COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta antimeridiana di mercoledì 5 luglio 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MIMMO LUCÀ

La seduta comincia alle 9,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Seguito dell'audizione del ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, il seguito dell'audizione del ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
Ricordo che nella seduta di ieri il ministro ha svolto la relazione e sono intervenuti alcuni colleghi.
Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor presidente, signor ministro, raccogliendo l'invito che è stato rivolto, cercherò di essere conciso e di riservare la discussione di ulteriori argomenti ad altri colleghi di Forza Italia.
Signor ministro, lei ha svolto una relazione particolareggiata. Credo che si sia reso conto, con la sua sensibilità, che il terreno in questione è abbastanza accidentato, in quanto esiste il rischio di un overlapping, di una sovrapposizione, o addirittura di una collisione, con un altro Ministero, quello della salute. Data la sua esperienza, infatti, lei saprà sicuramente meglio di me che il settore sociale e quello sanitario spesso si integrano, si connettono strettamente.
Lei non ha bisogno di suggerimenti da parte mia, ma credo che il suo Ministero debba tenersi strettamente in contatto con quello della salute, per evitare di intraprendere iniziative che potrebbero essere anche contraddittorie.
Posta questa breve premessa, vorrei affrontare rapidamente alcuni problemi.
Non solo per mia esperienza personale, ma anche per quanto ci dice la storia del nostro paese, sappiamo che il volontariato in Italia costituisce una gemma incredibile. Bisogna stare attenti, però, a non snaturarlo.
Signor ministro, personalmente, sono rimasto alquanto perplesso da un aspetto della questione. Vorrei, infatti, che nella sua replica lei ci fornisse precisazioni riguardo al fatto di prevedere, da parte dello Stato, qualche intervento, sia pure indiretto, di tipo remunerativo, e non soltanto di tipo economico.
Il volontariato è una garanzia e una gemma che si basa sulla gratuità, sulla spontaneità, sulla libera adesione. Queste sono caratteristiche fondamentali che non possono essere snaturate, in quanto costituiscono la spinta e il motore fondamentale per questi nostri concittadini, che vanno ammirati e sostenuti.
Diverso è, invece, il concetto di un volontariato già efficientissimo in tutti i campi, specialmente nel sociale e nel sanitario, che possa essere organizzato e guidato in modo migliore e maggiormente


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sostenuto, affinché possa continuare nella sua opera. Un'opera che non è di sostituzione dello Stato, ma di integrazione di quei servizi che possono essere assolutamente affidati a cittadini che - lo ripeto -, spontaneamente, con grande dedizione e ammirazione, danno il loro contributo alle persone sofferenti, da qualsiasi punto di vista.
Il mio secondo pensiero riguarda il problema della non autosufficienza, a me particolarmente caro. La collega Zanotti, che saluto molto cordialmente, è testimone del fatto che, nella scorsa legislatura, abbiamo svolto un lavoro molto lungo e particolareggiato in merito. Avevamo, infatti, presentato due progetti di legge, uno dei quali, dell'allora maggioranza, aveva come primo firmatario chi vi parla.
Ebbene, si tratta di un problema non più eludibile e di grande rilevanza. Del resto, sono molto numerose le famiglie che in Italia hanno al loro interno persone non autosufficienti, sia per età che per disabilità. Nè farei distinzione in rapporto a patologie, oppure a disabilità che possono intervenire a qualsiasi età. La maggioranza di queste famiglie sono veramente impossibilitate a seguire tali persone in maniera corretta, in quanto la spesa mensile - come lei ha accennato - è notevole. Pertanto, da questo punto di vista, vanno sostenute.
Proprio in questi giorni, abbiamo presentato un progetto di legge che riparte dal testo unificato che avevamo elaborato in questa Commissione. Ribadisco che quel che ci divideva da questo punto di vista, almeno per quanto riguarda Forza Italia, era il finanziamento del fondo in esso previsto.
Nella precedente legge finanziaria, su mia proposta, avevamo presentato un emendamento (poi approvato), volto a sostenere le famiglie con la deducibilità di una parte della spesa per le badanti: si trattava di un primo intervento di 1860 euro, se ben ricordo.
La invito, quindi, a proseguire in questa direzione nella prossima legge finanziaria (se non fosse possibile intervenire prima in tal senso), prevedendo un fondo di solidarietà nazionale per i non autosufficienti, al fine di incrementare questa possibilità e venire incontro alle famiglie che devono far fronte al grave problema degli anziani o dei giovani disabili che hanno bisogno di tutto. Queste persone hanno bisogno di essere circondate non solo dall'affetto e dall'amore, ma anche da servizi alternativi ed integrativi rispetto a quelli che vengono previsti nei LEA.
Il nostro progetto prevede anche una differenziazione tra le grandi città, considerando anche che il problema assume caratteri diversi nei piccoli paesi. Personalmente, sono nato in un piccolo paese, dove esiste la solidarietà spontanea dei vicini. Invece, nella grande civiltà si incontrano una dispersione e un egoismo, forse non voluto, per cui bisogna prevedere livelli organizzativi differenti.
Nel nostro progetto, parliamo di una antenna di quartiere, ossia di punti di riferimento addirittura condominiali, in modo che si possa avere un intervento immediato e rapido, in rapporto a necessità che non debbono essere eludibili o rinviate.
Per quanto riguarda l'infanzia e i bambini - ne parlerà in seguito qualche altro componente del mio gruppo - vorrei dire solo che, da un lato, parliamo, noi e voi, della difesa dei bambini e dell'infanzia da aggressioni di vario tipo e, dall'altro, assistiamo ancora a trasmissioni televisive, ad articoli su riviste e a fenomeni gravissimi, come quello della pedofilia, che vanno guardati da un punto di vista locale e soggettivo, ma anche da un punto di vista istituzionale, con l'istituzione di un garante, di cui parlerà la mia collega.
Quanto agli asili nido, signor ministro, voglio dirle che noi abbiamo fatto già molto nel precedente Governo, prevedendo anche la possibilità di istituire asili nido addirittura condominiali, con il sostegno da parte degli enti locali, proprio per venire incontro alle lavoratrici che hanno difficoltà. Questo, infatti, è uno dei motivi per cui, secondo noi, i giovani si sposano tardi e rimandano la possibilità di avere un bambino. Chi ha bisogno di lavorare e non sa dove lasciare il proprio bambino


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incontra serie difficoltà. Tra l'altro, i costi degli asili nido - non così eccessivi, come ho sentito dire ieri in quest'aula -, incidono fortemente sulle famiglie che hanno una bassa remunerazione mensile.
Venendo agli immigrati, voglio solo dire che non abbiamo alcun atteggiamento preventivo nei loro confronti. Ben vengano! Accogliamo a braccia aperte coloro che desiderano lavorare nel nostro paese, in base ad una previsione ben precisa delle aree in cui c'è necessità di quel determinato lavoro. Non siamo, però, disponibili ad aprire le porte a chiunque voglia venire in Italia, ossia a quelle persone che vengono qui appositamente per delinquere e per commettere reati, forse anche indipendentemente dalla loro volontà, organizzandosi a tale scopo. Quindi, sì all'accoglienza! Ma che sia mirata, che tenga presenti le necessità del nostro paese.
Infine, intervengo telegraficamente sulla droga. Lei ha avuto il buonsenso di non riproporre in questa sede una sua (spero!) battuta su quelle camere del buco, a cui non voglio neanche accennare, e ha avuto anche il buonsenso di dire che nessuno ha la bacchetta magica per risolvere questo problema. Tuttavia, si tratta di una questione che ci preoccupa tutti.
Sappiamo benissimo che il 5 per cento della popolazione mondiale è soggetto a questo terribile dramma. Personalmente, sono un medico che è stato a contatto con questi pazienti, sia in ospedale, sia nelle comunità terapeutiche. Di conseguenza, ho conosciuto - come molti colleghi qui presenti - il dramma delle famiglie e di questi giovani, ho visto morire giovani di overdose ed ho visto gli amici di questi giovani che morivano sottovalutare il problema. Credo che, anche non avendo a disposizione alcuna bacchetta magica, dobbiamo basarci sull'evenienza attuale.
Sappiamo tutti cosa è successo e cosa succede nei paesi in cui vi è la liberalizzazione delle droghe: il problema non è stato risolto, ma è sempre più dilagante. Quindi, il cosiddetto progetto di legge Fini-Giovanardi mi sembra che lo critichiate troppo rapidamente. Non è vero che vogliamo mandare in galera coloro che consumano droga. Intanto, secondo quanto mi risulta ufficialmente, nel primo mese di applicazione del provvedimento, le denunce all'autorità giudiziaria sono diminuite del 10 per cento. In secondo luogo, basiamo questa legge prevalentemente sulla prevenzione.
È chiaro che sul narcotraffico non c'è discussione e che bisogna essere severissimi, anche più di prima. Tuttavia, il recupero dei giovani non può passare attraverso una cultura di pensiero secondo cui questi ultimi possono anche drogarsi e non esiste differenza tra droga e droga. Come lei sa, infatti, si inizia dalle cosiddette droghe leggere e si arriva, poi, a quelle pesanti. Il fatto che si intraprenda questo percorso, che arriva all'eroina, è stato dimostrato. Certo, non tutti coloro che fumano lo spinello giungono a fare uso di eroina; ma tutti quelli che sono arrivati all'uso di eroina sono passati dallo spinello. Quindi, bisogna evitare di ideologizzare il problema.
Crediamo fortemente nella legge che abbiamo varato nella passata legislatura e riteniamo che sia necessario effettuare un monitoraggio. In ogni caso, dal momento che per due anni ci siamo confrontati con voi dell'opposizione, vi invitiamo a venire in Parlamento prima di assumere delle decisioni, anche dal punto di vista amministrativo, come ha annunciato in questa sede il ministro Turco.

SALVATORE MAZZARACCHIO. Signor ministro, non analizzerò i singoli punti della sua relazione, che ritengo certamente soddisfacente. Tuttavia, non posso non evidenziare il problema politico.
Il Governo ha adottato il cosiddetto «spacchettamento», che ha colpito in maniera particolare proprio il Ministero del welfare e quello della solidarietà sociale. Questa è la nostra grande e vera preoccupazione.
Ascoltando la sua relazione, mi sono consolato, in quanto mi è sembrato che lei abbia avuto modo di ricomporre ciò che è stato scomposto. Il fatto che la sua relazione affronti i problemi dei diversamente abili, dei giovani, della casa, del primo


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salario e della famiglia, infatti, dovrebbe significare che lei intende ricomporre quello che il Governo ha scomposto attraverso lo «spacchettamento». Ciò, se possibile, ci consola, in quanto torniamo ad unificare un problema molto serio, quale quello delle politiche sociali. Magari, lei avrà la forza di fare tutto questo.
In seguito, potremo davvero esaminare nel merito i singoli punti. Farlo oggi, a mio avviso, sarebbe poco produttivo, anche se rappresenterebbe pur sempre un fatto positivo.
Se partiamo dalla vecchia legge-quadro (legge n. 328 del 2000), ci accorgiamo che le idee contenute in quella normativa erano chiarissime, in quanto venivano stabiliti con esattezza i compiti dello Stato, delle regioni, dei comuni e del terzo settore. Il quadro, quindi, era chiarissimo: lo Stato aveva il compito di indirizzo, la regione quello della programmazione e del coordinamento, i comuni avevano la titolarità della spesa e il terzo settore, certamente, aveva una funzione importante. Esso, infatti, poteva addirittura partecipare alla gara per i servizi e via dicendo. Ricordo, inoltre, che il terzo settore andava dal mondo sindacale al volontariato.
È evidente che non si sia proceduto alla elaborazione dei LEA, in quanto era inutile farlo in assenza delle risorse: avrebbe significato scrivere cose inutili sulla carta. Di conseguenza, per realizzare i LEA, bisognava assicurarsi i fondi necessari. Mi pare che le risorse dello Stato vadano addirittura diminuendo: a quelle, certamente, si potevano aggiungere le risorse regionali (poiché il fondo sarebbe diventato unico) e, per i comuni che ne avevano la possibilità, anche le risorse comunali. In questo modo, si sarebbe costituito un fondo unico, che avrebbe potuto fronteggiare alcune situazioni, comportando anche un minor spreco delle risorse. Infatti, con la previsione degli ambiti territoriali ed i piani di zona, vi era la possibilità di attuare una politica più organica.
Pertanto, se torniamo a viaggiare su questa strada, credo che sia possibile svolgere un certo tipo di discorso; invece, se permane il modello dello «spacchettamento», e quindi la divisione delle politiche sociali, è chiaro che con lei potremo trattare solo alcuni argomenti, mentre gli altri andranno affrontati con i ministri competenti. Aspettiamo, dunque, di avere le idee più chiare, perché a questo punto non lo sono affatto.

