COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 14 novembre 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MICHELE POMPEO META

La seduta comincia alle 14,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Massimo Tononi, sull'ipotesi di privatizzazione di Fincantieri.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Massimo Tononi, sull'ipotesi di privatizzazione di Fincantieri.
Do immediatamente la parola al sottosegretario Tononi - che saluto e ringrazio - affinché illustri la sua relazione.

MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Presidente, se mi consente, vorrei innanzitutto condividere con la Commissione le valutazioni del Governo circa il posizionamento strategico e l'andamento finanziario di Fincantieri, anche perché ritengo doveroso sottolineare l'ottima performance della società che, in questi anni, ha operato in modo positivo ed ha conseguito una posizione di assoluta preminenza nel panorama internazionale dell'industria cantieristica. Di questo, anche - ma non solo - in quanto azionisti, siamo grati a tutti i dipendenti della società, che hanno affrontato con grande determinazione la sfida rappresentata da un contesto di mercato complesso e competitivo.
Fincantieri è stata molto abile nel posizionarsi in segmenti di mercato meno esposti alla concorrenza asiatica, che spesso ha fatto del prezzo la principale leva competitiva. Diversamente da questa, Fincantieri, eccelle, infatti, nei suoi segmenti di mercato perché ha acquisito grandi competenze in termini di design, di tecnologia, di gestione di processi complessi, di personalizzazione del prodotto. Queste competenze sono alla base del successo dell'azienda, che oggi è leader nel settore delle navi da crociera, con una quota di mercato del 45 per cento ed un rapporto molto stretto e privilegiato con il principale operatore crocieristico mondiale, l'americana Carnival.
Le stesse considerazioni valgono per il settore dei grandi traghetti, dove Fincantieri detiene più del 30 per cento del mercato mondiale. Riteniamo, ovviamente, rassicurante e positivo che questi rappresentino segmenti di mercato per i quali si prevede una crescita prospettica significativa, come del resto è avvenuto anche in questi anni. Non stupisce, quindi, che Fincantieri, oggi, abbia un portafoglio ordini superiore ai 10 miliardi di euro, cifra molto considerevole, che vale più di quattro anni di fatturato.
È chiaro che questo posizionamento strategico, particolarmente favorevole, si sia riflesso anche in un andamento economico solido, positivo, con un fatturato in crescita ed un margine operativo risultato superiore ai 100 milioni di euro in


