COMMISSIONE XI
LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 21 febbraio 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANNI PAGLIARINI

La seduta comincia alle 8,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, Luigi Nicolais, sul Memorandum sul lavoro pubblico.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, Luigi Nicolais, sul Memorandum sul lavoro pubblico.
Nel dare la parola al ministro Nicolais, faccio presente che, al termine della sua relazione, i deputati potranno formulare osservazioni e rivolgergli domande. L'intervento di replica del ministro Nicolais concluderà l'audizione.

LUIGI NICOLAIS, Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. Signor presidente, onorevoli deputati, con il Memorandum d'intesa sul lavoro pubblico e la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, sottoscritto il 18 gennaio 2007 con i rappresentanti delle tre confederazioni sindacali - CGIL, CISL e UIL -, il Governo ha avviato un percorso di concertazione con le parti sociali che, mediante la complessiva riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, intende migliorare la qualità dei servizi pubblici.
In primo luogo, vorrei sottolineare che, per la prima volta, un'intesa fra Governo e sindacati concentra l'attenzione, con tanta enfasi e in modo non rituale, sulla qualità di servizi e funzioni pubbliche e su ciò che occorre fare per conseguirla.
Il documento, nell'evidenziare la necessità di migliorare la qualità dei servizi pubblici al fine di garantire la crescita duratura dell'economia e la stessa disponibilità dei diritti di cittadinanza, afferma l'esigenza conseguente di misurare, verificare e incentivare la qualità dei servizi. A tal fine, si prevede l'adozione di opportune metodologie e strumenti che coinvolgano anche gli utenti nella valutazione dei servizi pubblici, dalla cui qualità dipende l'effettivo esercizio dei diritti di cittadinanza previsti nel nostro ordinamento costituzionale.
Qualità, risultati e produttività dei servizi e del lavoro sono assunti, quindi, con maggiore trasparenza e chiarezza quali criteri di valutazione da riportare nei contratti collettivi nazionali e integrativi per la determinazione della retribuzione dei dirigenti e, in generale, del personale pubblico. Mai tanto peso era stato dato a questi temi, né nei precedenti accordi fra Governo e sindacati dal 1993 al 2005, né nei contratti collettivi di lavoro delle pubbliche amministrazioni del periodo 1994-2006. Inoltre, il Memorandum avvia la correzione di una serie di disfunzioni che hanno negativamente influito, negli anni passati, sul funzionamento delle amministrazioni pubbliche e sul successo delle politiche di riforma, quali la moltiplicazione delle strutture organizzative - realizzatasi


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in gran parte per soddisfare aspettative di carriere o retributive del personale coinvolto - ovvero l'adozione di sistemi di valutazione del personale formalistici ed inutili.
Il Memorandum richiede, per la sua effettiva attuazione, un insieme di strumenti legislativi, regolamentari e contrattuali. Con riferimento al profilo contrattuale, il documento avvia il confronto con le organizzazioni sindacali, in vista della predisposizione, da parte del Governo e dei comitati di settore delle amministrazioni pubbliche, degli atti di indirizzo all'ARAN per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro relativi alla tornata 2006-2009. Ciò in coerenza con gli obiettivi di riorganizzazione e miglioramento della qualità dei servizi pubblici.
In previsione dei futuri interventi legislativi e regolamentari, il Memorandum indica le linee guida del progetto di riorganizzazione della pubblica amministrazione che, mediante la riduzione degli sprechi e la responsabilizzazione dei centri di spesa, intende perseguire l'efficacia e l'efficienza dell'azione amministrativa, nel rispetto dei principi costituzionali di imparzialità, buon andamento e legalità.
Per quanto attiene alle problematiche della dirigenza pubblica, che costituisce uno dei fattori di maggiore criticità nel funzionamento delle pubbliche amministrazioni, si prevede il superamento nelle nomine dirigenziali del ricorso indiscriminato allo spoil system, nonché il rafforzamento dell'autonomia di gestione finanziaria e amministrativa dei dirigenti.
In merito alla modalità di accesso al rapporto di lavoro pubblico, unitamente all'impegno per un progressivo superamento del fenomeno del precariato, il documento contiene un indirizzo per l'attuazione delle politiche efficaci di reclutamento e turn-over del personale pubblico.
Il Memorandum dà, inoltre, un forte impulso alla razionalizzazione e semplificazione delle sedi negoziali e contrasta la tendenza alla frammentazione della contrattazione integrativa, che è fonte di appesantimenti gestionali e di lievitazione della spesa pubblica.
Desidero, altresì, evidenziare come il Memorandum si ponga in linea di continuità con le finalità di una recente proposta di legge, volta a innovare il regime dei controlli sulle pubbliche amministrazioni. La stessa, infatti, mira in definitiva a valutare sistematicamente sia i risultati delle strutture sia la produttività individuale del personale pubblico, anche collegando quest'ultima alla retribuzione. In tal senso anche il Memorandum sottolinea la necessità di valorizzare il merito professionale, richiamando l'opportunità di rapportare parte del trattamento accessorio all'effettivo conseguimento di obiettivi di efficienza (la cosiddetta produttività collettiva e individuale) evitando in ogni modo la distribuzione di indennità a pioggia.
Al fine di dare concreta attuazione a tali politiche meritocratiche, inoltre, il Memorandum ribadisce la necessità di costituzione o di potenziamento di centri di valutazione dell'effettivo conseguimento degli obiettivi di produttività. La fase della misurazione riveste, infatti, un ruolo fondamentale e può assumere anche carattere sperimentale prevedendo la partecipazione delle associazioni rappresentative degli utenti.
Il Memorandum, infine, favorisce la mobilità del personale, territoriale e funzionale, fra amministrazioni pubbliche, anche nell'ambito dei processi di riorganizzazione amministrativa. Al fine di tutelare l'interesse del dipendente e garantire l'effettiva realizzazione dell'istituto della mobilità, si prevede l'individuazione di meccanismi contrattuali di sostegno e incentivazioni economiche, conseguibili anche attraverso il ricorso all'autonomia di bilancio delle amministrazioni interessate. In particolare, per favorire l'incontro fra la domanda delle amministrazioni con carenze di personale e l'offerta dei dipendenti che intendono cambiare ufficio, anche al fine di contribuire all'effettiva attuazione del decentramento delle funzioni amministrative, è prevista l'individuazione


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di una serie di misure organizzative innovative, che facilitano la mobilità nonché la formazione mirata per il personale ricollocato.
Da questa breve illustrazione dei principi ispiratori del Memorandum, risulta evidente che gli strumenti da esso individuati possono efficacemente contribuire a una profonda riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Questo costituisce un passaggio obbligato affinché l'economia italiana riprenda un percorso di crescita duratura.
Attraverso una maggiore produttività e una profonda innovazione in tutti i settori, sia pubblici sia privati, il sistema paese potrà tornare ad essere realmente competitivo sulla scena internazionale.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