LUCIO BARANI. Signor ministro, innanzitutto la devo ringraziare, personalmente, perché nella sua relazione ha parlato da ministro della Repubblica e non dell'Ulivo. Diversamente da altri ministri intervenuti in Commissione, non ha presentato il suo programma o quello dell'Ulivo, ma quello della nazione.
Con una certa soddisfazione ho notato che, come primo atto, ha reintegrato un fondo per le regioni, da dedicare alla solidarietà sociale.
Sono convinto che lei sarebbe stato un buon ministro prima del 2001. Con la modifica del Titolo V della Costituzione, le posso garantire -, dal momento che sono il presidente della Conferenza dei sindaci sulla sanità da 16 anni - che noi abbiamo un potere decisionale di gran lunga superiore al suo.
Le regioni riceveranno questo fondo che andrà a finire nei loro capitoli di bilancio, ma non è detto che lo utilizzeranno per la solidarietà sociale.
Del resto, noi sappiamo quanto siano «spendaccione» le regioni. Sappiamo che aprono decine e decine di pseudo-ambasciate all'estero; conosciamo il numero delle consulenze che quotidianamente vengono affidate, anche in campo sociale; e sappiamo che va a buon fine solo una percentuale minima di queste consulenze, valutabile tra il 10 e il 20 per cento. Altri fondi vengono erogati solo per attuare dei programmi, degli studi.
Sappiamo anche che il reddito minimo integrato, che lei ha sottolineato, non è servito a nulla. Si tratta di soldi che noi abbiamo erogato (e ne abbiamo dati tanti in questi anni!), ma che non hanno modificato nulla. È questo che bisogna riuscire a capire.
Con il gettito di assistenzialismo in denaro dato alle famiglie in un momento


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di necessità, siamo riusciti a togliere la transitorietà? Siamo riusciti a portare queste famiglie alla stabilizzazione? Nella grande maggioranza dei casi non ci siamo riusciti. Le famiglie continuano ad avere bisogno del reddito minimo integrato, di una corresponsione di parte dell'affitto. Credo, allora, che bisognerebbe incidere strutturalmente su questa problematica. Dobbiamo costruire case residenziali, non più popolari, per ridare dignità a tutte le famiglie. La casa per la quale è fissato un affitto minimo deve essere la loro casa; né si dovrebbe prevedere un'integrazione dell'affitto che, di fatto, va all'affittuario.
Inoltre, vorrei affrontare il tema del reddito minimo, compreso quello che dovrebbe percepire il lavoratore che, allo stato attuale, se ha una famiglia monoreddito, paga l'affitto e ha due figli che studiano, è a considerarsi un povero.
Bisogna riportare tale questione alla solidarietà che sta nel patrimonio genetico di tutti gli italiani: mi riferisco alla solidarietà contadina o di mare, attraverso la quale si cerca, all'interno delle comunità, anche con il terzo settore, di crescere.
Poiché, nel corso del suo intervento, lei ha citato un esempio, vorrei farlo anche io. Una volta, quando ad un contadino nasceva l'undicesimo figlio, egli non toglieva qualcosa agli altri dieci per dargli da mangiare, o per vestirlo, ma cercava di alzarsi un'ora prima al mattino e di coltivare un terreno in più. I figli - quelli che secondo taluni in questa sede sarebbero motivo di povertà - erano una ricchezza, perché non vi erano questioni previdenziali. Si facevano figli, quindi, proprio per garantirsi la vecchiaia. Questi facevano parte dell'economia della famiglia. È questo modello che bisognerebbe attuare, è ciò che bisognerebbe capire.
Degli asili nido si parla continuamente, ma questa Commissione e il Parlamento non sanno che tali strutture sono mantenute solo ed esclusivamente dai comuni. Né lo Stato né le regioni erogano un solo euro per gli asili nido.
La legge stabilisce che bisogna coprire il 36 per cento della spesa, trattandosi di un servizio a domanda individuale; quindi, la restante parte viene coperta dall'ICI, dalle tasse, dalle entrate dei comuni.
Il peccato originale in Italia, quindi, signor ministro, sono gli 8800 comuni. Ci sono un mucchio di comuni che hanno 800, 1000, 1200 abitanti, ossia una quantità di persone corrispondente a quella contenuta in un palazzo o in un condominio di Roma. È certo che questi non possono portare avanti nessun tipo di strategia nel campo della solidarietà.
Personalmente, sono tra quelli che non criminalizzano la cosiddetta legge Fini-Giovanardi, perché è stata approvata - credo - con spirito costruttivo.
Avendo vissuto i periodi dell'università di Pisa, in cui si consumavano abitualmente gli spinelli fra gli studenti (non ho mai avuto la fortuna di farne uso, perché essendo di famiglia povera non mi potevo permettere neppure le sigarette, e ricordo che anche lo stesso D'Alema, o Mussi, erano miei compagni di università, alla Normale), le posso garantire che molti di quelli che li utilizzavano sono dei professionisti o dei politici di grido. Allo stesso tempo, tuttavia, le posso anche garantire che gli studenti che avevano a disposizione gli spinelli, ne avevano uno o due al massimo, non cinquanta. Averne cinquanta, infatti, significava entrare in un circolo vizioso, in quanto per riuscire a comperarli, era necessario spacciarli, trasformandosi in piccoli spacciatori. È questo il problema!
A differenza di altri, non mi scandalizzo se qualcuno fuma uno spinello; mi scandalizzo quando gli si dà la possibilità di utilizzarne troppi, anche nell'ambito di quel circolo vizioso che porta, poi, allo spaccio.
È ovvio che quando lei parla di prevenzione, intende quella primaria, perché quella secondaria e terziaria significano il fallimento del suo Ministero. E, dunque, lasciamo questo aspetto al campo più prettamente sanitario.
Il peccato originale del suo Ministero deriva proprio dal 2001, quando esso è stato snaturato attraverso un trasferimento di competenze alle regioni. Queste


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ultime, riguardo a quanto stabilito da questa stessa Commissione o dal Parlamento, si impegnano, addirittura, a far ricorso alla Corte costituzionale.
Le riporto un solo esempio relativo all'ammenda sul fumo. Ebbene, la regione Toscana ha fatto ricorso alla Corte costituzionale, perché aveva ammesso un'ammenda diversa. In questo modo, quindi, perdiamo risorse ed economie.
Vi ricordo che le regioni in Italia, ahimè, sono venti. Parliamo di venti regioni completamente autonome dal punto di vista socio-sanitario.
Avrei tante altre cose da suggerirle, in base alla mia esperienza. Del resto, tratto questo argomento da ormai troppi anni e so che, parlandone, entriamo in una selva oscura. In questi ultimi anni, stiamo sperimentando le società della salute - non ho sentito ancora nessuno parlarne -, che sono una specie di SpA, tra comuni e ASL, per la gestione del sociale e del sanitario distrettuale.
Teniamo conto che, quando si è fatto riferimento agli anziani, ai non autosufficienti e ai maestri di sostegno, si è parlato di un settore ben preciso che dovrà essere gestito dai comuni, assieme a queste società, basandosi sulle economie a loro disposizione. Questi, quindi, dovranno cercare di autoalimentarsi, in base alle risorse che riusciranno a portare avanti.
Se, a livello periferico, vi sono strutture capillari che raggiungono zone in cui sono presenti tali SpA, come facciamo noi dal centro, quindi dal suo Ministero o da questa Commissione, a controllare il sistema? Come facciamo a portare quei nutrienti vitali, cercando di non farli deviare?
Ci ritroveremo ad avere a che fare con tante piccole autonomie in Italia. Infatti, ogni società della salute, o sperimentazioni similari, che verranno istituite in tutte le regioni, rappresenteranno uno Stato a sé dal punto di vista socio-sanitario, tali da dare luogo a situazioni completamente diverse tra zone anche contigue fra loro. Questo non ce lo possiamo più permettere!
Ritengo che ritornare ad un controllo dello Stato, non solo sulla filosofia sociosanitaria, ma anche sull'organizzazione, sugli aspetti di coordinamento, sia indispensabile. Altrimenti, vi saranno non solo tante regioni, ma all'interno di esse, anche tante autonomie una diversa dall'altra, che potrebbero portare ad una diversificazione non auspicata.
Credo di poter terminare dicendo che emblematica è stata la legge Basaglia che, pur sopprimendo i manicomi, non è riuscita ad eliminare le malattie mentali. Le posso garantire che nelle amministrazioni locali questo è un dramma quotidiano che affligge le famiglie e le collettività. Bisognerebbe porre rimedio a tale dramma. La situazione ormai è degenerata, e la mancanza di una soluzione porta a considerare sempre più negativamente tale problema.
In conclusione, signor ministro, le auguro buon lavoro. La sua è una filosofia condivisibile dal punto di vista teorico, ma non so come potrà realizzarla con le regioni. Se ci riuscirà, le farò i miei complimenti; se così non sarà, si ricordi che ho cercato di spiegarle che l'assistenzialismo non serve a nulla.
Non continuate a dare i soldi ai comuni che continueranno a spenderli in tutt'altro modo. Cercate, piuttosto, di risolvere strutturalmente il problema della solidarietà dei poveri, degli indigenti, degli anziani, dei diversamente abili e via dicendo.

MASSIMO GARAVAGLIA. Signor presidente, il ministro ha gentilmente glissato, nella sua relazione, sul tema delle cosiddette «stanze del buco». Purtroppo però, tale argomento è stato ampiamente ripreso da alcuni suoi colleghi. Bisognerà, quindi, tornarci sopra e capire quali sono le intenzioni del ministro in proposito.
Della droga si è parlato molto, quindi non mi dilungo su questo aspetto. Mi limito solo a svolgere una considerazione molto semplice. Si viene a proporre la liberalizzazione del consumo, che è la conseguenza, di fatto, dell'eliminazione di ogni tipo di sanzione.
Ieri una collega parlava di ipocrisia. Ma, a mio avviso, l'ipocrisia sta nel fatto che, se si liberalizza completamente il consumo, bisogna avere il coraggio di


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legalizzare anche la distribuzione della droga, altrimenti le due cose non vanno d'accordo. Rimane un'ipocrisia di fondo che va chiarita. Quindi, o avete il coraggio di arrivare a formulare una proposta di questo genere, oppure anche il consumo va trattato come si fa attualmente. Questo è il nostro intendimento sul tema. E, in ogni caso, ribadisco che questa è un'impostazione che non condividiamo completamente.
Venendo alla cosiddetta liberalizzazione del consumo delle droghe leggere, il ministro non ha accennato assolutamente alla problematica delle pasticche, che è devastante. Come considerate l'uso delle pasticche, ossia il vero dramma dei nostri giovani? Come consumo legale, quindi come droga leggera, oppure diversamente? Questo, a mio avviso, è un tema da affrontare in maniera molto seria prima di causare dei danni.
Per quanto riguarda l'immigrazione, condividiamo assolutamente il timore per la cosiddetta seconda generazione. Anche in questo caso, però, la nostra impostazione è di segno opposto. Dalle nostre parti si dice: «quando la va che l'è divers, è troppo tardi». Il ministro capisce cosa intendo dire. Forse sarebbe il caso di mettere un freno prima, in quanto occuparsi della seconda generazione, quando non si è mai posto un freno, diventa abbastanza complesso.
Oltretutto, relativamente al tema dell'immigrazione, nei cosiddetti piani di zona vengono messe in campo delle soluzioni alquanto discutibili. Noi siamo per un'integrazione vera degli immigrati, non forzata.
Attualmente, stanno prendendo piede dei progetti per cui si prevede addirittura l'istituzione di locali ad hoc per l'integrazione delle donne islamiche. Ecco, siamo veramente al paradosso! Se vogliamo dare luogo ad un processo di integrazione, gli immigrati devono utilizzare i locali che già esistono e che usiamo tutti; altrimenti, questa immigrazione a due vie ha qualcosa che non ci convince e che non quadra. Anche questo è un argomento che sta diventando importante, a proposito del quale sarebbe il caso che il ministro svolgesse delle verifiche.
Infine, vengo ai contributi di solidarietà sociale. Giustamente, si è detto che spesso siamo vittime di stereotipi. Per dare un contributo positivo, vi racconto la mia esperienza personale in materia. Sono sindaco dal 1999 e vi posso dire che, soprattutto nei primi anni, davanti alla porta del mio ufficio, il sabato, c'era una fila di persone che venivano a chiedere un contributo, un aiuto. Noi non l'abbiamo mai negato e, personalmente, ho ascoltato tutte le richieste che mi venivano rivolte. Tuttavia, non ho mai dato denaro, ma ho sempre offerto un lavoro. Ad esempio, abbiamo offerto la possibilità di pulire la piazza della città dalle 6 alle 8 della domenica mattina. Ebbene, non c'è stata una sola persona che abbia accettato questa proposta.
Pertanto, la questione di verificare chi siano le persone che hanno bisogno di un aiuto è veramente molto importante.
Avete parlato di stereotipi, un tema per il quale si sprecano una montagna di risorse, in quanto manca una verifica effettiva del bisogno. Il polso di tale situazione lo hanno i comuni. Addirittura, abbiamo avuto modo di verificare che spesso sono quelli che non avanzano richieste, coloro i quali hanno davvero bisogno. Bisogna allora ricorrere all'uso di sistemi di verifica e di controllo molto forti. Il ruolo dei comuni in questo campo è fondamentale.
Non sono d'accordo con il collega che mi ha preceduto e che ha invitato a non conferire più i fondi alle regioni. Anzi, a mio avviso, bisognerebbe trasferire le risorse direttamente ai comuni, piuttosto che creare sovrastrutture che non hanno il polso della realtà e che vanno a sprecare risorse.
Riporto un dato che può aiutarci a comprendere meglio la questione. Come comune, riceviamo il 2,5 per cento delle risorse; se solo potessimo arrivare al 7 per cento, potremmo eliminare l'ICI, la TARSU, oltre ad ulteriori tasse comunali, e ci avanzerebbero dei soldi, con i quali


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potremmo fare «l'ira di Dio» nel campo dei servizi sociali, proprio perché i comuni hanno la comprensione reale dei bisogni in loco. L'impostazione, dunque, deve essere assolutamente federalista e deve partire dai comuni. Pensare di risolvere il problema da qui è un'utopia.