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tutti gli ultimi esercizi. Tale andamento economico appare particolarmente apprezzabile se si considera che, in questi ultimi anni, Fincantieri ha dovuto fronteggiare una serie di fattori potenzialmente penalizzanti e negativi, dal venir meno dei contributi pubblici alla cantieristica - che rappresentavano circa il 9 per cento del fatturato - all'apprezzamento dell'euro nei confronti del dollaro: questo, infatti, è un settore in cui molti clienti ragionano e comprano in dollari, quindi, necessariamente, tendono a comprimere i margini dei produttori, che invece hanno costi prevalentemente in euro. È necessario considerare, inoltre, l'aumento, negli ultimi anni, dei prezzi dell'energia elettrica e della materia prima principe per una società come Fincantieri, ovvero l'acciaio.
Un contesto così impegnativo esige un continuo impegno di crescita e di innovazione. Per presidiare questi mercati in forte sviluppo e per entrare in altri segmenti ad elevato tasso di crescita - ad esempio in quello dei megayacht, segmento in cui Fincantieri si è introdotta nel recente passato -, la società deve potenziare la sua capacità produttiva, il contenuto tecnologico dei suoi prodotti, la gamma dei servizi offerti. Si pensi, proprio ad indicare questa volontà, ai forti investimenti in ricerca e sviluppo che l'azienda ha realizzato negli ultimi anni, nonché all'iniziativa della società di costituire una rete di cantieri, a livello mondiale, per la riparazione e l'ammodernamento di navi da crociera e grandi ferries. Si tratta di una rete che sarà basata su tre punti focali, anche da un punto di vista geografico, dei quali uno in Italia per il Mediterraneo, un altro nel nord Europa e un terzo - nelle intenzioni della società ma non ancora realizzato - nel Mare dei Caraibi.
Considerazioni simili, in termini di crescita necessaria, valgono anche per il settore militare: sebbene rappresenti una parte minoritaria del business di Fincantieri, anch'esso registra la necessità di acquisire massa critica, economia di scala e un portafoglio diversificato, meno dipendente dalle commesse della Marina militare italiana, progressivamente ridottesi nel corso degli anni. Tutti i temi brevemente esposti sono gli argomenti sui quali ci confrontiamo regolarmente con la società e con il suo azionista Fintecna, perché riteniamo che il Governo debba non soltanto monitorare l'andamento economico-finanziario delle proprie partecipate, ma anche perseguire un assetto finanziario tendenzialmente stabile ed equilibrato, ed un posizionamento strategico sostenibile. Ci confrontiamo e riflettiamo, ma vorrei sottolineare che, allo stato attuale, da queste riflessioni non è scaturita alcuna decisione da parte del Governo di aprire al mercato il capitale di Fincantieri. Esistono, indubbiamente - ed è naturale che sia così, dato l'andamento della società - proposte e ipotesi, la maggior parte delle quali, però, tende a delineare, nel futuro di Fincantieri, una possibile quotazione in Borsa. La quotazione è, ovviamente, una delle modalità possibili per reperire le risorse finanziarie di cui Fincantieri ha bisogno per assicurare quello sviluppo di cui ho delineato le direttrici; la quotazione, inoltre, non prelude necessariamente ad una perdita di controllo da parte dello Stato, che, anzi, potrebbe certamente rimanere azionista di controllo, anche in considerazione della valenza strategica di Fincantieri per la nostra industria della difesa.
A rischio di ripetermi, vorrei, però, ribadire che, per quanto tali ipotesi non rappresentino una novità e siano ovvia conseguenza del buon andamento dell'azienda, rimangono soltanto proposte che giustamente verranno ascoltate e valutate, ma non costituiscono una decisione e nemmeno un orientamento da parte del Governo.

PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Tononi per l'esaustiva relazione.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre domande e formulare osservazioni.

SERGIO OLIVIERI. Prendo atto della sintetica e lucida esposizione del sottosegretario. Ne prendo atto con relativa soddisfazione,


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in particolare per la conclusione dell'intervento, che ha richiamato alcune ipotesi, evidenziando come non si tratti di decisioni e neppure di orientamenti. Da quanto si apprende dalle informazioni fornite, ci troviamo, dunque, ancora in una fase istruttoria della discussione sul futuro di Fincantieri.
Mi limiterei, pertanto, a porre alcune domande per valutare meglio la situazione. Da quanto ho capito, è in corso un confronto continuo con l'azienda, motivo per cui desidero sapere se il Governo ritenga possibile ipotizzare un limite temporale entro cui definire un orientamento, oppure se la discussione e il confronto abbiano maglie talmente larghe da non permettere di segnalare una tempistica di riferimento. Domando questo perché, come il sottosegretario sa, nelle scorse settimane è stato pubblicato un articolo su il Mondo nel quale, invece, erroneamente si sosteneva non solo che si trattasse di decisioni, ma che l'iter per la quotazione in Borsa di Fincantieri fosse già cominciato, ipotizzandone la piena realizzazione entro la primavera. Capisco che questa era una previsione del tutto sfasata, però vorrei sapere se, nel Governo, esista una riflessione sui tempi entro cui intervenire nel senso delineato.
In secondo luogo, vorrei chiedere al rappresentante del Governo come mai non si sia ancora dato seguito alla richiesta - risalente al giugno scorso - avanzata dalle organizzazioni sindacali di categoria, le quali domandavano di essere ricevute: nonostante siano trascorsi mesi, tale incontro, presumibilmente per responsabilità del Governo, non è ancora avvenuto. Personalmente, ritengo che il contributo delle organizzazioni sindacali alla riflessione in corso sia essenziale per la formazione di un orientamento e, in seguito, di una decisione. Intendo, pertanto, sollecitare il Governo a rispondere positivamente alla richiesta di incontro formulata dai sindacati.
In terzo luogo, desidero porre un problema politico. Fincantieri è un gruppo talmente strategico - come lei ha evidenziato, descrivendone, seppur sinteticamente, i campi di attività -, che qualsiasi decisione sul suo futuro, quando il Governo avrà definito il proprio orientamento, richiederà, in tutta evidenza, una discussione profonda, coinvolgendo il Parlamento in un ampio dibattito. Qualora, quindi, si giungesse ad un orientamento o ad una decisione al riguardo, questa discussione non potrebbe rimanere nelle stanze del Governo, ma dovrebbe coinvolgere, come protagonista, il Parlamento, per rendere tale determinazione ampiamente condivisa e meditata.
Infine, vorrei esprimere apprezzamento per il riconoscimento del sottosegretario al contributo che tutti, in primo luogo i lavoratori, hanno dato al raggiungimento degli importanti risultati economici di Fincantieri. Vorrei, tuttavia, far notare che due giorni fa si è diffusa la notizia secondo la quale Fincantieri di Sestri Levante avrebbe un sistema del tutto particolare di conteggiare il cosiddetto assenteismo, facendo risultare assenti per malattia anche i lavoratori infortunati sul lavoro: per questo, è stato addirittura indetto uno sciopero dei lavoratori del cantiere e si è tenuto un incontro con il prefetto. Alla luce di ciò, vorremmo pertanto ribadire che esiste l'autonomia aziendale, ma non la possibilità di violare le leggi e di prendere in giro i lavoratori, come è avvenuto in questo caso.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Signor presidente, onorevole sottosegretario, abbiamo già parlato di questo e vorrei essere concreto in alcune mie richieste. Non ricordo se esista una norma specifica che, al momento della privatizzazione di alcune aziende, imponga al Governo di riferire al Parlamento, in considerazione del piano industriale in base al quale vengono condotte le privatizzazioni, per verificarne l'esito e valutare - dal punto di vista economico - un asset del paese, realizzato con i soldi dei contribuenti e immesso sul mercato.
Alla luce di quello che lei ha esaurientemente espresso, mi preoccupa una mancanza di riflessione su Fincantieri in considerazione delle modalità con le quali


