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COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 27 giugno 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MIMMO LUCÀ

La seduta comincia alle 14,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del ministro della salute, Livia Turco, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del ministro della salute, senatrice Livia Turco, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
Do il benvenuto al ministro a nome mio e di tutta la Commissione e lo ringrazio per aver aderito tempestivamente al nostro invito. Seguiranno altre audizioni, con altri ministri, le cui competenze afferiscono al lavoro di questa Commissione. Faccio presente che, dopo la relazione, sui temi oggetto dell'audizione i deputati potranno esprimere considerazioni e formulare domande.
Non vi sono limiti temporali agli interventi dei commissari. Tuttavia, il buonsenso richiede di mantenersi entro limiti compatibili con l'esigenza di proseguire i nostri lavori sugli altri argomenti all'ordine del giorno.
Per quanto riguarda la seduta odierna, dovendo allontanarsi alle ore 16 il ministro ha dato la propria disponibilità a proseguire l'audizione nella giornata di domani.
Invito, pertanto, i colleghi a contenere i tempi dei loro interventi, al fine di consentire la più ampia partecipazione al dibattito. Salutiamo anche il sottosegretario Giampaolo Patta, che ringraziamo per la presenza.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor presidente, vorrei intervenire sull'ordine dei lavori e, comunque, non prima di aver dato il benvenuto al ministro e al sottosegretario.
A nome del gruppo di Forza Italia propongo che, terminata la relazione del ministro, il seguito dell'audizione sia rinviato ad altra seduta, in modo da consentire ai membri della Commissione di approfondire i contenuti della relazione. A tal proposito disporre del testo stampato sarebbe estremamente utile.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Vorrei ringraziare il ministro Turco per essere qui con noi. Abbiamo già avuto un'esperienza di Governo precedente, in occasione della quale abbiamo collaborato bene, cosa che speriamo avvenga anche in questa legislatura.
Poiché saremo molto attenti a quello che ci dirà il ministro, e volendo approfondirlo, ritengo utile accogliere la richiesta dell'onorevole Di Virgilio di affrontare la discussione domani.

KATIA ZANOTTI. Anche io vorrei rivolgere un augurio di buon lavoro al ministro Livia Turco.
Il mio gruppo è disponibile a proseguire l'audizione nella giornata di domani, accogliendo anche un'esigenza di approfondimento


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della relazione, che viene dai parlamentari dell'opposizione, purchè, qualora i tempi lo consentano, sia data la possibilità di intervenire ai deputati che desiderino farlo subito dopo la relazione del ministro.

PRESIDENTE. Ritengo si possa procedere secondo buon senso, consentendo nella giornata odierna gli interventi compatibili con gli impegni del ministro e rinviando a domani, alle 14, il seguito dell'audizione.
Do ora la parola al ministro della salute, Livia Turco.

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Innanzitutto rivolgo un saluto a tutti i componenti della Commissione. Lascerò agli atti un testo scritto, cui farò riferimento nella mia illustrazione, che non sarà così approfondita come il testo al quale rinvio.
Vorrei partire da una premessa. La mia esperienza parlamentare e la precedente attività di governo mi suggeriscono di attribuire grande importanza al dialogo e al confronto costante in Parlamento. Per questo mi assumo l'impegno a fare in modo che il rapporto con questa Commissione e con la sua omologa del Senato da parte mia e dei sottosegretari sia, in tal senso, il più produttivo possibile.
La consapevolezza della centralità del Parlamento mi ha suggerito di utilizzare questa sede per illustrare in modo compiuto i programmi e gli obiettivi del Ministero della salute in base ai compiti affidati.
Nel corso di questo mese e mezzo di attività, ho avuto modo di parlare di singole questioni sulle quali stiamo lavorando, ma non c'è alcuna mia intervista che parli dell'attività complessiva del Ministero. Questa è la prima sede in cui lo faccio.
Il punto di riferimento del mio mandato è sicuramente il programma dell'Unione, ma non solo. Ciò che vi illustrerò in questa sede è il frutto anche di quanto ho avuto modo di ascoltare in questo mese e mezzo da parte delle tante preziose competenze che ci sono al Ministero; è il risultato del confronto di esperienze con le regioni, con il governo locale, con i medici, con le professioni sanitarie, con il mondo dell'impresa, dei sindacati e del volontariato, con la Chiesa e con i singoli cittadini.
L'ascolto proseguirà, in modo intenso, nel mese di luglio e rappresenterà una costante del nostro lavoro. Il fine ultimo è quello di contrarre un «patto per la salute». Un vero e proprio new deal per la sanità italiana, che sappia raggiungere e coinvolgere tutte le componenti del sistema, finalizzandone l'operato verso un unico grande obiettivo.
Il nuovo «patto per la salute» è l'obiettivo per il raggiungimento del quale intendiamo lavorare. Il che significa ridefinire modi e forme del sistema, perché esso sia finalmente orientato verso i bisogni e le esigenze dei cittadini, ma che sappia anche considerare la produzione del benessere della salute come principale baricentro delle nostre politiche.
A bisogni di salute sempre più crescenti devono, infatti, corrispondere investimenti adeguati sull'insieme delle strategie comprese tra la prevenzione della malattia, la responsabilizzazione dei cittadini ed il controllo complessivo dei diversi determinanti della salute.
Occorrerà, quindi, programmare una riconversione graduale degli indirizzi di spesa all'interno del sistema sanitario e dare luogo, nel contempo, a politiche sempre più integrate, che si sviluppino attraverso un vero e proprio piano di azione interministeriale.
A questo punto, avanzo la prima proposta sulla quale vorrei lavorare insieme alla Commissione, in quanto si tratta sicuramente di una novità significativa per il nostro paese: non intervenire soltanto sul sistema sanitario in quanto tale, ma mettere a punto un vero e proprio programma interministeriale per la promozione e l'equità nella salute, che sia coerente con l'affermazione che tante volte abbiamo fatto, vale a dire che la salute è connessa non solo al sistema sanitario, ma anche ai cosiddetti determinanti della salute.


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Poiché tale iniziativa è stata avviata in alcune realtà locali, pensiamo sarebbe una grande forma di indirizzo, una grande assunzione di responsabilità predisporre un programma interministeriale che agisca sui determinanti della salute.
Un «patto per la salute» deve essere orientato attorno ad alcune parole chiave, di cui ho ricevuto molte conferme in un giro di ascolto dei tanti soggetti che prima menzionavo.
La prima parola chiave è: fiducia. Sentiamo di dover creare un rapporto di fiducia fra i cittadini e il sistema sanitario. Questo significa avere, come inderogabile punto di riferimento, il cittadino, la sua dignità, la sua concreta condizione di vita; il cittadino come portatore di diritti, ma anche di doveri. Ci piace parlare del «dovere di non ammalarsi», non soltanto del diritto alle prestazioni. Con questa espressione, vogliamo mettere in risalto le competenze del cittadino e l'importanza di una politica di promozione della partecipazione del cittadino, che ne valorizzi la responsabilità e, appunto, le competenze.
La fiducia poi si costruisce conoscendo e valorizzando la buona sanità, compito questo quasi etico che attribuisco al Ministero. Infatti non si può parlare soltanto di malasanità; bisogna guardare a quella che funziona, per ricreare fiducia nei cittadini, precondizione per promuovere quel diritto alla salute che è il fondamento di un'efficace azione di governo, sicuramente, di quella del centrosinistra, che, nella difesa del servizio sanitario pubblico, universalistico e solidale, ha il suo punto di riferimento essenziale.
Fiducia significa anche generare fiducia, attraverso la valorizzazione dell'autonomia e della responsabilità di chi opera nella sanità e la condivisione di un progetto comune. Anche per questo - ed è la seconda proposta che avanziamo -, a fine ottobre, vorremmo promuovere gli stati generali degli operatori e delle operatrici della salute per discutere e condividere i valori e le scelte di questo nuovo patto per la salute, nella consapevolezza che la sanità italiana ha bisogno di serenità, di certezze di valori, di regole e di migliorare dall'interno la sua qualità.
La sanità italiana è una casa solida, che va ristrutturata, abbellita, resa più accogliente ed equa, attraverso il concorso di tanti e di tante, soprattutto di quelli che lavorano, a vario titolo, al suo interno.
La seconda parola chiave è la qualità. Si tratta di un principio trasversale che deve ispirare ogni atto sanitario, ma anche ogni procedura gestionale ed amministrativa. La qualità nella sanità riguarda non solo gli aspetti squisitamente clinici, ma anche quelli connessi con un'organizzazione e una catena di governo efficienti e in linea con gli obiettivi di salute prefissati.
In un recente incontro promosso dalle ASL di Bologna, ho avuto modo di avere riscontro dell'importanza e del valore dell'organizzazione e delle modalità di lavoro. Il tema dell'organizzazione del lavoro, del lavoro a rete, del superamento della gerarchia è stato uno degli elementi indicati come volàno non soltanto di qualità, di efficacia delle prestazioni, ma anche di uso oculato delle risorse.
La terza parola chiave è: umanizzazione. Si riassume fondamentalmente nella capacità di rendere i luoghi di cura e le stesse pratiche medico-assistenziali aperti, sicuri e senza dolore, conciliando politiche di accoglienza, informazione e comfort con percorsi assistenziali il più possibile condivisi e partecipati dal cittadino.
Per questo, stiamo verificando la possibilità di riprendere anche il progetto «ospedale modello», avviato dall'ex ministro Veronesi nel 2000, al fine di valutare, insieme alle regioni, la possibilità di mettere in rete le intuizioni e le soluzioni innovative in esso contenute.
Altro concetto chiave è: unitarietà del sistema. Su questo pongo una particolare enfasi anche per dire che, se si chiede al ministro della salute quale sia in questa fase il suo compito precipuo, la sua inderogabile missione, la risposta è sempre l'unitarietà del sistema che, in termini pratici, comporta un impegno e un onere molto preciso, vale a dire non accontentarsi


