COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 27 giugno 2007


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DORINA BIANCHI

La seduta comincia alle 14,40.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro della salute, Livia Turco, sulle iniziative del suo dicastero per la tutela della salute delle donne e dei bambini, anche con riferimento alla donazione del cordone ombelicale.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Ministro della salute, Livia Turco, sulle iniziative del suo dicastero per la tutela della salute delle donne e dei bambini, anche in riferimento alla donazione del cordone ombelicale.
Do la parola al Ministro Turco.

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Innanzitutto, vi informo che stiamo per depositare la relazione tecnica che ci è stata sollecitata dalla Commissione bilancio con riferimento al disegno di legge sul parto. Si tratta di una relazione tecnica che risulta molto complessa, visto che il provvedimento stesso è complicato. Depositeremo la relazione tecnica domani, o al massimo dopodomani, presso la Commissione bilancio e questa Commissione. Mi sembrava doveroso darvi questa informazione.
In questo anno di lavoro - credo che l'abbiate visto, perché ho depositato in questa sede il piano d'azione diverso tempo fa - abbiamo assunto il tema della salute delle donne e della salute materna e infantile come priorità dell'azione del Governo. Tale priorità si è tradotta in atti e provvedimenti, di cui sicuramente il più significativo è il disegno di legge relativo alla tutela della partoriente.
Riteniamo che ciò sia importante, e abbiamo scelto di individuare come priorità delle politiche della salute la tutela della salute materna e infantile perché in qualche modo - come peraltro suggerito dall'Organizzazione mondiale della sanità, anche nel recente programma, e ribadito nella riunione della stessa organizzazione di poco tempo fa - la salute della donna è paradigmatica della salute di un Paese.
Infatti, investire sulla salute delle donne e sulla salute materna e infantile significa promuovere una importante politica di prevenzione. Inoltre, promuovere la salute delle donne significa mettere al centro la prevenzione non soltanto delle malattie, ma delle grandi diseguaglianze nel nostro Paese. Promuovere la salute delle donne significa promuovere i grandi diritti sociali e civili di un Paese. Pensiamo che il diritto alla salute sia un diritto forte, capace di riconoscere e di promuovere altri diritti sociali, economici e civili.
A partire da questa consapevolezza, che penso sia utile ribadire e che vale quando si parla non soltanto degli altri Paesi del mondo, ma anche del nostro, vorrei sottolineare due elementi che considero innovativi e indispensabili per pro


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muovere in modo efficace la salute delle donne, ma la stessa salute in genere.
Il primo elemento riguarda la salute in tutte le politiche; il secondo elemento consiste nell'approccio di genere alla salute.
Parlando di salute delle donne, non ci riferiamo semplicemente allo stato di salute della donna o ai problemi specifici che sono connessi a questo argomento, ma siamo sollecitati a promuovere un approccio globale alla salute che è di tipo innovativo, di cui questi due aspetti (la salute in tutte le politiche e l'approccio di genere alla salute) sono degli esempi.
La salute in tutte le politiche è un indirizzo che ci è sollecitato in modo forte anche dall'Unione europea. Ricordo, a questo proposito, il documento della Presidenza finlandese che sollecita i Governi al coordinamento delle politiche sanitarie e non, per la promozione della salute.
Stiamo cercando di realizzare questo intento in tutte le politiche, in primo luogo facendo fronte alle emergenze. Ad esempio, alcune emergenze ambientali con le quali ci dobbiamo misurare sono un'occasione concreta per assumere i cosiddetti «determinanti della salute». Ci siamo cimentati in un approccio più sistemico attraverso il programma «Guadagnare in salute» e stiamo lavorando per la prima conferenza nazionale sulla salute delle donne, che intendiamo svolgere l'8 e il 9 marzo prossimi e che tratterà del piano intersettoriale per la salute della donna. Questi sono due strumenti - l'uno, già definito, il programma «Guadagnare in salute», l'altro il piano intersettoriale -, due esempi di costruzione di quell'approccio della salute in tutte le politiche.
L'altra innovazione è l'approccio di genere alla salute, che ci aiuta a cogliere meglio lo stato di salute delle donne, oltre alle innovazioni che, ad esempio, nell'ambito dell'organizzazione sanitaria, è utile e possibile introdurre, proprio a partire dall'esperienza di genere.
Inoltre, sottolineo come la dimensione di genere non sia ancora oggi pienamente utilizzata come strumento sistematico per programmare le azioni e gli interventi di promozione della salute, e come persistano stereotipi e pregiudizi, nella ricerca biomedica e in medicina: dallo studio della eziologia ai fattori di rischio e produttivi per la salute, dai sintomi alla diagnosi, dalle misure di riabilitazione alla valutazione dei risultati dei trattamenti.
Vi sono alcune evidenze significative - che richiamerò solo rapidamente, poiché consegnerò il testo scritto del mio intervento e non vorrei dilungarmi troppo - per quanto riguarda la salute delle donne.
Sebbene le donne vivano più a lungo degli uomini, infatti, esse hanno l'onere di un maggior numero di anni di vita in cattiva salute. Secondo i dati dell'ultima indagine multiscopo Istat, presentata il 2 marzo scorso, l'8,3 per cento delle donne italiane denuncia un cattivo stato di salute, contro il 5,3 per cento degli uomini. Secondo le statistiche internazionali, la malattia cardiovascolare è il killer numero uno per la donna e supera di gran lunga tutte le cause di morte. Le patologie psichiche sono prevalenti e in crescita tra le donne: la depressione è la principale causa di disabilità delle donne tra i 15 e i 44 anni, la schizofrenia è sottostimata; le donne sono al primo posto nel consumo di farmaci, ma sono poco rappresentate nei triage clinici e farmacologici. L'endometriosi ha una prevalenza nella popolazione femminile di circa il 10 per cento e interessa circa il 30 per cento delle donne infertili.
Rispetto alle condizioni di lavoro, sebbene la medicina del lavoro abbia conseguito risultati importanti per la tutela della salute sui luoghi di lavoro, sono state considerate esclusivamente le caratteristiche biopsichiche e socio-economiche del lavoratore maschio. Quindi, anche quello della medicina nei luoghi di lavoro e della condizione nei luoghi di lavoro è un ambito che dovrebbe essere approfondito e in cui l'applicazione dell'approccio di genere è molto utile.
Inoltre, come sapete, la violenza sessuale, fisica, psicologica ed economica contro le donne rappresenta una grande emergenza e una grande questione di civiltà per il nostro Paese.