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sono state realizzate alcune privatizzazioni, non ultima quella di Wind, di cui temo dovremo nuovamente interessarci. Si tratta di una privatizzazione effettuata con i soldi dei contribuenti e dello Stato, seppure tramite Enel, conclusasi con una vendita avvenuta ad un prezzo inferiore rispetto all'investimento iniziale. Sappiamo che l'acquirente è un egiziano, il quale ora, al di fuori di ogni forma di controllo, in un settore particolarmente rilevante quale quello della telefonia, governa da Il Cairo una struttura realizzata con i soldi dei contribuenti, potenzialmente strategica per il settore del paese. Temo, inoltre, che, anche per altri motivi, le cronache dei giornali si interesseranno di questa vicenda. Si potrebbe chiedere cosa abbia a che vedere Wind con Fincantieri: in realtà, si tratta di dinamiche simili, tanto che parliamo di settori strategici. Lei ha, inoltre, ricordato come Fincantieri, seppur con valenza minoritaria rispetto a quella civile, ha una parte militare: ritengo sia dunque fondamentale occuparsi di quanto accade all'interno di questa azienda, che presenta una dimensione nazionale.
I vertici di Fincantieri hanno affermato il bisogno di privatizzare per reperire risorse finanziarie da destinare agli investimenti. Tuttavia - si fanno dei calcoli, sebbene non sia questa la sede- si rileva che, se la privatizzazione fosse parziale, il ricavato - se calcolato sull'unità di produzione in base al tipo di navi costruite - non fornirebbe grandi capacità di intervento finanziario. Sinceramente, allora, senza nulla di ideologico, si evidenzia un dato valutativo che induce a constatare come non esista una convenienza economica in questa proposta.
Vedo che i dirigenti di Fincantieri stanno recitando un ruolo che, a mio parere, non compete loro; intendo dire che solitamente chi vende l'appartamento è il proprietario di casa, non l'inquilino, per cui alcune valutazioni e sollecitazioni dovrebbero essere affidate non già a costoro ma all'azionista di riferimento, in questo caso il Governo. I dirigenti, invece, sono impegnati in una campagna di promozione privatistica che non appartiene loro.
Poiché lei ha parlato di ipotesi e di proposte, affermando che non vi è nulla di deciso, vorrei anche chiederle se siano già state effettuate valutazioni sugli effetti di tale sistema - che richiede impegno di risorse finanziarie - e, quindi, quale sia la dimensione dell'ipotesi avanzata. Poiché lei ha parlato di proposte, è inoltre lecito chiedere da chi provenga questo genere di suggerimenti. Se non potesse rivelarne i nomi, per il carattere spesso confidenziale degli accordi, potrebbe almeno indicarci l'origine - italiana o straniera - dei soggetti giuridici interessati, o la natura - industriale o finanziaria - del partner. L'ipotesi assume, infatti, valenze differenti a seconda del soggetto che la propone.
Comunque, vorrei appurare da lei - se non oggi, la prossima volta che tornerà a riferire in questa Commissione - almeno un dato in ordine all'esistenza o meno di una norma che imponga di informare il Parlamento riguardo alle suddette iniziative, perché mi dispiacerebbe apprenderle solo dai giornali. Nell'eventualità che questo non fosse previsto, sarebbe utile chiedere al Governo di venire in Commissione prima della decisione definitiva, per offrirci la possibilità di effettuare una valutazione politica su decisioni che il Parlamento potrebbe anche riservarsi di assumere.