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delle leggi scritte, degli indirizzi definiti, ma darsi gli strumenti per verificare, di volta in volta, come questi indirizzi diventino diritti per i cittadini.
L'altra parola chiave è: responsabilità. Nella sanità si vince la battaglia per il risparmio e per tenere i conti pubblici in ordine, soltanto se il criterio guida di ogni attore - dai medici, ai cittadini, ai manager - è quello della responsabilità: nella prescrizione (la battaglia per le liste d'attesa è molto legata a questo), nella valorizzazione dell'autonomia della professione di ciascun attore, nell'appropriatezza della lotta agli sprechi. Ed in questo siamo tutti impegnati: i medici ospedalieri, quelli di famiglia, i singoli cittadini.
Vorrei richiamare un esempio, che mi ha molto colpito: la moltiplicazione delle prescrizioni di esami diagnostici inutili da parte del medico, ma anche, molte volte, il mancato ritiro dei relativi referti da parte del cittadino. Questo è un aspetto di quella responsabilità che forse bisogna mettere in risalto per promuovere davvero un efficace diritto alla salute.
Vi è poi la legalità e la cultura dei risultati. Dobbiamo adottare degli indicatori per il monitoraggio, che possano dare informazioni in tempo reale sull'appropriatezza, la qualità e il rispetto di un corretto rapporto costi-benefici. La cultura del risultato è quella che manca nel nostro paese, e credo sia quella sulla quale insistere, dotandoci, però, della strumentazione necessaria.
Vi è poi una politica delle alleanze: se la salute è un grande investimento, e non un costo, come ha detto il Presidente del Consiglio, allora bisogna che tutti gli attori economici e sociali - non soltanto il soggetto pubblico, quindi - concorrano alla promozione di questo bene.
Tuttavia, la costruzione di larghe alleanze significa anche che tutti gli attori devono essere coinvolti, giorno per giorno, nella costruzione delle politiche. Per questo intendo adottare presso il Ministero della salute alcuni strumenti di dialogo costante con i medici, con le professioni sanitarie, con il volontariato, con i sindacati e con le imprese.
Ancora un altro concetto chiave è: l'Europa e il mondo. Dobbiamo costruire una nuova politica di relazioni, costituendo una presenza costante e qualificata dell'Italia nelle sedi europee, nelle organizzazioni di cooperazione internazionale, promuovendo un programma di partnership internazionale nei vari paesi del mondo, a partire dal potenziamento della rete degli ospedali italiani all'estero, quale bandiera, ma anche quale occasione di sviluppo e promozione di opportunità del nostro sapere medico, scientifico, assistenziale e gestionale negli altri paesi del mondo.
I riferimenti normativi fondamentali nella sanità sono: l'articolo 32 della Costituzione, la legge 23 dicembre 1978, n. 833, la riforma costituzionale che prevede la competenza concorrente delle regioni nella definizione dei livelli essenziali di assistenza e il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229. Non credo vi sia bisogno di nuove leggi in sanità: questa legislazione è e sarà il punto di riferimento del nostro lavoro.
Come dicevo, quel che è importante è il governo del sistema, che ha bisogno di due motori: il primo vede lo Stato e le regioni impegnati in un'azione concorde, in una concertazione quotidiana. Parlare di governi regionali e locali significa parlare di sussidiarietà, che non rappresenta soltanto il trasferimento di un livello istituzionale, ma vuol dire anche partecipazione della comunità. Per questo, crediamo sia davvero importante governare con le regioni e con i vari attori economici e sociali. Ma non c'è dubbio che esiste una responsabilità primaria dell'istituzione, perché regioni e Governo nazionale sono un unitario soggetto istituzionale.
Ed è proprio perché intendiamo in questo modo il rapporto istituzionale con le regioni e così vogliamo praticarlo, che il primo atto del Ministero è stato quello di istituire un tavolo permanente di consultazione con le regioni - ci sono già stati due incontri, altri ce ne saranno nel mese di luglio -, al fine di affrontare tutte le questioni a partire da quelle più rilevanti, che saranno al centro del prossimo DPEF,


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che riguarderà la definizione di regole e risorse certe per il sistema sanitario pubblico, universalistico e solidale.
L'altro motore del governo del sistema è il superamento della cattiva politica. Questo è un punto che sta particolarmente a cuore al Presidente del Consiglio. Lo esplicito, perché mi ha dato su questo un mandato particolare, ossia fare in modo che, nella sanità, sia superata sempre più la cattiva politica e sempre più siano valorizzati talenti e capacità.
L'abrogazione di quella norma che prevedeva che i parlamentari e i consiglieri regionali potessero fare i direttori delle ASL, è stato un fatto simbolico nel segno di un indirizzo sul quale vogliamo essere molto determinati.
Il sistema sanitario ha delle risorse che noi vogliamo valorizzare. Il primo modo è dare alla sanità un assetto finanziario certo. Vengo così alla fase più delicata che stiamo vivendo. Si tratta di un passaggio delicatissimo per la situazione economica e sociale del paese, che richiede a tutti, non solo al Governo, di coniugare una politica di rigore, di messa a posto dei conti pubblici, ad una politica di equità e di crescita.
Per questo, abbiamo proceduto fin da subito verso la sottoscrizione con le regioni di un nuovo «patto per la spesa sanitaria», capace di traghettare il sistema verso una stagione di certezze e stabilità di governo, ormai avvertita come priorità assoluta da tutte le regioni italiane, senza distinzione di colore politico o di collocazione territoriale. Il dialogo per la definizione del patto è in pieno svolgimento, e ci sarà un incontro nei prossimi giorni proprio sul tema del DPEF. In quest'aula, essendo una sede istituzionale rilevante, la più appropriata, vorrei anticipare gli orientamenti che il Ministero della salute intende condividere con le regioni e con il Governo nel suo complesso e che sono stati anche rappresentati al Ministero dell'economia e delle finanze.
Al primo punto di questo patto vi è l'esigenza di avere una valutazione condivisa con le regioni del fabbisogno di spesa, anche attraverso un attento riesame dell'appropriatezza dei LEA e tenendo conto del consuntivo di spesa dell'anno 2006.
Bisogna avere - e siamo al secondo punto - e dare al sistema certezze di risorse finanziarie, individuando, per il triennio 2007-2009, nel 6,6 per cento del PIL un punto di partenza per la programmazione dei piani delle politiche regionali, cui affiancare un fondo straordinario per le regioni che presentano grandi criticità finanziarie, con l'obiettivo dell'azzeramento del debito entro il 2009.
Il terzo punto è il riconoscimento e la valorizzazione dell'autonomia e della responsabilità del governo regionale, cancellando vincoli unidirezionali ed imposti e liberando la possibilità di ricorso all'autonomia impositiva locale.
Il quarto punto è la valutazione dell'andamento della spesa e del raggiungimento degli obiettivi di salute, attraverso la costituzione di un organismo bilaterale Governo-regioni, per il monitoraggio costante in corso d'opera, incentrato sulla dinamica di specifici indicatori di risultati.
Questi quattro punti (lo dico per obiettività e non per polemica) sanciscono una discontinuità rispetto alla precedente azione di Governo. In essa abbiamo avuto non una valutazione condivisa del fabbisogno, ma una politica di vincoli e nessun monitoraggio della spesa. Tant'è che ci troviamo nel 2006 con uno sfondamento della spesa sanitaria. Su questo vogliamo sancire una netta discontinuità.
I termini concreti di un accordo sulla sostenibilità del sistema sanitario possono essere i seguenti: lo Stato si impegna a ridefinire entro l'anno il sistema di finanziamento, in modo da dare certezze circa le risorse destinate al servizio sanitario, su un arco pluriennale ragionevole.
Le regioni vengono chiamate ad un'assunzione forte di autonomia e inderogabile responsabilità di bilancio. Se una regione ottiene guadagni di efficienza maggiori di quelli programmati, può utilizzarli a sua discrezione, secondo indirizzi che la regione stessa si dà. Se non li ottiene, deve finanziare le spese eccedenti con risorse proprie. Dobbiamo cioè mettere fine - nella pratica, non soltanto nelle affermazioni


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di principio - alla cosiddetta politica del piè di lista. Infatti, se non si inaugura una assunzione di responsabilità, di autonomia e, nello stesso tempo, di certezze per le regioni, non si attueranno mai quei meccanismi virtuosi essenziali per dare serenità al diritto alla salute.
Il nuovo sistema di finanziamento, secondo noi, dovrebbe comporsi di una parte ordinaria, che assicura risorse adeguate ai costi dei LEA nelle regioni che hanno risultati migliori, e di una parte, scorporata dalla prima, che sia esplicitamente finalizzata al finanziamento delle inefficienze differenziali delle regioni meno virtuose. Questa seconda parte dovrà prevedere un percorso di rientro - quindi dovrà ridimensionarsi rapidamente nel tempo -, e dovrà essere condizionata alla realizzazione effettiva delle azioni di efficientamento, pena l'esercizio dei poteri sostitutivi e l'utilizzo pieno delle leve fiscali di competenza regionale.
Per questo, per alcune regioni - ed è stato chiesto dagli stessi governatori delle regioni - è importante l'affiancamento da parte del livello di Governo centrale, fino al conseguimento degli obiettivi di rientro stabiliti, che, per quanto ci riguarda, coincidono non soltanto con il contenimento della spesa, ma anche con l'affermazione di obiettivi di salute: infatti realizzare la riconversione tra ospedale e territorio è un grande obiettivo di salute, oltre che di contenimento della spesa. Questo è il senso del patto finanziario che vogliamo realizzare.
L'altra importantissima risorsa del sistema da valorizzare è quella della professionalità. Sappiamo - e questa Commissione, nella precedente legislatura, ha affrontato la questione - che le straordinarie professionalità del nostro sistema, oggi, vivono una crisi in termini di ruolo, di potenzialità di innovazione, di assunzione di responsabilità, di garanzia di autonomia nell'esercizio del proprio lavoro.
Per questo, individuiamo alcune priorità per gli operatori del sistema sanitario. La prima è sviluppare quel governo clinico e assistenziale che ne responsabilizzi l'esperienza, allo scopo di orientare il sistema verso l'obiettivo prioritario della soddisfazione dei bisogni del cittadino, attraverso modalità di intervento, basate sulla qualità e l'appropriatezza delle prestazioni e dei percorsi terapeutici assistenziali.
L'altro impegno che ci assumiamo e per il quale stiamo lavorando con il sottosegretario Patta, qui presente, e con i sottosegretari Zucchelli e Gaglione, è quello di dare piena applicazione alla legge 1o febbraio 2006 n. 43 sulle professioni sanitarie: abbiamo costituito un tavolo di lavoro per attuare la delega al Governo finalizzata all'istituzione degli ordini e degli albi professionali relativi.
La terza grande priorità sulla quale ci accingiamo a lavorare è la riforma del sistema di educazione continua in medicina.
La quarta questione è rappresentata dalla necessità di superare forme di lavoro atipiche, che mascherano spesso un vero e proprio precariato, o addirittura un lavoro nascosto, come nel caso dei medici specializzandi. Il precariato in sanità è grave per due ragioni: per chi vive la situazione di precarietà, ma anche per la qualità delle prestazioni erogate ai cittadini.
Vogliamo poi - siamo al quinto punto - costruire un nuovo sistema concorsuale per l'attribuzione degli incarichi dirigenziali all'interno delle strutture sanitarie, che sappia coniugare la necessità di trasparenza nelle nomine, di competenza dei candidati e di massima condivisione nelle scelte, con la funzione di responsabilità decisionale, che riteniamo debba rimanere in capo agli organismi gestionali delle aziende, ma secondo criteri molto precisi, che prevedano le caratteristiche del posto messo a concorso da definire nel bando, i titoli di carriera a carattere generale posseduti dal candidato, i titoli specifici per il posto messo a concorso, l'attività scientifica e le pubblicazioni del candidato e, soprattutto, la verifica e la valutazione dell'operato in base ai risultati ottenuti nell'esercizio dell'incarico.
Sul tema del governo clinico e sul tema della trasparenza in sanità, vorremmo lavorare