LANFRANCO TURCI. Ringrazio il ministro per la relazione introduttiva sul Memorandum sul lavoro pubblico, documento sul quale, lo ricordo, si sono focalizzati l'attenzione e il dibattito sia sugli organi di stampa sia fra le forze sociali.
Desidero richiamare l'attenzione su un particolare aspetto, a cui ha fatto cenno anche il ministro nella sua relazione introduttiva. Faccio riferimento al possibile rapporto fra il rilancio del tema della valutazione, presente nel Memorandum, e l'ipotesi, avanzata da un gruppo consistente di parlamentari in una proposta di legge, con la quale, prendendo le mosse dalle cosiddette leggi Bassanini, si mira a generalizzare in maniera più sistematica il meccanismo delle valutazioni avvalendosi di un'authority, che dovrebbe assorbire diversi altri organismi esistenti - invertendo il comune sentire secondo il quale nella pubblica amministrazione tutto si aggiunge e nulla si distrugge -, cui spetterebbero compiti di coordinamento e di supervisione.
Dalla lettura del Memorandum non risulta ben chiara questa valutazione - la quale, ripeto, è importante che sia stata proposta -, né sono chiari i meccanismi e gli organismi ai quali essa farebbe effettivamente capo. Credo che tutti possiamo convenire sul fatto che la valutazione sulla produttività delle strutture e dei singoli dipendenti, a cominciare dai dirigenti, non può essere oggetto né di contrattazione sindacale né di contrattazione fra le parti. Dato che più volte nel Memorandum, quando si parla di valutazioni, di riorganizzazione degli uffici e del potere del management di gestire il personale e il budget, ricorre l'espressione «nell'ambito del sistema di relazioni sindacali», gradirei che questo aspetto fosse approfondito.
In altri termini, pur non avendo nulla contro l'obbligo della trasparenza, dell'informazione e di tutti gli elementi che fanno parte di un governo democratico nelle strutture pubbliche, bisogna assolutamente evitare, a mio avviso, la tentazione di utilizzare meccanismi co-gestionali che rappresentano uno dei limiti principali e dei vizi della pubblica amministrazione nel paese. Tali meccanismi co-gestionali non hanno funzionato come strumenti di incentivazione all'efficienza nella pubblica di amministrazione, ma, al contrario, come meccanismi di reciproca paralisi, fungendo spesso come alibi per i dirigenti per non fare quello che avrebbero dovuto.
Il dirigente lamenta di avere sopra di sé un potere politico discrezionale, che con il meccanismo dello spoil-system e con tutti i meccanismi di assunzioni privatistiche può controllarlo (anche rispetto alla sua autonomia), e sotto di sé un potere sindacale che gli impedisce, ad esempio, di spostare perfino un commesso da un ufficio all'altro. Vorrei capire, quindi, come questo Memorandum sfugga a tali rischi. Desidererei, inoltre, un giudizio sulla nostra proposta di legge, da noi considerata non come antagonista agli indirizzi prospettati dal Governo ma, al contrario, di supporto agli stessi.
Il Vicepresidente Rutelli, nel corso del question time della scorsa settimana, ha proposto, come alternativa a questo progetto, un rafforzamento delle funzioni già esercitate dalla Corte dei conti. Vorrei sapere se quest'ipotesi, che non riguarda la


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valutazione delle strutture e delle persone e contenuta fra l'altro anche nella nostra proposta di legge, corrisponda ad un preciso indirizzo del Governo oppure si tratti semplicemente di una valutazione autonoma del Vicepresidente del Consiglio.

ELENA EMMA CORDONI. Credo sia importante aver posto al centro dell'azione del Governo una riflessione e una conseguente azione in ordine al funzionamento delle amministrazioni pubbliche (in senso lato, perché sono tante e offrono servizi molto diversi).
Sul terreno delle valutazioni credo che dovrà essere utilizzato, settore per settore, un modello diverso, a seconda dei servizi offerti: servizi sociali o servizi di altro tipo, che non sono meno importanti dei primi. Ad esempio, l'efficienza e l'efficacia di un medico del servizio sanitario nazionale si valuterà sulla capacità dimostrata da questo di offrire agli utenti benessere e salute. La tematica di cui si discute rappresenta un problema per il nostro paese, perché spesso ci troviamo di fronte un'amministrazione che non mette al centro della sua azione l'utente. Credo che nella costruzione dei modelli organizzativi e dei sistemi di valutazione e di produttività si dovrebbe partire da questa considerazione.
Poniamo il caso, ad esempio, che si voglia creare una nuova impresa. Se ciò non è al centro dell'azione dell'amministrazione competente, per quanto l'impiegato pubblico potrà fare bene il suo lavoro, i tempi rimarranno lunghi. Questi - l'impiegato - potrà dimostrarsi capace, lavorare tutto il giorno, aiutare l'azienda a superare gli ostacoli, ma non soddisferà mai l'esigenza di tempi brevi di autorizzazione propria dei soggetti che decidono di fare un investimento.
Sono convinta che se non si interviene sui modelli organizzativi facendo in modo che il personale addetto sappia che al centro dell'azione vi è l'utente, noi non riusciremo a porre la pubblica amministrazione al servizio dei cittadini.
Come si fissa la produttività in un'azienda? In un'azienda privata, ad esempio, se si vogliono produrre materiali standard, la produttività si stabilisce con l'accordo dei sindacati - non so se anche questa si possa definire co-gestione -, indicando cioè gli obiettivi da raggiungere entro una determinata data e a determinate condizioni.
Se ciascuno di noi provasse a fare una verifica, non macro ma micro, a partire da un singolo atto amministrativo o dall'applicazione delle leggi, comprenderebbe a cosa faccio riferimento. In passato, ho avuto modo di avvalorare queste mie conclusioni, esercitandomi su una legge in materia di infezioni del sangue avvenute a seguito di trasfusioni. Allora è emerso che i cittadini non ricevevano risposte adeguate perché la procedura prevista da quella norma - una sorta di corsa ad ostacoli - rendeva, di fatto, impossibile a questi l'esercizio di un diritto riconosciuto.
Ritengo che lo strumento dell'informatica - non da solo, perché non sarebbe sufficiente - possa essere il mezzo attraverso il quale procedere ad una riorganizzazione, purché separata, dei vari servizi. Penso, ad esempio, alla scuola, agli asili nido ed anche alle questioni di carattere amministrativo.
Credo che i cittadini e gli utenti, nel rivolgersi a qualunque istituzione pubblica - comune, provincia, regione o Stato -, avvertano la difficoltà di reperire informazioni. È fondamentale, infatti, che l'impiegato, a cui gli utenti si rivolgono per avere informazioni, li aiuti, pur nelle difficoltà delle procedure, ad affrontare i passaggi successivi, non limitandosi a consigliare loro di rivolgersi altrove. In questo ambito, oltre ad un processo culturale, si devono prevedere meccanismi di valutazione e percorsi precisi in ordine all'attribuzione delle responsabilità.
Altro problema da porre in rilievo è quello del lavoro precario. Si tratta di una questione contenuta nel Memorandum e che noi abbiamo cercato di affrontare nella legge finanziaria. Questa forma di organizzazione del lavoro non rappresenta, a seconda dei settori e della quantità, un'efficace risposta. In un incontro con rappresentanti dell'INAIL abbiamo


