COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 28 giugno 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MIMMO LUCÀ

La seduta comincia alle 14,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Seguito dell'audizione del ministro della salute, Livia Turco, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, il seguito dell'audizione del ministro della salute, Livia Turco, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
Prima di dare la parola al primo dei tanti commissari che hanno chiesto di intervenire sulla relazione svolta ieri dal ministro Turco, ho il dovere di segnalare alla vostra attenzione - così come ho già fatto nella giornata di ieri - che sono molti gli iscritti a parlare; fino a questo momento sono più di venti.
Ieri, come avete visto, non ho dato limiti di tempo, però oggi sono costretto a fare riferimento al vostro buon cuore. Tenete conto che oggi abbiamo a disposizione circa un'ora e mezza, perché il ministro Turco - circostanza di cui ieri non eravamo a conoscenza...

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Anch'io ieri non lo sapevo.

PRESIDENTE. ...è stato chiamato a presenziare al question time per le 15,15. Dal momento che il ministro è riuscito però a spostare la sua presenza in Aula per le 15,45, sarà a nostra disposizione per circa un'ora e mezza.
Se riusciremo a contenere la durata di ciascun intervento entro un tempo di cinque minuti - lo dico come riferimento, poi, naturalmente credo che debba prevalere il buon senso in queste circostanze -, penso che potremo dare la parola a molti commissari.

GIULIO CONTI. Intervengo sull'ordine dei lavori per dire che se non riuscissimo a compiere questo miracolo che lei auspica, ritengo che il ministro Turco potrebbe tornare la prossima settimana. Questa è la mia opinione, ma dobbiamo verificare se lo ritiene anche il ministro.

PRESIDENTE. Avevamo già ipotizzato questa possibilità, tuttavia sarebbe meglio se riuscissimo a svolgere il maggior numero possibile di interventi. Ad ogni modo verificheremo poi alla fine della seduta a che punto saremo arrivati.
Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

DOMENICO DI VIRGILIO. Come capogruppo di Forza Italia, cercherò di essere contenuto; tuttavia, la lunga relazione del ministro Turco ed anche la documentazione scritta che ci ha lasciato non possono non farci soffermare sull'argomento. Poiché però sono previsti interventi di altri colleghi del mio gruppo, mi concentrerò solo su alcuni punti.


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Signor ministro, come lei forse mi potrà insegnare, in politica la sincerità non paga, tuttavia, dal momento che sono abituato ad essere sincero - non che gli altri non lo siano -, mi preme dirle, fin da subito, che la sua presentazione è stata lacunosa e generica.
Ieri sera ho letto a lungo lo scritto, che lei cortesemente ci ha lasciato e per il quale la ringraziamo: sembrerebbe quasi che siamo all'anno zero nel settore della sanità e questo non può essere. Peraltro, lei sa bene che l'OMS classifica il nostro Servizio sanitario nazionale al secondo posto per efficienza e qualità.
Anche le nove parole-chiave che lei ci ha presentato, in riferimento a quello che chiama pomposamente new deal della sanità (fiducia, buona sanità, competenza, qualità, comunicazione, e via discorrendo), sono, giustamente, ripetizioni di luoghi comuni. Sono un medico, ho vissuto trentacinque anni negli ospedali e da sempre sento parlare di questi argomenti. Del resto, bisogna sempre ricordare che la relazione tra medico e malato, il rapporto con i familiari e l'atto medico non sono mai atti solamente tecnici, ma sono formati anche dalla componente etica, psicologica ed umana. Tra l'altro, per umanizzare il settore della sanità è necessario umanizzare le strutture e le persone che vi lavorano, tutte quante. Noi, nel precedente Governo, ad esempio, abbiamo ridato dignità al ruolo degli infermieri con una legge apposita. Grazie a tale norma, oggi gli infermieri sono laureati, possono conseguire dei master, e via discorrendo. Quindi, dal canto nostro, abbiamo contribuito in modo efficace a questo tipo di obiettivo, anche se non è mai sufficiente quello che si fa. È chiaro che tutto può essere migliorato, ma non dimentichiamo ciò che ha fatto anche il nostro Governo.
Passo ad alcune osservazioni più concrete, a partire dalla questione del finanziamento del Servizio sanitario nazionale. A tale proposito, lei giustamente ha fatto un richiamo a risorse certe. Voglio ricordarle che il nostro Governo, in cinque anni, ha portato il Fondo sanitario nazionale - dunque risorse certe - da circa 60 miliardi a 93,2 miliardi di euro nell'ultima finanziaria. Ciò significa che, in cinque anni, il nostro Governo ha messo a disposizione delle regioni oltre 45.000 miliardi di vecchie lire.
Le risorse sono e saranno sempre e comunque insufficienti. Mi riferisco ad uno studio - che lei conoscerà - degli Stati Uniti, del collega ministro della salute, che è stato svolto l'anno scorso, da cui emerge che, se dovessimo correre dietro a tutte le richieste fondate dei cittadini, non sarebbe sufficiente per soddisfarle nemmeno il 16 per cento del PIL. Questo per dire come le risorse - e ve ne accorgerete anche voi - siano, sempre e comunque, inadeguate.
È chiaro che bisogna compiere delle scelte. In questo, gioca una parte anche il ruolo delle regioni, a cui lei ha accennato. Un ruolo che - voglio dirlo -, grazie al vostro pasticciaccio della riforma del Titolo V della Costituzione, è diventato un ruolo di preponderanza, direi quasi di autonomia, per cui le conflittualità con le regioni, come riconosce anche lei, sono notevolmente aumentate. Basta leggere le tre righe che lei stessa ha scritto, in cui afferma che «La nuova distribuzione di compiti stabilita dal Titolo V» - che avete fatto voi - «ha prodotto spesso difficoltà interpretative, se non addirittura diffidenze reciproche, tra Stato e regioni». Tale situazione è dovuta proprio al fatto che la vostra modifica al Titolo V non è sufficiente, non essendo stata chiarissima.
Da questo punto di vista, venendo subito al concreto, le chiedo - anche in base a quello che lei al riguardo ha dichiarato alla stampa, e che mi dispiace non abbia ripetuto anche in questa sede - qual è la posizione ufficiale del suo Governo, e del ministro, sul problema del ticket. Vorremmo sapere se questa è un'imposizione ai cittadini, quasi come fosse una multa, o se invece - come mi sembra più giusto - le regioni possono intervenire con un'autonomia impositiva quando, pur spendendo bene le risorse, queste non siano sufficienti. Del resto, ci saranno sempre regioni virtuose e regioni che lo sono meno. Pertanto, le chiediamo qual è la


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posizione reale del Governo rispetto ai ticket, sia per le prestazioni sanitarie, sia sui farmaci.
Un altro punto che vorrei trattare riguarda il fatto che lei ci ha annunciato che presenterà un nuovo disegno di legge sul «governo clinico». Ne siamo contentissimi. Evidentemente, ciò significa che la nostra esperienza della passata legislatura l'avete sposata voi. Infatti, nella passata legislatura abbiamo presentato un progetto di legge sul «governo clinico» - il cui primo firmatario era il precedente presidente di questa Commissione, l'onorevole Palumbo -, teso a valorizzare il ruolo dei medici, di cui lei in realtà ha poco parlato, a conferire minore potere ai direttori generali in ambito di competenza stretta del medico e a dare più rigore e trasparenza ai concorsi. Insomma, quel nostro disegno di legge conteneva tutto quello che lei ha detto.
Come dicevo, dunque, ci fa piacere che voi ora sposiate questa nostra posizione. Quindi ben venga la presentazione di un disegno di legge sul «governo clinico», che anche noi peraltro abbiamo ripresentato in questa legislatura, perché esso andrà indubbiamente incontro alle attese sia dei cittadini, sia dei medici.
In tema di medici, dei quali lei ha poco parlato, signor ministro, vorrei chiederle qual è la vostra posizione in rapporto ad un problema, che sarà pur di minima rilevanza, ma a proposito del quale molti medici attendono di avere informazioni. Il 31 luglio, come lei sa, scadrà la proroga per l'intra moenia cosiddetta allargata. Mancano venticinque giorni a quella scadenza, per la quale i medici attendono informazioni ma, poiché ho letto al riguardo dichiarazioni contrastanti, le chiedo nella sua replica di darci informazioni precise in merito.
Allo stesso modo, anche se si tratta di una questione meno impellente, vorremmo conoscere la vostra posizione sul rapporto di reversibilità. Noi abbiamo tolto l'irreversibilità, stabilendo che i medici, ogni anno, possono modificare la loro posizione, comunicandola per tempo. Leggo che voi siete contrari a questo rapporto di reversibilità; quindi vorremmo conoscere la posizione del Governo e in particolare la sua, signor ministro.
Sulla ricerca, signor ministro, lei ha detto delle cose assolutamente giuste. Per quanto ci riguarda, nell'ultima finanziaria, rispetto agli anni precedenti, abbiamo aumentato i fondi per questo settore, non soltanto con quei 100 milioni di euro da destinare alla ricerca oncologica, ma anche - bisogna ricordarlo - con la scelta in dichiarazione dei redditi della destinazione del 5 per mille. Noi ci siamo impegnati, ma anche voi in questi due mesi avreste dovuto sensibilizzare i cittadini, attraverso le fonti di informazione, sul fatto che essi possono, nella loro dichiarazione dei redditi - da presentare in questo periodo -, destinare il 5 per mille della loro IRPEF alla ricerca. Questo significherebbe un notevole incremento di risorse in un campo fondamentale, sia quello della ricerca di base, sia quello della ricerca applicata.
Rimanendo sempre in quest'ambito, vorrei affrontare la vexata quaestio sul problema delle cellule staminali. Su tale questione interverrà più acutamente e profondamente di me un altro componente del gruppo di Forza Italia. Voglio però solo ricordare - anche a seguito degli interventi che ho ascoltato la volta scorsa - che in questo campo bisogna attenersi a risultati effettivi, basati su ricerche scientifiche, e a dati della letteratura internazionale assolutamente affidabili. E questi ultimi indicano che ad oggi - il domani non lo conosco - nessun risultato è derivato dalla ricerca sull'utilizzo sperimentale delle cellule staminali embrionali, in quei paesi dove questo non è vietato, come invece lo è in Italia. Per nessuna malattia si sono riscontrate, in campo sperimentale, delle possibilità positive.
Invece, l'utilizzo delle cellule staminali adulte offre già delle aspettative, senza illudere i nostri cittadini. Per avere riprova di ciò, basta navigare su Internet e leggere gli articoli (che non ho scritto certamente io) delle riviste principali del settore, come Nature e Science. In tale ambito, peraltro, l'Italia vanta un primato eccezionale.


