiti dell'ente vada fatta. Ad esempio, in relazione ai rapporti tra quest'ultima e il Ministero, ossia tra un ente che ha il compito di effettuare controlli e uno che ha il compito di vigilare su questi controlli. Attualmente non c'è sufficiente chiarezza ed il rapporto non riesce ad essere virtuoso.
In quell'occasione, discuteremo anche - come il presidente mi chiesto - dell'opportunità o meno di trasformare gli organi di gestione dell'ENAC. Dal canto mio, sono aperto ad ogni soluzione su questa problematica. Inoltre, in un secondo momento, discuteremo nuovamente per decidere


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se sia il caso di prevedere una deroga per l'ente nazionale dell'aviazione civile.
Per quanto riguarda il trasporto aereo, potrei riassumere moltissime delle questioni che sono state sollevate: in particolare, mi riferisco ad Alitalia. Tuttavia, se possibile, vi chiederei di tornare su questo argomento dopo il 10 ottobre, perché da circa dieci giorni a questa parte, il Governo ha preso una direzione nuova, rispetto a quella assunta nei mesi scorsi. Vale a dire che si è deciso, intanto, di rimettere nelle mani del Presidente del Consiglio la formulazione di un piano complessivo e delle linee programmatiche per il trasporto aereo e per Alitalia, vista come una parte costitutiva del discorso sul trasporto aereo. Questo significa non pensare all'Alitalia come ad un'azienda, che ha come socio, al 49 per cento, il Ministero dell'economia, ma considerarla come una delle componenti del sistema di trasporto aereo nazionale.
Questa sostanziale novità porterà il Consiglio dei ministri a presentare, il giorno 10, le linee guida per il trasporto aereo e per il vettore Alitalia. Siccome si sta lavorando intensamente alla messa a punto di questo documento - molto asciutto e scarno, ma che indica proprio le scelte di fondo che il Governo intende seguire in materia di trasporto aereo -, direi che forse è più opportuno rinviare questa discussione dopo quella data. Peraltro, in quel momento, sarò in grado di riferire sia i contenuti del documento sia circa la condivisione che su di esso si è manifestata, soprattutto da parte del Presidente del Consiglio. Anche per rispondere ad una richiesta che ci è stata rivolta, per un periodo di tre mesi, da qui alla fine dell'anno, il Governo aprirà una discussione con tutti i soggetti interessati al trasporto aereo (dai vettori alle società di gestione, dai sindacati agli operatori) e con le istituzioni. In proposito, ricordo, ad esempio, l'insistenza della regione Lombardia a discutere il problema della scelta dell'hub nazionale o degli hub nazionali, come Malpensa e Fiumicino.
Comunico la mia disponibilità al presidente di tornare in questa sede subito dopo quella data per discutere esattamente di trasporto aereo. Argomento, questo, sul quale il Governo e il Ministero dei trasporti in particolare, hanno molte cose da dire.
Per quanto riguarda la questione del ponte sullo stretto, mi è stato attribuito qualcosa di cui non vorrei prendermi né il merito né il demerito. Non sono stato io a fare scelte sul ponte. Ho una mia posizione che deriva da una lunghissima trattazione del tema che risale alla fine degli anni settanta, quando ho cominciato ad occuparmi del sistema dei collegamenti tra la Sicilia e il continente e quindi, inevitabilmente, del ponte. Ho maturato dei convincimenti e li ho espressi in più sedi (ho anche scritto sul tema), ma tutto questo non conta se non per come si è formata la mia personale valutazione sull'argomento. Il discorso è un altro. L'Unione aveva presentato una sua posizione molto precisa nei confronti di questa opera, sostenendo che non la considerava prioritaria e che, quindi, non apparteneva ai suoi programmi di intervento nel corso della legislatura. Questo convincimento è stato, semplicemente, ribadito con un atto molto più preciso di quanto è stato detto. Vorrei citarlo perché nel decreto-legge allegato alla legge finanziaria c'è un articolo che riguarda esattamente questo punto e che, quindi, è già in vigore (a differenza di tutto il resto che è nel disegno di legge). L'opera non si realizzerà e i fondi destinati, da parte di Fintecna, al ponte sullo stretto - quindi il «tesoretto» che era nelle casse di Fintecna - vengono indirizzati alla realizzazione di opere infrastrutturali e di difesa del suolo in Calabria e in Sicilia.
Su questo secondo aspetto mi sono speso molto perché, ad un certo punto, mi era parso che un semplice «no», lasciando le cose invariate, rischiava di far sparire i fondi (per esempio, nelle casse dell'ANAS), di cui non avremmo avuto più traccia. In questo modo, invece, abbiamo la certezza che i fondi saranno destinati a opere da realizzare in Sicilia e Calabria. Infatti, secondo l'articolo 14, comma 2 del decreto-legge, le risorse finanziarie inerenti agli


