COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 17 gennaio 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MAURIZIO TURCO

La seduta comincia alle 9,45.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione dell'Alto commissario alla lotta alla contraffazione, dottor Giovanni Kessler, sulle problematiche connesse alla contraffazione delle merci.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione dell'Alto commissario alla lotta alla contraffazione, dottor Giovanni Kessler, sulle problematiche connesse alla contraffazione delle merci.
Do ora la parola al nostro ospite.

GIOVANNI KESSLER, Alto commissario alla lotta alla contraffazione. Ringrazio la Commissione per l'invito.
In questo intenso anno di lavoro abbiamo intrapreso un'attività di monitoraggio complessivo del fenomeno - è uno dei compiti che la legge attribuisce all'Alto commissario - ed abbiamo già potuto riscontrare alcuni dati e tendenze. Faccio una premessa: i dati sulla contraffazione sono raccolti, da un lato, dall'Agenzia delle dogane e, dall'altro, sono raccolti ed analizzati dal Ministero dell'interno tramite una banca dati nella quale confluiscono i riscontri effettuati dalle forze di polizia. Prima dell'istituzione dell'Alto commissario non esisteva un punto di raccolta nazionale che facesse una sintesi delle attività di anticontraffazione delle varie agenzie. Tale sintesi non rappresenta, purtroppo, una somma di quello che fanno le dogane da un lato e le forze di polizia dall'altro; ciò, sia perché tali istituzioni raccolgono i dati con modalità diverse sia perché non vengono presi in considerazione gli elementi relativi alle attività dei vigili urbani e di altre forze di polizia, che pure svolgono compiti di sequestro di merce contraffatta nei mercati e sulle strade.
Quindi, come dicevo poco fa, abbiamo iniziato un lavoro di questo genere che ci ha portato a concludere un accordo con il CNIPA, in modo da impostare un sistema nazionale affidabile di raccolta dei dati sulla contraffazione e sull'anticontraffazione; tutto ciò, rappresenta un primo passo utile al fine di contrastare la lotta alla contraffazione. Se non si conosce bene il fenomeno o se ci si basa, come fino ad ora spesso è avvenuto, su numeri poco affidabili o semplicemente su stime, è difficile poi elaborare strategie importanti e coerenti. Nell'ambito del G8, ad esempio, già a San Pietroburgo e poi a Heiligendamm, è stato affidato all'OCSE l'incarico di elaborare un primo rapporto mondiale sull'impatto economico della contraffazione. L'organizzazione ha chiesto ai vari Paesi i dati sulla contraffazione, ma presto ci si è resi conto che, non solo per l'Italia in realtà, non esistono dati nazionali realistici, unitari e sintetici sulla contraffazione; dunque, l'OCSE ha potuto fare esclusivo affidamento sui dati doganali, che però costituiscono solo una parte del fenomeno, visto che non tutta la contraffazione proviene dall'estero.


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Fatta questa premessa, i dati contenuti nella relazione annuale che invieremo al Parlamento fanno emergere, anzi consolidare, un elemento concernente le dogane italiane che ritengo molto importante: l'Agenzia delle dogane italiana esegue quasi un terzo dei sequestri effettuati dalle dogane europee; abbiamo 27 dogane europee ed il 30 per cento dei sequestri di merce contraffatta viene compiuto dalle nostre dogane. Da un lato, questo conferma l'efficienza del nostro sistema di controllo doganale e, dall'altro, evidenzia un problema operativo, forse anche politico, legato alla non adeguatezza o alla non adeguata sollecitudine e operatività delle altre dogane europee. Credo si tratti anche di un problema concernente una forma surrettizia di concorrenza sleale tra sistemi portuali di vari Paesi: è di tutta evidenza, per esempio, che se a Napoli ci sono più controlli che a Rotterdam lo spedizioniere onesto preferisce andare a Rotterdam.
Dai vari dati emerge inoltre l'importanza del fenomeno nel settore moda e accessori (circa il 54-55 per cento dei sequestri), che resta il più importante, ma certamente non l'unico; emerge anzi una differenziazione e un allargamento della contraffazione e dei sequestri rispetto ai settori merceologici più diversi. Vi è un grande incremento di tali reati per quanto concerne i beni di consumo, i giocattoli e i prodotti ad essi affini, probabilmente anche per una maggiore attenzione riservata dalle forze di polizia lo scorso anno nei confronti di questi beni.
Per quanto riguarda la contraffazione nel settore farmaceutico, di cui molto si parla, in realtà l'Italia si difende molto bene, anche se ovviamente soffre del fenomeno a livello internazionale, perché si tratta di business enormi dove il marchio assume grande importanza. Nel nostro Paese il settore distributivo è il più controllato del mondo, tanto che siamo presi a modello anche dall'Organizzazione mondiale della sanità. Possiamo quindi affermare con certezza, anche a seguito di diverse riunioni con le autorità di controllo del settore, che nelle farmacie non vengono venduti prodotti contraffatti. Si stanno però diffondendo anche in Italia forme alternative di distribuzione: soprattutto tramite Internet e le palestre, anche se in quest'ultimo caso la cosa riguarda solo un certo tipo di farmaci. Ad ogni modo, questo riscontro è sicuramente meno allarmante rispetto a ciò che avviene in altri Paesi; infatti i due fenomeni cui ho fatto riferimento poc'anzi riguardano l'acquisto quasi sempre consapevole di beni contraffatti. Certo, comprare consapevolmente un bene contraffatto non comporta minori conseguenze per la salute, e tuttavia, dal punto di vista sociale e dell'intervento dello Stato, assume un diverso rilievo.
Per quanto riguarda i dati sono eventualmente disposto a fornire ulteriori delucidazioni, che comunque saranno oggetto della relazione dell'Alto commissario; quest'ultima, tra l'altro, sarà pubblicata nei primi giorni del mese prossimo.
Se invece prendiamo a riferimento la struttura, posso dire che questo mio primo anno di attività è stato importante perché per la prima volta in Italia, a cominciare dall'inizio del 2007, le varie istituzioni pubbliche che si occupano di contraffazione hanno cominciato a lavorare assieme. Queste istituzioni non sono poche: oltre alle dogane ed alle forze di polizia, vi sono la magistratura e i vari uffici ministeriali. Abbiamo venti istituzioni pubbliche che dal febbraio dello scorso anno stanno lavorando assieme in maniera organica, presso l'ufficio dell'Alto commissario, attorno ad un tavolo permanente che si riunisce regolarmente e che ha cominciato a lamentare le debolezze del sistema e a proporre strategie di contrasto.
Lo stesso avviene, dall'inizio del 2007, con il settore privato: per la prima volta nel nostro Paese, tutte le associazioni, non solo dei produttori ma anche dei distributori, dei lavoratori - dunque i sindacati - e dei consumatori, si trovano assieme per elaborare strategie ed anche modalità operative, cercando di migliorare le sinergie