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ad un provvedimento legislativo (una delle pochissime norme che intendiamo presentare in questa legislatura). L'altra risorsa del sistema sanitario, come dicevo, è rappresentata dalla partecipazione. Abbiamo istituito un tavolo di lavoro con i sindacati e con il mondo delle imprese.
A questo proposito, mi piace sottolineare la novità intervenuta all'interno del mondo delle imprese, che ha superato un approccio liberista e parla di sanità come grande investimento. E le cifre illustrate da Confindustria - che non è sospetta di essere un partito della spesa pubblica - ne sono la più lampante testimonianza. Tutto ciò conferma il fondamento di quanto dichiarato dal Presidente del Consiglio; ossia guardare alla sanità come ad un grande comparto di sviluppo economico e sociale del nostro paese.
Per questo, vorremmo, come risorsa del sistema, portare avanti un dialogo con i sindacati, con il mondo delle imprese, oltre che con il volontariato e con tutte le associazioni di tutela dei cittadini.
Il cittadino, perno del sistema, deve condurre ad una riflessione concreta e ad un'innovazione, anche rispetto alle tante carte scritte e agli strumenti finora adottati. Per esempio, guardiamo con attenzione al fatto che, in molte realtà locali, è stata introdotta la rendicontazione nei confronti dei cittadini da parte del soggetto pubblico. Penso che questo dovrebbe diventare un vero e proprio asse strategico dell'azione del governo della salute. Quindi, piani strategici, linee di indirizzo, programmi, attività effettivamente svolte, risultati conseguiti, bilancio di missione.
La partecipazione del cittadino, dunque, non deve ridursi ad una chiamata ogni tanto a dire la propria, ma, in qualche modo, deve essere incorporata nel sistema.
Pensiamo che, per segnalare la volontà di ricercare queste strade nuove, sia anche importante fare di quello della salute un Ministero accogliente, disponibile a prestare ascolto al mondo del volontariato, dell'associazionismo e delle associazioni di tutela, che sono tantissime. Per questo, vorremmo costituire una consulta permanente delle associazioni, dopo l'incontro che faremo a settembre con tutte le associazioni, alla preparazione del quale stiamo lavorando.
Un'altra grande risorsa della sanità, troppo trascurata, è quella della ricerca. Vogliamo lavorare per un piano triennale di governo nella ricerca sanitaria, scientifica, tecnologica e sui servizi, tenendo conto delle priorità dell'Unione europea. La politica della ricerca ha bisogno non soltanto di risorse, ma anche di criteri nuovi. Anche su questo abbiamo ritenuto di dover cambiare musica. Abbiamo riformulato, in accordo con le regioni, il decreto che stanziava 100 milioni di euro per la ricerca oncologica. Per consentire a tutti i soggetti di concorrere a questa ricerca, abbiamo voluto valorizzare il metodo dei bandi pubblici. Infatti la ricerca in sanità non interessa soltanto Milano e Roma. Qui ci sono grandi centri d'eccellenza, ma ve ne sono anche nel Mezzogiorno e in tante altre parti d'Italia.
Bisogna, quindi, che nella ricerca ci siano non soltanto più risorse, ma che queste siano utilizzate con criteri adeguati, che sono quelli della competenza e del merito. Una ricerca che sia applicata alle patologie, ai nuovi bisogni di salute, ma anche al sistema sanitario pubblico, perché se questo non si avvale di una attività costante di innovazione e di ricerca, invecchia, impoverisce, diviene inefficace.
Riteniamo, inoltre, come altra grande risorsa del sistema sanitario, di dover definire una nuova politica farmaceutica - per essere breve vi rinvio al testo -, e di affrontare alcune criticità del sistema.
La prima è quella delle liste d'attesa, tema sul quale è molto facile fare propaganda. Molto più difficile, invece, è ottenere risultati. Per questo, ho ritenuto di non parlare delle liste di attesa, ma di utilizzare quanto è stato fatto. Non ho difficoltà a riconoscere che, nel precedente Governo, la questione era stata affrontata con un provvedimento. Sarebbe stato sbagliato se, per un desiderio di pura discontinuità, avessi vanificato il lavoro fatto,


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tradotto in un accordo fra le regioni per il contenimento delle liste d'attesa. Ritengo doveroso, da parte del Governo attuale, fare il punto con le regioni - cosa che faremo nel mese di luglio -, per verificare quali risultati ha ottenuto quell'accordo sul contenimento delle liste di attesa. Su questo, penso che dovremmo applicare quel principio di monitoraggio e di valutazione dei risultati richiesto per realizzare un effettivo diritto alla salute.
Sarà importante valutare gli effetti delle attività di contenimento delle liste di attesa non soltanto nelle regioni più prevedibili, ma in tutte le regioni, a partire da quelle più in difficoltà sul fronte del diritto alla salute dei cittadini. Dunque, il compito che mi assumo riguardo questa rilevantissima criticità è quello di verificare i risultati dell'accordo tra le regioni, per valutare cosa si può fare di più e meglio, soprattutto in termini di informazione nei confronti dei cittadini, di promozione della responsabilità della professione medica, di battaglia per l'appropriatezza. Infatti, mi pare di aver capito che la questione delle liste di attesa sia specificamente un problema di appropriatezza.
Altra criticità è l'autosufficienza nel Mezzogiorno. Il tema di come il Mezzogiorno debba mettersi al passo con l'Europa è una sfida importantissima per realizzare l'unitarietà del sistema. Anche qui vi rinvio al testo scritto. È una questione sulla quale ci siamo impegnati molto e vogliamo continuare a farlo. In questa sede, vorrei sottolineare soltanto un punto che mi sta molto a cuore. Su questo tema abbiamo lavorato parecchio quando eravamo all'opposizione (ricorderete un disegno di legge, primo firmatario Massimo D'Alema, proprio sulla sanità nel Mezzogiorno). Il Mezzogiorno ha bisogno di grandi investimenti; per ammodernare le tecnologie, le strutture, la rete ospedaliera e, soprattutto, per realizzare la medicina del territorio.
Dunque è un problema non solo di livelli essenziali di assistenza, ma anche di ammodernamento della rete sia ospedaliera sia della medicina del territorio.
L'ammodernamento della sanità nel Mezzogiorno richiede risorse certe, ma anche un sostegno alle capacità progettuali e di spesa. Ricordo che, nella precedente legislatura, il Senato svolse un'importantissima indagine conoscitiva sulla sanità nel Mezzogiorno, da cui è emerso che il problema cruciale era la capacità di progettazione e di spesa.
Su questo fronte abbiamo due impegni. Riteniamo indispensabile che nel Documento di programmazione economico-finanziaria si parli di investimenti nella sanità del Mezzogiorno, ma non solo: servono investimenti per tutta la sanità. Investimenti nelle tecnologie, nelle strutture, nelle professionalità. Inoltre, pensiamo sia utile predisporre degli accordi di programma tra regioni, tesi ad attivare uno scambio di professionalità e di esperienze realizzate. Cito un esempio che mi ha molto colpito: la regione Sardegna, che ha una grande arretratezza per quanto riguarda il tema della salute mentale, ha sottoscritto un gemellaggio con la regione Friuli, che vanta, invece, esperienze particolarmente innovative in questo ambito. Ebbene, questa è una metodologia che vorremmo diffondere.
Non posso poi non parlare delle carenze e delle diseguaglianze in oncologia. Come potrete rilevare nel testo scritto, ci sono carenze che riguardano i servizi essenziali di radioterapia, l'assistenza domiciliare, la terapia del dolore. Ho ritenuto doveroso verificare se ci fossero risorse stanziate e non spese, che, per quanto riguarda l'oncologia, abbiamo trovato sia con riferimento alla radioterapia, sia per la realizzazione di strutture per le cure palliative.
Infine, c'è una innovazione importante che vorremmo realizzare: la costruzione della medicina del territorio. Anche qui, per evitare di dilungarmi, sintetizzo quanto è scritto nel testo. Va costruita la medicina delle cure primarie e l'integrazione sociosanitaria, facendo in modo che questa non sia una delle tante priorità, ma il cambiamento significativo da realizzare in un tempo certo. Quindi, da parte del Ministero della salute occorre avviare


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quell'azione di indirizzo, di monitoraggio e di valorizzazione dei risultati ottenuti sul territorio.
Questo è un punto che mi sta particolarmente a cuore. Sono infatti convinta che sia doveroso da parte di chi governa fare riferimento al programma, a ciò che ha imparato, ma che ci metta anche qualcosa di suo: ed io avverto come decisiva la costruzione della medicina delle cure primarie e dell'integrazione sociosanitaria.
Per dirvi quanto sia innovativa tale questione per la sanità, vi faccio presente che nella importante e bella struttura del Ministero della salute, vi sono tantissimi uffici, tantissime commissioni, ma manca una direzione sull'integrazione sociosanitaria e sulla promozione delle cure primarie, che è ciò che voglio realizzare.
Intendiamo, altresì, promuovere la prima conferenza delle cure primarie, perché ci sembra importante analizzare le criticità del sistema delle cure primarie della medicina del territorio e definire un modello di intervento - anche se forse non è l'espressione migliore -, un sistema che parta dalla riflessione con tutti gli attori (medici di famiglia, operatori dei distretti, altre figure professionali) su come mai questa medicina del territorio non è decollata e sulle relative ragioni, non soltanto con riferimento alle risorse, ma anche in termini di organizzazione delle professionalità e in termini simbolici, per cui, quando ad un cittadino gli parli di ospedale sa di cosa parli, quando gli parli di medicina delle cure primarie non capisce bene cosa sia.
Dunque, vorremmo fare questa prima conferenza nazionale, per valutare le buone pratiche, i risultati positivi, le esperienze, per comprenderne le criticità e per ragionare insieme su un progetto condiviso. A noi piace molto l'idea di una «casa della salute», che metta insieme tutto ciò che c'è sul territorio, che però oggi risulta disperso. Mi ha molto colpito la riflessione di un responsabile di un distretto avanzato, che sollecitava di prestare attenzione al fatto che la difficoltà della medicina del territorio non è legata solo alle risorse, ma è dovuta al fatto che viene considerata, anche simbolicamente, una medicina povera. C'è un problema di organizzazione, di «pezzi» che fra loro non si parlano.
Da qui, l'idea di costruire una «casa della salute», che metta insieme, che riorganizzi, che chieda ai medici di medicina generale un patto di diritti e doveri, che costruisca un lavoro a rete, che, ovviamente, implementi questa medicina anche dal punto di vista delle risorse: mi pare un'innovazione importante. Mi piace l'idea di una «casa della salute», come messaggio entro il quale raccogliere la medicina del territorio.
Non v'è dubbio che un sistema di cure primarie ha bisogno di una integrazione con la rete ospedaliera, che deve proseguire la sua innovazione, puntando sull'alta specialità, riconvertendo i piccoli ospedali in RSA, in day hospital, in centri di cure primarie. Insomma, integrando medicina del territorio e ospedale.
Abbiamo poi inserito nel programma quattro importanti voci concernenti la sicurezza: delle cure, dei luoghi di lavoro e dell'ambiente domestico - sui quali pensiamo di dover svolgere un importante lavoro legislativo, in accordo con gli altri ministeri competenti -, ambientale ed alimentare. Su questo, però, vi rinvio al testo scritto.
Concludo sugli interventi già avviati o che avvieremo nei prossimi mesi. Il primo riguarda la salute della donna, la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salute del neonato. Stiamo lavorando - non è la prima volta che lo dico, ma lo faccio per confermarvi un impegno - per l'elaborazione di un livello essenziale di assistenza concernente l'analgesia epidurale, che, ad oggi, non è un livello essenziale di assistenza davvero esigibile. Siamo impegnati per realizzarlo, però pensiamo che questo da solo non risolva la vera sfida, che è quella di consentire alle donne l'esperienza, sempre e comunque per scelta, del parto fisiologico.
Per questo, vogliamo accompagnare questa definizione del livello essenziale di assistenza con l'aggiornamento del progetto