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appurato che, in alcune zone del territorio italiano, le filiali dell'istituto in questione sono composte in maggioranza da personale precario, di cui non si prevede per il momento alcuna ipotesi di stabilizzazione del rapporto di lavoro. Non credo che ciò aiuti, perché la precarietà, nel migliore dei casi, pone il lavoratore in una condizione di attesa. La condizione di instabilità lavorativa, pertanto, non è certo un modello cui fare riferimento, anche dal punto di vista dell'organizzazione.
Con la legge finanziaria per il 2007 sono state fatte delle scelte; desidererei sapere se da parte del Ministero della funzione pubblica sia in fase di definizione - in tal caso, entro quando - un'indicazione concernente l'applicazione di quelle norme. In base alla mia esperienza - non conosco l'opinione degli altri colleghi - mi sembra che si pongano grossi problemi di interpretazione e di applicazione. Si parla, ad esempio, di prove selettive per i co.co.co.; le amministrazioni vorrebbero sapere in cosa consistono tali prove selettive, se si tratta cioè di un concorso o di altro. Ci sono poi situazioni in cui i lavoratori hanno svolto i tre anni di lavoro a tempo determinato ma non nello stesso ente e, quindi, non si sa che cosa fare.
Evidenzio tutta una serie di problemi, rispetto ai quali sarebbe utile che il Governo definisse un preciso indirizzo, in modo che le amministrazioni pubbliche producano atti non suscettibili di invalidazione e, quindi, più certi nel loro percorso.
Spero che questa problematica sia già oggetto di attenzione da parte del Ministero, in modo da poterla affrontare e risolvere nei tempi più rapidi possibili.

PRESIDENTE. Essendovi molti colleghi iscritti a parlare, vi invito a contenere i tempi degli interventi. Se posso aiutarvi, vi segnalerò il termine dei cinque minuti.

RODOLFO GIULIANO VIOLA. Una prima domanda che voglio rivolgere al ministro riguarda i tempi di applicazione del Memorandum.
L'azione del Governo è apprezzabile, così come quella del ministro Nicolais, il quale si è assunto l'onere di avviare questa procedura. Quello in discussione rappresenta uno dei capisaldi dell'azione di questo Governo. Ricordo che anch'io sono tra i firmatari, insieme all'onorevole Turci, della proposta di legge, cui si è fatto cenno, la quale trova un supporto in questo Memorandum sul lavoro pubblico.
Bisognerà stare attenti al percorso successivo. La collega Cordoni lo considerava come un tema parallelo, io ritengo che prioritariamente vada fatto uno sforzo culturale. È fondamentale porre al centro dell'azione della pubblica amministrazione il cittadino o l'utente - io lo chiamerei cittadino, in tutta la sua complessità -, sia che si parli di servizi di tipo sociale sia che si parli di altri servizi. Uno sforzo culturale è necessario, e potrebbe iniziare anche dalle modalità di assunzione in servizio, dalla selezione dei dirigenti. Avendo fatto l'amministratore pubblico, ho sempre sostenuto, e lo dicevo ai colleghi di lavoro, che i cittadini utenti sono quelli che, in buona sostanza, ci pagano lo stipendio.
Desidero porre in rilievo un aspetto del Memorandum rispetto al quale potrebbero sorgere in futuro difficoltà. Faccio riferimento alla mobilità del personale tra enti. Una tematica molto importante nell'ottica di favorire lo spostamento del personale tra enti: da quelli aventi personale in esubero a quelli sottodimensionati. Considerato che l'effettuazione di questi spostamenti necessita di un percorso di autonomia, in qualche misura anche finanziaria, degli enti, rilevo possibili difficoltà a seguito dell'aprirsi della caccia, soprattutto a livello dirigenziale, al dirigente più bravo. Ciò significa che per gli enti locali meno «forti», la competizione tra enti potrebbe far sorgere un problema.
Problematiche di questo tipo finiscono per depauperare alcuni livelli funzionali delle pubbliche amministrazioni e rappresentano anche uno spreco di risorse. Pertanto, o siamo in grado di fissare dei budget garantendo una vera autonomia agli enti su questi temi, oppure corriamo il rischio che la concorrenza, rispetto sia ai quadri dirigenti sia agli altri livelli funzionali, crei qualche problema. Dato


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che questo paese è costituito da una miriade di piccoli comuni, e conseguentemente il rapporto dei cittadini con la pubblica amministrazione si misura a questo livello, risulta evidente che noi dobbiamo rapportare il nostro intervento alle tantissime realtà esistenti in Italia.
I tempi entro i quali chiudere questa partita - con tutte le verifiche del caso - sono, infine, un fattore che riveste un ruolo molto importante.

ALBERTO BURGIO. Ringrazio il ministro Nicolais per averci fornito una sintesi molto interessante del Memorandum sul lavoro pubblico.
Trovo positivo che in quel documento si ponga l'accento sull'esigenza di assorbire il precariato in servizio, ossia una quota significativa del pubblico impiego che svolge da tempo attività essenziali per lo svolgimento dei servizi.
Desidero soffermarmi, in particolare, sulla questione della maggiore efficienza, perché, fermo restando che il problema della inadeguata efficienza di alcuni settori della pubblica amministrazione esiste, non vorrei che automaticamente avessimo la sensazione che, una volta evidenziato il problema, vi fosse l'immediata individuazione della causa o della causa principale. Dico ciò perché in un sistema complesso le cause sono sempre molteplici e se si sbaglia nell'individuazione di quella principale o se si ritiene una delle concause l'unica causa, si sbaglia la terapia, l'intervento. Questo è il punto.
Dopo aver ascoltato alcuni interventi svolti dai colleghi, in me sono sorte alcune preoccupazioni. Su che base noi affermiamo con tanta sicurezza che il problema sarebbe l'inadeguatezza soggettiva del lavoro del pubblico impiego? Sulla base di quali motivazioni individuiamo quella come la causa fondamentale del problema? È chiaro che qui è ripreso implicitamente il tema «giornalistico» dei nullafacenti o dei fannulloni, che imperversa sulle pagine dei giornali. Ho l'impressione che questo sia un tema propagandistico. Senza negare la presenza di un problema di standard di adeguatezza di alcuni elementi e settori, soprattutto dirigenziali, della pubblica amministrazione, penso che la causa principale riguardi l'arretratezza delle infrastrutture pubbliche e che vi sia, quindi, un problema di politiche di spesa e di investimento nella pubblica amministrazione. Quest'ultima, in Italia, lo ricordo, non è pletorica; registra una presenza quantitativamente fuori linea nel senso che è inferiore dal punto di vista dell'organico, peraltro coperto in misura rilevante e crescente con esternalizzazioni o collaborazioni coordinate e continuative.
Vorrei che stessimo attenti a non rompere il giocattolo che funziona. L'onorevole Cordoni faceva giustamente riferimento (e il tema è presente anche nel Memorandum) al settore sanità. È un aspetto emblematico. L'Italia ha uno dei migliori sistemi pubblici di sanità. Noi, però, prima accendiamo, come è giusto che sia, i riflettori su alcuni elementi di disfunzione o di malfunzionamento, dopodiché scambiamo questi elementi, per fortuna marginali, come se fossero il sintomo di un sistema che non funziona. In seguito, inoltre, forniamo involontariamente argomenti a chi, in realtà, vuole privatizzare la sanità pubblica. Penso sia necessario stare molto attenti a questo riguardo. Il problema della valutazione nella pubblica amministrazione esiste, ed è molto complesso e scottante. Vorrei che gli interventi non fossero unilaterali, ma tenessero conto di questa complessità.

