COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 13 novembre 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MIMMO LUCÀ

La seduta comincia alle 13,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, sulle iniziative legislative del Governo in materia di non autosufficienza.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, sulle iniziative legislative del Governo in materia di non autosufficienza.
Ricordo che nella seduta del 7 novembre scorso il Ministro ha svolto la relazione e sono intervenuti alcuni deputati.
Se qualche collega desidera intervenire, gli do la parola.

ELISABETTA GARDINI. Presidente, svolgerò solo una considerazione velocissima. Noi vorremmo entrare nel concreto e capire come si intenda procedere al finanziamento, quindi quale sia la copertura finanziaria.
Come il Ministro sa, avevamo predisposto una proposta di legge, con la quale si pensava di risolvere tale questione tramite un'assicurazione obbligatoria - prevedendo delle fasce di esenzione, ovviamente -, affinché non incidesse troppo. Infatti, si trattava di far pagare pochi euro al mese a chi poteva permetterselo. Inoltre, si era pensato a un bonus per le famiglie, che coprisse la parte non assicurata dai Livelli essenziali di assistenza.
Per il resto, se lei è d'accordo, le invieremo una nota scritta, una sorta di promemoria delle nostre puntualizzazioni.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Ferrero per la replica.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor presidente, parto dall'ultima questione.
La scelta implicita è quella che il finanziamento avvenga attraverso la fiscalità generale. Parlo di scelta implicita nel senso che essa non è stata esplicitata e dunque, proprio per questo motivo, è evidente che il finanziamento deriva dal bilancio generale dello Stato.
Non si tratta quindi di una forma assicurativa o di altro tipo. Infatti, in definitiva, quella descritta ci è parsa la soluzione più condivisa dalle parti sociali.

ELISABETTA GARDINI. Mi scusi, quindi non con una nuova tassa...

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Attenzione, ho semplicemente detto che si esclude in quanto non è previsto. Quindi, è implicitamente escluso che si tratti di una forma di assicurazione. Con ciò intendo dire che non tutti devono essere chiamati a sottoscrivere obbligatoriamente un'assicurazione; viceversa, infatti, un pagamento obbligatorio per tutti sarebbe una tassa, che


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può essere proporzionale o meno, piatta o quant'altro, ma che comunque fa parte della tassazione generale.
Quindi, come ho detto, non è prevista una forma assicurativa pagata solo da qualcuno, ad esempio i lavoratori dipendenti e gli imprenditori, e non da altri. In sostanza, non sono previste formule di questo tipo, simili al meccanismo della GESCAL per quanto riguarda le case popolari, che era un contributo sul lavoro, sebbene fosse destinato anche ad altri soggetti. Non c'è, dunque, questa previsione. L'idea, come ho detto, è che il finanziamento trovi posto all'interno della fiscalità generale.
Non si è affrontato, nel merito, il tema relativo a come risolvere il problema della fiscalità generale, se cioè con la fissazione di una cosiddetta «tassa di scopo» o con l'utilizzo delle risorse del bilancio, come avviene normalmente, perché ho ritenuto che, se avessimo aperto una discussione del genere, avremmo corso il rischio di incagliarci in un dibattito, con qualche grado di ideologia da tutte le parti, relativo alle modalità con cui operare, senza riuscire a far procedere il provvedimento.
Per dirla brutalmente, pensare a un'addizionale IRPEF su questo punto, nel clima attuale di discussione sul tema fiscale, rischiava di essere un'idea impossibile da realizzare. Quindi, ho preferito evitare di aprire la discussione su tale argomento direttamente nella legge delega.
Ciò non impedisce che la delega sia efficace, essendo essa congegnata nel seguente modo. Innanzitutto, si fissa l'obiettivo e, quindi, si stabilisce quali sono i LEA a regime (viene fissato dalla delega, attraverso il DPCM e via dicendo). In seguito, si prevede di predisporre dei piani triennali che determinino il percorso attraverso cui raggiungere detti livelli essenziali di assistenza. È evidente, dunque, che i piani saranno fissati in coerenza con le risorse che si mettono a disposizione.
In sostanza, dunque, abbiamo evitato di aprire una discussione complessiva con il Ministero dell'economia e delle finanze sul costo finale dell'intero provvedimento. Una discussione del genere, infatti, avrebbe rischiato di bloccare il provvedimento, a causa dell'assenza di risorse o perché il modo attraverso il quale risolvere il problema - l'aumento della tassazione - sarebbe diventato motivo di un dibattito generale.
Invece, per adesso, la delega viene data per definire i LEA e fare il primo piano. In sede di discussione di quest'ultimo - che passerà per le Commissioni parlamentari, ovviamente -, bisognerà fissare la sua copertura economica. Pertanto, si definirà in quella sede come provvedere alla copertura. Il fatto di non aver definito la misura attraverso cui trovare le risorse non impedisce di fissare l'obiettivo finale e la modalità attraverso cui raggiungerlo, ma posticipa solo la discussione concreta sulle risorse.
Ho preferito intraprendere questa strada perché, francamente, mi sembrava l'unica realistica. Diversamente, una via che, al fine di poter definire subito la copertura, avesse fissato la quantità di risorse necessarie, a mio giudizio, o sarebbe risultata impossibile da praticare perché le risorse erano troppe, oppure avrebbe rischiato di aprire una discussione sulla limitazione dei LEA, al punto da renderli una «cianfrusaglia» poco migliore rispetto alla situazione attuale.
Quindi, il percorso che abbiamo intrapreso prova a salvaguardare il fatto che i livelli siano realmente tali (quindi che siano veri), dandoci contestualmente una seria progressione per arrivarci.
Ad oggi, la legge finanziaria che arriverà all'esame del Senato prevede, per quest'anno, uno stanziamento di 300 milioni di euro. Nel Governo, si discute per portare tale somma a 400 milioni di euro, come fissato nell'intesa che si era raggiunta in Consiglio dei ministri su tale questione per il 2008. Auspico, dunque, che nel passaggio alla Camera si onori l'impegno assunto in Consiglio dei ministri di portare lo stanziamento a 400 milioni di euro.
Allo stesso modo, ho chiesto al Ministero dell'economia e delle finanze che, nel passaggio alla Camera, si introduca anche una modifica sul piano normativo, in