CARLO CICCIOLI. Se si considerassero solo alcuni aspetti - la buona prestazione aziendale, l'esistenza di un indotto molto forte, gradualmente assorbito, la professionalità di aziende che non si occupano solo di prodotti marginali, ma partecipano alle costruzioni - e si scattasse una fotografia statica, si avrebbe l'idea di non dover toccare alcunché. Anzi, ci apparirebbe strano occuparci di un'azienda così configurata, perché solitamente ci si occupa di ambiti problematici. Esiste, però, il problema del futuro, quindi di raccogliere capitali per ulteriori investimenti tecnologici e per lo sviluppo nella competizione globale. Si tratta di fondi che - pur


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dubitando della capacità dello Stato di reperire risorse, in questo periodo, attraverso le sue società - sono comunque inibiti dalle norme europee. Il Governo afferma di non aver deciso nulla al riguardo, ma la domanda è in itinere: non si tratterà di oggi o di domani, ma i tempi dovranno essere abbastanza brevi, perché le decisioni del mercato sono molto più veloci di quelle della politica. Le chiedo, dunque, se sia strategico e indispensabile ricorrere a questi ulteriori fondi di dotazione attraverso il collocamento in Borsa di una parte della società, oppure se, in questo momento, si tratti di un'ipotesi nebulosa, non indispensabile in tempi brevi.
Ho letto attentamente sia la pubblicazione fornita da Fincantieri, sia il materiale presentato in Commissione. Sulle pubblicazioni, sia quella relativa al bilancio, sia quella più generale - la brochure di presentazione della società -, il problema della crescita, dello sviluppo, dell'innovazione, della corsa alla competizione traspare in maniera molto più forte di quanto ascoltato qui in Commissione. Vorrei, dunque, sapere se il Governo ritenga necessario affrontare una decisione e conoscere i punti che, in tempi più o meno brevi, occorrerà affrontare in ordine allo sviluppo e al consolidamento, sia nei settori tradizionali - militare, crocieristico e dei traghetti - sia in quello in espansione di riparazioni, yacht e navigazione turistica.

ANGELO MARIA SANZA. Lo dico con molta simpatia, avendo avuto proprio oggi conferma della fama professionale, di persona molto esperta e con grande capacità di gestione, che circonda il sottosegretario, in ordine alla delega ottenuta nonché agli studi compiuti (esprimo pertanto tutto il mio apprezzamento al giovane e valido rappresentante del Governo): il 99 per cento del suo discorso porterebbe a ritenere opportuna la collocazione di questa azienda sul mercato...

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Questa è una considerazione sua personale, onorevole Sanza, io domando, invece, per quale ragione venderla se va tutto bene...