ELISABETTA GARDINI. Buongiorno, signor ministro. Ho ascoltato con molta attenzione la relazione che ha svolto nella precedente seduta. Inoltre, avendo letto molte delle interviste da lei rilasciate nelle settimane precedenti, ho notato che in Commissione ha cercato di usare toni più morbidi e di essere meno pesante nelle sue affermazioni.
La parola, però, ha una sua forza. La parola è azione. Pertanto, avendo a che fare con una persona che, soprattutto nelle interviste, nelle dichiarazioni, nei convegni cui ha partecipato è stata sincera fino in fondo, sento di doverlo essere anch'io.
Ebbene, al di là del rispetto che porto per la carica che ricopre, quella di ministro della Repubblica, devo dire che provo veramente molto imbarazzo a parlare con lei, come con i colleghi che appartengono ad un partito che ancora ha nel suo simbolo la falce e il martello, che per me è simbolo di miseria, terrore e morte in tutto il mondo (Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo)... Ho uguale ribrezzo anche per la svastica...

LALLA TRUPIA. Meno male!

ELISABETTA GARDINI. Guardi, mio nonno era antifascista negli anni venti...

LALLA TRUPIA. Suo nonno non sa niente... Parliamo di cose serie!

ELISABETTA GARDINI. Io vengo da quel paese...

LALLA TRUPIA. Stia al tema!

MASSIMILIANO SMERIGLIO. Deve stare al tema, se non vuole essere interrotta!

ELISABETTA GARDINI. Sto al tema...

PRESIDENTE. Mi rivolgo ai colleghi: lasciamo che la collega Gardini svolga serenamente il suo intervento.

ELISABETTA GARDINI. La ringrazio, signor presidente, perché ogni volta che parlo vorrebbero aprire un campo di rieducazione solo per me.

PRESIDENTE. Cerchiamo di stare al tema. Prego, onorevole Gardini.

ELISABETTA GARDINI. Personalmente, vengo da quella terra che il Corriere della Sera l'altro ieri ha definito come il paese che non c'è. Sono padovana, quindi veneta e, in qualche modo, lombardo-veneta.
Sono preoccupata perché capisco, dal suo programma, dalla sua esposizione, dalla metodologia e dalle parole che utilizza, che questo Governo non si rende assolutamente conto che, andando avanti in questo modo, si arriva veramente a spaccare il paese. Non c'è niente nelle vostre parole che non sia filtrato dalla vostra ideologia.
Proprio per come sono organizzate le cose oggi in Italia - è stato ben descritto dai colleghi che mi hanno preceduta e che svolgono il ruolo di sindaco -, molti dei propositi che vi siete posti non riuscirete a realizzarli. Non ci riuscirete perché, allo stato attuale, ha molta più incisività e potere un comune rispetto al Governo nazionale e perché, all'interno della vostra stessa maggioranza, ci sono delle difficoltà.
Ciò che a me preme sottolineare è proprio il metodo che voi ci proponete, che è sempre autoreferenziale, assembleare. Il rapporto con il cittadino è sempre filtrato da questo associazionismo, che già ideologicamente appartiene alla vostra area culturale. Pertanto, la cittadinanza attiva o i tavoli di cui sentiamo parlare hanno già un taglio che non permette il confronto con la reale pluralità delle esperienze.
In occasione del convegno sui rifugiati, lei ha affermato che le associazioni, da


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quelle internazionali a quelle che operano sul territorio, devono far sentire la loro voce e disturbare il Governo. Quella dichiarazione, fatta da parte di un ministro, mi ha stupito, ma ha anche confermato quale sia la metodologia del vostro procedere. Se lasciamo che in Italia la realtà venga interpretata e spiegata dagli operatori, compiamo un'operazione simile a quella di farci spiegare l'Afghanistan da Gino Strada. È evidente che Gino Strada consideri i presidi chirurgici come priorità in un paese dove questi, per carità, saranno anche interessati e importanti; tuttavia, credo che quel paese abbia ben altre priorità.
Lei ha parlato di famiglia, ma quella a cui lei pensa è sicuramente diversa dalla famiglia a cui pensiamo noi. Se lei, come ha detto, afferma che la famiglia è uno dei punti di riferimento, anche se non deve essere riconosciuto a scapito dei diritti degli individui, qualche problema lo abbiamo, qualche disagio lo proviamo.
Del resto, in Italia, la famiglia è stato l'unico welfare che ha funzionato...

KATIA ZANOTTI. Grazie a voi! Negli ultimi cinque anni, non c'è alcun dubbio!

PRESIDENTE. Onorevole Zanotti, la prego!

ELISABETTA GARDINI. Sono la prima figlia di una famiglia monoreddito con cinque figli. Ricordo tutte le cose che diceva mio padre negli anni sessanta, settanta e ottanta, e non mi risulta che ci fosse la Casa delle libertà in quegli anni (Commenti del deputato Zanotti).

PRESIDENTE. Onorevole Zanotti, non facciamo un dialogo, per favore. Prego, onorevole Gardini.

ELISABETTA GARDINI. È ovvio che per noi la centralità della famiglia è importante. Allo stesso modo, è altrettanto ovvio che quando sentiamo parlare di droga abbiamo l'impressione che, anche su questo tema, ci sia un approccio assolutamente ideologico. La depenalizzazione della droga per noi adulti può non essere niente, ma crea una cultura.
Non capisco perché se mio figlio guida il motorino senza casco rischia il sequestro del motorino, se prende l'autobus senza biglietto prende la multa e, invece, dovrebbe essere libero di fumare uno spinello, secondo quanto voi affermate. Vi faccio notare che è difficile per le famiglie imporre dei divieti, dare una linea di educazione, se poi, nella società, queste vengono sconfessate.
Una collega ieri affermava che l'adolescenza è il momento della trasgressione. Per carità, siamo tutti d'accordo! Tuttavia, non è bello che gli insegnamenti che impartisco ai miei figli in casa vengano, poi, sconfessati.
La norma crea una cultura. Pertanto, soprattutto per i giovani che nascono in un contesto nuovo, tutto ciò che per legge è permesso, è accettabile, buono e giusto.
Per quanto riguarda la distinzione tra le varie droghe, abbiamo l'impressione di essere rimasti alla differenziazione degli anni settanta. Sappiamo tutti che le pasticche sono il vero dramma dei giovani di oggi e che è difficile stare dietro a tutte le nuove tipologie di pillole stupefacenti che spuntano fuori. Insomma, non è semplice muoversi in quest'ambito. Credo che tutti noi abbiamo visto quali siano gli effetti devastanti e irreversibili che l'utilizzo anche di una sola pillola può provocare in un giovane.
Ricordo un convegno sulla droga, in occasione del quale una tossicologa dell'università di Padova spiegava che è difficile operare una distinzione netta tra droghe leggere e droghe pesanti, per quanto le differenze esistano. Infatti, che si faccia uso di hashish, di marijuana, o di spinelli non so come si chiamino...

LALLA TRUPIA. Cocaina!

ELISABETTA GARDINI. Si tratta pur sempre di distruzione di neuroni. Che se ne distrugga una quantità maggiore o minore, parliamo comunque di un danno irreversibile. Allora, tante volte mi domando


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perché, anziché contrapporci con due visioni molto diverse - non metto in dubbio che anche io possa essere prevenuta per una mia formazione, un'educazione, una visione del modo che è opposta alla sua -, non diamo voce ad alcuni scienziati.
Ho l'impressione che siano stati messi da parte gli antropologi, gli psicologi, gli psicanalisti e i tossicologi, e che l'unica scienza che oggi impera sia la sociologia, che oramai si limita a fotografare l'esistente. Un'azione di questo tipo non è sufficiente e, tuttavia, mi sembra che sia proprio questo ciò che vi preparate ad attuare con il vostro programma di Governo.
Lo stesso dicasi per l'immigrazione. Voi, ministri con il cacciavite, come vi ha definito ieri il Riformista e come si augurava che foste il nostro Primo ministro Prodi, state smontando tutto ciò che ha fatto il precedente Governo, con una metodologia e un passo, forse lento, ma sicuro, con molte certezze e nessun dubbio. Noto che incontrate soltanto gli esponenti della consulta islamica, o l'associazione degli immigrati in Italia, per parlare della cittadinanza, ma credo che vi stiate dimenticando che il primo vostro interlocutore sono gli italiani.
Anche Magdi Allam, qualche settimana fa, ha sostenuto che la cittadinanza non può essere uno strumento di integrazione, ma deve essere la fine di un percorso: le esperienze degli altri paesi ci insegnano proprio questo. Dare la cittadinanza, come si intuisce che vogliate fare, è un modo per scardinare il tessuto sociale italiano, significa non agire per il bene comune degli italiani, è qualcosa che poco ha a che vedere con l'accoglienza e la solidarietà.
Come ho detto, vengo dal Veneto e vi dico che questa faccenda, nelle ultime settimane, ha creato una sorta di diffidenza e di distacco. Vi ripeto di fare attenzione, perché in questo modo spaccate il paese.
Il Veneto è la regione che ha il primato in tema di volontariato, di integrazione degli immigrati e, inoltre, vanta uno dei migliori sistemi sanitari a livello europeo. Perché non mettersi intorno ad un tavolo e vedere cosa di buono si è fatto nel Veneto, così come in Lombardia? Personalmente, credo che il modello lombardo-veneto sia molto più esportabile nel resto dell'Italia del modello tosco-emiliano, per non parlare di quello calabro-campano.
Perché questa furia ideologica di non dialogo, di dialogo esclusivo con questo associazionismo che appartiene già alla vostra area culturale e che porterà ad una irreversibile spaccatura del paese?
Badate che noi la guerra ve la faremo a trecentosessanta gradi, se continuate in questo modo: non vi faremo passare assolutamente, in quanto vi sono questioni che a nostro avviso non sono negoziabili e sulle quali non si può trattare.
La concertazione che avete sbandierato è evidente che non l'applicate. Lo dimostrano i tassisti che oggi sono in piazza, così come molti altri segnali. La concertazione per voi è possibile solo con chi la pensa come voi. Questo è pericoloso per un'Italia che oggi è veramente spaccata in due.
La questione del nord, la questione settentrionale, o del lombardo-veneto, come la chiamate adesso, è sul tavolo ed è molto spinosa.
Non so se ci troveremo effettivamente a lavorare sui temi che lei ieri ha illustrato, anche perché il sottosegretario Lucidi, rispetto all'immigrazione, dice che verrà attuato un programma, nella logica della discontinuità, ma anche molto blindato. Ebbene, se sarà così, se procederete per decreti-legge e per leggi blindate, credo che troveremo anche noi delle forme per metterci di traverso sulla vostra strada.

KATIA ZANOTTI. Signor presidente, vorrei ringraziare il ministro Ferrero per essere venuto in questa Commissione, con il tono e il profilo giusto, a presentarci le linee di indirizzo del suo Ministero, quello della solidarietà sociale.
Devo rispondere all'onorevole Gardini, dicendo che non ho intravisto nell'intervento del ministro - e lo stesso vale per altri colleghi dell'opposizione, i cui interventi sono stati di tenore ben diverso da quello dell'onorevole Gardini - nessuna


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furia ideologica. Al contrario, ho trovato l'esposizione del ministro permeata da una grande sobrietà, con l'intenzione, nell'impianto che egli ha presentato, di non ricominciare da zero, ma da tre, dopo cinque anni di Governo del centrodestra.
Questo arco di tempo, rispetto ad alcune questioni importanti per quanto riguarda le politiche sociali, ha significato davvero un'idea di abbandono, che considero devastante, così come lo sono stati i segnali politici. Non si è fatto nulla. La logica di azione si è basata sulla fornitura di un po' di assistenzialismo e su un disinvestimento sulle politiche e sulle risorse.
Ho apprezzato molto, ministro, che lei abbia detto che la vostra idea non è quella di un welfare statalista, che non è questo ciò a cui si punta, ma che l'obiettivo è quello di attuare interventi diversificati nelle forme di gestione, persino nelle modalità, nelle fattispecie e nelle diversificazioni dei servizi che si intende proporre, con un ruolo del pubblico molto forte nella programmazione e nel controllo e, invece, un rapporto sulla gestione anche con altri soggetti. Questo è un impianto che ci è molto caro da tempo e che ha caratterizzato le nostre politiche, soprattutto nei precedenti anni di Governo del centrosinistra. Le realtà locali sono molto segnate da questo tipo di impianto. Immagino che lo sia anche il lombardo-veneto, oltre che l'Emilia-Romagna e la Toscana, ma non solo.
Apprezzo molto il riferimento alla valorizzazione degli elementi di tessitura sociale. Credo che questa non sia un'affermazione di principio, ma, piuttosto, una sottolineatura politica e un impegno istituzionale che considero molto importante. A mio avviso, infatti, ciò vuol dire riconoscere la ricchezza dei territori, quella che costruisce il radicamento, il riconoscimento reciproco e, infine, una comunità.
Pertanto, onorevole Gardini, penso che lei sbagli a parlare di furia ideologica e ad accusarci di fare riferimento solo al nostro associazionismo. Queste affermazioni non sono assolutamente fondate. Glielo potrei dimostrare anche con interventi concreti, prendendo le mappe delle regioni in questione, comprese quelle da lei così disprezzate governate dal centrosinistra.
La tessitura sociale è una ricchezza e, come tale, va riconosciuta, valorizzata e persino sostenuta finanziariamente. È in questo senso che leggo il tema del volontariato. Un tema che, nei cinque anni di Governo del centrodestra, è stato spesso trattato come una realtà che veniva a sostituire il disinvestimento sul pubblico e sulla rete dei servizi pubblici. Si intendeva il volontariato come elemento di sostituzione rispetto a ciò che il pubblico non è più in grado di garantire.
Non è così che devono andare le cose. A nostro avviso, il pubblico è il punto centrale di programmazione delle politiche, mentre il volontariato può concorrere in questo grande mix di grandi risorse che hanno i nostri territori. Questa è la nostra idea...

