COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 17 ottobre 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MIMMO LUCÀ

La seduta comincia alle 14,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro della salute, Livia Turco, sullo stato di attuazione della legge n. 40 del 2004 in materia di procreazione medicalmente assistita.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro della salute, Livia Turco, sullo stato di attuazione della legge n. 40 del 2004 in materia di procreazione medicalmente assistita.
Do la parola al Ministro Turco per la relazione introduttiva.

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Sono lieta di poter svolgere questa audizione in Commissione affari sociali sullo stato di applicazione della legge n. 40 del 2004 e di avere l'occasione per approfondire una discussione che considero assai rilevante e necessaria.
Nell'introduzione alla relazione sullo stato di attuazione della legge in questione concludevo dicendo: «Si auspica che, a tre anni dall'applicazione della legge, si continui a riflettere, con grande rigore e serietà, sulla legge medesima, a partire dagli esiti dell'applicazione delle tecniche, al fine di garantire alle donne e alle coppie la migliore efficacia e sicurezza delle tecniche e al fine di garantire al meglio proprio i princìpi ispiratori dichiarati dalla legge, che sono la tutela della salute delle donne e la tutela degli embrioni».
Questo era e resta il mio auspicio, nella consapevolezza che la responsabilità di Ministro della salute mi impone la lealtà istituzionale del rispetto e dell'applicazione di una legge dello Stato e quella della tutela di princìpi costituzionali intangibili.
Conosco le sensibilità, le culture, gli approcci diversi che sono presenti tra di noi e anche nella società nel suo insieme, che sono stati e continuano ad essere motivo di profonde divisioni e lacerazioni. Non intendo in questo senso semplificare quello che rimane complesso e difficile. Il mio auspicio è che si possa, e soprattutto si voglia, ricercare comunque il confronto e l'ascolto reciproco, premessa ineludibile per ricostruire le condizioni di un pensiero pubblico tanto più necessario quanto ancora inadeguato e di una ragione pubblica capace di rispondere alle sfide inedite che le scoperte tecnologiche e scientifiche consegnano a tutti noi, attraversando la quotidianità delle vite concrete delle persone, dalla nascita, alla malattia, fino alla morte.
È sempre più necessaria una elaborazione sociale, collettiva, perché profondi e inediti sono i cambiamenti. Gli sviluppi tecnologici e scientifici rappresentano una straordinaria occasione di progresso umano, ma contengono anche rischi e criticità, a partire dagli scenari possibili di nuove diseguaglianze e discriminazioni, perché l'accesso alle scoperte biotecnologiche è precluso a miliardi di persone nel


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mondo, dalla possibilità che sia l'offerta tecnologica a prevalere e non il bisogno delle persone, dalla trasformazione della possibilità di scelta delle persone in afasia dei soggetti, dallo spaesamento possibile delle coscienze di fronte ai mutamenti della stessa percezione identitaria e antropologica.
Questa complessità della materia che trattiamo e questa profondità va nominata e riconosciuta. Il mio auspicio resta quello che la politica sappia essere sempre più etica, non imprigionata nella tattica asfittica del giorno per giorno, ma proiettata strategicamente nella continua ricerca di valori alti di senso e di significato. Una politica che sappia distinguere tra impossibilità di mediare sull'assolutezza dei princìpi e dei valori e, invece, possibilità e necessità di costruire basi comuni per le scelte del bene comune. Una politica che non abbia bisogno di supplenze nella legislazione etica, ma che confermi la solidità delle radici profonde e comuni di un pensiero democratico, laico e moderno, all'interno di un mondo sempre più multiculturale e multireligioso.
Il mio auspicio è che la discussione sull'applicazione della legge n. 40 possa restituire ridare valore al merito dei problemi, alla forza delle evidenze, quando dimostrate e verificate, senza illusorie rassicurazioni di certezze aprioristiche, da qualunque parte esse vengano. Questo è il mio approccio, questa è la responsabilità che sento di dover mettere in gioco.
Con questa premessa, entrando nel merito della discussione sullo stato di applicazione della legge n. 40, vorrei sottolineare oggi i punti che ritengo più rilevanti della relazione redatta ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della stessa legge, presentata al Parlamento il 30 giugno scorso (già da tempo a vostra conoscenza). La relazione, come prevede la legge medesima, è stata preparata dall'Istituto superiore di sanità, con la collaborazione del Ministero.
Parto dal panorama dell'applicazione delle tecniche della procreazione medicalmente assistita in Italia, che ad oggi è ancora molto ampio ed eterogeneo. Dovendo leggere la relazione, ovviamente, citerò soprattutto numeri.
I centri operanti sono 330, 132 di primo livello e 198 di secondo e terzo livello. Il numero dei centri è molto elevato, molto più che in altri Paesi europei. Tuttavia, l'offerta delle tecniche appare, per certi versi, inadeguata. In molti centri è ancora insufficiente l'esperienza nell'applicazione delle tecniche, che risulta condizione rilevante per l'acquisizione di professionalità da parte degli operatori.
Per le tecniche di inseminazione semplice, il 41,45 per cento dei centri tratta meno di venti pazienti durante l'anno; il 68,7 per cento dei centri meno di cinquanta pazienti. Per le tecniche di secondo e terzo livello, il 53 per cento dei centri tratta non più di cento pazienti; soltanto il 5,7 per cento dei centri tratta più di cinquecento pazienti. Il 65,1 per cento dei centri effettua meno di duecento cicli l'anno; il numero nazionale di cicli per milione di abitanti è 568 e si attesta su valori medio-bassi a livello europeo.
Esiste un gradiente nord, centro, sud del Paese rispetto ai centri pubblici e privati. I centri privati sono il 53,9 per cento del totale, di cui il 34,8 per cento nel sud, il 28,1 per cento nel centro, il 21,9 per cento nel nord-ovest, il 15,2 per cento nel nord-est. I centri di secondo e terzo livello pubblici e convenzionati sono 97 su 198. Nel sud, i centri di secondo e terzo livello sono il 33,8 per cento, contro una media di circa il 20 per cento nel resto del Paese, e sono in gran parte privati.
Questo è il primo punto che intendo sottolineare, perché è una criticità che deve essere corretta. La qualità dei servizi offerti alle coppie non appare uniforme su tutto il territorio nazionale. Occorrono azioni finalizzate al miglioramento della qualità operativa dei centri e al loro monitoraggio, anche prevedendo, in collaborazione con le regioni, standard qualitativi, strutturali e tecnologici di procedura e di esito, collegati alla verifica della effettiva erogazione dei LEA.
Occorre poi un monitoraggio dei costi a carico delle coppie e sul possibile conseguente


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fenomeno della migrazione delle coppie, da centro a centro, da regione a regione. Questo è il punto di più rilevante criticità della legge, o tra i punti più rilevanti, al quale riteniamo di dover dare una risposta cercando di puntare, d'intesa con le regioni, sia nell'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza sia con un apposito atto di indirizzo, al miglioramento della qualità dei centri.
I dati sono stati raccolti con una copertura dell'89 per cento. La raccolta degli stessi viene effettuata in forma aggregata, e non ciclo per ciclo. Questo permette di descrivere il fenomeno, ma non consente una corretta valutazione di efficacia e di sicurezza dei protocolli terapeutici e delle tecniche utilizzate in relazione alle caratteristiche biomediche e cliniche (tipo di infertilità, patologie pregresse) e psico-socio-demografiche (età, residenza, occupazione della coppia).
Persiste, poi, una perdita rilevante di informazione del follow- up delle gravidanze, che limita la validità delle risposte che il registro può offrire, in termini di analisi, sulla reale efficacia e sulla sicurezza dell'applicazione delle tecniche. Anche questo secondo punto è di grande rilevanza.
Occorre introdurre una modifica della raccolta dei dati in forma disaggregata, ciclo per ciclo, al fine di una migliore valutazione della sicurezza ed efficacia delle tecniche, in particolare rispetto al tema della salute delle donne e dei nati, in relazione a specifiche tipologie di donne e di coppie: donne con età superiore a 35 anni, donne più giovani, coppie con gravissimo fattore di infertilità maschile.
Per superare le obiezioni del Garante della privacy, occorre predisporre uno specifico provvedimento legislativo, rispetto al quale sollecito una comune responsabilità della maggioranza e dell'opposizione. Avevo presentato un emendamento, in sede di discussione al Senato della legge sulla semplificazione, ma - forse non ci eravamo capiti - non è stato accolto.
Come è stato rilevato nel dibattito seguito alla relazione, è stata richiesta una lettura disaggregata dei dati, ma per fare questo è necessario un intervento normativo, quindi sollecito, ripeto, una comune assunzione di responsabilità. Occorre correggere la perdita di informazione, anche al fine di superare alcune delle obiezioni avanzate alla relazione, che considero condivisibili, anche se non sufficienti a dimostrare conseguentemente la non ammissibilità di qualsiasi analisi o giudizio sull'applicazione della legge.
Ecco i risultati ottenuti con le tecniche di inseminazione semplice. Sono 15.770 le coppie trattate; il 27,4 per cento delle coppie è affetto da problemi di infertilità maschile, il 21,2 per cento da fattore femminile. Sono 26.292 i cicli iniziati, di cui il 55,9 per cento su pazienti con età maggiore o uguale a 35 anni, il 16,9 per cento su pazienti con età superiore a 40 anni. Sono 2.805 le gravidanze ottenute; la percentuale di gravidanze rispetto ai pazienti trattati è del 17,8 per cento, la percentuale di gravidanze ottenute rispetto ai cicli iniziati è del 10,7 per cento (per le classi di età superiore a 40 anni il 6,3 per cento).
Le gravidanze di cui si conosce l'esito sono 1.464, il 52,2 per cento di quelle ottenute. I parti sono 1.114, il 76,1 per cento delle gravidanze con esiti noti. Gli esiti negativi - aborto spontaneo o terapeutico, morte intrauterina, gravidanza ectopica - sono 350; gli aborti spontanei costituiscono il 21 per cento, i bambini nati vivi sono 1.291. Si osserva che l'efficacia della tecnica è correlata al parametro dell'età della paziente.
Questi i risultati con tecnica a fresco di fecondazione assistita: 27.250 coppie trattate, il 35,4 per cento affetto da infertilità maschile, il 35,4 per cento da infertilità femminile, il 13,2 per cento da infertilità idiomatica. Sono 33.244 i cicli iniziati, il 60,7 per cento effettuato su coppie con età superiore ai 34 anni. Il 62,2 per cento dei cicli iniziati rientra nel Servizio sanitario nazionale, il 37,5 per cento nei centri privati. I cicli sospesi, quando non si arriva al prelievo degli ovociti, sono 3.864, l'11,6 per cento dei cicli iniziati. Il 68,7 per cento dei cicli sospesi è per mancata risposta alla stimolazione; il 53 per cento


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dei cicli sospesi è relativo a donne con età superiore a 35 anni. I prelievi ovocitari sono 29.345, i trasferimenti ovocitari 25.402, gli ovociti prelevati 209.236 (36,8 per cento inseminati, 12,2 per cento crioconservati, 51,1 per cento scartati).
Il 47,9 per cento dei centri non ha effettuato alcun ciclo con la tecnica di criopreservazione degli ovociti. I cicli interrotti dopo il prelievo degli ovociti e prima del trasferimento degli embrioni sono 3.943, il 13,4 per cento dei prelievi. I cicli interrotti per mancata fertilizzazione degli ovociti prelevati sono il 48,5 per cento, il 26,4 per cento perché nessun ovocita è stato prelevato.
I trasferimenti effettuati con embrioni prodotti sono 25.402, il 18,7 per cento con un solo embrione, il 30,9 per cento con due embrioni, il 50,4 per cento con tre embrioni. Le gravidanze ottenute sono 6.243. La percentuale di gravidanze relative ai prelievi è del 21,2 per cento; quella di gravidanze riferite ai trasferimenti effettuati è del 24,5 per cento. Le gravidanze trigemine ottenute con tecniche a fresco ICSI e FIVET sono il 3,3 per cento; le gravidanze di cui si conosce il follow-up sono 3.603, esitate in 2.680 parti, pari al 74,4 per cento, e 950 esiti negativi, pari al 26,4 per cento. I parti trigemini con tecniche FIVET e ICSI sono il 2,7 per cento; i bambini nati vivi 3.385.
Di seguito, riporto le osservazioni che si possono trarre da questi dati, suggerite dall'Istituto superiore di sanità. L'età avanzata è un parametro penalizzante per il successo dell'applicazione delle tecniche. Se da una parte risulta, quindi, molto importante promuovere un'adeguata e corretta informazione alle donne e alle coppie sulla tutela della salute riproduttiva, essendo l'età avanzata la causa principale della sterilità, è d'altra parte sempre più necessario promuovere incisive politiche pubbliche per la natalità, a partire dalle politiche sociali e per l'occupazione femminile, per rimuovere le cause che ostacolano l'effettiva possibilità di scelta delle donne rispetto al loro desiderio di maternità.
Il costo delle tecniche a totale carico delle donne è assai rilevante (il 37,5 per cento dei cicli avviene nei centri privati) e si configura come una possibile fonte di diseguaglianza anche per la condizione spesso necessitata per le donne di rivolgersi ai centri privati. Occorre monitorare il fenomeno, anche prevedendo conseguenti azioni di programmazione regionale per potenziare l'offerta dei centri pubblici. Sono ancora molto pochi i centri che effettuano la criopreservazione degli ovociti, sebbene questa metodica rappresenti una possibilità di miglioramento delle tecniche. In questo senso, vanno implementati i progetti di ricerca specifici.
Non esiste attualmente, come ricordato, la possibilità di conoscere il dato di quante donne, a seguito dell'interruzione dei cicli, abbiano deciso di ripetere le tecniche di procreazione assistita, sottoponendosi ad una successiva stimolazione. È un dato viceversa significativo, che dovrà essere considerato per valutare il peso delle tecniche sulla salute delle donne.
Più della metà dei trasferimenti avviene con tre embrioni, in controtendenza rispetto a molti Paesi europei, orientati a trasferire un solo embrione selezionato con più alto potenziale di sviluppo, in base alle caratteristiche e all'età della donna, al fine di limitare le gravidanze gemellari, fonti di patologia perinatale e materna.
Si ricorda che la legge vieta la possibilità di fecondare più di tre ovociti, per non produrre più di tre embrioni, e la possibilità del congelamento degli embrioni. Non risulta, quindi, possibile scegliere tra gli embrioni prodotti quelli più vitali per il miglior successo delle tecniche, congelando i rimanenti prodotti. Si affida, quindi, al Parlamento la riflessione su questo contenuto del dettato di legge.
Non è possibile, attualmente, correlare la percentuale di gravidanze e parti trigemini con l'età delle pazienti, in particolare con età inferiore a 35 anni. Questo dato risulta invece essenziale per una corretta valutazione dell'efficacia e della sicurezza delle tecniche, essendo l'indicatore dell'appropriatezza delle tecniche rispetto alla tutela della salute delle donne e dei nati.