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Sottolineo dunque la vexata quaestio sulla posizione dell'Italia in merito a tali tipi di sperimentazioni. Peraltro sembra quasi di avere a che fare con un Giano bifronte. Infatti in Italia avete dichiarato che la legge n. 40, che vieta di lavorare sulle cellule staminali embrionali, non si tocca (ed io sono d'accordo). In Europa invece la vostra posizione sembrerebbe essere diversa (e non mi sembra possa essere condivisa).
Per quanto riguarda le liste d'attesa, si tratta di un problema cronico. Il precedente Governo - nel periodo in cui sono stato sottosegretario per la salute ho contribuito a questo progetto - nell'ultima finanziaria ha predisposto lo stanziamento di 2.000 milioni di euro da mettere a disposizione delle regioni. Lo scopo era proprio la risoluzione di questo problema, da effettuare con accordi e scadenze ben precise, in due date che lei conosce molto bene, luglio e settembre, secondo quello che hanno chiesto le regioni in sede di Conferenza Stato-regioni. Ebbene, cosa faranno le regioni? Come monitorizzerete questo aspetto?
Per quanto riguarda la terapia del dolore, come medico sono d'accordissimo con lei, signor ministro. Aggiungo che forse, negli anni passati, noi medici abbiamo colpevolmente poco utilizzato gli oppiacei, mentre il dolore va sedato, assolutamente.
Voglio ricordarle, però, che nel 2005, per ammissione del direttore generale dell'AIFA, il numero di dosi di oppiacei è passato da 7 a 22 milioni, con un incremento di oltre il 200 per cento di utilizzo di oppiacei. Alla luce di questo dato, mi sembra di poter dire che già stiamo intraprendendo la strada da lei indicata nella sua relazione. Ad ogni modo, bisogna stare attenti a liberalizzare completamente tali farmaci, perché ci sono delle evenienze tali per cui potrebbero essere utilizzati in altre direzioni.
Nella sua relazione, inoltre, lei parla di «ministero accogliente». Nel periodo che ho passato al Ministero della salute - devo darne atto - ho avuto a che fare con un direttore generale di dipartimento, che non conoscevo, di grande professionalità.
Voglio farle presente che mi sono dedicato a tre progetti, che le chiederei di far seguire, sempre che lei li condivida. Uno è il progetto «Salute donna», argomento del quale anche lei ha parlato. Ebbene, ho riunito una commissione largamente rappresentativa, che ha lavorato alcuni mesi e che ha dato dei risultati. Abbiamo, quindi, predisposto un decalogo, che è stato distribuito a tutti i medici di famiglia. Dunque, le chiederei, signor ministro, di andare avanti in questo campo, se logicamente lei condivide questa iniziativa.
Vi è poi un secondo progetto, per il quale una commissione ha lavorato per mesi, sullo stato vegetativo persistente. Si trattava di una commissione scientificamente altamente qualificata, che ha prodotto un documento, che dovrebbe essere all'esame della Conferenza Stato-regioni. Anche in questo caso si fornisce una soluzione molto, molto positiva alle attese dei malati e delle famiglie che hanno questo grave problema.
Un terzo progetto, che le raccomando, è il tavolo sul fitness, che non ho fatto in tempo a chiudere. Bisognerebbe prevedere, possibilmente, l'utilizzazione e la compartecipazione delle 9 mila palestre presenti in Italia, nella fase della promozione dell'attività fisica - lei sa quanto conta -, sempre che sia possibile farlo. Esiste già uno schema di decreto in questo senso. Se lei lo condivide, lo faccia seguire da qualche sottosegretario, avendo lei sicuramente già tante incombenze.
Le voglio ricordare, infine, gli specializzandi. Lei, giustamente, ha parlato del precariato, dicendo che tale fenomeno deve finire. Gli specializzandi hanno un ruolo importantissimo nelle nostre università e a volte sono chiamati a svolgere compiti che non sono di loro spettanza, perché il tutor non fa il tutor. Noi, per la prima volta, abbiamo realizzato un contratto per gli specializzandi. Le chiediamo che venga attuato. Oltretutto, esso è già finanziato per 300 milioni di euro all'anno e dovrebbe partire dal prossimo anno accademico. Credo che gli specializzandi


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lo meritino, come pure meritano - come dice lei giustamente - di non essere considerati dei precari e di non dover fare ciò che non rientra nelle loro competenze.
Venendo al tema della tossicodipendenza, vorrei svolgere una considerazione, anche se più tardi ne parlerà qualche altro collega. Avete monitorizzato la legge Fini-Giovanardi? Tale normativa è stata varata da così poco tempo e già volete cambiarla? La commissione tecnico-scientifica è stata prorogata fino al 31 luglio; quindi, le domando se questa commissione sia stata interpellata avendo lei proposto, in via amministrativa, il raddoppio della dose che eviti le sanzioni.
Inoltre, lei non ha parlato affatto della salute degli immigrati ed è stata molto lacunosa su alcuni argomenti di bioetica. Parlo, in particolare, della pillola RU486. Ho ascoltato le sue dichiarazioni e quelle del sottosegretario Gaglione, che sono diverse dalle sue.
Per quanto concerne il testamento biologico, ho già presentato un progetto di legge. Noi siamo contrari all'eutanasia, così come all'accanimento terapeutico, ed anche all'abbandono, mentre l'idratazione e la nutrizione non possono essere considerate come terapie, ma come un supporto, perché la loro sottrazione provocherebbe altre ed ulteriori sofferenze.
Infine, vorrei chiederle di dirci qualcosa sull'applicazione integrata della legge n. 194 e, in particolare, sul ruolo dei consultori.

GIACOMO BAIAMONTE. Signor ministro, ho ascoltato con estremo interesse la sua relazione e mi ha colpito molto il fatto che lei abbia detto che gli ospedali e il Servizio sanitario nazionale debbano essere la casa della salute, addirittura il «castello» della salute. Ebbene, sono perfettamente d'accordo con lei. Apprezzo il suo entusiasmo di inizio legislatura e credo sinceramente nella sua onestà di pensiero nel voler programmare e portare avanti la sanità e il servizio pubblico con una certa attenzione e nell'interesse dei cittadini. Tuttavia, ministro, la invito a fare attenzione, in quanto nella sua relazione, come già affermava il collega Di Virgilio, oltre ad esserci degli argomenti lacunosi, non sono state affatto citate alcune questioni.
Vengo ai particolari. Uno dei punti fondamentali da lei richiamati è il controllo della spesa. Ciò che ha detto è vero, signor ministro, ma oggi il nostro paese destina alla sanità circa il 6,6 per cento del PIL e le previsioni per il futuro sono quelle di un 14,5 per cento o addirittura un 15 per cento del prodotto interno lordo, per quanto riguarda la salute.
Questo non è un atteggiamento presuntuoso, ma è la realtà. La medicina si evolve, signor ministro. La situazione è cambiata notevolmente, così come la ricerca. Andiamo incontro all'epoca della medicina biomolecolare, o della trapiantologia. Le attrezzature aumentano sempre di più. Dobbiamo quindi dare delle risposte ai cittadini e dobbiamo trovare i soldi necessari.
Cerchiamo di analizzare la situazione con un senso di realtà e non in maniera immaginaria. Mi riferisco alla riforma Bindi, che ha portato indubbiamente ad un aumento della spesa sanitaria, e ancora ce ne vorrà. Dall'altro lato, tuttavia, i contrappesi non sono stati tali da poter trovare le risorse. Sto parlando del discorso, sviluppato dall'allora ministro Bindi, relativo alle polizze assicurative. È importante, signor ministro, che questa sanità trovi fonti di risorse. Diversamente, non andremo da nessuna parte. Occorre prevedere polizze assicurative non negoziate dal cittadino e dalle assicurazioni ma dallo Stato, in maniera da mettere i cittadini nelle condizioni di scegliere dove andare e da chi essere curati (anche in altre regioni, se lo ritengono opportuno).
Inoltre, a proposito del rapporto tra le regioni, lei giustamente diceva che si deve instaurare un rapporto interregionale, come nel campo della ricerca. Signor ministro, questo è stato sempre fatto nel nostro paese. È con la riforma Bindi che è stato in un certo senso bloccato. Ricordo che, negli anni sessanta - è da più di quarant'anni che lavoro nel settore della sanità ed attualmente sono ordinario di


