COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 18 luglio 2007


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DORINA BIANCHI

La seduta comincia alle 15.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Seguito dell'audizione del Ministro della salute, Livia Turco, sulle iniziative del suo dicastero per la tutela della salute della donna e dei bambini, anche con riferimento alla donazione del sangue cordonale.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Ministro della salute, Livia Turco, sulle iniziative del suo dicastero per la tutela della salute della donna e dei bambini, anche con riferimento alla donazione del sangue cordonale.
Proseguiamo gli interventi, iniziati nella seduta del 27 giugno scorso.

DANIELA DIOGUARDI. Innanzitutto, vorrei ringraziare la Ministra per l'attenzione e la sensibilità che dimostra nei confronti delle donne e per il riconoscimento del genere come fattore determinante delle condizioni di salute. Tra l'altro, sia i dati Istat sia quelli riportati nel Libro bianco pubblicato dall'Osservatorio nazionale sulla salute della donna (ONDA) indicano che, sebbene le donne vivano più a lungo, sono maggiormente soggette a condizioni di salute precaria, quindi soffrono di più rispetto agli uomini.
L'elemento della differenza di sesso e di genere è stato finora del tutto assente o, comunque, sicuramente sottovalutato, a partire dagli studi, nelle facoltà di medicina. Mi capita spesso di raccontare un'esperienza, e lo faccio anche oggi. Prima di partecipare a un dibattito, ho consultato un libro di embriologia - l'ho sottratto a mia figlia, che allora era una studentessa di medicina - ed ho notato che si parlava sempre di embrione dell'uomo. Questo mi ha creato una certa confusione, dal momento che mi sembrava si dovesse più opportunamente parlare, in questo caso, di donna. Forse, si dovrebbe cominciare ad usare un linguaggio diverso anche nei testi di medicina. Peraltro, proprio in quel caso, non si tratta di una questione universale, ma di un problema - il parto, nello specifico - che riguarda le donne.
Il linguaggio, purtroppo, ha un forte valore simbolico. Capisco che spesso fa sorridere chi non ha mai approfondito e riflettuto su tale questione, ma io, venendo dal mondo della scuola, vi dico che il linguaggio ha una forte valenza simbolica rispetto alla realtà e al modo in cui la viviamo. Anzi, si può dire che il linguaggio è creatore di realtà. Per questo, mi soffermo sull'uso del maschile e del femminile.
Rispetto alla proposta avanzata - di cui ho letto in alcune mozioni presentate al Senato - di istituire scuole di specializzazione sulla medicina di genere, ritengo che potrebbe essere una scelta utile. Del resto, questo avviene già in altri Paesi, ad esempio negli Stati Uniti o in Svizzera.


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Tuttavia, capisco anche che i tempi di realizzazione sarebbero certamente lunghi, esistendo un problema di conformità in relazione alle università. In ogni caso, si potrebbe cominciare ad introdurre una materia legata alla medicina di genere nella facoltà di medicina, come tentativo di rompere questa sorta di neutralità degli studi di medicina al fine di cominciare ad aprire una prospettiva diversa.
Non sono io a dirlo in quanto femminista - vedo qualche sorriso -, ma è l'Organizzazione mondiale della sanità ad affermare che l'appartenenza di genere è un elemento determinante della salute. Capisco che ci sia molta resistenza - lo constato anche oggi -, anche da parte di colleghe donne, ma questo ci dovrebbe far riflettere ulteriormente.
Ricordo che stiamo ancora aspettando la relazione sulla legge in materia di parto. In Commissione abbiamo lavorato e certamente il testo può essere ulteriormente migliorato, ma si è tentato di definire una legge sul parto per cercare di rendere la donna il più possibile protagonista di un evento che le appartiene e che è stato, nel tempo, eccessivamente medicalizzato. Fermo restando ciò che di positivo ha comportato la medicalizzazione, è innegabile che vi sia anche un risvolto negativo. Credo, tuttavia, che oggi siamo nella condizione di eliminare la parte negativa e di ridare spazio alla voce e alla consapevolezza femminile. Si tratta anche di riconoscere un ruolo adeguato alle ostetriche, naturalmente per quanto riguarda il parto naturale - era anche questo il tentativo portato avanti con tale provvedimento -, al fine di raggiungere un'omogeneità sul piano nazionale.
Non so se la relazione sul provvedimento in questione sia già stata predisposta; ho sentito che forse è stata presentata in altre sedi, comunque al riguardo vorrei delle informazioni dalla Ministra. In attesa della relazione, che ci auguriamo venga presentata al più presto, a mio avviso dovremmo tentare di fare qualcosa in più per quanto riguarda il parto cesareo, che, soprattutto nel meridione (mi riferisco in particolare alla Sicilia), è ormai diventato la modalità di parto più diffusa. Tra l'altro, mi dicono che, in moltissime strutture, viene dato per scontato che, se il primo parto è stato un cesareo, debba necessariamente esserlo anche il secondo. So, invece, che non è affatto così. La ricerca è andata avanti e le possibilità sono aumentate. Penso, dunque, che sul parto cesareo sia opportuno raccogliere più dati e prevedere maggiori possibilità di intervento.
Un altro problema che vorrei porre è quello dei consultori. Nel Documento di programmazione economico-finanziaria vi sono misure volte ad un rilancio dei consultori; mi sembra però che questo tema sia stato affrontato in chiave eccessivamente familistica. Ricordo che i consultori, nati - con la legge del 1975 - in seguito alle lotte e alla presa di coscienza del movimento delle donne, in origine tendevano a mettere in primo piano la salute della donna. Si trattava di istituzioni fortemente innovative, multidisciplinari, caratterizzate da un approccio di genere. Penso, dunque, che i consultori non solo debbano mantenere questa finalità di prevenzione e tutela della salute delle donne per la quale sono stati istituiti, ma debbano anche incrementare la loro attività. Innanzitutto, devo dire che sono pochissimi e in difficoltà. Mi riferisco soprattutto alla mia realtà, quella della Sicilia. Sappiamo che la legge prevede un consultorio ogni 20.000 abitanti, ma oggi ne abbiamo uno ogni 70-80.000 abitanti, un numero del tutto insufficiente rispetto alle necessità.
Vorrei sottoporre all'attenzione della signora Ministra una questione relativa alla legge n. 40 del 2004, in materia di fecondazione assistita. Dai dati contenuti nel rapporto sul funzionamento della legge - dati oggettivi - emerge che si è registrata una diminuzione delle gravidanze portate a termine e un aumento dei parti plurigemellari. Inoltre, come molti prevedevano, c'è stato anche un aumento dell'emigrazione: le coppie sono costrette a spostarsi all'estero per poter ricorrere alle tecniche di fecondazione assistita. Questo, purtroppo, avviene perché si tratta di una