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La perdita di informazione sul follow-up delle gravidanze deve essere corretta, migliorando la capacità di raccolta dell'informazione da parte dei centri e promuovendo la consapevolezza delle coppie che si sottopongono ai trattamenti, al fine di motivarle a collaborare.
Leggo ora i risultati con tecniche di scongelamento di ovociti e di embrioni. I cicli iniziati sono 4.049. Gli embrioni trasferiti dopo lo scongelamento 2.526, il 74,6 per cento; non sopravvissuti 858, pari al 25,4 per cento. Quanto agli ovociti dopo lo scongelamento, inseminati sono 7.500, pari al 55,2 per cento, degenerati 5.684, pari al 44,8 per cento. Le gravidanze ottenute sono 451, 194 con embrioni e 257 con ovociti scongelati. Le gravidanze di cui si conosce il follow-up sono 325, esitate in 239 parti, con 89 esiti negativi pari al 27,4 per cento. I bambini nati vivi sono 264.
Anche in questo caso, faccio alcune osservazioni. Rispetto all'assai rilevante percentuale, precedentemente richiamata, di ovociti scartati, è certamente da implementare la tecnica di criopreservazione degli ovociti. Tuttavia, la tecnica di scongelamento degli ovociti produce una percentuale assai rilevante di insuccessi. Il 55,2 per cento degli ovociti scongelati degenera, risultando quindi impedita fortemente alla donna l'opportunità di non essere ulteriormente sottoposta a successive stimolazioni.
La legge vieta il congelamento degli embrioni, quindi è impedita alla donna la possibilità di utilizzare cicli da scongelamento di embrioni, che avrebbero, viceversa, più alte percentuali di successo, il 74,6 per cento. Contemporaneamente, si osserva, però, che lo scongelamento degli embrioni procura, in larga parte, la loro distruzione e che la tutela della dignità degli embrioni prodotti è non solo obbligo di legge, ma anche valore del tutto condivisibile.
Risulta, quindi, questa la criticità più complessa della legge, per la difficoltà di trovare un equilibrio tra valori e princìpi, tutela dell'embrione e tutela della salute della donna, che sono esplicitamente dichiarati nelle finalità della legge.
Va poi evidenziata quella che a me pare un'eccessiva rigidità nell'impianto della legge, che non prevede, pur nel rispetto di questi valori e princìpi, la possibilità di scegliere la tecnica più adeguata al caso singolo, ma viceversa prevede, per tutte le donne e le coppie, un unico caso.
Nelle conclusioni della mia introduzione alla relazione, come Ministro della salute, al fine del rispetto del principio costituzionale della tutela della salute delle donne, ho inteso affidare questa criticità alla riflessione del Parlamento.
Infine, cito i risultati con tecniche FIVET ed ICSI, il confronto dei dati 2003-2005. Nel 2003, 120 centri; nel 2005, 169 centri. Nel 2003, 17.125 pazienti; nel 2005, 27.254 pazienti. Nel 2003, gravidanze ottenute 4.807; nel 2005, 6.235. La percentuale di gravidanze rispetto ai prelievi effettuati nel 2003 è del 24,8 per cento, nel 2005 del 21,2 per cento. I trasferimenti effettuati con un solo embrione sono il 13,7 per cento nel 2003, il 18,7 per cento nel 2005. I trasferimenti effettuati con tre o più embrioni, nel 2003, sono il 44 per cento, nel 2005, il 50,4 per cento. La percentuale di parti plurimi, parti gemellari, trigemini e multipli, nel 2003, è del 22,7 per cento, nel 2005, del 24,3 per cento. La percentuale di parti trigemini, nel 2003, è del 2,8 per cento, nel 2005, del 2,7 per cento. Gli esiti negativi delle gravidanze - aborti spontanei, morte interuterina, gravidanze ectopiche -, nel 2003, sono il 23,4 per cento, nel 2005, il 26,4 per cento.
Dai dati che emergono il numero delle gravidanze appare in aumento, ma l'aumento è relazionato a quello del numero dei centri e delle pazienti trattate. La percentuale di gravidanze rispetto ai prelievi si riduce, infatti, di 3,6 punti percentuali e, come differenza percentuale, la riduzione rappresenta il 14,3 per cento del valore dell'indicatore riferito all'anno 2003.
Applicando le percentuali di gravidanze ottenute sui prelievi effettuati nel 2003 ai prelievi eseguiti nell'anno 2005, risulta una perdita potenziale di 1.041 gravidanze. Il numero dei trasferimenti con un solo


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embrione è aumentato, ma si osserva che nel 2003 il trasferimento di un singolo embrione poteva avvenire per decisione del medico, in base alle caratteristiche della paziente, nel 2005 avviene invece frequentemente per mancanza di altri embrioni prodotti da trasferire.
Il trasferimento con un solo embrione non selezionato riduce notevolmente le probabilità di ottenere una gravidanza, soprattutto nelle pazienti con età più avanzata. La percentuale di parti plurimi aumenta e si osserva che il dato relativo ai parti trigemini, pur costante, risulta ben superiore al dato raggiunto in Europa già nel 2003: 2,7 per cento quello italiano, rispetto all'1,1 per cento europeo. Aumenta inoltre la percentuale di esiti negativi.
Passo ai risultati di 96 centri con tecniche a fresco, con un confronto dei dati 2003-2005. Per una valutazione statisticamente più attendibile, il meno possibile inficiata dalle oscillazioni dovute alla diversa esperienza dei centri nell'applicazione delle tecniche, alle differenze nei protocolli applicati nel reclutamento delle pazienti, l'Istituto superiore di sanità ha considerato soltanto i centri partecipanti alla raccolta sia dei dati del 2003 sia di quelli del 2005. Questa è una precisazione che mi sembrava doveroso fare.
I cicli iniziati nel 2003 sono 18.867, nel 2005, 18.036. I prelievi effettuati nel 2003 sono 16.764, nel 2005, 15.947. I trasferimenti effettuati nel 2003 sono 14.946, nel 2005, 13.895. Le gravidanze ottenute nel 2003 sono 4.257, nel 2005, 3.626. La percentuale di gravidanze rapportate ai prelievi effettuati nel 2003 è del 25,4 per cento, nel 2005 del 22,7 per cento.
Si osserva che, in questo caso, si conferma la tendenza osservata sulla totalità dei centri e si riduce l'efficacia dell'applicazione delle tecniche. In particolare, si osserva una riduzione delle percentuali di gravidanza rispetto ai prelievi del 2,7 per cento. Espressa in termini percentuali, questa riduzione rappresenta il 10,5 per cento del valore dell'indicatore riferito all'anno 2003; applicando le percentuali di gravidanza del 2003 al numero dei prelievi eseguiti nel 2005, si perdono 443 gravidanze.
Rispetto alla situazione precedente la legge, si riscontra una diminuzione delle percentuali di gravidanze, con conseguente diminuzione di bambini nati; è più elevata la percentuale di trattamenti che non giungono alla fase di trasferimento o con bassa possibilità di successo; il numero di ovociti inseminati è minore, ma il numero di embrioni trasferiti è superiore; è più elevata l'incidenza di parti plurimi, con conseguenti effetti negativi immediati e futuri per i nati e per la madre; sono aumentati gli esiti negativi delle gravidanze.
Queste sono le evidenze indicate nella relazione che ho ritenuto opportuno sottolineare e che mi sembra giusto approfondire con voi.
Colgo l'occasione per informare circa gli interventi che sono stati realizzati dopo la presentazione della relazione, il 30 giugno 2007. Si tratta di progetti di ricerca - che vi consegno - in applicazione dell'articolo 2 della legge, finanziati utilizzando i fondi stanziati negli anni 2005 e 2006, a cui attribuisco una particolare importanza. Tali progetti intendono essere una risposta, anche se parziale, ad alcune delle evidenze da tutti riconosciute.
In Italia, le pazienti arrivano in età avanzata ad una diagnosi di infertilità e l'età avanzata delle donne che accede alle tecniche è motivo di insuccesso delle tecniche medesime; la prevenzione primaria delle cause di infertilità, l'informazione corretta alle donne e alle coppie che accedono alle tecniche di procreazione assistita, le campagne di informazione rivolte a tutta la popolazione, a partire dai giovani, e, più in generale, la tutela della salute riproduttiva sono fondamentali obiettivi di salute pubblica. Credo che questo sia un aspetto della legge che merita massima attenzione e, per parte mia, intendo porre massima attenzione nell'applicazione della legge.
Inoltre, la qualità operativa dei centri va migliorata, anche implementando la ricerca su alcune specifiche metodiche.


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Abbiamo previsto, con l'Istituto superiore di sanità, che queste siano le aree rispetto alle quali utilizzare l'articolo 2 della legge. In questo senso, sono stati finanziati progetti specifici di ricerca, alcuni dell'Istituto superiore di sanità, altri presentati da enti esterni e sottoposti preventivamente alla valutazione di esperti nelle materie in cui vertono i progetti stessi.
I progetti, come ho detto, sono finalizzati alla prevenzione e allo studio delle cause dell'infertilità, all'informazione e alla salute riproduttiva dei giovani, alla conservazione della fertilità nei pazienti oncologici, allo studio di procedure innovative per l'identificazione dei fattori etiopatogenetici dell'infertilità maschile, alla valutazione degli effetti delle radiazioni ionizzanti sulla spermatogenesi umana, nonché allo studio della qualità dei gameti, allo studio sulla criopreservazione degli ovociti e sul follow-up dei nati a seguito di queste tecniche, allo studio su cicli singoli di trattamento delle tecniche di procreazione medicalmente assistita e sui nati, alla valutazione di poliformismi genetici correlati con risposta alla stimolazione ovarica controllata, e infine allo studio sull'incidenza delle coppie italiane che si rivolgono a centri esteri per l'applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Infine, per quanto riguarda la criticità dei centri, ritengo che sia necessario un forte impegno da parte dell'azione di governo, d'intesa con le regioni. Ciò che può fare il Governo è un atto di indirizzo nei confronti delle regioni per sollecitare un'omogeneità degli standard.
Non parlo oggi dell'aggiornamento delle linee guida. Come sapete, le linee guida sono previste dalla legge e hanno una procedura, a cui mi attengo, che prevede il parere dell'Istituto superiore di sanità e del Consiglio superiore di sanità. Si tratta di un decreto ministeriale, però, data la rilevanza del tema, pur essendo le linee guida strumento attuativo della legge e non strumento che può intervenire su di essa, mi pare necessario e doveroso, prima dell'adozione del decreto ministeriale, svolgere una discussione nelle Commissioni parlamentari competenti.
L'elaborazione delle linee guida è in corso. Come sapete, è stato acquisito il parere del Consiglio superiore di sanità, che io trasmetto per intero, non soltanto nelle sue conclusioni, ma anche nel dibattito, a queste sedi. Sono intervenuti fatti significativi, come la sentenza di Cagliari, che hanno richiesto da parte nostra un approfondimento nella stesura delle linee guida.
Prima di interpellare le Commissioni parlamentari, anche se su questo abbiamo avuto un dialogo costante, credo che le associazioni delle coppie e di donne che si occupano di questi temi debbano essere coinvolte.
Come vi ho detto, l'elaborazione delle linee guida è in corso, tuttavia, pur trattandosi di un decreto ministeriale, è mia intenzione coinvolgere in modo preventivo e approfondito le Commissioni parlamentari competenti.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Turco.
Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Ministro, la ringrazio per la sua relazione, che naturalmente andrebbe approfondita, quindi richiederebbe che tutti noi intervenissimo.
Ho apprezzato molto l'introduzione, sebbene lei abbia espresso delle osservazioni che - mi permetta di dirlo - inficiano la conclusione. Quando lei afferma che solo il 5-6 per cento dei centri tratta più di cinquecento pazienti, indica già che l'esperienza è importante anche nell'acquisizione dei successi.
Lei afferma, inoltre, che non c'è un'uniformità nella qualità delle prestazioni, che non è possibile una corretta valutazione dei dati - sono le sue parole -, che c'è una perdita rilevante dei dati del follow-up delle gravidanze, alla quale bisogna rimediare per avere una fotografia reale di quello che è avvenuto prima e dopo la legge n. 40 del 2004.


