COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 27 settembre 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DANIELE CAPEZZONE

La seduta comincia alle 14,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del ministro dei beni e le attività culturali, Francesco Rutelli, in relazione alla politica del suo dicastero in materia di turismo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del ministro dei beni e le attività culturali, Francesco Rutelli, in relazione alla politica del suo dicastero in materia di turismo.
Dopo l'intervento introduttivo dell'onorevole Rutelli, ci sarà spazio per porre domande e questioni, ma con la preghiera di contenere gli interventi in tempi - come si dice in questi casi - da Parlamento europeo. Abbiamo tempo fino alle ore 15,15, dopodiché il ministro dovrà allontanarsi per un ulteriore impegno. Dobbiamo, quindi, essere serrati per consentire al ministro di svolgere delle considerazioni finali.
Do la parola al ministro Rutelli.

FRANCESCO RUTELLI, Ministro dei beni e attività le culturali. Ringrazio molto la Commissione, la quale sa, forse anche per la presenza di almeno alcuni di voi in precedenti sedute della Commissione cultura, che ho già svolto due audizioni alla Camera e due al Senato, riguardanti anche la parte relativa al turismo. Tuttavia, sono lieto di confrontarmi con la Commissione X, ritenendo che, in fondo, dell'indecisione concernente l'interlocutore parlamentare fa parte anche il tema più generale della collocazione della competenza relativa al turismo. Come sapete, negli anni passati essa era del Ministero del turismo e dello spettacolo, con un successivo passaggio di competenze alla Presidenza del Consiglio e un ulteriore passaggio al Ministero delle attività produttive.
La valutazione fatta dal Governo Prodi ha riguardato l'opportunità che, trattandosi di una competenza per eccellenza trasversale, essa potesse essere svolta presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Allo stesso tempo, la coincidenza - in questa legislatura - tra la responsabilità del Vicepresidente del Consiglio, delegato per il turismo, e quella del ministro per i beni e le attività culturali, può consentire una opportuna sinergia.
Dal punto di vista formale, stante la disponibilità degli uffici, derivante anche dalla necessità di contenere la spesa, noi ci ripromettiamo - lo avevo annunciato nelle precedenti audizioni - di inserire, nelle norme che verranno approvate nel contesto della legge finanziaria e degli altri provvedimenti collegati, una definitiva attribuzione del Dipartimento per il turismo a Palazzo Chigi.
In quella veste sarò solidamente vostro interlocutore, ma soprattutto ritengo che si potrà fare un buon lavoro. Potete avere la visione di insieme su quali siano le competenze che incrociano l'industria, il


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turismo e le attività turistiche, nel nostro paese, proprio dalla composizione del Comitato per le politiche turistiche. Ricordo che abbiamo ricostituito quel Comitato, dopo che la Corte costituzionale, accogliendo il ricorso di una delle regioni italiane, aveva dichiarato decaduto, fatte salve alcune sue finalità, il Comitato nazionale per il turismo.
Fanno parte del ricostituito Comitato per le politiche turistiche una serie di Ministeri - da quello dell'industria a quello per le politiche regionali, da quello dei trasporti a quello dell'ambiente, da quello delle attività produttive a quello, naturalmente, dei beni e delle attività culturali - che, nel loro insieme, indicano come sia vasto l'arco delle competenze che intrecciano la politica nazionale per il turismo.
Vi è un'ampia rappresentanza delle regioni, tant'è vero che, su tale punto, la Corte costituzionale ha stabilito che vi debba essere un equilibrio tra le rappresentanze ministeriali e quelle regionali. Come voi sapete, infatti, con un referendum svolto agli inizi degli anni '90 la competenza del turismo era stata attribuita alle regioni. Questo richiama l'altro grande tema, che riguarda il modo in cui si gestisce il rapporto fra la politica nazionale - soprattutto di promozione del turismo - e le competenze esclusive, che oggi sono in capo alle regioni, per quanto riguarda la gestione delle politiche turistiche.
Infine, fanno parte del Comitato per le politiche turistiche esponenti delle forze produttive: i rappresentanti delle categorie di settore, Confindustria, Confcommercio, Confesercenti, oltre che dell'Unioncamere (Unione delle camere di commercio), che a sua volta raggruppa molti altri settori, categorie e associazioni produttive.
Vorrei partire dall'aspetto istituzionale - poi arriverò alle politiche - perché mi sembra che sia quello il punto che meglio chiarisce le potenzialità e le difficoltà del settore in Italia.
Cercherò di non fare polemiche sulle situazioni pregresse, tuttavia non sfugge a nessuno che, nell'ultimo periodo, non era facile identificare un'autorità politica a livello governativo responsabile del coordinamento delle politiche turistiche. Ciò non era soltanto determinato da quella competenza esclusiva in capo alle regioni, a cui ho appena fatto riferimento, ma probabilmente dal fatto che, nel corso del tempo, la responsabilità politica del turismo è venuta frammentandosi e fondamentalmente isolandosi.
Il compito che oggi sento come fondamentale è quello di riuscire a creare un clima di piena collaborazione tra il governo a livello statale e a livello regionale - dopo una fase di non poche frizioni - e di coinvolgere in maniera sostanziale le categorie produttive che hanno un grande impatto nell'economia nazionale, ma che, tuttavia, hanno avuto spesso buon motivo per lamentare una disattenzione, o meglio un'insufficiente azione strategica del paese a supporto dell'industria del turismo.
Che di industria si tratti non sfugge a nessuno di voi, sebbene un'industria sui generis, nel senso che si tratta di un'associazione di attività di servizi, di reti e di assetti organizzativi che determinano - vengo al primo dei grandi problemi che dobbiamo risolvere, caro presidente, cioè quello dell'incertezza sui dati - nel nostro paese una quota sulla ricchezza nazionale che oscilla, nelle più diffuse valutazioni, tra l'8 e il 12 per cento del prodotto interno lordo. Ovviamente, vi sono anche stime che scendono più in basso o che salgono, a seconda dei criteri utilizzati.
Quello dei criteri è, appunto, uno dei primi temi da affrontare. La normativa in vigore ci consente di insediare - lo faremo al più presto - un osservatorio sul turismo che ci permetta di disporre di dati condivisi. In Italia chiunque abbia intenzione di parlare di turismo, magari perché ha commissionato un sondaggio a un istituto demoscopico o perché dispone di valutazioni spurie, si mette a farlo. Per carità, tutti possono parlare in un paese democratico, ma quando si forniscono dati relativi a un comparto così sensibile, anche relativamente alla comunicazione e al messaggio che si trasmette fuori dalle sedi