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chirurgia a Palermo -, la Società italiana di chirurgia svolse una ricerca su tutto il territorio nazionale sulla idatidosi e sull'echinococcosi. Ebbene, le tre regioni che avevano i maggiori problemi da questo punto di vista erano l'Emilia-Romagna, la Sardegna e la Sicilia. Da quella ricerca, si è riusciti a portare avanti un progetto, grazie al quale oggi l'idatidosi è scomparsa nel nostro paese. Tuttavia, per fare cose di questo tipo ci vogliono i mezzi e l'organizzazione, signor ministro. Non possiamo soltanto predicare! Le soluzioni bisogna trovarle e bisogna dare a chi conosce i problemi la giusta valutazione e il giusto merito.
Per quanto riguarda la sanità, lei diceva che essa deve ruotare attorno al cittadino, ed è vero. L'elemento dominante del Servizio sanitario deve essere il cittadino, che è il cittadino-paziente, il cittadino-utente. Tuttavia, esistono anche altre componenti nella sanità, signor ministro. Personalmente, non le ho sentito dire nulla in ordine al compito e all'«interesse professionale» dei medici e del corpo infermieristico. Eppure, queste sono componenti fondamentali del settore della sanità, signor ministro. Il Servizio sanitario non va inteso solo come organizzazione. Il corpo sanitario ha un compito importante, e noi dobbiamo fare di tutto per renderlo contento. Oggi come oggi, invece, vedo un andazzo sbagliato. I medici sono diventati come degli impiegati negli ospedali! Non hanno più quello spirito di umanizzazione - sto parlando in generale, ovviamente - a cui lei giustamente faceva cenno, signor ministro. Attenzione, perché questo significa dequalificare la classe medica, portare il Servizio sanitario nazionale nella condizione di non reggere.
Inoltre, quando lei parla di rapporti tra i vari ministeri mi trova d'accordo, perché ovviamente il Ministero della salute deve convivere con quelli del welfare, dell'istruzione e dell'università e della ricerca. Con il Ministero dell'istruzione, ad esempio, sarebbe bene cercare di portare avanti un discorso sulla prevenzione, sulla medicina preventiva, che nel nostro paese non è ancora presa in giusta considerazione. Portiamo nella scuola un'educazione sanitaria, spieghiamo ai giovani quali sono i danni provocati dall'alcool e dalle droghe, e facciamolo in maniera incisiva.
Anche nelle università occorre svolgere un compito importante. Con la riforma Bindi sono state coinvolte, in maniera quasi totale, le università italiane. Ebbene, signor ministro, quello è stato un guaio ed è un errore. L'università ha un carattere formativo, deve formare le nuove leve sanitarie, non deve essere coinvolta appieno nel Servizio sanitario. L'università deve occuparsi di ricerca - che è fondamentale, come lei giustamente diceva -, di didattica e di assistenza, limitatamente a quelle due prerogative. Diversamente, diventa come tutti gli altri ospedali.
Signor ministro, questi sono problemi che dobbiamo affrontare in maniera chiara e netta, senza trascurarli. Altrimenti, il suo importante progetto di portare la sanità ad un livello veramente valido, nell'interesse del cittadino e, conseguentemente, di tutta la nazione, non lo realizzeremo mai!
Mi auguro che lei, nei singoli provvedimenti che predisporrà, ci darà la possibilità di intervenire. Dico questo perché - mi creda - il mio spirito, ma credo anche quello dei colleghi del mio gruppo parlamentare, è costruttivo. Non siamo mossi da uno spirito di lotta, che sarebbe inutile, incivile e sicuramente non favorevole al nostro paese.

ANGELA NAPOLI. Onorevole ministro, innanzitutto desidero rivolgerle i miei auguri di buon lavoro per la sua responsabilità di capo di un dicastero, le cui competenze sono estremamente importanti per la vita sociale del paese. Tali competenze, tuttavia, sono tali da averle consentito di essere l'unica donna ministro con portafoglio dell'attuale Governo. Credo che questo dia anche la dimostrazione dell'importanza del lavoro che l'aspetta.
Proprio per questa importanza - legata a problemi che comunque coinvolgono le varie parti politiche del nostro sistema -, sento il dovere di dirle con schiettezza che


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non ho condiviso alcuni punti del programma che ci ha presentato ieri. Si tratta di argomenti che, peraltro, nel momento della discussione particolareggiata, ci vedranno certamente in disaccordo, se non si tenterà di trovare le dovute vie di concertazione. Mi permetta di dirle, onorevole ministro, che ho già visto mancare questa concertazione nei confronti del Parlamento italiano e delle Commissioni affari sociali, che hanno la competenza in materia di sanità.
Le spiego subito perché. Lei ha fatto riferimento alla necessità di concertazione e di collaborazione, tuttavia mi è parso che la sua principale volontà sia quella di concordare prioritariamente il tutto solo con le regioni, con gli enti locali e con alcune organizzazioni sindacali. Sottolineo «alcune», perché sento il dovere di ricordarle che, soprattutto in materia sanitaria, ci sono diverse organizzazioni sindacali, che esulano dall'appartenenza alla «triplice». Dunque, mi è parso che prevalga in lei questa volontà, piuttosto che quella di rispettare le reali prerogative del Parlamento. Mi auguro che così non sarà e che si tratti di una mia mera impressione, in quanto ho sempre ritenuto di combattere per mantenere salve le prerogative del Parlamento. A maggior ragione, credo che queste prerogative vadano rispettate quando si parla di argomenti di tale portata.
Mi pare che dal complesso della sua relazione - purtroppo non posso entrare nel merito di tutti i particolari, ma le garantisco che ho letto attentamente la documentazione -, non emerga quell'attività di monitoraggio, che invece reputo indispensabile per poter procedere a qualsiasi programmazione in materia, che sia attuabile e valida per le necessità delle singole realtà. Dico questo forse perché vivo in Calabria, dove la questione della sanità è il problema reale dell'intera regione.
Lei ha fatto riferimento alla giusta autonomia delle regioni. Allo stesso tempo, tuttavia, pur richiamando il Titolo V della Costituzione, ha dimenticato, forse, che esiste questa concorrenza delle due realtà territoriali e che, quindi, è già in atto una competenza ed un'autonomia da parte delle regioni, che le ha portate ad optare per scelte diversificate in questo settore. Un settore che, lo ripeto, è estremamente strategico, dal momento che la tutela della salute non può che essere considerata tale.
Inoltre, lei ha parlato di unitarietà del sistema. Personalmente, sarei perfettamente d'accordo, tuttavia mi chiedo come si ritrova di fronte a questa materia, che già risulta concorrente, a poter predisporre o parlare di unitarietà del sistema, quando abbiamo regioni che continuano ad agire in questo settore nella loro piena autonomia.
Lei ha sottolineato con forza la questione relativa al discorso finanziario e, giustamente, alle risorse certe per questo settore. Allo stesso tempo, tuttavia, credo che lei debba anche intervenire. Intendo dire che, intanto, non ci ha detto se la manovra bis di prossima attuazione prevederà dei tagli - visto che, almeno stando a quello che si legge sulla stampa, dovrebbero esserci tagli in tutti i settori - anche nel settore sanitario.
Contestualmente, nel momento in cui lei parla di risorse certe e di richiami alle regioni che non hanno ottemperato al mantenimento del saldo in questo settore - definiamolo così, anche se non è corretto -, non specifica però quali sanzioni verranno previste. Dico questo pensando sempre al settore della sanità in Calabria, che, a mio avviso, necessiterebbe, proprio da parte sua, in qualità di ministro della salute, di un'attività di monitoraggio.
Durante la campagna elettorale, il governatore della regione Calabria - che certamente non appartiene all'area della Casa delle libertà; non so precisamente di che area sia, perché è un trasformista di giornata! - si è rivolto al Governo precedente per chiedere maggiori risorse, che poi ha ottenuto. Nel frattempo, però, un assessore di quella giunta - non mi riferisco assolutamente all'assessore alla sanità, Adamo - faceva passare una struttura di riabilitazione psichiatrica, di proprietà


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prima sua e poi dei suoi familiari, dalla tipologia B alla tipologia A. Lei capisce perfettamente...