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Vi sono, poi, i dati più noti relativamente alla salute sessuale e riproduttiva della donna; mi riferisco ai dati relativi all'interruzione volontaria di gravidanza, che ha visto un trend decrescente costante nel nostro Paese, all'aumento del ricorso alla contraccezione e al dato problematico, invece, per quanto riguarda le donne immigrate.
Inoltre, il tumore della mammella rappresenta la neoplasia più frequente e la causa di morte per tumore più importante per le donne italiane; nel Mezzogiorno, oltre il 60 per cento delle donne, nella popolazione obiettivo, risulta ancora privo di offerta di mammografia all'interno dei programmi organizzati.
Sempre dal punto di vista delle evidenze, la prevenzione del tumore al polmone, che è in aumento tra la popolazione femminile ed è determinato dalle trasformazioni delle donne rispetto agli stili di vita in relazione al fumo, sollecita un'attenzione particolare. Così come la salute delle donne immigrate, che, come sapete, richiede un focus specifico proprio, poiché le evidenze dimostrano che ancora persiste una grave carenza di informazione e conoscenza in merito alla salute sessuale e riproduttiva. Esistono, infatti, difficoltà di accesso ai servizi e alla cultura della prevenzione ed esiste un maggiore rischio del disagio psico-sociale. Questi fattori si traducono in una maggiore incidenza di esiti neonatali sfavorevoli al parto, in un alto tasso di ricorso all'IVG, in una scarsa partecipazione ai programmi di screening e nel manifestarsi dell'effetto migrante esausto.
In coerenza con l'importanza del tema salute delle donne, non solo per quanto attiene proprio alle condizioni di salute dell'universo femminile (lo sottolineo perché credo che questa sia una distinzione importante; infatti, parlare delle donne non significa solo mettere l'accento sulle patologie particolari o che più le invalidano e le colpiscono, ma anche mettere in risalto il rapporto donne-sistema sanitario e cogliere gli elementi di innovazione che da un approccio di genere possono derivare all'insieme dell'organizzazione del sistema sanitario e delle politiche della salute), noi abbiamo insediato, l'8 giugno scorso, la commissione salute delle donne, che è di durata triennale.
Questa commissione è suddivisa in sette gruppi di lavoro che trattano sette rispettivi argomenti: la preparazione della conferenza nazionale sulla salute delle donne e la definizione del piano intersettoriale per la salute delle donne; l'approccio di genere alla salute; il percorso nascita; la salute sessuale e riproduttiva; la salute delle donne durante tutto l'arco della vita; i tumori; la violenza contro le donne.
All'interno degli specifici obiettivi dei diversi gruppi di lavoro, poi, si sono individuate alcune priorità, soprattutto perché la commissione deve aiutare il Ministero nella definizione di atti di indirizzo e di coordinamento. Il Ministero svolge una funzione di indirizzo, di coordinamento, di valutazione dei risultati. I gruppi di lavoro, quindi, ci aiuteranno e la commissione aiuterà il Ministero, oltre che a predisporre il piano intersettoriale per la salute delle donne, a svolgere una funzione di indirizzo.
Per brevità, consegnerò, come vi ho già detto, il testo scritto del mio intervento, dal quale risultano gli obiettivi dei singoli gruppi di lavoro.
Rispetto all'attività del Ministero della salute, vorrei poi ricordare il piano d'azione sulla salute materno-infantile, che abbiamo presentato a Napoli l'8 marzo scorso, che avete all'attenzione e che prevede azioni concrete e non soltanto interventi legislativi.
Nel piano d'azione sono contenute iniziative e azioni che già abbiamo promosso e altre in via di realizzazione.
Tra le azioni già deliberate, sottolineo le risorse stanziate nell'ultima legge finanziaria per i servizi di radiodiagnostica e di radioterapia di interesse oncologico - in particolare per le regioni meridionali -, per le cure palliative, anche pediatriche, per l'assistenza, anche pediatrica, oltre ai progetti finalizzati proprio alla tutela della salute della donna, obiettivi del piano che rafforzano l'azione di programmazione e le iniziative dei governi regionali.


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Vi è inoltre il piano di vaccinazione contro l'HPV, per la prevenzione del carcinoma della cervice uterina; su questo, c'è un'ipotesi all'attenzione della Conferenza unificata, che mi auguro venga vagliata il più presto possibile. Abbiamo poi stabilito lo screening obbligatorio per le sordità congenite e definito le linee nazionali di indirizzo per la promozione dell'allattamento esclusivo al seno.
Inoltre, è stato definito il progetto Ministero della salute/CCM/Istituto superiore di sanità per l'assunzione ottimale di acido folico in gravidanza, che come sapete è una misura importante di prevenzione, e il progetto Ministero della salute/CCM/Istituto superiore di sanità per la promozione e valutazione di qualità e di modelli operativi del percorso nascita. Questo è molto importante ai fini di una raccolta delle buone pratiche esistenti sul territorio per quanto riguarda la salute materno-infantile e anche per favorire un rilancio del consultorio. Noi pensiamo che sia molto importante valutare le buone pratiche e lo stato dei servizi del nostro Paese, per poter svolgere poi un'azione di rilancio sul piano dell'aggiornamento degli indirizzi.
Inoltre, la campagna nazionale di comunicazione sulle sette azioni raccomandate per la prevenzione attiva e la promozione della salute nei primi anni di vita del bambino ci è stata sollecitata e proposta dalla regione Veneto, e noi l'abbiamo estesa alle altre regioni, proprio perché molto efficace.
Infine, ricordo il piano delle cure palliative pediatriche e il piano per l'applicazione della legge n. 40 del 2004, relativa alla prevenzione dell'infertilità.
Tra le azioni in corso, voglio sottolineare: la modifica del decreto ministeriale n. 500 del 1994, sul codice internazionale di commercializzazione dei latti, e il regolamento ministeriale per l'attuazione della direttiva 2006/141/CE, riguardante gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento; le linee guida sul taglio cesareo; l'attuazione della direttiva 2005/36/CE (questo lo voglio sottolineare, vista la discussione, anche perché è un aspetto al quale vogliamo dedicarci con attenzione), relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali delle ostetriche; infine, il progetto Ministero della salute/Istituto superiore di sanità sul sistema di sorveglianza della mortalità materna.
Inoltre, voglio ricordare che, insieme al Ministero degli esteri, abbiamo promosso un percorso per la costruzione di un sistema relativo a tutte le forme di cooperazione e di partenariato nel Mediterraneo. Ci sono tante iniziative, di università, di ospedali, di medici, che vedono la cooperazione dei Paesi appartenenti all'area del Mediterraneo. Noi pensiamo che sia importante costruire un sistema, quindi abbiamo iniziato a fare un censimento, attraverso un incontro al Ministero degli esteri, al fine di raccogliere tutte le esperienze di cooperazione - del Governo, delle regioni, così come le singole iniziative - nell'ambito del Mediterraneo che hanno come indirizzo fondamentale proprio la tutela della donna e la tutela materno-infantile.
Vi sono, poi, iniziative nell'ambito dell'attuazione delle norme della legge finanziaria, che dobbiamo realizzare per quanto attiene ai programmi regionali. Parlare di salute materno-infantile e di salute delle donne significa entrare molto nel merito delle azioni di governo regionale. Noi riteniamo che, più che presentare leggi - oltre alla legge sul parto -, dovremmo insistere su un'azione di indirizzo e di sollecito nei confronti dei governi regionali; infatti, come sempre, si pone una questione di scelte e di priorità politiche, e purtroppo la salute della donna e quella materno-infantile non sono sempre considerate grandi priorità. L'azione del ministero, dunque, è anche nel senso di sollecitare i governi regionali a considerare prioritario il progetto relativo alla salute materno-infantile e alla salute della donna.
Ci sembra sia questo il lavoro più consistente e più significativo da attuare, insieme agli atti amministrativi del Ministero.
In ultimo - penso sia più utile che acquisiate gran parte delle informazioni dal testo scritto -, per quanto concerne la