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competenti, è evidente che l'attendibilità dei dati diventa particolarmente importante.
D'altronde, sappiamo che la criticità circa l'attendibilità dei dati è un tema di interesse internazionale, non soltanto italiano. Dobbiamo verificare (se n'è parlato nella riunione dell'ultimo Comitato) se tra i diversi soggetti - l'Istat, l'Ufficio italiano cambi, che fa riferimento alla Banca d'Italia, la stessa Unioncamere, che ha dato la propria disponibilità a investire e a lavorare per fornire un sistema di rilevazione credibile - vi sia la possibilità di affrontare questo aspetto prioritario.
Un altro aspetto non meno importante è quello di raccordare i dati nazionali con quelli internazionali. Non sfugge a nessuno, ad esempio, che (secondo taluni osservatori) il dato relativo al maggiore tasso di occupazione che si registrerebbe negli alberghi di altri paesi sarebbe connesso al fatto che quelle rilevazioni siano collegabili alla parte fiscale ovvero siano assolutamente svincolate.
È evidente che registrano un tasso di occupazione più alta quei paesi il cui sistema di rilevazione, per come è realizzato, non è collegato con gli accertamenti fiscali. Questo, dunque, è un tema internazionale, ed è indubbio che, se vogliamo analizzare i dati in modo coerente, da qui dobbiamo indiscutibilmente partire. Tuttavia, un dato è obiettivo a parametri costanti: l'Italia è passata dall'essere il primo paese al mondo per ingressi turistici (income) al quinto posto. Mentre agli inizi degli anni settanta eravamo al primo posto, lo scorso anno siamo stati superati anche dalla Cina.
Fermo restando che non solo questo dato numerico indica l'importanza del turismo - vi è il problema del turismo di massa, del turismo giovanile, dei turismi più redditizi dal punto di vista del numero dei visitatori -, è chiaro che esso è un indicatore fondamentale per un paese che fa della politica del turismo una delle condizioni di base per la crescita (penso al Mezzogiorno, ma anche all'intero territorio nazionale).
Il mio ufficio ha curato un'analisi - ne divulgheremo i risultati appena sarà completata l'elaborazione - effettuata tra cittadini italiani che passano le vacanze all'estero che hanno fornito un contributo di grande interesse: dalle esperienze maturate per quanto riguarda i servizi erogati, la cura e l'attenzione nei confronti degli ospiti, l'originalità, e anche le prestazioni erogate alle famiglie, ai giovani, agli anziani, alle persone disabili, nonché fondamentalmente il rapporto qualità-prezzo.
Non vi è dubbio che il rapporto qualità-prezzo è uno dei fattori fondamentali che sono emersi criticamente negli ultimi anni, relativamente alla perdita di posizione del nostro paese rispetto ai paesi competitori. Naturalmente, i fattori di minore capacità competitiva sono senz'altro stati accresciuti da difficoltà nel vettore aereo nazionale e da problemi relativi all'accessibilità, soprattutto di alcune regioni. Secondo il WTTC, negli ultimi quindici anni, il settore in Italia è cresciuto solo del 5,4 per cento, in Grecia del 12,5, in Turchia del 10 ed in Spagna del 7 per cento. Anche il quadro degli investimenti, nello stesso periodo, è molto sbilanciato a nostro sfavore.
È evidente che il tema istituzionale, di cui parlavo prima, pesa molto per quanto riguarda il coordinamento, ma pesa ancor più per quanto riguarda la promozione. Se le regioni hanno pieno titolo a governare tale materia - e noi intendiamo sviluppare la più grande, più stretta e leale collaborazione con le regioni, per quanto riguarda le attività di governo delle politiche turistiche -, non si può dire lo stesso per quanto riguarda l'incentivazione di campagne separate di promozione del turismo nazionale.
In una precedente audizione ho mostrato alla Commissione cultura una pubblicità della Galizia (una delle più orgogliose e autonome regioni della Spagna) che, sottolineando il profilo della propria offerta turistica, non può mancare di presentarla contestualmente con il simbolo del turismo nazionale spagnolo, che è, come sapete, il sole stilizzato di Mirò.


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L'Italia spende molti soldi «scoordinati» fra le diverse regioni, le quali non di rado si illudono di poter andare a «pescare» un turismo molto lontano, trascurando il fatto che possono «pescare» molto di più se rimangono all'interno di un quadro di politiche coordinate a livello nazionale, nel quale vengono valorizzate vocazioni, capacità e risorse dei nostri territori, che portano tanta ricchezza.
A questo fine è deputato l'ENIT e considero molto positivo che vi sia un vero clima di collaborazione, finalmente, tra Governo, ENIT e parti sociali (Commenti). Non ho fatto alcuna critica, ho detto solo che dobbiamo praticare un'economia di scala e che anche tra le regioni vi è questa consapevolezza.
Il Consiglio dei ministri ha approvato la nomina, come nuovo presidente dell'ENIT di Umberto Paolucci, che sarà insediato formalmente dopo il parere della conferenza Stato-regioni e che, come sapete, ha una grande esperienza internazionale, è il capo di una delle principali aziende tecnologiche di livello internazionale ed è una persona con una particolare sensibilità e passione per questi temi. Approfitto di questa opportunità per ringraziare Amedeo Ottaviani, che ha rivestito tale funzione per undici anni, prima che l'ENIT si trasformasse in agenzia. Ha, inoltre, accettato la carica di presidente onorario uno dei più autorevoli rappresentanti di marchi italiani nel mondo, Nicola Bulgari.
L'ENIT è deputato a questa funzione di promozione, ma risulta evidente che per promuovere è necessario avere una strategia, altrimenti si buttano via tanti soldi, senza dare un messaggio coerente ed efficace. La promozione è importante, ma più ancora lo è l'individuazione di standard di servizio adeguati ai nuovi orientamenti dei clienti, che cambiano. Si tratta di segmenti molto diversi: non si può fare una campagna di promozione solo per il turismo in bicicletta, che è molto in crescita, o per quello sportivo, o una campagna per coloro che preferiscono venire in Italia per itinerari religiosi, o per coloro che sono innamorati del mare, o che frequentano il nostro paese per il turismo montano o per l'agriturismo e le nostre campagne. Certo, nessuno trascura il fatto che sono le città d'arte la maggior attrattiva. Credo che i dati che verranno diffusi nei prossimi giorni sull'andamento di quest'ultima stagione saranno positivi, ma lo saranno anche e soprattutto grazie all'impennata, in termini di presenze turistiche, che si è registrata nelle maggiori città d'arte.
In generale - l'ho detto e lo ribadisco qui - il nostro scopo deve essere quello di sviluppare questa sensibilità, tanto legata alla percezione della bellezza italiana: la storia, la cultura, il paesaggio. Recenti indagini di due tra le principali riviste turistiche mondiali, una inglese e una americana, hanno collocato l'Italia rispettivamente al primo e al secondo posto come destinazione desiderata, mentre quella che ha associato la richiesta fatta ai turisti consultati alla propensione a fare un viaggio in Italia ha visto scendere l'Italia dal secondo all'ottavo posto.
L'Italia è sognata dai cittadini indiani e cinesi (i due più grandi mercati di espansione futura) come la prima destinazione desiderabile nel mondo. Questo è molto legato alla cultura, alla storia, all'arte, alla natura, al paesaggio (mare, montagne), ma innanzitutto alle grandi città d'arte, prime tra tutte Roma, Firenze e Venezia. Il nostro scopo deve essere quello di fare leva su tale tendenza molto forte, che è venuta crescendo anche statisticamente in misura maggiore, per diffondere la visita in Italia sull'intero territorio.
Come dicevo prima, abbiamo molto valorizzato la grande mostra di Mantegna, che è stata divisa tra tre città, Mantova, Verona e Padova (organizzata sotto gli auspici del precedente Governo) come messaggio promozionale per un territorio diffuso, non soltanto quello dei grandi centri frequentati dal turismo di massa consolidato, al fine di far conoscere la ricchezza e la varietà anche dei piccoli centri e dei territori interni del nostro paese.
Stiamo studiando inoltre, affinché l'appuntamento della prossima primavera ad Arezzo, riguardante Piero della Francesca,