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lavorative per contrastare la contraffazione. Devo dire che in questo modo l'Alto commissario, come autorità di riferimento sia del settore privato sia del settore pubblico, ha incontrato buona accoglienza e gradimento presso le istituzioni di entrambi i settori: stiamo parlando di un modello operativo richiesto anche all'estero. Non esiste niente di simile in altri Paesi, dove i settori pubblici e privati possono incontrarsi per lavorare ed elaborare strategie comuni; tra l'altro, di recente, nell'ambito in un incontro intergovernativo italo-francese, è già stata avanzata una prima proposta volta alla creazione di un qualcosa del genere a livello europeo. Credo che ciò sarebbe opportuno poiché sono necessarie soluzioni nazionali alla contraffazione, che però, come tutti ben sanno, è un fenomeno transnazionale che, in quanto tale, esigerebbe risposte adeguate. Come accennato all'inizio del mio intervento, bisognerebbe anche fare riferimento alla differente operatività delle agenzie nazionali facenti capo all'Unione europea. Credo sia ormai una necessità - mi auguro venga condivisa - avere un punto di riferimento europeo per monitorare il problema nei vari Paesi e per avanzare proposte all'Unione europea, nonché per consentire alle varie agenzie nazionali di lavorare assieme.
Voglio concludere dicendo che i lavori portati avanti nell'ambito dei due tavoli di cui ho parlato in precedenza - il tavolo permanente delle istituzioni pubbliche e quello delle associazioni dei produttori, degli imprenditori, dei lavoratori e dei consumatori, istituiti presso l'Alto commissario - hanno evidenziato alcuni punti di debolezza del nostro sistema, per la soluzione dei quali sono state elaborate delle proposte al Governo e al Parlamento - in particolare al Senato - di intervento legislativo, ora confluite nella cosiddetta Bersani-ter.
Per prima è stata la Camera dei deputati, lo sapete meglio di me, ad introdurre nella cosiddetta Bersani-ter quello che è diventato l'articolo 19. Mi sto riferendo ad una norma anticontraffazione molto opportuna - sostenuta e approvata non solo dall'Alto commissario, ma anche da tutte le associazioni e le istituzioni pubbliche cui ho fatto riferimento in precedenza - attraverso la quale si sono rese possibili operazioni sotto copertura nel settore della contraffazione. Successivamente, al Senato sono stati approvati alcuni emendamenti governativi, che noi abbiamo valutato positivamente, ma che ancora necessitano di implementazioni, correzioni e, soprattutto, di integrazioni. Il nostro appello ha trovato accoglienza in alcuni emendamenti e subemendamenti di iniziativa parlamentare, sia di maggioranza sia di opposizione, che sono in discussione al Senato e che riguardano l'introduzione di strumenti investigativi contro la contraffazione analoghi, anzi identici, a quelli già in uso per contrastare fenomeni di criminalità organizzata come, ad esempio, la mafia. Tutto ha avuto inizio alla Camera dei deputati con le operazioni sotto copertura, ma possiamo anche contare su uno strumentario che usiamo con grandi risultati contro la mafia, il grande contrabbando, il traffico di armi, e che dobbiamo poter usare anche contro la contraffazione che oramai è assimilabile a fenomeni di crimine organizzato.
Vi sono poi da affrontare le questioni relative alla distruzione dei beni contraffatti e all'adeguamento delle fattispecie penali (contraffazione, falso e così via) che, essendo state introdotte nel 1930, non sono più da considerarsi attuali. Non si parla, ad esempio, della contraffazione dei marchi agroalimentari (DOP e DOC) - oggi di rilevante importanza -, che non sono protetti penalmente poiché all'epoca in cui entrò in vigore il codice penale ancora non esistevano.
Un'altra questione oggetto di identici emendamenti sia di maggioranza sia di opposizione riguarda un adeguamento del quadro normativo concernente l'Alto commissario. Tale figura venne istituita nel 2005 grazie al decreto sulla competitività. Si trattava di un ufficio che si avvaleva del Ministero dello sviluppo economico (diciamo delle attività produttive): il classico ufficio senza soldi, senza personale, senza nulla. Sempre nella scorsa legislatura, attraverso


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il decreto-legge sull'agricoltura del gennaio 2006, venne costituito un vero e proprio ufficio con una piccola dotazione di personale - quindici persone - e un budget annuale (identico a quello attuale) di 1.800.000 euro l'anno, ridotti con la finanziaria dell'anno scorso a 1.550.000 euro. Quest'anno un decreto del Presidente della Repubblica sul primo provvedimento Bersani, sulla riorganizzazione, che ha riguardato non solo la figura l'Alto commissario, ma anche la riorganizzazione di tutti i Ministeri e la riduzione delle commissioni, ha tolto la potestà auto organizzativa all'ente affidandola al Ministro ed imponendo all'ente stesso di pagare una commissione di esperti che ci costa 300 mila euro su un budget complessivo di 1 milione e mezzo; quindi, in sostanza, si è registrato un passo indietro.
Insomma, stiamo vivendo una situazione un po' paradossale poiché facciamo fatica ad individuare con chiarezza - non solo noi, ma anche i nostri interlocutori - i nostri poteri, ammesso che ne abbiamo; inoltre, non sappiamo qual è il nostro status giuridico, se siamo cioè un ufficio interno a un Ministero o rappresentiamo un qualcosa di autonomo. Tutto questo può crearci qualche problema nel rapporto con gli altri Ministeri, dato che il nostro ufficio promuove la collaborazione tra tutte le strutture governative e le forze di polizia; infatti, se dobbiamo considerarci come «l'emanazione di un Ministero» difficilmente riusciremo a svolgere il nostro ruolo. Tra l'altro, questa situazione ci sta creando qualche problema anche all'estero. Siamo stati invitati dalla Francia, dalla Germania e dall'Inghilterra per illustrare la figura dell'Alto commissario. Il mese prossimo dovrò presenziare anche al convegno globale di Dubai sull'anticontraffazione per relazionare sull'esperienza italiana, che ormai sta diventando un punto di riferimento per altri Paesi. Sono stato pregato di fornire copia della legislazione italiana in materia, anche in italiano se necessario; ad ogni modo, non ho inviato nulla poiché non sapevo cosa inviare. Oggi facciamo riferimento a due leggi, un decreto del Presidente della Repubblica e due decreti ministeriali attuativi, uno della scorsa legislatura e uno dell'attuale; tutti affermano più o meno le stesse cose ma in maniera diversa, quindi risulta difficile trovare un equilibrio interpretativo.
Questo quadro legislativo così precario non ci aiuta; tuttavia, è in discussione al Senato il cosiddetto «pacchetto anticontraffazione», che rinforza il primo intervento compiuto alla Camera e che contempla una norma proposta sia dalla maggioranza sia dall'opposizione. Si tratta di un articolo unico che, senza incidere sul bilancio dello Stato, ristabilisce un po' di ordine in questa situazione. Mi auguro che questo disegno complessivo anticontraffazione, concernente varie fattispecie normative nonché la figura dell'Alto commissario, venga approvato sia dal Senato sia dalla Camera, anche con eventuali modificazioni come già accaduto anche per la Bersani-ter.
Credo che in questo modo l'Italia dimostri anche in maniera tangibile - come succede in altri campi, come la mafia o, nel recente passato, il contrabbando di tabacchi - di soffrire di questi problemi, in particolare della contraffazione, più di altri Paesi, ma forse proprio per questo di poter essere - lo siamo stati nella lotta alla mafia o nel modo in cui abbiamo sgominato il contrabbando di tabacchi - un modello di capacità, di reazione e di risposta degno di essere esportato all'estero, come sta accadendo per l'Alto commissario.
Resto a disposizione della Commissione per eventuali integrazioni.

PRESIDENTE. Grazie, dottor Kessler.
Do ora la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

LUDOVICO VICO. L'audizione di oggi è molto importante per i lavori che questa Commissione, in qualche modo, sta svolgendo dalla precedente legislatura in riferimento ad una produzione legislativa passata e futura. Mi riferisco alle norme sulla tutela dei prodotti italiani, sulla tracciabilità,