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donazione e la conservazione delle cellule staminali emopoietiche presenti nel cordone ombelicale al momento del parto, credo di dovervi esplicitare il percorso che abbiamo seguito e che ci ha portato alla stesura dell'ordinanza.
Riguardo ad una eventuale iniziativa legislativa, mi pare vi sia un problema di raccordo istituzionale tra Camera e Senato. Sul tema del cordone ombelicale, infatti, so che al Senato è stato avviato l'iter concernente un provvedimento legislativo; alla Camera, invece, uno degli articoli del disegno di legge sul parto affronta il tema in questione. Io suggerisco una concertazione di indirizzo e di tempi.
Per quanto riguarda l'ordinanza, abbiamo innanzitutto valutato gli strumenti normativi attualmente in vigore, che sono i seguenti: l'accordo Stato-regioni del 10 luglio 2003; le linee guida in tema di raccolta, manipolazione e impiego clinico di cellule staminali emopoietiche; l'accordo Stato-regioni del 23 settembre 2004; le linee guida sulle modalità di reperimento, trattamento, conservazione e distribuzione di cellule e tessuti umani a scopo di trapianto; la legge n. 219 del 2005, che regola la produzione, la conservazione e l'impiego del sangue dei prodotti trasfusionali e degli emoderivati; infine, l'ordinanza del Ministero della salute del 4 maggio 2007.
Con l'ultimo provvedimento, contenente misure urgenti in materia di cellule staminali del cordone ombelicale, si conferma che l'attività di conservazione del cordone ombelicale è effettuata esclusivamente dalle banche di strutture pubbliche, da quelle individuate dall'articolo 8 della legge n. 107 del 1990 e da quelle di cui all'accordo Stato-regioni del 10 luglio 2003.
La conservazione del cordone a seguito di donazione senza oneri a carico delle donatrici è prevista dalla nuova ordinanza nei seguenti casi: per uso allogenico a scopo solidaristico; per uso dedicato al proprio neonato o a consanguineo affetto da patologie in atto al momento della raccolta del cordone, per la quale può essere utile un eventuale trapianto di cellule cordonali; per uso dedicato nel caso di famiglie ad alto rischio di avere dei figli affetti da malattie geneticamente determinate per le quali risulti appropriato il trapianto.
L'ordinanza affronta, inoltre, per la prima volta, la possibilità per le donne di conservare il proprio cordone per uso autologo anche nei casi in cui il neonato non sia affetto o sia a rischio di contrarre patologie per le quali è già oggi provata l'utilità del trapianto.
In proposito, l'ordinanza preannuncia un'iniziativa legislativa che disciplini le modalità e le condizioni per la conservazione a uso autologo del cordone.
Per la definizione di questa ordinanza ci siamo avvalsi di un lavoro molto attento ed approfondito, svolto da una commissione che ha raccolto tutti gli orientamenti in materia. Tali orientamenti, ai fini di un'eventuale iniziativa legislativa, hanno suggerito al Ministero di consentire l'uso autologo del cordone solamente a condizione che la donatrice accetti di renderne disponibile una quota per una eventuale richiesta di trapianto. Nel caso in cui il cordone autologo sia effettivamente utilizzato a tale scopo, andrebbe previsto il rimborso integrale della donatrice riguardo ai costi sostenuti per la conservazione ad uso autologo. Al fine di garantire un principio di equità, bisognerebbe far sì che questa disciplina, a fronte del pagamento delle spese di conservazione per la parte riservata all'uso autologo, garantisca comunque fasce di esenzione per reddito.
Il mio auspicio è inoltre che il provvedimento legislativo richiamato dall'ordinanza possa trovare un'attuazione rapida e di concerto tra Governo e Parlamento. È comunque molto importante informare i cittadini riguardo a questa opportunità di donazione, chiarendo le evidenze scientifiche sull'efficacia terapeutica dell'uso allogenico del cordone e specificando altresì che ad oggi non sussistono pari evidenze per quanto riguarda l'uso autologo.
Devo dire che l'aspetto della giusta informazione ci è stato vivissimamente raccomandato, poiché dobbiamo tutelare la salute dei cittadini ed adoperarci in