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Intanto, dobbiamo dire che tale legge prevede una gradualità delle tecniche (inseminazione e poi tecniche di secondo e terzo livello) che prima della sua approvazione non esisteva. È difficile, dunque, paragonare dei dati quando non sono omogenei i gruppi trattati prima e dopo quella legge. Il successo non è dato solo dalle gravidanze, ma anche dalle nascite effettive. Come si evince dalla relazione, nel 41,3 per cento dei casi non emerge l'esito della gravidanza. Quella dello scarso successo della legge n. 40 - lei ne parla nella conclusione della relazione - è una valutazione che non può essere fatta da nessuno; ci sarebbe una perdita del 3,6 per cento rispetto al 2003, pur avendo avuto un maggior numero di accessi. Nel 2005 (tra l'altro, vorrei chiederle come mai l'Istituto superiore di sanità si è limitato al 2005 e non ha preso in considerazione il 2006), gli accessi sono stati 27.254 e, nel 2003, 17.125. Questo indica come le coppie italiane siano sensibili all'idea di avere un bambino, come è giusto che sia. Questo desiderio va appagato, considerando il progresso scientifico e tecnologico, ma d'altra parte bisogna considerare l'aumento dell'infertilità di coppia e dell'abortività.
Le linee guida del 21 luglio 2004 denunciano chiaramente che «l'età della donna è uno dei principali limiti alla fertilità umana; con l'età, inoltre, aumenta il rischio di abortire spontaneamente. Tale rischio risulta essere pari al 10 per cento per le donne di età inferiore ai 30 anni e superiore al 34 per cento per le donne intorno ai 40 anni». Le chiedo se questo dato emerge - a me sembra di no - dall'analisi dei dati del 2005; sarebbe importante per giudicare con maggiore correttezza e paragonare i dati del 2005 e del 2003.
In secondo luogo, la legge n. 40 vieta la crioconservazione degli embrioni. Lei ha giustamente ricordato come nello scongelamento di embrioni crioconservati precedentemente - lo ripeto, la legge n. 40 non lo permette - si registri una mortalità degli embrioni stessi. Lei ha fatto un richiamo alla eticità, nel senso lato del termine - qui non c'entra niente la confessione religiosa -, senza preconcetti e ideologie. È chiaro che la tutela del diritto alla vita del concepito deve essere uno degli obiettivi principali di qualsiasi Stato, ma questo va associato allo studio delle cause della sterilità. Non possiamo pensare che una coppia sterile possa accedere immediatamente alle tecniche di procreazione assistita, senza prima accertare le ragioni della sterilità. Mi sembra che la relazione tenga poco conto di questo aspetto e molto più conto, invece, della ricerca dei dati in rapporto alle tecniche di procreazione assistita.
Un'ultima osservazione riguarda gli embrioni, che si creda o no che la vita abbia inizio dal momento del concepimento. Io lo credo, su base scientifica, tanto che si parla di pre-embrione già al quattordicesimo giorno; si dice che fino al quattordicesimo giorno non è vita, mentre dopo si svilupperebbero il cervello e le zone contigue. Nel dubbio, intanto, mi asterrei dal provocare la distruzione di un embrione, e questo dovrebbe valere anche per chi non ha la convinzione biologica che la vita inizi dal concepimento.
Le domando se non sia un fatto positivo che questa legge, non permettendo la crioconservazione, abbia salvato migliaia di embrioni destinati alla distruzione, sia prima della fecondazione, sia dopo lo scongelamento per la crioconservazione.
Da ultimo, vorrei fare un accenno alla crioconservazione degli ovociti. Quando discutemmo in Assemblea la legge n. 40, fui tra i presentatori dell'emendamento sulla crioconservazione degli ovociti. Le domando come mai non si destinino finanziamenti allo studio degli ovociti. Lei ha giustamente accennato al problema che gli ovociti, una volta scongelati, sono più fragili, ma questo avviene perché oggi non abbiamo tecniche adeguate. Se potessimo approfondire lo studio non sull'embrione, ma sui gameti, questo permetterebbe una scelta degli ovociti e degli spermatozoi migliori e di avere un maggiore successo, senza provocare - indipendentemente dalle proprie convinzioni - una distruzione di cellule fecondate, che per me (ma


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anche scientificamente) costituiscono già vita, mentre per altri sono solo un ammasso di cellule.

DONATELLA PORETTI. Ringrazio il Ministro Turco per la sua presenza in Commissione.
Mi fa piacere intervenire dopo l'onorevole Di Virgilio, il quale, nonostante i dati drammatici della relazione annuale, continua a sostenere una legge che è indifendibile da ogni punto di vista. Non credo che i numeri elencati dal Ministro possano fare felice chi ha sostenuto quella legge, tanto meno chiunque, a qualunque titolo, si sottoponga oggi ad interventi di fecondazione assistita in Italia. Per fortuna, ci sono persone che se lo possono permettere e vanno all'estero. Alcuni dati, che non appaiono nella relazione annuale ma purtroppo si conoscono, rivelano che, dall'entrata in vigore della legge, il numero di coppie che si reca all'estero è addirittura quadruplicato. Se prima si trattava di una scelta libera, oggi è una scelta obbligata, dal momento che in Italia alcune tecniche sono vietate. Penso, in primis, alla fecondazione eterologa, che sappiamo essere, in alcuni casi, l'unica tecnica cui si può fare riferimento per avere un figlio.
Al di là del desiderio della coppia di realizzare il sogno di avere un figlio, credo che dovremmo volare un po' più basso e parlare di una malattia. Si sta parlando di persone che hanno problemi da un punto di vista sanitario e che, per questo, accedono a tecniche sanitarie. Il problema nasce nel momento in cui queste tecniche, che erano permesse in Italia prima della legge n. 40 e sono permesse nel resto del mondo (mi riferisco in particolare all'Unione europea, e non ai Paesi in cui si fanno interventi selvaggi), in Italia, attualmente, non sono più praticabili. Stiamo parlando di interventi sanitari: sarebbe come dire che oggi è possibile fare i trapianti di cuore, ma in Italia questi trapianti sono vietati perché si è deciso che il cuore di una persona appena morta va tutelato. È una scelta che potrebbe anche venire in mente a qualcuno, non è così pazzesca; sappiamo come i trapianti di organi siano un argomento delicato, ancora oggi, nel 2007.
Questa mattina abbiamo tenuto una conferenza stampa con altri colleghi parlamentari, capigruppo e componenti della Commissione affari sociali, alla quale era presente l'Unione (tranne l'Udeur, tengo a specificarlo). Alla conferenza stampa abbiamo invitato anche le associazioni dei pazienti e, in parte, la società medica e scientifica.
Signor ministro, ho con me una raccolta di appelli e richieste che sono state inviate al suo Ministero; gliele consegno, anche se sicuramente le avrà già ricevute. Lei conosce, dunque, le richieste che provengono dai pazienti e dalla società medico-scientifica.
Noi stessi ci siamo associati a queste richieste per intervenire quanto prima sull'aggiornamento delle linee guida della legge n. 40. Mi auguravo che oggi lei ci dicesse qualcosa su tale aggiornamento, e credo davvero che il tema della diagnosi pre-impianto ormai si sia imposto, purtroppo non grazie a un voto delle aule parlamentari e non per un intervento del Ministro, ma addirittura per l'intervento di un tribunale. Purtroppo, l'Italia è fatta così. Del resto, anche il testamento biologico pare si imponga attraverso tribunali e Corte di cassazione, anziché attraverso le aule parlamentari.
Come dicevo, ci siamo associati alle richieste di intervenire quanto prima sulle linee guida. Credo che il suo intervento e i suoi appunti a margine dei dati che ha richiamato, in particolar modo sul divieto di crioconservazione degli embrioni, impongano alla Commissione di intervenire. Certo, lei ha parlato di equiparazione della salute della donna e della salute dell'embrione, ma credo che si debba innanzitutto tutelare la salute delle persone che sono in vita; e se davvero c'è un danno alla salute delle persone in vita, credo che occorra intervenire per salvaguardarla.
Le consegno queste richieste e la informo che tante persone stanno seguendo l'audizione da una sala collegata. L'attenzione su questo tema è molto viva e non


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si è perso affatto il patrimonio di dibattito e di richieste raccolto all'epoca del referendum.
Credo sia fondamentale, da parte della maggioranza e di tutti quegli esponenti della passata maggioranza che si erano dichiarati disponibili a rivedere, quantomeno, le parti più contestate e critiche, intervenire nuovamente sulla legge, ed è altrettanto fondamentale che questa Commissione se ne faccia carico.
Le consiglio di leggere, per curiosità, il libro scritto da un ginecologo che, praticando la fecondazione assistita, si è trovato travolto dalla legge n. 40; successivamente, si è dedicato alla ricerca e alla conservazione delle cellule staminali del cordone ombelicale, e si è trovato nuovamente travolto da un'ordinanza e da un divieto a fare questo.
Sono divieti che, in parte, lei ha ereditato; in parte, sono divieti che ha voluto mantenere, e in parte divieti in merito ai quali io la sollecito a farsene carico e ad assumere delle decisioni, possibilmente più durature rispetto alle ordinanze o a altre circolari.
A proposito di embrioni crioconservati, mi permetto di ricordarle il caso degli embrioni orfani destinati ad una bio-banca di Milano attraverso un decreto sul quale, se lei volesse, potrebbe intervenire. Li crioconserviamo in eterno o li destiniamo alla ricerca?

TOMMASO PELLEGRINO. Innanzitutto, desidero ringraziare il Ministro perché, ancora una volta, ha dimostrato una grande sensibilità nel confrontarsi con le Commissioni parlamentari competenti su temi particolarmente importanti e delicati, come quello della legge n. 40 del 2004.
Sono fermamente convinto che ci troviamo di fronte ad una legge inadeguata, che ha prodotto una serie di problematiche, molte delle quali sono state messe dettagliatamente in evidenza dai dati presentati oggi dal Ministro Turco.
C'è un problema serio riguardante proprio le linee guida, che, in tante situazioni, sono in contrasto con la legge n. 40; è vero che le linee guida dovrebbero rappresentare lo strumento attuativo della legge ma, in alcuni casi, esse creano difficoltà di interpretazione o, addirittura, delle interpretazioni diverse da quelle previste originariamente dalla stessa legge.
Mi fa piacere che il Ministro reputi necessario l'aggiornamento delle linee guida, perché, così come sono, esse producono purtroppo una serie di dati negativi; è bene che, come diceva anche la collega Poretti, da questo dibattito emergano i punti di criticità sui quali si dovrà intervenire, per modificarli in modo puntuale.
Tutto questo va in direzione della salute della donna, della tutela psicologica della coppia e anche della salute del nascituro, principi che purtroppo, nella legge n. 40 e nelle attuali linee guida, non sempre sono tutelati e tenuti nella giusta considerazione.
D'altra parte, è sufficiente osservare i numeri. A mio avviso, quando si sottopone a verifica una legge, se i dati forniti non provengono soltanto dalle associazioni di categoria ma anche da istituti importanti (come l'Istituto superiore di sanità ed altri), abbiamo il dovere istituzionale, indipendentemente dall'appartenenza politica, di effettuare un'analisi critica di quei dati e, laddove ci siano delle difficoltà, di intervenire, nell'interesse delle coppie e di tante donne.
Reputo inaccettabile, ad esempio, che un numero così elevato di coppie siano costrette a recarsi in altri Paesi per sottoporsi alla fecondazione assistita, ritenendo che all'estero vi siano maggiori garanzie e sicurezza. È una grande discriminazione, non solo perché questa strada può essere intrapresa solo da chi se lo può permettere economicamente, ma perché ritengo che uno Stato debba tutelare i suoi cittadini e garantire loro tale possibilità nel proprio territorio, senza costringerli a recarsi in altri Paesi per avere un servizio adeguato o minori problematiche riguardo alla gravidanza.
È evidente che i problemi sono tanti: è in aumento la percentuale degli aborti e in diminuzione il numero delle gravidanze, che in poco più di un anno sono state poco


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più di mille; le probabilità di attecchimento sono sempre più basse, ridotte circa del 15 per cento. Di fronte a questi dati, non possiamo assolutamente far finta di nulla.
Due punti mi stanno particolarmente a cuore, in primo luogo quello relativo alla ricerca. Penso che su questo tema dobbiamo fare un po' di chiarezza; ci sono, nei laboratori italiani, tantissimi embrioni inutilizzabili che, a mio avviso, possono essere sfruttati per la ricerca. Spesso, da più parti, vengono fatti appelli per lo sviluppo della ricerca nei diversi settori. Alcune forze politiche sostengono fortemente l'importanza della ricerca sugli organismi geneticamente modificati; alcuni ritengono addirittura che la ricerca sul nucleare sia importante per la soluzione dei problemi energetici del nostro Paese. Chiedo a tali forze politiche la stessa coerenza per quanto riguarda l'utilizzo di questi embrioni per la ricerca. Considerato che, oggi, le problematiche genetiche sono importanti in una serie di patologie, ritengo che sia una grave perdita per la nostra ricerca non poter fare uso di questi embrioni, non utilizzabili per altri scopi.
Il secondo punto è relativo alla diagnosi pre-impianto. Anche in questo caso, non possiamo demandare continuamente le decisioni alle aule di tribunale. Nel Paese è aperto, ormai, il dibattito su una politica che non ha più credibilità e che è sempre più distante dai cittadini. Io penso che lo sarà sempre di più, se continuiamo a deresponsabilizzarci e a non considerare che, attribuendo le responsabilità ad enti diversi da quelli istituzionali, dello Stato, del Governo e del Parlamento, la distanza dai cittadini non potrà che aumentare.
Sono troppi, ormai, gli argomenti sui quali chiamiamo a decidere le aule di tribunale, come è purtroppo accaduto con la sentenza di Cagliari, con la quale un tribunale di buon senso ha giustamente e legittimamente autorizzato una diagnosi pre-impianto in una donna portatrice di beta-talassemia. Ritengo, tuttavia, che questo non sia accettabile: portiamo spesso avanti delle battaglie contro gli aborti, ma il risultato di questa legge, dell'impossibilità della diagnosi pre-impianto, è l'inevitabile aumento degli aborti.
Pertanto, rispetto a questo punto, noi dobbiamo riassumerci una responsabilità; lo abbiamo constatato anche ieri con riferimento al tema del testamento biologico: il vuoto legislativo ha fatto sì che il tribunale sia stato chiamato a decidere al posto delle istituzioni, che dovrebbero, invece, legiferare. Questo lo abbiamo riscontrato anche in altri settori, come in quello universitario e in altri ancora.
Iniziamo, quindi, a colmare questi vuoti legislativi e ad intervenire assumendoci le nostre responsabilità, senza fare alcun appello alla bioetica. Penso che la bioetica in questo caso non c'entri assolutamente nulla e che sia necessario un atteggiamento di responsabilità e buon senso da parte di tutti noi, perché è evidente che non possiamo continuare a restare sordi di fronte alle tante segnalazioni provenienti dagli operatori del settore, dalle associazioni di categoria e dalle tante coppie che continuamente ci scrivono e ci segnalano la loro situazione di disagio e di difficoltà.
Ritengo che, rispetto a questo problema, abbiamo il dovere di dare delle risposte concrete; è altrettanto chiaro che, per quanto riguarda il problema della sterilità, dobbiamo rivedere il concetto di «patologia», perché in Italia c'è un problema aperto per quanto riguarda i DRG in Italia (a questo proposito ho predisposto anche un'interrogazione, che segnalerò al Ministro).
La rilevante problematica legata ai DRG riguarda tutte le patologie, che nel nostro Paese andrebbero a mio avviso riadeguate, aprendo anche un confronto con le società scientifiche delle singole branche di specializzazione. Tuttavia, anche in questo caso, sarebbe utile il riconoscimento della sterilità come malattia, affinché sia inquadrata in un DRG adeguato. Anche questo è particolarmente importante.
Sono diversi i punti da affrontare, molti dei quali sono stati chiaramente sollevati; ma ciò che a noi interessa, il principio di fondo sulla base del quale