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impegni assunti da Fintecna Spa nei confronti di Stretto di Messina Spa, al fine della realizzazione del collegamento stabile fra Sicilia e continente, una volta trasferite ad altra società controllata dallo Stato, sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze in apposito capitolo di spesa denominato «Interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali e di tutela dell'ambiente e di difesa del suolo in Sicilia e in Calabria», il cui utilizzo è stabilito con decreto del ministro delle infrastrutture, di concerto con il ministro dell'economia, la regione Sicilia e la regione Calabria.
L'aspetto che mi premeva, al di là del fatto che l'opera comunque non si sarebbe realizzata, era che questi fondi rimanessero destinati esattamente alle infrastrutture nel sud (ad esempio la Salerno-Reggio Calabria, ferrovia e strada). L'alta velocità, con le caratteristiche tecniche con cui è stata realizzata o si sta finendo di realizzare per la Milano-Napoli, non si potrà fare in Calabria. L'ordine di grandezza di quell'opera con quelle caratteristiche tecniche è di 25 miliardi di euro, un costo insostenibile.

MARIO TASSONE. L'aveva già detto Moretti un anno fa.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Si può, però, realizzare un'opera che, con una spesa di 4, 5 o 6 miliardi di euro, abbia caratteristiche tali da consentire di andare da Reggio Calabria a Roma in quattro ore e mezza, da Paola a Roma in tre ore. Per ogni cittadino calabrese potrebbe essere motivo di grande festa.
Per la Sicilia penso, in particolare, alla ferrovia Messina-Catania-Palermo, un'opera infrastrutturale fondamentale, secondo me, nel quadro complessivo dei trasporti di quella regione.
Per quanto riguarda la TAV e il Corridoio 5 (in questo modo tocco tutte le questioni delicate), dico due cose. Il mio punto di vista in materia non è decisivo, in quanto si tratta di un'opera in corso di realizzazione e quindi compete strettamente al ministro delle infrastrutture. Rientra chiaramente, però, in un quadro di politica dei trasporti. Ed è mio parere che se la linea dell'alta velocità, anziché passare attraverso il nostro territorio, da Torino fino al confine con la Slovenia, dovesse passare sopra le Alpi, ne deriverebbe un danno gravissimo, di scollegamento col sistema delle grandi infrastrutture transnazionali con le quali siamo collegati attraverso il Corridoio 1, il Corridoio 5 e, con caratteristiche diverse, anche col Corridoio 8.
Credo, dunque, che quest'opera si debba fare. La situazione, in questo momento, si sta sviluppando su due binari paralleli: uno è quello della riattivazione della conferenza di servizi (dovuta al fatto che è stata ricondotta alla procedura normale anche la valutazione di impatto ambientale), che si è già riunita una prima volta e andrà avanti con i suoi lavori. Parallelamente è stato attivato l'osservatorio (per il quale è stato nominato un commissario) che ha il compito di smussare quegli spigoli che si sono determinati e che hanno creato la situazione di stallo generatasi, come sappiamo, lo scorso anno. Ho incontrato ieri l'architetto Virano, il quale mi ha detto che questa azione sta procedendo in maniera positiva; quindi, mi auguro che nel giro di poco tempo si possa arrivare ad una progettazione - l'ho detto in altre sedi - esemplare. Per ogni opera, per quanto difficile e in un contesto particolare dal punto di vista morfologico e ambientale, è sempre possibile trovare il modo di progettarla e realizzarla in maniera tale da assicurare le condizioni di compatibilità sia ambientale sia sociale (il problema è stato più sociale che ambientale in queste aree). I prossimi mesi ci diranno se questo è vero.
Sul trasporto pubblico locale, devo ammettere, innanzitutto, l'esistenza di un «buco» nella finanziaria. Non si tratta, certo, di una dimenticanza, perché avevamo ben messo in evidenza il problema del rinnovo contrattuale, per il quale vi era l'esigenza minima di 120 milioni di euro, che ad un certo punto era parso fossero disponibili. Io stesso avevo ricordato in Consiglio dei ministri questa