ANGELO MARIA SANZA. È stato distratto, onorevole Pedrini. Per presidiare i mercati e i segmenti particolari - onde la citazione dell'area dei megayacht, come esempio di segmento in cui l'azienda si è inserita con capacità -, la Fincantieri ha bisogno di espandersi e di realizzare una propria rete sullo scenario globale del pianeta. Pertanto, ha necessità di effettuare investimenti, dei quali ritengo che il Governo sia consapevole, perché è stato apprezzato che Fincantieri non riceva più contributi pubblici ed operi sul versante dello sviluppo solo con mezzi propri.
È evidente che con questi è possibile arrivare a uno sviluppo entro certi limiti, e non oltre, laddove la professionalità, le capacità e le qualità dell'azienda consentirebbero l'espansione di questo «prodotto Italia».
Condivido, inoltre, ciò che l'onorevole Pedrini ha evidenziato a proposito di Wind, di cui avremo modo di parlare in modo approfondito. Non sempre, però, capita di ascoltare il Governo in questa sede o sentire di aziende che si distinguono per capacità produttive e conseguentemente di espansione.

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Parla forse dell'Alitalia...?

ANGELO MARIA SANZA. Ci saremmo attesi una conclusione ben diversa da parte del sottosegretario. Però, visto che abbiamo contezza di come è organizzata questa maggioranza che oscilla da culture di sviluppo liberista, proprie di Bersani e di Rutelli, alle posizioni di Ricci e altri di Rifondazione comunista...

MARIO RICCI. Vuole dire «stataliste»...?

ANGELO MARIA SANZA. Voglio dire che, mentre le premesse e il contenuto del sottosegretario sono tutte nella cultura


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dell'asse Bersani-Rutelli, le conclusioni si collocano, invece, sul versante di Rifondazione comunista: ne prendiamo atto.
Quando torneremo al Governo, sottosegretario, terremo conto della sua preparazione e, siccome non ci lasciamo certo condizionare dall'appartenenza a Governi precedenti, verificheremo se sarà possibile avvalerci ancora del suo aiuto, ovviamente, però, per le conclusioni logiche alle quali il suo discorso avrebbe condotto.
Il Governo attuale commette un grande errore a non favorire l'espansione di Fincantieri. Lo faremo noi - non passerà molto tempo - non appena andremo al Governo e ce ne prenderemo il merito.

GIOVANNI CARBONELLA. Finalmente comincerete a fare qualcosa...!

ANGELO MARIA SANZA. Ve lo dovete dire per prendere coraggio, ma a noi sta bene che il Governo sia tanto obliquo e strabico, perché così potremo dimostrare la sua inconcludenza al paese.

MARIO BARBI. Il sottosegretario Tononi ci ha confermato quanto già detto dall'amministratore delegato Bono, descrivendo un'azienda che va bene, che ha una posizione solida e importante in segmenti significativi e rilevanti della cantieristica, nonché l'ambizione di crescere, oltre che di mantenere le posizioni acquisite.
Ritengo che questo sia un tema condivisibile, al di là delle opinioni su come perseguire questi obiettivi, e che sia responsabilità del Governo individuare le modalità per assicurarli e raggiungerli. Mi sembra che il tema specifico di oggi sia quello della responsabilità dell'azionista, punto sul quale vorrei chiedere un approfondimento, nella replica, al sottosegretario Tononi, per capire a che punto siano l'esame e la valutazione delle risorse necessarie a Fincantieri per perseguire gli obiettivi citati, se e quando possano effettuarsi stime su si esse, e, qualora il Governo ipotizzi un aumento di capitale, come e in che tempi possa essere realizzato. Questa è la domanda che desidero rivolgere e per la quale sono grato sin d'ora per la risposta.
Aggiungo, poi, due annotazioni a margine, riprendendo analisi già espresse nelle audizioni precedenti. La preoccupazione, non necessariamente esaustiva, che ho colto nei sindacati quando sono venuti a parlarci, è che eventuali operazioni di reperimento di capitali sul mercato - una delle forme possibili è la quotazione in Borsa - rappresentino uno schermo della cosiddetta «finanziarizzazione dell'azienda», piuttosto che uno strumento di crescita e di sviluppo, ponendo in modo molto netto il tema del piano industriale, citato dal collega Pedrini. Certamente, qualunque operazione venga effettuata può e deve essere a favore della crescita, quindi con un piano industriale preciso. Come abbiamo ribadito come gruppo parlamentare in tutte le audizioni riguardanti questa materia, per un'azienda di tal genere e dal carattere strategico non è immaginabile che lo Stato rinunci al controllo pubblico: questa azienda deve rimanere sotto il controllo pubblico, ma contemporaneamente deve poter crescere.
Desidero, quindi, rivolgere un invito al Governo a non essere troppo timido e ad esercitare la sua responsabilità di azionista con chiarezza, lucidità e garanzia verso tutti, in primo luogo verso gli stakeholders dell'azienda, ovvero i lavoratori che ne costituiscono la ricchezza e la risorsa principale.