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occorre quantomeno rivedere le linee guida, è che non possiamo restare sordi di fronte a dati che ormai sono evidenti e rispetto ai quali è giusto confrontarsi.
Dobbiamo essere aperti a tutte le soluzioni, e credo sia un grave errore difendere una situazione che non può assolutamente continuare in questo modo. Mi fa piacere che oggi si sia svolta una conferenza stampa con tutte le forze del centrosinistra - tranne l'Udeur - che, compattamente, hanno messo in evidenza queste situazioni e, con grande responsabilità, hanno dichiarato la loro intenzione di porre mano ad un aggiornamento delle linee guida e ad una riforma vera, che riguardi anche la legge n. 40.

KATIA ZANOTTI. Signor presidente, sarò più breve dei colleghi che mi hanno preceduta.
Ciò che oggi il Ministro ci ha illustrato trova riscontro nella sua relazione sullo stato di attuazione della legge n. 40 del 2004, una relazione molto complessa, che cercherò di sintetizzare. Sono stati formulati alcuni rilievi e alcune proposte rispetto ai centri, e non solo. Nella presentazione si legge: «Rispetto alla situazione precedente la legge, è avvenuta una diminuzione delle percentuali di gravidanze, con conseguente diminuzione di bambini nati; è più elevata la percentuale di trattamenti che non giungono alla fase del trasferimento o con bassa possibilità di successo (trasferimento di un embrione non elettivo); il numero di ovociti inseminati è minore, ma il numero di embrioni trasferiti è superiore; più elevata è l'incidenza di parti plurimi, con conseguenti effetti negativi, immediati e futuri per i nati e per la madre; sono aumentati gli esiti negativi delle gravidanze». Il lavoro svolto dall'Istituto superiore di sanità conferma quanto afferma il Ministro Livia Turco nella sua relazione.
Dopo questa relazione, signor Ministro, sono intervenuti alcuni fatti nuovi, che desidero esporre sulla base della condivisione del giudizio da lei formulato nella sua presentazione, basato sull'elaborazione dei dati a distanza di tre anni dall'applicazione della legge.
Anzitutto, vi è stata la sentenza di Cagliari: dopo una precedente sentenza, che sappiamo essere stata respinta solo per vizi di forma, senza che la Consulta sia entrata nel merito, il tribunale di Cagliari ha emesso una sentenza che ha riconosciuto il diritto alla diagnosi pre-impianto ad una coppia di portatori di talassemia. Ricordo peraltro al Ministro - ma è noto a tutti i colleghi - che il testo della legge n. 40 non fa divieto esplicito di diagnosi pre-impianto, anzi: sono le linee guida che introducono un'interpretazione restrittiva, parlando di «diagnosi osservazionale». I colleghi lo sanno, perché se ne è discusso a lungo; così come sanno che una donna che volesse verificare lo stato del feto effettua delle indagini e, di fronte al diniego di diagnosi pre-impianto, in caso di feto malformato, decide di abortire.
È successa un'altra cosa, signor Ministro: la ribellione delle donne, che rifiutano l'impianto dei tre ovociti obbligatorio per legge. Ne parlo perché abbiamo letto sui giornali - il Corriere della sera, in particolare - che sono stati presentati esposti alle direzioni sanitarie con cui si chiedeva ai medici di non impiantare i tre embrioni. Naturalmente, questo accade perché le donne giovani non desiderano parti trigemellari, mentre le donne di età più adulta non vogliono feti malformati. Il medico, in questo caso - qui sta l'incongruità della legge -, non può distruggere l'embrione, non può crioconservarlo, e sarebbe obbligato ad impiantarlo sapendo che, qualora la donna rifiutasse l'impianto dei tre ovociti, non sarebbe passibile di alcun tipo di sanzione, perché la legge non lo prevede.
È intervenuto anche il parere del Consiglio superiore di sanità, il quale, interpellato dal Ministro per la predisposizione delle linee guida, sollecita che la possibilità di accesso alle tecniche di fecondazione sia data anche agli uomini fertili portatori di malattie infettive sessualmente trasmissibili (come l'HIV, per intenderci) e invita il Ministro ad un'apertura in tal senso, consigliando,


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anche a titolo personale, alle singole persone e alle coppie portatrici di malattie genetiche di effettuare la diagnosi pre-impianto.
Cito questi fatti in modo molto diretto, ma anche molto semplice, perché rappresentano un dato sul quale è impossibile non interloquire, stante anche l'autorevolezza dei soggetti, il tribunale, da una parte, il Consiglio superiore di sanità, dall'altra, nonché quel «soggetto» che è rappresentato dalle donne, le quali vivono concretamente sul loro corpo la sofferenza causata dalle tecniche invasive, spesso reiterate, dal momento che i tentativi effettuati, come indicano i dati e la legge, falliscono frequentemente.
Mi fermo qui perché non vorrei insistere troppo. Il Ministro, nella sua introduzione, ha detto che c'è un problema di equilibrio, di ottemperanza ad un quadro di valori e di principi che prevedono, da una parte, la tutela della salute della donna e, dall'altra, la tutela della dignità dell'embrione. Io, naturalmente, sono d'accordo; tuttavia, ho l'impressione che in questo momento siamo di fronte ad un forte sbilanciamento a scapito della tutela della salute della donna.
Peraltro, una sentenza della Consulta di trent'anni fa ha affermato esplicitamente che occorre privilegiare la salute e l'interesse di chi è già persona rispetto a chi persona deve ancora diventare. Non intendo riaprire la questione relativa all'embrione e al suo essere, o meno, una persona: riconoscerlo o non riconoscerlo dipende dalla coscienza individuale e dai valori che ciascuno di noi ha.
Ho l'impressione che, se noi, nel ragionare su ciò che di questa legge non funziona, non ci libereremo da una lettura ideologica che, purtroppo, ha viziato pesantemente la costruzione di questa legge, aggraveremo la situazione, i cui dati sono stati sintetizzati con parole molto chiare e semplici dal Ministro Turco nella sua presentazione.
Le persone che hanno disponibilità finanziaria si recano all'estero per la fecondazione assistita, generando un business vergognoso e con scarse garanzie anche in termini di percorsi terapeutici e di controlli necessari. In sostanza, chi non ha i soldi non ci va.
Mi auguro che tutti siamo consapevoli che ci troviamo di fronte alla necessità di leggere questi dati nel modo più oggettivo possibile. Io me lo auguro, e lo auguro al Ministro perché credo che l'aggiornamento delle linee guida sia l'occasione giusta per farlo.
Vorrei che il Governo non perdesse questa occasione, Ministro, perché ritengo - come la collega Trupia ed il gruppo di Sinistra democratica - che porre mano ad una revisione radicale della legge n. 40 dopo tre anni di applicazione comporti un percorso molto più lungo e complicato. È ancora più complicato, me ne rendo conto, perché in questo senso non è una stagione felice, anche all'interno del Parlamento. Tuttavia, proprio per questa ragione, si può fare qualcosa attraverso le linee guida.
Ringrazio il Ministro per aver dichiarato la sua disponibilità a ragionare ancora sulle linee guida, ci auguriamo in un futuro molto prossimo. Vorrei incalzarlo, in modo molto cortese ma altrettanto determinato, affinché non perda questa occasione e questa opportunità di lavoro, supportata non solo dal tribunale di Cagliari ma anche dal Consiglio superiore di sanità, autorevole organismo di cui si avvale per il suo lavoro.

EMANUELE SANNA. Anche io, come gli altri colleghi già intervenuti, ho molto apprezzato la ricca e documentata relazione del Ministro, così come l'apertura, l'equilibrio e la problematicità con cui ha prospettato, alla riflessione nostra e del Parlamento in generale, i punti più delicati e controversi dall'applicazione della legge n. 40 del 2004.
Vorrei partire, cari colleghi e signor Ministro, dal punto più cruciale. Anche se lei ha assunto l'impegno di tornare in Commissione per discutere delle linee guida che sono in fase di elaborazione, vorrei soffermarmi già da ora su questo punto perché, se svolgiamo una discussione preventiva, forse anche l'elaborazione delle linee guida può avvalersi di


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una partecipazione attiva e propositiva da parte del Parlamento.
Come prevede l'articolo 7 della legge n. 40, le linee guida sono vincolanti, in tutto il territorio nazionale e per tutte le strutture accreditate del Servizio sanitario nazionale, per quanto riguarda le procedure e le tecniche per la procreazione medicalmente assistita. Vengono aggiornate ogni tre anni - come ricordava il Ministro - con decreto del Ministro della salute, sentito l'Istituto superiore di sanità e previo parere del Consiglio superiore di sanità.
L'aggiornamento delle linee guida deve tenere conto, come previsto da uno specifico articolo della legge, dei dati epidemiologici, deve recepire l'evoluzione tecnico-scientifica e, a mio avviso, non può non tenere conto anche del pronunciamento degli organi costituzionali competenti - quindi anche dei tribunali della Repubblica italiana - su alcune norme controverse della legge n. 40.
I dati epidemiologici (forniti dal Governo circa 15 giorni fa in Assemblea, in sede di esame di un'interpellanza urgente da noi presentata a seguito della sentenza di Cagliari) indicano che ci sono meno gravidanze, meno nascite, più aborti spontanei, più morti intrauterine, più gravidanze ectopiche, più parti plurimi.
Il bilancio clinico è sicuramente negativo, così come lo è quello procreativo. Vorrei ricordare che, negli ultimi trent'anni, le tecniche della fecondazione medicalmente assistita, la fecondazione in vitro, la diagnosi per impianto prenatale, prima dell'avvento di alcune norme controverse e coercitive della legge n. 40, hanno consentito, in Italia e nel resto del mondo (vorrei che i colleghi non trascurassero questo dato), di procreare ad una moltitudine di donne e di coppie infertili e portatrici di gravi patologie genetiche, e a tanti esseri umani di venire al mondo e vivere senza il fardello di malattie incurabili. Sono un milione e mezzo gli esseri umani nati attraverso le tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Il bilancio sociale, come ricordato dal Ministro e dai colleghi, è altrettanto preoccupante; è stato coniato il termine «turismo procreativo» ma, forse, dovremmo usare termini più realistici, perché in realtà si tratta di un «calvario procreativo», di una «emigrazione procreativa». Le coppie e le donne che, a migliaia, si recano in Spagna, in Belgio, in Inghilterra, a Praga, in Ucraina, in Turchia, non lo fanno per turismo. È il caso della donna che ha provocato la sentenza del tribunale di Cagliari, la quale si è recata in Turchia per procreare una bambina (che adesso ha otto mesi di vita interuterina), che si chiamerà Sofia e che potrà nascere perché quella donna, grazie ad una colletta fatta da persone generose e di buona volontà, è «emigrata» in Turchia e procreerà una bambina sana, non portatrice del seme della talassemia.
A parte questo, signor Ministro, c'è un aspetto di carattere squisitamente scientifico, che dovremmo depurare dal confronto culturale ed ideologico che, purtroppo, ha appesantito negativamente questa discussione.
Le linee guida del Ministro Storace, emanate sei mesi dopo l'approvazione della legge n. 40, affermano un'assurdità scientifica, ovvero che ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro, ovvero di quel mucchietto di poche cellule appena fecondate, dovrà essere di tipo osservazionale. Ognuno di noi può avere, su questo argomento, opinioni differenti, ed io rispetto le opinioni di tutti; Jacques Maritain, il più grande filosofo cattolico del secolo passato, il più ascoltato consigliere di Papa Paolo VI, ha detto che, in presenza dei progressi della biologia, è un'assurdità filosofica pensare che ci sia l'anima nell'individuo al momento della fecondazione. Ma lasciamo stare queste cose.
Signor Ministro, si può fare una diagnosi, e quindi tutelare la salute e la vita umana, solo osservando? Osservando un malato, un organo, un tessuto biologico? Si può prescindere dalle indagini più strutturali e sofisticate, quelle genetiche, quelle molecolari, quelle dell'istochimica, che la scienza medica moderna mette così copiosamente a disposizione della salute e


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della vita umana? Non c'è esponente della comunità scientifica nazionale ed internazionale che giustifichi questa norma; dunque, credo che sia assolutamente doveroso intervenire sulle linee guida.
Concludo sottolineando che, tra l'altro, la sentenza del tribunale di Cagliari si è pronunciata esattamente su questo punto, disapplicando quella parte delle linee guida del 2004 e considerandola in contrasto con le norme della legge n. 40, la quale, con certe garanzie ed entro certi limiti, consente la diagnosi pre-impianto.
Pertanto, auspicando che si realizzi ciò che lei ha sottolineato nel suo intervento, ovvero che si possa, attraverso il confronto, ricostruire un pensiero pubblico ed un interesse pubblico collettivo, noi attendiamo responsabilmente, ma molto vigili, le decisioni che il Governo assumerà per quanto riguarda le nuove linee guida della legge n. 40.