ANGELO COMPAGNON. Il Memorandum sul lavoro pubblico di per sé si presenta molto bene ma, come spesso accade, rischia di diventare un documento pieno di enunciazioni di principi e privo di indicazioni concrete circa i provvedimenti da assumere.
Mi soffermo su un solo aspetto: l'efficienza dell'apparato pubblico. Si è parlato di produttività e di meritocrazia, elementi fondamentali per fornire i servizi richiesti.
Considerando che il settore pubblico è comunque a contatto con il cittadino - quest'ultimo ha una certa remora nei confronti del primo per qualunque servizio


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richieda -, e considerando che nel settore pubblico l'85 per cento del lavoratori sono precari, mi chiedo quali potranno essere i provvedimenti che saranno adottati e quali saranno le azioni concrete destinate a promuovere l'efficienza della pubblica amministrazione.
Senza voler essere di parte o pensare in maniera ideologica - anche se questo è consentito - fino ad ora non si è mai affrontata di petto la questione dell'inefficienza. Se questo Memorandum vuole affrontare nella globalità il problema del settore pubblico, credo che debba dare una risposta precisa - cosa che non ravviso in questo documento - al tabù dell'inamovibilità del personale pubblico.
Ci sarebbe ancora tanto da dire, ma voglio attenermi, in ordine ai tempi riservati agli interventi, alle indicazioni del presidente.

SIMONE BALDELLI. Signor ministro, anch'io sono tra coloro che hanno sottoscritto la proposta di istituzione dell'Authority (del collega Turci come primo firmatario) per la valutazione del pubblico impiego e per il miglioramento del sistema delle pubbliche amministrazioni. A questo proposito, ritengo che il Memorandum, in quanto tale, non contenga molti dei principi che in questa proposta vengono sviscerati in un articolato, quasi certamente passato all'attenzione del Ministero.
Ritengo anche, per questioni di sensibilità personale, che il meccanismo del Memorandum (ovvero un meccanismo concertativo che se capiamo come origina, non sappiamo come termini) non sia il migliore per intervenire all'interno delle riforme o dei meccanismi virtuosi di cui la pubblica amministrazione ha bisogno. Reputo necessario, al di là di questa audizione, un passaggio molto più formale dal punto di vista politico a livello parlamentare.
In ordine al contenuto del Memorandum, ritengo che vi siano delle parole d'ordine «scomode», a causa di un certo tipo di mentalità diffusa nel pubblico impiego (tuttavia, penso che siano state poste soltanto in via simbolica). Ciò che invece non emerge in modo forte è l'interesse pubblico che nel Memorandum dovrebbe esserci, ovvero orari di apertura, servizi al cittadino e quant'altro; questioni che, in realtà, sembrano passare in secondo piano rispetto ad un aspetto sottolineato già in precedenza dal collega Turci, quello concertativo (che, solitamente, blocca l'efficienza di alcune dinamiche). Più precisamente, mi riferisco alla gestione del personale e anche alle carriere dei dirigenti: tutto ciò viene concertato.
Ebbene, nella valutazione è posta in gioco soltanto la dirigenza, mentre non c'è un serio meccanismo di valutazione del personale. Nella pubblica amministrazione abbiamo problemi concreti; ad esempio, se non sbaglio, si parla di circa 400 mila eccedenze e sappiamo che un dipendente della pubblica amministrazione costa al sistema circa 33-34 mila euro l'anno. Ritengo che l'idea di fare fronte a tale eccedenza rendendo più efficiente il sistema complessivo della pubblica amministrazione sia un dovere che superi il metodo e anche il merito del Memorandum (nel quale, a nostro avviso, non è scritto granché al riguardo).
Per concludere sul Memorandum e arrivare a parlare di un altro elemento di grande attenzione per la Commissione, cioè il tema del precariato, mi preme sapere (visto che - almeno per quanto riguarda una parte politica - nel Memorandum non c'è) quanto possa essere sufficiente per proporre l'ammodernamento necessario nel pubblico impiego. Noto, inoltre, che per quanto riguarda la vostra controparte, con cui avete scelto di scrivere questo Memorandum, ci sono proteste abbastanza evidenti, in primo luogo in ordine all'applicazione dello stesso. I sindacati, infatti, vi scrivono annunciando uno sciopero e dicendo che dal 18 gennaio non è stato fatto niente.
La Conferenza delle regioni rileva delle criticità e afferma che bisogna approfondire nuovamente il testo del suddetto Memorandum portando avanti incontri con le organizzazioni di categoria, con i medici e via dicendo: i comuni non l'hanno sottoscritto. Vengono poi poste questioni in