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azioni di sanità pubblica che si basino sulle evidenze scientifiche, senza consentire che prevalgano le speculazioni mediatiche.
Per questo, riteniamo che sia necessario attivare una campagna straordinaria di informazione e comunicazione, affinché le donne siano davvero consapevoli e informate nelle loro scelte. Rispetto all'uso allogenico e autologo, le evidenze sono tutte molto concordi.
Riteniamo, inoltre, che sia necessario incrementare il numero di punti parto organizzati per raccogliere le donazioni (attualmente lo sono meno del 10 per cento), garantendone una disponibilità il più possibile uniforme sul territorio nazionale. Per ottenere una copertura ottimale delle caratteristiche genetiche, infatti, il numero dei cordoni ombelicali disponibili nelle banche per donazione altruistica - oggi pari a circa 20 mila - andrebbe triplicato. In modo analogo al registro dei donatori di midollo, potrebbe essere effettuata una programmazione annuale dei cordoni necessari.
Importante è, infine, la verifica della capacità del sistema di accogliere il prevedibile incremento di richieste. Per questo, è necessario ispezionare le banche e concordare le modalità del progetto con le regioni. Su questo punto, darei atto al Centro nazionale trapianti, che sta svolgendo un lavoro molto importante e significativo.
Sul cordone ombelicale, dunque, ribadisco quanto scritto nella nostra ordinanza e le ragioni per cui abbiamo scelto un atto che in realtà demanda al Parlamento; il compito di un'ordinanza, infatti, è quello di porre in essere un intervento di emergenza, poiché in un secondo momento la materia, dato il suo rilievo, deve essere regolata dal Parlamento.
Mi è parso importante tenere conto del fatto che, sia al Senato sia alla Camera, ci sono iniziative legislative in corso, per cui ho ritenuto che l'ordinanza dovesse porsi come strumento ponte, che non chiudesse le possibilità, ma le aprisse senza regolamentarle - poiché sarebbe anche improprio -, e soprattutto che non le regolamentasse, a fronte di una iniziativa che riguarda i due rami del Parlamento.

PRESIDENTE. Grazie, Ministro Turco.
Dato che il Ministro dovrà recarsi in Assemblea per il question time, ritengo che l'audizione possa proseguire fino alle 15,45.
Do la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

DONATELLA PORETTI. Cercherò di essere più breve possibile, perché vorrei che il Ministro avesse la possibilità di replicare alle nostre sollecitazioni; credo sia anche questo il senso dell'audizione di oggi. In particolare, avevo sollecitato la presenza del Ministro Turco affinché riferisse sulla questione delle cellule staminali, e poiché si tratta dell'ultimo argomento trattato, comincerò proprio da questo.
Sul fatto che l'ordinanza possa essere uno strumento improprio per regolamentare questa materia, sono d'accordo con il Ministro. Il problema è che si sta adottando questo strumento improprio da sei anni, anche se non è certo colpa del Ministro. Tuttavia, un'ordinanza dovrebbe effettivamente regolamentare una questione urgente, e in questo caso l'urgenza si sta protraendo da troppi anni.
Non posso non concordare sul fatto che le donne devono essere poste di fronte ad una giusta informazione, e quindi alla possibilità di scegliere cosa fare del proprio cordone ombelicale, se donarlo, se conservarlo o se addirittura gettarlo tra i rifiuti biologici di una sala parto, poiché anche questo è ammissibile. Io, chiaramente, non auspico quest'ultima scelta, ma la giusta informazione dovrebbe dare alla donna la possibilità di compiere una scelta consapevole.
Il problema è che le scelte si possono fare quando si è messi in condizioni di farlo. Ad oggi, in Italia, a causa del rinnovo di questa ordinanza (per la quale il Ministro in realtà ha più o meno ripreso il testo già esistente, senza modificarlo molto), redatta dal Governo precedente, di


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fatto non c'è la possibilità di una scelta consapevole, ma pressoché un obbligo, ossia quello della donazione.
Per poter fare, invece, la conservazione autologa - non lo ha ricordato il Ministro -, c'è la possibilità di andare all'estero. A questo proposito, continuo a non capire il perché del divieto, che poteva essere invece eliminato con l'ordinanza, della possibilità di scegliere la conservazione autologa anche in Italia.
Lei ha detto che è demandata al Parlamento la possibilità di predisporre una legge; tuttavia, nell'ordinanza lei scrive anche come, a suo avviso, dovrebbe essere fatta quella legge. Credo che un ministro o redige un disegno di legge, oppure emette un'ordinanza per frenare un'emergenza presente in un dato momento. Utilizzare, invece, un'ordinanza per dare un'indicazione al Parlamento su come dovrebbe legiferare non so quanto si possa considerare un utilizzo proprio di tale strumento.
Inoltre, poiché nell'ordinanza si prevede il divieto di istituire banche per la conservazione del sangue da cordone ombelicale presso strutture private anche accreditate, mi chiedo se non si intervenga, in parte, contro una legge - citata dal Ministro - che già esiste, ma è priva dei relativi decreti attuativi, che avrebbero dovuto essere adottati entro luglio dello scorso anno. Mi riferisco alla legge n. 219 del 2005 sul sangue, il cui articolo 10 prevede l'istituzione di una rete nazionale di banche. I decreti attuativi avrebbero dovuto essere emanati dal ministro lo scorso luglio, e mi ricordo di aver presentato io stessa un'interrogazione alla quale rispose, in Assemblea, nel settembre scorso, il sottosegretario Zucchelli, il quale disse che i termini erano perentori e non ordinatori, e che si stava lavorando per predisporre un decreto attuativo. Tuttavia, ad oggi, questo decreto ancora non c'è.
Per assurdo, con l'ordinanza si chiede una legge; in realtà, esisteva già una legge che prevedeva l'istituzione, attraverso decreto, di una rete di banche nazionale. Mi sembra che stiamo girando intorno al problema.
A questo si aggiunge il fatto che esiste già anche un provvedimento sul parto. Lei ha sottolineato che la Camera e il Senato potrebbero intervenire sullo stesso argomento. Ebbene, di fatto, la Camera, o meglio questa Commissione, ha in parte già licenziato un testo che detta princìpi generali. In particolare, l'articolo 15 di quel provvedimento sul parto prevede sia la donazione sia la conservazione ad uso autologo del cordone, e questo deve essere permesso in strutture sia private sia pubbliche. Per certi versi, dunque, un'indicazione dal Parlamento le era arrivata proprio da un punto di vista istituzionale.
Non cito gli innumerevoli appelli che le abbiamo rivolto, come parlamentari di tutti gli schieramenti, e che io personalmente, come rappresentante del gruppo La Rosa nel Pugno, che fa parte della maggioranza che sostiene il Governo, le avevo più volte sollecitato. Ma questo fa parte del dibattito politico.
Ho citato l'articolo 15 del provvedimento sul parto, che è un atto di un'istituzione parlamentare, in particolare della Camera dei deputati.
Lei ha detto che l'ordinanza fornisce delle indicazioni su quello che, in teoria, potrebbe essere, per lei, il testo di legge ideale. Ricordo di aver letto che una soluzione potrebbe consistere nella suddivisione del cordone ombelicale in due parti: l' 80 per cento per uso autologo e il 20 per cento a fini solidaristici. In altre parole, si conserverebbe l'80 per cento per se stessi e si donerebbe il restante 20 per cento.
Se questa è l'unica possibilità affinché una donna in Italia possa conservare il proprio cordone ombelicale, sollevo alcuni dubbi di principio: come è possibile parlare di donazione, se questa diventa un atto obbligatorio? Infatti, l'unica modalità per ottenere la conservazione in Italia prevede l'obbligo della donazione di una parte del cordone ombelicale. Ritengo che siano in contraddizione i termini stessi «obbligatorio» e «donazione».
Per non parlare del fatto che, fra l'altro, se c'è un'evidenza scientifica sull'utilizzo delle staminali del cordone ombelicale