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possa coinvolgere non soltanto la Toscana, ma anche Urbino e Rimini, città nelle quali si trovano altri capitoli fondamentali del viaggio e della scoperta del grande artista. Lo stesso, però, si deve fare per la Sicilia e per l'intero Mezzogiorno d'Italia.
Pertanto, è necessaria la promozione, a partire da questa grande vocazione, dell'intero territorio e della sua articolazione, anche al fine di allungare la durata media delle vacanze in Italia e di «destagionalizzarle». Al riguardo, avrete appreso dell'iniziativa che abbiamo assunto - magari ne parlerò rispondendo alle vostre domande - in favore della «destagionalizzazione» delle vacanze, tema di grande interesse sul quale sarà molto utile confrontarci in questa sede.
Il turismo, naturalmente, è anche competizione tra sistemi territoriali. A questo fine, la legge n. 135 del 2001 (legge fondamentale riguardo alle competenze in materia turistica) individua un nuovo strumento di programmazione, quello dei sistemi turistici locali. Per la verità, abbiamo riscontrato una certa disomogeneità nell'attuazione. Invece, è dalla omogeneità delle norme riguardanti il turismo, pur nella diversità delle vocazioni e delle politiche proprie del territorio, che - a nostro avviso - deve derivare uno standard condiviso. Vogliamo essere certi che quando un viaggiatore, nel nostro paese, entra in un albergo a tre stelle, trovi uno standard coerente, omogeneo, e altrettanto affidabile, in tutte le parti del territorio nazionale.
Non tutte le regioni si sono avvalse di questo strumento di governo del territorio. In ordine temporale lo hanno fatto l'Umbria, la Puglia, le Marche, il Veneto, la Basilicata, la Sardegna, la Lombardia, l'Abruzzo e la Liguria. Altre quattro regioni (Lazio, Molise, Campania e Sicilia) stanno provvedendo alla progettazione. Specifico che non si tratta di un obbligo, ma di un'opportunità. Tuttavia, il fatto che non abbiamo ancora la possibilità di coordinare le politiche del territorio sulla base di standard, anche organizzativi, omogenei, è un problema che certo non rafforza la capacità competitiva della nostra offerta.
Un altro elemento delicato è il ritardo del programma «Scegli Italia». Se crede, signor presidente, trasmetterò un documento elaborato per il Comitato delle politiche turistiche dal ministro Nicolais, d'intesa con le regioni, per una ridefinizione del cronoprogramma, ossia del programma di realizzazione di tale fondamentale strumento informativo e di servizio telematico per l'accesso al nostro paese.
Sarò lieto di parlare - non voglio rubarvi però ulteriore tempo - del modello di sviluppo del nostro turismo e, in maniera più approfondita, delle capacità e delle criticità del nostro sistema, rispetto ai nostri competitori. Confermo che stiamo per bandire un concorso internazionale per l'individuazione del marchio turistico del paese, che faccia da riferimento per tutte le questioni a cui ho accennato e per altre. Confidiamo, entro la fine dell'anno in corso, di poter stabilire il vincitore del bando.
Sono pronto a rispondere a quesiti riguardanti l'incentivazione del sistema, anche alla vigilia della legge finanziaria. Non voglio togliervi su questo argomento il piacere di dire la vostra, riservandomi eventualmente di rispondere.
Concludo con una considerazione sulla funzione di cittadinanza svolta dal turismo. È vero che l'Italia ha registrato nel 2004 - ultimo dato Istat compiuto - 29 milioni di arrivi e più di 81 milioni di presenze nelle località di interesse storico ed artistico. Questo dato dimostra una crescita enorme del settore. Tuttavia, va detto che il sistema di collegamento tra le politiche culturali è fermo. Poche regioni, ad esempio, hanno una carta per l'accesso ai monumenti coordinato alle attività turistiche. Questo non ci permette di utilizzare strumenti nuovi per andare incontro a questa enorme domanda, che è venuta crescendo, tra il 2002 e il 2004, dell'8,3 per cento per gli arrivi e del 5,6 per cento per le presenze.


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Abbiamo definanziato il fondo di dotazione per il prestito e il risparmio turistico; inoltre, abbiamo attribuito all'ENIT risorse assolutamente sproporzionate verso il basso rispetto agli altri paesi nostri competitori. Come sapete, veniamo sollecitati dalle categorie produttive ad assumere misure di incentivazione, di fronte alla difficoltà competitiva che il paese sta soffrendo e che ci ha fatto perdere quote rilevanti del turismo mondiale.
Il turismo ha anche un grande valore sociale. Ce l'ha per chi vive l'esperienza della conoscenza del nostro territorio, ma ha un grande valore per noi italiani, e non solo dal punto di vista economico. Ogni cittadino, a suo modo, è operatore del turismo, in quanto presenta le condizioni dell'accoglienza, il clima favorevole all'accoglienza stessa, le garanzie e la correttezza verso gli ospiti. Vi è su questo punto davvero una coincidenza di interessi tra il tener bene la nostra Italia per i visitatori e il tener bene la nostra Italia per noi che ci viviamo. Un buon indicatore di qualità turistica è in molti casi un buon indicatore di qualità della vita per i residenti.
Il turismo è un fattore di civiltà e di crescita. Credo che noi, che siamo stati iniziatori dell'accoglienza nel mondo, dobbiamo riscoprire la capacità di organizzarci meglio.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Rutelli per il suo intervento e per ogni altro contributo scritto che vorrà eventualmente trasmetterci.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre domande e svolgere eventuali considerazioni. Essendovi già dieci iscritti a parlare, ribadisco cortesemente la richiesta di contenere gli interventi entro i due minuti.

ADOLFO URSO. Onorevole ministro, devo francamente manifestare la mia delusione, soprattutto per il fatto che, a quarantott'ore dalla presentazione della legge finanziaria e dalla discussione in Consiglio dei ministri, lei non ha ritenuto di comunicarci in questa sede - forse lo farà in fase di risposta - quali saranno, nella legge finanziaria, i provvedimenti e le risorse destinate a questo settore ed anche, ovviamente, all'ENIT, che, come lei stesso ha affermato, ha bisogno di maggiori e più significative risorse.
Dato che il suo compito è quello di incentivare una politica promozionale, le chiedo a quali paesi, in concreto, pensate di dirigere la vostra azione, e con quali modalità. A tale proposito, le chiedo se intendiate utilizzare gli strumenti conferiti al Governo dalla legge sull'internazionalizzazione, approvata all'unanimità anche in questa Commissione, che prevedeva l'istituzione degli sportelli «Italia nel mondo» e un'azione comune e sinergica tra Ministero degli affari esteri, ambasciate e consolati, ICE, Ministero dello sviluppo economico ed ENIT.
Le chiedo anche se lei e il suo Governo abbiate una soluzione per quanto riguarda l'armonizzazione istituzionale di cui lei stesso parlava. In altre parole, consapevole della difficoltà di promuovere all'estero il sistema Italia in maniera organica, il Parlamento, nella precedente legislatura, aveva approvato una riforma costituzionale che prevedeva, tra l'altro, alla lettera a), comma 2 dell'articolo 117 del Titolo V - poi bocciato dagli elettori, come sappiamo - che la promozione dell'immagine Italia fosse di competenza esclusiva dello Stato. Prevedete di svolgere degli interventi legislativi per ricondurre ad organicità tutta questa materia, onde evitare che si continui nella frammentazione della proposta?
Infine, quale politica industriale intendete portare avanti? Ho letto sui giornali di una polemica tra lei e il ministro Bersani sulla politica industriale, anche nel settore turistico, (se debba essere dirigistica o salire dal basso). Ho letto anche di polemiche tra lei ed altri ministri sul ruolo del vettore nazionale, sulla strategia delle alleanze, sull'opportunità di privatizzare o ristatalizzare, e via dicendo.
Vorrei che sulla questione della politica industriale lei desse qualche risposta.

NICOLA BONO. Signor ministro, oggi è la giornata mondiale del turismo, e non vi


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è stata neanche una iniziativa, dichiarazione o manifestazione che ricordasse tale importante e significativo momento. Poteva essere un'occasione per riflettere, ma è stata un'occasione mancata.

FRANCESCO RUTELLI, Ministro dei beni e le attività culturali. Vi è la nostra audizione! Dico sul serio!

NICOLA BONO. Giustamente, è all'insegna della giornata mondiale del turismo!
La verità è che questa è la cifra del sostanziale disinteresse - malgrado i suoi sforzi dialettici nelle audizioni in Parlamento - del Governo nei confronti di un settore che è strategico non solo per i milioni di operatori che lo animano, ma anche per l'intero paese. Del resto, che vi sia un disinteresse emerge anche dal tenore delle sue dichiarazioni.
Le rivolgerò, ora, alcune domande secche. La prima: che cosa è successo al portale del turismo? Che non è partito lo sappiamo, ma non ne conosciamo le ragioni. È un'iniziativa che risale al precedente Governo, che non è affatto vero che aveva negato al turismo la rappresentanza; al contrario, il Comitato per le politiche del turismo è stato istituito dal Governo di centrodestra; semmai, non è stato ulteriormente potenziato e messo nelle condizioni di lavorare. Vi è stato il contenzioso costituzionale, ma oggettivamente anche quello è un processo sostanzialmente fermo. Perché non è partito il portale, al quale si affidavano tante speranze di sostegno al settore?
Per quanto riguarda l'ENIT, a parte le nomine sulle quali non abbiamo potere di valutazione circa la competenza sulla materia, quali strategie vi sono alla base del rilancio dell'agenzia? Quali sono le linee-guida che il Governo ha dato al Comitato?
Infine, lei ha fatto cenno ai sistemi turistici locali. Questa Commissione varò all'unanimità nella legislatura che si chiuse nel 2001, una legge per «fare sistema». Non può sfuggire come il problema sia legato al fatto che le regioni non hanno legiferato in maniera omogenea rispetto all'indirizzo del legislatore nazionale. Per «fare sistema» occorre creare una griglia comune di norme condivise.