ELISABETTA GARDINI. Proprio come facciamo in Veneto!

KATIA ZANOTTI. Non solo in Veneto, onorevole Gardini. Non confrontiamoci sui modelli regionali, perché sono convinta che potremmo stracciarla da questo punto di vista (peraltro sono originaria dell'Emilia-Romagna). Non vorrei mettermi su questo piano. Dico solo che è questo mix di risorse a rappresentare il punto forte dell'affermazione di una realtà, che diventa una realtà di riconoscimento e di sostegno forte e reciproco.
Voi su questo avete disinvestito molto. Penso, ad esempio, all'abbandono della legge n. 328 del 2000 che è stata un punto di grande innovazione culturale. Infatti, la risposta al bisogno era formulata in termini di diritto esigibile da parte dei cittadini, e non più di discrezionalità delle pubbliche amministrazioni.
Ebbene, il centrodestra, nelle necessarie politiche di adozione dei decreti applicativi, ha abbandonato anche questa grande innovazione culturale, naturalmente, pensando bene che la logica fosse quella della pacca assistenziale sulle spalle al momento di dare una risposta.


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Un'altra questione, ministro, sulla quale sono assolutamente d'accordo è l'importanza della definizione dei livelli essenziali di assistenza sociale. Sappiamo che esistono diverse realtà di debolezza e di fragilità nella nostra società che hanno bisogno di garanzie in questo senso. Sappiamo, altresì, che sono necessarie le risorse per garantire i livelli essenziali di assistenza. Infatti, definire tali livelli e non avere risorse per garantirli è una scommessa che porta alla sicura sconfitta.
A tale riguardo, vorrei dire che il tema delle risorse, relativamente alle politiche sociali, è sempre stato dirimente. Tali politiche, infatti, rispetto a quelle sanitarie, sono apparse spesso come la Cenerentola che era sempre in secondo piano. Esse non hanno mai rappresentato una delle molle che definivano lo sviluppo della realtà nazionale (insieme all'economia c'era l'intervento sul sociale, ma non sempre a ciò ha corrisposto anche un adeguato intervento in termini di attribuzione di risorse). Ebbene, personalmente credo che la fiscalità generale sia una delle leve fondamentali per garantire le reti di tutela sociale e dei servizi.
I colleghi che hanno precedentemente partecipato ai lavori di questa Commissione sanno quanto ci siamo spesi su questo tema, in particolare sulla questione della risposta ai bisogni delle persone non autosufficienti; sanno quanto abbiamo ragionato; e sanno che siamo persino arrivati a formulare una proposta di legge che istituisce un fondo attraverso il ricorso alla fiscalità generale. Gli onorevoli Di Virgilio e Palumbo sanno che proponemmo in Assemblea una piccola addizionale IRPEF, che poteva garantire un formidabile investimento in termini di risorse proprio sulla non autosufficienza.
Signor ministro, non è ancora chiaro come sia distribuito, in termini di delega, il tema della non autosufficienza. Comunque, ritengo inevitabile e necessaria una collaborazione tra il ministro delle politiche sociali, quello della famiglia, quello della sanità e via dicendo.
Vorrei che, da questo punto di vista, si creasse una relazione molto forte tra Parlamento e Governo, per portare avanti e riprendere in mano quella che noi abbiamo considerato una delle risposte molto urgenti e molto attese nel paese, proprio sul tema della non autosufficienza.
Rispetto al tema dell'immigrazione, non mi dilungherò, in quanto sono d'accordo con i colleghi dell'Ulivo che sono già intervenuti.
In merito a tale questione, onorevole Gardini, lei affermato che il diritto di cittadinanza dello straniero viene concesso al termine di un percorso, ma che bisogna considerare anche il diritto degli italiani. Ebbene, lei ha mai pensato che siamo noi italiani a far fronte ai buchi del welfare, che si sono evidenziati soprattutto negli ultimi cinque anni, grazie al ricorso alle badanti? Ha mai pensato che queste sono donne che abbandonano i loro figli e che, venendo da situazioni di povertà, giungono da noi per coprire i buchi del nostro welfare? Noi cosa facciamo per loro? Noi, bravi italiani, le manteniamo in una situazione di questo tipo?
Lei potrà anche sorridere, ma sa benissimo che ci sono tanti italiani che consentono e alimentano situazioni di illegalità: quelli che offrono un lavoro in nero, quelli che affittano le case in nero, quelli che mantengono le badanti in nero. Dobbiamo intervenire o no su questo? Lei può essere d'accordo su questo, o no?

ELISABETTA GARDINI. No!

KATIA ZANOTTI. Lei non è d'accordo. La sua furia ideologica mi è molto chiara e credo...

ELISABETTA GARDINI. Ma ho detto che in Veneto siamo al primo posto per le integrazioni! Questo è intollerabile!

PRESIDENTE. Onorevole Gardini, onorevole Zanotti, possiamo evitare un dialogo di questo tipo in Commissione?

KATIA ZANOTTI. Citavo l'esempio delle badanti, per cercare un'interlocuzione che è stata respinta. Ne prendo atto.


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Sulla questione dell'immigrazione sono assolutamente d'accordo con lei, signor ministro. Condivido l'impianto dell'attenzione verso le giovani generazioni. Lei ha ragione a sottolineare l'esistenza del fenomeno drammatico dei bambini e degli adolescenti che arrivano nel paese e di cui si perdono completamente le tracce.
Sulla questione della tossicodipendenza, svolgo solo un'osservazione. Ho apprezzato il profilo del suo programma anche su questo tema. Con molta serietà e con molto rigore, lei sostiene che non esiste alcuna ricetta a cui attingere per risolvere, anche nel nostro paese, il problema.
Oltre a ciò, condivido anche la necessità della cancellazione della cosiddetta legge Fini-Giovanardi, in quanto quella normativa ha un impianto culturale inaccettabile, non solo nella sua traduzione in azioni politiche. L'impianto culturale su cui si basa, infatti, è all'insegna dell'autoritarismo, della punizione, della proibizione e del proibizionismo. È talmente punitivo, che non si distingue tra il giovane che in una serata può fumare hashish insieme ai suoi coetanei e lo spacciatore incallito. Voi non fate questa differenza.
Lei, onorevole Gardini, parla del fatto che esistono tante competenze in materia di tossicodipendenza. Voglio ricordarle che nella Commissione che ha creato le tabelle e definito la quantità che fa la differenza tra reato amministrativo e reato penale - abbiamo presentato un'interrogazione al riguardo - erano rappresentate le competenze più svariate: c'erano addirittura degli storici! Ma lasciamo perdere.
Ministro Ferrero, sono d'accordo sull'impianto che lei ha tracciato. La sequenza di punti da lei messa in campo - dalla prevenzione, alla cura, fino alla riduzione del danno - la condividiamo completamente, con quella serenità di ragionamento che impone la delicatezza di una materia che riguarda le giovani generazioni.
Con molta ipocrisia, si continuano a citare le pillole stupefacenti, la cannabis, di tutto e di più, ma non vorrei che si ignorasse un problema egualmente devastante, quale l'uso della cocaina. Non si può accettare una divisione di classe nell'uso e nel consumo delle droghe. Non ho mai sentito citare questo tema.
Signori dell'opposizione, penso che la relazione del ministro ci abbia messo nelle condizioni di svolgere all'interno di questa Commissione un lavoro fortemente imperniato sul dialogo, in quanto viene proposto un impianto di politiche sociali, che non è ideologico, ma che si basa sul proposito di ripartire da tre. Non siamo nelle condizioni di ripartire da zero, perché non è questa la realtà delle politiche del nostro paese.
Ringrazio, dunque, il ministro per la sua esposizione. Come rappresentante dell'Ulivo, inoltre, mi auguro che, sulle diverse materie e sui diversi provvedimenti, si creino davvero le condizioni per svolgere un'interlocuzione e un lavoro molto sereni. Come i colleghi della precedente legislatura sanno, infatti, in passato è stato possibile trovare dei motivi di condivisione anche a partire da temi dirimenti.

PRESIDENTE. Vedo che ci sono ancora sette iscritti a parlare. Ricordo che alle 10,30 si svolgerà l'esame in sede consultiva della legge comunitaria, quindi ho l'impressione che non riusciremo a concludere l'audizione neanche oggi. Vediamo, dunque, quanto tempo occuperanno gli interventi dei colleghi, e poi decideremo come proseguire i nostri lavori.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor presidente, signor ministro, credo che aver stabilito l'esistenza di un dicastero per la solidarietà sociale possa essere un fatto positivo, rispetto alla passata legislatura in cui non era prevista la figura di un ministro in questo settore. Ricordo che nella XIII legislatura questo Ministero esisteva, anche se aveva qualche competenza in meno, in particolare per quanto riguarda la droga, il servizio civile e via dicendo.
Credo che possa trovarsi una forma di collaborazione con il signor ministro su temi specifici e non su argomenti legati alle ideologie, come è stato richiamato


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poco fa. Mi fa piacere, dunque, che il ministro non abbia disposto un welfare di natura statalista, in quanto ciò ci permette di ragionare meglio e approfondire maggiormente i problemi.
Ricordo che nella XIII legislatura, con l'allora ministro Turco, abbiamo collaborato in merito ad alcuni provvedimenti. Mi riferisco, in particolare, alla legge n. 285 del 1997, una normativa importante che è stata approvata in maniera condivisa da parte di tutte le forze politiche; mi riferisco anche, in parte, al reddito minimo di inserimento che era stato previsto in quella legislatura, ma solo limitatamente ad alcuni comuni ed in via sperimentale. Un aspetto, quest'ultimo, che peraltro non condividevo. Tale questione dovrebbe essere affrontata in modo diverso. Infatti, quella esperienza si concluse, rimanendo per l'appunto un esperimento.
Vorrei accennare anche ad alcune problematiche che abbiamo affrontato nella passata legislatura, con un riferimento particolare alle persone non autosufficienti. Poco fa, la collega Zanotti ha manifestato qualche perplessità, in quanto questo tema sembra essere di competenza di vari Ministeri. Personalmente, ho letto la relazione del ministro Turco che conteneva un capitoletto dedicato a tale questione che, tuttavia, a mio parere, dovrebbe essere di pertinenza del Ministero della solidarietà sociale.
In ogni caso, ciò che conta è che questa problematica, insieme a quella degli asili nido e ad altre, sia affrontata. E per fare ciò, abbiamo bisogno di risorse. Tutto, infatti, ruota attorno alla presenza o meno delle risorse.
Qualche giorno fa, in un'intervista a il Manifesto, il ministro muoveva qualche critica all'impostazione della Corte dei conti, secondo cui l'Italia va allo sbando e c'è un più alto tasso di povertà. Secondo il ministro, ciò non corrisponde al vero, in quanto un terzo della ricchezza è sommerso. Quindi, bisognerebbe recuperare tali risorse, per poter intervenire in alcuni settori.
Sono due i modi per ottenere i fondi necessari. Uno è quello di avere maggiori entrate: ciò significa che, attraverso la riemersione del sommerso, il lavoro diventa bianco, dunque si pagano più imposte e c'è più ricchezza. L'altro modo è quello di procedere attraverso i tagli. A tal proposito, la Corte dei conti parlava di effettuare dei tagli sulle pensioni, sulla sanità e sul pubblico impiego.
Vorrei sapere dal ministro cosa pensa, in particolare, a parte le interviste rilasciate, del limite per l'età pensionabile. Egli, infatti, ha parlato di una scelta volontaria dell'età, che considero tra l'altro un fatto positivo, in rapporto anche a vari tipi di lavoro che possono essere usuranti. Dal momento che su questo punto possiamo convenire, vorrei capire se il ministro la pensa ancora così.
Inoltre, vorrei conoscere la sua opinione circa i tagli sulla sanità e il ticket, inteso come problema sociale. Come medico, ho sempre pensato che il ticket fosse una specie di deduzione, ossia un impegno da parte dell'utente a usare meglio le medicine. Tuttavia, non intendo entrare nel merito di questo argomento e vorrei chiedere al ministro come la pensa, ai fini della giustizia sociale e dell'equità.
Infine, si è parlato del pubblico impiego, quello che dà lavoro e giustizia sociale.
Per quanto riguarda la scuola, si è fatto riferimento alla necessità di razionalizzare l'ingresso dei nuovi entrati e di verificare le esigenze che si presentano. Ultimamente, sono stati assunti moltissimi lavoratori nella scuola. Quindi, vorrei conoscere la sua opinione sul provvedimento relativo all'assunzione di personale, che è stato portato avanti dal ministro Fioroni, e anche sulle cosiddette funzioni di basso livello, in particolare, nel pubblico impiego.
In conclusione, vorrei affrontare il problema della droga, svolgendo solo alcune considerazioni. Quanto alla possibilità di applicare o meno la sanzione amministrativa, a mio avviso, essa è stata opportuna. Del resto - cito quanto ho affermato nel corso delle dichiarazioni di voto, quando abbiamo approvato la legge -, se prevediamo una sanzione per i limiti di velocità