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una grande questione che in quest'aula è stata affrontata dai colleghi Raisi, Contento e Gianfranco Conte attraverso proposte di legge che hanno formato oggetto di un testo unificato. Probabilmente non escludiamo l'istituzione di una Commissione d'inchiesta - ne discuteremo in futuro - per fronteggiare quello che può essere considerato come un fenomeno della nostra epoca.
Leggevo alcuni giorni fa che tutti fanno ricorso al primo atto di contraffazione nella storia rappresentato dalla donazione di Costantino, Quel periodo è ormai molto risalente nel tempo: oggi, invece, ci preoccupiamo seriamente di altre questioni concernenti la sicurezza mondiale, il terrorismo, la criminalità organizzata. Tra l'altro, abbiamo potuto apprendere molto anche grazie ai lavori che l'Alto commissariato ha fin qui condotto.
L'obiettivo che ci siamo prefissi - condiviso anche dai colleghi che hanno lavorato in questa Commissione nella precedente legislatura - è dato dalla tutela dei diritti del consumatore e dell'impresa. Abbiamo scoperto, grazie alla letteratura vigente europea ed internazionale e all'opera svolta dall'Alto commissario, che in fondo lo strumento per gestire la concorrenza sul mercato internazionale ed intensificare la lotta alla contraffazione è costituito dalla tracciabilità. È stato questo il punto di partenza del nostro ragionamento, che potrà essere sviluppato anche grazie alla stretta collaborazione tra l'Alto commissario e il Parlamento italiano, in particolare la X Commissione, che qui noi rappresentiamo.
Debbo dire, se me lo consente, dottor Kessler, che quando lei ha parlato dell'impossibilità di inviare testi legislativi per il prossimo convegno di Dubai sono rimasto molto perplesso. Il nostro Paese può disporre di molti strumenti, il problema consiste però nel metterli assieme: tutto ciò lo affermo con serenità e senza nessuna vena polemica (è l'ultima cosa di cui in questo momento abbiamo bisogno). Noi pensiamo che la tracciabilità costituisca il diritto universale del consumatore (un diritto che non conoscevamo dal punto di vista individuale ed universale, che è quello della salute), incluso nel futuro welfare ed espresso anche con termini stranieri quali made in e, nel nostro caso, made in Italy o all made in Italy.
Ritengo che l'Alto commissario debba portare avanti un indispensabile lavoro che non potrà essere, benché indispensabile, solo quello del monitoraggio e di azione volontaria di coordinamento tra le dogane; al riguardo, i dati della WTO ci dicono che le dogane da sottoporre ad un maggior controllo sono quelle di Napoli e Genova poiché le altre, in qualche modo, funzionano. Ad ogni modo, il monitoraggio non è sufficiente poiché si pone il problema di come relazionare sulle varie iniziative legislative.
Chiedo scusa se mi sono dilungato oltre il tempo a mia disposizione, ma ho voluto approfittare dell'occasione per ribadire che lo strumento per gestire la concorrenza sul mercato internazionale nella duplice veste del made in e della lotta alla contraffazione, si chiama tracciabilità. Le sarei grato, dottor Kessler, se in futuro gli elementi risultanti dall'attività dell'Alto commissario potessero essere di aiuto al prosieguo dell'esame delle proposte di legge, che rimangono attuali ed importanti.

ENZO RAISI. Innanzitutto, debbo dire che per il mio intervento utilizzerò tutti i minuti che mi spettano poiché la relazione del dottor Kessler non mi ha molto soddisfatto per tutta una serie di motivi. Infatti, se è vero che la figura dell'Alto commissario rappresenta una novità in campo europeo, probabilmente ciò è dovuto al fatto che il nostro Paese è quello che più si distingue nel campo dei reati di contraffazione. Di conseguenza, credo che l'istituzione della figura di cui sopra abbia rappresentato un atto dovuto, in un senso o nell'altro.
Debbo dire però che le stesse parole pronunciate dall'Alto commissario danno adito ad una considerazione: non vorrei si trattasse dell'ennesima istituzione che si occupa della raccolta di dati, peraltro potendo contare su poche risorse, e i cui


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lavori alla fine si bloccheranno senza aver affrontato il nocciolo della questione. Non so se la strada della tracciabilità citata dal collega che mi ha preceduto sia quella giusta, ma la cosa un po' mi fa sorridere. È chiaro, infatti, che se parliamo della contraffazione dei prodotti dobbiamo prendere in esame anche quella che concerne i marchi, i quali rendono effettiva quella tracciabilità di cui tanto si discute. Ad ogni modo, vi farò un esempio utile a chiarire meglio la faccenda.
Quando i cinesi introdussero per la prima volta gli elettroutensili in Italia e in Europa, avevano bisogno di marchi di qualità europei come quello tedesco, l'IMQ e così via, di conseguenza si dedicarono alla loro contraffazione. Quindi, in mancanza degli appositi controlli nei negozi nessuno poteva accorgersi se un determinato prodotto non rispondesse alle caratteristiche dettate dalle normative europee. La tracciabilità rappresenta una tutela per il consumatore che deve sapere cosa acquista e, ovviamente, se si parla di prodotti agroalimentari, cosa sta mangiando: su questo non vi è ombra di dubbio. Nel nostro caso, però, si sta parlando di un'altra cosa e cioè della contraffazione, reato che presuppone il proponimento da parte di un soggetto di compiere un atto illegale. Di conseguenza, per il delinquente produrre false borse di Louis Vuitton o sostenere che un prodotto ha seguito un dato percorso invece che un altro non fa alcuna differenza: è questa la logica che segue colui il quale è intenzionato a commettere un reato. Senza dubbio comprendo sia la buona volontà sia il buon senso di chi intende avanzare delle ipotesi risolutive, il fatto è che stiamo trattando due questioni nettamente distinte: a ciò naturalmente non consegue la mia contrarietà alla tracciabilità, anzi sono d'accordo, ma non vorrei sovrapporre due argomenti che presentano caratteristiche completamente diverse.
L'Alto commissario ha sicuramente dato, a mio parere, una risposta interessante; tra l'altro, anche quando Bersani affrontò lo stesso tema sembrava si fosse introdotto un nuovo soggetto che altri avevano contribuito ad ideare. Ciò, però non è stato fatto e lo si può comprendere anche dalle lamentele del Commissario, il quale ha poc'anzi sostenuto che può contare solamente su un milione e mezzo di euro. Giustamente, signor Commissario, con un milione e mezzo di euro non si realizza niente, glielo dico con molta tranquillità, non dobbiamo prenderci in giro. Il problema è capire se per questo Paese il tema all'ordine del giorno rappresenta una priorità poiché, in caso di risposta affermativa bisogna individuare risorse aggiuntive, oppure non se ne fa niente. Lei non può limitarsi a gestire delle banche dati, confrontandosi ogni tanto con qualche suo collega per l'acquisizione di ulteriore documentazione. Prendendo per buono ciò che ci ha appena detto riguardo alle difficoltà che si incontrano nel reperimento di dati sulla contraffazione, le dico che vivendo a Bologna so che il comune e la questura trimestralmente sono in grado di estrapolare qualunque tipo di dato: non è questo il lavoro che le stiamo chiedendo.
In Europa vi sono dei porti nell'ambito dei quali si può agire indisturbati o meno? Signori, c'è il trattato di Schengen, quindi se a Rotterdam vi sono dei furbi mentre a Napoli si agisce nel rispetto delle regole toccherà al nostro Governo - rappresentato dal Ministro competente per i rapporti con l'Unione europea - presentare le dovute rimostranze e chiedere l'applicazione del trattato di cui sopra anche per quanto riguarda questo settore.
Il tema vero è ciò che si deve fare all'interno del nostro territorio. Nella passata legislatura è stata approvato un innovativo provvedimento, purtroppo rimasto inapplicato, che per la prima volta coinvolgeva anche il consumatore del prodotto contraffatto. Cosa possiamo fare a quei comuni, a quelle amministrazioni che non osservano il dettato legislativo? Il reato di contraffazione, lo ripeto, prevede due tipi di protagonisti: il consumatore inconsapevole che non sa cosa compra (giocattoli non a norma, elettroutensili che gli scoppiano in mano, falsi pomodorini da conserva e così via) e il consumatore consapevole che acquista marchi contraffatti


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creando un danno enorme per il sistema d'impresa. Inoltre, non è vero che non vi sono delle regole da osservare e che siamo fermi agli anni Trenta; infatti sono state approvate normative per risolvere il problema, bisogna solamente applicarle. In Italia si devono fare i nomi e i cognomi dei responsabili di questa situazione per cui si attuano continue retate nei confronti di chi vende prodotti contraffatti, mentre gli acquirenti di CD e cassette musicali non vengono mai multati.
Secondo me la figura dell'Alto commissario è assimilabile a quella del garante, il cui compito è quello di far rispettare le leggi. È giusto che lei solleciti il Parlamento a colmare un vuoto legislativo e a reperire più risorse per essere in grado di poter adempiere appieno alle sue funzioni; in ogni caso, il ruolo dell'Alto commissario, così come quello dell'Authority, consiste anche nel verificare l'applicazione delle normative vigenti; altrimenti il Parlamento è chiamato a svolgere un inutile lavoro. Questo grande problema si ripresenta sempre ed è caratterizzato da un allucinante «scarica barile» di responsabilità.
Ringrazio l'Alto commissario per la sua presenza in aula e, ovviamente, mi metto a sua disposizione in sede parlamentare per un eventuale miglioramento dell'attuale legislazione, relativamente ad un tema di grande rilievo. Comunque, sollecito una più integrale applicazione delle normative, anche grazie ad un controllo più efficace sull'operato di tutte le istituzioni ai vari livelli. Ciò, sarebbe già da considerarsi sufficiente visto che in Europa solo Francia ed Italia prevedono punizioni per il consumatore di prodotti contraffatti; si tratta di un sistema che se venisse applicato funzionerebbe molto bene poiché fungerebbe da efficace deterrente. Oggi sfido chiunque, compresi magistrati e politici, ad affermare di non aver mai acquistato un prodotto contraffatto; si tratta di un comportamento che va contrastato perché provoca un danno enorme alle imprese.
Sollecito l'Alto commissario ad esternare le proprie necessità, poiché onestamente credo che debba essere messo in condizione di operare. Mi viene da ridere quando sento parlare di mancanza di fondi: è un po' come puntare su di un cavallo senza fornirgli la giusta dose di biada. Che cosa si pensa di ottenere in questo modo? Stiamo parlando del solito sistema Italia, per cui si fa un passettino e poi ci si ferma senza risolvere il problema in maniera definitiva.