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è che, più sono queste cellule, più esse sono utili a risolvere alcune malattie, tanto che oggi si usano prevalentemente sui bambini proprio perché questi hanno un peso corporeo solitamente sotto i 30-40 chili e, di conseguenza, anche una piccola quantità riesce ad intervenire per curare ed eliminare alcune malattie. Mi pongo, quindi, il dubbio dell'utilità di raccoglierne solo un 20 per cento; infatti, se già un cordone basta appena per un bambino, io non so un 20 per cento a chi potrebbe essere utile. Tutto ciò, comunque, quando è possibile l'esportazione all'estero. Su questo, la sollecito nuovamente: in Italia, preferiamo esportare quasi nove cordoni ombelicali su dieci, , per non accreditare delle strutture private che potrebbero conservarli nel nostro Paese. Mi chiedo se tutto ciò abbia un senso, dal momento che, sebbene facciamo parte dell'Unione europea, di fatto impediamo la libera circolazione di cose, persone e, in questo caso, dei cordoni ombelicali.
Come ultima annotazione, mi chiedo per quale motivo in Italia si vieti che alcuni cordoni ombelicali prelevati all'estero possano essere conservati in Italia, in strutture che potrebbero conservarli.
Ho preferito essere abbastanza precisa e limitarmi ad alcuni punti, poiché vorrei ascoltare la replica del Ministro.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Ministro, la mia formazione non mi consente di essere maleducato, in ogni caso dividerò il mio intervento in due parti: una prima parte di critica e una seconda di ampio consenso.
Innanzitutto, una richiesta. Il signor Ministro è venuto qui, e la ringraziamo. Ha parlato, ma logicamente non poteva soffermarsi a lungo su tutti gli argomenti, che pure meritavano di essere trattati. Mi auguro che, se non si finirà per tempo, il Ministro possa tornare, per correttezza nei confronti di chi ancora deve intervenire, poiché il mio intervento non sarà di pochi minuti, ma non vorrei togliere per questo la parola agli altri colleghi.
La prima parte del mio intervento riguarda la salute della donna. Spero si sia trattato di una sua dimenticanza, poiché credo lei sappia - altrimenti, se i funzionari del suo Ministero non l'hanno informata, hanno mancato gravemente - che c'è stata già una commissione salute della donna, da me presieduta in qualità di sottosegretario per la salute. Tale commissione, istituita con un decreto del Ministero della salute, era composta da venti persone, tra cui funzionari del Ministero della salute ottimamente preparati, rappresentanti dell'Istituto di sanità, delle università, e via dicendo.
Si trattava di un organismo interamente costituito da donne, che ha prodotto un documento amplissimo, di oltre sessanta pagine, in cui si affrontano quasi tutti i temi che lei ha citato - donne e formazione, donne e lavoro, donne e famiglia, donne e partecipazione, donne e stile di vita, donne e salute, donne e immigrazione, interruzione di gravidanza, discriminazione, violenza, mobbing, depressione - e che è stato presentato alla Conferenza Stato-regioni. Successivamente, producemmo anche dei volantini, che sono stati distribuiti a tutti i medici di famiglia e a tutte le farmacie per sensibilizzare sul problema della salute delle donne, in tutti gli aspetti che lei ha ricordato. Si trattava di volantini messi a disposizione del pubblico, contenenti indicazioni su come comportarsi in questo campo.
La mia rimostranza, dunque, è dovuta al fatto che lei, anche nella sua presentazione dell'8 giugno scorso, non ha fatto minimamente riferimento a tale commissione, che ha lavorato egregiamente per mesi e ha prodotto un documento scientificamente ineccepibile, che è depositato ed è stato presentato, ripeto, alla Conferenza Stato-regioni. Questo, dunque, è l'aspetto critico.
Per quanto riguarda il contenuto, logicamente non posso che essere favorevolmente impressionato, anche se non condivido l'idea della priorità. Non esiste, a mio parere, una priorità delle patologie degli uomini, o delle donne, o dei transgender; le priorità sono stabilite in rapporto all'urgenza degli interventi, a seconda