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Napoli.

ANGELA NAPOLI. Cerco di stringere. Ha ragione, signor presidente, però si tratta di argomenti di notevole importanza.
Lei stessa, signor ministro, ha fatto riferimento al rispetto della legalità in questo settore. A questo proposito, lei ha richiamato la bontà dell'abrogazione della legge emanata nella precedente legislatura, circa le compatibilità di funzioni aziendali per la nomina dei dirigenti delle varie ASL. Ebbene, le chiedo: è veramente convinta, ministro Turco, che l'abrogazione, da sola, di quella legge potrà portare al risanamento, dal punto di vista legale, per quanto riguarda la nomina dei dirigenti delle ASL?
Lei sa benissimo che, in tutte le regioni - quindi non dipende dal fatto che l'amministrazione sia di centrodestra o di centrosinistra -, la dirigenza delle ASL non avviene e non è mai avvenuta nel rispetto delle professionalità, ma semplicemente nel rispetto della spartizione politica dei partiti di amministrazione regionale. Questo ha portato a quella mancanza di legalità - della quale si è tanto parlato e si continua a parlare anche sulla stampa nazionale per quanto è accaduto in Calabria -, che ha condotto, ad esempio, alla relazione della commissione d'accesso sull'ASL di Locri. Peraltro, la inviterei a leggere quella relazione, perché, essendo lei il ministro della salute, ha il dovere di sapere cosa accade.
Come mi può parlare di legalità, nel momento in cui i concorsi, che ormai sono stati banditi, hanno inserito, all'interno delle strutture ospedaliere di determinate regioni, uomini la cui professionalità è fuori da ogni logica? La professionalità dovrebbe essere il principale metro di valutazione nelle selezione del personale, perché - ripeto - c'è di mezzo la salute dell'uomo. Quei concorsi, invece, hanno portato addirittura alla vittoria figli dei capi mafia delle cosche locali! Questo la dice lunga sulla impossibilità di rispettare quello che lei, giustamente, ha inserito nella sua relazione.
Due questioni sulle quali non posso assolutamente tacere...

PRESIDENTE. Onorevole Napoli, sono già passati tredici minuti!

ANGELA NAPOLI. Chiudo immediatamente, signor presidente.
La prima questione è relativa all'impegno per la disabilità, un tema che è semplicemente accennato nella sua relazione e che, invece, reputo indispensabile, se vogliamo parlare di reale integrazione.
La seconda questione riguarda il raddoppio delle dosi di cannabis, di fronte al quale lei ci ha già messi. In proposito, le ricordo semplicemente che la commissione di esperti ha lavorato - come dice lei stessa nella relazione - sulla base della letteratura scientifica. In questo campo, se vogliamo guardare realmente alla tutela della vita e, di conseguenza, colpire gli spacciatori, dobbiamo fare riferimento proprio alla letteratura scientifica e non al discorso politico, che comunque è espressione della valutazione che ciascuno di noi dà della vita.
Chiedo scusa se il mio discorso è stato leggermente arraffato, ma gli argomenti da trattare sono davvero tanti.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor ministro, mi associo ai colleghi nell'augurarle sinceramente un buon lavoro. Ritengo, infatti, che il compito che l'attende sia difficile e complicato. Tuttavia già questo modo di iniziare credo sia positivo, anche per il Parlamento, perché la sua è una relazione ad ampio raggio, come del resto credo debba essere una relazione di inizio legislatura di un ministro di fronte al Parlamento. Si tratta di un colpo d'ala, di un modo di scandire questo nuovo inizio, che credo sia problematico per i temi che lei ci ha rappresentato e che richiede quindi impegno e partecipazione da parte di tutti.


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Vorrei solo aggiungere alcune sottolineature alle cose che lei ci ha detto ed esprimere un pensiero, rispetto al percorso che mi auguro lei ci inviterà a fare. Ritengo infatti che, sostanzialmente, il merito delle questioni sarà sicuramente affrontato, volta per volta, nel rapporto che lei avrà con la Commissione e con il Parlamento. Questo per noi deve essere motivo di sollievo, perché la dinamica che abbiamo davanti, rispetto ai temi della sanità - ne siamo coscienti -, è abbastanza complicata ed articolata.
Procedo solo per titoli, perché non voglio portare via tempo. Mi piace anche che il tempo lo impegni maggiormente l'opposizione. Credo, infatti, che in questo percorso dobbiamo avere quella capacità di ascolto, che in qualche misura è mancata nella scorsa legislatura, quando eravamo minoranza forte e, dunque, abbiamo sentito la responsabilità di una partecipazione molto soffocata. Invece, in questa circostanza, vogliamo avere un respiro ampio e consentire a tutti i colleghi il confronto, con grande senso di responsabilità.
Uno dei nodi del discorso da lei svolto, che a noi piace e che ci sta a cuore, riguarda il fatto di rendere i cittadini protagonisti del Servizio sanitario nazionale: questo rimettere al centro la persona, che assume delle responsabilità, anche in termini di costruzione di salute per tutti.
Dobbiamo immaginare, nel percorso che lei ci ha indicato, la capacità di produrre salute, prima ancora che di curare le malattie. Dobbiamo, quindi, anticipare. Mi piace trovare nella relazione questa sana utopia che sta dietro ad un progetto, dove poi anche le questioni pratiche trovano un'immediata risposta.
Quello di garantire il principio di equità, nell'accesso e nell'utilizzazione dei servizi a tutti i cittadini, credo che sia uno dei temi più importanti. Il sistema, infatti, in questo è percepito come non equo.
Sono un parlamentare del sud, mentre la volta scorsa ero del centro Italia, di Roma. Da quando ho cominciato questa nuova esperienza - sono stato eletto a Napoli -, una delle richieste più frequenti che mi vengono rivolte da parte dei miei concittadini è quella di trovare un posto in un ospedale da Roma in su. A volte essi non sanno neppure che nella propria città, nella propria realtà hanno dei centri di eccellenza per quel determinato tipo di malattia. Con questo voglio dire che c'è un senso di disaffezione, anche di sfiducia, nelle proprie potenzialità.
Il tema del Mezzogiorno, così come lei l'ha trattato, dà un segno di grande speranza, di grande interesse. Credo, infatti, che lei l'abbia colto e ben collocato all'interno del percorso che ci ha indicato.
Avendola conosciuta anche nell'esercizio della sua passata attività al Ministero per la solidarietà sociale - un tema che io vivevo come esponente dell'associazionismo italiano -, so che lei ha la forza, la determinazione e anche la competenza per portare avanti alcune scelte. Lei deve imporre l'onestà in tutta la gestione del sistema, perché questo è uno dei nodi cruciali rispetto ai quali questa legislatura inizia, eliminando ogni forma di corruzione da parte di chi gestisce, od opera, nel campo della sanità.
Mi fermo, ma potrei portarle degli esempi, che credo lei conosca meglio di me, anche per aver ascoltato, prima di venire in Parlamento, la voce di tante realtà. Come sappiamo, questo suo percorso iniziale è costellato da tanti momenti di incontro, che hanno evidenziato anche delle criticità del sistema, che vanno affrontate con coraggio e con determinazione. In questo, il Parlamento le dovrà essere di compagnia.
Occorre, quindi, eliminare l'attuale inefficienza del sistema. Questo è un tema rispetto al quale credo che molte delle indicazioni pratiche che lei ci ha fornito possano essere veramente importanti.
Sulla razionalizzazione della spesa non entro nel merito della questione, dal momento che lei l'ha descritta ampiamente e che abbiamo avuto tutti il tempo di leggere la sua relazione. Tuttavia, effettivamente questo è uno dei temi dominanti della stagione politica che si sta inaugurando.