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somma, che sostanzialmente è stata ridotta alla metà, 60 milioni di euro se interpretiamo (ma bisogna verificare) l'articolo 183 in un certo modo; altrimenti, è stata totalmente tagliata. È un problema che bisogna assolutamente risolvere. La tesi secondo cui questi soldi vanno reperiti all'interno del trasferimento complessivo, che è stato operato, non regge, visto che gli enti preposti sono già abbastanza preoccupati per conto loro della situazione. Queste risorse, quindi, vanno riprese e rimesse al posto loro. Proporrò che si presenti un emendamento elaborato su proposta governativa (vedremo poi in quale forma).
Cento milioni di euro sono pochi, come è stato osservato, per il rinnovo del parco dei mezzi pubblici. Comunque, si tenga conto che, siccome si tratta di contributi nella misura massima del 75 per cento, c'è un moltiplicatore. Quindi, la somma reale è più grande di cento milioni di euro.
Circa la Tirrenia, che assicura i collegamenti con le isole minori, è stato fatto notare che non si capisce quale è l'articolo di riferimento. Se volete, vi posso mostrare di quale articolo si tratta e qual è la relativa tabella. Ci sono, effettivamente, i seguenti fondi: 30 milioni di euro per il 2006, 70 milioni di euro per il 2007 e 70 milioni di euro per il 2008. Adesso, stiamo cercando di dare attuazione alle previsioni per l'anno 2006, per il quale vi è ancora qualche piccolo problema. Il problema reale è un altro: occorre capire che cosa vogliamo fare di Tirrenia quando, alla scadenza del 31 dicembre 2008, quel tipo di regime dovrà finire per disposizione della Comunità europea.
Siamo già d'accordo con Alitalia sull'insediamento di un tavolo per discutere questo tema che ne evoca un altro, qui richiamato in vari interventi: mi riferisco alle privatizzazioni, alle liberalizzazioni et similia. La mia impressione è che in questi anni si sia fatta, intanto, un po' di confusione fra liberalizzazione e privatizzazione. Liberalizzare significa creare le condizioni affinché vi sia libera concorrenza in un mercato riferito, ad esempio, all'esercizio di un certo servizio. Altro è decidere che una compagnia, prima totalmente o prevalentemente nelle mani dello Stato, debba diventare privata. All'interno di questo c'è da fare il distinguo, operato in precedenza anche dall'onorevole Attili, tra autonomia gestionale e possesso dei beni, che è un'altra cosa ancora.
Nel caso di Tirrenia, un caso abbastanza delicato perché le condizioni della compagnia non sono del tutto floride, bisognerà vedere se lo Stato intenda, nel momento in cui si aprirà il processo liberalizzativo (dunque al massimo entro il 31 dicembre 2008), fare in modo che la compagnia stia sul mercato in condizioni tali da poter partecipare credibilmente al processo che ne determinerà la liberalizzazione, ossia partecipare alle gare che si indiranno per l'affidamento delle linee. Questo è un discorso che avvieremo subito, e richiederà del tempo, perché significa ridisegnare il futuro di Tirrenia.
Per quanto riguarda il tema dei licenziamenti, sollevato in due interventi, il neo amministratore delegato, ingegner Moretti, ha già fatto presente in più occasioni - credo che l'abbia ripetuto proprio ieri anche alle organizzazioni dei sindacati - che è sua intenzione procedere alla riassunzione delle quattro persone che erano state licenziate, nonché alla dismissione dell'impianto VACMA, che è ormai superato da altri sistemi di sicurezza che si stanno, man mano, installando sulla rete ferroviaria. Tra l'altro, uno degli interventi che abbiamo richiesto per il trasporto pubblico locale riguarda proprio la possibilità di utilizzare questi sistemi di sicurezza anche sulle reti locali, e non solo sulle reti a grande percorrenza, di cui ha la pertinenza Ferrovie.
Il piano generale dei trasporti e della logistica del 2001, come ho avuto modo già di dire più volte, è l'elemento fondante del lavoro che stiamo svolgendo. Nelle linee guida del piano, che presenteremo entro l'anno, il capitolo 1 sarà proprio dedicato a questo aspetto centrale del piano generale, sia perché facendo programmazione si evita di dimenticare quello che c'era