DOMENICO TUCCILLO. Innanzitutto, vorrei esprimere un apprezzamento per la relazione del ministro Rutelli. Vorrei poi dire che noi partiamo dalla consapevolezza di un dato di fatto: di fronte alla caduta progressiva - lo stesso ministro Rutelli diceva che dagli anni '70 ad oggi l'Italia è passata dal primo al quinto posto del turismo a livello mondiale - vi sarebbe stato bisogno di dare al ruolo del turismo una collocazione adeguata, che desse massimo risalto e massima valenza a tale scelta e a tale strategia di investimento per il sistema paese. Il fatto, dunque, che il Governo abbia avuto tale consapevolezza e l'abbia espressa, intestandola al Vicepresidente del Consiglio e ricollocando la destinazione del turismo stesso, in abbinamento con il Ministero dei beni culturali - altra grande enorme risorsa del nostro paese - è una scelta che dimostra il valore e l'intenzione di quello che si vuole realizzare da parte di questo Governo.
Le due grandi opzioni sono, a mio parere, quella di cui parlava lo stesso ministro Rutelli del raccordo con il patrimonio culturale del paese, che rappresenta il 50 per cento di quello mondiale, e l'ambiente.
La domanda dell'onorevole Urso è condivisibile: quali sono le scelte che si intendono mettere in campo per l'armonizzazione istituzionale? È questo il grande problema. Su questo e sulle scelte più contingenti della legge finanziaria si misura la capacità reale del Governo di tradurre le intenzioni in fatti concreti. È su questo punto che potremo ascoltare dal ministro le risposte e capire in quale direzione si intenda procedere concretamente.

ENZO RAISI. Pur condividendo molte delle cose riferite dal ministro, devo dire che mi sembrano, se non banali - mi permetta, signor ministro -, piuttosto scontate. Si tratta di considerazioni che tutti noi conosciamo, ad iniziare dalle


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difficoltà sulle competenze in merito a questa materia. Lei ha perso diversi minuti per illustrare chi sono, dal punto di vista istituzionale, coloro che hanno competenza. Questo lo sapevamo già, ma avrei voluto capire, al di là dell'intenzione, che ha ripetuto più volte, di stabilire un buon rapporto con le regioni, come intenda coordinare, in modo decisionista, tali relazioni.
Anche dal punto di vista del marketing strategico mi sarei aspettato qualcosa di più. Quali sono i segmenti che intendiamo colpire, dal punto di vista della promozione? Lei ha citato due paesi in grande espansione, la Cina e l'India. Ebbene, quali politiche si intende indirizzare a questi paesi? Qual è il prodotto che andremo ad offrire? Lei ha parlato di città d'arte, ma anche questo è un argomento abbastanza scontato. Posso risponderle che, ad esempio, uno dei punti di forza del nostro turismo è la gastronomia. Lei sa che, girando per il mondo - lei è uomo di mondo -, ovunque vada troverà due ristoranti: quello cinese, per la forza economica, e quello italiano, di cui è ovunque apprezzata la gastronomia. Del resto, se vi è un genere di turismo che è cresciuto molto, in questi anni, è proprio quello gastronomico.
Per quanto riguarda il marchio, signor ministro, la invito a fare attenzione perché noi siamo riconosciuti e forti per il marchio del made in Italy. Aggiungere altri marchi a marchi già esistenti può produrre qualche difficoltà.
Considerato che abbiamo parlato del rapporto qualità-prezzo, mi sarei aspettato qualcosa sul tema degli incentivi. Lei ha citato il caso Spagna: allora legga cosa fanno in Spagna sia a livello di autonomie locali che a livello di Governo nazionale.
Da ultimo, mi consenta di richiamare un altro grande problema: la qualità professionale dei nostri operatori. Il nostro è un paese che continua ad essere ignorante nella conoscenza delle lingue. Come intendiamo promuovere, dal punto di vista professionale, coloro che intendono operare in questo settore? Credo che a questo quesito, considerato che lei è sempre stato attento anche al tema della scuola, debba dare una risposta.

GIANFRANCO BURCHIELLARO. Intendo esprimere il mio apprezzamento per i primi atti e per le prime riflessioni del Vicepresidente del Consiglio: finalmente abbiamo riproposto il tema del turismo al paese! Lo dico senza polemica. Ricordo che il tema del decongestionamento e quelli legati ad una diversa organizzazione delle ferie, nel nostro paese, hanno riaperto un dibattito che mancava da tempo. Da questo punto di vista, mi sia permesso di dire all'onorevole Bono che mi sembra un po' forzata la polemica nei confronti dell'attuale ministro, tenuto conto che il portale Italia si sarebbe dovuto avviare un anno prima della conclusione della precedente legislatura. Insomma, prendetevela anche con la vostra mancanza di obiettivi.
Ho apprezzato nella relazione le questioni dell'osservatorio e del rapporto qualità-prezzo, questioni strategiche per questo paese. Se vogliamo discutere di turismo, è bene sapere di cosa parliamo; se non aggrediamo, attraverso l'osservatorio, alcuni nodi strutturali che il ministro ha posto, difficilmente riusciremo a venire fuori dalle difficoltà.
Il vero nodo, che mi pare sia emerso anche dalla lettura della relazione, è quello di riuscire a mettere in sintonia le politiche nazionali con i processi aperti nel paese e che, finora, non hanno avuto un riferimento nazionale. Genova, Roma, le altre città d'arte che sono state citate, ma anche Torino, con le Olimpiadi: tutto ci dice che siamo di fronte ad un processo di trasformazione dei territori. Allora, il problema centrale è riuscire ad avere una politica nazionale che assuma il turismo come fatto strategico. Credo che, da questo punto di vista, nella relazione le premesse siano state poste.

LUDOVICO VICO. Signor ministro, venga di più in Commissione, perché il lavoro che lei ha già avviato è indispensabile per il tratto strategico che lei, insieme ai suoi colleghi di Governo, intende


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definire. Devo dire che è convincente quello che lei ha detto in ordine all'organizzazione della Presidenza del Consiglio o del Ministero dei beni culturali. Bene, queste cose sono già alle spalle: il tratto del suo impegno in direzione del turismo è parte integrante della politica dello sviluppo economico, degli incentivi alle politiche industriali.
In secondo luogo, lei ha parlato di marchio. Discutiamone; il made in Italy è il nostro marchio e in proposito, abbiamo bisogno di conoscere il suo punto di vista, contributo indispensabile per la nostra Commissione.

LUIGI LAZZARI. Signor ministro, devo dire che sono rimasto un po' deluso dall'ascolto della sua relazione: non è che ci aspettassimo azioni miracolistiche, ma mi sembra che manchi il coraggio di operare, anche in assenza di strumenti adeguati.
Ad esempio, la parte che riguarda il coordinamento non solo delle regioni, ma anche dei soggetti e degli operatori privati, merita uno sforzo più incisivo. Se mi consente, vedo una carenza anche in termini di obiettivi, soprattutto su un punto.
L'Italia sta perdendo quote, rispetto agli altri paesi, per due motivi fondamentali, che non ho sentito nella sua relazione: il primo è la lievitazione dei costi, che rischia di portarci, in alcuni casi, fuori competitività (e credo che possa esservi uno spazio di azione e di iniziativa in questo senso); il secondo, ancora più pesante, è la scarsa qualificazione dell'offerta, non solo quella alberghiera ma, in senso lato, quella comprendente tutti i servizi connessi all'offerta turistica.
Un'azione di coordinamento forte con i soggetti istituzionali, ma anche con i soggetti privati, credo che sia una delle iniziative che un Governo può portare avanti.

LUIGI FEDELE. Anch'io, come tutti i colleghi, ho ascoltato con grande attenzione la relazione del ministro Rutelli. A dire la verità, tra tante enunciazioni, problemi e analisi, in effetti non si è capito - o forse sono io che non ho capito bene - quale sia la strategia, quale la progettualità del Governo in questo settore, che tutti consideriamo indispensabile per la crescita anche economica della nostra nazione.
È un settore indispensabile in modo particolare - lo diceva anche il ministro Rutelli - per la crescita del sud. Vorremmo capire quali incentivi e quali risorse siano previsti in questo settore, per lo sviluppo del turismo nel sud dell'Italia.