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La sanità, a tutti i livelli, è il problema, e lo è in misura maggiore per le regioni. Pur essendoci diverse problematiche in campo, quella della sanità tocca tutti in maniera esponenziale. Quindi, mettere mano, in maniera forte e determinata, a questo contesto credo sia uno dei temi più interessanti da affrontare.
Altro tema importante è quello della modifica del sistema ospedaliero. Questa mattina ho partecipato ad un convegno nel quale si parlava di anziani, di quegli anziani attivi che vogliono essere considerati come una risorsa e non come un problema. Credo che il mondo degli anziani sia una realtà da esplorare in maniera straordinaria, sia per razionalizzare la spesa, sia per essere più corretti nelle cure che vengono loro somministrate. Nel convegno ho ascoltato diversi interventi di persone che hanno raccontato storie drammatiche. Si tratta di persone alle quali, ogni anno, vengono prescritte medicine per milioni di euro, molte delle quali finiscono poi nel cestino, per non parlare delle analisi e di quant'altro.
Potrei entrare nello specifico, ma mi limito a dire, in questo grande contesto, che siamo un paese che ormai invecchia fortemente e che per molti anni questa tendenza non sarà invertita. Abbiamo davanti una realtà importante, che può portare la sanità del paese a trovare risorse e a migliorare le sue prestazioni. Credo che dovremmo porci questi obiettivi con grande determinazione.
Concludo sottolineando ancora alcuni aspetti. Occorre creare strutture di controllo efficienti e indipendenti. È necessario lavorare molto - lei lo ha detto e lo ha scritto - sulla prevenzione, sia nelle fasce più giovanili, dove poi si includono anche i grandi temi del disagio sociale, sia nelle fasce adulte ed anziane. Molto si può risparmiare prevenendo, e non lasciando andare le cose.
Mi piace anche l'idea degli accordi di programma. Li vedo come una sorta di libero scambio fra le regioni che hanno di più e sanno di più e quelle che hanno di meno e sanno di meno. In questo modo, si crea una base molto interessante per accelerare i tempi di alcune realtà che sono in ritardo sia nelle modalità di gestione, e quindi della spesa, sia nell'organizzazione. Quindi, considero degna di rilievo quest'idea che lei, signor ministro, ci ha rappresentato.
In ultimo, desidero trattare il tema delle tossicodipendenze. Ne voglio parlare con grande franchezza, come d'altronde risulta negli atti della Camera e in tutte le cose che abbiamo detto, nel momento in cui la legge Fini-Giovanardi è stata presentata in Parlamento. Al di là delle modalità - visto che ce la siamo trovata in un maxiemendamento che riguardava le Olimpiadi - e trascurando anche il fatto di non aver avuto nessuna possibilità di interloquire (anche se qualche proposta e qualche idea da proporre in merito ce l'avevamo, anche riguardo alle tabelle), tuttavia le modalità con cui parte la comunicazione su questi temi, a volte, ci lasciano un po' in difficoltà.
Ci rivolgiamo a lei, signor ministro, perché sappiamo che ha questa sensibilità. La nostra volontà era quella di abrogare la legge, così come abbiamo detto nei nostri programmi. Tuttavia, dicendo questo, non abbiamo assolutamente perso di vista che il nostro obiettivo prioritario - quando parliamo di persona al centro, di sistema efficiente, di prevenire - è il consumo zero, prendendo in carico la persona, la famiglia, che non ha certo bisogno di essere mandata in galera!
Capisco che si tratti di un tema difficile, sul quale, anche nel prosieguo, vorremmo interloquire. Si tratta di una strada angusta, che si snoda tra proibizionismo e liberalizzazione, di un percorso difficile e delicato che riguarda sia la maggioranza sia l'opposizione. Tuttavia, noi abbiamo il dovere di perseguirlo. Questo sarà il nostro atteggiamento, più che mettere il dito sui numeri, che hanno risolto un problema, che anche gli operatori specializzati avevano manifestato dal primo momento.
Pertanto, sarà necessario stipulare un patto tra le istituzioni, la famiglia e gli operatori sociali. Noi crediamo che in questa direzione si possa fare molto, anche


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limitando alcune forme demagogiche di organizzazioni laiche e cattoliche che, occupandosi di tossicodipendenti, pensano di avere la ricetta universale per la soluzione del problema. In tal senso, la stampa di questi giorni ci ha dato qualche esempio, che io definisco abbastanza sopra le righe, rispetto al fatto in sé che, sostanzialmente, è un'operazione normale per evitare ulteriori guasti al sistema.

KATIA ZANOTTI. Cercherò di stare nei tempi, dal momento che siamo in tanti a voler intervenire, però voglio dire al ministro Turco che finalmente è stato svolto un intervento sulle questioni della sanità che va fuori dalla tecnicalità, per offrire, invece, un punto di vista diverso. Molti colleghi hanno detto di aver letto ieri sera la sua relazione - come diceva il collega Di Virgilio - e di averla trovata generale e generica. Per quel che mi riguarda, al contrario, penso che lei abbia offerto un importantissimo impianto strategico. Inoltre, lei ha dato a questo impianto... (Commenti del deputato Gardini). Sono contenta che l'onorevole Gardini condivida, poi dirà la sua. Ciò che voglio dire è che, dentro questo impianto strategico, c'è un segno di discontinuità, che considero molto importante. Infatti, all'interno di tale discontinuità - che personalmente ho colto - vi sono una convinzione e una determinazione forte a governare il sistema sanitario in una situazione di particolare delicatezza. E credo che il ministro Turco ci abbia offerto molti elementi per segnare questo punto di delicatezza.
Ho apprezzato, altresì, la sua relazione perché, nonostante questi passaggi di delicatezza, è riuscita a mettere al centro di tale impianto strategico due questioni, che considero dirimenti. Anzitutto, quella del cittadino come utente competente, perché il cittadino, considerato in questa veste, è in grado persino di contribuire al risparmio sulle spese sanitarie. La seconda questione è quella dell'assunzione di responsabilità di tutti i soggetti che possono concorrere a rendere il sistema sempre più efficiente e corrispondente al riconoscimento della salute come diritto esigibile. È importante dire che non siamo di fronte alla discrezionalità, ma che parliamo di diritto esigibile. Di fronte al bisogno di salute, dobbiamo garantire la risposta in modo universalistico e omogeneo su tutto il territorio nazionale.
Qualcuno delle minoranze ha fatto finta di non capire. Ieri pomeriggio ho letto delle agenzie: devo dire che siamo alla miseria degli argomenti. Consentitemi di dirlo, colleghi, con molto rispetto, dal momento che con alcuni di voi abbiamo lavorato nella precedente legislatura. Penso che si possa essere non d'accordo... (Commenti del deputato Giulio Conti). Faccio riferimento alle case del popolo, che diventano case della salute. Chi ha letto le agenzie sa di cosa parlo. Mi riferisco all'agenzia dell'onorevole Volontè dell'UDC.
Credo che potreste avere anche argomenti diversi da portare. So che li avete. Vorrei sentire se ci sono delle proposte in merito, perché, francamente, non ne ho sentite. State guardando le pagliuzze, perché non siete in condizione di guardare la trave, che è un impianto, appunto, di discontinuità. Si può essere più o meno d'accordo naturalmente, tuttavia voglio ricordare ai colleghi con i quali abbiamo lavorato nella scorsa legislatura che spesso ci siamo trovati in questa Commissione a parlare di sottostime, di difficoltà, di mancanza di risorse certe, di rincorse e così via. Personalmente, non ho mai avuto il piacere di avere un quadro organico di intervento sul modello di sistema sanitario che voleva il centrodestra. Gli aspetti che sono emersi sono quelli sui quali noi abbiamo espresso tutto il nostro disaccordo, naturalmente.
Vorrei affrontare ancora alcune questioni. Stando alle agenzie, che mi hanno colpito molto, qualcuno ieri ha detto che il ministro a parlato di pochi provvedimenti e di molti interventi amministrativi perché - lettura politica - vuole bypassare il Parlamento. Penso invece che ieri il ministro Turco, che non ha mai rilasciato interviste, sia venuta direttamente in questa sede ed abbia presentato, nella Commissione competente, le linee di indirizzo.


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Credo... (Commenti dei deputati Giulio Conti e Gardini). Ma posso parlare, presidente?

PRESIDENTE. Colleghi, nessuno ha disturbato chi è intervenuto in precedenza. Vi prego di procedere con uguale responsabilità. Ciò mi pare civile. Prego, onorevole Zanotti.