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materno infantile, che aveva avviato Rosy Bindi. Nei prossimi giorni, porterò in Consiglio dei ministri un disegno di legge che trae spunto da un lavoro svolto nella precedente legislatura: una legge-obiettivo per i diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salute del neonato.
Altra azione sul tappeto è la promozione dello sviluppo delle terapie del dolore. Intanto, vorremmo introdurre in un provvedimento legislativo l'eliminazione del ricettario speciale per la terapia del dolore. Vorremmo insistere per l'applicazione delle linee guida del progetto «Ospedale senza dolore», a cominciare dalla misurazione del dolore come parametro vitale; rendere obbligatoria l'informazione degli operatori, a partire dai medici di famiglia, attraverso il sistema dei crediti dell'ECM; aumentare le informazioni nei confronti dei cittadini, per far comprendere a tutti che il sollievo non è soltanto desiderabile, ma anche possibile.
La terza azione concreta sulla quale stiamo lavorando e che, insieme alla medicina del territorio, è l'altro tema sul quale investo molto in termini di convinzione personale - peraltro, so che in questa Commissione ci sono delle competenze preziose - è la presa in carico del problema della salute mentale.
Nel 2007, si terrà la Conferenza nazionale sulla salute mentale. Riteniamo doveroso ascoltare le tante esperienze di operatori che lavorano in questo settore e le famiglie gravate dal problema. Pensiamo ad un aggiornamento del progetto obiettivo sulla salute mentale, a partire dalle risorse. E nell'ambito di quelle finalizzate dal Ministero, quella della salute mentale sarà la questione che porremo.
Attenzione, inoltre, verrà dedicata al tema delle malattie rare, per il quale pensiamo sia doveroso orientare l'attività di ricerca e anche l'assistenza. Sapete che si tratta di famiglie e di persone che vivono in situazioni di grandi difficoltà, per fronteggiare le quali vogliamo mettere in campo azioni concrete.
Intendiamo anche promuovere, per quel che ci compete, un'attenzione nei confronti della disabilità (si tratta di un tema di integrazione sociosanitaria da promuovere con il ministro del lavoro e delle politiche sociali).
Particolare attenzione verrà posta nei confronti delle persone anziane, a partire dai provvedimenti per contrastare il problema del caldo, già da quest'estate. Il Ministero ha predisposto delle linee guida e ha innovato le sue azioni di sostegno e implementazione nei confronti dell'attività dei comuni e delle regioni su un punto in particolare: il coinvolgimento dei medici di famiglia nell'ambito dei servizi socio-assistenziali dei comuni. La richiesta sarà quella di profondere particolare impegno soprattutto verso gli anziani più fragili, quelli non autosufficienti, i settantenni e quelli in condizioni economiche precarie, che devono essere precocemente individuati, definendo anche un elenco di persone al fine di svolgere un'azione di prevenzione, evitando così l'insorgere di situazioni irreparabili. Il piano è stato costruito con i sindacati e con le associazioni di volontariato, domani verrà definito con le regioni e gli enti locali e nei successivi giorni verrà presentato in dettaglio.
Un'altra azione concreta è l'iniziativa «Un sorriso in salute», relativo al tema dell'odontoiatria, che è una grande questione sociale. Da donna di sinistra - consentitemi questa battuta - potrei dire che è la più grande questione di classe presente oggi nel nostro paese. Se, infatti, si guarda il sorriso di un immigrato o comunque, in generale, di una persona, se ne può desumere il ceto sociale di appartenenza.
Ritengo, quindi, importante affrontare questo rilevante tema sociale, che rappresenta un diritto. Pensiamo si debbano aggiornare i livelli essenziali di assistenza e che per le cure odontoiatriche per i bambini, gli anziani, ma soprattutto per quanto riguarda la prevenzione, occorra prevedere un ampliamento degli stessi livelli essenziali di assistenza. Vogliamo costruire un accordo con le professioni e con i presìdi pubblici e pensiamo che, su questo tema, potrebbe essere sperimentato l'avvio di quella sanità integrativa che,


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nell'ambito del decreto legislativo n. 229 del 1999, è, comunque, un punto di decollo importante. Affronteremo, inoltre, la rivoluzione tecnologica e comunicativa e la questione della presa in carico delle persone tossicodipendenti.
L'ultima azione di cui voglio parlare tra quelle intraprese o che stiamo intraprendendo, riguarda il fatto che il Ministero della salute, come previsto dal programma dell'Unione, concorrerà, con molta convinzione, al lavoro avviato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dagli altri ministeri interessati per la predisposizione di un nuovo provvedimento in materia di lotta alle droghe, di tutele e assistenza ai tossicodipendenti.
È un impegno sottoscritto nel programma dell'Unione. E, poiché i programmi si rispettano, noi vareremo questo provvedimento, che pensiamo debba essere accompagnato da iniziative amministrative proprie del Ministero. Tra queste, la più importante da realizzare con il Ministero dell'istruzione e con il Ministero per le politiche giovanili, è un programma di prevenzione primaria, che punti sulla responsabilità dei ragazzi, sulla loro creatività, e di prevenzione secondaria precoce, ancora poco diffusa nel nostro paese, i cui destinatari sono i giovani che presentano un iniziale comportamento legato al consumo di sostanze stupefacenti. Penso, soprattutto, alle nuove droghe e al fatto che, a volte occasionalmente, questi ragazzi si trovano a contatto con sostanze di cui non conoscono la pericolosità. Vanno perciò adeguatamente informati, utilizzando magari il loro linguaggio, per un'efficace azione di prevenzione.
Questo programma di prevenzione primaria e secondaria è di assoluta priorità per il mio Ministero, che, oltre a quanto scritto nel programma di Governo, ha come punto di riferimento la politica europea di lotta alle droghe. Essa si basa su quattro pilastri: la prevenzione primaria; la lotta al traffico; la presa in carico; le politiche di riduzione del danno. Questa è la politica dell'Europa.
Noi vogliamo istituire, presso il Ministero, un tavolo di lavoro con gli operatori e le associazioni. Ritengo poi, secondo quanto previsto dal programma dell'Unione - cioè disporre di una legislazione che stabilisca una netta distinzione fra consumo e spaccio -, di dover intervenire sulla legge varata dal precedente Governo, per variarne in modo radicale alcune previsioni, in particolare per modificare quelle che equiparano, ai fini delle conseguenze sanzionatorie - qui non c'è un giudizio morale -, il possesso e l'uso di cannabis al possesso e all'uso di droghe pesanti. Questo è il cuore dell'intervento legislativo che l'Unione vuole realizzare, correggendo la legislazione precedente. Lo ripeto: l'intervento è determinato dalla valutazione delle conseguenze sanzionatorie generate dall'equiparazione fra droghe leggere e droghe pesanti.
È chiaro che ciascuno di noi si sente impegnato, come adulto, in una battaglia per prevenire e superare l'uso di qualunque droga. Però, un conto è una battaglia educativa, un altro è lo strumento sanzionatorio. Noi pensiamo che se sul piano educativo sia importante dire ai ragazzi che le droghe sono nocive, sul piano sanzionatorio sia necessario fare opportune distinzioni (Commenti).

ELISABETTA GARDINI. Però, se ti droghi, va bene uguale!

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Vedo che siete molto dialoganti. Per questo è mia intenzione, con atto amministrativo, elevare il quantitativo massimo di cannabis detenibile, senza incorrere nella presunzione di spaccio, con i conseguenti provvedimenti punitivi fino al carcere. Lascio alla Commissione una nota tecnica, così potrà entrare ancora più nel merito. Nella tabella c'è una parte che attiene alla commissione di esperti, nominata dal precedente Governo, che io non ho ancora cambiato, anche se è stata scelta con criteri sui quali ci sarebbe da discutere.
La parte della tabella su cui intervengo, quindi, è quella di assoluta discrezionalità del soggetto politico all'interno della legislazione vigente: definire il quantitativo massimo di cannabis detenibile, senza incorrere


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nella presunzione di spaccio e, perciò, in provvedimenti punitivi fino all'arresto e al carcere.
Sostanzialmente, si tratta di una disposizione tesa a impedire che un leggero uso di cannabis possa esporre al rischio di collocare un ragazzo, magari a sua insaputa, nel giro infernale del reato penale. Infatti, stando a quanto ci dicono gli operatori del diritto e la polizia, questo è quanto può rischiare con la normativa attualmente in vigore.
Si tratta, dunque, non solo di un intervento simbolico; si vuole dare un aiuto, in termini di certezza, a coloro che, ogni giorno, operano per la prevenzione e per il recupero delle persone tossicodipendenti. Una nota tecnica vi spiegherà che si tratta di un intervento di tipo amministrativo, assolutamente consentito dalla legislazione vigente - si pensi un po'! -, nella piena facoltà del soggetto politico competente; quindi, non rientra nel raggio d'azione della commissione tecnica, che, invece, verrà interpellata quando si entrerà nel suo ambito.

PRESIDENTE. Desidero ringraziare il ministro Livia Turco per la sua relazione piuttosto impegnativa ed esauriente. Ho molto apprezzato in particolare l'impegno alla valorizzazione del ruolo del Parlamento. La relazione scritta è a disposizione dei commissari.
Do ora la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

LUCA VOLONTÈ. Signor presidente, più per avere un'idea del tempo a disposizione che per richiederne di più, quanti minuti ho per il mio intervento?

PRESIDENTE. Al suo buon cuore.