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legge disumana, che costringe la donna a sottoporsi a pratiche fortemente invasive e negative, anche rispetto alle sue condizioni di salute. Come dicevo, si tratta di dati oggettivi, che però nulla ci dicono della sofferenza, dello stress e del disagio psicologico che hanno dovuto subire, ancora una volta, le donne a causa di una legge - tengo a sottolinearlo - disumana.
Capisco che, in questo momento, considerata la situazione, possa apparire fuori luogo parlare di modifica della legge in questione. Tuttavia, ritengo che lo si dovrebbe fare: noi parlamentari - non credo che il problema riguardi solo me - riceviamo in media, ogni giorno, almeno 10-20 e-mail di donne che incontrano grosse difficoltà rispetto a questa problematica.
A mio parere, rispetto alle linee guida per il funzionamento della legge n. 40 del 2004, qualcosa si dovrebbe fare per porre rimedio agli aspetti più disumani, che hanno creato maggiori problemi.
Infine, penso che sia stato utilissimo aver programmato, per il marzo 2008, una Conferenza nazionale sulla salute delle donne.

ROBERTO ULIVI. Ringrazio il Ministro Turco per la sua ampia esposizione. Mi riferirò in particolare al problema della donazione e conservazione del cordone ombelicale. Quello che mi preme sottolineare è l'assoluta necessità di una normativa puntuale che riguardi ogni momento del percorso seguìto dal cordone, anzi, per meglio dire, dal sangue cordonale, che in realtà è ciò che viene conservato. L'iter, ovviamente, nasce già prima del parto e giunge fino al deposito e all'eventuale utilizzo delle cellule, comprendendo vari momenti, tra i quali anche incontri con i genitori e relativi controlli clinici.
Inoltre, non si può non prendere in considerazione la questione della possibilità del deposito per uso autologo. Con ciò non intendo dire ora che tale deposito debba essere possibile o meno, come in realtà non lo è per sostanze assimilabili, quali il sangue o il midollo osseo, ma non si può, secondo me, non considerare che il sangue cordonale è diverso da altro materiale più facilmente e reiteratamente prelevabile, in considerazione di particolari caratteristiche quantitative, oltre che qualitative. Anche e soprattutto in considerazione del fatto che, in realtà, il contenuto ematico prelevabile dal cordone ammonta a circa 60-70 millilitri - quindi una quantità abbastanza esigua, che spesso non basta nemmeno per la terapia di un solo paziente -, mi sembra poco praticabile la previsione di un frazionamento in una componente per uso autologo e in una per uso eterologo.
Parlavo dell'iter seguito dal sangue cordonale anche perché sono a conoscenza del fatto che si stanno determinando molti problemi di tipo etico legati alla donazione: ad esempio, la mancanza di protocolli per la comunicazione del rischio genetico oppure l'utilizzo di queste cellule in caso di patologie non ematiche sopraggiunte a distanza, pratica non ancora scientificamente supportata e non inserita in alcun protocollo istituzionale e che, per di più, in alcuni casi ha indotto un deplorevole uso commerciale delle cellule cordonali.
Pertanto, per essere breve, auspico un dibattito approfondito che si basi sulle conoscenze scientifiche e che faccia anche tesoro delle altrui esperienze, affinché l'utilizzo del sangue cordonale possa essere considerato una pratica utile, sicura ed eticamente accettabile.
È ovvio che non posso che condividere il proposito di dare una giusta informazione su tutto ciò che riguarda il cordone ombelicale, come nella relazione del Ministero è ben evidenziato.

LALLA TRUPIA. Ringrazio il Ministro Turco per la sua relazione, della quale condivido, oltre che diversi punti, anche una premessa. Mi riferisco alla scelta di affrontare la tematica della salute delle donne da un'ottica di genere, che non è semplicemente settoriale. Si tratta, piuttosto, di occuparsene perché, interessandoci del benessere fisico e psichico delle donne e della loro salute, in realtà parliamo


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dell'intero sistema dell'organizzazione sanitaria e della salute di tutti, non solo delle donne.
Dal momento che condivido la filosofia che è alla base della relazione del Ministro, porrò solo alcune questioni.
In primo luogo, ritenendo che sia molto importante una Conferenza sulla salute delle donne, vorrei avere - se il Ministro è già in grado di fornirla - qualche ulteriore notizia sull'organizzazione di tale conferenza. In sostanza, oltre a un approccio relativo alle politiche da mettere in atto in merito alle singole patologie che colpiscono in modo particolare le donne (penso alle malattie cardiovascolari, al tumore alla mammella, al tumore ai polmoni, dovuto non solo all'inquinamento, ma anche al fatto che le donne fumano di più, e via dicendo), con questa conferenza quale obiettivo si intende raggiungere? Si parlerà di piani di azione specifici relativi ad alcuni aspetti legati alla prevenzione e all'allargamento dei diritti (penso alla questione delle disuguaglianze sociali e territoriali, che rappresentano un grande problema nel nostro Paese)?
In secondo luogo, collegandomi sempre all'argomento della conferenza e dei piani di azione, a me pare essenziale rivolgersi in modo specifico alle donne immigrate. In quell'ambito, a mio parere, si registra il momento di maggiore scacco, anche laddove la sanità funziona meglio. In altre parole, dove il fenomeno dell'immigrazione è molto forte - penso ad alcune regioni del nord o, ad esempio, alla mia provincia e alla mia città -, le donne immigrate incontrano difficoltà ancora troppo grandi nell'accedere ai servizi di prevenzione e di informazione.
Credo che su questo si debbano porre in essere degli interventi incisivi, che peraltro al Ministro stanno particolarmente a cuore. Anche nelle realtà in cui si registra un dato positivo in termini di diminuzione dell'interruzione volontaria di gravidanza, c'è un corrispettivo aumento delle interruzioni e della recidività, quasi tutto ormai concentrato nell'ambito delle donne immigrate.
Un'ulteriore questione che intendo richiamare - lo ha fatto già la collega Dioguardi - è quella dei consultori. Anch'io ho constatato con piacere l'esistenza di un piano di finanziamenti solido, direi straordinario, ma è giusto verificarne gli indirizzi. Infatti, i consultori, anche dove sono presenti e funzionano, in tutti questi anni si sono trasformati in strutture che svolgono due servizi apparentemente diversi, che non sono in grado di realizzare pienamente il fine primario dei consultori familiari. Oggi, i consultori o diventano dei luoghi di assistenza psicologica, in parte anche informativa, delle famiglie, oppure si trasformano in semplici ambulatori ginecologici.
Mi sembra che in buona parte di queste strutture - da questo punto di vista, direi che in alcuni casi si è addirittura tornati indietro, anche per forti carenze di personale - sia mancata l'azione di prevenzione a tutela della salute della donna, finalità alla quale questi servizi inizialmente tendevano. Si privilegia, invece, una vocazione un po' familistica - riprendo le parole della collega Dioguardi - in cui il soggetto donna e la problematica della sua salute finiscono dentro un calderone generico, che produce ben poco dal punto di vista degli effetti pratici sulla salute. Come dicevo, ad esempio, le donne immigrate non riescono ad avere un grande accesso ai consultori.
Infine, un'ultima considerazione sulla legge n. 40 del 2004. Signor Ministro, lei ha giustamente dichiarato, nelle scorse settimane, ciò che sappiamo sugli effetti di questa legge, che peraltro erano stati purtroppo previsti da molti in Parlamento. Mi riferisco in particolare al fatto che buona parte delle coppie sterili deve recarsi all'estero per poter avere dei figli. Ebbene, lei - o chi per lei del Ministero - è in grado di venire in Commissione a riferire in merito ad una possibile modifica (Commenti della deputata Poretti) delle linee guida che riguardano la citata legge n. 40? Si è già in grado di riferire proposte concrete in questa materia, che sappiamo essere delicatissima?