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ordine alla previdenza integrativa nel pubblico impiego. Se tale questione dovesse però seguire un percorso simile a quello della previdenza integrativa nel privato, e se dovesse scontare la stessa informazione - che non c'è - sul trattamento dei fondi pensione, sugli investimenti e sulla previdenza integrativa, bisognerebbe riflettere attentamente prima di avviarsi su tale strada perché si rischierebbe di dar vita ad un altro groviglio, generando solo confusione attorno ad interessi di un certo rilievo. Sarebbe bene, dunque, che volendo procedere in questa operazione lo si facesse in maniera tale da rendere il tutto più chiaro e trasparente, come del resto pubblica amministrazione vorrebbe e come è nel diritto di ciascun lavoratore privato e pubblico.
Rilevo altresì che in ordine alle risorse per i contratti del pubblico impiego, i sindacati sostengono che esse sono contenute in finanziaria, ma in realtà non vi sono. Mi domando, inoltre, perché alle osservazioni espresse dai sindacati sul Memorandum risponda il ministro Damiano, mentre è silente il Ministero della funzione pubblica. Mi chiedo anche come si concili l'esistenza del Memorandum con i tavoli (uno ad hoc, tra l'altro) che il ministro Damiano dice di voler costituire di qui a breve (il ministro parla del mese di marzo, ma non si capisce se all'inizio, a metà o alla fine) all'interno di un quadro più generale di tavoli settoriali che - sappiamo benissimo - possono poi anche essere interpretati come meccanismi dilatori su alcuni problemi.
Quanto al precariato, lei, signor ministro, sa che il mio gruppo parlamentare ha presentato un'interpellanza abbastanza dettagliata su tale questione nel pubblico impiego. Riteniamo che, sulla base di una grande campagna, che ha fondato la sua premessa nella sovrapponibilità fra il concetto di precariato e quello di lavoro a tempo determinato e di collaborazione (ovvero, di tutto ciò che era diverso dal lavoro a tempo indeterminato) si sia dato vita ad un'operazione politica di sanatoria che ha interessato diverse decine di migliaia di cosiddetti precari delle pubbliche amministrazioni. Troviamo che tale operazione sia non solo pericolosa dal punto di vista gestionale ma anche non del tutto condivisibile dal punto di vista dell'efficienza di finanza pubblica e viziata da alcuni profili di incostituzionalità.
Sulle questioni poste a lei, signor ministro, ci auguriamo di avere risposta in questa sede e in sede di svolgimento dell'interpellanza, poiché abbiamo notato l'esistenza di meccanismi di profonda incoerenza e discriminazione. Vi sono infatti 70 mila vincitori di concorso e 70 mila idonei che vengono scavalcati da personale senza grandi qualifiche e che non ha superato un concorso pubblico. Vi sono persone che hanno svolto un concorso pubblico per un contratto a tempo determinato e che vengono assunte a tempo indeterminato, mettendo in atto una discriminazione sostanziale. Esistono criteri, individuati dai diversi commi inseriti nella finanziaria, che sono diversi fra di loro, ovvero interessano chi era assunto alla data del 29 settembre, chi ha avuto contratti con le amministrazioni in periodi diversi (i tre anni nei cinque anni), chi ha fatto parte di gabinetti ed incarichi politici, persone che non hanno preso parte ad una selezione. O ancora, interessano per i Ministeri solo il personale a tempo determinato, per le regioni e gli enti locali solo gli LSU, e per le ASL tutto ciò che non rientra nel tempo indeterminato (quindi TD, co.co.co., somministrazione, LSU). In più, interessano, secondo il comma 417, per tutte le amministrazioni che utilizzano il fondo specificato dall'articolo, tutte le tipologie non a tempo indeterminato, e secondo il comma 1156, per i comuni sotto i 5 mila abitanti, solo gli LSU. Si tratta di norme che non hanno una razionalità.
È stata anche sollevata una questione - su cui pende un ricorso da parte della provincia autonoma di Bolzano - relativamente alla riserva del 60 per cento dei posti per i contratti a tempo determinato presi dai co.co.co., ovvero un raddoppio del rapporto con la pubblica amministrazione che, anche in questa circostanza, genera grande incoerenza.


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Insomma, un'operazione che poteva essere realizzata secondo un certo criterio, magari intervenendo su quelle situazioni che si protraggono effettivamente in termini di «precariato» da un certo numero di anni (otto o nove), e che poteva essere costruita, dal punto di vista legislativo, in maniera tale da non essere così viziata da vincoli di incostituzionalità (che darebbero una grande disillusione a tutti coloro ai quali oggi viene creata in maniera irresponsabile un'aspettativa in tal senso) si è trasformata in una sanatoria generalizzata che puzza di operazione elettorale da grandissima distanza.

ENRICO FARINONE. Ringrazio anch'io il ministro per la sua comunicazione. Mi limito, anche per ragioni di tempo, a toccare un solo punto, già affrontato in altri precedenti interventi, che mi sembra sia di assoluto interesse anche per il carattere di novità che riveste, ovvero la valutazione dei dirigenti e di tutti gli operatori dei diversi servizi pubblici. È chiaro che a tale riguardo conta molto la metodologia applicata per verificare e valutare sia la dirigenza, sia gli operatori del servizio.
Considerando che, evidentemente, c'è servizio e servizio - come ricordava prima l'onorevole Cordoni - e che quindi non tutti i servizi sono uguali, vorrei che lei chiarisse meglio quali sono i parametri adottati e, soprattutto le modalità attraverso cui vengono definiti tali parametri. Vi sono infatti parametri e obiettivi che vengono definiti dalla dirigenza per i propri collaboratori, ma anche altri definiti dai responsabili per i dirigenti stessi. Dico ciò, perché non c'è dubbio che dobbiamo considerare, in primo luogo, quella che, adoperando un bruttissimo termine «aziendalese» si definisce la customer satisfaction, cioè la valutazione che il cittadino - adesso si dice l'utente, ma io preferisco riferirmi alla persona che ha a che fare con il servizio -, ovvero la persona che usufruisce del servizio, esprime circa l'operato del servizio stesso.
Devo dire, tra l'altro, che questo giudizio non è sempre necessariamente negativo. Tutti noi, infatti, siamo abituati alle notizie riportate dalla stampa - quasi sempre, fatti negativi - ma dietro tali fatti negativi c'è anche una miriade di fatti positivi, di buon operato e di professionalità portata nella pubblica amministrazione, all'interno dei vari servizi della pubblica amministrazione da parte di chi in essa lavora. Proprio per evitare una sterile polemica su chi fa e chi non fa, su chi possiede professionalità e chi non la ha, ritengo che la maggiore responsabilizzazione, in modo particolare dei dirigenti (mi sembra che vi sia nel Memorandum) sia una chiave di volta per riuscire ad ottenere risultati migliori. Al tempo stesso, però, bisogna «responsabilizzare» anche i cittadini utenti, quindi le persone che usufruiscono del servizio, chiedendo loro una valutazione del servizio fornito dalla pubblica amministrazione.
Teniamo presente però che, come sempre, il diavolo si annida nei dettagli. Laddove si dice che «il sistema di incentivazione della dirigenza sarà legato alla verifica delle relazioni fra le risorse disponibili utilizzate, strumentali od umane, in realizzazione ed effetti in termini di servizi rispetto agli obiettivi prefissati», si afferma una cosa corretta e giusta, ma siamo anche consapevoli che proprio qui si annida il rischio della difensiva, secondo cui si potrebbe dire che «si sarebbe potuto fare di più o conseguire un certo obiettivo, ma non vi si è riusciti per mancanza di personale». Mi chiedo, pertanto, se chi compie la valutazione lo faccia anche rispetto alla quantificazione e alla qualificazione delle risorse che devono consentire al dirigente di ottenere i risultati.
Ritengo che al di là delle dichiarazioni di principio, che sono assolutamente condivisibili, occorrerà vedere un po' meglio nel dettaglio come operare in questo settore.