MARIO RICCI. Sarò breve, presidente, perché ci eravamo limitati - questa era stata anche la nostra finalità -, con l'intervento del compagno e collega Sergio Olivieri, a fare alcune considerazioni e a rivolgere alcune domande al sottosegretario Tononi, ritenendo esauriente la sua sintetica, ma significativa rappresentazione dello stato di Fincantieri.
Del resto recentemente avevamo avuto, dall'amministratore delegato Bono, un'ampia ricognizione, un check-up sullo stato di questa azienda e del ruolo del management, anche in relazione alle prospettive di sviluppo dei mercati e delle produzioni aziendali. Il dibattito, però, si è sviluppato su alcune questioni che desidero riprendere. Tengo a precisare sin da ora, infatti,


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che i tempi della costruzione di un possibile orientamento circa la quotazione in Borsa e la collocazione sul mercato di Fincantieri dovranno essere adeguati e, soprattutto, in relazione al Governo e alla maggioranza che lo sostiene, dovranno evidenziare punti di approfondimento, di ricerca di una sintesi delle diverse espressioni, circa la necessità di una politica industriale all'altezza della situazione, in cui nuove presenze di spazio pubblico possano determinare quei rilanci strategici di cui il paese ha bisogno.
Vorrei partire da una prima considerazione, in modo che il sottosegretario Tononi, se possibile, possa parlare di questo nelle sue conclusioni. Intanto, esiste un problema - sottolineato dall'amministratore Bono alla nostra Commissione - di missione di Fincantieri, in un contesto dato. L'azionista di riferimento, infatti, deve sempre avere presente e trasmettere al management che gestisce l'azienda gli indirizzi e la missione in base ai quali essa possa guardare a nuove prospettive e a nuovi sviluppi. Per noi la missione è precipua, come richiamava il sottosegretario Tononi: Fincantieri ha una valenza strategica, per quanto riguarda le prospettive di un settore come quello della navalmeccanica, nel settore dei megayacht, ma aggiungerei anche nel settore della navalmeccanica in generale.
Se, come credo, rimangono fermi questo indirizzo e questo orientamento, si deve effettuare un check-up dell'azienda cercando di valutarne i punti di positività e di criticità. Solo così si potrà intervenire anche nel reperimento delle risorse. Il dottor Bono ci ha segnalato la necessità di un reperimento di risorse per un piano industriale che consenta a Fincantieri di penetrare in altri segmenti con la costruzione di una rete, e di arricchire quella competitività che già la colloca ai primi posti nel panorama internazionale. Non esiste, dunque, un problema di recupero di competitività, bensì la necessità di penetrazione in altri segmenti del settore. Questo nuovo piano industriale può essere finanziato con quegli utili che richiamava il sottosegretario Tononi, perché, da alcuni anni, Fincantieri, all'interno di un fatturato crescente, produce 100-150 milioni di euro di utili in grado di essere reinvestiti per il suo sviluppo.
Quindi, o esiste una posizione ideologica pregiudiziale, per cui il privato è sempre migliore rispetto ad altre forme di gestione, di governo e di presenza sul mercato, oppure non si capisce perché dovremmo affrontare un'ipotesi e costruire un orientamento di quotazione in Borsa e di collocazione sul mercato tramite capitali privati, per un'azienda che non ha problemi di risorse finanziarie per sviluppare il suo piano industriale. Questo è il punto dal quale intendiamo partire. Del resto, ritengo che, se la collocassimo sul mercato, con la quotazione in Borsa, non si giungerebbe alla privatizzazione tout court di Fincantieri. Calcolando una quota del 40 per cento, si avrebbe un valore di riferimento possibile, nei tempi dati, pari a 400-500 milioni di euro, con il rischio di mettere in discussione quella missione strategica che, attraverso il controllo pubblico, può essere sviluppata, perché i meccanismi di mercato, come hanno dimostrato alcune esperienze nel nostro paese, molto spesso determinano non già uno sviluppo aziendale, ma addirittura danni difficilmente recuperabili.
Non è dunque necessario che il Governo, quindi l'azionista di maggioranza della società Fincantieri, stanzi nuove risorse finanziarie per il piano industriale. Il management ha infatti dato risultati ed esistono i presupposti per poter sviluppare la sua presenza e la penetrazione nei mercati attraverso la professionalità, motivo per cui risulta immotivato ipotizzare forme di privatizzazione di una società sostanzialmente sana.
Si sostiene, altresì, che il ricorso in Borsa possa offrire una valenza in più ad una società di produzione industriale come Fincantieri, affermazione relativamente vera, perché la capacità di penetrazione e di tenuta sul mercato di un'azienda è data da input che non si limitano alla quotazione in Borsa e alla collocazione sul mercato.