GIOVANNI FAVA. Ringrazio l'Alto commissario, se non altro perché con la sua presenza supplisce a carenze governative. Infatti, dal lontano 18 aprile 2007 giace presso questa Commissione un'interrogazione specifica avente ad oggetto il funzionamento dell'Alto commissariato, nonché ulteriori questioni che noi riteniamo debbano essere assolutamente chiarite.
Evitando di ripetere ciò che è stato detto in maniera abbastanza esauriente dai colleghi che mi hanno preceduto, vorrei entrare nel merito delle questioni all'ordine del giorno.
Siamo a conoscenza del fatto che all'inizio del 2007 sono stati attivati 14 desk operativi presso le sedi estere dell'ICE e, da quello che mi è parso di capire, sembra che l'iniziativa sia stata finanziata dal precedente Governo. Per quanto ci riguarda riteniamo quanto meno singolare e poco opportuno aver operato questo tipo di intervento in una situazione denunciata che vede carenza di risorse. Inoltre, non ci risultano effettivi riscontri in termini di operatività della soluzione prospettata, a fronte di rilevanti costi per il funzionamento di tali strutture; vi è poi da considerare che la contraffazione in realtà è un problema che riguarda soprattutto il nostro Paese. A conferma di quanto sto affermando vi sono i dati del 2005, secondo i quali la contraffazione, solo nel nostro Paese, smuove capitali corrispondenti a circa tre miliardi e mezzo di euro. Il 60 per cento di questa cifra coinvolge il settore dell'abbigliamento e della moda, quindi sarebbe stato chiaramente più opportuno che le poche risorse disponibili


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venissero destinate direttamente a questo tipo di problematiche e alla risoluzione delle stesse. Il nostro Paese, come hanno ampiamente ricordato i colleghi che mi hanno preceduto, è fortemente caratterizzato da questo problema e, con ogni probabilità, rappresenta la punta dell'iceberg a livello europeo in termini di contraffazione e di commercio di prodotti contraffatti.
Ci aspettavamo in questo senso una risposta dal Governo, ma confido in lei; ad ogni modo, in mancanza di una sua presa di posizione attenderò poiché sono paziente e non ho problemi.
Considerando il fatto che, come ho rilevato in precedenza, non vi sono risorse disponibili sarebbe utile che la struttura - oramai entrata nella fase operativa dopo un iniziale start up - venisse dotata anche di un programma operativo. Ad oggi non ci risulta infatti che l'Alto commissariato abbia elaborato un piano di intervento corredato da risorse e da una serie di richieste allo Stato.
Anche secondo il mio parere l'Alto commissariato può essere considerato prima di tutto un garante del mercato, una sorta di autorità. Quindi, non sarebbe auspicabile che la maggior parte delle risorse venisse sostanzialmente impiegata per opere di divulgazione e di pubbliche relazioni. Per fare un esempio, posso dire che riguardo ai prodotti in materia energetica grosse quantità di denaro se ne vanno per attività di gestione, mentre poco si fa dal punto di vista operativo al fine di intervenire sul mercato.
Signor Alto commissario, la sollecito ad assumersi un impegno nei confronti della Commissione per la redazione di un piano di azione, perché solo quando avremo contezza delle dimensioni del problema potremo, con ogni probabilità, fare la nostra parte e assumerci le nostre responsabilità di parlamentari appartenenti all'opposizione: ciò, proprio perché questo è un tema che interessa e sta a cuore a tutti.
Io non sono in grado di stabilire se il milione e mezzo a sua disposizione, ricordato anche dal collega Raisi, è poco o tanto. Se a fronte di un volume d'affari di 3 miliardi e mezzo, 3 miliardi e 700 milioni - stiamo parlando di un mercato enorme - servissero più risorse per azioni seriamente efficaci, si potrebbe arrivare ad un accordo, ad una sintesi con la maggioranza. Sappiamo tutti infatti che in questo ultimo periodo sono state approvate manovre senza che il tema fosse posto al centro dell'attenzione.
Probabilmente il Paese si trova a dover fronteggiare emergenze anche più gravi, ma tutto dipende dai vari punti di vista. Il piccolo artigiano, ad esempio, per poter operare in maniera corretta, rispondente alle regole, è tenuto a seguire tutto un iter e, a volte, a subire imposizioni anche vessatorie per produrre in modo equilibrato e con un adeguato livello qualitativo. A questo si aggiunga la concorrenza di soggetti che non rispettano nessuna regola o che, addirittura, falsificano marchi di qualità, che fanno cioè tutto quello che non devono fare.
Associandomi all'appello dell'onorevole Raisi rilevo anch'io le difficoltà che i consumatori si trovano a dover fronteggiare, ma esistono, lo ripeto, anche problemi per chi produce ed opera regolarmente in un Paese dove va di moda rendere costoro «cornuti e mazziati»: sarebbe terribile pensare di proseguire su questa linea; quindi crediamo fortemente che l'Alto commissariato vada potenziato. Nell'ambito del precedente Governo anche il partito che rappresento aveva operato in questo senso; infatti fu il sottosegretario di allora a far nascere questa struttura. Crediamo valga la pena continuare ad operare in questa direzione, ma l'Alto commissario deve quantificare esattamente il problema, sia dal punto di vista delle necessarie risorse sia dal punto di vista degli interventi da porre in essere.

MARILDE PROVERA. Secondo me ci troviamo di fronte ad un problema reale e molto complicato, poiché la contraffazione presenta diverse sfaccettature: vi sono contraffazioni reali come il falso, se così lo si vuole definire, che possono essere affrontate in un certo modo e contraffazioni elusive, nascoste; un bene, infatti, può


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anche presentare un marchio europeo «teoricamente» regolare registrato in un Paese tra gli ultimi entrati a far parte dell'Unione europea, anche se è stato sostanzialmente fabbricato in qualche paese asiatico. A questo secondo problema, sicuramente risponde la tracciabilità che tutela il consumatore, sia perché gli permette di individuare effettivamente la natura del bene di consumo che acquista sia perché gli consente di pagare il giusto prezzo.
Poi c'è una contraffazione, che io non definirei tale, riguardante beni provenienti da altri paesi - lo ripeto, non contraffatti - che il cittadino può scegliere di comperare perché presentano costi minori e che magari sono simili a beni di alto pregio, ma di sicura provenienza cinese. In quest'ultimo caso siamo in presenza di un problema relativo alla concorrenza sui prezzi, quindi trattandosi di libero mercato non possiamo farci niente. A me la cosa non va molto a genio, ma credo che, di contro, venga apprezzata un po' da tutti i presenti in questa sala.
Onorevole Vico, per quanto riguarda la contraffazione elusiva, nascosta, penso che anche assieme ai colleghi del centrodestra si sia operato per riuscire, attraverso il made in, la tracciabilità del prodotto e alcune norme nel decreto Bersani, ad elaborare degli strumenti per risolvere il problema.
Per quanto attiene, invece, alla contraffazione reale, anche a me mancano degli elementi per riuscire a comprendere come poterla contrastare, al di là del metodo repressivo. Mi chiedo se possano risultare utili altri strumenti quali il controllo alle dogane, il sequestro dei materiali, delle merci, e così via; faccio comunque fatica ad individuare altre soluzioni.
Penso sia utile conoscere ulteriori dati in maniera un po' più approfondita. Quante aziende italiane sono interessate dal fenomeno della contraffazione? Di cosa si occupano? Si tratta di «aziende del sottoscala» o di aziende teoricamente normali come quelle che operano nel settore calzaturiero?. Lo dico perché c'è stata una polemica...