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delle patologie. È chiaro che le donne hanno caratteristiche particolari - lo ripeto, io sono sensibilissimo al problema della salute delle donne e ho voluto fortissimamente la commissione che lei ha istituito - e richiedono priorità, in rapporto alla specificità di alcune situazioni, come il parto, l'allattamento, il tumore del seno, il tumore del collo dell'utero, e così via.
Da questo punto di vista, il mio è un plauso a continuare, a sensibilizzare le regioni su queste problematiche, affinché possano veramente attuare dei provvedimenti in materia; infatti, è alle regioni che spetta l'organizzazione e poi l'esecuzione di ciò che viene predisposto dal Ministero. Altrimenti, noi assistiamo al realizzarsi del quadro da lei descritto, ossia ad interventi a macchia di leopardo, con - ad esempio - un'incidenza dei tumori del seno che nel sud è più del doppio rispetto al nord, sebbene certamente le donne del sud non siano inferiori a quelle del nord. Io non difendo nessuno, ma la donna è uguale al nord, al sud e al centro. Gli interventi, evidentemente, non sono stati attuati in maniera corretta nelle varie regioni, per cui paghiamo - in termini di salute, in termini di efficienza, in termini economici - un contributo troppo esoso in rapporto ai risultati che potremmo avere.
Il secondo aspetto che vorrei toccare è quello relativo al cordone ombelicale. Signor Ministro, mi trovo d'accordo sulla sua ordinanza, eccetto per un piccolo elemento. Rispondo anche all'onorevole Poretti, perché ne abbiamo parlato tra di noi. Tra l'altro, le comunico, qualora non sia stata informata, che purtroppo - dico purtroppo - nella legge sul parto è stato stralciato l'articolo sul cordone ombelicale, insieme ad alcuni emendamenti da noi formulati su questo punto.
Personalmente, mi sono occupato da tempo di tale aspetto e ho presentato un progetto di legge in data 16 luglio 2006, che ricalca - e mi fa piacere - parte della sua ordinanza; infatti, in esso ho trattato anche l'aspetto della donazione in senso autologo. Cito testualmente: «In caso di accertata patologia curabile attraverso l'utilizzo di cellule staminali emopoietiche, la donazione può essere dedicata a favore della donatrice o di altri componenti del gruppo familiare, previa autorizzazione da parte delle strutture nazionali di riferimento».
Tuttavia qui, onorevole Poretti, la donazione è un atto solidaristico, quindi ritengo - e sono d'accordo con la mia collega - che una legge non possa prevedere di conservare una parte del cordone ombelicale per sé e di donare la restante parte, perché questa non sarebbe più una donazione e perché, da un punto di vista scientifico, spesso non è sufficiente un cordone ombelicale ma bisogna ricorrere a più cordoni ombelicali. Pertanto, non ha senso garantire che l'80 per cento venga riservato al donatore. Questo, signor Ministro, è un contributo, non una critica. Quindi, io sono, ancora oggi, favorevole alla donazione.
Abbiamo equiparato la donazione del cordone ombelicale al sangue, che sappiamo viene lavorato in strutture pubbliche. Mi pare che in Italia vi siano sedici banche pubbliche. Io vi partecipo, insieme al dottor Nanni Costa, ottimo direttore del Centro nazionale trapianti, che lei ha ricordato; mi associo al suo riconoscimento di validità. Ebbene, queste sedici banche pubbliche hanno dei problemi. Per esempio, a Sciacca, in Sicilia, vi è il centro che ha il maggior numero di cordoni ombelicali conservati, ma anche quello che ha il minor numero di cordoni utilizzabili. Non è sufficiente la donazione, bisogna poi espandere le cellule e questo comporta un problema di personale e di costi.
Il mio pensiero si basa, oltre che su dati scientifici, sulla convinzione che la donazione debba rappresentare l'atto solidaristico più eccelso che possa esistere. Noi siamo passati, grazie all'ultima legge in materia, dal penultimo al secondo posto in Europa per numero di donatori per milione di abitanti. Sicuramente miglioreremo questa posizione, ma abbiamo in lista d'attesa migliaia di pazienti che muoiono entro il primo anno, e questo significa che dobbiamo impegnarci di più.


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Mi occupo di trapianti, pur essendo un internista. So bene che esiste anche il problema di organizzare campagne informative adeguate: come si fa a chiedere a una mamma che, attraverso il monitor, vede ancora battere il cuore del figlio, in rianimazione, di donarne gli organi? Non è certamente semplice far comprendere il significato della morte cerebrale, ma bisogna che i medici si impegnino in questo.
Tornando all'argomento in discussione, fino a che la donazione del cordone ombelicale rimane appunto donazione - ed io sono per questo -, occorre fare in modo, come sostiene la collega Poretti, che le donazioni aumentino e non si limitino al 10 per cento. Ovviamente, non è colpa delle donne: dobbiamo attuare una campagna informativa, dare alle donne la possibilità di donare il cordone ombelicale, fare in modo che questo venga immediatamente raccolto, garantire che vi sia personale in grado di lavorarlo e che tutte le richieste possano essere soddisfatte. Come sapete, oggi i linfomi e le leucemie, nel 70-80 per cento dei casi, guariscono. Faccio il medico da 42 anni ed ho assistito ad un vero e proprio stravolgimento della situazione: prima vedevo morire tante persone, oggi è emozionante l'idea che si guarisca da malattie il cui nome un tempo suonava come una condanna a morte.
Questo è un problema molto delicato, rispetto al quale in Italia possiamo assumere una posizione all'avanguardia. Dobbiamo tutti contribuire per raggiungere l'obiettivo di una maggiore donazione; occorrono, dunque, campagne informative e azioni che facilitino questa scelta da parte delle donne. Mi chiedo, però, se le banche pubbliche siano in grado di farlo. Signor Ministro, so bene che lei ha mille compiti da assolvere, ma promuova un'indagine su questo argomento. Perché molte banche pubbliche non funzionano adeguatamente? Perché i cordoni ombelicali vengono lì conservati senza essere utilizzati? Noi potremmo far fronte a molte più richieste senza dover andare all'estero o dover pagare. Se è un problema di fondi, signor ministro, chieda: la salute costa.
Alla riunione del G8 che si è tenuta a Mosca, in cui ho rappresentato l'Italia all'epoca del Governo precedente, il Ministro della salute degli Stati Uniti ha riconosciuto che il nostro Servizio sanitario nazionale, di cui io sono un fautore, è il secondo nel mondo per efficienza e qualità, ma ha affermato che le richieste non potranno essere mai soddisfatte, perché questo significherebbe impegnare il 16 per cento del PIL. Nessun Paese al mondo può impegnare il 16 per cento del PIL, ma indubbiamente questo è uno dei campi da favorire.
Per quanto riguarda l'aspetto legislativo, su questo mi schiero dalla parte del Ministro, sebbene per altro verso sia stato critico nei suoi confronti. Devo dire che ella correttamente si rimette al Parlamento, dopo aver adottato un'ordinanza resasi necessaria a seguito della scadenza dell'ordinanza dell'ex Ministro Sirchia. In una situazione di «vuoto di potere», non si può lasciare in sospeso un argomento del genere. Il Parlamento, dunque, deve legiferare quanto prima.
Sono dolente del fatto che questo argomento ci sia stato «sottratto» dal Senato, e dunque che non sia stato affrontato dalla Camera. Spero che il Senato - Ignazio Marino è un ottimo presidente della competente Commissione - possa accelerare i tempi, permettendoci così di abbinare le nostre proposte di legge. Tuttavia, ritengo che, se funzionano le banche pubbliche e se il Ministro si adopera affinché questo avvenga, non vi è bisogno delle banche private. È necessario, però, che il cittadino riceva una risposta concreta che soddisfi le sue esigenze.

PRESIDENTE. Sollecito i colleghi che devono ancora intervenire ad essere più sintetici, in quanto il Ministro deve essere in Assemblea prima delle ore 16.

DOMENICO DI VIRGILIO. Ho chiesto preliminarmente che il ministro, se è disponibile, torni in Commissione, perché gli argomenti trattati sono troppo importanti per togliere spazio e voce ai colleghi.
Chiedo scusa per essermi dilungato, ma ho ridotto di gran lunga il mio intervento.