KATIA ZANOTTI. Voglio solo dire che, secondo me, ieri il ministro ha dato prova di un importante riconoscimento e di una grande valorizzazione del ruolo del Parlamento, che ha detto di voler proseguire costantemente nella relazione con il Parlamento, con l'Assemblea e con la Commissione parlamentare di riferimento. Quindi, altro che operazione per bypassare il Parlamento!
Se questo Parlamento ha un filo da tessere - e so che ce l'abbiamo - ce lo dobbiamo giocare tutto e dobbiamo esercitarci in un confronto molto ampio fra di noi. Ho sentito alcune colleghe e alcuni colleghi, ieri come oggi, citare il tema delle questioni eticamente sensibili. La mia opinione in merito è che tale questione riguarda esattamente il nostro ruolo in Parlamento. Credo che noi, in questa sede, possiamo garantire davvero la pluralità, il confronto di posizioni diverse e persino il luogo della mediazione.
Personalmente, sono tra coloro che inizialmente non erano d'accordo con la commissione Amato, decisa dal presidente Prodi e dal Governo, in quanto non avevo ben capito le funzioni di quella commissione e non concordavo sul fatto che fosse quello il luogo della mediazione. Ritengo, infatti, che la mediazione sui temi eticamente sensibili (come l'eutanasia o la riforma della legge n. 40), a cui abbiamo fatto riferimento ieri, debba svolgersi proprio all'interno del Parlamento, che deve esercitare appieno il suo ruolo.
In riferimento alle cellule staminali, il Governo ha detto che la legge n. 40 non si tocca. Tuttavia, personalmente ritengo che alcuni aspetti di quella normativa debbano essere assolutamente rivisti. Ne cito uno per tutti, per vedere se siamo d'accordo o meno: la possibilità di accedere alle tecniche di fecondazione assistita, per quelle coppie portatrici di malattie genetiche che oggi fanno i figli all'estero. Mi fermo qua e rinvio questa discussione, che credo debba essere una discussione parlamentare.
Voglio svolgere ancora alcune considerazioni. Vi sono quattro dati che mi hanno molto colpito; due di questi sono stati annunciati, per titolo, dal ministro nella sua relazione. Il primo dato riguarda il fatto che il numero delle denunce contro i medici e le strutture sanitarie è aumentato del 148 per cento dal 1994 ad oggi (parliamo dei contenziosi aperti). Il secondo è relativo al numero dei ricoveri impropri, che ammontano a 18 milioni di giornate di degenza all'anno, con i quali si bruciano 5,7 miliardi di euro. Il terzo è rappresentato dal numero, clamorosamente consistente - l'ha citato il ministro -, degli accertamenti diagnostici che non vengono ritirati dai cittadini. Infine, il dato concernente la spesa diretta dei cittadini, che è passata, in dieci anni, esattamente da 10 a 25 miliardi di euro.
Perché cito questi dati? Perché penso di aver trovato, dentro la relazione del ministro, l'esatta risposta a quelle che considero disfunzioni enormi dell'attuale modello di sistema sanitario, in termini di appropriatezza delle prescrizioni farmaceutiche, del percorso terapeutico e via dicendo.
Insieme, e dentro, alle parole-chiave di ieri, vi è il tema del rigore nei controlli e nella verifica dell'appropriatezza dei percorsi terapeutici e della spesa, considerato che sono due i fattori che contribuiscono a creare il disavanzo, come abbiamo sottolineato molte volte nella precedente legislatura. Il primo fattore è quello dell'invecchiamento della popolazione - per fortuna si vive di più, ma spesso questo non è stato considerato nella distribuzione delle risorse -, mentre il secondo è quello dell'aumentata percezione del bene salute e, quindi, della crescente richiesta di servizi.
C'è una necessità di rigore, dunque, colleghi. Tuttavia, vi invito a prestare attenzione


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ad un senso comune diffuso - lo dico anche al ministro Turco -, secondo cui questa nostra sanità è un grande luogo di guadagno e di profitto. Infatti, quando si va dall'oculista, dal medico dentista, o nella clinica privata, si pensa che, stando nel sistema sanitario, si possano fare tanti soldi. Quindi, bisogna che su questo aspetto si attivino tutte le condizioni per una grande politica di rigore, ed anche di informazione in tal senso.
Il ministro, con le sue linee di indirizzo, ha messo le mani nel piatto, nella pasta, si è stropicciata le mani, e ci ha offerto un quadro di interventi molto chiaro. Credo che, anche simbolicamente, le prime dieci azioni siano importanti, in quanto escono dall'autoreferenzialità del sistema e parlano a tante e a tanti. Mi riferisco alla terapia antidolore, alla questione del parto, a quella degli anziani, a quella della presa in carico del disagio mentale (e sappiamo a quante famiglie parliamo in questa circostanza).
Il ministro ha ripreso anche pronunciamenti altrettanto chiari, con indicazioni precise, sulla questione degli specializzandi e del lavoro atipico, a cui noi abbiamo lavorato l'intera legislatura precedente, o quasi. A tal proposito, sapete però che gli specializzandi, nonostante il provvedimento assunto, sono tutt'altro che soddisfatti? Questo è accaduto perché non c'erano le risorse finanziarie necessarie e perché il Governo non ha assunto una scelta di priorità netta per dare una risposta a quelle figure atipiche che reggono, come sappiamo, la struttura ospedaliera.
Concludo affrontando il tema della modalità dei tavoli di consultazione. È faticosa la pratica di tali tavoli, tuttavia, come dice il ministro Turco, è necessario consolidarli, senza renderli episodici: regioni, patto per la salute, sindacati, associazionismo e via dicendo. Pur essendo faticosa, penso che tale pratica, oltre all'ascolto, segni quei passaggi di discontinuità che peraltro erano - noi lo sappiamo - molto richiesti dal mondo a cui facciamo riferimento.
Vengo al tema della direzione per l'integrazione sociosanitaria, che cito perché voglio ancora menzionare il nostro lavoro di Commissione. Ebbene, abbiamo predisposto nella scorsa legislatura un progetto di legge sulla non autosufficienza. Siamo persino arrivati in Assemblea con una condivisione a larga maggioranza ed abbiamo condotto una grande battaglia, anche culturale, fra di noi. Abbiamo sempre detto che dall'integrazione sociosanitaria passava persino la possibilità di risparmiare su quell'investimento formidabile che è la questione degli anziani.
Abbiamo di fronte una situazione a macchia di leopardo, nella quale l'integrazione sociosanitaria funziona, come sappiamo bene, soprattutto sugli anziani. Infatti, si determina meno spesa e meno sovraccarico sul sistema sanitario. Ho citato solo gli anziani, per dire che, in questa legislatura, dovremmo riprendere il tema della legge sul fondo per la non autosufficienza.
Concludo riprendendo quanto detto dal collega Cancrini, per quanto riguarda un lavoro che abbiamo svolto in Commissione sulla salute penitenziaria, nelle carceri. Ebbene, in proposito, siamo all'inciviltà e alla vergogna di questo paese! Sono stati cinque anni di sottostima e di finanziamento costantemente eroso. Siamo all'inciviltà, lo ripeto. Bisogna dare un segnale di civiltà.
Per fare tutto questo, è necessaria una certezza di risorse. In merito, voglio dire al ministro che non è accettabile che si scenda al di sotto del 6,6 per cento del PIL. Voglio dire anche che torneremo a discuterne, in questa Commissione, in occasione dell'esame del documento di programmazione economico-finanziaria. Si tratterà di una discussione di merito sulle risorse.
Non sappiamo ancora quale sarà la manovra finanziaria, ma voglio che lei sappia che, per quanto riguarda la componente dell'Ulivo di questa Commissione, saremo determinati a condurre, anche dalle sedi parlamentari, una battaglia in questo senso.
La questione della cannabis non la voglio riprendere. Credo che la sua nota di


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accompagnamento, presentata in Commissione ieri, sia stata molto precisa al riguardo.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Ringrazio il ministro Turco per la sua presenza e mi associo agli auguri che le sono stati rivolti dai colleghi, perché credo davvero che ne abbia bisogno. Sono auguri sinceri, perché il lavoro che l'aspetta credo sia piuttosto impegnativo.
Precederò anch'io per punti e molto rapidamente. Sarà più un elenco di argomenti che un approfondimento, perché il tempo a disposizione non è sufficiente ed è mia intenzione rispettare i tempi.
Nel seguire la traccia della sua relazione, siamo assolutamente d'accordo quando si parla di mettere al centro la persona e di effettuare investimenti adeguati. Pertanto, su questi aspetti non occorre spendere ulteriori parole. Siamo concordi, altresì, sul fatto che la responsabilità sia molto importante; tuttavia, quando lei parla di investimenti adeguati e poi accenna - come è stato già richiamato da altri colleghi - all'intenzione di arrivare almeno al 6,6 per cento del PIL, più un fondo straordinario per le regioni che presentino grandi criticità, mi sembra che si tratti di cifre veramente astronomiche. Non lo dico perché non sia contenta che si spenda per la sanità, ma, siccome la coperta è corta - concetto che sicuramente ci sentiremo ripetere più di una volta -, non vorrei che alla fine siano le attività di tipo sociale a pagarne le conseguenze.
Ricordo che la stragrande maggioranza delle risorse va alla sanità, mentre alle attività di politiche sociali, in particolare alle famiglie, vanno le briciole. Quindi, siamo tutti lieti che ci siano fondi per tutto e per tutti, ma mi domando come si possa fare ad affrontare un problema del genere.

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Non avete letto il testo!

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. L'ho letto, l'ho letto benissimo.
Un'altra questione che mi interessa molto è quella relativa alla responsabilità. In relazione a tale argomento, lei parla del ticket come strumento che deve in qualche modo penalizzare e punire - su questo sono d'accordo - la mancanza di responsabilità dei singoli per il mancato ritiro dei referti, e via discorrendo. Bisogna, dunque, punire l'inadeguatezza. Tuttavia, mi domando che cosa intenda fare nei riguardi del medico. Nella relazione, infatti, si parla di un ticket che agisce, probabilmente, solo nei confronti dell'utente, del cittadino. Come fare per portare la classe medica, in maniera seria, ad una sorta di assunzione di responsabilità? Non vedo come si possa raggiungere un risultato efficiente ed efficace.
Sempre a proposito dei ticket, in ogni caso bisogna considerare il Titolo V della Costituzione. La riforma ha previsto che ogni regione possa comportarsi come crede. Siamo quindi di fronte ad una situazione assolutamente a macchia di leopardo, per cui ci sono regioni che prevedono il ticket e altre che non lo prevedono, mentre altre ancora hanno stabilito dei tetti. Insomma, si tratta di una situazione molto confusa. Pertanto probabilmente bisognerebbe - e questo potrebbe rientrare nel suo progetto di aprire un tavolo con le regioni - cercare di armonizzare tutte queste realtà.
Se è vero che il ticket per le fasce meno abbienti non ci deve essere, è altrettanto vero che per le fasce più abbienti questo si potrebbe prevedere. Non si capisce perché quando si parla di maternità o di sostegno alla maternità - lei lo sa bene - sono previsti sempre dei tetti di reddito, mentre per i ticket questi non ci sono!
L'eliminazione del ticket, che è stata attuata alla fine della legislatura del centrosinistra - voluta fondamentalmente dal gruppo di Rifondazione comunista - ha fatto saltare completamente tutti i piani della sanità. Infatti, con l'assenza del ticket, la spesa sanitaria è salita alle stelle ed è diventata insostenibile. Mi domando, dunque, che cosa intenda fare il ministro a proposito di tale questione.