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prima (proprio per una questione di metodologia consolidata), sia perché in realtà abbiamo ben visto che al suo interno vi sono molte indicazioni che non possiamo che confermare.
Resta il fatto che un piano di logistica di cinque anni fa, con la velocità delle trasformazioni che si sono verificate e che sono in corso in questo campo, richiede comunque un aggiornamento, anche perché alcuni aspetti, nel rispetto ad esempio delle normative europee, vanno probabilmente integrati e modificati.
Comunque, intendiamo allargare il tema a quello più generale della mobilità con riguardo anche alle persone. Il piano generale trasporti e logistica del 2001 evocava maggiormente l'aspetto del trasporto delle merci. Il trasporto delle merci è essenziale dal punto di vista della produttività, ma il trasporto dei passeggeri non è, certamente, un discorso secondario. È un aspetto che nessuno ha richiamato stamattina, ed è un peccato perché aver ottenuto un sostegno per il piano dei pendolari è, per noi, un punto fondamentale. Si tratta di 17-18 milioni di persone che pendolano quotidianamente in condizioni estremamente precarie (soprattutto quando usano il mezzo ferroviario ma, in parte, anche quando usano l'autobus) per le quali abbiamo ottenuto un finanziamento. Intendiamo, però, sviluppare anche una politica, in accordo con Trenitalia, per migliorare la qualità del servizio. I passeggeri chiedono, infatti, solo due cose quando prendono un treno la mattina per andare a lavorare: che il treno sia pulito e confortevole e che arrivi in orario. Il primo obiettivo si ottiene comprando treni nuovi o cercando di migliorare quelli già esistenti. Il secondo, si ottiene attraverso un discorso sull'orario, sulla maniera di far muovere i treni, che in questi anni, secondo me, non ha rappresentato il pregio maggiore di Trenitalia.
Sulla sicurezza a Gioia Tauro...

MARIO TASSONE. Non era una domanda rivolta a lei.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCO BELTRANDI

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Quello che posso dire è che nello stesso articolo che finanzia gli hub ed indica la riserva per Gioia Tauro, è prevista l'istituzione di un apposito comitato interministeriale, di cui fa parte anche il Ministero dell'interno (per la questione della sicurezza). A Gioia Tauro c'è un problema particolarissimo derivante dalla situazione ambientale.
L'onorevole Tassone ha anche richiamato la proposta - che verrà avanzata e che considero assolutamente encomiabile - dell'agenzia dei trasporti. Noi l'abbiamo proposta in finanziaria e non è rientrata perché è stato fatto notare che c'erano altre sei proposte di altrettante agenzie (una credo che fosse quella della sicurezza) e quindi si prevedeva un pacchetto complessivo. Crediamo fortemente nell'agenzia dei trasporti anche perché, secondo noi, aumenterebbe l'efficienza del servizio dato e soprattutto eviterebbe l'appesantimento enorme che in questo momento caratterizza il Ministero gravato dall'apparato delle motorizzazioni, composto da 5 mila persone le quali verrebbero ad assumere un altro status in relazione al servizio che deve essere erogato.
Riguardo ai rapporti fra il Ministero e le Ferrovie non voglio eludere i problemi esistenti, però debbo chiarire che le Ferrovie sono una società per azioni posseduta al 100 per cento da capitale pubblico e che fa riferimento al Ministero dell'economia. Ferrovie presenta i programmi in autonomia. Noi abbiamo con l'ente due rapporti, uno su un contratto di programma per RFI ed uno per Trenitalia. Quello per Trenitalia è di competenza del Ministero dei trasporti, al quale quindi spetta svolgere la vigilanza. Quando si tratta di discutere sui programmi, è necessaria anche la presenza dell'amministratore delegato con il quale, peraltro, c'è uno splendido rapporto: credo che riusciremo a costruire insieme una politica del trasporto ferroviario in