RUGGERO RUGGERI. Mi pare che vi sia una sorta di gioco delle parti. La nostra Commissione ha sempre svolto un lavoro di promozione, di stimolo e anche di supporto alla politica del Governo, (e mi riferisco anche a quello precedente).
È innegabile che, in tutte le leggi finanziarie precedenti, non abbiamo trovato spazio per il turismo. Se guardiamo alle iniziative legislative del Governo, forse ve ne sarà una dedicata a questo settore. Il fatto che oggi ci troviamo di fronte alla scelta strategica di dare una delega per il turismo addirittura al Vicepresidente del Consiglio è già un fatto di grande attenzione e di volontà politica. Si fa presto a dire che sono state riferite cose scontate, ma in cinque anni, lo ricordo, non siamo riusciti ad affrontare il discorso del marchio, e questo ha riguardato prevalentemente il Governo e chi era nella maggioranza.
Mi compiaccio, invece, di una ventata di modernità, della volontà di ritrovare una collaborazione con le regioni. La nostra Commissione, con l'indagine che ha promosso sul turismo, cercherà di dare una mano a questo Governo.

GIUSEPPE CHICCHI. Anch'io vedo nell'incarico del ministro Rutelli una grande attesa da parte del mondo del turismo. Il ministro stesso lo ha potuto verificare in un bell'incontro con le categorie economiche che si è svolto a Rimini. Si attendono segnali dal Governo: non mi riferisco necessariamente ai soldi, ma a un metodo di lavoro, a un recupero di ruolo dello Stato nel coordinamento con le regioni, e altro ancora.
Intendo rivolgerle due domande, signor ministro. La prima riguarda il capitolo «Progetti speciali» del DPEF, dove, fra i


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driver di sviluppo che vengono individuati, vi è un riferimento specifico ai beni turistici e culturali. Quella metodologia specifica, molto interessante - in particolare per le aree turistiche mature, ossia quelle che hanno iniziato per prime a fare turismo - perché vede il cofinanziamento e la compartecipazione del privato e degli enti territoriali a progetti di sviluppo, troverà nella legge finanziaria un'applicazione anche per il mondo del turismo, o solo per il mondo dell'industria?
In secondo luogo, come si finanzia il turismo? Naturalmente vi è il problema del rifinanziamento della legge n. 135 - dopo anni di magra, ci aspettiamo almeno un segno nella legge finanziaria - ma vi è anche il problema di come i territori che hanno vocazione turistica riescono a finanziarsi. Altri temi sono quelli dell'imposta di soggiorno e delle tasse di scopo. Vorrei capire come il Governo, nella legge finanziaria, affronterà queste questioni.
Infine, vorrei dal ministro un chiarimento a proposito dei canoni demaniali, argomento del quale si è occupato.

SALVATORE TOMASELLI. Credo anch'io, come diceva il collega Ruggeri, che dovremmo superare il gioco delle parti. Il 2006 sarà probabilmente un anno di ripresa importante per il turismo in Italia, stando ai primi dati che cominciano ad essere diffusi. Per chi è stato critico sulle politiche degli anni passati, come noi, è difficile attribuire il merito alle scelte passate, ma è altrettanto difficile, realisticamente, immaginare che il merito sia dei primi atti di questo Governo. Andiamo, pertanto, alla sostanza delle cose: l'Italia è un grande paese che deve recuperare, nella competizione internazionale, il posto che gli spetta, ed ha tutti gli asset per rinvigorire la sua presenza.
Anch'io, quando abbiamo discusso del cosiddetto spacchettamento dei ministeri, in questa sede ho inteso positivamente l'attribuzione alla Presidenza del Consiglio - e a lei, signor ministro, anche per l'autorevolezza della sua figura - della rinnovata delega sul turismo. È un investimento importante di questo Governo, che può dare il senso dell'autorevolezza necessaria per recuperare una politica nazionale sul turismo, ma anche di coerenti iniziative, poiché il turismo ha bisogno di politiche, strumenti, risorse, e così via.
Prima di concludere, le pongo una domanda che riguarda gli STL della legge n. 135: molte regioni hanno fatto seguire a quella legge le loro leggi regionali, molte delle quali sono rimaste sostanzialmente inattuate. La Puglia, la regione dalla quale provengo, ha adottato una legge, ma non ha mai individuato dei sistemi turistici locali.
È arrivato forse il tempo in cui dobbiamo immaginare un superamento di questi strumenti e pensare più alla logica della filiera? Cresce a livello internazionale la domanda di turismo per filiera, legato al benessere, allo sport, all'enogastronomia, al turismo religioso. Immaginiamo politiche nazionali in questo senso, che possano favorire le strategie di filiera, rivedendo anche gli strumenti, e lasciare alle regioni un lavoro comune che riguarda la logica dei territori?

LUIGI D'AGRÒ. Signor ministro, non vorrei che lasciassimo al «fattore c» la valutazione di chi ha il merito o meno di promuovere il turismo in questo paese e di avere anche le cosiddette performances. Sappiamo perfettamente che il turismo, purtroppo, dagli anni '60 in poi ha continuato a perdere fette di mercato, e quindi non possiamo addossare i peggioramenti al Governo precedente e attribuire i miglioramenti al Governo attuale.
Non sono dell'avviso, signor ministro, che vi sia una crescita enorme in questo settore. È una crescita normale, la cosiddetta «espansione del turismo»: prendiamo «pezzi» ma non entriamo nella logica della competitività mondiale. Non vorrei che accadesse come per il commercio mondiale, dove siamo passati dal 5,6 per cento del 1991 al 2,8 per cento di oggi. Qualcuno dice che questo calo è legato all'espansione dei commerci mondiali, ma il dato rivela che, rispetto a nostri competitor, noi continuiamo a diminuire, mentre gli altri aumentano.


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Il dato certo è che eravamo il primo paese al mondo, negli anni '60, per il turismo culturale, e oggi siamo al quinto posto. Il problema è legato alla qualità-prezzo: al riguardo, vorrei capire a quale target indirizziamo la nostra promozione.
In secondo luogo, signor ministro, non ho sentito neppure nominare la Conferenza nazionale del turismo: è forse qualcosa di estraneo a questa Commissione?
Ho la netta sensazione che si continui a parlare dell'ENIT come di una realtà alla quale devono essere destinati maggiori finanziamenti, ma non si parla della necessità di una ristrutturazione complessiva per obiettivi. Mi pare che questa scelta non sia collegata con la strategia del turismo come fattore nazionale.
Infine, sulla «destagionalizzazione» delle vacanze, sarebbe opportuno scrivere una lettera vera e propria, piuttosto che realizzare un francobollo.

PRESIDENTE. Mi scuso con gli altri colleghi che non possono intervenire per ragioni di tempo, ma non mancherà presto occasione di farlo.
Do la parola al ministro Rutelli.

ANNA TERESA FORMISANO. Lo faremo in aula.

FRANCESCO RUTELLI, Ministro dei beni e le attività culturali. Vi ringrazio molto per la grandissima densità dei contributi. Ringrazio i colleghi della maggioranza, ma anche quelli dell'opposizione, che mi pare non abbiano lesinato contenuti concreti nei loro quesiti.
Cercherò di rispondere a tamburo battente, considerato il numero delle domande (una trentina), che lascia intendere che, nonostante l'inquadramento effettuato nella mia introduzione, vi ho lasciato tanta insoddisfazione.
Quali misure e quali risorse saranno previste nella legge finanziaria? Un tema, questo, sollevato da tanti colleghi, da Urso all'inizio degli interventi a Chicchi in particolare. Noi abbiamo riunito le parti sociali e creato un tavolo tecnico per la predisposizione della legge finanziaria con tutti gli attori della filiera del turismo. Dico subito che non conosco ancora la stesura conclusiva della legge finanziaria, a due giorni dalla sua approvazione in Consiglio dei ministri: l'abbiamo discussa e la stiamo affinando. I quattro temi principali sui quali abbiamo puntato hanno riguardato tra l'altro le disponibilità per l'ENIT e per il costituendo Osservatorio nazionale del turismo, previsto dalla legge n. 80 del 2005.
Inoltre, abbiamo previsto un supporto, in termini di detraibilità dell'IVA, specificatamente per il turismo congressuale (questa era una delle richieste principali degli operatori). Come sapete, il turismo congressuale è una parte non maggioritaria del turismo «incoming» (circa il 18 per cento, oggi, in Italia), ma è quello più ricco. Non vi è dubbio, dunque, che questa costituisce una potenzialità che sconta di più lo svantaggio rispetto alle aliquote di altri paesi concorrenti (da noi l'aliquota è del 20 per cento, mentre in altri paesi va dal 16 al 19 per cento): poter avere una agevolazione in tal senso sarebbe dunque un fatto significativo.
Per quanto riguarda la questione dei canoni demaniali, che deve essere avviata a soluzione, come prevedeva un decreto-legge approvato l'estate scorsa, essa deve essere stabilizzata per dare agli operatori del turismo che svolgono la loro attività su spiagge, ed in generale su aree demaniali, la possibilità di investire e rinnovare le loro strutture, anche con la prospettiva di una concessione più lunga. Rimane da risolvere l'annoso problema dell'incremento del 300 per cento dei canoni medesimi.
Abbiamo puntato, dunque, su questi capitoli fondamentali e, in più, sul rifinanziamento della legge n. 135, almeno un inizio di rifinanziamento, che permetta di sviluppare le diverse leve previste in quella legge. Sappiamo già che non sarà facile, perché quella che abbiamo davanti è una manovra impegnativa; spero tuttavia di poter raccogliere dei frutti che sono nell'interesse di tutti, non certamente di chi oggi pro tempore rappresenta questa responsabilità.