GIOVANNI KESSLER, Alto commissario alla lotta alla contraffazione. Interessate in che senso? Come autrici o vittime?

MARILDE PROVERA. Come autrici. Sul fatto che la nostra battaglia debba essere condotta a fondo per tutelare sia il consumatore sia l'azienda che opera nel rispetto delle regole, «non ci piove»; dovremmo invece saperne molto di più riguardo alle aziende che contraffanno. Al riguardo, come ricordavo poc'anzi, vi fu una polemica nata nel momento in cui si trattò di discutere il provvedimento sul made in; alcuni sostennero che quest'ultimo poteva contribuire a ledere gli interessi nazionali. Ho esasperato ancor di più il concetto ma si tratta di una questione che sarebbe opportuno conoscere.
Infine, per quel che riguarda la funzione dell'Authority, mi pare che alcune questioni voi le abbiate già sollevate e siano in fase di risoluzione al Senato. Penso che la disponibilità di dati numerici o di diversa natura ci possa aiutare nella nostra funzione di legislatori; al contrario, la loro mancanza non ci consentirebbe di individuare i giusti strumenti correttivi attraverso cui agire per risolvere i problemi del Paese.
Non credo che le richieste avanzate nella sua relazione presentassero natura economica; mi sembra invece fondamentale definire i contorni di questa nuova figura istituzionale e i poteri di cui può disporre quando intrattiene rapporti con le varie forze di polizia, i ministeri e i rappresentanti di altri Stati.
Sono totalmente d'accordo poi sull'elaborazione di un piano, che andrebbe previsto non solo per questa, ma per tutte le voci di bilancio, cosa che né i Governi precedenti né questo sono riusciti a fare.
In conclusione, se lo strumento individuato è utile vale la pena rafforzarlo e, su questo, oltre alle cose già dette in Senato sarebbe utile che lei, dottor Kessler, ci fornisse ulteriori indicazioni.

LUIGI D'AGRÒ. Credo che l'operazione portata avanti nella passata legislatura che portò, sotto una spinta emotiva, all'istituzione


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dell'Alto commissario per opera del sottosegretario per le attività produttive Stefani, così come l'operazione compiuta da «Mister prezzi» in questa legislatura, sia un esempio dell'agire italiano di fronte a situazioni emergenziali. Sappiamo come siamo fatti, è inutile che stiamo qui a discutere; tra l'altro, le figure di cui si tratta, prima o poi, entreranno inevitabilmente in contrasto con le stesse strutture ministeriali di cui sono emanazione, poiché queste ultime vorranno tutelare aspetti che, magari, l'Alto commissario da una parte e Mister prezzi dall'altra sottraggono alle loro competenze.
Penso si debba preliminarmente verificare il senso di questa figura per poi definirne gli ambiti operativi, anche in base ad un preciso disegno. Bisognerà poi decidere se questo disegno dovrà essere verificato dal Parlamento e se esiste la necessità di una diversa decretazione; altrimenti ci troveremo sempre a dover ascoltare relazioni contenenti dati confutati. Ad esempio, quando lei ha sostenuto che le dogane italiane funzionano, per me è stato come vedere un fulmine a ciel sereno; infatti, altri prima di lei sono venuti qui in Commissione a riferirci che esse sono prive di strumentazioni di controllo. Come sappiamo, riguardo alle merci provenienti dall'estero, i controlli vengono effettuati sempre più a campione proprio perché le dogane si trovano in condizioni di grande difficoltà. Inoltre, ci è stato detto che esse registrano una percentuale bassissima di controlli effettivi sull'insieme delle merci importate...

GIOVANNI KESSLER, Alto commissario alla lotta alla contraffazione. Il 2-3 per cento circa.

LUIGI D'AGRÒ. Infatti, il 2 per cento. Sappiamo perfettamente che, in alcuni casi, i container che devono essere controllati vengono anche contrassegnati.
Sono rimasto impressionato dal dato che lei stesso oggi ci ha fornito, secondo cui il 30 per cento dei sequestri di merce contraffatta viene compiuto dalle nostre dogane; ciò, vuol dire che altri Stati hanno interesse ad invadere il nostro Paese attraverso il commercio di merci contraffatte. L'Italia finisce quindi per rappresentare un mercato da utilizzare sotto forma di consumo e non per produrre nuovi beni; ecco allora che la questione si connota di ben altri contenuti politici.
Effettivamente, ciò che lei ha detto modifica l'angolo di visuale grazie al quale in Commissione si sono potuti affrontare dibattiti sul tema in oggetto. Ne prendo atto e, se questo è il dato - non ho motivo di pensare che sia contraffatto -, dobbiamo instaurare un nuovo tipo di rapporti tra il nostro e gli altri Governi.
Se ci limitiamo a giocare la partita in casa, come si suol dire, rischiamo di vedercela crollare addosso a causa di intromissioni esterne; mi riferisco ad un meccanismo più ampio secondo cui è interesse di alcuni Paesi rovinare quello che resta dell'eccellenza italiana. Anche a causa delle resistenze sulla stessa definizione del concetto di made in - sappiamo quali Paesi europei sono d'accordo e quali sono contrari -, comprendiamo che qualcuno sta tentando di ostacolare il nostro sforzo per giungere all'etichettatura delle merci.
È ancora più interessante occuparsi della cosiddetta contraffazione interna, di cui l'onorevole Provera ha parlato usando termini estremamente delicati. Sappiamo che importanti firme, riconducibili al settore manifatturiero legato all'abbigliamento, non solo in Italia, ma soprattutto nei cosiddetti uffici periferici esteri, accanto alla maison della griffe prevedono anche un altro spaccio, di cui si occupano personalmente. Tali maison usano materiali di eccellenza per una certa clientela e la cosiddetta «media fattura» per un altro tipo di «popolo». Questo modo di agire come viene classificato dall'Alto commissario? Il fenomeno è rilevante perché attraverso di esso si potrebbe sferrare un colpo decisivo all'immagine del mercato che abbiamo intenzione di costruire. Sappiamo bene che l'eccellenza italiana crea un surplus di guadagni del 20 per


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cento, ma se anche in questo ambito vi sono dei problemi i rischi per il nostro Paese aumentano.
Signor Commissario, ho sentito che lei, in riferimento al Bersani-ter, ha manifestato apprezzamento nei confronti degli emendamenti bipartisan proposti per meglio definire l'attività che la riguarda. Vorremmo però capire se attraverso di essi si mira esclusivamente a rendere possibile il funzionamento di tale istituzione o se è stata presa in considerazione anche una strategia per rendere sempre attuali gli obiettivi che si intendono perseguire. Il legislatore infatti deve comprendere le fattispecie, le modalità attraverso cui si manifesta un fenomeno così complesso ed in continua trasformazione; ciò, al fine di individuare strumenti sempre nuovi in grado di sconfiggerlo. Non si tratta di individuare solamente risorse umane e materiali, ma anche di un afflato culturale in grado di prevenire i danni che questo mondo sommerso provoca attraverso un processo di dequalificazione del mercato. Bisogna guardare al problema con altri occhi, perché se ci si limita a rincorrerlo il rischio che si corre è di non arrivare mai a prefigurare l'organica attuazione di un piano normativo e strategico utile per «colpirlo al cuore».
È questa la strada da percorrere: un nuovo approccio intellettuale in grado di far cadere i responsabili nella rete, senza fornirgli più la possibilità di risalire.