LUCA VOLONTÈ. Allora, inizio con il ringraziare il ministro della salute, senatrice Turco. Evidentemente, su molti degli aspetti toccati nel suo intervento sarà necessario un approfondimento sul testo scritto, cosa che peraltro faranno anche gli altri colleghi. Lei stessa, infatti, ha detto di aver riassunto una relazione che vedo corposa, quindi immagino anche più approfondita di quanto non ci abbia potuto raccontare a voce.
Evidentemente, sono legittime tutte le linee guida di mandato del Ministero. Su alcune ho colto aspetti interessanti, su altre, credo lo immagini anche lei, signor ministro, abbiamo posizioni assolutamente diverse.
Vorrei partire dall'ultima questione da lei sollevata. Sui giornali di queste settimane abbiamo potuto rilevare la particolare attenzione sull'introduzione dei palliativi del dolore, attraverso la cannabis, e sulla «legge Giovanardi-Fini». In conclusione, nel suo intervento lei ha fatto ben presente come la commissione di tossicologici abbia compiti diversi, ed è legittimo che lei usi il provvedimento amministrativo.
Mi chiedo e le chiedo se la prudenza non richieda l'attesa di qualche effetto di questa legge, di modo che la decisione sui livelli possa disporre di qualche dato preso dalla realtà. Sono consapevole che esiste un Governo con un programma elettorale. Tuttavia, la inviterei a non dare per scontato che chi ha concorso in un altro schieramento conosca a memoria il programma elettorale dell'Unione. Lei, da quando ha firmato davanti al Presidente della Repubblica, è il ministro della Repubblica italiana; ha firmato per l'interesse esclusivo dei cittadini. Glielo chiedo perciò come cortesia: non ci obblighi a studiare il programma dell'Unione, perché mi sembrerebbe francamente fuori luogo.
Per tornare al merito della questione, lei ha citato con attenzione il tema della ricerca. Si è riferita, in più di una occasione (precisamente tre), alla ricerca oncologica: quando ha citato l'ideale di ospedale moderno dell'ex ministro Veronesi; quando ha citato la ricerca; quando ha citato alcuni capitoli di spesa non utilizzati nelle regioni del Mezzogiorno.
Prendo atto che, non da oggi, ma già da qualche anno, un luminare della scienza, un chirurgo ed oncologo come Veronesi, in qualche modo, è uno dei riferimenti importanti


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della coalizione che oggi governa. Mi chiedo come mai sul tema della ricerca lei non abbia fatto cenno a quella - di cui si è discusso anche in queste ultime settimane - che vede il nostro paese al primo posto nella competitività europea: mi riferisco alla ricerca sulle cellule staminali adulte, in particolare quelle del cordone ombelicale. Questo mi sembra un capitolo della ricerca, anzi, il capitolo della ricerca in campo medico che ci vede obiettivamente al primo posto in Europa.
Nella sua riflessione sulla legge obiettivo per il parto (uso questa definizione riassuntiva), non ho sentito fare cenno alle due relazioni che vi sono state nella scorsa legislatura, che sottolineavano la necessità di valorizzare nell'ambito dell'applicazione della legge n. 194 del 1978 lo strumento dei consultori come tutela della maternità ed accompagnamento.
Lei ha detto di voler promuovere, in questa legislatura, pochissime azioni legislative: di conseguenza, l'azione del suo Ministero nei prossimi cinque anni si baserà esclusivamente sugli atti amministrativi, quindi, in qualche modo, vi sarà un rapporto diverso tra Governo e potere legislativo?
Inoltre, lei ha parlato, soprattutto quando ha discusso del nuovo «patto per la spesa sanitaria», citando il rapporto tra enti locali, regioni e Stato, del problema della spesa sanitaria. Ha, quindi, fatto cenno, a fronte di un percorso, che io chiamerei non virtuoso, da parte delle regioni, da un lato all'affiancamento da parte dello Stato, dall'altro all'attivazione di poteri sostitutivi. Ora, questa è una ipotesi di scuola oppure rappresenta - anche alla luce dei colloqui, di cui abbiamo letto sui giornali, che ha avuto con il Ministero dell'economia e delle finanze - una ipotesi concreta che verrà messa in campo nei prossimi mesi e nei prossimi anni?
Mi permetta, poi, un'ultima osservazione. Lei ha citato, come secondo motore del governo del sistema, il superamento della cosiddetta cattiva politica. Le sarei grato se, oltre al caso di alcuni ex deputati o ex consiglieri regionali che hanno ricoperto cariche pubbliche nell'ambito della sanità, lei ci dicesse a quale tipo di superamento intenda riferirsi; se, ad esempio, di questa cattiva politica facciano parte anche le ipotesi concorsuali che si sono svolte a livello regionale su alcune graduatorie formate per l'indicazione di manager, o se per cattiva politica siano da intendersi i rapporti fra il sistema della salute pubblica statale e il sistema della salute pubblica non statale, cui mi sembra non si sia fatto nessun cenno, almeno nell'ambito dell'importante, ma riassuntivo, discorso che lei ha sviluppato nella giornata di oggi.

DONATELLA PORETTI. Nell'augurare un buon lavoro alla ministra Turco, anche io parto dal suo intervento preannunciato sulle tabelle a proposito degli stupefacenti, intanto per dichiararle la mia soddisfazione rispetto all'iniziativa. Vorrei poi chiederle se così come è stata introdotta la legge sulle droghe, non si ritenga opportuno abrogare per decreto la riforma Fini-Giovanardi, riaprendo il dibattito su un provvedimento sugli stupefacenti.
Tanti giovani, infatti, rischiano di finire in carcere (tra l'altro il sistema carcerario rischia di collassare e su questo vorrei ricordarle anche l'opportunità di varare un provvedimento di amnistia). Girando per le carceri, ho parlato con i medici penitenziari che addirittura sollecitano un intervento di sanità preventiva, per svuotare queste carceri che versano davvero in una situazione disastrosa dal punto di vista della salute degli stessi detenuti, che andrà peggiorando in vista dell'estate.
Se è utile ripartire da zero sulle leggi sugli stupefacenti, credo lo sia altrettanto parlare di riduzione del danno. Si era aperto un dibattito, anche con toni troppo accesi, sulle narcosalas, che rappresentano uno dei tanti possibili interventi di riduzione del danno. Prima sentivo dire da qualcuno che aveva una figlia. Ho una figlia anche io che, semmai dovesse divenire tossicodipendente, preferirei che si bucasse in una narcosalas con dei medici, con un'assistenza sanitaria, piuttosto che nel sottoscala di una stazione, o in un


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mezzo ad una strada. Tutto questo non ha nulla a che fare con ideologie proibizioniste o antiproibizioniste: sarebbe, semplicemente, un intervento sanitario.
A proposito di procreazione responsabile, invece, e di una piena applicazione della legge n. 194, le chiedo e le sollecito nuovamente un'attenzione particolare sulla pillola RU 486. È un intervento pienamente previsto della legge n. 194, laddove si parla di aggiornamenti di tecniche. Se, fino ad oggi, l'aborto è stato praticato soltanto con interventi chirurgici, non vedo perché non si possa fare anche con interventi farmacologici. Peraltro, le ricordo che la ditta francese, la Exelgyn, che produce la RU 486, ha già avviato la procedura europea di registrazione del farmaco, che è già stato sperimentato nel resto dei paesi europei. Io chiederei per questo di chiudere questa diatriba sulla sperimentazione o meno di questo tipo di farmaco in Italia. È già stato sperimentato, siamo nell'Unione europea, non vedo perché non si possa recepire semplicemente quel che si definisce negli altri paesi.
Ricordo, inoltre, il risparmio che si otterrebbe con un intervento solo farmacologico tramite la RU 486 rispetto ad un intervento chirurgico, per il quale vi è la necessità per un paziente di essere ricoverato in ospedale.
Sempre a proposito di procreazione responsabile, invece, un plauso va al parto epidurale. Vorrei ricordare i dati della commissione maternità e parto del Ministero per le pari opportunità. Il parto indolore e l'anestesia epidurale in Italia sono un miraggio; siamo in una situazione davvero pazzesca: vi si può ricorrere solo nel 37 per cento delle strutture sanitarie.
Io vengo dalla Toscana, ho partorito da poco, e a Firenze c'è un solo ospedale in cui, su richiesta della donna, è possibile praticare il parto con l'anestesia epidurale. Senonchè, nell'unico ospedale dove è teoricamente possibile, nella pratica è impossibile attuarlo. Gli anestesisti, infatti, sono gli stessi che seguono la sala parto e il pronto soccorso. Di conseguenza, a chi partorisce di notte, non spetta l'anestesia epidurale. Io ho potuto chiamare il medico al telefonino, che cortesemente è venuto a praticarmi l'anestesia epidurale, altrimenti non avrei mai potuto partorire in questo modo. E parlo di Firenze, non di chissà quale assurda realtà italiana.
Credo che, in questo senso, ci sia la necessità di intervenire e di sollecitare le regioni, le quali da sole, nonostante la previsione nel piano sanitario regionale, alla fine non riescono ad attivare questa pratica.
Altra questione su cui mi interessava sollecitarla è quella relativa ai farmaci, cui ha, comunque, accennato: mi riferisco, in particolare, alla liberalizzazione dei farmaci, perlomeno di quelli senza obbligo di ricetta, quelli da banco. Non è pensabile che debbano continuare ad essere venduti in regime di monopolio dalle farmacie. La soluzione di questo problema è stata sollecitata da parte dell'Antitrust e da altre parti. Vi sarebbe, ovviamente, un risparmio per i consumatori e l'opportunità di poterli reperire in altri ambienti, e non soltanto nelle farmacie. Un esempio valga per tutti: la domenica bisogna fare giri inenarrabili per trovare un'aspirina. Non si capisce per quale motivo l'aspirina debba essere venduta solo nelle farmacie.
Signor ministro, lei non ha fatto alcun cenno alla legge 19 febbraio 2004, n. 40 sulla fecondazione assistita. Credo che riprendere in mano quella legge disastrosa debba essere una delle priorità. È una norma che sta provocando danni in particolar modo alle donne che non possono permettersi di andare all'estero. Chi ci può andare, infatti, può accedere a tutti i tipi di servizi vietati dalla legge n. 40, che interviene anche sulla ricerca scientifica, in particolar modo su quella che utilizza le cellule staminali embrionali. Peraltro, il Parlamento europeo ha stabilito la possibilità di finanziare, con fondi europei, ricerche con staminali embrionali, laddove sono consentite. Ora, non vedo perché in Italia, visto che la ricerca sulle staminali embrionali importate dall'estero è consentita - perché non è vietata dalla legge n. 40 -, non si possano finanziare perlomeno


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le linee di staminali embrionali. E in Italia, sei centri hanno sollecitato un qualche tipo di finanziamento.
Per quanto riguarda le cellule staminali del cordone ombelicale, vorrei sollecitare la creazione in Italia di «banche private del cordone ombelicale». Al momento, è consentita solo la donazione pubblica, fra l'altro con estrema difficoltà. Credo che il Ministero dovrebbe promuovere una campagna sulla donazione pubblica e per diffondere una maggiore informazione nei confronti delle donne che partoriscono. Inoltre, dovrebbe, essere consentito, laddove qualcuno lo voglia fare (oggi si può fare, ricorrendo a banche estere), conservare le staminali cordonali per proprio uso.
Infine, vorrei parlare dell'eutanasia e del testamento biologico, due questioni, per certi versi, collegate. Credo sia davvero necessario che questa Commissione, in collaborazione con il Ministero della salute, avvii un'indagine conoscitiva sul fenomeno dell'eutanasia clandestina in Italia. Se ne parla a livello di inchieste e di indagini giornalistiche, ma credo sia fondamentale parlarne anche con i dati alla mano. Si sono fatte cose simili all'estero, anche per verificare se esiste un fenomeno clandestino, prenderne atto e, in qualche modo, regolamentarlo. Questo perché, evidentemente, il divieto non è bastato ad impedirlo.
Quanto al testamento biologico, si tratta di un'altra priorità che i tempi impongono. Se un paziente cosciente può andare in ospedale, rifiutare alcune cure o addirittura l'alimentazione e l'idratazione, non si capisce per quale motivo non si possa rispettare la volontà del paziente che arriva in ospedale senza più essere cosciente; volontà che, in precedenza, ha specificato in un testamento biologico. In questo senso l'associazione «Luca Coscioni», di cui faccio parte, sta pensando di promuovere una raccolta di testamenti biologici, per il momento, ovviamente, senza alcun valore legale, visto che non c'è una legge, per verificare questo fenomeno e dargli un senso.