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Vengo velocemente al discorso - cui lei ha accennato - relativo a tutti questi tavoli che intende far partire. Non sono pregiudizialmente contraria ai tavoli, ma in questa sua relazione ne ho contati undici. Mi sembra una proliferazione di iniziative, di riflessioni, di consulte, di tavoli di concertazione, di tavoli di monitoraggio e via elencando, che, se funzionassero, potrebbero anche dare dei risultati. Tuttavia, nutro seri dubbi sul fatto che questa moltitudine di tavoli possa portare a risultati in tempi rapidi e certi. È un sistema che mi lascia molto perplessa.
A proposito della filiera della salute, di cui lei parla facendo riferimento ai vari soggetti che la compongono, le vorrei ricordare che anche le famiglie ne fanno parte. Lei accenna alle famiglie quando si parla delle malattie mentali e dei disabili, ma in realtà anche per le lunghe degenze il carico che le famiglie si assumono è notevolissimo. E, comunque, le famiglie potrebbero costituire una risorsa, anziché dare ad esse il peso di questo impegno.
In un passaggio della sua relazione, lei accenna invece al fatto che si dà troppo peso alle famiglie e parla di una medicalizzazione eccessiva. A tal proposito, il mio invito è quello di trovare il modo per valorizzare le risorse che le famiglie possono rappresentare, facendole sedere ai famosi tavoli, in modo che si possa ragionare con loro del ruolo che stanno svolgendo.
Tralascio alcune questioni meno importanti, per arrivare al discorso delle tossicodipendenze. Lascio al collega Lucchese il compito di parlare della «casa della salute» che, al di là delle battute che non ho letto nelle agenzie di ieri, mi crea una sorta di perplessità. Onestamente, infatti, non ho ben capito che filosofia e che logiche ci siano dietro. Per i colleghi forse saranno chiarissime, ma per me lo sono molto meno.
Arrivando al discorso delle tossicodipendenze, mi associo a chi ha ricordato che esiste una commissione di esperti che lavorerà fino al 31 luglio. Mi domando con quale criterio lei, signor ministro, abbia deciso di aumentare, addirittura di raddoppiare, il famoso fattore moltiplicativo. Non capisco per quale motivo sia stata presa questa decisione, dal momento che gli esiti di questa commissione ancora non sono noti e che lei, legittimamente, avrebbe potuto incrementare la commissione con esperti di sua fiducia; questo sarebbe stato ovvio e normale.
Mi domando che tipo di messaggio si manda al paese, ai nostri giovani e alle famiglie, quando il primo provvedimento che adotta un ministro è quello di aumentare la dose degli spinelli. Non è vero - come lei afferma - che, dal momento che c'è la supposizione di spaccio, si va automaticamente in carcere. Questo automatismo, il «quindi» che compare nella sua relazione, lei sa che è assolutamente improprio, perché non è così che stanno le cose.
Concludo dicendo che non credo che lei sia venuta qui per ricevere applausi e plausi, ma per avere indicazioni e obiezioni. Quindi, credo che sia nostro dovere farle presente le questioni che ci sembrano più oscure.
Ritengo che questa relazione sia più un libro dei sogni, che di cose concrete. Anch'io penso, come altri colleghi, che sia molto generica. Alcune parti della relazione sono assolutamente condivisibili, tuttavia mi aspettavo che essa presentasse tempi più certi, compresi quelli di attuazione. Pensavo che contenesse indicazioni circa le risorse e i passi concreti che il Governo intende compiere nei confronti di un argomento così importante.
Mi auguro veramente che lei torni a confrontarsi con noi. Del resto, questo è solo un primo approccio, che trovo piuttosto veloce e farraginoso e che non risolve di certo i problemi esistenti.

GIANNI MANCUSO. Questa relazione, che ho avuto modo di leggere approfonditamente, è in sostanza divisa in due parti: nella prima parte, viene svolta una sorta di analisi e viene descritto un metodo di lavoro, che in linea di massima non condivido; nella seconda parte, troviamo le dieci azioni che si intendono


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attuare, su cinque o sei delle quali si può anche convenire che sia opportuno intervenire.
Spiace dover constatare che, proprio quando si parla degli attori, ossia degli operatori e dei tecnici sanitari, non vengano citati i veterinari, che hanno avuto e avranno un ruolo molto importante, soprattutto nel campo della prevenzione. Peraltro, nel nostro paese - lo ricordo al ministro Turco, ma credo che in seguito avrà modo di approfondire la questione - esiste un dipartimento presso il Ministero della salute con le direzioni nazionali, che poi si articola in servizi regionali e servizi presso le ASL. Inoltre, esistono dieci istituti zooprofilattici sperimentali e i servizi periferici - quelli contraddistinti dalla sigla PIF e UVAC -, che individuano un centinaio di colleghi che si occupano sostanzialmente delle attività presso i posti di confine (per non parlare, poi, delle facoltà di medicina veterinaria).
Abbiamo un sistema - unico in Europa - che si basa su circa seimila veterinari pubblici, che è molto al di sopra della media dei servizi erogati sul fronte della prevenzione. Mi riferisco, in particolare, all'alimentazione, alle filiere produttive di tanti alimenti di origine animale, come il latte, il miele, la carne, il pesce e quant'altro. Tale sistema è entrato in gioco pesantemente quando ci sono state le emergenze nell'ultimo quinquennio, come, ad esempio, la BSE e l'influenza aviaria, che hanno avuto il peso a tutti noto anche sulle produzioni, con i conseguenti danni.
Nella relazione del ministro, precisamente nella prima parte, viene fuori anche la sua cultura. Devo dire che la sinistra parolaia impera, perché abbiamo tutta una serie di parole d'ordine, abbiamo sempre i tavoli, le consulte e le commissioni. La sua relazione è così zeppa di consulte e commissioni, che chissà quanto tempo perderà ad istituirle! Quindi, non so se poi veramente riusciranno ad essere un sistema.
Non credo che tutto questo fumo possa essere molto utile. Comunque, prendo atto che il ministro vuole approcciare le questioni in maniera tipicamente comunista.
Per quanto riguarda la «cattiva politica», vi confesso che la condivido anche io. Probabilmente per ordine di scuderia, nella passata legislatura avevo votato quell'emendamento che consentiva ai parlamentari di assumere la carica di direttore generale. Francamente, con il senno di poi, convengo che questa non sia stata un'azione di buona politica; quindi, devo fare pubblica ammenda di un comportamento, che autocensuro.
Per quanto riguarda le risorse del sistema, c'è una sorta di autocelebrazione. Intanto, vedremo se riuscirete a mettere in campo il 6,6 per cento del PIL. Ad ogni modo, non è vero che voi avete la visione delle risorse, perché parlate del triennio (circa la certezza delle risorse) mentre il Governo precedente aveva messo in campo un meccanismo che ha dato tale certezza per i cinque anni. In pratica, tutti sapevano quale sarebbe stata, a partire dalla prima finanziaria e per le quattro successive, la quantità di risorse messe in campo. Ancorché discutibile, perché forse la percentuale non era quella che noi tutti avremmo voluto, però certamente c'è stato questo atteggiamento.
Scorrendo la relazione, inoltre, si parla degli specializzandi, uno degli strumenti con cui il Sistema sanitario nazionale manda avanti interi reparti e, quindi, eroga prestazioni fondamentali. Direi che il precedente Governo finalmente, dopo anni e anni di parole, ha provveduto a migliorare il loro trattamento economico. Certo, ci sono altre questioni da sistemare, come ad esempio il fatto che questi lavoratori hanno diritto alle ferie, alla maternità, alle malattie. Come sempre, anche in questo caso, fate un po' di demagogia, ma poi vedremo se riuscirete ad attivare gli strumenti.
Non poteva mancare il cenno ai sindacati confederali, che alla fine sono - occupandomi da qualche anno di sanità, prima alla regione e oggi al Parlamento - i veri padroni della sanità. È chiaro che voi avete meno difficoltà del centrodestra a dialogare con questi signori, per cui vedremo se riuscirete a togliere un po' di quel gesso che ruota attorno alla sanità,