ANDREA LULLI. Non vorrei si sottovalutasse il fatto che il dottor Kessler ha messo in evidenza nella sua relazione l'arbitrarietà dei dati, poiché in questo è insito il problema della contraffazione. Parliamoci chiaramente, le leggi che esistono vanno applicate a meno che non si ritenga di abrogarle perché le si ritiene inefficaci. Il fenomeno della contraffazione non è legato ai vù cumprà di turno: vi sono delle norme che debbono essere applicate.
Il problema della contraffazione è molto complesso e anche per questo non ci sono dati attendibili, non solo in Italia: basta leggere qualche libro sull'argomento per verificare che si passa da stime molto ingenti a stime risibili in riferimento allo stesso fenomeno. Tutto ciò, in qualche modo, nasconde il grande tema che ci rimanda all'eticità ed alla trasparenza del mercato: ecco la questione di fondo, nell'ambito della quale si annida la vera contraffazione, la zona grigia tra quest'ultima ed il mercato legale. Si tratta di un argomento difficile da identificare e su cui è problematico intervenire; vorrei solo ricordare che durante l'esame della legge finanziaria per il 2007, in prima lettura alla Camera dei deputati, vennero introdotte delle norme che crearono un grande putiferio. Attraverso tali disposizioni si cercava semplicemente di rendere obbligatoria la trasparenza delle merci cui si fa riferimento. Naturalmente, la cosa comporta molti problemi perché si ha a che fare con il diritto di proprietà intellettuale delle aziende e la libertà dell'internazionalizzazione del ciclo produttivo; ad ogni modo, la questione della contraffazione è di rilevante importanza poiché, se non risolta, produce effetti negativi nei confronti dei consumatori dal lato dei loro eventuali acquisti e della loro stessa salute.
Quindi, il problema è complesso e la diversità di approccio da parte delle dogane non è legata solamente al fatto che si vuole colpire il made in Italy - in effetti, bisogna considerare che il nostro Paese rappresenta un'occasione più appetibile di altre -, ma anche a questa zona grigia che ritengo rappresenti la vera questione da risolvere se si intende condurre una seria lotta alla contraffazione. O riusciamo a far comprendere davvero che la sfida della globalizzazione si vince sulla base di comportamenti etici e trasparenti da parte delle imprese, oppure il settore manifatturiero in Europa e in Italia ha scarse possibilità di sopravvivenza. Questo è un grande problema che presenta aspetti sui quali non si discute ed interessi contrapposti, in gran parte legittimi; si falsifica l'informazione al consumatore e sulla base di un tale comportamento si realizzano profitti in danno di imprese che invece si comportano correttamente.


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Sui dati occorre confrontarsi poiché si è in presenza di approcci diversi, comunque la battaglia più generale da combattere è necessariamente legata alla trasparenza. Non c'è nulla di male a realizzare prodotti, anche italiani, in giro per il mondo, purché questa intenzione sia dichiarata; il problema non riguarda solo i grandi nomi italiani, ma anche le grandi concentrazioni commerciali che hanno interesse a non rendere trasparente il prodotto.
L'etichettatura obbligatoria d'origine è importante; bisogna considerare le denominazioni di origine, anche legate ai territori, che in ambito WTO non sono limitate ai prodotti agroalimentari, ma possono essere legate ai prodotti manifatturieri, purché se ne specifichi il valore di mercato.
In ultimo, vi è il problema di combattere e di smaltire la merce contraffatta. Al riguardo, non conosco esattamente la norma introdotta al Senato...

LUIGI D'AGRÒ. Come la coca!

ANDREA LULLI. Certo, come qualsiasi altra merce sequestrata per cui rischiamo, se la questione non viene risolta, di vederla rientrare in circolo da un'altra parte.
La contraffazione nei fatti è una delle questioni più rilevanti a livello del mercato internazionale e degli accordi del commercio mondiale. Nel mondo vi sono tanti problemi, ma se accanto ad essi continua ad imperversare il fenomeno della concorrenza sleale rischiamo di compromettere sostanzialmente il funzionamento dell'economia, quindi le relazioni tra gli Stati.
La linea da seguire quindi è quella di lavorare alle proposte di legge e di continuare a confrontarci con l'Alto commissario alla lotta alla contraffazione.

SALVATORE TOMASELLI. Intanto, se anche il dottor Kessler si dimostra d'accordo, invito tutti a riprendere la riflessione odierna dopo aver letto la relazione annuale che ci verrà inviata nei prossimi giorni.
L'Alto commissariato è chiamato a svolgere due significative funzioni, una delle quali ha ripercussioni sul nostro lavoro: mi riferisco al supporto all'azione legislativa. Da questo punto di vista, come i colleghi che mi hanno preceduto, anch'io rinnovo la piena disponibilità ad interagire, affinché il suo ufficio possa contare su un'adeguata strumentazione, poiché è necessario che la lotta alla contraffazione si adegui ai tempi che cambiano.
Inoltre, vorrei chiedere all'Alto commissario un'opinione su un fenomeno che, in qualche modo, è parallelo al tema della contraffazione, anche se forse non rientra tra le sue competenze. Mi riferisco a quello che alcuni chiamano l'italian sounding, caratterizzato dall'utilizzo di marchi, parole, immagini che richiamano produzioni tipiche del nostro Paese, anche di grande successo. Gli effetti più rilevanti riguardano soprattutto il settore agroalimentare: tra l'altro, non si ha a che fare con prodotti contraffatti, anche se, in qualche modo, sfidano le nostre produzioni sui mercati internazionali. Alcuni dati riferiti ad uno studio condotto da Nomisma due o tre anni fa registrarono per il solo mercato statunitense un rapporto di uno a dieci; l'uno indicava le nostre produzioni e il dieci quelle contraffatte o, per meglio dire, che si richiamavano al nostro Paese, ma che in realtà non erano produzioni tipiche.
Si tratta di un fenomeno vastissimo che abbisogna di adeguate politiche di promozione commerciale e che va contrastato con strumenti moderni ed efficaci per meglio promuovere la qualità e quantità delle nostre produzioni agroalimentari. Da questo punto di vista la sua esperienza e quella del suo ufficio potrebbero fornirci un valido aiuto.

PRESIDENTE. Do ora la parola al dottor Kessler per la replica.

GIOVANNI KESSLER, Alto commissario alla lotta alla contraffazione. Ringrazio per tutte le osservazioni formulate, che mi sono servite a comprendere gli aspetti del problema che voi commissari intendevate approfondire.


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Fornirò risposte che descriveranno meglio la struttura del mio ufficio ed il fenomeno della contraffazione.
È vero, non ho chiesto più soldi, più risorse o più mezzi, ma non vorrei essere frainteso poiché se in Italia non ci si lamenta mai della mancanza di fondi ti tolgono anche la disponibilità di quel poco denaro su cui si fa affidamento: ecco, questo vorrei evitarlo. Quindi, non mi sentirei di rifiutare ulteriori, utili offerte in tal senso, (se arrivano sono le benvenute); ad ogni modo, non è questa la lamentela dell'Alto commissario.
In primo luogo, però, va osservato che noi tutti ci muoviamo entro stringenti limiti di bilancio; inoltre questa struttura, nata per impulso del Governo, è per così dire «leggera», non costituisce cioè un'altra amministrazione che aggiunge le sue competenze ad un lungo, infinito elenco. Come accennato in precedenza, vi sono circa venti istituzioni pubbliche che presentano un qualche genere di competenza nei confronti dell'anticontraffazione. Di conseguenza, non si è inteso creare la ventunesima agenzia operativa, ma la figura dell'Alto commissario, un istituto che trae origine dal mondo anglosassone, il cosiddetto High commissioner. In Italia di alti commissari ne abbiamo due: questo e quello per la lotta alla corruzione.
L'Alto commissario alla lotta alla contraffazione ha una posizione particolare nell'ordinamento che gli consente di essere il punto di riferimento nazionale delle politiche anticontraffazione, al fine di far lavorare meglio le strutture già esistenti.
Se avessimo creato una struttura - non credo fosse questa fosse l'intenzione del legislatore -, una nuova agenzia che andava ad aggiungere proprie strutture e competenze a quelle di altri organismi aventi le stesse, identiche finalità operative, non avremmo fatto altro che peggiorare una situazione già di per sé estremamente delicata e fragile. Mancava invece un'istituzione che permettesse alle strutture già esistenti di riconoscersi e di lavorare assieme; tutto questo oggi è cambiato poiché queste istituzioni, grazie all'opera all'Alto commissario, creano strategie comuni, si coordinano e credo che i risultati non tarderanno ad arrivare. Per questo motivo non servono necessariamente più mezzi, anche se il testo unificato in discussione affidando ulteriori compiti operativi all'Alto commissario li renderebbe necessari. Attualmente, però, considerate le mie attuali funzioni, i mezzi di cui dispongo sono sufficienti, naturalmente se supportati da una leggera struttura di personale, così come previsto dalla legge.
Le mie lamentele hanno preso in considerazione un quadro normativo incerto, precario e contraddittorio; tre leggi, tutte della scorsa legislatura - «il decreto competitività» del 2005, la legge finanziaria e un decreto-legge sull'agricoltura -, intervengono sull'Alto commissario prevedendo modelli diversi; infine, vi è un decreto del Presidente della Repubblica risalente all'inizio di questa legislatura che rimanda ad una contraddittoria decretazione ministeriale.
Attualmente i compiti che sono chiamato a svolgere sono abbastanza chiari, anche se vi sono due leggi, entrambe in vigore, che li descrivono in maniera leggermente diversa; dunque la cosa potrebbe creare un po' di difficoltà. Il denaro di cui dispongo, lo ripeto, ammonta a 1.550.000 euro dopo i tagli apportati dalla legge finanziaria, poiché la dotazione iniziale - alla quale sarebbe preferibile tornare - era di 1.800.000 euro. A questa cifra vanno decurtati almeno 700 mila euro, che corrispondono a spese fisse determinate dal Governo; di conseguenza, l'Alto commissario si trova ad amministrare 700-800 mila euro.
L'Alto commissario è chiamato ad elaborare le grandi strategie, poco può fare dal punto di vista organizzativo e di potere interno alla struttura. Infatti, le potestà organizzative e di gestione del bilancio sono affidate per legge al Ministro, il quale però a novembre, attraverso un suo decreto, ce le ha comunque concesse. Questo va bene, ma il disegno un po' barocco che prevede tre leggi, un decreto del Presidente della Repubblica e alcuni decreti