TOMMASO PELLEGRINO. Saluto il nostro ministro Turco, che ringrazio soprattutto per la relazione che oggi ha svolto. Si è trattato di un intervento dettagliato e, soprattutto, concreto, che ci ha fatto toccare con mano tutti i vari aspetti che riguardano la nostra sanità.
La cosa che mi ha fatto maggiormente piacere è che finalmente il Ministero della salute ha riacquistato quell'importante ruolo di raccordo rispetto alle regioni, ferma restando l'autonomia - cosa importantissima - delle stesse. Quest'azione di monitoraggio degli indirizzi che il Governo e il ministro della salute oggi intendono effettuare ritengo sia stata una delle grandi lacune degli anni precedenti.
Troppe volte, e nelle più svariate situazioni, abbiamo constatato l'assenza di analisi dei risultati o di verifica degli indirizzi che venivano dati. Penso che questo sia un punto nodale - e lei, signor ministro, lo ha sottolineato - dell'azione di questo Governo.
Ritengo che tutto ciò sia utile anche per la Commissione: è importante che ci sia una collaborazione e concertazione, per svolgere al meglio il lavoro dei prossimi mesi ed anche per relazionarci con le singole regioni, magari attraverso il tavolo istituito dal Ministero.
Altro punto importante riguarda la tematica degli sprechi. Anche su questo si è fatto poco. Come ricordava il ministro in precedenza, purtroppo, c'è stato un continuo aumento degli sprechi in sanità, soprattutto negli anni passati. Ora, è fondamentale iniziare a parlare di domanda e di offerta. Non è più possibile continuare a fare come negli scorsi anni; al contrario, occorre verificare concretamente ed efficacemente la corrispondenza fra domanda e offerta.
È chiaro che laddove c'è una discrasia tra offerta e domanda, si verificano degli sprechi. È inevitabile. E questo non perché lo dico io, ma perché lo dicono tutti gli economisti, soprattutto nel settore della nostra sanità. È importante, dunque, per cercare di ridurre tutta una serie di sprechi della nostra sanità, partire da questo concetto di base.


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Ho molto apprezzato poi, che il ministro abbia fatto un riferimento alla situazione dei giovani che lavorano nella sanità. Purtroppo, sono ancora tanti i contratti atipici nella sanità, che non sono solo quelli degli specializzandi. Vi sono ancora circa 10 mila giovani medici che hanno dei contratti atipici, a tempo determinato, retribuiti con cifre irrisorie e costretti a fare una quantità di lavoro molte volte non regolamentato e non disciplinato. Dunque, è importante intervenire anche su questo fronte.
Mi ha fatto piacere ascoltare il passaggio riguardante gli specializzandi. Ormai da anni si dice di voler risolvere la questione degli specializzandi. Vi è una legge rimasta completamente inapplicata. Mi auguro che, anche su questo punto, riusciamo a dare finalmente una risposta concreta ai tanti specializzandi che si attendono molto da questo Governo e da questa maggioranza.
Altro punto importante è quello relativo alla prevenzione. Oltre a quella legata alla tossicodipendenza, che chiaramente è fondamentale, ritengo che la scuola debba essere uno strumento importante per la prevenzione in genere: delle malattie della donna e di tante altre malattie, per una corretta alimentazione e via dicendo. La scuola è importante, perché è un canale per promuovere il concetto della prevenzione. Noi non possiamo pretendere che le persone, arrivate alla soglia dei 50 anni, all'improvviso, inizino a sottoporsi ad una serie di controlli annuali. È fondamentale, quindi, insistere moltissimo nelle scuole, per divulgare la cultura alla prevenzione. Io considererei anche questo uno dei punti nodali nell'ambito del capitolo legato alla prevenzione per una buona salute dei nostri cittadini.
Vorrei accennare brevemente alla legge Fini-Giovanardi. Mi fa piacere che questa sia stata una delle prime azioni intraprese dal nostro ministro e dal Governo. Dobbiamo intervenire immediatamente, perché non è possibile che in una condizione di malattia, che ha bisogno di grande attenzione, si venga puniti. È chiaro che bisogna intervenire, anche in modo radicale se necessario, per ridiscutere tutto, ma bisogna assolutamente intervenire. Voglio ricordare, inoltre, che l'uso controllato dell'eroina è un metodo scientificamente provato, in altri paesi giudicato valido. In Svizzera, per esempio, ha ridotto del 20 per cento il numero dei decessi per overdose. È una pratica scientifica dimostrata. Purtroppo, in questi giorni, vi è stato anche un difetto di comunicazione. Infatti nel momento in cui si parla di «stanza del buco», sembra quasi che vogliamo invitare i giovani e i cittadini ad andarsi a drogare in alcune stanze.
Io penso invece che il concetto vada ricollegato ad un discorso prettamente scientifico: quello di intervenire sulla condizione di malattia che molte volte è la tossicodipendenza; quindi, in questo caso, l'uso controllato dell'eroina può essere - ma non è una certezza - uno dei metodi scientifici per cercare di arginare un determinato fenomeno.
È importante disciplinare il testamento biologico - se ne sta parlando tantissimo in questi giorni -. A mio avviso si tratta di un atto di grande civiltà, in un paese come il nostro. È importante che un cittadino possa scegliere, nella piena coscienza delle proprie facoltà, cosa fare. Certamente, un intervento legislativo in tal senso deve costituire l'oggetto di lavoro da parte della nostra Commissione.
Il ministro ha toccato tanti punti importanti, ma quello della sicurezza alimentare e ambientale mi sta particolarmente a cuore. L'alimentazione è salute, tanto più perché oggi il numero delle patologie correlate alla cattiva alimentazione e alla disastrosa gestione del nostro ambiente sono chiaramente in aumento. Penso che per fronteggiare questo fenomeno vada intrapresa una forte azione non solo di sensibilizzazione dei cittadini, di educazione nelle scuole e tra i giovani, ma, se del caso, anche di carattere legislativo rispetto ad alcune situazioni e ad alcuni territori. Ciò per intervenire in modo forte ed efficace, al fine di ridurre queste patologie legate all'alimentazione e all'ambiente.


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LUIGI CANCRINI. Prima di tutto, oltre che formularle i miei auguri di buon lavoro, vorrei dire al ministro Livia Turco che sono veramente contento della chiarezza e dell'ampiezza della sua esposizione. Mi sembra che questo sia davvero un bell'inizio per un nuovo modo di governare nel campo della sanità.
Volevo proporre alcune sottolineature. Ritengo sia davvero importante l'idea della direzione che si occupa della materia sociosanitaria. Mi pare che sia un punto sul quale siamo assai indietro. Probabilmente, questo andava fatto molto tempo fa. È bene che sia fatto ed è questo uno dei grandi problemi della differenza fra sociale e sanitario, e il ministro Turco lo sa bene.
Una normativa e una gestione intelligente di questa normativa possono alzare enormemente i livelli elementari di assistenza in tutto il paese, soprattutto nelle zone del disagio.
Su questo punto, vorrei sviluppare una riflessione. È stata proposta di recente, dal CNCA, in una conferenza pubblica, l'indicazione relativa alla differenza spaventosa che c'è nel nostro paese tra la spesa pro-capite del settore sanitario e del sociale. Se ricordo bene le cifre a mente, si trattava di 1.350 euro, contro 14 euro.
Penso che il settore del sociale, in questo paese, soffra paurosamente e credo che il sociosanitario sia la strada che può portare verso la soluzione. Però, è una strada che ha dei tempi. Allora, chiedo al ministro del lavoro e delle politiche sociali se non sia importante riflettere su come, in una prima fase, qualche cosa vada fatta per reintegrare i fondi dell'ambito sociale.
Come ritengo il ministro sappia bene, in molte città d'Italia sarà difficile rifinanziare la legge 28 agosto 1997, n. 285; stanno finendo infatti i fondi a disposizione. Quegli avanzamenti, che faticosamente erano stati conquistati, rischiano così di ritornare paurosamente indietro. Credo che questo sia un punto sul quale anche la spesa sanitaria si qualifica nella misura in cui si lega ad un intervento importante sul sociale.
Un altro punto sul quale ritengo sia importante riflettere è il rilancio della ricerca, di cui il ministro ha parlato. Credo ci sia un punto rispetto al quale abbiamo molto sottovalutato l'importanza della ricerca e riguarda le prescrizioni farmacologiche che durano a lungo nel tempo. Sono uno psichiatra; e nel mio campo, in particolare, con i neurolettici si va avanti anche per 10-15 anni. In questo momento, nel mercato in Italia, grava pesantemente sulle casse un farmaco il cui nome commerciale è Zyprexa (il nome tecnico è olanzapina). Negli Stati Uniti la casa farmaceutica ha deciso uno stanziamento di 750 mila dollari, per operare transazioni rispetto ai danni che questo farmaco ha provocato nei pazienti.
Da noi, perfino nel foglietto illustrativo accluso non ci sono indicazioni relative al diabete che questo farmaco provoca nelle lunghe somministrazioni. Noi abbiamo una legislazione e una ricerca sul farmaco basate su tempi brevi di sperimentazione, prima di metterlo in circolazione.
Su questo dobbiamo cambiare modo di operare. Dobbiamo ridare all'Istituto superiore di sanità delle competenze forti su questa materia, e dei fondi per esercitarla. Dovremmo pensare a qualcosa di simile a ciò che fa la Food & Drug Administration negli Stati Uniti.
La sorveglianza sugli effetti secondari dei farmaci va protratta nel tempo della somministrazione. Sono convinto che questo sia un impegno di grande rilevanza.
Un'altra riflessione che mi sembra importante fare è quella relativa alla situazione della salute carceraria. Nel 1999, era stato deciso che la sanità carceraria passasse tutta al sistema sanitario nazionale. Si è poi proceduto solo per la parte che riguardava i Sert, e ci si è fermati. Un'indagine svolta dalla Commissione, nella precedente legislatura, non si è conclusa. Io chiedo al ministro di riprendere in mano la questione. Soprattutto, per ciò che riguarda i bisogni psicologici e psichiatrici nel carcere, c'è una tensione quotidiana. E c'è una insufficienza drammatica di strutture e di personale.