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PRESIDENTE. Non essendovi altri interventi, do la parola al sottosegretario Tononi per la replica.

MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Innanzitutto, in merito all'osservazione dell'onorevole Pedrini, vorrei chiarire che, quando ho parlato di ipotesi e proposte, non mi riferivo, almeno per quanto a mia conoscenza e di mia competenza, a proposte pervenute da potenziali acquirenti, siano essi strategici o finanziari. Mi riferivo a quelle formulate da intermediari finanziari, italiani ed esteri, che fanno il loro mestiere e, avendo individuato in Fincantieri una società con solide fondamenta e importanti prospettive, hanno quindi avanzato questi suggerimenti nella direzione di una possibile quotazione in Borsa.
In merito a questa che, con disagio, definisco un'operazione virtuale - mi state chiedendo dei commenti su un'ipotesi che, ad oggi, non è propria del Governo, ma è formulata da altri -, sono stati chiesti chiarimenti riguardanti i tempi, le risorse finanziarie, le conseguenze positive e le necessità sottostanti. Per quanto riguarda i tempi, ribadisco che nessun iter è iniziato e le indiscrezioni giornalistiche sono prive di fondamento. Ritengo che, come Governo, molto si sia fatto in questi mesi per approfondire la situazione di Fincantieri, perché abbiamo un costante confronto con l'azienda e abbiamo acquisito molti elementi. Tuttavia, non sono in grado di ipotizzare tempi di operazioni che, ad oggi, non sono state ancora avviate.

CARLO CICCIOLI. Questa operazione servirebbe, oppure si tratta solo di un'ipotesi tra le altre?

EGIDIO ENRICO PEDRINI. Ad integrazione dell'intervento del collega, le chiedo se sia stata fatta una valutazione economica dell'operazione...

MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Non dal Governo. Questi studi e queste analisi spesso includono valutazioni economiche che vanno poi verificate: molto dipende dal mercato e dal momento in cui l'operazione dovesse eventualmente realizzarsi.
Ritengo, però, considerando esclusivamente i numeri storici di Fincantieri, che non si sia lontani da valutazioni eccedenti il miliardo di euro, come valutazione del 100 per cento dell'azienda. Questo a prescindere dal giudizio sull'opportunità di intraprendere l'operazione, perché Fincantieri è un'azienda che, grazie ai propri dipendenti, in questi anni ha creato molto valore, cosa di cui siamo riconoscenti come azionisti.
Per quanto riguarda le risorse finanziarie e quanto risulta necessario per gli investimenti futuri, il Governo deve ancora lavorare in questo senso. Avete ascoltato l'amministratore delegato che ha parlato di 800 milioni di euro, in un arco temporale di tre anni. Se ben ricordo, 550 di questi erano legati all'innovazione e al rafforzamento dei business esistenti, mentre il resto era legato a nuove iniziative, in particolare alla già citata rete di cantieri di ammodernamento e riparazione. Esiste, comunque, l'esigenza di un importante afflusso di risorse finanziarie per sostenere questi investimenti prospettici. Tale afflusso di risorse può derivare, in primo luogo, dall'autofinanziamento dell'azienda, che fortunatamente guadagna, sebbene mi trovi a dover sottolineare come, a livello di risultato netto del conto economico, si tratti di circa 70 milioni di euro ogni anno, importo significativo e importante, che tuttavia riflette anche l'esigenza di investimenti.
La seconda fonte di risorse possibile è rappresentata dal capitale di debito. La valutazione che deve fare qualunque azionista, insieme al management, è se il capitale di debito sia sostenibile nel lungo termine, perché esso va rimborsato per definizione, aspetto sul quale non mi sento di esprimere un'opinione conclusiva.
La terza ipotesi è quella di attingere a capitali freschi e capitali propri, quindi non forniti dal sistema bancario o dagli obbligazionisti, ma dagli stessi azionisti, siano essi vecchi (il Tesoro), o nuovi.