PRESIDENTE. Data l'importanza del tema in discussione, vorrei anch'io svolgere qualche breve considerazione.
In primo luogo, desidero esprimere apprezzamento rispetto al lavoro effettuato, a partire dalla scelta del titolo del Memorandum,


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che secondo me riassume le sue finalità, perché unisce un ragionamento sul lavoro pubblico e la sua riorganizzazione al tema della qualità dei servizi e delle funzioni pubbliche.
Penso che questo sia un buon approccio. Sono convinto che sia necessario nel nostro paese riaprire una riflessione non faziosa sul ruolo e sul valore sociale del lavoro pubblico e dei servizi pubblici - per un lungo tratto sottovalutato -, evitando di mettere in campo una contrapposizione tra cittadino-utente da un lato e lavoratore pubblico dall'altro.
Ritengo che il compito della politica - leggo in questo senso anche lo sforzo compiuto dal ministro -, cioè il nostro compito, sia quello di costruire dinamiche che sappiano tenere assieme la valorizzazione professionale delle persone con l'aumento della qualità dei servizi erogati ai cittadini e il soddisfacimento dei loro bisogni. Se riusciamo a tenere insieme questi fattori, faremo un passo in avanti, fra l'altro coerentemente con l'articolo 3 della nostra Costituzione, secondo cui è compito dello Stato rimuovere le differenze fra cittadini, assegnando al pubblico questo compito.
Stiamo parlando di temi complessi e delicati. Sono convinto che le riforme vere siano quelle che si costruiscono coinvolgendo tutti gli attori, non quelle imposte per decreto. Dico ciò per evitare che in questo Memorandum si inseriscano troppe cose e che ognuno tenda a «tirarlo» dalla sua parte. Penso che la scelta di coinvolgere le organizzazioni sindacali e il sistema delle autonomie, cioè tutti gli attori e i soggetti, sia la strada da privilegiare, nell'obiettivo finale di una valorizzazione del lavoro pubblico e di un miglioramento della qualità delle prestazioni.
In particolare, mi vorrei soffermare su due questioni. La prima riguarda il tema della valutazione: un tema importante, con i suoi punti di criticità. Ricordo che tale tema, insieme a quello della formazione, è centrale anche nell'ambito degli ultimi rinnovi di contratto del pubblico impiego. Se devo esprimere un giudizio, penso che questi siano anche i due punti di maggior fallimento (o, comunque, su cui si sono registrate le maggiori difficoltà). In Italia non esiste un sistema di valutazione permanente del lavoro - lo segnalo, signor ministro - e, soprattutto, i datori di lavoro pubblico non conoscono i loro dipendenti e le loro caratteristiche. Per valutare, tuttavia, bisogna anche conoscere.
È possibile - questo è il primo problema - che una pubblica amministrazione non sia in grado di avere il fascicolo personale di ogni dipendente per capirne caratteristiche e attitudini e quindi utilizzarlo al meglio? È possibile - è il secondo problema - che non riusciamo a costruire un sistema di formazione che alla fine del percorso preveda anche la valutazione, così da misurare concretamente le caratteristiche di quel lavoratore? Dico ciò perché se la valutazione, che è un tema serio, si inserisce in questo contesto, probabilmente si trova un terreno fertile ed una disponibilità da parte di tutti. Se, al contrario, la valutazione viene vissuta come un qualcosa di diverso, probabilmente ci complichiamo tutti la vita.
La seconda questione riguarda il tema del precariato. Stiamo conducendo un'indagine conoscitiva (tutta la Commissione è impegnata) da cui è emersa sostanzialmente una differenza fra l'utilizzo di forme di lavoro atipico e precario nel privato e lo stesso utilizzo nella pubblica amministrazione. Mentre nel privato esiste un intreccio con le forme organizzative e comunque la leva, alla fine, è quella del costo del lavoro, nel pubblico questo fenomeno si è sviluppato anche in relazione al blocco delle assunzioni. In questa circostanza, quindi, parliamo, nella stragrande maggioranza dei casi, di uomini e donne che sono all'interno delle pubbliche amministrazioni e sono considerati necessari per poter continuare ad erogare i servizi che oggi si offrono.
Se è così (e ne sono convinto, perché lo hanno sostenuto tutti i soggetti che abbiamo interpellato) penso che il punto inserito nel Memorandum relativamente al tema della stabilizzazione del precariato,


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che si intreccia inevitabilmente con alcune norme contenute nella legge finanziaria, sia uno dei temi più qualificanti del Memorandum stesso, dal momento che si va incontro alla necessità, da un lato, di riconoscere i diritti a chi oggi lavora e non li ha ancora riconosciuti appieno e, dall'altro, di erogare maggiori servizi di qualità ai cittadini stessi.
Infine, percepisco una certa tensione - leggo le agenzie, come tutti - sul rinnovo dei contratti e mi sento di segnalarlo al ministro. Sarebbe un buon viatico, per affrontare i temi complessi del Memorandum, quello di imprimere una accelerazione anche al rinnovo dei contratti.

ANTONINO LO PRESTI. Ringrazio il signor ministro per essere oggi intervenuto in questa sede. Mi scuso anticipatamente con lui e con i colleghi se alla fine del mio intervento sarò costretto ad allontanarmi, a causa di altri impegni. Leggerò comunque la sua risposta sul resoconto stenografico della seduta.
Se si dovesse formulare un giudizio estetico e politico superficiale su questo documento, non potrebbe che essere assolutamente positivo: esso contiene ottimi propositi e lodevoli aspirazioni. Mi sembra tuttavia che il raggiungimento delle più elevate mete che esso si prefigge sia abbastanza lontano. Dico ciò perché dagli interventi dei colleghi ho colto una domanda strisciante e fondamentale, alla base di una critica (che vuole essere costruttiva), ovvero «chi valuta chi». Non è chiaro dal documento - lo ha sottolineato l'onorevole Turci e condivido ciò perfettamente - quali siano i meccanismi attraverso i quali si possa pervenire alle cosiddette valutazioni di produttività e, soprattutto, chi debba essere, in ultima analisi, a giudicare in modo inappellabile, all'interno dei meccanismi della pubblica amministrazione (fatto salvo il giudizio della magistratura, a cui va sempre riservata l'ultima parola), la produttività dei pubblici dipendenti. La domanda secca «chi valuta chi» si associa perfettamente alle perplessità sollevate dall'onorevole Turci e dagli altri colleghi intervenuti nel corso di questa audizione.
Inoltre, nei meccanismi meritocratici di valutazione, il punto di arrivo è l'incidenza sulla retribuzione. Secondo me, però, ciò non è sufficiente, dal momento che la retribuzione è solo uno degli aspetti grazie ai quali si può rendere concreto un parametro di valutazione. Dovrebbero essere presi assolutamente in considerazione gli automatismi di carriera; ma non penso, a meno che non sia stato troppo superficiale nell'ascoltare la sua relazione, che si evinca una prospettiva del genere. Sappiamo perfettamente che tutti i contratti prevedono meccanismi automatici, sia di adeguamento della retribuzione, sia di adeguamento delle progressioni di carriera. Anche in questo ambito, sarebbe importante capire «chi valuta chi» e quali sanzioni introdurre nell'ipotesi in cui vengano in evidenza delle deficienze.
Vorrei sapere altresì come pensate di rendere concreta l'aspirazione di coinvolgere gli utenti in questo processo di valutazione e di ottimizzazione dell'attività produttiva dell'amministrazione pubblica, ovvero con quali autorità, con quali strumenti, in quali consessi e strutture.
Vi chiedo, infine, per quale ragione abbiate concordato questo Memorandum soltanto con le tre organizzazioni sindacali (sicuramente rappresentative) quando sappiamo tutti che nel pubblico impiego la rappresentatività è molto più estesa e va molto al di là della rappresentatività istituzionale (ormai formalizzata da anni ed anni di consuetudine e prassi contrattuale) delle tre organizzazioni sindacali. Il pubblico impiego è rappresentato anche ed in massima parte da sindacati autonomi che hanno una loro dignità e che non credo siano rimasti soddisfatti da questa - spero solo temporanea - esclusione. Penso soprattutto (la collega Cordoni lo sottolineava poc'anzi) ai sindacati della scuola, che sono autonomi, non inquadrati in nessuna delle tre confederazioni, ma enormemente rappresentativi. Quindi, a meno che non si tratti