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A questo collego, signor ministro, il problema degli ospedali psichiatrici giudiziari. Sono stati completamente trascurati dagli impianti legislativi, sono strutture che esistono, ma non si capisce bene cosa debbano fare. C'è da riflettere seriamente su una riforma della sanità nelle carceri. Così come una riflessione sugli ospedali psichiatrici giudiziari dovrebbe rientrare nel programma del Governo e, spero, della maggioranza del Parlamento.
Vorrei segnalare ancora tre questioni, una soltanto di mia curiosità: vorrei sapere se nel Ministero si discuta di informatizzazione del libretto sanitario. So che in Francia c'è un dibattito forte su questo punto.
Molti sostengono che l'informatizzazione del libretto sanitario individuale determinerebbe una forte diminuzione della spesa complessiva, soprattutto per la non ripetizione degli esami, dal momento che ognuno avrebbe con sé tutti gli esami che ha fatto (nel sistema informatico su cui stanno lavorando, vi sarebbe spazio anche per le indagini per immagini, come ad esempio la TAC). Quello che vorrei sapere è se esistano una disponibilità ed un interesse a ragionare su queste cose.
Per ciò che riguarda la psichiatria, sono contento del fatto che si vada a discutere nel 2007 sull'assistenza psichiatrica; tuttavia, credo che una questione possa essere esaminata in sede di sessione di bilancio. L'allora ministro Veronesi stabilì, nella conferenza precedente, un impegno del Governo sui dipartimenti di salute mentale - che poi non si fece in tempo a mantenere - nella misura del 5 per cento della spesa sanitaria.
Credo che questo sarebbe un segnale molto importante, perché abbiamo una psichiatria debole dal punto di vista della dotazione finanziaria, soprattutto nelle regioni del sud. Il 5 per cento non altera i conti della sanità in alcune regioni italiane, ma in altre sì.
Vorrei anche rappresentare al ministro Turco che ho preparato una proposta di legge per l'accesso alla psicoterapia che riprende il testo di un progetto di legge di iniziativa popolare che è stato per cinque anni fermo nella scorsa legislatura e che credo sarebbe importante riproporre nel quadro degli interventi sulla salute mentale.
L'ultima questione che voglio rappresentare riguarda l'intervento sulle tossicodipendenze e sulle droghe. Credo che il ministro Turco bene abbia fatto a proporre questo aumento della dose minima dei tetraidrocannabinoli. Penso che sia un buon provvedimento che salva alcune situazioni. Quello che, però, costituisce per me un motivo di preoccupazione è il fatto che, nel dibattito sulle droghe di questi primi mesi di Governo, si sia parlato soprattutto di «camere del buco» e di tetraidrocannabinoli e poco si sia parlato, invece, dell'inferno dei Sert, che sono spaventosamente deboli, signor ministro.
Noi dobbiamo riflettere molto seriamente su questa grande lacuna del nostro sistema assistenziale e sulle condizioni disastrose in cui versa la gran parte delle strutture di privato sociale a cui i Sert si affidano per i loro programmi. I ritardi nei pagamenti, l'inadeguatezza delle rette, l'inadempienza da parte delle regioni rispetto ai criteri che debbono essere riconosciuti, fanno sì che oggi in questo campo ci sia una situazione abbastanza selvaggia, a cui bisogna riporre mano, partendo dall'accordo Stato-regioni del 2000, ma anche riproponendosi il problema degli organici dei Sert. Credo che questa sia una grande priorità. Dal mio punto di vista lo è molto di più del dibattito sulle «camere del buco».

MASSIMO GARAVAGLIA. Voglio fare anch'io gli auguri al ministro Turco, di cui ho apprezzato sinceramente la chiarezza dell'esposizione e la concretezza. Ovviamente, su tante cose siamo in disaccordo. Gli auguri, poi, sono assolutamente dovuti dopo aver ascoltato alcuni degli interventi di oggi, che mi hanno particolarmente preoccupato. Quindi, sarà oggettivamente difficile riuscire ad avere una linea comune con certe posizioni, in particolare con quelle de La Rosa nel Pugno. Questo, però, è un altro problema.


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A caldo, per quanto riguarda la relazione, che avremo modo di leggere approfonditamente, due punti in particolare hanno risvegliato una forte preoccupazione. Innanzitutto, vi è l'impressione che si voglia mischiare il sociale con il sanitario. Noi abbiamo su questo punto esperienze concrete disastrose a livello locale. Sappiamo che questa via, spesso e volentieri, produce sprechi e duplicazioni inutili e con poca certezza di come vengono spesi i soldi. Questo è un tema che, soprattutto in Lombardia, è molto sentito, con i cosiddetti piani di zona, dove si fa un gran caos, finendo con il distrarre risorse dalla sanità, che ne ha bisogno, per pseudo-progetti di carattere sociale che hanno dei dubbi obiettivi.
L'altro tema che ci preoccupa riguarda questa lunghezza dei piani di rientro delle regioni cosiddette non virtuose. Anche qui, non possiamo più credere alla solita regola aurea secondo la quale le cose andranno a posto da sole. Ci preoccupa, altresì, il punto tre dell'aspetto cosiddetto finanziario, in cui si propone di liberare risorse per la fiscalità aggiuntiva. No, ministro Turco, non vogliamo fiscalità aggiuntiva! Vogliamo le nostre tasse e le vogliamo spendere noi sul nostro territorio.
Questi due punti ci hanno particolarmente preoccupato.

KATIA ZANOTTI. Per fortuna, abbiamo vinto il referendum!

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Io ho apprezzato molto la relazione del ministro Turco, perché ha voluto perseguire l'obiettivo di parlare con chiarezza, individuando chi deve essere il soggetto dell'intervento per il quale deve essere impegnato il Ministero e, soprattutto, il Parlamento: il soggetto è il cittadino, sono la donna e l'uomo della nostra comunità, che devono ricevere sicurezza e appropriatezza della cura, impegno per la farmacovigilanza, sicurezza sul lavoro.
A tale ultimo riguardo, signor ministro, mi permetta di ricordare l'episodio drammatico accaduto pochi giorni fa in Sicilia: la morte di un giovane operaio, che ha rimesso al centro il tema della sicurezza del lavoro, in una realtà che vive drammaticamente il problema della disoccupazione e, nel contempo, della insicurezza nel mondo del lavoro.
Ma la sicurezza deve essere anche ambientale ed alimentare. Ora, per fare questo e per non rientrare in un percorso generico e retorico, lei ha giustamente individuato alcuni interventi strutturali che noi condividiamo, primo fra tutti la realizzazione della direzione sociosanitaria per integrare gli interventi che non debbono essere solo sanitari, ma anche di tipo sociale.
Lei, però, ha anche detto che ricorrerà molto meno all'intervento legislativo e farà fortemente leva sugli atti amministrativi. Noi condividiamo anche questo aspetto, signor ministro, perché siamo consapevoli e convinti che tutto ciò non significherà un ruolo inferiore del Parlamento, anzi credo che il suo rapporto con il Parlamento sarà costante e proficuo. Se poi dovessi pensare agli atti legislativi che abbiamo emanato nella precedente legislatura, dovrei fare riferimento soltanto a leggi che sono state approvate per ripianare lo sforamento della spesa sanitaria, o a qualche altro provvedimento certamente non collegato ad interventi strutturali necessari a dare un disegno diverso alla sanità.
Credo che la sua volontà di snellire le procedure e lavorare su piattaforme legislative vigenti per migliorarle con atti amministrativi possa essere un terreno su cui lavorare e confrontarci. Anche perché lei, ministro Turco, ha individuato alcune scelte di fondo delle politiche che dobbiamo portare avanti. Una scelta fondamentale è quella della professionalità. Lei, infatti, ha detto che il cittadino rimane il punto di riferimento delle nostre cure. Noi abbiamo bisogno di riprendere fiato sul campo delle professioni sanitarie e dobbiamo lavorare in maniera concreta e fattiva. So che, la prossima settimana, è prevista una riunione al Ministero sulla formazione continua. Dobbiamo lavorare con grande realismo sul governo clinico, perché sul territorio va data una diversa impostazione alle scelte, che spesso non


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sono legate alla professionalità. Come è stato detto più volte, senza polemica, va rivisto un metodo di scelta che, spesso, è clientelare.
Accanto alla professionalità, non c'è dubbio che il motore della sanità è rappresentato dalla ricerca, che deve andare avanti e servire ad alleviare le sofferenze e a trovare metodiche e cure che possano servire ai nostri cittadini che si trovano sulla frontiera della malattia.
Per quanto riguarda le risorse, signor ministro, negli anni scorsi probabilmente alcune regioni non sono state virtuose, però bisogna dire che non hanno avuto neppure la certezza delle risorse e spesso hanno subìto il ritardo nella loro distribuzione. Dobbiamo fare questo patto finanziario a cui lei si riferiva; stabilire la certezza delle risorse e, nel contempo, chiedere rigore alle regioni, responsabilizzarle, perché queste possano far crescere innanzitutto i servizi nel territorio.
Infine, signor ministro, desidero sollevare alcuni elementi critici, che credo rappresentino la priorità delle scelte che lei e il Governo avete compiuto, a partire dalle liste d'attesa. Anche noi, come lei, riconosciamo che il precedente Governo, in modo particolare il ministro Storace, aveva posto questo tema. Alcune regioni accusano grandi ritardi. Nella mia regione, la Sicilia, in cui sembrava che si dovesse avviare una politica seria di riduzione delle liste d'attesa, dopo tante chiacchiere, nulla si è visto.
C'è bisogno di riprendere questo tema. Siamo pronti ad affrontarlo nel dibattito con lei e con l'opposizione. Non vi è dubbio che questo tema è più forte e cruento nel Mezzogiorno, dove occorrono alcuni interventi strutturali in determinati settori particolarmente sensibili. Lei, ad esempio, ha fatto giustamente riferimento alle carenze e alle diseguaglianze in oncologia. E l'esistenza di ciò va fortemente ribadita.
Giungo alla conclusione, signor ministro. Non c'è dubbio che c'è un terreno che deve vedere il nostro impegno legislativo (lei ha fatto riferimento alla salute mentale). Bisogna tornare a riflettere su tali questioni, senza pregiudizi, rivedendo la materia. Così come va posto il tema della non autosufficienza, delle malattie rare e via dicendo.
Con i colleghi ci permettiamo di ricordare che c'è un disegno di legge, il cui primo firmatario è il ministro Rutelli, che insiste su queste tematiche. Avremmo voluto, infatti, che la questione delle malattie rare venisse affrontata nella precedente legislatura, cosa che non è stata fatta. Ora speriamo e contiamo su un intervento serio da parte del Governo.
Così come pensiamo che sulla tossicodipendenza - una questione così complessa e drammatica - non vadano operate semplificazioni. Noi, signor ministro, siamo stati contrari all'impostazione, al metodo e alle scelte adottate con la legge Fini-Giovanardi. Condividiamo i quattro pilastri che, in Europa, sono stati posti come baluardo contro la droga: dall'impegno sulla prevenzione, alla cura, alla lotta al traffico degli stupefacenti, alle iniziative per la riduzione del danno, onde evitare che si arrivi nella «terra di nessuno» in materia di tossicodipendenza.
Pensiamo, però, che alcuni atti debbano prevedere l'impegno del Governo. Sono state definite delle tabelle, ma trattasi di scelte molto discutibili, che vanno riprese, come va ripreso complessivamente il tema che affligge la nostra comunità giovanile, vale a dire quello della tossicodipendenza.
Riteniamo che non si debba assolutamente arrivare ad utilizzare scorciatoie, trattandosi di un tema talmente drammatico da imporre una rivisitazione complessiva. Non dico di cancellare le leggi, ma sostengo la necessità di affrontare un dibattito serio, che preveda un intervento del Parlamento, al fine di introdurre modifiche normative necessarie e fondamentali. Noi abbiamo condannato una «legge manifesto», una «legge propaganda», ma pensiamo che si debba sviluppare una riflessione molto seria, per arrivare a scelte condivise.