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In quali paesi dirigere la promozione? È chiaro, onorevole Urso, che si tratta di disporsi verso i paesi emergenti con maggiore attenzione, ma anche di intercettare i flussi che vengono in macroregioni. Un rapporto presentato appena tre giorni fa allo SVIMEZ, dal professor Barucci - se vuole, presidente, posso fornirvene un estratto significativo -, mette in rilievo come il Mezzogiorno d'Italia, di fronte a una grande crescita del volume turistico nell'area del Mediterraneo, ne intercetti una parte infinitesimale: se non ricordo male, 1,5 milioni su un totale di 30 milioni circa. Un dato veramente sconvolgente, che dimostra come il turismo meridionale fa i conti, in primo luogo con una serie di realtà non censite, in secondo luogo con un turismo prevalentemente di prossimità. È un tema su cui dobbiamo intervenire.
Mi è stato chiesto a quali segmenti di turismo dobbiamo rivolgerci. Ho fatto il sindaco di Roma per sette anni ed ho puntato molto sul turismo. Abbiamo fatto cose importanti e credo che il sindaco Veltroni stia continuando bene quel lavoro. A nessuno di voi sfugge che Roma, che è una città «seduta» su un giacimento di storia, di cultura e di arte, nel corso degli anni '90 ha molto migliorato la sua offerta turistica. Ha ristrutturato gli alberghi, anche grazie ad incentivi pubblici, ha aperto decine di musei e di spazi culturali, ha migliorato l'organizzazione pubblica del turismo.
Quando abbiamo avuto l'arrivo dei pellegrini per il Giubileo, eravamo molto preoccupati che Roma non perdesse i segmenti che si rivolgono, ad esempio, agli alberghi a cinque stelle. Il turismo è fatto inevitabilmente di una pluralità di segmenti. Se un paese complesso come l'Italia si orientasse solo verso uno di questi segmenti, ne colpirebbe in modo irreparabile un altro, ad esempio, il turismo montano, che oggi ha qualche difficoltà da tanti punti di vista rispetto ai competitori d'oltralpe o alpini, al turismo marino, alle città d'arte. In questo settore siamo di fronte ad un inadeguato rinnovamento dell'offerta tradizionale, ad una segmentazione dei comportamenti delle famiglie, e via dicendo: si tratta di analisi molto complesse.
Alla domanda «su quale turismo puntiamo?» noi rispondiamo che puntiamo a valorizzare il turismo delle città d'arte, in cui siamo imbattibili, ma anche a diffonderlo sull'intero territorio, con una maggiore attenzione verso l'arte e la cultura; puntiamo a rafforzare il turismo congressuale, che è un segmento tra i più «nobili» dal punto di vista della redditività, ma puntiamo anche a recuperare la forza del turismo marino. A quest'ultimo riguardo, nell'intervento dell'onorevole Chicchi vi era un riferimento indiretto al turismo adriatico, con particolare riguardo alla riviera romagnola. È evidente a tutti voi che chi è stato antesignano in questo settore, ha già compreso da tanti anni la necessità di offrire un servizio molto più articolato e più ricco, ed ha capito che occorre rivolgersi, primo tra tanti altri comparti, a un turismo congressuale e fieristico, anche al fine di «destagionalizzare».
A Rimini e a Riccione sono in costruzione due centri congressi, se non ricordo male ciascuno di 9 mila posti. È una risposta lungimirante ed è la dimostrazione che anche chi è specializzato al massimo per il turismo di divertimento, estivo, ha saputo collegarsi con il territorio, con i «Montefeltro», con l'arte e la cultura, con una serie di attività nell'entroterra, oltre che tenere alto lo standard del suo segmento.
Si tratta di una competizione costante, nella quale il paese deve aiutare i territori a sviluppare la propria vocazione, e nella quale dobbiamo porci al servizio dell'intero sistema, che è fortemente diversificato. Ho partecipato all'inaugurazione della Fiera del ciclo a Milano e insieme ai produttori di biciclette e ai rappresentanti di alcuni territori interessati abbiamo annunciato degli itinerari ciclabili attrezzati, ad esempio in Trentino Alto Adige, in Sicilia, lungo il Po. Si dirà che sono mondi piccoli, ma faccio notare che i tedeschi che dichiarano di essere pronti a fare le vacanze in bicicletta sono 5,6 milioni.


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Verso quali paesi, dunque, si dirige la promozione? Evidentemente verso quelli che dimostrano oggi una maggiore potenzialità di crescita, innanzitutto quelli asiatici. Sappiamo che la crescita del turismo americano è assolutamente fondamentale per il nostro paese, una crescita che si è registrata ancora negli ultimi anni. Tuttavia, è il turismo continentale (per primo quello tedesco, e poi quelli inglese, francese, olandese e gli altri che conosciamo) quello che dà le più grandi soddisfazioni al nostro paese. Non va trascurato l'aspetto mediterraneo, cui ho accennato prima, che richiama la capacità competitiva del Mezzogiorno.
Quali politiche industriali? Sinceramente non è questa la sede per parlarne. Sarei interessato anche al tema del vettore nazionale. Credo che la Commissione, forse in abbinamento con la Commissione trasporti - non mi permetto di suggerirlo io -, potrebbe svolgere una riflessione, questa sì veramente strategica, sulla politica riguardante l'Alitalia.
Al collega Bono molto sommessamente faccio notare che sono in carica ufficialmente dalla fine di luglio, quindi i sei mesi di cui parla non sono ancora trascorsi. Se si toglie agosto, ho questa responsabilità da un mese, visto che la delega, per motivi connessi all'approvazione del decreto-legge n. 181, è scattata dal 31 luglio. Tuttavia, abbiamo iniziato a lavorare prima dal punto di vista politico.
La giornata internazionale del turismo ha visto lo svolgimento oggi presso la Santa Sede di un'importante iniziativa, connessa con il messaggio del Santo Padre.
Sono certo che, al fine di trasmettere un messaggio all'esterno - prima non lo dicevo per scherzo -, sarà molto più efficace la presente audizione rispetto alle non poche iniziative che sono state oggi intraprese.
Il portale del turismo non è partito perché il raggruppamento temporaneo delle imprese che aveva vinto la gara non aveva avuto indicazioni operative dalla stazione appaltante. Le ragioni sono molteplici: vi è un dissidio sulle modalità di caricamento dei dati e uno tra il livello del Governo e quello delle regioni, e via dicendo. Morale della favola, abbiamo rinegoziato le condizioni operative di quell'intesa. Ho consegnato al presidente, che se lo riterrà opportuno potrà distribuirlo, un cronoprogramma, che è un atto di responsabilità. Se, come mi auguro, tale cronoprogramma venisse rispettato, potremmo utilizzare il portale già dalla prossima stagione 2007.
A proposito delle nomine dell'ENIT, onorevole Bono, tengo a dire che abbiamo fatto una scelta non «partisan»: abbiamo presentato il dottor Paolucci, congiuntamente con il presidente Enrico Paolini, che è il coordinatore degli assessori regionali al turismo, e con il presidente Formigoni, i quali hanno offerto un simultaneo messaggio di stima, di apprezzamento e di impegno comune per quella armonizzazione cui lei fa riferimento.
Per quanto riguarda le linee-guida, le daremo certamente non appena le nuove figure e il nuovo consiglio saranno finalmente insediati. Anche in questo caso, comunque, abbiamo dovuto attendere la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della trasformazione dell'ENIT da ente in agenzia.
L'onorevole Raisi è andato via, ma credo di avergli in parte risposto. Sono d'accordo su quello che egli dice a proposito dell'enogastronomia. È una delle caratterizzazioni complementari, in alcuni casi anche esclusiva, della propensione al turismo verso il nostro paese e, tra esse, è assolutamente determinante e in enorme crescita.
Non sono d'accordo sul fatto che non servirebbe un marchio turistico del paese perché abbiamo già il made in Italy. Il made in Italy non è un marchio del paese, ma è un marchio che si mette sulle scarpe o su altro. Non è il logos che raffigura in modo comunicativo ed espressivo il nostro paese, da collegare - lo ripeto - alle campagne che un'azienda di promozione del territorio, gli assessorati regionali e gli altri enti preposti vorranno e potranno avviare.
Sono assolutamente d'accordo sulla necessità di rafforzare la qualità professionale. A questo fine stiamo studiando seriamente