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor presidente, ringrazio il Ministro per la relazione che ha svolto, che considero rispettosa di tutte le posizioni, dei dati e della verità.
Il Ministro ha elencato alcuni dati e non ha espresso giudizi preventivi, lasciando al Parlamento la possibilità di approfondire e decidere in merito ad alcuni passaggi, che dovranno essere attuati nel prossimo futuro. Mi riferisco alle linee guida, all'interno delle quali dobbiamo approfondire alcuni temi molto importanti: dovremo rimarcare il richiamo alla politica e all'etica, perché la politica deve tenere conto anche dell'etica, del richiamato equilibrio tra valori e principi; inoltre, dovremo fare soprattutto un richiamo alla tutela della donna e dell'embrione.
È stato detto da qualcuno che i vari stadi della vita umana hanno diritti e priorità differenti, e che in alcuni di questi stadi non si può ancora parlare di vita. Non è un fatto ideologico se alcuni di noi pensano che l'embrione sia un essere umano, che sia vivo e che sia una persona. A parte questo, mi pare sia molto azzardato difendere una delle due forme di vita piuttosto che l'altra, la donna o l'embrione: noi dobbiamo difendere entrambi, sia chi è vivo, sia chi deve ancora nascere.
Fatte queste premesse, vorrei evidenziare che i dati elencati sono stati confrontati con i dati dei due anni precedenti l'applicazione della legge. Tuttavia, il Ministro ha detto che la raccolta dei dati, anche recentemente, negli ultimi due anni, non è stata soddisfacente. Quindi, io posso ritenere che anche i dati degli anni precedenti, del 2002 e del 2003, non siano soddisfacenti, perché in quel momento non c'era una normativa o un criterio a tale proposito; abbiamo una raccolta di dati a partire dal momento in cui la legge è stata concretamente applicata. Credo che questo aspetto sia importante, perché tali dati potrebbero anche essere disaggregati, non tenendo conto dei dati precedenti, che non sono certi.
Vorrei porre l'attenzione su un altro aspetto, che riguarda la proliferazione dei centri, molti dei quali non sono omogenei o non sono ancora attrezzati per questo tipo di interventi. Alcuni centri effettuano pochi interventi, ed è risaputo che, quando manca l'esperienza, gli interventi non vanno a buon fine e vengono seguiti in modo inadeguato. Occorre quindi aspettare che i centri si attrezzino; pertanto, non possiamo esprimere un giudizio fino a quando non ci sarà un'omogeneità di dati in centri che operano in modo identico.
In merito al dato che indica un aumento degli aborti, ritengo che ciò sia ovvio: vorrei ricordare che l'aborto, in generale, è dovuto ad una malformazione cromosomica, anche nei casi di gravidanza normale. Gli aborti non riguardano soggetti sani ma soggetti malformati, e credo sia ovvio che, nei casi di gravidanze difficili e di infertilità, si registri un aumento di aborti. Non lo considererei un fatto negativo, ma un dato di fatto dovuto alle circostanze di una gravidanza difficile, alle cui spalle ci sono delle malformazioni, delle malattie genetiche da parte dei genitori, una serie di criticità che portano a questo tipo di risultato.
Per quanto riguarda gli eventuali parti plurimi o trigemini, non credo che si tratti di un fatto drammatico. Faccio una riflessione:


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chi ricorre alla procreazione assistita perché non ha figli non dovrebbe lamentarsi se, invece di un bambino, ne nascono due o, cosa ancor più difficile, tre. Tra l'altro, la percentuale di aumento di parti plurimi non è così eccessiva rispetto a quella fisiologica, quindi non possiamo considerarlo un dramma. Non è drammatico avere più di un figlio: se una coppia desidera assolutamente dei figli, anziché avere due gravidanze, ne ha una con due figli. Può sembrare un discorso banale ma, a mio avviso, è accettabile.
Il problema degli insuccessi, come ha detto lo stesso Ministro, è dovuto all'età avanzata. Ricorrere alla procreazione assistita in età avanzata determina una maggiore percentuale di insuccessi. Occorre valutare i dati disaggregati delle gravidanze normali in età avanzata e quelli delle gravidanze con procreazione assistita in età avanzata. Questo sarebbe un paragone importante per capire se vi è molta differenza, a parità di età, tra i due tipi di gravidanze, quella fisiologica e quella con procreazione assistita.
Il Ministro non ha comunque tratto delle conclusioni, almeno così mi sembra. Ha elencato i dati ed ha evidenziato che, alla fine, ci sono state meno gravidanze, come ha sottolineato poco fa anche la collega Zanotti. Credo che occorra riflettere ancora su questi dati. Bisogna esaminare le linee guida, che modificheranno quelle precedenti ma che, come afferma il Ministro, non potranno cambiare la legge; le linee attuative devono tenere conto di questo, perché l'elaborazione in corso deve essere mantenuta all'interno della legge.
Sottolineo, infine, che il finanziamento di progetti di ricerca sulla prevenzione e lo studio delle cause di infertilità nascono dall'esigenza di comprendere le cause strutturali che determinano questi maggiori insuccessi nella procreazione assistita, le cui cause devono ancora essere studiate. Non dimentichiamoci che la procreazione assistita viene affrontata da soggetti che sono in uno stato di criticità e di difficoltà.
A mio avviso, dobbiamo confrontarci al di fuori delle ideologie, e vorrei concludere dicendo una cosa che sembra banale. È paradossale che coloro che sostengono alcune verità, non religiose o clericali, ma naturali, vengano accusati di ideologismo, mentre chi, all'opposto, sostiene altri dati e altre ideologie si ritiene che abbia ragione. Vorrei rimarcare il fatto che, stamattina, alcuni rappresentanti della sinistra hanno messo il carro davanti ai buoi, facendo una conferenza stampa nella quale è stato anticipato ciò che avremmo dovuto discutere oggi in questa sede.
Credo che non sia rispettoso della pluralità delle opinioni di ognuno di noi decidere a priori, senza aver ascoltato l'esposizione dei dati e le indicazioni per la modifica delle linee guida proposta dal Ministro; mi pare che forziate la mano con questa vostra impostazione ideologica, mentre accusate noi, che diciamo invece cose normali e non ideologiche.

ELISABETTA GARDINI. Signor presidente, anch'io vorrei associarmi ai ringraziamenti al Ministro Turco per il suo approccio molto soft ad un tema così delicato; ci siamo tutti compiaciuti con lei - anche se, forse, non abbiamo ancora avuto modo di esprimere questo apprezzamento - quando ha rivolto una sorta di appello all'adozione degli embrioni soprannumerari.
Ciò che, tuttavia, mi stupisce di più è l'evoluzione del dibattito all'interno di quest'aula che, ricordo, è un'aula di Commissione. Se non erro, in merito ad alcuni punti da lei sottolineati come criticità (soprattutto per quanto riguarda la lettura un po' forzata, secondo noi, rispetto ai dati che abbiamo), e che una parte politica ha sempre sottolineato come tali fin dalla nascita della legge n. 40 del 2004, il Ministro ha giustamente detto che, su questo, lascia la parola al Parlamento.
Ritengo che si stia facendo confusione tra rivedere le linee guida e mettere mano alla legge in modo radicale. Credo che chi pensa di poter stravolgere una legge che comunque è stata votata dopo un lungo lavoro in Parlamento, e che già rappresentava un punto di incontro tra due visioni lontane...


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KATIA ZANOTTI. Non c'è mai stato un punto d'incontro!

ELISABETTA GARDINI. Se per punto d'incontro si intende che una parte debba abdicare all'altra, sicuramente questo non c'è stato; ma se diciamo che una delle parti ha comunque fatto dei passi in avanti verso l'altra, credo che questo sia stato fatto.
Detto questo, non dimentichiamo che questa legge ha anche passato il vaglio di un referendum, dal quale è uscita integra...

DONATELLA PORETTI. Non c'era il quorum, non dica stronzate!

ELISABETTA GARDINI. Presidente, vorrei sottolineare come sia veramente impossibile procedere in questa Commissione. Quando vengono espresse posizioni veramente campate per aria, noi ascoltiamo in doveroso, ossequioso ed educato silenzio; quando io mi esprimo in termini assolutamente educati, vengo accusata di «dire stronzate»! Vorrei che questo rimanesse agli atti, perché la dice lunga sul clima in cui ci troviamo ad affrontare un tema così importante.
Devo dire (e credo di poter parlare a nome di tutto il mio gruppo, con il quale mi sono consultata) che ci troviamo a sostenere quanto chiesto dal Ministro Turco, ovvero che, come legislatori, mettiamo mano alla possibilità che l'Authority per la privacy autorizzi una raccolta dati che ci permetta di ragionare veramente.
Non vogliamo dimostrare nessuna tesi in modo aprioristico, ma non possiamo ragionare su dati che non ci permettono un reale confronto fra quello che accadeva prima e quello che accade oggi. Non voglio ripetere ciò che ha già detto il Ministro in modo esaustivo (e che è contenuto nella sua relazione), o che hanno ripetuto altri colleghi, in merito alla disomogeneità. A proposito del fatto che esistono tantissimi centri di secondo e terzo livello, vorrei domandarvi: andreste ad operarvi, per qualunque patologia, in un centro, in un ospedale, dove si effettuano venti operazioni l'anno? Nessuno di noi ci andrebbe, perché non riterremmo che un medico che effettua venti operazioni l'anno ci possa dare un'adeguata garanzia di competenza; figuriamoci un'intera struttura!
Guardiamo le cose con gli occhi aperti e non, per favore, con gli occhi dell'ideologia. Purtroppo, i mass media in questo non ci aiutano, perché ogni occasione diventa, recentemente, un pretesto per attaccare la legge n. 40 del 2004. Il premio Nobel dato all'italo-americano Capecchi è stato visto come la dimostrazione della inadeguatezza di tale legge. Il signor Capecchi ha ottenuto il premio Nobel perché lavorava sui topi geneticamente modificati; avrebbe potuto farlo anche in Italia, e non credo che gli sarebbe venuto in mente di fare la stessa cosa sugli esseri umani.
Non capisco perché gli organi di informazione colgano ogni occasione per creare confusione, per agitare un tema così delicato mettendo sul tavolo questioni che non c'entrano niente. Se vogliamo dirla tutta, penso che, al di là dei problemi endemici della ricerca, abbia fatto molti più danni Mussi bloccando per un anno i concorsi e non dando poi i finanziamenti ai progetti di ricerca nazionale. Sicuramente, questo è stato più nocivo per la ricerca che non la legge n. 40, almeno dal mio punto di vista (ma sono in buona compagnia).
Quanto al tribunale di Cagliari, non capisco perché altre sentenze, che affermavano il contrario, non hanno avuto la rilevanza che è stata data alla sentenza del giudice di Cagliari, che ho portato in questa sede per avere un conforto da chi è molto più autorevole di me. In un'intervista, il Presidente emerito della Corte costituzionale parla di un'invasione di campo e afferma che questo giudice ha fatto una cosa che sarebbe riservata alla Corte costituzionale, organo deputato a valutare se le scelte del legislatore siano conformi o meno al dettato costituzionale; aggiunge poi altre cose sulle quali non mi dilungo perché penso che le abbiamo lette tutti.
Non credo che basti un giudice per riscrivere una legge. Qui si parla di antipolitica;


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noi non vogliamo un Parlamento sotto schiaffo, un Parlamento depotenziato, un Parlamento che resta immobile e che è messo sotto scacco da un giudice che emette una sentenza praticamente riscrivendo la legge, facendo il contrario di quello che dice la legge stessa, emettendo di fatto una sentenza abrogativa.
Il Parlamento ascolta tutti, ma poi deve avere la consapevolezza di essere il Parlamento, e che l'attività legislativa è di sua pertinenza; altrimenti, altro che antipolitica, siamo in balia di tutto e di tutti! Non credo che questo giovi a nessuno: né al dibattito, né alla serenità delle donne, delle coppie e di nessun altro.
Ritengo che la trasparenza che i dati ci potrebbero dare ci permetterebbe anche di dire alle coppie che vogliono ricorrere a queste tecniche quali sono i centri migliori e dove si ottengono i migliori risultati. È assurdo che oggi questo non accada. Personalmente, ad esempio, vengo da una regione in cui è stato registrato il massimo dei risultati: più di 1.800 nati nel 2005, il doppio della Lombardia. Forse, dunque, anche andare a verificare dove le cose sembrano funzionare meglio non sarebbe sbagliato. In questo senso, penso che quella del Veneto sia una realtà da esaminare.
A proposito della crioconservazione, non dobbiamo mai dimenticare che prima dell'entrata in vigore della legge n. 40 poco più di un terzo dei centri congelavano embrioni. Che cosa facevano gli altri? Quasi il 70 per cento dei centri come si comportava? Forse li buttavano. Oggi buttano gli ovociti. Tuttavia, in base ai dati che abbiamo, non mi sembra che si possano fare delle asserzioni così assolute, così certe e sicure. La scienza non è univoca come sembra quando parlate voi: alcuni scienziati parlano come voi e altri la pensano come noi. Pertanto, non si può parlare di scienza in senso univoco.
È per tale motivo che ribadisco la necessità fondamentale di avere questi dati, per ragionare in modo pacato, per non continuare ad avere delle posizioni assolutamente ideologiche. Rappresentiamo tutti delle parti; nessuno di noi può parlare a nome dell'universo mondo, né dei cittadini, né della scienza, né dei medici, né dei ricercatori, per fortuna. Il partito unico non esiste in Italia (e meno male!).
In definitiva, è meglio non usare certi toni, perché siamo capaci tutti di fare polemica e basta. Abbiamo bisogno di questi dati, senza i quali non possiamo svolgere dei ragionamenti approfonditi. In questa sede, stiamo cercando di capire come agire per migliorare una situazione, ma non siamo qui per stravolgere una legge. Altrimenti, se è questo l'intento, non perdiamo tempo, chiudiamo subito i lavori e andiamo direttamente in Aula.