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ministeriali, contribuisce a creare una situazione di precarietà e di contraddittorietà legislativa.
Gli emendamenti in discussione al Senato, presentati sia dalla maggioranza sia dall'opposizione, riassumono tutto questa situazione in un articolo, chiarificano bene i compiti dell'Alto commissario, non aumentano le spese, anzi le diminuiscono, risolverebbero appieno il problema; di conseguenza, ne auspico l'approvazione in Parlamento, anche perché chiariscono la posizione dell'Alto commissario nell'ordinamento che oggi è incerta, senza costi ulteriori per lo Stato.
I compiti che sostanzialmente la legge oggi ci affida sono il monitoraggio, l'elaborazione delle strategie, delle sinergie, il coordinamento delle varie istituzioni e l'assistenza alle imprese vittime della contraffazione. Il monitoraggio, secondo qualcuno dei precedenti oratori, sarebbe qualcosa di poco importante se si risolvesse in una mera banca dati, ma in realtà sarebbe già tantissimo; infatti se ne sente l'esigenza in tutti i Paesi. Il monitoraggio non è volto solo a valutare l'entità del fenomeno - certo serve anche a quello per orientare le politiche legislative e di amministrazione - ma serve poi anche, come la legge dice, a testare il buon operato della Guardia di finanza, della Polizia, delle dogane, delle varie agenzie ed anche della magistratura che partecipa, pur non essendo chiaramente un organo governativo, alla nostra attività di coordinamento. Stiamo per l'appunto concludendo un accordo con il Consiglio superiore della magistratura ed a breve, sempre nell'ambito di questo accordo, ci riuniremo assieme ai procuratori della Repubblica delle maggiori città per sensibilizzarli maggiormente al problema e raggiungere assieme a loro un miglior coordinamento, obiettivo che solo l'opera dell'Alto commissario può rendere possibile.
La banca dati riguarderà anche i dati giudiziari, ma l'obiettivo più generale che intendiamo raggiungere è un notevole miglioramento per quanto concerne la loro raccolta ed elaborazione. Per comprendere bene un fenomeno, al di là delle inchieste giornalistiche, conta moltissimo il modo in cui si rilevano i dati al momento dell'accertamento, per cui stiamo lavorando in questa direzione anche attraverso la collaborazione di statistici, criminologi, sociologi e con l'aiuto del CNIPA. Questa attività può risultare estremamente utile. Pensate al sequestro da parte di un vigile urbano di un camioncino di beni contraffatti; se viene ben monitorato e viene registrata la provenienza di quei beni, ciò non è banale per sapere se dietro c'è la Cina, il sottoscala di Aversa o di Cantù, o il contraffattore delinquente classico, lombrosianamente inteso - scusate la semplificazione - oppure un'impresa che produce su due piani. Il monitoraggio è perciò fondamentale, così come il momento e la griglia di raccolta dei dati. Su questo stiamo lavorando e non è un lavoro da poco.
Secondo il dettato legislativo debbo lavorare con quindici persone; attualmente ve ne sono di meno, ad ogni modo posso contare su una decina di finanzieri che mandano avanti la segreteria dell'ufficio rispondendo anche al telefono.
Le disposizioni in esame al Senato ci fanno risparmiare ben 300 mila euro per un comitato tecnico che in origine non costava nulla, ma che successivamente un decreto del Presidente della Repubblica aveva reso oneroso. Questo risparmio ci consente poi di avere più personale.
Riguardo all'osservanza delle leggi il nostro compito è quello di proporre interventi strategici sia al legislatore sia alle autorità operative. Per quanto riguarda le proposte al legislatore il nostro compito lo abbiamo svolto, ora vedremo come andrà a finire al Senato.
Noi monitoriamo l'applicazione delle leggi, in particolare della sanzione al consumatore cui si riferiva l'onorevole Raisi. Purtroppo, il fenomeno della vendita palese di beni contraffatti ha dimensioni rilevanti solo in Italia: è anche vero che, come diceva l'onorevole Raisi, solo il nostro Paese e la Francia hanno una legislazione che prevede sanzioni per il consumatore. In Francia si comminano addirittura


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sanzioni penali, che personalmente non auspico poiché mi appaiono esagerate, anche perché si bloccherebbe il sistema penale.
Nel 2005, quindi nella scorsa legislatura, il nostro Parlamento ha scelto di punire il consumatore consapevole solamente attraverso l'irrogazione di sanzioni amministrative; questo è certamente il caso del cittadino che acquista una borsa di Vuitton per 20 euro da un ambulante che espone la sua merce su un lenzuolo. Questo non è un atto socialmente neutro, non solo per l'economia ma anche perché si finanza un canale criminale. La legge però, nella migliore delle ipotesi, viene applicata a macchia di leopardo, il che è ancora peggio poiché a rimetterci potrebbero essere, ad esempio, il turista danese o solamente chi vive in certi comuni.
Ci siamo ovviamente fatti carico di questo aspetto; stiamo lavorando molto con l'ANCI, con l'associazione dei vigili urbani e con la magistratura; da questi incontri sono emersi due principali ostacoli al corretto funzionamento della legge. In primo luogo, vi è un motivo tecnico, poiché la legge stabilisce che si applica la sanzione amministrativa salvo che il comportamento preso in esame non costituisca reato. Volendo, a termini di legge, è sempre reato quando si acquista consapevolmente un bene contraffatto: se non è ricettazione, punita con anni di carcere, è incauto acquisto, un piccolo reato contravvenzionale. Allora è più conveniente per il consumatore sostenere in sede di ricorso - in alcuni casi ha vinto - che si tratta di un reato per estinguerlo con un'oblazione irrisoria pur di non pagare le migliaia di euro che costituiscono l'oggetto della sanzione amministrativa.
Vi è poi da aggiungere che attraverso una legge immediatamente successiva a quella che ha previsto questa sanzione amministrativa - credo una delle ultimissime leggi finanziarie, ma della scorsa legislatura -, la stessa è stata quintuplicata e questo ha creato dei problemi perché diventa di 2 mila euro se uno fa l'oblazione, altrimenti arriva a 10 mila euro A questo punto si deve far osservare che non esiste in rerum natura un consumatore che vada in giro con 2 mila euro in contanti: d'altronde, se esistesse non sarebbe così disponibile a consegnarle al vigile urbano che gliele chiede per aver acquistato un CD contraffatto, dunque fa automaticamente ricorso. Si riscontra quindi un'oggettiva difficoltà ad applicare la norma anche perché essa contempla, come la stessa dottrina ha riconosciuto, una sanzione percepita come sproporzionata.
Assieme alle associazioni degli imprenditori, dei lavoratori, dei consumatori e dei titolari dei marchi, abbiamo avanzato proposte volte ad abbassare drasticamente l'importo della sanzione e ad eliminare l'inciso «salvo che costituisca reato». Queste proposte sono contenute negli emendamenti alla «Bersani-ter», presentati al Senato dal centrodestra e dal centrosinistra; ne auspico fortemente l'approvazione per evitare lo scarico di responsabilità tra potere legislativo, esecutivo o Forze di polizia.
Proprio per superare questo aspetto l'Alto commissario ha già fatto più incontri e ha già preparato protocolli concreti di comportamento delle forze di polizia, in particolare municipali, su questo tema molto importante. Quando ci sarà questa norma, non ci sarà più motivo per la non applicazione e i vigili urbani, le loro associazioni e i loro rappresentanti, sono avvisati e consapevoli che questa norma andrà applicata. Contemporaneamente a questo, per rispondere all'onorevole Provera, faccio presente che, oltre alle già molte iniziative di associazioni, comuni e via dicendo,. stiamo predisponendo una campagna informativa - il Ministero dello sviluppo economico con i fondi delle multe dell' Antitrust ha stanziato a tal fine un milione e mezzo di euro - assieme al Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio. Si tratta di una campagna rivolta al consumatore, al fine di prevenire l'acquisto consapevole di beni contraffatti, che è una fonte enorme di finanziamento di questo mercato, in quanto bisogna agire non solo sull'offerta, ma anche sulla domanda.