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Nessuna decisione è stata presa, comunque, e dovranno essere svolte ulteriori analisi. Quello che posso rilevare, e che riflette anche quanto segnalavo circa l'interesse verso l'ipotesi di quotazione da parte di svariati intermediari finanziari, è che Fincantieri si presterebbe ad una quotazione in Borsa, cosa che non ha né un'accezione positiva, né una negativa. È una realtà, in quanto si tratta di un'azienda con un solido percorso reddituale alle spalle, con solide prospettive e una posizione di mercato di leadership, caso purtroppo raro tra le aziende italiane. Quindi, Fincantieri ha le caratteristiche per una quotazione in Borsa in cui sarebbe assolutamente normale che lo Stato mantenesse il controllo dell'azienda post-quotazione. Ribadisco, tuttavia, che stiamo parlando di un'ipotesi virtuale, stiamo definendo le caratteristiche virtuali di una possibile operazione, visto che su questo ci siamo soffermati. Tra l'altro, va osservato che si potrebbe anche pensare, sempre in questo scenario virtuale, di inserire nello statuto i poteri previsti dalla legge n. 474 del 1994, quelli della cosiddetta golden share, pur con tutti gli elementi di delicatezza che questo comporta nei confronti di Bruxelles.
Ho voluto inserire questo riferimento alla quotazione in Borsa e alle caratteristiche positive e peculiari di Fincantieri, non comuni purtroppo ad altre aziende pubbliche o private in Italia, perché - esprimo una mia personale opinione - se si dovesse addivenire all'apertura del capitale di Fincantieri al mercato - sottolineo fortemente il «se», perché nulla è stato deciso in tal senso -, la quotazione in Borsa rappresenterebbe la strada giusta in questa direzione.
Diversamente, nel caso di Wind, si è proceduto alla cessione del controllo ad una parte terza, il gruppo Orascom del signor Sawiris. Con ciò, non intendo commentare l'operazione Wind, che ha una sua storia, un suo periodo, un suo settore di appartenenza. Credo, però, che ci sarebbe una sostanziale differenza, qualora si dovesse andare in quella direzione, rispetto alla cessione del controllo ad un soggetto terzo, sia esso italiano, straniero, finanziario o strategico.
Da questo punto di vista, è evidente che, in qualunque ipotesi, a maggior ragione in quella di un'ipotetica quotazione in Borsa, è necessario sottolineare l'importanza di un piano industriale convincente, nei confronti non soltanto del Governo, ma anche di eventuali investitori che, al momento della quotazione, si dovessero unire alla platea dell'azionariato.
Quindi, il lavoro che stiamo svolgendo e continueremo a svolgere mira, da un lato, a valutare esattamente le effettive esigenze finanziarie di questa azienda e le modalità per garantirne lo sviluppo, aspetto che ci preme maggiormente, dall'altro lato, ad assicurare un piano industriale che, nell'ottica dello sviluppo e della crescita, sia convincente e possa rappresentare elemento di stimolo costante per il management, per l'azionista e per il paese.

PRESIDENTE. Ringraziamo il sottosegretario Tononi per la disponibilità manifestata e per il suo prezioso contributo, rispetto al quale abbiamo apprezzato in particolare la chiarezza e la capacità di sintesi, senza dubbio dovute agli studi condotti all'estero.
Informo i colleghi che discuteremo dell'audizione delle organizzazioni sindacali, già prevista, nella prossima riunione dell'ufficio di presidenza.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,55.