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A parte il programma dell'Unione, che comunque non consente tante cose, le chiediamo di riferire in Commissione, rendendo in tal modo possibile un dibattito aggiornato su questo argomento (Commenti dei deputati Conti e Poretti).

GIUSEPPE PALUMBO. Approfittando della sua presenza, vorrei porre al Ministro alcune questioni, la prima delle quali riguarda la legge sul parto. Poiché, a mio parere, abbiamo realizzato un buon lavoro - sebbene possa sicuramente essere criticabile e migliorabile -, vorremmo sapere che fine farà questo provvedimento. Vi è certamente un problema economico (diciamocelo chiaramente, signor Ministro), dunque vedremo come potrà essere attuato quanto previsto in tale provvedimento, che secondo me contiene delle disposizioni giuste. Questo è ciò che vorrei sapere dal Ministro, oltre a qualche informazione in più circa i tempi.
Un problema legato al parto è quello del cordone ombelicale. Oggi, in Italia, non è prevista la donazione autologa, come è stato stabilito dal precedente Governo. Tuttavia, come il Ministro saprà sicuramente meglio di me, qualunque coppia può presentare richiesta al Ministero, due o tre mesi prima del parto, ed essere autorizzata a raccogliere il sangue cordonale che, tramite organizzazioni ormai conosciute in tutti i reparti di ostetricia e ginecologia, viene conservato a pagamento - solo per la parte autologa - all'estero (in Svizzera, in Olanda e in altri Paesi). Si è trovato, di fatto, un escamotage rispetto a quanto previsto nella legge, a cui può ricorrere chi può permetterselo. So, peraltro, che le autorizzazioni vengono concesse con una certa facilità - non intendo rivolgere, su questo, una critica al Ministro -, e comunque non mi risultano casi in cui l'autorizzazione sia stata negata.
Mi chiedo perché, a questo punto, non si debba prevedere che la conservazione del sangue cordonale può essere autorizzata anche in Italia. Abbiamo ormai numerose banche; in Sicilia, però, da un paio di mesi non si raccoglie più sangue cordonale perché non si sa dove metterlo (a parte i problemi della banca di Sciacca, ma non è questo il momento di parlarne). Eventualmente, anche in Italia si potrebbe conservare il sangue per uso autologo, così come avviene all'estero.
Signor Ministro, nonostante sia stata condotta una buona campagna di informazione sulla vaccinazione per il papilloma virus, essa non è stata realizzata, almeno a quanto mi risulta, in alcuna regione, anche in questo caso per un problema di natura economica (sappiamo che la vaccinazione ha un costo di circa 580 euro; si tratta di tre cicli di vaccinazione).
Molte regioni non hanno finanziato questa campagna vaccinale e ancora non si è fatto quasi nulla. Moltissime donne si chiedono cosa fare per accedere al vaccino, a chi rivolgersi, se pagarlo o meno, quali sono le fasce di età esenti, e via dicendo. Dico ciò non per fare una critica, ma perché mi giungono delle richieste in tal senso.
Infine, un argomento che mi sta particolarmente a cuore riguarda la legge n. 40 del 2004. A dire il vero, all'inizio nutrivo molte perplessità sulla legge in questione, che viene applicata ormai da tre anni. Francamente, sulla base dei dati appresi, non credo che essa sia interamente da riscrivere, anzi, penso che nella sua impostazione generale possa e debba essere mantenuta, considerati i miglioramenti registrati a seguito della sua applicazione. La percentuale di gravidanze con le tecniche della riproduzione assistita è diminuita al massimo del 3-4 per cento. Ciò è naturale, avendo la legge vietato la donazione di gameti femminili o maschili, ma è solo per questo motivo che la gente si reca all'estero (si tratta però di un problema minimale).
Un altro problema che vorrei sottolineare con chiarezza è quello della diagnosi pre-impianto: questo è un punto della legge che eventualmente può essere modificato. Lo dissi allora e ripeto anche adesso che la diagnosi pre-impianto non può essere fatta con leggerezza, ma oggi vi sono alcune malattie per le quali si può effettuare una diagnosi prima dell'eventuale


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impianto dell'embrione nell'utero. La diagnosi, nelle coppie a rischio - è questa l'incongruenza della legge che ho già sottolineato -, può (e non deve) essere fatta dopo, durante la gravidanza, mediante l'amniocentesi nella quattordicesima settimana. Spetta alla coppia assumere le eventuali decisioni dopo la diagnosi.
A questo punto, sarebbe opportuno un regolamento che definisse i casi nei quali è possibile procedere alla diagnosi pre-impianto. In questo modo, risolveremmo quella che, secondo noi, è l'unica incongruenza di questa legge, per la quale si costringono le coppie a rischio a fare la diagnosi - nel caso in cui vogliano farla, naturalmente - nella quattordicesima settimana, eventualmente interrompendo la gravidanza successivamente (è evidente che chi non pensa di interrompere la gravidanza non si sottopone nemmeno al pre-impianto, né all'amniocentesi), alla sedicesima settimana, che è cosa ben diversa rispetto alla possibilità di non iniziare addirittura la gravidanza, grazie alla diagnosi pre-impianto.
Il resto della legge, credetemi, non presenta grossi problemi di attuazione. Anzi, a mio avviso, tale legge ha comportato una selezione e un affinamento delle tecniche, che ha consentito di conseguire certi risultati. Peraltro, dobbiamo distinguere tra gravidanze gemellari e gravidanze plurime: le gravidanze gemellari sono modicamente aumentate, mentre quelle plurime, se avvengono, sono dovute all'inseminazione interuterina, non alla fecondazione in vitro, in base alla quale devono essere trasferiti tutti e tre gli embrioni (questa, al limite, è una operazione che potrebbe essere modificata dal punto di vista tecnico). Per il resto, non si rileva una grande necessità di cambiamenti.