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la possibilità di un collegamento con l'università e i centri di formazione per una formazione di alto livello riguardante le professioni turistiche.
Aggiungo, sul tema precedente, che per l'ENIT i mercati vanno sempre selezionati rispetto alle opportunità. Occorre anche una velocità di valutazione, come sa bene in particolare l'onorevole Urso, per la competenza che ha avuto nel precedente Governo. Occorre effettuare l'analisi di mercato, la valutazione sui collegamenti e via dicendo.
È evidente che, in Italia, nel contesto competitivo, nuoce la dimensione delle imprese. Se avessimo il denaro per farlo - confido che in questa legislatura potremo farlo, certamente non nella prima legge finanziaria per le condizioni dei conti della finanza pubblica - non vi sarebbe dubbio che ci occuperemmo della crescita dimensionale delle imprese, che è un punto cruciale da seguire.
Un'altra azione da mettere in campo è favorire, attraverso mutui, l'accesso al credito per la proprietà dell'albergo: in molti casi vi è un dissidio tra il proprietario, che non è il gestore, e il gestore, che non è il proprietario, con l'effetto di un mancato ammodernamento delle nostre strutture e di un'ulteriore difficoltà a renderle competitive attraverso processi di aggregazione.
Voglio ricordare che, nelle classifiche mondiali, la prima catena alberghiera italiana è al 131o posto. Ciò spiega perché non siamo competitivi e perché i turisti che seguono canoni organizzati e preorganizzati e tentano di individuare un itinerario in Italia, lo devono fare con il bricolage, mentre in altri paesi esistono catene che coprono fasce di utenza e domande territoriali estremamente articolate.
Ringrazio molto il collega Burchiellaro per il suo intervento, in particolare per il giusto riferimento alla funzione svolta dalla vocazione turistica nella trasformazione del territorio. Io stesso ho precedentemente richiamato l'anno del Giubileo a Roma. Tutti sanno che oggi Barcellona è una città leader assoluta nel turismo e in altre attività e questo anche perché ha bene utilizzato occasioni di trasformazione e le ha finalizzate ad un sistema di accoglienza permanente. Lo stesso certamente è accaduto per Torino, nell'esperienza delle Olimpiadi: abbiamo a tale proposito dei dati estremamente incoraggianti.
Per quanto riguarda il tema della riorganizzazione delle ferie che è stato affrontato dall'onorevole Burchiellaro e, da ultimo, dall'onorevole D'Agrò, penso che dobbiamo viverlo, intanto, come un'occasione di confronto aperto nel paese. Nessuno vuole imporre con un timbro da un giorno all'altro la modalità di svolgimento delle ferie, semmai, l'intento è opposto. Noi abbiamo ben verificato che, tra i nostri concittadini, quelli che possono articolare meglio le vacanze già lo fanno. E chi è che può farlo? Chi ha un lavoro autonomo, chi vive in un nucleo familiare che non deve tener conto del calendario scolastico, in generale chi ha meno vincoli sull'organizzazione del proprio anno di vita.
Vorrei ricordare che esiste una direttiva comunitaria che stabilisce che ogni cittadino europeo deve avere in un anno ventotto giorni di ferie e che, di questi, quattordici debbono essere consecutivi. È evidente che la stragrande maggioranza degli italiani sceglie e sceglierà comunque, indipendentemente dall'organizzazione delle fabbriche o del lavoro in generale, che deve essere fatta sempre più d'intesa tra lavoratori e imprese, il periodo estivo, i mesi più caldi.
Specifico che a tale proposito nelle Commissioni che stiamo insediando per un'ipotesi di «destagionalizzazione» delle ferie nell'arco dell'anno vi sono anche i meteorologi. Indubbiamente, da quaranta o cinquanta anni a questa parte anche il ciclo climatico si è modificato e sperimentalmente verifichiamo che l'agosto che conoscevamo alla metà degli anni '50 è un po' diverso da quello che conosciamo oggi. Immagino, dunque, che molte famiglie, se venisse loro consentito, potrebbero scegliere di andare in ferie anche a luglio e a settembre. D'altra parte, in città i servizi tendono a rimanere aperti anche nel mese di agosto.
A mio avviso, il modello più interessante è quello tedesco. La Germania organizza


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le ferie per Lander, in funzione di alcune esigenze specifiche. Le regioni vicine all'arco alpino differenziano le vacanze invernali rispetto all'Austria, per non intasare le piste sciistiche; le regioni più calde si organizzano in modo differenziato le une dalle altre. Comunque, vi è un calendario molto articolato, talché, se andaste - come è capitato a me - a Caorle nella prima decade di settembre, vedreste che non ci sono più italiani, ma tanti tedeschi, perché i bavaresi finiscono le loro vacanze l'11 settembre, avendole molto più spostate tra agosto e settembre.
Questa riorganizzazione delle vacanze deve essere stabilita d'intesa, per quanto riguarda le grandi fabbriche, tra datori di lavoro e sindacato. Per quanto riguarda le scuole, si possono organizzare dibattiti e consultare le famiglie e quindi determinare una calendarizzazione coerente, compatibile anche con gli interessi dell'industria turistica. In Italia da sempre ci affidiamo al caso. Sono quarant'anni che non si fa più un dibattito sull'organizzazione delle vacanze. Eppure si deve prendere atto che non abbiamo più l'organizzazione produttiva degli anni '60, quando tutti, o quasi tutti, avevano un posto fisso, moltissimi lavoravano in fabbrica, per cui vi era un calendario delle vacanze stabilito. Nessuno immagina, come qualcuno polemicamente ha detto, che vi sia un potere politico che intende costringere i lavoratori ad andare in vacanza, ad esempio, a novembre.
Seguiamo piuttosto la maggiore libertà che già i nostri figli hanno: quei nostri figli che si sono laureati o quelli che godono di una maggiore libertà organizzano le ferie durante l'anno in una maniera già molto matura, molto avanzata, prenotando ad esempio dei voli low cost con grande anticipo, perché possono permettersi di farlo. Vi sono comportamenti reali nella società, che vanno molto più avanti rispetto ad una visione di un certo tipo.
Sappiamo bene che la «destagionalizzazione» non deve significare colpire le grandi aree del turismo estivo balneare. Non scherziamo! E però, è anche interesse di quelle aree che le vacanze siano spalmate ancora di più sull'arco estivo giugno-settembre, piuttosto che concentrate in maniera così schiacciante nel mese di agosto. Ciò consentirebbe un alleggerimento del lavoro, un abbassamento dei prezzi ed una diversificazione dell'offerta.
Si tratta - e lo ha detto bene il collega Burchiellaro - di un grande dibattito nazionale. Qualcuno propone di allungare di una settimana le vacanze di Pasqua, creando un più ampio cuscinetto in quel periodo, togliendo dunque una settimana alle vacanze estive: ma lo dovremo discutere con la scuola e sarà necessario l'assenso dei presidi, degli insegnanti, dell'intera organizzazione scolastica. Penso che si tratterà di un dibattito di utile maturazione per il nostro paese.
Ringrazio molto il collega Vico per il suo intervento. Spero di avergli risposto anche sul tema dei marchi, che tuttavia mi riprometto di presentarvi quando la gara sarà stata indetta.
Il collega Lazzari ha fatto riferimento a varie carenze, ed io ne prendo atto. A proposito della competitività, fatemi sottolineare un aspetto significativo. L'offerta italiana è limitata ed è meno competitiva, ad esempio, rispetto a quella della Spagna, nel rapporto qualità-prezzo. Se mettete in fila i prezzi alberghieri spagnoli, la forbice tra il più alto e il più basso arriva al 40 per cento; invece, la forbice media, in Italia, tra il prezzo più alto e il prezzo più basso è del 20 per cento. Noi, quindi, ci precludiamo una grande quantità di potenziali ospiti. Ecco perché realtà con un'organizzazione molto più forte, incentivata e sostenuta, come in alcuni territori spagnoli, possono permettersi di offrire gratuitamente il volo e il trasporto. In tal modo, le nostre aree turistiche che devono competere con certi territori spagnoli partono già con questo svantaggio.
Il collega Fedele mi richiama sul tema strategico degli incentivi per il sud, sul quale spero di avere risposto nel corso dell'audizione. È evidente che nel nuovo programma comunitario il turismo è trasversale. I tavoli che il Governo ha indetto con le parti sociali sono stati molto interessanti; noi vi abbiamo partecipato