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FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Ringrazio il signor Ministro per la sua relazione. Cercherò di essere breve, quindi limiterò il mio intervento ad alcune considerazioni.
È importante partire dalla considerazione che la donna presenta patologie diverse rispetto all'uomo ed occorre un maggiore impegno nei confronti di alcune di esse.
Come diceva l'onorevole Di Virgilio, è necessario che le buone intenzioni diventino fatti concreti. Anche il Governo precedente ha operato in questo senso, sebbene non sia stato attuato tutto quello che era stato messo a punto dalla Commissione. Invito dunque il Governo attuale a concretizzare il lavoro di questa Commissione: le buone intenzioni ci sono - di buone intenzioni sono lastricate le vie dell'inferno -, e sono condivisibili, ma si devono poi concretizzare.
Fatta questa premessa ed espressa condivisione nei confronti dell'azione intrapresa, vorrei rivolgere alcune brevi domande al Ministro. Mi compiaccio per gli screening per le sordità che si stanno portando avanti, e vorrei sapere quali sono le sette azioni adottate per la promozione della salute nei primi anni di vita del bambino, in particolare cosa si intende per cure palliative pediatriche. Inoltre, vorrei sapere in che modo intende disciplinare la commercializzazione del latte, in rapporto all'allattamento materno, che da sempre viene sponsorizzato.
Sono laureato da 48 anni, e da quando faccio il medico mi sono occupato di questa materia. A dire il vero, il latte moderno non dico che possa sostituire l'allattamento materno, ma sicuramente è ben diverso dal latte acido - poi si passò al latte adattato e al latte di proseguimento - che si vendeva quando ho cominciato a fare il pediatria.
Sull'argomento oggetto dell'audizione, devo dire che il problema è urgente, e giustamente il Ministro ha emanato una nuova ordinanza, essendo scaduta quella precedente. Dovremmo essere noi, come Parlamento, così come ci ha sollecitato il Ministro stesso, ad occuparci in modo più concreto del problema.
In particolare, dovremmo chiarire la questione dei cordoni ombelicali - andrò personalmente a verificare la situazione a Sciacca -, ossia perché vengono conservati ma non utilizzati. Questo è un punto importante, che potrà aiutarci nella definizione della nuova legislazione in materia. Tra l'altro, dovranno essere aumentati i punti di raccolta, come già sta avvenendo.
Concludo invitando il Ministro a ritornare in questa sede per approfondire questi ed altri problemi.

EMANUELE SANNA. Come sempre, il Ministro Turco si contraddistingue per la disponibilità e la tempestività nel rispondere alle sollecitazioni della Commissione per un confronto sulle iniziative del Ministero, tant'è che quasi sempre sono necessarie due sedute per esaurire la discussione.
Il mio intervento sarà molto schematico. Intanto, prendiamo atto che è in arrivo finalmente il parere del Ministero. Noi pensavamo che se ne occupasse prevalentemente il Ministero dell'economia, anche perché la sofferta copertura finanziaria della legge sul parto - così viene definita, ma sappiamo che affronta tutte le tematiche del percorso di nascita - era stata concordata, nella fase conclusiva del provvedimento in Commissione, con il Ministero della salute.
Se arriverà in questi giorni il parere sulla copertura finanziaria, penso che saremo in condizione, la prossima settimana, di licenziare il provvedimento in questa sede, e forse rispetteremo - dal momento che è prevista una corsia preferenziale - l'impegno di portarlo in Assemblea per l'approvazione definitiva prima della pausa estiva dei lavori. Se così fosse, rispetteremmo grosso modo i tempi di una gravidanza fisiologica: nove mesi rispetto all'inizio della discussione in Commissione!
Per quanto riguarda la relazione del Ministro, ho molto apprezzato quanto ha


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detto in tema di salute della donna e dei bambini, e su ciò avremo modo di riflettere meglio. Non si tratta - lo vorrei dire al collega Lucchese - delle classiche buone intenzioni di cui sono lastricate le strade dell'inferno, perché mi sembra che siamo in presenza di provvedimenti e di iniziative molto concrete da parte del Ministero. Investire sulla salute delle donne e dei bambini significa intervenire strutturalmente sulla salute e sul benessere della nostra comunità nazionale.
Condivido, dunque, le considerazioni del Ministro sulla necessità di fare prevenzione, estendere i diritti e affrontare le diseguaglianze sociali e territoriali, ancora molto stridenti nel nostro Paese.
Se su queste iniziative si farà il punto, nel prossimo marzo, in una conferenza nazionale sulla salute della donna, spero che anche la Commissione e il Parlamento siano messi nelle condizioni di partecipare in maniera più attiva e propositiva a quell'appuntamento.
Mi permetto di dire che, probabilmente, occorrerebbe inserire fra le iniziative prioritarie, in questo cruciale segmento della salute degli italiani, anche il tema dell'adolescenza. Un'attenzione particolare a questa fase di passaggio dall'età infantile all'età adulta - una fase nella quale si realizza una cruciale e delicata transizione non solo ormonale e fisica, ma anche psicologica ed esistenziale -richiede una partecipazione, un supporto più attivo anche da parte del Servizio sanitario nazionale. Sul tema dell'adolescenza, dunque, penso che sia giusto intervenire.
Considero molto interessante il riferimento alla cooperazione con i Paesi del Mediterraneo. Sono in corso, da questo punto di vista, iniziative di intesa molto promettenti con il Ministero degli affari esteri. Ad esempio, nel campo delle talassemie e delle malattie genetiche, l'Italia si sta sempre più ponendo, in ambito euromediterraneo, come un punto di riferimento quanto mai interessante. Sappiamo che la talassemia non è solo un problema delle regioni meridionali, in particolare della terra dove io sono nato e cresciuto, ma riguarda in maniera molto diffusa anche tanti Paesi dell'area mediterranea. Noi siamo nelle condizioni - per il trapianto di midollo, la ricerca avanzata, le terapie più sofisticate - di rappresentare un punto di riferimento molto importante.
Sul sangue cordonale - e concludo, raccogliendo l'invito del presidente ad essere molto sintetico -, nel progetto di legge sul parto abbiamo previsto una normativa molto sobria, ma allo stesso tempo anche molto concreta, che non abbiamo considerato un corpo estraneo rispetto al provvedimento complessivo. Naturalmente, occorre lavorare d'intesa con l'altro ramo del Parlamento. Sono assolutamente d'accordo, sarebbe davvero singolare se ci pestassimo i piedi!
Quando il provvedimento sul parto e sul percorso di nascita arriverà al Senato, sarà anche quello il momento di fare una sintesi.
Sottolineo due problemi, uno di carattere culturale, l'altro di carattere organizzativo. Più del 50 per cento delle donne che partoriscono nel nostro Paese non sanno assolutamente nulla. Questo è il punto.
Sono d'accordo con il Ministro quando parla della necessità di promuovere la cultura della conservazione e della utilizzazione terapeutica corretta delle cellule e del sangue cordonale, ma ciò deve avvenire attraverso una campagna di informazione altrettanto corretta e veicolata su basi rigorosamente scientifiche. Diversamente, rischiamo di fare dei pasticci.
Conservare le cellule staminali ed emopoietiche del cordone significa mettere in banca un prezioso e insostituibile materiale biologico per la salute dei propri figli e anche dei figli di altri esseri umani. Ritengo, dunque, che dobbiamo procedere con assoluta determinazione e sintonia in sede istituzionale.