PRESIDENTE. Il ministro Turco ha chiesto di intervenire brevemente per un chiarimento.


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LIVIA TURCO, Ministro della salute. Su un punto non vorrei assolutamente essere equivocata. Quando ho parlato di poche leggi, lo dicevo proprio per rispetto del ruolo del Parlamento, nel senso che immagino che questa sarà una sede legislativa che impegnerà nel confronto il Governo stesso. Penso che le leggi fondamentali siano state approvate e che, nell'ambito della certezza del sistema sanitario e della serenità del medesimo, non sia conveniente metterle continuamente in discussione. In corso d'opera, poi, si potranno anche approvare altre leggi. Il mio era un segno di rispetto del ruolo del Parlamento, non il contrario.

GIUSEPPE ASTORE. Credo che dipenda dalla materia, dall'oggetto del provvedimento.
Anch'io, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori, saluto il ministro Turco e le auguro buon lavoro. Dico subito che sono contento di averla ritrovata, avendo io, come lei ricorderà bene, presieduto la Conferenza degli assessori al sociale, che ha prodotto anche la legge 8 novembre 2000, n. 328 (votata, credo, all'unanimità).
Ritengo che abbiamo un quadro definito da un punto di vista legislativo. Con il risultato del referendum, con la riforma del Titolo V della Costituzione, con il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, ritengo che questa Commissione possa lavorare su un quadro certo. Ai colleghi della Casa delle Libertà, pur nel rispetto delle posizioni di ciascuno, dico che, a mio parere, la sanità e il sociale sono proprio il discrimine tra noi, ciò che ci differenzia. Credo che questa differenziazione tra le nostre e le vostre posizioni - fermo restando il rispetto assoluto delle stesse - debba essere assolutamente sottolineata.
A mio parere, dobbiamo preoccuparci - affronto un argomento che lei, signor ministro, non ha trattato - del fatto che, in Italia, la sanità, in questi ultimi anni, sia oggetto perfino di malaffare, almeno in alcune zone del nostro territorio. Reputo che questa Commissione debba preoccuparsi di questa situazione e dell'impatto negativo di alcuni scandali dei quali abbiamo appreso negli ultimi anni e negli ultimi mesi, soprattutto considerando la delicatezza di questo settore. Il cittadino che entra nel tunnel della malattia è un cittadino debole, senza protezione. Credo che di questo il Parlamento e la Commissione si debbano assolutamente preoccupare.
Propongo che, almeno su alcuni casi, si avviino delle indagini, ritenendo che dobbiamo assolutamente essere informati per poter operare al meglio.
Ho apprezzato la sua relazione, signor ministro, in particolare per la sfida che lei ha lanciato del territorio. Credo che la vera sfida, laddove la sanità in Italia alcune volte si è fermata, sia proprio il territorio. Nelle regioni non si è scelto il territorio. Alcuni assessori - come me, ad esempio - spesso ci hanno rimesso il posto. Snellire gli ospedali e spostare la maggior parte delle cure sul territorio credo sia un rischio reale anche per i pubblici amministratori.
Dobbiamo aiutare le regioni che devono operare questa grande rivoluzione. Parliamo da tanto tempo di mettere il distretto, e non l'ospedale, al centro della sanità. È arrivato il momento di puntare sul territorio, tanto più in un paese come il nostro, con una popolazione anziana - la più anziana d'Europa - che ha bisogno di reti di assistenza importanti, con ottomila e più comuni, di cui diverse migliaia con popolazione inferiore a duemila abitanti. Credo che tutto questo debba assolutamente suscitare la nostra preoccupazione.
La risposta ospedaliera non può essere quella giusta. Ho letto alcuni dati che la Commissione ha messo a disposizione dei parlamentari, da cui emerge che, in alcune regioni, ultimamente, è aumentato il tasso di ospedalizzazione. Addirittura, in alcune regioni si è registrata una percentuale del 270-280 per mille, su una raccomandazione di 160-170 per mille. Dobbiamo assolutamente raccogliere questa sfida, d'intesa con le regioni, e portarla avanti.
Per quanto riguarda l'emergenza anziani, la proiezione della popolazione italiana nei prossimi cinquant'anni - mi


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riferisco ai dati di uno studio ben noto - ci deve far riflettere su come impostare la nostra azione nel futuro. La differenza fra un politico, un parlamentare, un ministro ed un manager credo stia proprio nel tentativo di guidare e di anticipare il cambiamento nei prossimi anni.
Sono d'accordo sul fatto che l'integrazione - mi dispiace per l'onorevole Garavaglia - sia una sfida importante. Conosco i problemi, ma sostengo che i servizi alla persona, che è unica, devono essere unici. Pertanto, mettiamo insieme le forze, istituzionalmente e finanziariamente, per poter offrire un servizio adeguato.
Come meridionali, dobbiamo accettare la sfida che ci viene lanciata in questa relazione. Basta mendicare. Vivo in un paese terremotato, in cui gli anziani e i bambini vivono il dramma peggiore. So bene quanto sia drammatico essere dimenticati. E lo Stato spesso dimentica, non prevedendo centri di ascolto, assistenza e così via.
Credo che il vero federalismo significhi essere responsabili, nell'ambito di una perequazione e di una solidarietà nazionale, delle proprie azioni. Questa è la sfida che dobbiamo raccogliere.
Esprimo, pertanto, massima fiducia e massima approvazione nei confronti della relazione che abbiamo ascoltato.

DANIELA DIOGUARDI. Anch'io, a nome del mio gruppo, auguro buon lavoro alla ministra Turco, sottolineando che moltissime delle affermazioni contenute nella sua relazione ci trovano perfettamente d'accordo. Quello della sanità è un settore molto delicato, che deve mettere al centro l'essere umano, uomo e donna.
Sono perfettamente d'accordo sul fatto che non occorrano tante leggi, e devo dire che questo, a mio avviso, non riguarda solamente la sanità, ma molti altri settori. Non serve la produzione esasperata di leggi - credo che la ministra possa garantirlo -, ma un buon governo della sanità italiana.
Sono siciliana e sono molto preoccupata per quanto sta succedendo nella sanità in Sicilia. Come sapete, purtroppo, la mia regione è diventata il centro del malaffare, a fronte di tanti operatori che, invece, vi lavorano correttamente, con grande disagio e difficoltà. Noi lavoriamo in Sicilia e le rivolgo la preghiera, che proviene da tanti operatori che ho ascoltato finora, di venire nella nostra regione (qualcuno sostiene che dovrebbe farlo in sordina, non in maniera plateale).
La nostra situazione è grave. Si parlava di mancanza di fiducia, ed è il problema che ci riguarda. Si parlava delle liste di attesa e, purtroppo, anche delle morti che si sono registrate, innegabilmente legate anche alla malasanità. Il problema, probabilmente, è chiedersi come si diventa primari. È necessario un controllo, un monitoraggio continuo, ma anche un finanziamento legato ad obiettivi di salute.
Sono perfettamente d'accordo con l'integrazione sociosanitaria di cui ha parlato la ministra Turco; anzi, forse bisognerebbe chiedere un'indagine conoscitiva sulla legge n. 328 del 2000, in Sicilia quasi totalmente inapplicata.
Probabilmente, un'altra indagine conoscitiva dovremmo avviarla sulla questione del parto, sull'assistenza prima e dopo il momento della nascita. Credo che questo potrebbe aiutarci ad individuare molte scelte che già ora possiamo operare.
Infine, si è parlato di ticket e vi è, al riguardo, una grande preoccupazione da parte dell'opinione pubblica. Se il risparmio riguarda l'appropriatezza delle prestazioni o altri criteri simili, ben venga, ma non vorrei che questo dovesse pesare nuovamente sulle tasche dei cittadini. Siccome questa circostanza ha creato un certo allarme, vorrei sapere dalla ministra se ci siano previsioni rispetto al DPEF.

PRESIDENTE. Avverto che per il proseguimento dell'audizione, previsto per domani alle ore 14, sono già iscritti a parlare numerosi colleghi. Rammento che avremo a disposizione circa un paio d'ore e che dunque dovremo organizzare i nostri lavori in maniera tale da consentire a tutti di intervenire e al ministro Turco di replicare.


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LUCA VOLONTÈ. Signor presidente, intervengo sull'ordine dei lavori. Non vorrei disturbare oltremodo il ministro Turco, tuttavia, vista la mole delle domande che le sono state rivolte e degli interventi previsti per domani - e avendo, come lei giustamente ha ricordato, solo due ore di tempo -, propongo, se il ministro Turco è disponibile, di dedicare la seduta di domani allo svolgimento di tutti gli interventi previsti, rinviando alla prossima settimana la conclusione dell'audizione con l'intervento di replica del ministro.
A molte delle domande che sono state poste non si può rispondere semplicemente con un sì o con un no, in quanto mi sembrano particolarmente complesse. Pertanto, se il ministro, avendo raccolto tutte le osservazioni che verranno espresse anche negli interventi di domani, potesse rispondere o svolgere una riflessione complessiva già giovedì (diversamente martedì o mercoledì della prossima settimana), sarebbe auspicabile. È la prima volta che ascoltiamo il ministro della salute e vorremmo avere modo di porre le nostre osservazioni, altrimenti diventa un lavoro poco utile, per noi e per lei.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro per l'esauriente relazione svolta. Ritengo che, avendo acquisito la disponibilità del ministro, si possa concludere l'audizione mercoledì 5 luglio, qualora non fosse possibile esaurire gli interventi nella giornata di domani.
Rinvio pertanto il seguito dell'audizione alla seduta di domani, mercoledì 28 giugno, alle 14.

La seduta termina alle 16,10.

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