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perché non vi era un tavolo dedicato al turismo, ma il turismo era in tutte le filiere, quella delle città, quella dei trasporti, quella di altre realtà produttive.
Ringrazio molto il collega Ruggeri per le sue parole e per l'incoraggiamento che ci rivolge. Confido che la Commissione, anche grazie al suo autorevole impegno e a quello di tutti i colleghi, ci darà costantemente stimoli e proposte.
All'onorevole Chicchi ho in parte risposto, ma aggiungo che sono consapevole dell'attesa che vi è tra le parti produttive. Vi è anche la consapevolezza, però, che non potremo riuscire a risolvere, tre mesi dopo l'insediamento, temi che attendono di essere risolti, in alcuni casi, da decenni.
Al collega D'Agrò rispondo che è vero che nessuno si può accreditare grandi risultati, ma mi permetto di dire che un impegno proprio straordinario sul turismo, in questi ultimi cinque anni, non l'abbiamo visto. Sinceramente confidiamo di poter fare meglio, ma nell'ambito di un dialogo molto costruttivo anche con l'opposizione.
L'onorevole Chicchi mi chiedeva anche a proposito dei progetti speciali presenti nel DPEF. Tali progetti riguardano in particolare l'industria, ma posso assicurare che stiamo lavorando con le regioni per introdurre delle novità. I finanziamenti all'ENIT li valuteremo insieme; lo Stato, mi auguro, cercherà di metterci qualcosa in più e dovranno essere coordinate evidentemente campagne unitarie. Lo stesso vale per i progetti di sviluppo territoriale, che intendiamo incentivare anche in funzione delle disponibilità previste dalla legge n. 135.
Ho già parlato dei canoni demaniali e sottolineo che questo Governo ha bloccato quello che sarebbe stato un colpo durissimo sulla stagione turistica delle zone balneari: mi riferisco all'automatico incremento del 300 per cento, che era rimasto pendente. Stiamo lavorando perché vi sia un ingresso a regime, che permetta di restituire fiducia agli operatori, favorendo concessioni con termini più lunghi, oltre che non gravando per il momento dico «auspicabilmente», dato che approveremo dopodomani la legge finanziaria con interventi aggiuntivi, tanto più retroattivi. Certo, tutti devono pagare i canoni dovuti, ma mi auguro che questi non vengano maggiorati, peraltro in una misura insostenibile.
Per quanto riguarda l'imposta di soggiorno e le tasse di scopo, mi preme fare un chiarimento. Noi abbiamo capito, nell'ambito del Comitato per le politiche turistiche, che l'Associazione nazionale dei comuni non ha adottato una linea generalizzata rispetto all'imposta di soggiorno o a quella che si chiama city tax. In verità, si tratta non di tasse, ma di modalità di tariffazione connesse ai servizi che si erogano e al tipo di pressione che il turismo esercita sul contesto urbano. Per fare un esempio concreto, è ovvio che il vaporetto a Venezia costi molto di più per il turista che per il residente; se costasse per il turista come per il residente sarebbe obiettivamente ingiustificato, rispetto al peso che quella massa turistica esercita sulla vita della città. Se avvenisse il contrario, vi sarebbe un danno enorme per i residenti e quindi un ulteriore incentivo ad abbandonare una città che rischia di trasformarsi, come sappiamo, in un museo.
Sono diverse, dunque, le imposte di soggiorno e le tasse, o meglio le tariffe per l'utilizzo di alcuni servizi. Questo avviene in tutto il mondo. Quando un turista italiano va a visitare il Prado, se lascia la macchina in un parcheggio di scambio paga una certa somma, se vuole parcheggiare direttamente vicino al museo paga di più, com'è naturale. Un pullman che, per arrivare al Louvre, parcheggia a Bercy, paga una determinata somma, se arriva direttamente al Louvre, paga molto di più.
Questa è una logica ovvia. Alcune città hanno una tariffazione dell'accesso, la cosiddetta road pricing, ma è evidente che si tratta di scelte del territorio. Questo è fondamentale, non vi è una proposta del Governo in questo senso. Ogni città farà quel che crede. Avrete sentito che, a seconda delle esigenze, alcune città richiedono una tariffazione, collegabile alla pressione da regolare e dalla quale possono ricavare introiti utili per i servizi che


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devono erogare. Altre, invece, non vogliono assolutamente la tariffazione, perché la loro vocazione turistica è in una fase nascente. Anche tra le grandi città, alcune hanno dichiarato che non imporranno mai la tassa di soggiorno, altre ci stanno ancora riflettendo. È giusto che, secondo un'articolazione autonomistica e federalistica, sia così.
Vengo alle ultime risposte. Una riguarda l'omogeneità: è evidente che la legge n. 135 prevede una serie di parametri omogenei, per quanto riguarda l'offerta turistica, alla quale non ci siamo dedicati, in tutti questi anni, e credo che dobbiamo farlo. Personalmente intendo svolgere una funzione di indirizzo e di collaborazione per raggiungere questo obiettivo.
Per quanto riguarda il tema concettuale sollevato dall'onorevole D'Agrò e, in parte, dall'onorevole Tomaselli, riguardante la scelta per filiere o per aree, credo di avere risposto. L'Italia non sta crescendo abbastanza; è tornata a crescere, dal punto di vista turistico, ma i nostri concorrenti crescono molto di più. Questo è il punto. Dobbiamo recuperare la capacità di essere un sistema.
Alla conferenza nazionale del turismo, un appuntamento tradizionale importante, che si tiene a cadenza regolare, interverranno i rappresentanti dell'Osservatorio parlamentare sulle politiche turistiche che hanno chiesto di essere associati. La conferenza, che si terrà a Montesilvano (Pescara), è stata promossa dalla regione Abruzzo. Noi ci siamo associati e il Governo collabora a pieno titolo nella sua indizione. Si tratta di un appuntamento nel quale dovremo mettere a fattor comune tutti gli elementi che sono emersi (è stata spostata a sabato e domenica a causa dello sciopero dei mezzi di comunicazione e, soprattutto, per l'approvazione della finanziaria, che cadeva negli stessi giorni).

LUIGI D'AGRÒ. Sabato prossimo?

FRANCESCO RUTELLI, Ministro dei beni e le attività culturali. Sì. Naturalmente - lo dico in maniera certamente tardiva e informale - le porte sono aperte. Anche se il programma è stato definito ben prima dell'avvio della nuova legislatura e dell'insediamento di questa Commissione, è graditissima una presenza, un dialogo ed una interlocuzione con il Parlamento.

PRESIDENTE. Grazie, signor ministro. Noi auspichiamo, come diversi colleghi hanno sottolineato, di poter avere una «destagionalizzazione» anche dei nostri incontri con il Governo, su questo fronte, e di potere camminare insieme. Buon lavoro.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,35.