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o per chi non porta il casco, non vedo perché nei confronti di chi provoca dei danni e fa del male a sé stesso o agli altri, facendo uso di droga, non si dovrebbe applicare un «sanzionamento» amministrativo.
Ovviamente, tutti noi vogliamo combattere la droga. Certo, ci sono metodologie diverse, ma non credo che ci siano persone che intendono combattere la droga e altre che, invece, desiderano che la si usi maggiormente. Dobbiamo essere d'accordo sul fatto che l'obiettivo è uguale per tutti noi: si tratta solo di verificare quali sono le modalità da usare per raggiungerlo.
Personalmente, ad esempio, non condivido il fatto che, per andare incontro ad una pretesa giustizia sociale, si aumenti il numero limite degli spinelli da venti a quaranta. A tal proposito, formulo solo una domanda: quanto tempo occorre per fumare quaranta spinelli? Non credo che chi voglia fumarli ne compri quotidianamente quaranta.
A parte il fatto che tale pratica fa male, così facendo, sicuramente, non facciamo il bene di chi compra spinelli o ne fa uso personale. Come medico, dico che è nocivo fumare quaranta spinelli, così come quaranta sigarette. Dunque, anche dal punto di vista della salute, non mi pare condivisibile un provvedimento di questo tipo e credo che sarebbe opportuno rivedere questo punto in particolare.
Per quanto riguarda le possibili soluzioni volte a risolvere le problematiche sociali dei giovani, ricordo al ministro che nella scorsa legislatura abbiamo approvato una legge - di cui sono stato anche relatore - sul valore sociale degli oratori per combattere il disagio giovanile e per accogliere questi ragazzi in luoghi adatti. Peraltro, questo è anche un modo per combattere il fenomeno della droga.
Il ministro non ha accettato in toto il programma de L'Ulivo, come fece l'allora ministro Turco. Mi fa piacere che abbia «rinnegato» - non se se sia il termine appropriato - il welfare statalista, perché dobbiamo parlare di un welfare uguale per tutti secondo il buonsenso e in vista di una possibile collaborazione.
Mi auguro che con il ministro Ferrero sia possibile collaborare, come è accaduto nella XIII legislatura con il ministro Turco. Quindi le auguro buon lavoro, ministro. Credo che sarà possibile incontrarci su temi importanti, sui quali potremo misurarci, al di là delle ideologie che è giusto che ognuno di noi abbia e che non contesto, ma che rispetto.

MARIELLA BOCCIARDO. Signor presidente, signor ministro, svolgerò una brevissima considerazione su un punto del suo programma, quello dell'istituzione del garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza. Penso lei sappia che, per tutta la scorsa legislatura, ha operato con successo una Commissione speciale per l'infanzia nell'ambito della quale si è lavorato per istituire un garante per infanzia e l'adolescenza, figura istituzionale unitaria in grado di vigilare sul pieno rispetto e sull'attuazione dei diritti dei minori.
È stato elaborato un testo unificato di varie proposte di legge che delineava una figura di garante nazionale monocratico, nominato con decreto dal Presidente della Repubblica, su proposta dei Presidenti della Camera e del Senato. Il testo prevedeva, altresì, che le regioni istituissero garanti regionali. La Commissione ha anche approvato una specifica relazione alle Camere, con cui ha evidenziato la necessità di istituire un garante nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, quale autorità indipendente sia dal Governo, sia dal Parlamento.
Le ricordo, ministro, che la Commissione aveva come presidente un'esponente di Forza Italia, l'onorevole Burani Procaccini. Ben venga, quindi, la sua volontà di proseguire l'azione legislativa che da noi è stata avviata e approfondita.
A fronte di questo, le vorrei rivolgere un appello con il quale concluderò il mio intervento. Le chiediamo di farsi promotore, insieme al suo collega Mastella, di una riforma radicale del tribunale dei minori, le cui sentenze sono spesso un'offesa al diritto umano e civile. Contro il tribunale dei minori c'è bisogno di un vero e proprio difensore dei minori e delle


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famiglie, spesso travolte e distrutte da sentenze il cui merito è quello di affidarsi esclusivamente al giudizio degli assistenti sociali, figure spesso discutibili professionalmente. Se lei ha a cuore il mondo dei minori, dia un segnale forte anche in questo senso.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Bocciardo, lei è un esempio dal punto di vista del tempo e dell'efficacia dell'intervento.

DANIELA DIOGUARDI. Signor presidente, dopo alcuni interventi svolti questa mattina, auguro davvero buon lavoro al ministro. Avendo ascoltato, infatti, le minacce di guerra che sono state espresse questa mattina, spero che sarà possibile comunque lavorare con tranquillità. In questo momento, credo che le italiane e gli italiani abbiano bisogno soprattutto di risposte e di un clima sereno. A mio parere, per avere un clima sereno è sufficiente accettare la storia italiana, soprattutto le culture politiche a fondamento della nostra Repubblica.
In una sede come quella in cui ci troviamo, è importante l'idea di politica che trasmettiamo ai cittadini e alle cittadine. È vero che la parola è azione, come diceva Hannah Arendt. Proprio per questo, non parlerei mai di guerra, ma di conflitto.
La politica è conflitto costruttivo, incontro, capacità di ascoltarsi anche tra diversi. So perfettamente che esistono delle differenze tra di noi, ma queste non ci devono far odiare reciprocamente, né devono farmi pensare all'onorevole Gardini come ad una mia avversaria. Questo non lo penserò mai; piuttosto, penserò che è una cittadina, una politica che la pensa diversamente da me, e con la quale voglio dialogare.
Il cosiddetto «spacchettamento», forse, non è stato del tutto negativo. Ascoltando la relazione di ieri ho capito che, da parte del ministro, c'è una consapevolezza dell'importanza delle politiche sociali. E, forse, proprio grazie allo «spacchettamento» sarà possibile inserirle al posto giusto, non soltanto perché, come si è detto, tali politiche sono una risposta necessaria alla precarietà, alla sofferenza sociale e alla disgregazione, ma anche perché, già di per sé, esse evocano un modello di società fondato sulla solidarietà e sulla comprensione. Purtroppo, tale modello è di segno completamente opposto rispetto a quello che vedo affermarsi anche tra i giovani e che, invece, è basato sull'individualismo, sul cinismo, sulla legge della giungla. Ritengo, pertanto, che le politiche sociali siano davvero fondamentali.
Ancor di più, credo che il ministro abbia perfettamente ragione quando parla della necessità di fissare i livelli essenziali, i livelli minimi di assistenza. In questo senso, mi sembra che la polemica tra autonomismo e centralismo si fondi su una falsa contrapposizione. Ritengo che le due cose vadano integrate: bisogna dare autonomia ai comuni, ma occorrono anche una programmazione ed un controllo da parte dello Stato.
Del resto, è vero che esistono situazioni periferiche problematiche. Personalmente, ad esempio, vengo dalla Sicilia, dove le politiche sociali sono ancora un sogno per buona parte della regione. È altrettanto vero, tuttavia, che non si tratta solo di un problema legato alla mancanza di possibilità, o di fondi, ma al modo in cui questi vengono utilizzati.
Vorrei sottolineare due ulteriori aspetti. La collega ha affermato che le politiche sociali debbono avere come riferimento essenziale la famiglia, mentre, a mio avviso, tale riferimento deve essere rappresentato dai cittadini e le cittadine che ne hanno bisogno. Prestando, infatti, un minimo di attenzione alla realtà italiana, credo che si renda evidente che oggi chi sta peggio, chi ha più bisogno di avere punti di riferimento e di essere sostenuto sia chi è senza famiglia. Queste persone si trovano in una condizione di maggior abbandono, in quanto non hanno neppure quel minimo di affettività che una famiglia, anche la più disastrata, può fornire. Penso agli anziani, che sono in aumento, o ai barboni (Roma è piena di questi individui totalmente abbandonati). Ritengo,


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quindi, che la solidarietà debba essere reale, e che debba essere rivolta soprattutto a chi ha più bisogno, senza questi amarcord del buon tempo antico.
La famiglia è stata un centro di solidarietà importante, e continua ad esserlo molto spesso, purtroppo, gravando solo sulla donna che si è dovuta fare carico di tutta una serie di problemi. I tempi sono cambiati, quindi bisogna attuare politiche sociali che siano chiaramente efficaci.
Probabilmente, dunque, il ministro dovrebbe procedere ad una verifica dell'attuazione di alcune leggi fondamentali, come la n. 328 del 2000 e la n. 285 del 1997 (la prima in particolare). Egli, inoltre, dovrebbe analizzare quali interventi sono stati promossi, la tipologia degli stessi e le differenza tra regione e regione.
In Sicilia, per esempio, la situazione è al disastro. Non si è fatto assolutamente nulla. Personalmente, inoltre, procederei a tale verifica prestando un'attenzione specifica al modo in cui sia la legge n. 328 del 2000 sia la n. 285 del 1997 sono state utilizzate per risolvere un problema enorme: quello della violenza nei confronti delle donne e dei bambini. Rischiamo di essere il paese d'Europa più arretrato rispetto a questo problema. La Spagna, ultimamente, ha varato una legge all'avanguardia in materia.
In ultima istanza, vorrei trattare il tema della droga. Ho davvero apprezzato i toni con cui il ministro ha affrontato questa discussione complessa e difficile. Tutti noi, probabilmente, abbiamo avuto a che fare con situazioni legate al mondo della droga che hanno coinvolto amici o figli, e suppongo che ciascuno di noi abbia cercato di affrontarle con buonsenso ed equilibrio.
Per la mia esperienza e per l'esperienza degli Stati in cui si sono adottate politiche proibizioniste, credo di poter dire che con il proibizionismo non andiamo da nessuna parte. Lo dico come madre, facendo un passo indietro come politico. Se avessi attuato una scelta educativa proibizionista, probabilmente non avrei raggiunto nessun obiettivo positivo. Credo, invece, che la linea della grande attenzione, dell'apertura, della sperimentazione sia quella più intelligente, quella che può dare dei risultati efficaci. Quindi, oltre ad eliminare la punizione per il consumo, forse bisognerebbe pensare anche all'autoproduzione, alla produzione di piccole piantine che servano soltanto per l'autoconsumo. Questo dovrebbe essere un altro problema da affrontare.

PRESIDENTE. Avverto che vi sono ancora quattro iscritti a parlare, ma se conteniamo gli interventi, forse riusciamo a dare la parola al ministro per la replica.

UGO LISI. Signor presidente, naturalmente, in qualità di capogruppo di Alleanza nazionale in Commissione, non potevo non intervenire, soprattutto per quanto accaduto prima della relazione del ministro, che ringrazio per la sua presenza, oltre che per il suo intervento. Si tratta, infatti, della proposta di riduzione del danno.
Intendo dire che la dichiarazione resa dal ministro in questa sede ieri fa sì che alcuni di noi della Casa delle libertà possano stare più tranquilli, rispetto alle affermazioni rilasciate dal 19 maggio in poi sulla stampa nazionale.
Dico questo perché il 18 maggio, su il Manifesto, alla prima domanda della giornalista Eleonora Martini lei ha risposto che è necessario abrogare la legge Fini-Giovanardi, la legge Bossi-Fini e pensare alle unioni civili. Quindi, gli imputati sono il presidente Fini e la Casa delle libertà sicuramente. Tuttavia, per quanto mi riguarda vorrei essere più parte civile che imputato, proprio perché credo fermamente di aver predisposto due buone leggi negli anni scorsi.
Parlo, dunque, di riduzione del danno, in quanto la sua relazione dimostra che lei ha corretto il tiro (e qui vi è un punto di domanda), oppure che ha cambiato opinione. Un'ulteriore ipotesi, infine, è quella formulata sulle pagine de il Riformista, secondo cui volete operare come ministri «cacciavite», o con anestesia. Vale a dire, intendete presentare provvedimenti blindati, senza discussione, bypassando la centralità