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Italia. Immagino che sarà ascoltato dalla Commissione e mi piacerebbe essere presente, anche se, pur se in coerenza con la politica dei trasporti, deve avere autonomia nelle scelte.
Quello dell'autotrasporto mi sembra un tema fondamentale. Ci sono dei fondi, anche consistenti: esattamente 640 milioni, di cui 120 erano già disponibili nel 2006 e 520 nel 2007. Il problema, quindi, non è la disponibilità di risorse, anche se non bastano mai. Il problema è quello - evocato dall'onorevole Uggè - della rivisitazione del ruolo dell'autotrasporto anche in relazione alla riforma approvata. C'è motivo di pensare, infatti, che il settore non sia del tutto soddisfatto, visto che ha programmato uno sciopero per il 30 di ottobre. Proporrò a breve (entro la prossima settimana) a tutti i soggetti interessati, un tavolo per discutere dei problemi dell'autotrasporto, compresa la riforma del settore o la sua rivisitazione. Abbiamo la convinzione che tutti i discorsi sull'argomento siano collegati alla piena consapevolezza che il trasporto merci via strada occupa ancora, credo, l'85 per cento del totale. Il nostro intento di modificare queste quote non può fare ombra al fatto che avremo, e per chissà quanti decenni ancora, il trasporto su strada come perno centrale. Pertanto, ce ne vogliamo interessare appieno. Abbiamo già ascoltato alcune organizzazioni di autotrasportatori e proporremo una data (fra il 10 e il 20 di questo mese) per verificare se sia possibile, a partire dallo sciopero che è stato programmato per il 30, intraprendere assieme un percorso per discutere e trovare soluzioni per i problemi dell'autotrasporto.
Preciso che non stiamo firmando sic et simpliciter la Convenzione delle Alpi: è stata discussa nei giorni scorsi a Bruxelles - la prossima settimana si riunirà il Consiglio dei ministri - una serie di modifiche che avevamo chiesto e che avevano impedito, fino a maggio, di firmare la suddetta Convenzione. Mi pare di aver capito (da quello che mi è stato detto) che le clausole sono state accettate, quindi firmeremo il documento con le modifiche migliorative richieste.
Per quanto riguarda il controllo, siamo perfettamente d'accordo che si tratti di una delle questioni principali che dovremo affrontare parlando di revisione dell'autotrasporto. È un discorso che dobbiamo affrontare con il Ministero dell'interno, al quale compete mobilitare le risorse. Credo, però, che anche noi possiamo fare qualcosa, sotto forma di informazione e formazione sul tema.

PAOLO UGGÈ. Una parte delle risorse è stata destinata proprio ad operazioni di sicurezza. È stato così che il comitato centrale dell'albo degli autotrasportatori ha finanziato l'acquisto dei centri di revisione mobili, che fanno i controlli e vanno anche economicamente in aiuto al Ministero dell'interno.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Ministro, vorrei aggiungere due osservazioni - non necessariamente oggi - riguardanti l'Assoclearance e l'agenzia per la sicurezza.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Per quanto riguarda l'Assoclearance, non devo aggiungere nulla a quello che lei ha detto. Infatti, da quando mi sono accorto della sua esistenza in vita, ho rilevato l'anomalia. Probabilmente, il concetto di assegnazione dello slot, qualche anno fa non era così vitale come oggi. Tuttavia, attualmente, si fa politica del trasporto aereo, in maniera sostanziale, attraverso questo sistema. Però, non mi pare corretto che esso venga attuato in completa autonomia. Abbiamo già affrontato il problema e la mia idea è che esso vada ricondotto, in qualche modo, nel controllo dell'ENAC o direttamente del Ministero. Ad ogni modo, non possiamo appaltarlo ad un altro soggetto, ad un operatore privato che decide per conto suo. Questo mi sembrerebbe veramente assurdo.
Infine, se non sbaglio, lei ha parlato dell'agenzia per la sicurezza del trasporto.


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EGIDIO ENRICO PEDRINI. Mi riferivo all'agenzia per la sicurezza del trasporto aereo. Anche se non dipende da lei formalmente, ma dalla Presidenza del Consiglio, credo valga la pena di dedicare un ulteriore momento di attenzione a questo argomento. Infatti, si è creata una struttura che vigila sulle sue funzioni, ma che dipende dalla Presidenza del Consiglio. È una situazione molto strana e anche critica dal punto di vista del lavoro che può svolgere, un lavoro di grande importanza. Esiste un problema di risorse ed il rischio che sia un ente che mantiene se stesso. La prego, quindi di prestare particolare attenzione a questo aspetto.

MARIO LOVELLI. Ministro, dato che parlando di TAV, di TAC e di Corridoi europei, non ha fatto riferimento al Corridoio 24, Genova-Rotterdam, e al terzo valico del Giovi, le chiedo se possa dire qualcosa in proposito.

ALESSANDRO BIANCHI, Ministro dei trasporti. Sono stato reticente di proposito. Mi lasci il tempo di verificare, con il nuovo amministratore delle ferrovie, perché so che c'è un'opinione molto controversa su questo argomento. Verrò preparato la prossima volta.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro e i colleghi che hanno partecipato all'incontro. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,30.