KATIA ZANOTTI. Mi limiterò ad alcune considerazioni, sebbene la relazione del Ministro Turco sia molto corposa. Inoltre, non capita spesso, anche nel nostro lavoro, di avere un quadro così organico di interventi sulla salute della donna. Nell'ambito di tale quadro organico, tuttavia, vorrei dire al Ministro che ci sono, secondo me, alcune priorità. Anche la conferenza che il Ministero è in procinto di organizzare, come diceva l'onorevole Trupia, avrà bisogno di una definizione di priorità e di un certo grado di operatività rispetto alle priorità definite.
Richiamo alla sua attenzione, signor Ministro, una questione rispetto alla quale siamo molto sollecitati. L'onorevole Dorina Bianchi lo sa quanto me, essendo firmataria di una proposta di legge al riguardo. Mi riferisco al tema così oscuro e così poco nominato dell'endometriosi per le donne.
Sono 14 milioni, in Europa, le donne colpite da questa malattia, che ha dei costi sociali enormi, fa soffrire tante donne, soprattutto giovani, e crea a volte sterilità definitive. Sappiamo di cosa stiamo parlando, almeno molte di noi lo sanno. In Parlamento sono state presentate delle proposte di legge su questo tema. A mio avviso, è necessaria una legge che riconosca l'endometriosi come malattia sociale, che preveda una giornata nazionale dell'endometriosi come occasione di sensibilizzazione, che inserisca questa malattia all'interno dei DRG, che preveda una diagnosi più precoce (attualmente, occorrono anni per avere una diagnosi sulla malattia).
Con questa prima osservazione intendo chiedere che si dia un segnale di priorità nelle politiche di governo sulla questione dell'endometriosi.
Ho letto con interesse anche la parte della relazione relativa al tema dell'adolescenza e dei relativi stili di vita. Innanzitutto, penso che un tema così importante abbia bisogno di un'inevitabile relazione con altri Ministeri; penso al Ministro Melandri, ad un codice per le sfilate, ai limiti della massa corporea, e via dicendo.
Sappiamo che c'è un problema di stili di vita che ha ricadute anche serie in termini di disturbi alimentari, soprattutto nelle ragazze. Sappiamo anche, tuttavia, che non si tratta solo di un problema sanitario, ma di un problema di cultura e di industria della moda, che massifica tutte le ragazze sulla taglia 38-40 (al


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massimo 42), anche per ragioni di mercato: si producono tanti pezzi, tutti identici, e non è prevista un'articolazione di taglie. Può capitare di essere trattati con sprezzo quando si chiede una certa taglia.
Non si tratta solo di lavorare mettendo in relazione diversi Ministeri. La questione dei disturbi alimentari nella fase dell'adolescenza delle ragazze va affrontata con particolare attenzione. Esiste un problema culturale, ma anche sanitario. Bisognerebbe ragionare sui luoghi di cura dell'anoressia, ad esempio. Bologna, come il Ministro sa, ha una realtà ospedaliera che offre risposte perfino positive, ma sarebbe utile fare un discorso più generale.
Fra le priorità, l'ultima questione che affronto riguarda la legge n. 40 del 2004. Non intendo riprendere il tema della revisione di tale legge, ma approfitto della sua presenza, signor Ministro, e del fatto di aver letto la sua relazione al Parlamento, per svolgere una considerazione. Indipendentemente dai programmi, la legge stabilisce che ogni tre anni le linee guida debbano essere riviste. Da questo punto di vista, sarebbe per noi importante un passaggio parlamentare, quanto meno per essere informati sul percorso di tale revisione.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Ministro, sebbene sia già intervenuto, mi permetto di riprendere la parola poiché, dopo il nostro primo incontro, sono intervenuti dei fatti nuovi.
Mi riferisco, innanzitutto, alla mozione del Comitato nazionale di bioetica del 13 luglio, sulla conservazione e l'utilizzo del cordone ombelicale, che in primo luogo auspica il recepimento della direttiva europea 2004/23 e, inoltre, contiene un'apertura sia alle biobanche private, sia alla donazione autologa. Ricordo che il progetto di legge da me presentato, che ha compiuto un anno l'11 luglio, contiene già questo aspetto. Come ho sottolineato nella precedente seduta, è necessario far funzionare le banche pubbliche, che non funzionano per motivi, ad esempio, di carenza di organico. La banca di Sciacca, stracolma di cordoni ombelicali, non viene utilizzata - se non parzialmente - proprio per questo motivo.
Per quanto riguarda la legge n. 40 del 2004, non è mai accaduto che una legge sottoposta a referendum venga modificata. Tuttavia, le linee guida, come prevede la legge, ogni tre anni possono essere riviste, sulla base di acquisizioni scientifiche. Ben vengano, dunque, queste revisioni.
Per quanto riguarda la diagnosi pre-impianto, sull'ultimo numero del New England - seguo le riviste internazionali, come credo tutti - è stato pubblicato un bellissimo articolo sulla materia. Il New England non è l'Osservatore Romano. Vi consiglio di leggere quell'articolo. Apprenderete che per la diagnosi pre-impianto si prelevano alcune cellule allo stadio di blastocisti, e questa è una delle cause della diminuzione delle gravidanze e degli aborti precoci. La nostra legge prevede invece - in seguito a un mio emendamento - la crioconservazione dei gameti.
Perché non sviluppare gli studi sui gameti, in modo da non fecondare artificialmente quelli che sono portatori di patologie? Con gli ovociti è già possibile: essi vengono crioconservati senza alcuna difficoltà, e non sono né cellule né embrioni. Questa è una via nuova che possiamo sviluppare. Per il gamete maschile è ancora un po' più difficile, ma se non si procede negli studi non si ottengono nemmeno progressi.
La sollecito, dunque, signor Ministro, a seguire questa possibile via di studio, affinché nei nostri centri si approfondisca l'applicazione della genetica sui gameti, che possono essere crioconservati. In tal modo, si può impedire la fecondazione mediante gameti alterati e consentire la fecondazione artificiale solo attraverso l'unione di gameti sani.