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di una dimenticanza (non ho seguito approfonditamente la costruzione e lo sviluppo di questo Memorandum) considero assolutamente inopportuno, almeno dal punto di vista delle finalità che si propongono il Governo e la pubblica amministrazione, escludere sigle sindacali che hanno dignità e che, comunque, rappresentano una parte del pubblico impiego.
Come vede, le mie sono domande secche, non artificiose o fatte per nascondere delle critiche che francamente ritengo di dover esprimere per quanto riguarda la mia parte politica.
Un'ultima breve considerazione riguarda i meccanismi di valutazione. Questi esistono già (ovviamente devono essere potenziati), come esistono già le schede dei dipendenti (mi riferisco ai dipendenti, posto che per i dirigenti il discorso, evidentemente, è diverso) che vengono sottoposte annualmente al vaglio dei dirigenti e che contengono la storia o il curriculum individuale di ciascuno di essi. Si tratta dunque di una misura abbastanza praticata ed esiste una letteratura sconfinata sui criteri fin qui seguiti nella valutazione della produttività o dei comportamenti dei dipendenti ai fini delle progressioni di carriera. Penso che questo aspetto potrebbe essere sviluppato, incrementato ed arricchito.
Esiste tuttavia una questione che vorrei sottoporre alla sua attenzione, ovvero le cosiddette «azioni disciplinari». Le domando cosa si preveda di fare, come si intenda dare concretezza all'esercizio di un potere disciplinare che è regolamentato da decenni ma che, evidentemente, molto spesso non viene esercitato perché (torniamo quindi all'inizio del ragionamento) mancano sedi autorevoli e, soprattutto, svincolate sia dalla tutela sindacale, sia da quella politica, che possano esercitare questo potere in modo leale, franco e indipendente.

AMALIA SCHIRRU. Vorrei mettere in evidenza la positività di questo strumento di intesa, perché penso che già questo atto dia alla pubblica amministrazione la possibilità di riprendere fiducia e, in particolare, consenta a tutti i lavoratori del settore pubblico di sentirsi di nuovo partecipi e protagonisti di un suo processo di riorganizzazione. Questa attività di intesa è importante. Tuttavia consiglio di utilizzare questo strumento per arrivare in tutto il territorio nazionale, attraverso un'azione di ascolto e di confronto con i lavoratori: questo è il modo per ridare slancio e costruire quella cultura della responsabilità di cui si parlava. C'è molta sofferenza e solitudine tra questi lavoratori del settore pubblico, non solo per le campagne di discredito che, in questi anni, sono passate nell'opinione pubblica e che hanno creato un disvalore di questa figura professionale.
Penso che un altro nodo, non ancora superato nella pubblica amministrazione, consista nel fatto che, spesso e volentieri, il lavoratore (ma anche il dirigente del settore pubblico) si sente solo; ciò è accaduto soprattutto dopo la separazione dell'attività amministrativa (creando quindi, responsabilità disgiunta) dalla responsabilità politica (penso a tutto il campo degli enti locali). Questo processo di divisione e di separazione di poteri e funzioni spesso non è stato accompagnato dalla capacità di dare indirizzi precisi, di costruire progetti e, quindi, di individuare obiettivi precisi, caratteristica necessaria per consentire al dirigente e, di conseguenza, all'intera struttura degli uffici di marciare con obiettivi e indirizzi puntuali. Occorre dunque una verifica in merito alla separazione dei poteri e delle funzioni per comprendere se si rendano necessari dei correttivi per riavvicinare meglio la figura della politica alla figura amministrativa.
Inoltre, anche la valutazione sulla dirigenza e il modello da utilizzare per misurare l'efficacia e l'efficienza del servizio non possono essere semplicemente (o unicamente) quelli utilizzati oggi dal Sistema sanitario nazionale nell'assegnazione del budget ai dirigenti, ovvero una valutazione sui risultati di natura prettamente economica o di risparmio di spesa, a scapito, evidentemente, dell'organizzazione


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e della risposta del servizio al cittadino. Del resto, sono convinta che quello sia ormai il modello più consolidato, che ci consente, attraverso apposita verifica, di capire come e dove si possa intervenire proprio per evitare quello che spesso succede nell'ambito della pubblica amministrazione.
Richiamandomi, infine, all'intervento dell'onorevole Cordoni, vorrei porre all'attenzione del ministro la necessità di vigilare sull'applicazione delle ultime norme della finanziaria riguardanti, in particolar modo, la stabilizzazione del personale precario. Esprimo una preoccupazione (che ho avuto modo di constatare in questi giorni) relativa al fatto che, nell'ambito di alcune strutture della pubblica amministrazione, si sta pensando di addivenire alla stabilizzazione, per esempio, dei contratti di formazione e lavoro solo dopo aver esplicitato tutta la procedura (che probabilmente è anche giusta e valida) dei concorsi interni, ovvero dopo aver rivisitato - e magari ridotto - le piante organiche e così via. In questo modo, solo alla fine - magari alla fine dell'anno - si potrebbe stabilizzare questo tipo di lavoro precario.

PRESIDENTE. Do nuovamente la parola al ministro Nicolais per la replica.