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Dunque, si sta puntando sull'informazione del consumatore e su di una sanzione fortemente diminuita e generalmente applicata, che non abbia scopi repressivi, bensì educativi, se così si può dire.
Inoltre, riguardo al fenomeno della vendita dei beni contraffatti abbiamo già promosso diverse azioni e stiamo verificando alcune best practice, in particolare a Firenze dove il fenomeno è grave e sta assumendo profili attinenti all'ordine pubblico. L'Alto commissario ha lavorato con il prefetto della città, contribuendo ad individuare nuove modalità di azione per quanto concerne le Forze di polizia - il presidio dei luoghi viene preferito al pattugliamento - e determinando il sensibile miglioramento della situazione. Anche a Ventimiglia si è operato usando le stesse modalità ed ora aspettiamo l'approvazione del provvedimento per estendere a tutte le città italiane questo diverso approccio al problema.
Personalmente sono assolutamente a favore della trasparenza del mercato. La protezione dei marchi è una forma di democrazia e di trasparenza del mercato, mentre il made in Italy rappresenta qualcosa di ulteriore, la cui tutela non rientra ad oggi tra le competenze dell'Alto commissario, il quale però, secondo la legge, si occupa di proprietà intellettuale ed industriale; di conseguenza, anche l'italian sounding è un po' fuori dalle proprie competenze, anche se di fatto è per certi versi il corrispondente nazionale delle autorità degli altri Paesi, partecipa agli incontri, in sede internazionale e ONU, lavorando insieme al Ministero degli esteri.
In conclusione, riguardo al cosiddetto «mercato grigio» o «mercato parallelo», certamente imprenditori, lavoratori e consumatori possono essere, allo stesso tempo e in modi diversi, vittime, autori o complici della contraffazione. Vi sono imprenditori che copiano, che producono in parte «in nero», magari solo per ragioni fiscali, ma lì è soprattutto nella lunga catena produttiva che si inseriscono mediante i terzisti momenti di contraffazione; così anche i consumatori, ma anche i distributori, possono essere vittime o complici. Il tavolo di confronto istituito presso l'Alto commissario, che vede la partecipazione delle associazioni,, serve anche a responsabilizzare,- naturalmente non ho nessun potere - a raccogliere proposte e lamentele, ad elaborare e coordinare assieme delle strategie. (le faremo partecipare alla campagna di informazione pubblica di cui prima parlavo). In tema di responsabilizzazione qualcosa stiamo cominciando a fare attraverso il coinvolgimento degli Internet provider, che si sono mostrati spontaneamente disponibili all'elaborazione di un codice di condotta; in particolare, mi riferisco agli Internet provider che gestiscono siti di aste, altro canale di contraffazione assimilabile a quello sulla strada.
Penso che in futuro, attraverso protocolli d'intesa molto stringenti, l'Alto commissario potrà interagire anche con altre categorie riuscendo ad ottenere buoni risultati: mi riferisco, in particolare, alla Confcommercio, molto interessata alla questione a causa degli illeciti comportamenti di suoi aderenti. Facendo lavorare insieme le diverse categorie si possono ottenere buoni risultati.
Mi auguro che i provvedimenti pendenti al Senato siano approvati; in questo modo, infatti, si darebbe compimento, maggiore stabilità e visibilità al disegno originario dell'Alto commissario ideato nella scorsa legislatura., dandogli anche maggiore stabilità e visibilità. Pur non essendo un authority in senso stretto, le proposte in Senato prevedono una relazione annuale che l'Alto commissario deve fare al Parlamento. Tale relazione già oggi viene redatta, ma sulla base di un decreto ministeriale del 2005 che, una volta approvati i provvedimenti di cui sopra, verrebbe automaticamente abrogato.

PRESIDENTE. Dottor Kessler, vorrei richiamare l'intervento dell'onorevole Lulli poiché la tutela della proprietà intellettuale e industriale a livello europeo e statunitense riveste un'importanza strategica per il Paese. La discussione di oggi, invece, mi pare abbia preso un po' troppo in considerazione il venditore di strada,


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quando invece la dimensione del problema è molto più vasta.
Siamo lontani anni luce dal dibattito che si sta tenendo negli altri Paesi europei e, soprattutto, negli Stati Uniti d'America sulla tutela della proprietà intellettuale ed industriale. Gli strumenti che si stanno per utilizzare negli USA e che le istituzioni europee sono intenzionate ad impiegare sono stati fatti oggetto di grandi contestazioni perché potrebbero incidere negativamente sui diritti dei cittadini; lei sa benissimo cosa si nasconde dietro la tutela della proprietà industriale e intellettuale. Personalmente, più che ai contatti con la Polizia in genere sarei per un pieno coinvolgimento di strutture quali la DIA, l'FBI e così via!

GIOVANNI KESSLER, Alto commissario alla lotta alla contraffazione. Giustissimo, tanto è vero che le proposte in discussione al Senato prevedono la competenza della Procura antimafia per i reati più gravi e associativi legati alla contraffazione; allo stesso modo d'altronde ci comportammo quando ci si trovò a combattere il contrabbando di tabacchi lavorati, con il quale vi sono molte analogie, scoprendo poi che dietro vi era la Philip Morris e gli altri produttori; questo aspetto tuttavia poté emergere dopo aver dato alle Forze di polizia gli strumenti necessari.
Spero che l'anno che abbiamo davanti ci porti qualche novità. Vi è necessità di un punto di riferimento europeo sulla contraffazione, operativo, di monitoraggio sul comportamento dei vari Stati, per consentire alle varie agenzie di lavorare assieme.
L'Unione europea ha legiferato e sta legiferando in materia civile - in materia penale vi è la direttiva Frattini, che ultimamente però sembra incontrare qualche difficoltà - per armonizzare le legislazioni, ma a livello operativo non è stato fatto nulla. Oggi abbiamo affrontato il discorso legato alla concorrenza sleale che vi è tra sistemi Paese sui porti e sui controlli doganali; certamente l'Italia a livello europeo insiste su questo punto, ma manca un'autorità europea di riferimento che possa rivestire un ruolo autorevole, mettere assieme i dati - il monitoraggio sarebbe una leva potentissima - e coordinare le azioni delle varie agenzie nazionali.
In Italia ci siamo dotati dell'Alto commissario che costituisce un punto di riferimento nazionale (perché un'autorità transnazionale non può fare riferimento a dieci o venti autorità nazionali) e, se riusciremo ad attribuire una competenza alla Procura antimafia, avremo realizzato una sintesi anche a livello repressivo-giudiziario che ci permetterà di relazionarci facilmente con l'estero. Dobbiamo chiedere agli altri Paesi di compiere uno sforzo per la creazione di un punto di riferimento unico nell'ambito dell'Unione europea, avendo le carte in regola a livello nazionale; a quel punto la risposta a questi temi non può che essere transnazionale.

PRESIDENTE. Nel ringraziare nuovamente il nostro ospite e tutti i colleghi intervenuti ricordo che quello odierno è stato il nostro ultimo incontro nell'ambito delle audizioni sulla lotta alla contraffazione.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,35.