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del Parlamento e della Camera dei deputati, in particolar modo della XII Commissione.
Condivido ciò che ha detto il collega Mazzaracchio, ossia che il cosiddetto spacchettamento può portare dei benefici. Tuttavia, esso può comportare anche delle contraddizioni.
Non so se vi siete messi d'accordo con il ministro Turco, ma mentre lei parla di narcosalas - addirittura l'Udeur e l'Italia dei valori hanno preso le distanze in Assemblea, nel corso dello svolgimento di interrogazioni a risposta immediata 15 giorni fa -, il ministro Turco ci parla della casa della salute, che dovrebbe essere il passaggio successivo. Quindi, prima creiamo le narcosalas, abituiamo il soggetto, il giovane, ad assuefarsi all'eroina e quant'altro; dopodiché, gli mettiamo a disposizione la casa della salute, che serve a recuperarlo, a meno che - lo ripeto - non ci sia una situazione particolare.
Vi è, dunque, preoccupazione sullo «spacchettamento», a causa della possibile sovrapposizione, dello sconfinamento di un dicastero con l'altro. Auspico che ciò non avvenga, e questo sarà l'argomento dell'intervento che svolgerò con il ministro Turco.
Signor ministro, non abbiamo una visione preconcetta nei confronti di tali argomenti. Inoltre, non mancheremo di collaborare, soprattutto su alcuni temi, ad esempio quelli che riguardano gli anziani.
Nella stessa intervista del 18 maggio, a cui ho accennato in precedenza, lei ha parlato della profonda difficoltà che vive la popolazione anziana italiana, facendo riferimento alla proposta di legge sulla non autosufficienza. A tal proposito, le ricordo quella di Carla Castellani di Alleanza nazionale, unita a quella di Augusto Battaglia, ex eurodeputato, oggi assessore alla sanità del Lazio.
Ebbene, lei affermava che le famiglie con maggiori problemi sono quelle che hanno al loro interno soggetti giovani sotto i 16 anni. Ma le posso garantire che vivono condizioni di uguale disagio anche le famiglie con soli soggetti anziani di terza e quarta età (visto l'allungamento della vita, e anche i problemi di salute legati all'età, come il Parkinson, l'osteoporosi per le donne, l'Alzhaimer e via dicendo).
Vorrei anche ribadire che esiste un progetto sull'anagrafe delle badanti extracomunitarie. Quindi, non vogliamo - mi rivolgo alla collega Zanotti - assolutamente creare problemi, sfruttando le persone anziane, con la dazione di denaro, da un lato, e con le badanti assunte in nero, dall'altro.
Personalmente, mi sono occupato proprio di stipulare un patto con le associazioni degli anziani, il cosiddetto patto con gli anziani (si chiamava Alleanza con gli anziani, dal nome del mio partito politico). Si trattava di un progetto che coinvolgeva il Ministero del welfare e quello dell'interno, e che prevedeva la creazione dell'anagrafe delle badanti extracomunitarie. Lo scopo non era solo quello di mettere in regola queste persone - grazie a quella legge che volete buttare a terra -, ma anche e soprattutto quello di dare una dignità alle persone che operano in questo territorio. Quindi, credo di poter dire che anche il centrodestra ha un cuore.
Quanto agli asili nido, siamo d'accordo con ciò che è stato detto dal ministro. Inoltre, condivido pienamente la fotografia della situazione che è stata fatta e mi dispiace che il collega Barani non sia presente.
Auspico un maggior raccordo con gli enti locali, perché bisogna provvedere non solo ai LEA (livelli essenziali di assistenza), ma anche ai piani di zona.
Noi siamo bravissimi dal punto di vista legislativo: l'Italia è la culla del diritto. Dal momento che sono un avvocato, conosco, e riconosco, i meriti e i demeriti di questa culla del diritto. Tuttavia, mentre legislativamente parlando siamo all'avanguardia, nell'applicazione delle leggi siamo indietro. Infatti, come i LEA, anche i piani di zona (i cosiddetti piani sociali) sono il libro dei sogni per i diversamente abili, per gli anziani non autosufficienti, per le persone non vedenti e via elencando. Sono solo e soltanto sogni, in ogni parte d'Italia, senza fare differenze tra il centro-nord, il sud, o


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il Mezzogiorno. È necessario, quindi, prestare maggiore attenzione da questo punto di vista.
Per quanto riguarda la riduzione del danno, ma soprattutto l'opera di sensibilizzazione nei confronti del problema della droga, mi chiedo perché non portare avanti le iniziative che abbiamo intrapreso nelle discoteche italiane. Non bisogna dire di sì all'allargamento dell'uso e all'innalzamento della quantità dei cannabinoidi nelle tabelle di riferimento, sapendo che è già stata istituita, presso Palazzo Chigi - come ricordava l'onorevole Giovanardi qualche giorno fa - una apposita commissione.
Bisognerebbe cercare in tutti i modi di frenare l'abuso di alcool e l'uso delle droghe, soprattutto l'ecstasy e la cocaina, come ieri abbiamo detto nel corso dello svolgimento di interrogazioni a risposta immediata. In proposito, vi ricordo che il livello di consumo di eroina si sta abbassando, in ragione dell'aumento del consumo di cocaina.
Nello stesso tempo, non dobbiamo imitare l'esempio di Amsterdam, dell'Olanda, o della Svizzera. In quei paesi c'è stato un trend differente: il consumo di eroina e cocaina (ad Amsterdam molto di più la cocaina e l'eroina in Svizzera) è andato crescendo, poi decrescendo, al di là delle leggi di applicazione. I fenomeni malavitosi esistono anche in quei paesi. Ad Amsterdam, ad esempio, fuori dai famosi coffee shop ci sono comunque gli spacciatori.
Riflettiamo, allora, anche su questo, al di là del nostro colore politico, se davvero vogliamo bene ai nostri giovani.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor presidente, intervengo brevemente, visto che ormai siamo fuori orario e che dobbiamo trattare anche altre questioni.
Abbiamo apprezzato la relazione del ministro, che abbiamo valutato in tutte le sue parti. Vogliamo subito sottolineare che le tematiche che sono state affrontate, così come le altre, debbono trovare nelle istituzioni un punto di riferimento.
Per noi, quindi, il programma del Governo è quello che il ministro ha esposto in questa sede. Infatti, dal momento che abbiamo rispetto delle istituzioni, riteniamo che non si debba assolutamente banalizzare, facendo riferimento a questioni spesso parziali, limitate, che possono essere anche tema di interviste e dibattiti.
Il Governo, giustamente, pone le tematiche che vuole affrontare in questa sede, nel Parlamento, che deve essere rispettato. Qualcuno, nel passato, ha utilizzato un percorso differente, quello extra parlamentare, ponendo le questioni vere del paese fuori dalle istituzioni. Noi invece riteniamo che - come ha fatto il ministro - il dibattito si debba affrontare in questa sede, sapendo che ci sono nuove e vecchie emergenze, che in questi anni il paese è andato indietro e che è cresciuta la fascia delle nuove povertà.
Dire che non dobbiamo vivere una nuova stagione di assistenzialismo non deve significare l'assenza di politiche sociali. Anzi, noi sosteniamo con forza che questo Governo debba mettere in campo nuove politiche sociali, che abbiano la capacità di guardare ad una integrazione - com'è stato detto dai colleghi - tra pubblico, privato e privato sociale.
Il paese è ricco di attività di volontariato che sostengono giornalmente questo impegno nell'ambito della solidarietà. Tuttavia, anche se è significativo, esso non è sufficiente. Il Governo deve portare avanti delle politiche sociali, con la consapevolezza che sono gli enti locali, innanzitutto, quelli che poi debbono sostenere l'impegno sul territorio.
In tal senso, signor ministro, noi pensiamo che nell'ambito del sostegno dell'associazionismo uno sguardo particolare si debba rivolgere a coloro i quali hanno avuto di meno. Mi riferisco ai disabili, ai diversamente abili, a coloro i quali si trovavano in uno stato di reale difficoltà. Allo stesso modo, pensiamo che un aiuto lo si debba dare alle famiglie.
Signor ministro, negli anni scorsi, con il Governo di centrosinistra si era utilizzato uno strumento importante, al quale chiediamo che sia prestata attenzione da parte


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del Governo. Sto parlando del reddito minimo di inserimento, che era stato portato avanti, gestito seriamente dai comuni di centrosinistra, ma anche da alcuni di centrodestra. I risultati erano stati significativi, in quanto vi era stata una applicazione rigorosa e si era anche verificato un apprezzamento da parte della comunità.
Negli anni del Governo di centrodestra, questo provvedimento è stato bloccato, ne è stata cambiata la natura, è rimasto inapplicato, gli si è data una diversa denominazione. Di fatto, non si è assunta alcuna iniziativa per dare un sostegno serio alle famiglie in difficoltà.
Ecco perché chiediamo al Governo di riprendere questo provvedimento che - lo ripeto - era stato ampiamente apprezzato dai comuni. Inoltre, diversi studi ne avevano confermato la validità.
Infine, un'ultima battuta sulla droga, signor ministro. Abbiamo assistito al susseguirsi di alcune prese di posizione che hanno avuto come obiettivo quello di rivedere la tabella che è stata formulata, in quanto determinati aspetti vanno assolutamente corretti con alcuni provvedimenti.
Tuttavia, vorremmo che sulla droga si svolgesse un ragionamento più ampio, che si evitassero le scorciatoie e che non si seguisse la linea di guardare all'oggetto droga, ma ad una politica più complessiva del disagio, che appartiene ad una fascia significativa della nostra comunità giovanile.
Ecco perché ci ripromettiamo di intervenire, non con schematismi, ma guardando ad una questione molto generale. Non bisogna parcellizzare i discorsi, altrimenti si rischia di intervenire in un ambito ristretto, in un segmento, non avendo ben chiaro il problema più ampio, che va affrontato in maniera organica da parte del Governo, certamente mettendo da parte una legge, la cosiddetta Giovanardi-Fini, che nelle sue prime applicazioni sta producendo risultati disastrosi.

MARIZA BAFILE. Signor ministro, innanzitutto desidero augurarle buon lavoro.
Come rappresentante degli italiani all'estero, e quindi come persona che conosce molto bene il cammino dell'emigrazione, mi sento molto soddisfatta nel notare che, finalmente, incominciamo a guardare agli immigrati come ad un valore aggiunto e non come ad un peso.
Con ciò, intendo dire che non si tratta di portare avanti politiche di carità. È necessario, invece, attuare politiche grazie alle quali le persone che scelgono di vivere in un altro paese vengano aiutate ad inserirsi in modo positivo nella società di accoglienza e vengano messe in condizioni di esprimere la propria creatività. Quindi, non parliamo solamente di un lavoro di braccia, ma anche della possibilità di procedere nel tessuto sociale complessivo.
Sa bene che gli italiani all'estero hanno contribuito notevolmente all'arricchimento dei paesi nei quali oggi risiedono, ma le assicuro che questa non è una prerogativa italiana. Ciò non accade perché noi italiani siamo più bravi degli altri, ma perché la persona che emigra effettivamente tira fuori il meglio di sé ed è una persona senza dubbio più coraggiosa degli altri, anche nella disperazione. Dicendo ciò, prendo sempre a confronto il nostro paese. Nell'Italia del dopoguerra, nelle famiglie in cui si viveva la stessa fame, alcuni emigravano e altri no, perché decidere di emigrare significava fare una scelta dolorosa e difficile. Queste persone, quindi, sono disposte a dare il meglio di sé per andare avanti.
Le seconde generazioni sono un passaggio difficilissimo, in quanto esse non hanno scelto di emigrare, ma sono nate emigranti. Quindi, assorbire in maniera positiva le nuove generazioni può contribuire solamente ad arricchire il paese e ad evitare emarginazioni che possono diventare violente e dolorose. Del resto, di fronte all'esclusione, spesso si può avere un atteggiamento violento.
Ho sentito parlare, nel corso degli interventi, del tessuto sociale italiano. Mi chiedo che cosa esso sia, in un mondo in cui la grande ricchezza della globalizzazione - l'unica, forse, vera grande ricchezza - è data dal fatto che finalmente ci stiamo mescolando tra popoli, ci stiamo conoscendo. Questo è il veicolo più importante


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per arricchire i paesi e per portare avanti, veramente e seriamente, una politica di pace.
Ministro, vorrei invitarla a sfruttare la nostra esperienza di italiani all'estero, per capire quali sono i percorsi più giusti da seguire per una politica di accoglienza e di arricchimento. Vorrei, dunque, invitarla a favorire l'incrocio tra le nostre esperienze, verso le quali l'Italia in questo momento ha iniziato ad aprire le porte. Dico solo «iniziato» perché, fino ad ora, il voto e la nostra presenza in Parlamento sono un piccolissimo passo in questa direzione. In realtà, mi rendo conto che c'è ancora molto da fare per far capire davvero chi siamo, al di là delle demagogie inutili e delle grandi parole. È necessario comprendere che l'Italia può incominciare a ragionare in termini di paese allargato e, quindi, molto più ricco di quello che è racchiuso nei confini geografici. A questo proposito, volevo proporre la costituzione di sportelli di accoglienza anche per gli italiani all'estero che, per qualsiasi ragione - perché sono emigranti che hanno intenzione di tornare a vivere in Italia o perché sono di passaggio e magari hanno bisogno di determinate informazioni -, rientrano in Italia.
In questo momento, molti nostri connazionali si trovano assolutamente a disagio quando tornano in Italia, perché non riescono ad ottenere alcun tipo di informazione. Non hanno la possibilità di rivolgersi a qualcuno in particolare che possa offrire loro informazioni sulla sanità, sullo studio, o, ad esempio, su tutte le leggi che le regioni e i comuni hanno approvato per gli italiani all'estero.
Credo che sarebbe molto importante costituire questa rete di sportelli all'interno dei comuni, affinché l'italiano che rientra possa avere effettivamente degli interlocutori validi per ogni necessità e ogni preoccupazione. Al tempo stesso, sarebbe necessario costruire dei ponti di raccordo tra noi e voi, affinché l'Italia davvero capisca che ogni immigrato è solamente un arricchimento per il paese che lo riceve.