CARLA CASTELLANI. Anch'io intendo ringraziare il Ministro Turco. Sono oramai alla mia terza legislatura, dunque ho avuto modo di lavorare in altre occasioni, sia nella legislatura del 1996 sia in quella del 2001, con il Ministro Turco e ritengo che il suo approccio molto calibrato a questa problematica sia frutto di una convinzione personale. Altrimenti, visto che nel corso della discussione qualcuno è sceso leggermente di livello nell'accusare altri colleghi, verrebbe da pensare - e questo lo dico come boutade, sono convinta della serietà del Ministro - allo spettacolo di Crozza su Veltroni e sul suo ecumenismo della scorsa domenica, in cui egli dice che bisogna rappresentare i cattolici, ma anche gli atei, gli istruiti, nonché gli ignoranti.
Ho posto questa premessa perché conosco il Ministro e la rispetto, pur non condividendone le posizioni.
Signor Ministro, non entro nel merito dei dati, perché in questa legislatura non faccio parte di tale Commissione. Tuttavia, quando ho saputo che oggi sarebbe venuta qui per svolgere una relazione, ho voluto ascoltarla, anche in considerazione del fatto che in tutte le legislature che ho vissuto mi sono occupata di questa problematica.
Vorrei rivolgermi ai colleghi, a tutti quelli che sono intervenuti, svolgendo una riflessione per me, ma anche per loro. Non so che cosa intendano dire quando parlano di concetto di democrazia. Infatti,


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parliamo di una legge che è stata molto sofferta - lo ricordava prima la collega Gardini - da questo Parlamento, e non solo, negli anni. È stata oggetto di riflessioni, di approfondimenti, non senza difficoltà da entrambe le parti politiche.
Alla fine, nella legislatura del 1996, quando governava il centrosinistra, questa legge passò alla Camera - peraltro, sostanzialmente, nel testo sono state modificati pochissimi punti - e fu approvata nella legislatura successiva. Quindi, due Parlamenti con due filosofie politiche diverse hanno visto convergere il Parlamento, anche se con difficoltà. In seguito, vi è stata una consultazione popolare, un referendum.
Ho avuto modo di parlare con tantissime persone, le quali hanno percepito l'importanza di questo problema e si sono comportate conseguentemente, scegliendo di non abrogare la legge.
Se per voi questa non è democrazia, ditemi che cosa è la democrazia. Del resto, non possono valere solo i referendum della CGIL o della CISL, posto che sono comunque rispettabilissimi, come tutte le occasioni in cui si chiamano i cittadini a dare delle valutazioni.
Al Ministro, oltre che ai colleghi, chiedo, se non altro anche negli interventi, un po' di rispetto nei confronti del percorso che questa legge ha compiuto con grande difficoltà.
È stata definita da molti oscurantista, ma questa legge sta determinando modifiche della legge in materia in Svezia e in Norvegia, perché stabilisce un principio in cui il valore da tenere come punto di riferimento è la tutela di tutti i soggetti coinvolti. Non si mette in secondo piano la donna e neanche l'embrione. Con questa legge, si è cercato di tutelare tutti gli attori che hanno necessità...

PRESIDENTE. Scusi se la interrompo, onorevole Castellani. Colleghi, evitiamo di fare tante discussioni parallele.

CARLA CASTELLANI. La ringrazio, presidente, ma credo che da alcune parti si sia amanti delle proprie idee, mentre noi abbiamo ascoltato con grande interesse.
Vorrei affrontare ancora un aspetto. Non ricordo se sia stata la collega Zanotti o altri a parlare di danni alle donne. Sono medico e mi sono presa la briga, in un centro della mia regione, di seguire l'evoluzione di tale situazione. Ebbene, i danni sono una questione soggettiva. Aspetto che il Ministero e gli organi preposti compiano una vera valutazione sul danno che questa legge provoca alle donne, perché non ci si può riempire la bocca di slogan su temi etici di questa portata.
Infatti, se dovessero riscontrarsi dei danni...

KATIA ZANOTTI. Sono pazienti!

CARLA CASTELLANI. Non sono pazienti, ma aspiranti mamme. Fino a prova contraria, la gravidanza non è una patologia, ma un evento fisiologico.

DONATELLA PORETTI. E la sterilità?

CARLA CASTELLANI. La sterilità è una patologia, non la gravidanza. Stiamo parlando delle donne. Comunque, come medico, aspetto che vengano effettuati studi approfonditi sull'effettiva ricaduta che si può determinare sulle donne. Altrimenti, si parla solo di slogan pubblicitari.
Invito tutti a riflettere approfonditamente sull'approccio e anche sulle linee guida, signor Ministro. Come dicevano anche altri colleghi, infatti, è vero che le linee guida attuative prevedono le nuove scoperte, ma devono essere anche uno stimolo a studiare meglio i problemi dell'infertilità (ho notato con grande piacere che sono stati approvati dei progetti in proposito).
Nel frattempo, inoltre, occorre correggere a monte la questione. Vi preoccupate delle donne che si recano all'estero e che spendono soldi, ma perché non pensate che, come per i parti cesarei, si procede all'inseminazione artificiale anche su donne che spesso non ne hanno bisogno? Basterebbe curarle meglio prima, prevenire


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le malattie. Ho diverse amiche che, dopo essersi sottoposte all'inseminazione artificiale, hanno avuto due figli naturalmente. Quindi, anche questo aspetto deve essere studiato.
Per carità, le rondini non fanno primavera. Tuttavia, se vogliamo affrontare questo problema con onestà intellettuale e senza partigianeria, dobbiamo esaminare tutti gli aspetti di una legge che è stata veramente a 360 gradi, che si è occupata della donna e della sua sofferenza. Dobbiamo considerare che, prima di arrivare agli insuccessi - che si registravano anche in precedenza - delle inseminazioni artificiali, era necessario che la norma seguisse il percorso più semplice, quello di prevenire e curare l'infertilità.
Signor Ministro, ho lavorato a questa legge con una passione e un amore incredibili. Ho sempre detto che la legge che abbiamo votato, seppur perfettibile, come tutte le leggi, si ispirava ad un principio che ha reso onore al Parlamento, quello della difesa della vita umana.

DANIELA DIOGUARDI. Vorrei proporre di rimettere ordine in questa discussione, perché il disordine è grande. Inoltre, è in corso un tentativo - almeno così lo leggo, ma può darsi che sbagli - di stravolgere, cambiare e capovolgere la realtà, e anche il percorso di questa legge.
Innanzitutto, ringrazio la Ministra. I punti di criticità esistenti sono gli aspetti reali sui quali si deve intervenire.
Come diceva la Ministra precedentemente, esistono sensibilità diverse, dal momento che la materia è complessa. Del resto, stiamo parlando di biotecnologia, a proposito della quale esistono posizioni, sensibilità e ideologie diverse. Proprio per questo, dunque, credo che, rispetto ad una questione etica, il Parlamento di un Paese laico debba seguire un certa linea d'azione. Se poi vogliamo trasformare il nostro Paese e affermare che non è più laico, essendo a prevalenza cattolica, dobbiamo tenere presente anche questa componente forte, e quindi la laicità si deve mettere da parte. Tuttavia, siccome in realtà siamo in un Paese laico, credo che i bravi politici e le brave politiche rispetto ad una questione etica debbano saper fare un passo indietro.
Un passo indietro rispetto a che cosa? Non alle posizioni che non condivido o alle mie opinioni, ma nei confronti delle cittadine e dei cittadini che hanno la capacità di scegliere e di decidere responsabilmente. Il compito di una legge è quello di aiutare le cittadine e i cittadini a scegliere responsabilmente, fornendo tutte le informazioni necessarie rispetto alle tecniche e alle procedure, di garantire la sicurezza e la salute e, quindi, affrontare il problema dei centri. A tale riguardo, la situazione, pur essendo leggermente migliorata, mi sembra sia rimasta più o meno invariata.
Ad ogni modo, vi sono aspetti di grande criticità. Sono perfettamente d'accordo su questo. Quindi, l'obiettivo di quella che dovrebbe essere una buona legge, ossia garantire la salute, la sicurezza e l'informazione, di fatto, non mi sembra che si sia raggiunto, almeno stando ai dati parziali.
In proposito, chiedo di poter avere dei dati migliori; anche da questo punto di vista, sono perfettamente d'accordo con la Ministra. Quindi, cerchiamo, attraverso l'Authority, di avere altri dati e maggiori informazioni. Questo sicuramente ci aiuterebbe ad effettuare una valutazione obiettiva. Tuttavia, vi invito a non stravolgere i dati di realtà che abbiamo raccolto sino ad adesso. Se questi dati mostrano - come mi sembra di avere letto, se so leggere - che sono diminuite le percentuali di gravidanza, stiamo attenti al fatto che la tecnica, nel frattempo, sarà progredita nel corso di questi anni, come peraltro i medici presenti in Commissione possono dire meglio di me. Suppongo che, dal 2003 ad oggi, ci sarebbero dovute essere più possibilità, quindi le gravidanze sarebbero dovute aumentare in questo periodo, mentre si registra una diminuzione delle stesse e un aumento dei parti plurimi.
Il collega Lucchese chiedeva se non sia un fatto positivo che nascano più figli. Non sono medico, ma, come mi dicono i medici, i parti plurimi rappresentano un rischio per la donna e anche per i nascituri.


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Questi dati parziali, dunque, ci dimostrano in maniera incontrovertibile che questa legge non ha raggiunto gli obiettivi che si era posta. Purtroppo, non è stata una legge frutto di un accordo (Commenti del deputato Gardini)...Collega Gardini, perché devi sempre cambiare la realtà? Ho grande rispetto per le donne che decidono di avere trenta figli, per quelle che decidono di adottare tutti gli embrioni in carne e ossa, per quelle che si sposano e che non vogliono mai separarsi. Vi pregherei di avere rispetto per me, che non ho questa idea, anche se devo dire - scusate la battuta - che sono una delle poche donne sposate da quarant'anni con lo stesso uomo (Commenti). Ma questo è un fatto personale, scusate la divagazione!

PRESIDENTE. È un uomo fortunato!

DANIELA DIOGUARDI. Insomma, qualcuno dice che non lo è poi molto, dato il mio femminismo! Credo invece che sia un uomo fortunato, così come io mi considero una donna fortunata per avere incontrato un uomo che ha avuto la capacità di cambiare.
Riprendendo il filo del discorso, ribadisco che si tratta di una tematica quanto mai complicata e delicata, e che dovremmo ascoltarci tutti reciprocamente davvero, non in base al nostro punto di vista. Non possiamo ascoltare solo l'idea che condividiamo e fare finta di non sentire negli altri casi.
Credo che il minimo che si possa fare, rispetto a questa legge, sia rivedere le linee guida. Siamo di fronte ad un paradosso. Vi è una legge dello Stato che, di fatto, non solo non tutela come dovrebbe la salute, ma a volte può mettere perfino a rischio la vita delle donne.
Vorrei ancora sottolineare brevemente la questione della tutela della vita e della salute della donna e dell'embrione, dicendo, innanzitutto, che è un'operazione di grande ipocrisia, dal momento che non viene effettuata la diagnosi pre-impianto. Inoltre, nel referendum - quello sì che era chiaro - sulla legge n. 194 del 1978 si raggiunse il quorum e oltre il 65 per cento dei votanti (se non sbaglio) si espresse a favore del mantenimento della stessa. In questo referendum, invece, il quorum non si è raggiunto e chi è andato a votare si è espresso per il cambiamento della legge.
La mia esperienza mi dice che, trattandosi di una materia complessa, i cittadini e le cittadine non avevano ancora informazioni adeguate in merito. È successo, infatti, proprio il contrario di quello che afferma la collega Gardini. Vale a dire che fino a poco tempo fa i mezzi di comunicazione mostravano una sorta di far west della procreazione come se, di per sé, fosse quasi una realtà che non si poteva controllare. Così facendo, dunque, si era creato un allarme nell'opinione pubblica.
Oggi, invece, sono disponibili maggiori informazioni, che provengono dalle associazioni, dalle coppie che hanno dovuto fare ricorso a queste tecniche, uomini e donne, cittadini del nostro Paese che hanno vissuto direttamente in prima persona tale esperienza, hanno acquistato maggiore coraggio, anche perché costretti dalla legge, e hanno cominciato a emergere in maniera molto più chiara, più forte. Quindi, finalmente, i mass media danno notizie più corrispondenti alla verità di quanto non avveniva prima. È inutile parlare di un referendum che ha un valore relativo rispetto alla questione che stiamo affrontando.
Non voglio utilizzare altro tempo, perché dovranno essere svolti ulteriori interventi. Tuttavia, desidero sottolineare che, a mio avviso, come legislatori, dobbiamo recuperare in pieno il nostro ruolo, e non lasciarlo alla magistratura. Del resto, se la magistratura emette una sentenza, è perché la legge si presta a una ambiguità. Questo mi sembra chiaro ed evidente, a parte il fatto che si trattava di una questione molto delicata che riguarda la diagnosi pre-impianto.
In conclusione, sono convinta del fatto che non potremo mai tutelare nessun embrione contro la volontà della donna. Quindi, smettiamola di fare discorsi astratti. Credo che occorra sempre tenere conto che l'embrione è un tutt'uno con la donna. Questo deve essere l'elemento portante.