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grazie proprio a quest'attività che infiltra, fino all'ultimo ganglio, qualunque presidio sanitario.
Le cose da dire sarebbero tante, ma non voglio approfittare del tempo concessomi. Questo elogio del cittadino è davvero incredibile. In queste due paginette (pagine 17 e 18) mancava solo che si dicesse che il cittadino può fare l'autodiagnosi, o partecipare insieme al medico alla diagnosi, e si sarebbe detto veramente tutto! Qui vi siete davvero superati, come si suol dire!
Sulla ricerca, certo, avete preso atto dei problemi esistenti. Viene presentata un'elencazione delle cause, come la frammentazione e la forte insufficienza delle disponibilità, però, dopo la definizione del problema, non dite quale sarà la panacea del centrosinistra per risolvere il problema della sfida sulla ricerca.
Sulla politica farmaceutica si può fare ancora qualcosa, però credo che negli anni appena passati si sia intervenuti sia a livello di produzione di farmaci, sia a livello di distribuzione. Chiaramente, questo era uno degli obiettivi che era dato anche ai direttori generali delle aziende, per cui anche qui si può pensare di limare un po', però veramente vedo pochi spazi.
Sui tempi di attesa si potrebbero scrivere libri. Ovviamente ci sono responsabilità nazionali, regionali ed anche locali. Ognuno si assuma le proprie. Per risolvere questa vicenda bisogna operare una rivoluzione copernicana, ma proprio per la presenza dei sindacati dubito fortemente che ci si possa riuscire. Bisognerebbe davvero mettere in campo i servizi come la diagnostica, la specialistica, insomma tutti i vari servizi dei vari nosocomi e delle strutture sanitarie, che dovrebbero lavorare mattina e pomeriggio, per dare piena attuazione a quella riforma Bindi, che poi è stata la grande incompiuta e che ha avuto tanti problemi, anche di comprensione, da parte del cittadino-utente.
All'oncologia - ben venga - è stata dedicata qualche pagina. Convengo anch'io che debbano esserle rivolte ulteriori attenzioni, però credo che per farlo siano necessarie le risorse. Vivo nel Piemonte orientale, dunque risentiamo della concorrenza della sanità lombarda, che è la più efficace ed efficiente d'Italia. Tuttavia, se l'assessore regionale Valpreda - che bene conosciamo con il ministro Turco - non dà la possibilità alle ASL del novarese di mettere in campo degli investimenti sulla diagnostica, o ad esempio sulla filiera, che dalle nostre parti non esiste, della senologia, la situazione non cambierà. È una questione della quale bisognerebbe discutere a lungo, e spero che non manchino le occasioni per farlo. A causa di tale concorrenza, come dicevo, molti piemontesi vanno in Lombardia a farsi curare, creando problemi di mobilità passiva, ancorché provengano da una regione dove c'è un buon livello di sanità.
Per quanto riguarda la «casa della salute», leggiamo definizioni roboanti. Troviamo come sempre tavoli, consulte, gruppi di lavoro, che non si capisce bene a chi servano e come potranno funzionare. Quello dei medici di famiglia è un ruolo da rivedere completamente, perché è evidente che, così come sono stati utilizzati fino ad oggi, non risolvono molti dei problemi di sistema, per cui c'è ancora un sovraccarico degli ospedali, dei pronto soccorso e dei DEA, oltre che una sottoutilizzazione dei medici stessi. Da questo punto di vista, c'è ancora molto da fare. L'obiettivo di raggiungere sette giorni su sette, con almeno dodici ore al giorno di accertamenti diagnostico-strumentali, è una bella cosa, piacerebbe a tutti, però credo che, ad oggi, si possa pensare di farlo solo nelle strutture delle sedi di DEA, mentre nelle altre è molto difficile. E, oltretutto, bisogna sempre considerare l'ostacolo sindacale.
Avviandomi alla conclusione, devo dire che, delle dieci azioni, almeno su cinque o sei si può convenire. Mi riferisco, ad esempio, al fatto di promuovere sempre più il parto fisiologico e di ridurre il ricorso al parto cesareo, così come di dare alle donne la possibilità di accedere all'anestesia epidurale, che dovrebbe essere uno strumento di più facile fruizione, mentre oggi nel nostro paese non è così. Lo sviluppo della terapia del dolore dovrebbe essere condotto partendo anche da


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quegli ospedali dove essa è già una realtà. Di ospedali senza dolore nel nord ce ne sono tanti, quindi esistono belle esperienze che sono indubbiamente esportabili.
Per quanto riguarda la presa in carico della salute mentale, dopo la soppressione dei manicomi con la legge Basaglia, si è parlato tanto, soprattutto da sinistra, però le famiglie sono sole, sostanzialmente. Quando hanno il disabile psichiatrico e mentale in casa, le famiglie sono veramente in gravi difficoltà e Stato e regioni devono fare ancora molto.
Ben venga quello che il ministro ha detto sulle malattie rare; lo condivido. È necessaria, senz'altro, l'istituzione di un fondo nazionale e anche la disponibilità di farmaci, il più possibile gratuiti o perlomeno a prezzi accettabili.
Sulle disabilità, credo che non ci dobbiamo dilungare; vorrei sapere chi è contro fra i presenti...

PRESIDENTE. Onorevole Mancuso, la invito a concludere: sono passati già dodici minuti.

GIANNI MANCUSO. Ho finito.
Concludendo, dico che il Servizio sanitario nazionale va difeso. Non è più l'epoca del tutto a tutti, e questo si è capito da tempo, però nel programma dell'Unione questo non traspare, perché si continua a fare tanta, troppa demagogia. Credo che dobbiamo essere tutti seri e dire ai cittadini assistiti quali sono i servizi che il sistema è in grado di erogare gratuitamente, e quali no.
In ultimo, spiace constatare che il ministro, alla sua prima uscita, si occupi dei cannabinoidi. Credo che non faccia bella figura lei e neanche la sua coalizione.

SALVATORE MAZZARACCHIO. Cercherò di sintetizzare in pochi minuti il mio intervento, perché non intendo addentrarmi nei meandri dell'organizzazione dei settori specifici della sanità, come invece ha fatto il ministro Turco. Ho ammirato la buona volontà del signor ministro nel risolvere questo problema gigantesco, tuttavia la sua relazione non poteva che essere «rutiniera». Infatti, addentrarsi nei meandri complessi dell'organizzazione - dall'organizzazione ospedaliera per gli acuti, all'organizzazione territoriale per le patologie minori, alla concertazione con le varie organizzazioni, e via discorrendo -, è materia di cui abbiamo parlato una vita.
La sua relazione fa parte della casa della salute. Ma oggi il problema riguarda, a mio avviso, la salute della casa.
Ministro Turco, inizia una nuova legislatura. A chi affidiamo questi 200 mila miliardi e la loro gestione? Davvero pensiamo di risolvere tutti i problemi che lei ha puntualmente elencato, aggiungendo qualcosa o togliendo qualche altra cosa? Alcune cose aggiunte sono valide, mentre altre lo sono meno. Come si può, ad esempio, pensare di risolvere il problema della sanità del Mezzogiorno, trasferendo, anziché gli ammalati dal Mezzogiorno al nord, gli operatori dal nord al sud, quando tutti sappiamo che noi siamo esportatori di professionalità al nord?
Allora, il problema è a chi affidare la gestione di questi 200 mila miliardi. Davvero pensiamo che la legislazione attuale sia adeguata nella scelta dei direttori generali, che poi finiscono per essere i veri titolari della gestione dei 200 mila miliardi? Da chi vengono scelti questi direttori generali? Dalle giunte regionali e, quindi, dai consiglieri regionali. In base a quali requisiti vengono scelti? Se pensiamo che può fare il direttore generale un tizio che è stato capo del personale in un'azienda, che non ha mai visto in vita sua una delibera, né ha mai parlato di un trattato di diritto amministrativo o pubblico, che non sa nulla di nulla, allora possiamo ritenere che sia in grado di farlo anche un consigliere regionale che si occupa oggi, dalla sera alla mattina, di sanità, o un parlamentare che si occupa dell'organizzazione della sanità.
I provvedimenti assunti vanno rivisti, signor ministro. In seguito, potremo continuare a sviluppare questo problema che, a mio avviso, è quello fondamentale. Tutto il resto è conseguenza. Possiamo allungare la relazione del ministro Turco, ma non risolviamo il problema. Questo, a mio avviso, è il


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nuovo tema che possiamo riprendere con calma. Non so se il ministro Turco lo condivida, ma penso di sì, perché ha esperienza nel campo. L'ho lasciata quando era ministro che si occupava degli affari sociali, adesso è in quota rosa - anche come look, vestendo oggi di rosa pallido -, quindi a conforto delle scelte del nostro Presidente del Consiglio. Dunque, proporrei di approfondire sotto questa nuova luce il tema della sanità.

PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente il ministro Turco, che deve recarsi in Aula per rispondere ad interrogazioni a risposta immediata, e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 15,45.