PRESIDENTE. Do adesso la parola all'onorevole Ulivi per l'ultimo intervento.

ROBERTO ULIVI. Signor presidente, sarò brevissimo proprio per la gentilezza che lei mi ha usato, dandomi la parola.
Volevo rivolgere una raccomandazione al ministro prima di tutto sulla questione degli immigrati. Lei, signor ministro, quando apparve sulla stampa la notizia secondo cui era intenzione di questa maggioranza accogliere tutte le domande degli immigrati e non solo 170 mila, sicuramente avrà ricevuto una lettera, inviata a tutti i ministri competenti, dal sindaco diessino Romagnoli di Prato. Nella lettera, il sindaco sosteneva che, poiché Prato ha già una popolazione di 250-260 mila abitanti, e oltre 30 mila immigrati, non era assolutamente in grado di sopportare l'immissione di ulteriori immigrati.
Volevo porre la sua attenzione su questo problema, che credo sia molto importante. Infatti, si tratta di un'osservazione fatta da un sindaco non di centrodestra, ma di sinistra, diessino. Quindi, quando si affrontano questi problemi, bisogna valutare bene tutte le situazioni presenti.
Aggiungo un'ulteriore considerazione sul problema della droga. Ieri ho ascoltato gli interventi di alcuni colleghi che sono favorevoli alla liberalizzazione della droga. Credo che questo sia un errore, con tutto il rispetto per quanto pensano gli altri. La legge Fini-Giovanardi, infatti, si basava sul concetto che qualsiasi tipo di droga è dannosa, e che quindi lo Stato ha il diritto-dovere di tutelare - lo prevede l'articolo 32 della Costituzione - la salute dei cittadini.
Sappiamo benissimo che c'è differenza tra droghe leggere e pesanti, ma evidentemente - parlo da farmacista - nella norma il concetto è stato equiparato, proprio per affermare tale principio e dare un messaggio ai giovani in questo senso.
Se, invece, parliamo di liberalizzazione della droga e quant'altro, diamo un messaggio completamente opposto, vale a dire che drogarsi è un diritto e che non diamo importanza al fatto che la droga sia nociva. Possiamo benissimo discutere della


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quantità - ad esempio il ministro Turco sostiene che va rivista la tabella sulla quantità di hashish presente negli spinelli -, ma il problema non è questo. Non importa se la quantità consentita per l'uso personale oscilla tra 20 e 15 spinelli o tra 25 e 30, perché il problema è molto più importante.
Al momento mi manca il tempo per entrare nel merito della questione e non voglio abusare della gentilezza del presidente, ma avremo certamente occasione di ritornare su questo tema.

PRESIDENTE. Faccio presente che noi dobbiamo affrontare la legge comunitaria. In Aula è stata effettuata la prima chiama dei senatori, per cui ci sarebbe abbastanza tempo per proseguire il dibattito. Personalmente, sono disponibile a proseguire, se anche il ministro desidera procedere ad una replica assolutamente contenuta. Tuttavia, vorrei che fossimo tutti d'accordo nel dare al ministro questa facoltà.
Diversamente, dovremmo chiedere al ministro di ritornare in Commissione la prossima settimana ed affrontare subito l'altro punto all'ordine del giorno, ossia la legge comunitaria.
Invito quindi i colleghi a valutare rapidamente la questione.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor presidente, aspettiamo con ansia la replica del ministro. Lei mi insegna, però, che dobbiamo concludere entro oggi l'esame del disegno di legge comunitaria.
Se i colleghi sono d'accordo, proporrei di sospendere momentaneamente l'audizione e di affrontare la legge comunitaria; dopodiché, se il signor ministro avrà pazienza, e ne avremo il tempo, potremo ascoltare la sua replica.
Diversamente, rischiamo di non fare né l'una né l'altra cosa, ovvero di procedere ad una replica troppo rapida - e non credo che il ministro se la possa cavare in cinque minuti - e di non poter votare in Assemblea.
Pertanto, se il signor ministro può aspettare, la mia proposta è quella di occuparci prima della legge comunitaria, con il contributo fattivo di tutti e senza ostruzionismo alcuno, che noi non abbiamo intenzione di mettere in atto.

KATIA ZANOTTI. Credo che la presenza del ministro in queste due giornate vada vista come un fatto molto positivo. Non vorrei abusare del suo tempo - dal momento che egli ha una serie di impegni e ha dovuto organizzare la sua mattinata di oggi per essere qui in Commissione - e metterlo in attesa per l'esame del decreto. Chiedo, dunque, al signor ministro se ci sia questa disponibilità o meno. Si tratta anche di una questione di rispetto e di riguardo per il suo lavoro e per le scadenze della sua giornata.
Se il signor ministro è disponibile a trattenersi, per me va bene. Tuttavia, noi non siamo neppure in grado di dire per quanto tempo debba attendere. A mio avviso, la cosa migliore da fare sarebbe concludere l'audizione, anche per dare organicità al nostro lavoro. Del resto, non credo che il ministro debba svolgere una replica per un'altra ora.

GIUSEPPE PALUMBO. Gli interventi sono stati tanti!

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Ho qualche difficoltà a trattenermi ulteriormente, poiché per venire qui alle 9 ho spostato alcuni impegni che avevo questa mattina. Se fosse possibile concludere, per me sarebbe meglio. Evidentemente, non replicherò ad ogni argomento di orientamento politico diverso da quello che ho espresso, dal momento che le posizioni politiche sono note. Mi soffermerei, invece, sugli elementi su cui magari è necessario un chiarimento. Di conseguenza, dieci minuti o un quarto d'ora saranno sufficienti.

PRESIDENTE. Signor ministro, mi consenta solo una breve domanda conclusiva.
Si è parlato di terzo settore. Lei sa che questi anni sono stati costituenti per quanto riguarda l'evoluzione del terzo settore nel nostro paese, sia dal punto di vista della legislazione nazionale che regionale,


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e anche di una riorganizzazione delle relazioni istituzionali, tra la dimensione dell'organizzazione pubblica, dei servizi e quella della presenza del volontariato, dell'associazionismo di promozione sociale, della cooperazione sociale.
Naturalmente, esistono dei problemi: bisogna evitare di consolidare l'idea secondo cui tutti i soggetti del terzo settore possano svolgere la medesima funzione. È necessario, dunque, ripristinare la realtà delle differenze, anche sotto il profilo normativo. Occorre capire che non si può chiedere la stessa cosa ad un'organizzazione di volontariato, o ad una cooperativa sociale, o ad una associazione di promozione sociale, o ad una organizzazione ambientalista. Naturalmente, in questo quadro bisogna considerare anche l'evoluzione legislativa, la produzione di norme per successive sovrapposizioni, per sedimentazioni, soprattutto dal punto di vista fiscale.
Pertanto, le chiedo: non ritiene necessaria un'operazione di riordino, di armonizzazione, di revisione legislativa, a partire da una normativa fiscale - che non è sotto la sua giurisdizione, ovviamente, anche se lei ha una funzione di impulso e coordinamento -, ma anche sotto il profilo istituzionale?
Personalmente, credo che, senza soffocare, anzi, proprio per esaltare la funzione di ciascuna di queste componenti, si ponga un'esigenza di riordino e di armonizzazione normativa, per la quale, forse, il Governo ha anche un ruolo di impulso.
Do quindi la parola al ministro per la replica.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Ringrazio tutti voi per gli interventi che avete svolto e per la discussione che ne è seguita. Per quanto mi riguarda, infatti, l'ho trovata utile e credo che abbia offerto degli spunti da prendere assolutamente in considerazione.
La prima questione che vorrei affrontare riguarda un problema politico che è stato posto, circa il fatto che io abbia espresso o meno il programma dell'Ulivo. A tal proposito, preciso che personalmente non esporrei tale programma, ma, al massimo, quello dell'Unione di cui faccio parte (dell'Ulivo non ho mai fatto parte, né intendo farlo).
Mi è parso necessario non riproporvi completamente il programma dell'Unione, quanto piuttosto una scelta di priorità, per dare conto degli elementi su cui mi sembra necessario lavorare fin da subito.
In particolare, segnalo la problematica dei livelli essenziali di assistenza che, a mio avviso, risponde anche ad alcune questioni sollevate in rapporto alla funzione del Ministero, delle regioni e dei comuni. È del tutto evidente, infatti, che oggi ci troviamo in una condizione di post Titolo V. Quindi - come giustamente è stato sottolineato -, il peso effettivo di questo Ministero è molto diminuito.
Credo che l'elemento condiviso dei livelli essenziali di assistenza sia un meccanismo che permette la ricostruzione di una relazione - dal mio punto di vista, più corretta - fra i diversi livelli in cui si articola lo Stato. Tale meccanismo, dunque, consente di legare il fatto che questo dicastero, pur non essendo un puro Ministero di trasferimento di risorse finanziarie, ma comunque connesso alla definizione dei livelli essenziali di assistenza, possa anche essere un Ministero che pratica un monitoraggio di ciò che avviene sul territorio. Tendenzialmente ed effettivamente, quindi, esso svolge un'opera di indirizzo, sia pure fatta di concerto.
In questo senso, penso che i livelli essenziali di assistenza siano un punto decisivo. Altrimenti, si crea effettivamente uno squilibrio in cui - come è stato detto, e non avrei nulla da eccepire su questo - il passaggio delle risorse, tanto più che sono senza vincolo di destinazione d'uso, rischia di non produrre alcun effetto sulla materia specifica.
Come ho detto, considero i livelli essenziali di assistenza come una priorità, in quanto senza di essi ci troviamo in assenza di una reale cabina di regia sulle politiche sociali. Di conseguenza, nelle regioni potrebbe succedere di tutto: dalle migliori pratiche, all'assenza totale di politiche sociali.


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Inoltre, dal momento che mi è stata chiesta una valutazione della legge n. 328 del 2000, devo dire che ritengo i livelli essenziali di assistenza come un necessario completamento di tale normativa. Diversamente, - e questo fu uno degli elementi di critica che, a titolo personale, mossi rispetto a questa legge -, in assenza dei livelli essenziali di assistenza fissati, rischiamo di avere una legge che stabilisce molte cose positive da fare e tuttavia, non avendole fissate come diritti soggettivi delle persone, la possibilità che queste vengano realizzate dipende poi dalla buona volontà e dalla quantità di risorse che i comuni hanno concretamente.
Pertanto, i livelli essenziali di assistenza sono anche il completamento necessario di una legge che, con la fissazione dei diritti esigibili da parte dei cittadini, finalmente, definisce un punto di equilibrio nel rapporto fra Stato, programmazione, terzo settore comune. E questo mi sembra un quadro normativo importante.
Quanto al cosiddetto «spacchettamento» del Ministero, ovviamente si possono svolgere diverse valutazioni. Con tutta franchezza, ritengo che presenti alcuni elementi positivi e altri negativi: non credo che sia un fatto completamente positivo.
Tra gli aspetti vantaggiosi, indubbiamente, vi è quello di portare il ministro ad avere un'attenzione specifica sui temi sociali, maggiore rispetto a quella che, forse, vi è stata in passato, se gli elementi di valutazione che ho raccolto in queste settimane sono reali.

GIUSEPPE PALUMBO. Sì, ma sono quattro ministri che si occupano di questo!

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Aspetti, arriviamo a parlare anche di questo.
Inoltre, segnalo che in un contesto finanziario non semplicissimo - anche per lo stato in cui abbiamo trovato le finanze dopo la legislatura precedente - siamo riusciti ad ottenere un aumento di 300 milioni per il fondo sociale. Quindi, passare da una somma di 500 milioni ad una di 800 milioni mi sembra un risultato positivo.
Allo stesso tempo, siamo riusciti ad ottenere un aumento di 30 milioni da destinare al servizio civile, per tentare di venire incontro a problemi significativi che sono emersi, in merito all'esclusione di numerosi progetti presentati da associazioni che su questo terreno hanno fatto la storia del paese.
Mi sembra che, perlomeno, vada registrato in modo positivo il fatto che istituire questo Ministero ha determinato un'attenzione su questi nodi. Questo è un risultato che, forse, molte regioni non ritenevano sperabile in questo contesto e che spero permetterà di mantenere la rete dei servizi.
Per quanto riguarda la distribuzione delle competenze con gli altri Ministeri che si occupano di questi temi, qualche margine di sovrapposizione vi sarà sicuramente. Reputo anche questo aspetto non del tutto negativo, in quanto attirerà maggiore attenzione sulle questioni sociali, che stentano mediamente a diventare questioni politiche a tutto tondo. Quindi, se scoppierà anche qualche litigio fra alcuni ministri della Repubblica sulle competenze, lo valuto positivamente, per attirare l'attenzione sul tema.
Detto questo, a me non pare così difficile vedere la linea di demarcazione tra tali competenze. Infatti, è evidente che sul versante della sanità - peraltro è qui presente il sottosegretario Patta che si occupa di una serie di temi specifici - da un lato, ci si occupa dell'aspetto sociale e, dall'altro, di quello della sanità.
Dove c'è l'integrazione, la demarcazione è fissata dalle norme. Quanto alle non autosufficienze, ad esempio, è evidente che l'origine di tale problematica sia di natura sanitaria. Tuttavia, abbiamo sempre detto che la presa in carico del soggetto avrebbe un aspetto prevalentemente sociale, a cui partecipa la sanità, per la quota relativa agli aspetti sanitari (tanto che nelle residenze c'è una quota sanitaria), ma la larga parte compete al sociale. A me pare che la distinzione sia abbastanza chiara e che sia possibile, oltre che necessaria, una collaborazione.