PRESIDENTE. Dopo il prossimo intervento, il Ministro dovrà recarsi in aula per il question time; pertanto, le chiederemo la disponibilità di tornare in Commissione.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Ringrazio il Ministro per la sua


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disponibilità, che questa sera è stata ulteriormente confermata, soprattutto rispetto all'ascolto di quanto proporremo.
Debbo dire - mi dispiace non sia presente il collega Di Virgilio - che considero importante il fatto one salute donna, anche perché credo che occorra avere consapevolezza dell'evoluzione di alcune politiche. Tale commissione, giustamente, deve monitorare alcuni campi e sviluppare una serie di iniziative che possono avere ricadute nel territorio.
Ho colto, nell'ampia relazione del Ministro, il quadro generale delle azioni che il Ministero intende portare avanti nelle politiche a favore della donna: si prendono in considerazione tutte le patologie, tutte le questioni, anche intersettoriali, che interessano la sanità riferita all'emisfero femminile.
Mi permetto di dire, però, signor Ministro, che a fronte di alcune patologie credo sia giusto che il suo Ministero - e lei particolarmente - moduli alcune priorità.
Ricordo che, nella precedente legislatura, sviluppammo un dibattito in Assemblea, insieme alla collega Zanotti, sui temi che riguardano le patologie legate al tumore della mammella. Fu presentata una mozione e si chiese di dare un impulso forte in questo ambito. Ancora oggi, però, registriamo dati che parlano di un Mezzogiorno che conosce ritardi notevoli in questo settore.
È necessario, dunque, stabilire delle priorità, con una corresponsabilizzazione delle regioni. Penso alla vaccinazione contro l'HPV, a una politica di prevenzione per il carcinoma della cervice uterina. È un campo in cui si può veramente incidere in maniera notevole, anche sul piano economico.
Prevenire, in questo caso, significa veramente risparmiare rispetto al costo delle cure. Condividiamo l'impostazione da lei riferita sulla complessità della materia. Nessun ambito può essere trascurato. Mi permetto di dire, tuttavia, che è il momento di modulare alcune scelte, di compiere alcuni passi avanti significativi in questo settore. Mi sono permesso di individuare due campi che, con politiche serie di prevenzione, consentirebbero una svolta notevole rispetto alle patologie che afferiscono alle donne.

GIULIO CONTI. Pongo una domanda forse provocatoria. In un comunicato stampa dell'Ansa si afferma che si dovrà rinunciare alla vaccinazione alla quale si riferiva l'onorevole Burtone perché il Ministero non ha i fondi.

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Chi l'ha detto?

GIULIO CONTI. Lei. Glielo leggo: «Colozzi: Governo chiederà rinvio vaccino collo utero».

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Colozzi ha fatto di tutto per impedire che il provvedimento andasse in porto...

GIULIO CONTI. Colozzi è il coordinatore del comitato di settore per la sanità. Non è mio fratello, insomma, ma qualcuno che lei dovrebbe conoscere!
Se arriviamo a questo punto, mi pare che i discorsi che stiamo facendo in questa sede abbiano poca importanza, se non a fini demagogici...

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Sono talmente poco demagogica!

GIULIO CONTI. Mi faccia parlare. Oltre alla disponibilità che lei dimostra, e che viene esaltata come se fosse un fatto rivoluzionario, credo che politicamente il Governo non stia facendo niente sulla sanità, nemmeno questa vaccinazione che non costa assolutamente nulla . Né è un dramma raccogliere il cordone ombelicale...

PRESIDENTE. Onorevole Conti, non dobbiamo discutere sulle dichiarazioni.

GIULIO CONTI. Io ho posto una domanda più che pertinente.


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LIVIA TURCO, Ministro della salute. Le rispondo subito. Questa dichiarazione è molto grave, perché in Conferenza unificata ho raccolto una richiesta che mi è stata posta con insistenza proprio dall'assessore Colozzi. Quindi, ho dimostrato il massimo di disponibilità istituzionale, affinché la questione dell'HPV fosse affrontata contestualmente ai LEA, dal momento che mi si chiede di inserire il vaccino come livello essenziale di assistenza.
Siccome il 19 luglio avremo la riunione con gli assessori regionali, nella quale si discuterà il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su LEA e patto per la salute, che comprende l'aggiornamento dei LEA e prevede esattamente l'HPV come livello essenziale di assistenza, ho chiesto che fosse sospesa la discussione e che si aspettasse questo provvedimento complessivo; ciò, a dimostrazione, in primo luogo, che lo consideriamo livello essenziale di assistenza...

GIULIO CONTI. Non si arrabbi con me...

LIVIA TURCO, Ministro della salute. ...e, in secondo luogo, che ci facciamo carico della correttezza istituzionale. Quindi, questo comunicato è molto grave. La ringrazio per avermelo riferito.

GIULIO CONTI. Signor ministro, non l'ho neanche letto tutto, perché vi si dicono cose ben peggiori di quelle che ho riferito. Glielo consegnerò, così lei potrà fare una puntualizzazione. Credo che qualcuno dei tanti collaboratori del suo Ministero avrebbe dovuto fornirle questa nota, che è di grande importanza.

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Onorevole Conti, eviti di fare della polemica banale. Sono qui che ascolto voi: dove sono i miei collaboratori? Insomma, se si parla di stile istituzionale, che se ne parli da tutte le parti, per favore!

GIULIO CONTI. Evitare cosa? Questa è l'Ansa, mica il Corriere dei piccoli!

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la disponibilità a tornare di nuovo in Commissione per concludere l'audizione su questo importante tema.
Rinvio pertanto il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 15,50.