DANIELA DIOGUARDI. Presidente, vorrei porre un'ulteriore domanda e svolgere una considerazione.

PRESIDENTE. Onorevole Dioguardi, la prego di essere breve.

DANIELA DIOGUARDI. Vorrei sapere se sono disponibili i dati riguardanti le


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coppie che hanno problemi di malattie trasmissibili collegati a quelli delle gravidanze portate a termine. In altre parole, vorrei sapere se queste coppie hanno fatto ricorso o meno all'aborto terapeutico. Credo che sarebbe un altro dato importante per capire come ha funzionato la legge.
Per quanto riguarda la prossima conferenza, invito a porre particolare attenzione alla situazione geografica; soprattutto nel meridione e nelle isole è necessaria una maggiore prevenzione.

PRESIDENTE. Ricordo che alle 16,30 dobbiamo concludere l'audizione; invito pertanto i colleghi che devono ancora intervenire ad essere brevi, in modo da consentire al Ministro di replicare.

ELISABETTA GARDINI. Sarò brevissima, anche perché non ho intenzione di svolgere un intervento completo, sentendomi ben rappresentata dai colleghi - per quanto maschi! - di Forza Italia che mi hanno preceduta.
Vorrei rivolgere alcune domande al Ministro. Riguardo alla legge n. 40 del 2004, vorrei sapere se è possibile avere dei dati più completi. È inutile entrare nel merito, lei conosce bene la polemica che si è sviluppata sui dati, che dal mio punto di vista non permettono una reale comparazione. Le chiedo se esistono e se è possibile avere dei dati più completi. A mio parere, senza dati precisi è difficile fare una vera comparazione e quindi discutere serenamente, al di là delle differenze di partenza dal punto di vista degli ideali.
Io sono veneta e ho visto con piacere che sono state seguite dal Veneto alcune buone pratiche rispetto ai primi anni di vita. Devo dire che esistono ottime pratiche anche riguardo alla prevenzione per le donne. Noi venete siamo ben seguite: ad esempio, riceviamo a casa una lettera che ci ricorda periodicamente quali sono gli esami da effettuare per mantenersi in buona salute. Non mi pare che nel Lazio questo avvenga (Commenti dei deputati Zanotti, Dioguardi e Grassi). Al di là di questo, credo che dobbiamo impegnarci maggiormente nel tentativo di eliminare queste disparità enormi. Penso che dovremmo dotarci di strumenti più efficaci. Vedo da parte delle regioni una notevole resistenza - l'abbiamo verificato con la legge sul parto -, e ritengo non si possa continuare ad assistere impotenti a queste disparità che si perpetuano sul territorio.
Pur non considerando efficace il tentativo realizzato con la proposta di legge dell'onorevole Bianchi - non credo che la semplice attribuzione di risorse possa risolvere la questione -, credo che dovremmo comunque prevedere uno strumento adeguato.
Infine, vorrei porle una domanda su un tema che sembra di minore rilievo - qui si parla molto di linee generali e di temi importanti - e che ho avuto modo di sottoporle in una sede meno istituzionale, quella di un programma televisivo. Al di là delle liste d'attesa, aiuterebbe molto la donna a stare bene il fatto di avere, per quanto riguarda la ginecologia, un medico di riferimento. Non è certamente piacevole arrivare in ambulatorio e finire sotto le mani del medico di turno. Nel regolamento ciò sarebbe previsto, in realtà, ma cerchiamo di applicarlo e renderlo effettivo almeno per questo settore, che sappiamo tutti quanto sia importante per la donna.
Se può darci qualche chiarimento in merito a questi argomenti, gliene sarei grata.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Turco per essere di nuovo qui con noi e per la sensibilità con cui finora ha collaborato con le deputate e le senatrici nel portare avanti alcune proposte di legge che riguardano soprattutto la prevenzione e un nuovo modo di tutelare la salute della donna, prendendo in considerazione anche le differenze biologiche e sociali delle donne stesse.
Vorrei sottolineare due aspetti. In primo luogo, quello relativo all'endometriosi, richiamato dall'onorevole Zanotti. Oggi, in Italia, 3 milioni di donne soffrono di endometriosi e il 40 per cento di esse presenta problemi di sterilità. La gran


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parte di tali donne sono giovani, quindi si tratta di un problema sociale oggettivamente di grande importanza.
Secondariamente, vorrei sottolineare la necessità che nell'approccio di genere ci sia un'equità anche territoriale. Abbiamo visto - lavorando con l'Osservatorio nazionale, ma anche con l'onorevole Cossutta, che l'ultima volta ci ha portato dei dati - che anche relativamente alla prevenzione c'è una grande differenza tra il nord e il sud dell'Italia. Da questo punto di vista, mi piacerebbe che, all'interno delle pari opportunità, ci fosse parità anche nell'appartenenza a luoghi diversi di una stessa nazione.
Per quanto riguarda la legge n. 40 del 2004, vorrei ricordare a noi tutti che il 28 giugno è stata depositata una relazione del Ministero della salute molto completa, in cui numerose domande che sono state poste oggi al Ministro trovano risposta.
Tra l'altro, in sede di ufficio di presidenza, abbiamo convenuto che, a settembre, proprio sulle linee guida e sulla citata legge n. 40, avremmo chiesto al Ministro di tornare di nuovo in Commissione per affrontare l'argomento nell'ambito di un'altra audizione.
Do ora la parola alla deputata Poretti, che ha chiesto di intervenire per fare alcune precisazioni.

DONATELLA PORETTI. A proposito delle linee guida e della loro revisione, ricordo che era stata presentata in Commissione un'interrogazione, se non erro dall'UDC, alla quale il Ministero aveva risposto che entro il 7 luglio sarebbe pervenuta la revisione delle linee guida e sarebbero state coinvolte le Commissioni competenti di Camera e Senato. Poiché il 7 luglio è passato, vorrei sapere se le linee guida sono state in qualche modo riviste. Ricordo, comunque, che la legge rimarrebbe la stessa, quindi, anche se le linee guida fossero riviste, non ci sarebbe una rivoluzione!
Come ricordava giustamente il presidente, era stato rivolto un invito al Ministro - credo accolto - a tornare in Commissione, a settembre, per parlare della legge n. 40 del 2004. Fuori microfono il Ministro ha detto che non glielo permette il programma dell'Unione, ma nel programma non c'è scritto che la legge n. 40 non deve essere rivista. Non credo proprio che in un programma si possa scrivere quello che non si deve fare. Tuttavia, credo che un Ministro della salute, quando raccoglie dei dati che parlano di danni alla salute della donna, abbia il compito di interrompere l'applicazione di una legge e di intervenire da un punto di vista legislativo per evitare che quel danno si protragga, se lo stesso è certificato.
Permettetemi un'ultima battuta sulla diagnosi pre-impianto. Mi auguro che ci siano le condizioni per parlarne al di fuori di ogni schieramento. Ricordo che l'attuale legge prevede l'accesso alle tecniche di fecondazione assistita soltanto per coppie che hanno problemi di infertilità, non per quelle che hanno problemi di malattie genetiche o ereditabili, che richiederebbero appunto di ricorrere alla diagnosi pre-impianto.
Si dovrebbe prevedere, dunque, la possibilità non solo di effettuare la diagnosi pre-impianto, ma anche di permettere l'accesso alle tecniche di fecondazione assistita a persone che hanno problemi di malattie ereditabili e non solo di fertilità. Su questo, sarebbe veramente necessario intervenire. Spero che a settembre si possa aprire un dibattito fra tutti noi su queste tematiche.

PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Turco per la replica.

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Innanzitutto, voglio raccogliere l'invito rivoltomi da molti deputati intervenuti, sia nel nostro precedente incontro sia oggi.
Onorevole Di Virgilio, mi permetto di dirle che mi dispiace di non averla nominata. Noi abbiamo lavorato molto partendo da quello che abbiamo trovato. Abbiamo insediato pochi giorni fa la commissione oncologica, il cui decreto istitutivo reca come oggetto «Aggiornamento del piano oncologico»...


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DOMENICO DI VIRGILIO. La ringrazio, non è una polemica.

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Mi dispiace davvero non averla nominata, ma abbiamo tenuto conto del suo lavoro.
Avvertiamo la necessità di intervenire sul tema della salute delle donne dal punto di vista non solo dell'individuazione di particolari malattie, ma anche della predisposizione di una politica di genere ed intersettoriale. È importante avere una visione di insieme, ma lo è altrettanto, come voi sollecitavate, avere un'individuazione di priorità e di urgenze.
Condivido molto la vostra sollecitazione. Vorrei anche fare presente che c'è un lavoro avviato, che riguarda innanzitutto il piano d'azione sulla tutela materno-infantile. Abbiamo individuato una grossa priorità, che riguarda appunto la tutela della salute materno-infantile, che ci ha portato alla legge sul parto - di cui parlerò successivamente - e a definire quel programma di azioni che avevamo allegato alla documentazione. Si tratta di un piano - consentitemi questa espressione - di basso profilo, nel senso che contiene le azioni concrete, gli atti amministrativi, i provvedimenti che si stanno approntando.
Nella prossima Conferenza unificata dovrebbe essere espresso l'assenso definitivo sulle linee guida, relativamente all'utilizzo dei fondi che nella legge finanziaria avevamo previsto, i cosiddetti «obiettivi di piano», finalizzati alla tutela della salute materno-infantile, in particolare alla promozione degli screening per il tumore femminile, soprattutto per il Mezzogiorno, alla promozione del progetto materno-infantile e di strutture radioterapiche nel Mezzogiorno, alla casa della salute, e via dicendo.
In altre parole, abbiamo definito le linee guida e ci sono finanziamenti che le regioni saranno vincolate ad utilizzare per il perseguimento di questi obiettivi.
Inoltre, stiamo elaborando un nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, coerente con il patto per la salute, al fine di aggiornare i livelli essenziali di assistenza ai bisogni di salute del nostro Paese. Vi segnalo che domani inizieremo la discussione con le regioni, oltre che con le parti sociali, e sarò ben contenta di sottoporre un atto così rilevante al parere della Commissione parlamentare prima della sua approvazione.
Abbiamo previsto, in questo contesto, come peraltro avevamo detto, di potenziare i livelli essenziali di assistenza per quanto riguarda la salute della donna, di inserire l'HPV, di rafforzare la tutela dei bambini. Tra le altre cose, abbiamo previsto come livello essenziale di assistenza lo screening per prevenire la sordità minorile.
Inoltre, abbiamo avviato il programma «Guadagnare in salute», all'interno del quale sono previste azioni nei confronti degli adolescenti sul problema dei disturbi alimentari. In particolare, con il Ministero della pubblica istruzione intendiamo definire le linee guida - ci stiamo lavorando in questi giorni, spero che si possa concludere il lavoro rapidamente - per quanto riguarda l'educazione alla salute nelle scuole.
Tutti i temi che abbiamo richiamato - dall'attenzione all'adolescenza, ai disturbi alimentari, alle dipendenze - riconducono al nodo dell'educazione alla salute. Considero molto importante questo progetto al quale stiamo lavorando con il Ministro Fioroni.
Ancora, si è promossa e sta giungendo a compimento l'istituzione del Centro per la salute dei migranti, che avevamo previsto nella legge finanziaria. Ci siamo occupati di tutti gli atti istitutivi, quindi il centro può decollare. Inoltre, è stata attivata una commissione sulla salute delle persone migranti, che, tra l'altro, ha predisposto le linee guida relativamente al tema dell'infibulazione. Si tratta di un lavoro egregio, svolto da una commissione che ha lavorato con uno spirito di scambio culturale e di buone pratiche. Queste sono alcune delle azioni concrete che abbiamo avviato.
Anche per essere rapida, vorrei raggruppare i quesiti che mi sono stati posti.


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Quello dell'endometriosi è uno dei punti riportati nel piano d'azione come una delle priorità...

GIUSEPPE PALUMBO. Dovrebbero sposarsi più giovani e fare più figli per prevenire l'endometriosi (Commenti)...