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Non possiamo staccarlo, perché causeremo dei danni in ogni caso. Questo è un elemento essenziale (Commenti del deputato Gardini). È così. Credo che, sostanzialmente, sia così.
Se vogliamo creare infelicità nel mondo, pur di appagare le nostre ideologie, lo possiamo anche fare. Tuttavia, non dobbiamo pensare a noi e alle nostre ideologie, ma soprattutto ai cittadini e alle cittadine, a coloro che non hanno le nostre ideologie. Pertanto, il minimo che si possa fare è rivedere le linee guida. D'altronde, credo che vi siano molti elementi in questo senso. Lo dicevano le colleghe prima di me, quindi non c'è bisogno che riprenda tale questione.
Lo ripeto, il minimo che si possa fare è rivedere le linee guida che, per quanto ci riguarda, non ci soddisfano - lo dico con sincerità -, anche se mi rendo conto che occorre considerare il contesto.
Questa mattina, come gruppo di Rifondazione comunista, insieme alle altre colleghe, abbiamo tenuto una conferenza stampa. Pensiamo che si debba andare oltre, che si debba rivedere l'impianto della legge, perché riteniamo che una legge debba essere un punto d'incontro.
Care colleghe, la legge dovrebbe essere questo: un punto d'incontro. Dovrebbe trovare una mediazione tra sistemi ideologici diversi. Questa legge, invece, non lo è. È una norma ideologica...

CARLA CASTELLANI. Tu dici che è il contesto che non lo consente...

DANIELA DIOGUARDI. Il contesto non è questo, è una questione più complicata. Non voglio dilungarmi su questo aspetto adesso.
Ritengo, invece, e ho concluso, che anche il contesto stia cambiando: c'è maggiore informazione, maggiore sensibilità nel popolo italiano rispetto a questo problema. Tutti ormai, o almeno la maggior parte delle persone, hanno capito che si tratta di una legge fortemente punitiva, incongruente e contraddittoria.
Credo, quindi, che i tempi siano sicuramente maturi per rivedere le linee guida, ma anche per arrivare a formulare una legge di civiltà che non ci condanni ad essere l'ultimo Paese dell'Europa.

MARCO CALGARO. Anch'io vorrei ringraziare molto il Ministro Turco per la sua relazione, che trovo equilibratissima, anche perché ci ha detto, a mio avviso, delle cose estremamente utili.
Mi riferisco, in primo luogo, al fatto che bisogna mettere assolutamente ordine nel modo in cui vengono rilevati i dati relativi a questa materia in Italia. Oggi, infatti, mi sembra scientificamente molto difficile esprimere delle valutazioni definitive su questi temi, se non riusciamo ad aggregare i dati in modo diverso. Questo è un impegno che, giustamente, lei, Ministro, si è assunta e che le regioni debbono assolvere.
Il secondo tema che emerge con tutta evidenza è, a mio parere, il principale motivo per il quale, forse, oggi c'è una diversa emigrazione procreativa. Parlo del fatto che i nostri centri risentono ancora di quella situazione di far west che si era determinata prima di questa legge, dal punto di vista non delle regole, ma del numero di coloro che sono accreditati, in base al fatto che effettuano un numero di stimolazioni o di cicli (chiamiamoli come vogliamo), sufficiente a renderli accreditati e credibili.
Credo che questo sia un tema che vada affrontato, perché, a fronte della necessità di un maggior numero di interventi, occorre anche una maggiore qualità degli stessi.
Ritengo che questo sia un impegno che possiamo assumerci tutti insieme e che condividiamo. Dico questo pensando anche alla sproporzione enorme tra nord e sud, soprattutto rispetto ai centri privati, che sono quelli nei quali - così mi risulta, anche sulla base di osservazioni che ho condotto personalmente - vi è ancora un certo far west, uno scarso rispetto delle regole. Sarebbe bene, dunque, che si dedicasse un grande impegno in questo senso.
Per quanto riguarda le linee guida, è la stessa legge che prevede che vengano riviste


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periodicamente. Personalmente, sono favorevole a ragionare su questo.
Credo che alcuni interventi della seduta odierna siano andati fuori tema. Infatti, sarebbe utile esaminare una bozza di revisione delle linee guida, su cui poi avanzare ciascuno i propri rilievi.
Mi rincresce che molti interventi hanno avuto, oggettivamente, un carattere che oscillava tra il parascientifico e l'ideologico. Infatti, se vogliamo ragionare sulla salute della donna, occorrono dei numeri di riferimento corretti, con questi nuovi metodi di rilevazione, rispetto al successo o insuccesso dei trattamenti, ma occorre anche la cifra esatta, riferita al passato e al presente, della mortalità e della morbilità da iperstimolazione ovarica. Non è sufficiente affermare che, perché la tecnica funzioni, occorrono tanti embrioni. Tutti, o almeno tutti coloro che si occupano di questa materia, sanno che l'iperstimolazione ovarica ha prodotto danni seri, fino alla mortalità, e che alcuni di questi danni sono difficili da rilevare fino in fondo.
Per evitare che l'ideologia prevalga davvero, credo sia necessario e utile fare emergere la corretta informazione, proprio per ragionare sulla salute della donna e sul rispetto dell'embrione e della donna. Credo che questo avrebbe un senso.
Ho anche sentito esprimere alcune considerazioni rispetto alle quali invito a una certa cautela, come, ad esempio, quella che considera alcune situazioni come patologie.
Invito a stare attenti in generale, nel senso che, rispetto alla nostra situazione economica in campo sanitario, non dobbiamo attuare indirizzi che ci portino verso un deficit sempre maggiore in questo settore. Pertanto, prima di riconoscere come patologie alcune situazioni, dobbiamo svolgere riflessioni approfondite.
Il mio concetto di laicità - mi permetto di dirlo - è leggermente diverso rispetto a quello dell'onorevole Dioguardi. Sarebbe importante confrontarsi su questo in altra sede, ma penso anche che sia difficile affermare che una legge dello Stato non sia stata approvata da un Parlamento regolarmente eletto e che un referendum non abbia dato certi risultati, seppur con tutti i difetti che ha evidenziato l'onorevole Dioguardi. Del resto, si è trattato comunque di un referendum svolto secondo le norme che la nostra Costituzione prevede.
Quindi, i giudizi sulla bontà o meno di una legge regolarmente approvata e di un referendum regolarmente svoltosi credo che appartengano a ciascuno di noi e che non abbiano nulla a che fare con la teocrazia, con la laicità dello Stato e con altre «amenità» di questo genere.
È bene proseguire su questa strada, rimanendo con i piedi per terra, come ha indicato il Ministro. Penso, inoltre, che in primo luogo abbiamo bisogno di dati più approfonditi e più ragionati, anche sui danni prodotti da queste tecniche, e non soltanto sui vantaggi eventuali che da queste derivano. Soprattutto, ritengo che occorra assolutamente rivedere le linee guida sulla base di una proposta.
Infine, vorrei aggiungere, non in termini polemici, che quello di soddisfare i desideri di maternità delle donne e delle coppie italiane rappresenta un tema molto rilevante. Credo che, per affrontare tale problematica, vi siano tanti campi sui quali i Governi, di qualunque colore, in passato e oggi, non sono intervenuti in modo adeguato. Penso che non sia questo il dato più rilevante della non soddisfazione del desiderio di maternità delle coppie italiane.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Credo che dovrò svolgere il mio intervento con una certa fretta. Questo mi dispiace molto, perché devo dire che la relazione del Ministro - che saluto e ringrazio - meriterebbe un approfondimento maggiore e maggiore calma.
Mi rincresce, dunque, che le discussioni che si svolgono in questa sede siano sempre animate da una vis polemica notevole. Così facendo, forse, non aiutiamo il Ministro.
Comunque, signor Ministro, la ringrazio molto di essere venuta e sottoscrivo in


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pieno le parole dell'amico Calgaro, perché, in effetti, ha svolto un intervento sereno e di buon senso.
Vorrei aggiungere qualche altra considerazione, sperando di non suscitare le ire delle colleghe...

PRESIDENTE. Perché solo delle colleghe?

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Perché i colleghi, da questo punto di vista, sono più mansueti (Commenti)!
Nella relazione del Ministro si legge che la raccolta dei dati non permette una corretta valutazione di efficacia e sicurezza; persiste una perdita rilevante di informazione del follow-up; occorre introdurre una modifica della raccolta dati (perché, si deduce, non è sufficientemente garantita); occorre correggere la perdita di informazione. Si prosegue, poi, con lo stesso tono. Ciò dimostra, se ve ne fosse stato bisogno, che c'è un'impossibilità, scientifica e oggettiva, di fornire dati che siano accettabili qualitativamente e quantitativamente. Quella che viene effettuata è soprattutto una valutazione quantitativa; manca completamente l'analisi qualitativa e c'è una perdita di dati che rende insostenibile qualsiasi relazione.
Se questo accade, non è per colpa del Ministro, ma perché è oggettivamente impossibile correlare dati diversi. Con questo, mi rivolgo ai colleghi che sono contenti di questa relazione. Personalmente, non lo sono, e non perché accuso il Ministro di essere in mala fede o di aver commesso degli errori, ma perché dati scientificamente non correlabili non danno alcun risultato.
Quanto è successo prima della legge n. 40 del 2004 e quello che è avvenuto dopo non è correlabile. Si potrebbe concludere qui il discorso, e il Ministro lo sa, tanto è vero che, onestamente, l'ha scritto. Infatti, nel 2003, poiché non c'era l'obbligo di rilevazione, né di controlli - i medici qui presenti lo sanno -, le rilevazioni erano effettuate solamente da alcuni centri che erano più efficienti degli altri e che, quindi, inviavano le proprie valutazioni. Si perdevano completamente tutti i dati fasulli, di scarsa efficienza, di scarsa efficacia e di scarsa capacità di incisione, perché quei centri, che in qualche modo avevano alcuni clienti, facevano business e andavano avanti col far west della provetta, non avevano alcun interesse a dire che andavano male.
Quindi, i dati del 2003 non sono, nel modo più assoluto, correlabili con quelli del 2005, lo sappiamo tutti. Per questo, siccome nella relazione è scritto che vi è una totale mancanza di informazioni, perdiamo oltre il 50 per cento degli esiti delle gravidanze ottenute tramite la procreazione medicalmente assistita. È possibile ragionare in termini scientifici in questo modo e invocare modifiche a oltranza, quando non sappiamo praticamente quasi nulla?
Vi è una seconda questione, che mi interessa moltissimo. Sono d'accordo con il Ministro quando afferma che occorre un monitoraggio migliore, più efficiente e più efficace, molto più pregnante, che abbia una base scientifica. Stiamo parlando di medicina, di sanità, di argomenti molto seri, non di una questione opinabile.
Quando si parla di un calo delle gravidanze, si fa riferimento a un dato non vero, semplicemente perché - ripeto e insisto - i centri che comunicavano gli esiti delle gravidanze, nel 2003, erano solo quelli più efficienti. Adesso vi è una maggiore diffusione di informazioni, ed è chiaro che la percentuale cala. Non si tratta di registrare in assoluto un calo di gravidanze: non si conoscono gli esiti di oltre la metà delle gravidanze. Il Ministro parla di vuoto di informazione.
L'aumento dei parti plurimi - altro cavallo di battaglia per modificare questa legge - ha anch'esso una spiegazione molto chiara (mi rivolgo sempre ai medici, che capiscono queste materie).
In passato, in presenza di gravidanze plurime, si operava la riduzione fetale, lo sappiamo tutti. Adesso tale pratica è proibita. A quel tempo, la riduzione fetale si faceva quando una donna portava avanti una gravidanza trigemellare. Si eliminavano due feti e ne nasceva uno solo.


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Questa era una prassi invalsa nei centri, perché eravamo sempre in presenza del famoso far west.
Adesso tutto questo non esiste più. Pertanto, anche in riferimento all'aumento del numero dei parti plurimi - al di là di quello che dice il collega Lucchese, che tutto sommato è ampiamente condivisibile -, bisogna considerare che esistevano dei sistemi per evitare tali parti plurigemellari. Non è possibile puntare i riflettori su quello che ci fa comodo e ignorare il resto. Il Ministro, ovviamente e giustamente, lo dice.
La mancanza dei dati da follow-up è tale da impedire un bilancio sull'effettivo funzionamento della legge e - collegandomi a quello che diceva il collega Calgaro - morbilità e mortalità non sono aspetti secondari da questo punto di vista.
Vengo ora all'ultima questione - non sarebbe l'ultima in realtà, ma devo procedere in fretta per motivi di tempo - che intendo sollevare e che riguarda i problemi relativi alla privacy. Si tratta di questioni enormi, a cui lei, Ministro, fa riferimento.
Vorrei sapere se è a conoscenza e mi può spiegare le procedure che hanno permesso il reperimento di dati anonimi, perché anche questo è un problema. In questo momento, infatti, le norme sulla privacy stabiliscono che non è possibile avere dati del tutto personali. Quali sono le procedure che hanno permesso il reperimento di dati che spesso sono anonimi?
Infine, vengo ai dati relativi alla salute, ossia la qualità delle madri, dei feti, dei bambini e di quello che è successo.
Riguardo agli embrioni, a parte la riduzione fetale, si afferma che la legge stabilisce che se ne devono impiantare fino a tre. Non è obbligatorio che siano tre, possono essere anche due o uno; quindi, non giochiamo con le parole.
Inoltre, nella relazione si parla sempre di infertilità, ma la legge stabilisce che si interviene in casi di sterilità. L'infertilità è una cosa, la sterilità un'altra. Non è detto che si debba intervenire su casi di infertilità, perché ci sono altri sistemi per farlo; altro conto è la sterilità.
Apprezzo che siano stati stanziati dei fondi per affrontare seriamente il problema dell'infertilità.