LUIGI NICOLAIS, Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. Ringrazio tutti gli intervenuti per le osservazioni espresse ed i suggerimenti forniti, che risulteranno molto utili anche per migliorare questo Memorandum.
Vorrei brevemente dare un'idea, forse più chiara, di quale sia l'iter seguito. Questo è un Memorandum d'intesa, siglato da due ministri e dalle organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL. Esso è attualmente all'attenzione di regioni, comuni e province. Comuni e province hanno già dato l'assenso, mentre le regioni hanno chiesto un ulteriore incontro (in merito ad alcuni punti da discutere insieme con i sindacati) che si terrà il 28 di questo mese. Al termine dell'iter, avremo un Memorandum che vedrà la firma del Presidente del Consiglio, dei presidenti delle regioni e dei presidenti dell'ANCI e dell'UPI.
Questo iter chiarisce anche la ragione per cui nel Memorandum sono indicate alcune responsabilità di regioni e di enti locali e perché le regioni e gli enti locali non lo hanno ancora firmato. Concluso l'iter, dal Memorandum emergeranno delle linee-guida che il ministro invierà all'ARAN, per i singoli comparti (giustamente interviene la differenza tra comparto e comparto) dopodiché si avvieranno i contratti di lavoro. Questo è il quadro generale.
Aggiungo, che in questo momento stiamo discutendo con il ministro Padoa Schioppa, nell'ambito della disponibilità finanziaria dei fondi previsti per il rinnovo contrattuale, già allocati nella finanziaria, sull'interpretazione (questo è il punto di discussione) dei termini di decorrenza del contratto. Questa è la ragione per cui non abbiamo ancora proceduto e per cui, secondo alcuni, si è perso un mese. In realtà, non si è perso tempo, dal momento che si è già avviata una serie di incontri in questa direzione.
I punti e le questioni sollevate sono molto importanti, ma innanzitutto vorrei dire che questo è un tassello di un mosaico. Per cambiare sostanzialmente la pubblica amministrazione, non ci stiamo muovendo solo attraverso un Memorandum (e quindi, successivamente, un contratto di lavoro). Abbiamo infatti già avviato un'operazione massiccia nel settore della informatizzazione attraverso un sistema di interoperabilità, a livello della pubblica amministrazione centrale e di quella periferica, per permettere al sistema della pubblica amministrazione di essere totalmente capace di scambiarsi banche dati. Ciò permette una riorganizzazione del lavoro come anche dei servizi, perché in un sistema interoperabile dove tutto è collegato, l'erogazione del servizio al cittadino e all'impresa sarà completamente diversa da quella attuale. Bisogna dunque re-ingegnerizzare le procedure, modificare e cambiare sostanzialmente i procedimenti e questa è un'altra delle


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attività che stiamo portando avanti in maniera molto forte, proprio perché rappresenta l'elemento cruciale per il grande cambiamento.
Da un lato, quindi, cambiamo l'organizzazione del lavoro, dall'altro, introduciamo nuove tecnologie in maniera distribuita e con la copertura al cento per cento di tutto il territorio nazionale, al fine di permettere, successivamente, il cambiamento sostanziale della nostra pubblica amministrazione.
Circa il problema della valutazione, siamo tutti coscienti del fatto che non sia una cosa semplice e che sicuramente, a differenza delle aziende private che hanno il mercato come valutatore terzo per eccellenza, la pubblica amministrazione debba rivolgersi ad un «mercato» particolare, cioè all'utente (come ricordava l'onorevole Cordoni) cittadino o ancora meglio all'impresa, che rappresenta il suo vero referente. È chiaro che definire le regole della valutazione non è una cosa semplice e, del resto, ciò non è neppure indicato nel Memorandum, dal momento che si tratta di un qualcosa che deve andare molto al di là del suo contenuto. Nel Memorandum sono solo indicati i principi di valutazione su cui basarsi; ben vengano, dunque, progetti di legge tesi a definire non tanto la valutazione del singolo, quanto i criteri e i parametri oggettivi di valutazione che saranno adottati dalle strutture per la valutazione dei singoli.
Pertanto, è un'operazione sicuramente in fieri. Non penso che qualcuno di voi immagini che con un Memorandum sia possibile risolvere un problema generale della pubblica amministrazione che colpisce non solo l'Italia ma tutto il sistema mondiale, che si trova di fronte ad un fondamentale cambiamento risultante dall'utilizzo di una tecnologia così pervasiva come quella dell'informazione. Si tratta chiaramente di un'operazione che stiamo affrontando dall'inizio e stiamo cercando di individuare le variabili critiche, sulle quali dobbiamo concentrarci affinché questo processo di cambiamento raggiunga l'obiettivo finale nei tempi più rapidi possibili, dal momento che anche il tempo è un punto importante nel processo in atto. Non possiamo aspettare tempi lunghi. Abbiamo bisogno di accelerare tutto il processo. In questo senso, anche il lavoro che si sta facendo con gli altri ministri per la diffusione della larga banda (che può sembrare un lavoro a parte) in realtà è essenziale per la riorganizzazione complessiva della pubblica amministrazione.
Il problema è complesso, e va dunque analizzato ed affrontato tenendo conto di tale complessità, senza semplificazioni per cercare di accelerare il processo di valutazione.
Abbiamo la necessità, ovviamente, di intervenire sui modelli organizzativi (come ricordava l'onorevole Cordoni) e di definire un sistema di valutazione con regole, indici oggettivi di valutazione (come precisato, invece, dall'onorevole Turci e da altri onorevoli) affinché questo risultato sia rapidamente ottenuto. Molto resta da discutere, perché non abbiamo le idee chiare su come svilupperemo una valutazione oggettiva. Una delle proposte contenute in quel disegno di legge che fra poco inizierà il suo iter alla Camera, relativa ai tempi certi nella pubblica amministrazione, rappresenta un elemento di valutazione oggettiva: sicuramente non sarà l'unico, né il più importante, tuttavia è uno degli elementi che permetterà di valutare l'efficienza di una struttura.
Sui tempi di applicazione di questo Memorandum ho già fornito indicazioni e spero che, prima dell'estate, l'ARAN possa cominciare a preparare i primi contratti. Questi poi, come previsto nella legge finanziaria, entro 55 giorni dall'approvazione saranno siglati.
Quanto al precariato, non si tratta affatto di un'operazione semplice. Il problema nasce dal blocco delle assunzioni e dalla necessità da parte delle pubbliche amministrazioni di inventarsi un nuovo sistema di lavoro per coprire i bisogni che avevano per poter...


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PRESIDENTE. Le chiedo scusa, signor ministro, ma in ragione dell'imminente inizio dei lavori dell'Assemblea la invito a concludere rapidamente il suo intervento.

LUIGI NICOLAIS, Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. Sul precariato stiamo preparando un atto di indirizzo per chiarire le varie differenze: il lavoro precario non deve essere confuso con il lavoro flessibile né, in alcuni settori, con attività formative (così come succede nell'ambito delle università o degli enti pubblici di ricerca). Stiamo quindi predisponendo un atto di indirizzo chiarificatore insieme con il ministro Damiano, con il quale abbiamo lavorato per tutto il settore generale del precariato.
Temo di non aver risposto in maniera del tutto esauriente alle domande postemi, ma resto a disposizione per qualunque altra eventuale richiesta.

PRESIDENTE. La ringrazio, signor ministro.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,50.