LIVIA TURCO, Ministro della salute. A proposito di scelte prioritarie, nell'incontro precedente l'onorevole Burtone aveva sollecitato un'attenzione per i tumori femminili, nello specifico verso quello alla mammella. Nel piano d'azione vi è un capitolo che riguarda la presa in carico di questa patologia.
Per quanto mi riguarda, attribuisco molta importanza all'attuazione della norma della legge finanziaria che prevede il potenziamento degli screening, soprattutto nel Mezzogiorno. Per questo abbiamo attivato un'iniziativa di ricerca, alla quale stanno lavorando l'Istituto Regina Elena di Roma, l'Istituto nazionale tumori di Milano e l'Istituto europeo di oncologia di Veronesi. Il progetto, che si chiama «Progetto Tevere», ha come obiettivo il rilancio della ricerca legata alla prevenzione, in particolare dei tumori femminili.
Detto questo, vorrei passare agli aspetti più concreti sui quali giustamente mi avete sollecitato. Intorno alla legge n. 40 del 2004 c'è sempre molta passione. Al di là della battuta relativa al programma dell'Unione, che comunque è un elemento di verità, ritengo che un ministro non possa cambiare una legge, spettando al Parlamento la decisione in merito ad eventuali modifiche legislative. Io non sono autorizzata a prendere un'iniziativa di modifica di una legge che ha avuto un dibattito parlamentare così ricco e una vicenda così particolare nel Paese; sarebbe veramente improprio. Credo che un'eventuale iniziativa non possa che nascere dal Parlamento.
Abbiamo trasmesso la relazione al Parlamento, e io sarò molto felice di venire a discuterla, se mi consentite, anche con l'ausilio di chi l'ha preparata, quanto ai dati, all'Istituto superiore di sanità, poiché di quella relazione io rivendico il rigore. In quella relazione, il Ministro ha scritto l'ultima frase, che penso debba essere apprezzata perché sollecita il dibattito, il dialogo, e riconosce, della legge n. 40, due valori fondativi, ossia la tutela della salute della donna e la tutela dell'embrione, auspicando che questi due valori della legge siano pienamente rispettati. Solo in quella frase è espressa una valutazione del Ministro, mentre nella parte restante della relazione vi è una presa d'atto dei dati che sono stati forniti dall'Istituto superiore di sanità.
Quindi, accetto di venire in Parlamento, però vorrei anche che fosse presente un rappresentante dell'Istituto superiore di sanità, affinché sia possibile discutere. Penso che la politica debba assumersi le sue responsabilità, però, quando si tratta di discutere di dati, è bene che sia consultato chi sa maneggiare e ha trattato quei dati.
Poiché sono convinta che chi è al Governo, chi è in Parlamento o nelle istituzioni debba guardare al bene del nostro Paese (questo presuppone che ci sia sempre una politica il più possibile condivisa), non posso che auspicare su questo tema una ripresa di dialogo, di confronto, e, per quello che mi riguarda, farò di tutto perché ciò avvenga. Credo che tenere in considerazione le esperienze, oltre che mettere a disposizione dati di fatto - quindi i dati della relazione -, rappresenti il modo più serio per favorire tale confronto. L'aspetto importante della relazione, infatti, sta nel fatto che si è tenuto conto sia dei dati istituzionali, sia dei dati che provengono dall'esperienza di chi vive una vicenda come questa.
Per quanto riguarda l'aggiornamento delle linee guida, ho ritenuto, anche alla luce delle polemiche che ci sono state all'inizio della legislatura, di attenermi scrupolosamente alla legge, che stabilisce che ogni tre anni si debba effettuare l'aggiornamento delle linee guida, alla luce delle evoluzioni tecnico-scientifiche, delle esperienze, e via discorrendo, e che il ministro provveda a tale aggiornamento sentito l'Istituto superiore di sanità e il Consiglio superiore di sanità.


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Io, dunque, ho proceduto in questo modo. Innanzitutto, ho ritenuto di dover raccogliere tutti i dati dell'Istituto superiore di sanità, che sono quelli contenuti nella relazione. In secondo luogo, da tempo ho trasmesso al Consiglio superiore di sanità il seguente quesito: valuti il Consiglio se e in che termini è praticabile, auspicabile, possibile, fattibile e motivato l'aggiornamento delle linee guida. La legge, infatti, non prevede che tale aggiornamento debba avvenire automaticamente.
C'è grande attesa rispetto al parere del Consiglio superiore di sanità (siamo un Paese molto particolare, sono tutti impazienti di avere questo dato), tuttavia, le linee guida sono definite dal Ministro, non dal Consiglio superiore di sanità, che esprime un parere. Ho chiesto al Consiglio superiore di sanità - questo è già avvenuto in altre occasioni - di dare un parere che sia attentamente meditato e istruito, poiché all'interno dello stesso Consiglio c'è una forte pluralità di opinioni.
Sebbene la legge non lo preveda, mi sono impegnata - e sento tanto di più ora l'impegno - a fare sì che ci sia una discussione all'interno delle Commissioni parlamentari competenti, prima di provvedere all'aggiornamento delle linee guida. Nel mese di settembre, dunque, sarò ben lieta, alla luce del parere del Consiglio superiore di sanità e di eventuali riflessioni che avremo avuto modo di svolgere, di ridiscutere con voi l'aggiornamento delle linee guida.
Secondo me - mi si consenta, non è veterofemminismo - prima ancora di un confronto in sede istituzionale, sarebbe molto importante consentire alle donne di svolgere un ruolo particolare in virtù della loro esperienza e competenza. Quindi, sarebbe utile creare un luogo libero di confronto, molto trasversale, con opinioni molto diverse, nell'ambito di una pratica non istituzionale alla quale io attribuisco sempre molta importanza.
Pertanto, sento vivamente il bisogno di svolgere una discussione in questa sede e al Senato, dopo il parere del Consiglio superiore di sanità e prima di definire le linee guida (quindi a settembre). In tal modo intendo concludere la definizione del percorso istituzionale.
Come Livia Turco, inoltre, e anche come Ministro, mi piacerebbe potermi avvalere di una discussione molto libera di donne diversissime, collocate in modo molto differente, che hanno avuto modo di ragionare su questo tema e che, secondo me, possono dare un contributo molto utile. Ma questa è una parentesi.

DOMENICO DI VIRGILIO. La figura paterna non esiste (Commenti).

LIVIA TURCO, Ministro della salute. No. Ho detto che vengo in Parlamento (Commenti).
Spero di avere chiarito i vari punti rispetto alla legge n. 40 del 2004.
Per quanto riguarda la questione del cordone ombelicale, noi abbiamo emesso un'ordinanza e abbiamo trasmesso, due giorni dopo il nostro ultimo incontro, la relazione tecnica. Io l'ho vista, l'ho letta e l'ho trasmessa. Adesso mi si dice che è stata trasmessa alla Commissione bilancio, quindi dobbiamo sollecitare, per il ritardo, il Ministero dell'economia e delle finanze. Noi l'abbiamo trasmessa ...

DONATELLA PORETTI. È il Ministero dell'economia!