GIUSEPPE PALUMBO. Cercherò di essere brevissimo. Ho ascoltato con interesse la relazione del Ministro, che ho visto anche io, evidentemente, un po' in difficoltà. Del resto, dare delle deduzioni certe e sicure sulla base di questi dati non è facile per nessuno, né da una parte, né dall'altra.
Anch'io mi sono occupato di questa legge, nella presente e nella passata legislatura, quindi posso dire che non si tratta di una legge di una parte o dell'altra, poiché essa ha trovato delle convergenze - permettetemi di dirlo - da entrambe le parti, a volte su determinati argomenti, a volte su altri. Alcuni aspetti non sono presenti in questa legge perché, alla fine, il Parlamento si è espresso con pochissimi voti di differenza. Penso, ad esempio, alla fecondazione eterologa che, se non sbaglio, non passò per tre o quattro voti. Pertanto, dall'una e dall'altra parte, vi furono delle votazioni trasversali - me lo ricordo ancora -, e quindi non si può individuare una caratterizzazione specifica.
Detto questo, è chiaro che tutto è perfettibile e che tutto si può fare sicuramente meglio.
Vorrei ora soffermarmi su alcuni punti importanti. Pregherei il Ministro, nelle rivisitazioni dei dati, di tenere conto di una grossa differenza, che è stata rilevata anche dalla collega Santolini e dal collega Calgaro. Mi riferisco al fatto che bisognerebbe analizzare i dati tenendo presente la differenza tra i centri che effettuano più di 200 cicli l'anno e quelli che ne effettuano di meno. Questo è lo spartiacque che, scientificamente, vi è tra centri efficienti o meno efficienti, perché in queste tecniche è importante anche la capacità tecnica, la frequenza, l'articolazione del centro, le attrezzature, le persone e tante altre cose.
A mio avviso, dunque, i dati numerici potrebbero essere valutati in maniera sicuramente diversa, anche da questo punto di vista.


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Sono d'accordo con quello che diceva la collega Santolini a proposito del fatto che, in passato, i centri che si sottoponevano volontariamente al censimento e al controllo erano pochissimi. Successivamente, ciò ha riguardato tutti ed è evidente che il discorso è cambiato.
Permettetemi di contestare - come ho sempre fatto - la questione della migrazione all'estero, perché è un falso problema. All'estero si recano - anche perché costa molto - solamente le persone che hanno necessità di sottoporsi a una fecondazione eterologa o ad una diagnosi pre-impianto. Per tutti gli altri, ci sono centri validissimi in Italia.
Pertanto, non c'è una grande migrazione (Commenti)...

DOMENICO DI VIRGILIO. La legge la volete rispettare o no?

GIUSEPPE PALUMBO. Sono d'accordo con la questione, di cui parlava il collega Calgaro, relativa alle iperstimolazioni.
Oggi, avendo la necessità di recuperare pochi ovociti, perché se ne possono fertilizzare solamente tre, non si effettuano più le stimolazioni che si facevano una volta. Ora le stimolazioni sono molto più leggere, per cui comportano meno danni e rischi per la donna. Questo è un fatto positivo, anche se esiste anche il rovescio della medaglia.
Affronto ora un problema che intendo portare all'attenzione del Ministro. Lei ha parlato di costi molto elevati, soprattutto nei centri privati. Tuttavia, se non ricordo male, i LEA non prevedono tutte le voci possibili per la cura di una coppia sterile. Peraltro, all'epoca, vi fu una lunga discussione su questo problema.
Inoltre, in molti centri pubblici, tuttora attivi (posso parlare per quello che avviene nella clinica di Catania), molte delle prestazioni effettuate vengono giustificate sotto altre voci. Questo è un problema, caro Ministro, che a un certo punto bisognerà risolvere. Il monitoraggio, infatti, viene effettuato a livello ecografico, come se ci fosse un problema ovarico (diciamocele chiaramente queste cose).
Pertanto, o decidiamo di inserire nei LEA - evidentemente, con determinate indicazioni, ben precise - delle voci che possono giustificare queste prestazioni, oppure alla fine qualcuno le deve pagare. I medici prescrivono determinati farmaci, adducendo come motivo un'insufficienza ovarica o vari tipi di problemi perché, se si usa la parola «sterilità», la coppia deve pagare tutto. Questo è chiaro, lo dice la legge.
Un aspetto importante sottolineato dal Ministro, che spesso si ricollega anche a un problema di comunicazione e che è sfuggito a molti, è quello delle migrazioni da centro a centro. Si tratta di un aspetto legato, purtroppo, anche a un fattore psicologico. Ricordo che la percentuale di insuccesso è del 24-26 per cento (i centri migliori hanno percentuali appena diverse). Su dieci coppie che si sottopongono a questo tipo di tecniche, solo tre riescono ad avere un bambino; per le altre sette c'è lo sconforto. Molte coppie cambiano centro, ne cercano uno migliore, più reclamizzato, seguendo qualcuno che parla spesso in televisione e ne declama la bravura, impegnandosi anche economicamente. Tra l'altro, molta gente approfitta di questo per avere un impegno economico.
Proprio oggi, ho presentato una relazione al congresso dei ginecologi, dove è emerso che l'età media della prima gravidanza si aggira intorno ai 31 anni. Quando ero giovane, dopo i 30 anni le donne venivano chiamate «primipare attempate». Oggi non lo diciamo più, ma la fisiologia non cambia. L'età migliore per una donna, per avere figli, è tra i venti e i trenta anni, dai trenta ai quaranta è ancora adatta, dopo, evidentemente, la situazione cambia.
Quanto alla sterilità, il quadro è ancora peggiore. Vi sono centri nel mondo che, per attuare tecniche di procreazione medicalmente assistita, non accettano coppie con età superiore ai quaranta anni. Se una donna ha superato i quaranta anni, non viene accettata, perché i risultati, in percentuale di successo, sono troppo bassi.


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Ministro, lei ha accennato ad un fatto che mi piacerebbe conoscere. Ha ricordato due o tre progetti importanti in materia: quali sono? Vorrei conoscere i progetti che sono stati finanziati. Si tratta della crioconservazione degli ovociti? Della prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, che poi provocano sterilità?

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Turco per la replica.

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Sarò brevissima, perché penso che molte delle questioni che sono state poste le potremo discutere in occasione della presentazione del decreto ministeriale sull'aggiornamento delle linee guida. Vi ringrazio per la discussione, poiché sono emersi spunti importanti di riflessione.
Trasmetterò questa discussione all'Istituto superiore di sanità, perché vorrei che non si dimenticasse che questa relazione presenta la fonte istituzionalmente più autorevole, per quanto riguarda le ricerche, i dati e le valutazioni epidemiologiche. Siccome è stato messo in discussione il fondamento della relazione, vorrei fosse chiaro che tale fondamento non è il Ministero della salute, ma l'Istituto superiore della sanità, che rappresenta l'autorità scientificamente più autorevole del nostro Paese. Pertanto, trasmetterò le riflessioni odierne all'Istituto superiore di sanità, fonte primaria della legge. Come è stato detto, ho trasmesso i dati, perché su questi vi sia una riflessione pacata.
Per quanto riguarda i dati, vorrei fare una precisazione. Come ha detto giustamente l'onorevole Zanotti, dopo la relazione sono avvenute alcune cose. Ad esempio, il fatto che la relazione era già stata discussa. Pertanto, ho tenuto conto della discussione che si è svolta, anche se non in questa sede, a commento della relazione stessa.
Era stata messa in discussione l'attendibilità dei dati ed evidenziata la necessità di avere dati non soltanto aggregati, ma ciclo per ciclo. Questa è un'obiezione che era emersa e che ho raccolto, non soltanto per dire che la condivido, ma anche per ricordarvi che era già contenuta nella relazione trasmessa a giugno. Già nella relazione dell'Istituto superiore di sanità - quindi non l'ho fatto io oggi - si mette in evidenza che sarebbe necessario avere dei dati qualitativamente più significativi, non soltanto aggregati, ma ciclo per ciclo.
La relazione dell'Istituto superiore di sanità indica questo, anche perché, quando abbiamo lavorato nella fase di elaborazione dei dati, l'Istituto superiore di sanità aveva posto al Ministero questa necessità, tant'è che l'avevamo tradotta in un emendamento a un disegno di legge discusso in Parlamento, come vi ho detto.
L'obiezione del Garante della privacy è molto semplice: non si possono raccogliere dati personali. Per avere un'eccezione rispetto ad una regola, è necessario che il Garante della privacy abbia una autorizzazione legislativa. Quindi, ripropongo l'emendamento che presentai all'epoca e che, devo dirlo, non trovò ascolto neanche da parte dell'opposizione. Forse, non fu valutato adeguatamente, o forse non mi sono spiegata.
In ogni caso, non si tratta di un emendamento che nasce come correzione o sulla base delle obiezioni, ma di un emendamento suggerito dallo stesso Istituto superiore della sanità, il quale, nel momento in cui si accingeva a predisporre questa relazione, sentiva il dovere di produrla nel modo più dettagliato, epidemiologicamente e scientificamente più fondato possibile.
Quindi...

GIUSEPPE PALUMBO. Mi scusi, che cosa significa ciclo per ciclo?

LIVIA TURCO, Ministro della salute. Significa dati più personalizzati possibili, che mettano in relazione valutazioni di efficacia e sicurezza dei protocolli terapeutici e delle tecniche utilizzate con le caratteristiche biomediche e cliniche. Insomma, dati che siano più qualitativi, più personalizzati.
Questa, comunque, è una esigenza che era stata avvertita dall'Istituto superiore di sanità, che ci era stata posta, che avevamo raccolto, che è descritta molto attentamente


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nella relazione e che oggi ho sentito il bisogno di sottolineare, anche per rispondere a obiezioni che voi ci avevate posto.
Siccome non sono eclettica - mi rivolgo all'onorevole Castellani - ma penso di dover intendere...

CARLA CASTELLANI. Ecumenica!

LIVIA TURCO, Ministro della salute. ...il mio ruolo istituzionale, che è una funzione che sollecita il massimo rigore (Commenti)... Credo che le istituzioni debbano essere rigorose al massimo. Pertanto, proprio con quello spirito di rigore, sollecito a leggere con attenzione e a prendere in considerazione i dati che sono indicati nella relazione, poiché, comunque, sono stati elaborati da un'istituzione molto autorevole ed evidenziano delle criticità.
Ritengo che non convenga a nessuno fare finta che non esistano. Possiamo approfondire l'argomento, certo, ma non è che questi dati non dicano nulla. Approfondiamo con spirito costruttivo, ma, con altrettanto spirito costruttivo, ascoltiamo ciò che l'Istituto superiore di sanità afferma.
L'unico argomento personale che ho portato in quella relazione è l'invito a riflettere, avendo a cuore l'equilibrio dei valori contenuti nella legge. Per il resto, si tratta di considerazioni, dati e valutazioni che provengono dall'istituto scientificamente più autorevole, dall'istituzione pubblica a cui si riferisce la sanità pubblica del nostro Paese.
Quindi, in nome del rigore a cui tutti ci dobbiamo attenere, riconosco la necessità di approfondire la questione, ma invito a prendere in considerazione ciò che, in modo abbastanza inequivocabile, questi dati ci dicono.
Detto questo, trasmetterò i dati della discussione odierna all'Istituto superiore di sanità.
Mi pare che sia confermata - e questo mi fa piacere - un'agenda di lavoro, che consiste nell'avere dati più articolati, che riguardino i centri e gli investimenti sulla ricerca.
Per quanto riguarda l'utilizzo e la qualità dei centri e la copertura degli interventi economici, a cui le famiglie devono far fronte, è vero che devono entrare nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza. Oggi non sono previsti. Al momento, ci stiamo occupando dell'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, ed è evidente che si dovrà tenere conto di più fattori. Tra questi, dovremo considerare quanto afferma la relazione della legge n. 40 del 2004, così come quella della legge n. 194 del 1978, che pone l'esigenza di potenziare il progetto materno infantile. Quindi, è in quest'ottica che affrontiamo l'aggiornamento della legge n. 40.
Infine, per quanto riguarda le linee guida, ho scelto di non entrare nel merito, perché mi sembra giusto portare in questa sede un'ipotesi di decreto.
L'onorevole Sanna ha fatto riferimento alla legge e ha ricordato in modo puntuale ciò che essa stabilisce rispetto all'iter e al senso delle linee guida. Nel lavoro che stiamo svolgendo, ci troviamo in ritardo rispetto a quanto avevo preannunciato, anche perché siamo stati assorbiti dalla discussione per la legge finanziaria, in particolare dal disegno di legge collegato ad essa riguardante l'ammodernamento del sistema sanitario, che vorremmo presentare alla Camera.
Su un punto voglio essere assolutamente inoppugnabile: quello giuridico. Credo infatti che i cittadini e chi è nelle istituzioni chiedano questo al Governo.
Il senso delle linee guida è previsto dalla legge. Per questo, mi sono rivolta al Consiglio superiore della sanità non chiedendo in quali punti avrei potuto aggiornare le linee guida, ma se avrei potuto farlo. Il Consiglio superiore di sanità ha risposto che un aggiornamento doveva essere fatto nelle linee guida - ho trasmesso il parere anche al consiglio superiore della sanità - e ha indicato anche degli ambiti.
Essere giuridicamente inoppugnabili significa anche verificare se nelle linee guida attualmente esistenti ci siano formulazioni giuridicamente inappropriate. Credo che


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questo sia il compito che deve essere svolto da chi vuole essere giuridicamente inattaccabile.
Con l'ufficio legislativo del Ministero, quindi con una sede altamente tecnica, stiamo procedendo innanzitutto a questa verifica.
Siccome i contenuti del Consiglio superiore di sanità ci sono stati dati, quello che voglio fare è essere giuridicamente inoppugnabile e incontestabile. Quindi, ciò significa anche verificare se le linee guida precedenti sono giuridicamente sempre appropriate e coerenti con il testo della legge.

PRESIDENTE. Ringrazio personalmente e a nome di tutta la Commissione il Ministro Turco per la sua disponibilità.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 17,10.