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Sul versante del Ministero delle politiche per la famiglia, la linea di demarcazione fissata è la seguente: un Ministero si occupa delle politiche della famiglia, intesa come corpo sociale intermedio, e un altro dei diritti degli individui, quindi dei bambini, dei ragazzini e via dicendo. Per i giovani, c'è il Ministero per le politiche giovanili e le attività sportive, e poi vi sono Ministeri che si occupano degli anziani, rispetto alla disabilità e quant'altro.
Anche in questi settori ci sono delle superfici di contatto, è evidente. Tuttavia, ciò che mi sembra importante è dire che le politiche che riguardano i soggetti «deboli», dai bambini agli anziani, non sono riassunte nella politica della famiglia, anche se queste ultime ne costituiscono una parte significativa. Esiste, comunque, un Ministero che si deve occupare delle persone in quanto tali. Dico questo anche relativamente ad alcuni argomenti che abbiamo trattato.
In questa sede, ad esempio, è stato segnalato il problema del tribunale dei minori, rispetto al quale la mia valutazione non è coincidente.
Inoltre, quando parliamo del garante dell'infanzia, è evidente che questi si debba porre anche il problema delle violenze che avvengono sui bambini nella famiglia, che non è sempre il luogo degli affetti che tutti noi auspicheremmo e che tutti abbiamo vissuto nella nostra infanzia.
Esiste, quindi, un problema del diritto degli individui, che non è risolto nelle famiglia. In questa dialettica, si prende atto di una realtà che credo sapremo gestire attraverso il Ministero.
Vorrei aggiungere un'ulteriore sottolineatura, relativamente ai livelli essenziali di assistenza. A tal proposito, credo che il punto fondamentale da cui partire sia il livello zero dei Liveas, ossia la presa in carico, da parte del pubblico, dei soggetti che hanno bisogno di assistenza. Lo sottolineo, perché in alcune parti del paese ci sono livelli di assistenza ben maggiori di questi, mentre in altre esperienze e in altri comuni non esiste nemmeno il problema della presa in carico.
Da questo punto di vista, quindi, ritengo che l'elemento della responsabilità dei comuni e delle strutture pubbliche sulla presa in carico sia il punto iniziale da cui partire.
Pensando ai malati di Alzheimer piuttosto che alle non autosufficienze, è evidente...

GIUSEPPE PALUMBO. In due anni non siamo riusciti a censire quanti sono i non autosufficienti!

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. In tante parti del paese ciò non avviene.
Su questo argomento, spenderò solo una battuta. Stiamo lavorando con il Ministero della salute sulla questione dell'assistenza agli anziani durante l'estate. Il nostro scopo è quello di cercare di costruire una sinergia, in cui anche tutto il mondo del volontariato e dell'associazionismo - che ha più relazioni con questo Ministero - venga coinvolto. Ovviamente, tale coinvolgimento non riguarderà il versante più specificamente sanitario, ma sarà una campagna che sintetizzerei con le parole «adotta il vecchietto». Pertanto, le forme di volontariato e di presenza nella società civile possono essere un elemento di costruzione di quei legami, durante l'estate, che sono un punto decisivo per evitare l'abbandono degli anziani in questo contesto.
Sono state poste, inoltre, alcune questioni specifiche a cui vorrei rispondere. In relazione al volontariato e all'associazionismo, ribadisco che è mia intenzione coinvolgere tutte le associazioni, a prescindere dal colore, dall'opinione politica e dai progetti culturali che essi esprimono. Lo dico non unicamente per un rispetto del pluralismo sociale che giudico elemento costitutivo di una democrazia, ma per un preciso disegno politico.
Credo che la realtà e i saperi sociali che esprimono i corpi sociali intermedi di questa società - nella loro totalità, a prescindere dal posizionamento politico - siano oggi una risorsa che permette una discussione politica molto più razionale


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sui temi di fondo della società, che non molte discussioni che avvengono tra le rappresentanze politiche.
Discutere con chi si occupa di comunità di recupero di tossicodipendenti dal problema della droga, mi pare che abbia dei toni più razionali, rispetto a larga parte della discussione politica che avviene su questo argomento.
Lo stesso dicasi per il tema dell'immigrazione. Discutere con la Caritas, piuttosto che con Confindustria, piuttosto che con il complesso delle organizzazioni che si occupano di questo tema, credo sia proficuo.
In definitiva, ritengo che sia una vera risorsa la costruzione di una dialettica fra le esperienze sociali di questo paese, di qualsiasi colore politico e di qualsiasi orientamento culturale, e la politica in quanto tale. Diversamente, infatti, daremo vita ad un meccanismo fortemente autoreferenziale, sul terreno della politica, che ha difficoltà a misurarsi con la concretezza dei percorsi.
Inoltre, se degli elementi positivi ci sono stati nelle esperienze che hanno caratterizzato i decenni precedenti della nostra storia politica, questi sono rappresentati dal fatto che esisteva una relazione, più di quanto non accada ora, tra forze politiche e corpi sociali intermedi. Certo, tale rapporto si inseriva nel quadro della diversità delle opinioni, del pluralismo politico, ma questo era un fatto costitutivo della democrazia italiana. Ad ogni modo, a me pare che questa relazione, oggi, debba essere ricostruita.
Venendo agli immigrati, sottolineo che non ne ho parlato per competenza. A tal riguardo, devo dire che non ho condiviso le opinioni espresse dal sindaco di Prato, che sono state citate.
Piuttosto, vorrei evidenziare che in tema di migranti abbiamo un problema, vale da dire che oggi per un immigrato è quasi impossibile, in concreto, entrare legalmente in Italia. È evidente, infatti, che ci troviamo davanti a una finzione, dal momento che non esiste alcun datore di lavoro che assume a distanza di qualche centinaia o migliaia di chilometri il signor X (peraltro, non si capisce dove possa averlo conosciuto). Ciò che avviene normalmente, invece, è che i migranti entrano irregolarmente in questo paese attraverso le organizzazioni criminali, iniziano a lavorare in nero e, per quella via, conoscono dei datori di lavoro che, poi, li richiedono al decreto flussi. Queste persone, dunque, sono obbligate ad uscire illegalmente da questo paese, pagando un'altra volta le organizzazioni criminali. In seguito, finalmente, faranno il visto ed entreranno per la prima volta legalmente in Italia, alla fine del giro. Tra l'altro, tutto questo percorso potrebbe essere inframmezzato dalla permanenza in qualche CPT, da qualche mese di galera e via dicendo.
Quella che vi ho descritto non è la situazione che si determina a causa di un incidente, ma è ciò che prevede la legge Bossi-Fini. Tale norma impedisce agli immigranti di entrare legalmente in questo paese nel 95 per cento dei casi. Bisogna costruire una legge che permetta di superare questa finzione e che consenta di gestire regolarmente la questione dei migranti, sapendo - e lo sottolineo - che la propensione a delinquere dei migranti regolarizzati è inferiore alla media della popolazione italiana.
A questo proposito, ringrazio l'onorevole Bafile che con il suo l'intervento, a mio avviso, ci ha mostrato come la memoria possa essere scientificamente utile per affrontare i problemi dell'oggi.
Colgo l'occasione, per ricordare che quest'anno ricorre il quarantesimo anniversario di Marcinelle, che ci dovrebbe far ricordare come gli immigrati italiani sono stati trattati in altri paesi, per evitare di comportarci alla stessa maniera.
Quanto al terzo settore, è stato posto un problema preciso da parte del presidente. Personalmente, concordo con l'analisi che egli ha svolto in merito, vale a dire che vi è stata una fase di costruzione normativa, che è stata attuata registrando, in parte, le modifiche intervenute nel tessuto sociale del paese. Di conseguenza, per forza di cose, è intervenuto un elemento di confusione.


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In tal senso, credo che sia possibile porci l'obiettivo della costruzione di un testo unico, in cui si ridefiniscano gli elementi, sia sul piano normativo che su quello fiscale, del complesso delle pratiche che definiamo di terzo settore. Tutto ciò, deve essere fatto senza fretta, poiché è necessario svolgere un lavoro molto attento, che coinvolga più Ministeri e che, quindi, sia in grado di attuare un'operazione di messa a punto della materia.
Per quanto riguarda la questione concernente l'eliminazione o la conservazione di tutto ciò che è stato fatto dal precedente Governo, dico che non ho alcun atteggiamento pregiudiziale né in un senso, né nell'altro.
Come abbiamo scritto nel programma dell'Unione e secondo la mia personale opinione, vi sono alcune leggi della precedente legislatura che vanno assolutamente superate. Mi riferisco, ad esempio, alla cosiddetta legge Fini-Giovanardi o alla legge Bossi-Fini.
Allo stesso tempo, tuttavia, vi sono materiali da cui è bene partire - penso a quanto si è discusso sulla questione del garante sull'infanzia -, così come testi che sono largamente condivisi e condivisibili, almeno per quanto mi riguarda.
La stessa discussione sui livelli essenziali di assistenza ha visto, in più sedi, elementi di convergenza. Quindi, non credo che si tratti di scegliere se mantenere o eliminare tutto. Ritengo, piuttosto, che esista un problema di discussione politica e che le decisioni si assumano in base agli orientamenti.
Vengo alla questione della droga, dicendo che non rinnego nessuna delle opinioni che ho espresso e che continuo a pensare le cose che ho detto. Credo che, da un lato, sia legittimo per un ministro esprimere le proprie opinioni e, dall'altro, che per questi sia un dovere applicare il programma che la coalizione ha deciso. In questa dialettica, si rispettano i diritti delle persone e, nello stesso tempo, si rimane all'interno di un'impresa collettiva.
Tra le azioni che mi sento impegnato a portare avanti vi è quindi sicuramente il lavoro per la costruzione di un disegno di legge. In merito, era stato posto il problema circa il provvedimento di abrogazione della Fini-Giovanardi e quant'altro. Personalmente, condivido l'opinione espressa dalla collega Turco, che riguarda però le sue competenze dirette.
Per quanto riguarda la materia complessiva, invece, credo che sia necessario predisporre un disegno di legge in tempi brevi, che rappresenti, contemporaneamente, il superamento della cosiddetta Fini-Giovanardi e la riscrittura delle regole, non intendendo con ciò - devo dirlo - una liberalizzazione dell'uso delle droghe, che noi non abbiamo mai posto come tema. Abbiamo parlato, invece, di legalizzazione e depenalizzazione, compresi gli elementi di superamento rispetto alle sanzioni amministrative. Dico ciò, per un fattore che a me preme nella comunicazione...

ELISABETTA GARDINI. In senso nominalistico...

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Intendo dire che la liberalizzazione delle sostanze nel loro complesso, evidentemente, darebbe un segnale di totale indifferenza del Governo, rispetto al fatto che si usi il crack, piuttosto che l'eroina, la cocaina o quant'altro.

GIUSEPPE PALUMBO. La differenza tra droghe pesanti e leggere...

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Così non è. Vale a dire che questo Governo ritiene sbagliato l'approccio proibizionista, perché totalmente inefficace, per l'evidenza scientifica del fatto. Tale approccio, infatti, non ha comportato una riduzione dell'uso delle droghe.
Detto ciò, è necessario anche che si verifichino le condizioni per riprendere una discussione sull'uso delle sostanze - che è un problema complesso, secolare e quant'altro - che permetta alla società di affrontare il tema razionalmente, distinguendo tra gli elementi di maggiore e minore pericolosità, operando una distinzione sul grado dei danni irreversibili che questo determina e così via.


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Tale discussione, inoltre, deve contemplare - lo ribadisco - le sostanze che oggi sono considerate illegali, ma anche quelle legali. I danni provocati dal consumo di prodotti alcoolici, infatti, sono oggi, in questo paese, incomparabilmente più gravi di quelli determinati dalle altre sostanze (e di certo non intendo dire che l'uso di queste ultime sia positivo).
Segnalo, tuttavia, che un fenomeno sociale, in quanto accettato socialmente, non è meno dannoso sul piano della salute. Quindi, semplicemente, è necessario riprendere una discussione razionale su questi temi, per tentare di ridurre i danni, per evitare che il problema dell'uso delle sostanze diventi disastroso, in particolare per le generazioni più giovani con cui ci dobbiamo confrontare.

DOMENICO DI VIRGILIO. Presidente, vorrei intervenire per pochi secondi!

PRESIDENTE. Non è possibile, altrimenti riapriamo il dibattito.

DOMENICO DI VIRGILIO. Ma il ministro ha svolto una replica, ha espresso idee personali!

PRESIDENTE. Onorevole Di Virgilio, non possiamo riaprire il dibattito perché il ministro ha replicato, altrimenti poi dovrebbe replicare nuovamente!
Vorrei concludere l'audizione, per passare all'esame della legge comunitaria. Ringrazio il ministro per la cortesia istituzionale che ci ha usato, per l'attenzione che ha voluto riservare al dibattito e agli interventi molto numerosi svolti dai componenti della Commissione, e anche per la disponibilità a tornare questa mattina. Ci saranno ulteriori occasioni per riprendere questi contenuti e continuare il nostro lavoro.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,25.