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Va bene, ho capito, comunque noi l'abbiamo trasmessa due giorni dopo. Adesso solleciterò il Ministro dell'economia e delle finanze a trasmettere a sua volta la relazione tecnica, che era assolutamente precisa e puntuale.
Per quanto riguarda l'HPV, non c'è stata nessuna campagna mediatica; c'è una delibera dell'AIFA dell'aprile di quest'anno. Se l'AIFA emette una delibera, non si tratta di chiacchiere o di campagna mediatica. È una delibera seguita da un lavoro istruttorio molto accurato, perché quella del vaccino HPV, come voi sapete, è una questione molto delicata, sulla quale è in corso una discussione non indifferente all'interno del mondo medico e della comunità


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scientifica, in ordine ai seguenti temi: la sua efficacia; quale sia l'uso più appropriato; come fare per non agire sotto l'impulso delle case produttrici; come fare sì che ci sia una concorrenza anche tra case produttrici; come conciliare la libertà dell'uso di un vaccino con la vaccinazione pubblica. Infatti, se mi consentite di precisarlo, la vaccinazione pubblica è un servizio diverso dal mettere il vaccino in commercio, come è stato previsto dalla delibera AIFA. Oggi, infatti, una donna, se lo vuole e un medico glielo prescrive, può ricorrere al vaccino, ma lo deve pagare.

GIUSEPPE PALUMBO. Non è che il messaggio...

LIVIA TURCO, Ministro da salute. No, il messaggio è stato corretto.
Insieme a questo, la delibera dell'AIFA, dopo un lavoro istruttorio del Ministero della salute e del Consiglio superiore di sanità, ha definito che un programma pubblico di vaccinazione può intendersi come appropriato e auspicabile - così noi, come Ministero, e l'AIFA l'abbiamo adottato - per coorte delle dodicenni. Inoltre, abbiamo previsto anche il finanziamento.
Siamo di fronte non ad campagna mediatica, ma ad una delibera dell'AIFA, del Consiglio superiore di sanità e del Ministro della salute, che ha voluto confrontarsi con le regioni, le quali - in particolare il Veneto e la Lombardia - hanno ritenuto di contrapporsi a questa scelta, ritenendola non prioritaria.
Conto di risolvere tale questione nella Conferenza unificata del 1o agosto. Infatti, anche se due regioni, che non sono proprio di importanza marginale, hanno espresso considerazioni di merito sul carattere non prioritario di questo vaccino, è stata posta l'esigenza che il Ministero della salute assume delle decisioni non solo per inserire il vaccino in questione nel decreto della Presidente del Consiglio dei ministri sui LEA (all'interno del livello essenziale di assistenza), ma anche per stanziare risorse aggiuntive - provvederemo in tal senso domani, con le regioni, e il 1o agosto, con la Conferenza unificata -, nonostante la delibera dell'AIFA, nonostante sia evidente che il Servizio sanitario si farà carico dei costi derivanti dalla messa in commercio di un prodotto da parte dell'AIFA (che dichiara che si tratta di un vaccino per la coorte delle dodicenni, cioè 250.000 bambine), e nonostante sia stato chiesto comunque, da tutte le regioni, un aumento di risorse e la collocazione di questo vaccino nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza. Resta il fatto che due regioni, ossia la Lombardia e il Veneto, ritengono che questo non sia un vaccino prioritario.
Per quanto ci riguarda, comunque, non c'è stata campagna mediatica, ma atti molto impegnativi e risorse aggiuntive che stanzieremo per il vaccino.
A proposito del cordone ombelicale, ci sarà una diversità di vedute. Noi abbiamo dovuto emettere una ordinanza. Mi sono data, come linea di condotta, quella di rispettare massimamente il Parlamento. Poiché è all'esame del Parlamento un provvedimento sul parto nel quale è contenuto un articolo che tratta del cordone ombelicale, e poiché il Senato ha avviato l'esame di un provvedimento che affronta la stessa tematica, ho ritenuto di rispettare il Parlamento e di adottare una ordinanza limitata nel tempo, non risolvendo tutte le questioni, che sicuramente potranno essere meglio approfondite in un dibattito parlamentare.
Certamente, anche questa ordinanza è stata elaborata in seguito ad un lavoro molto accurato, che ho tenuto in considerazione e dal quale è emerso innanzitutto che le evidenze scientifiche non consentono di dare un parere relativo all'efficacia dell'uso autologo del sangue del cordone.
Quindi, va considerato un aspetto che riguarda l'efficacia e un aspetto che riguarda le politiche di sanità pubblica, che devono dare la giusta informazione ai cittadini su tale efficacia; inoltre, la sanità pubblica non può non considerare il pericolo, derivante anche da una enfasi mediatica emotiva, che possano essere poste domande sbagliate. Una politica pubblica non può essere indifferente a questo.
Pertanto, anche se questo significasse andare controcorrente, se le evidenze


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scientifiche - come mi pare di aver capito - sono abbastanza unanimi nel mettere in evidenza che l'efficacia dell'uso autologo è molto dubbia (Commenti delle deputate Poretti e Gardini) ... Lo risolverete voi nel dibattito parlamentare. Personalmente, ho emesso un'ordinanza in punta di piedi, rispettando il Parlamento, sia la Camera che il Senato. Un'ordinanza è uno strumento molto parziale e limitato, che rispetta il dibattito parlamentare. Pensavamo, anche come Governo, di presentare un emendamento, ma possiamo anche evitarlo e rimetterci totalmente al dibattito parlamentare.
Ritengo comunque che sia importante valutare l'efficacia, che, fino a prova contraria, è data da quella che viene chiamata la medicina basata sull'evidenza, e che quindi una politica pubblica debba valutare rigorosamente questo aspetto.
Credo, inoltre, che sia importante difendere un grande valore che esiste nel nostro Paese, ossia la cultura della donazione. Occorre, quindi, potenziare molto l'uso altruistico del sangue da cordone ombelicale. Penso, inoltre, che sia importante una politica di equità, e che quindi non sia data soltanto alle donne più abbienti la possibilità dell' uso autologo e che tale uso debba essere consentito pure in un contesto parziale, purché sempre legato alla cultura della donazione. Questo è ciò che penso e che ho imparato dalle persone di cui mi sono avvalsa.
Tuttavia, ciò non toglie nulla al fatto che quell'ordinanza sia parziale. Il Parlamento approvi rapidamente la legge e risolva così i problemi presenti sul tappeto. Io non me la sono sentita, con l'ordinanza, di affrontare questioni che devono essere risolte da un più pacato dibattito parlamentare.
Inoltre, ho compiuto una scelta molto netta, ossia quella di privilegiare le strutture della sanità pubblica, potenziando le banche pubbliche. Intanto è stato fatto questo, poi valuteremo l'opportunità di compiere altre scelte.
In ordine alle giuste domande dell'onorevole Poretti e di altri deputati, mi preme sottolineare che stiamo applicando la legge in tema di sangue e che abbiamo già predisposto i provvedimenti attuativi. Adesso inaugureremo il Centro nazionale sangue; all'interno di tale quadro, è pronto un decreto istitutivo, per il quale, però, devo rispettare le sedi tecniche.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il ministro, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.40.