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modo da rendere il fondo non triennale, ma permanente. Infatti, il fondo è nato come triennale, ma, dovendo stabilire i LEA, occorre che esso sia permanente. Inoltre, ho chiesto che anche per il 2010 vi sia la copertura, già da oggi, di una cifra almeno pari a quella stabilita per il 2008. Questo perché il fondo è nato nel 2007 come triennale e quindi, attualmente, in finanziaria sono coperti gli anni 2007, 2008 e 2009. Inoltre, quest'anno abbiamo coperto soltanto il 2008 e il 2009, mentre rimane escluso il 2010; la copertura di questo anno, invece, è necessaria per poter predisporre il piano triennale, per il quale abbiamo avuto la delega nel corso del 2008.
Nel passaggio alla Camera, quindi, bisognerà sia onorare l'impegno del Governo a raggiungere la somma di 400 milioni di euro stanziati per il 2008, sia introdurre una modifica normativa, che renda il fondo permanente e che copra anche la posta per il 2010, in modo che si possa dar corso a tutto il resto.
Detto questo, è del tutto evidente che, se il fondo previsto in finanziaria per il 2008, il 2009 e il 2010 ammonta sempre a 400 milioni di euro, si potrebbe avanzare l'obiezione che non ci sia alcuna implementazione.
Da questo punto di vista, si pone un problema che andrà risolto nel corso del 2008 e rispetto al quale occorre considerare due dati. In primo luogo, il fatto che il Governo abbia qualche difficoltà a stabilire la progressione necessaria delle cifre. Personalmente, ritengo che, come ordine di grandezza, tale progressione debba attestarsi - se partiamo con 400 milioni di euro nel 2008 - attorno a un miliardo nel 2009 e a un miliardo e mezzo nel 2010. Si dovrebbe avere, quindi, una crescita di circa mezzo miliardo l'anno, che permetterebbe di far aumentare significativamente le prestazioni e, nello stesso tempo, consentirebbe alle regioni e ai comuni che non sono ancora pronti di predisporre le strutture per spendere efficacemente tali risorse.
La crescita, dunque, deve essere significativa, ma non immediata, a mio avviso. Del resto - detto in tutta franchezza -, se avessimo subito a disposizione 3 miliardi, rischieremmo di usarli male. La crescita deve però, ripeto, essere significativa, perché nel caso in cui sia troppo bassa le regioni ingloberebbero la questione nei loro bilanci, rischiando così di far «svaporare» un'effettiva implementazione dei servizi. La strategia di azione, pertanto, è nel senso di procedere a scalini.
Per quanto mi riguarda, come ho detto, l'obiettivo da perseguire è il seguente: raggiungere la somma di 400 milioni di euro quest'anno, quella di un miliardo nel 2009 e quella di un miliardo e mezzo nel 2010.
Nella difficoltà che il Governo incontra nel fissare la progressione delle cifre, occorre tener presente che le risorse messe a disposizione dell'aumento della spesa sociale - quindi anche di questo aspetto - derivano, in larga parte, dalla lotta all'evasione fiscale. Come sapete, a meno di prevedere tagli della spesa pubblica molto pesanti e non auspicabili, se effettuati in forma generalizzata, è chiaro che si pone un problema di rientro del deficit, per poter rispettare i parametri europei, che non fa sorgere nuove risorse, ma anzi ne chiede di ulteriori, al fine di ridurre il deficit.
Pertanto, dal momento che, come è noto, la lotta all'evasione fiscale non può essere contabilizzata ex ante, ma solo ex post (da cui i «tesoretti semestrali» che abbiamo), spero che nel corso del mese di luglio saremo in grado di definire più realisticamente le risorse che avremo concretamente a disposizione per il 2009 e per il 2010, a quel punto già in crescita, cosa che, al contrario oggi non siamo in grado di fare.
In secondo luogo, bisogna considerare l'impegno che il Governo ha assunto, sulla base delle determinazioni del Parlamento, a procedere nella direzione di una riduzione del carico fiscale. Relativamente a questo punto, sarà necessario graduare tale riduzione, in modo da rendere possibile un aumento di spesa significativo, come richiesto da questo capitolo. È chiaro, infatti, che questa è una delle voci


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più importanti di aumento della spesa sociale, anzi la più significativa in assoluto.
Avremo quindi modo di osservare come si contempera l'impegno del Governo a ridurre le tasse con il bisogno di un tale aumento di spesa.
Tale questione rientra nell'ambito di una discussione aperta nel Governo. Una volta che la delega verrà votata dal Parlamento e che noi avremo varato i decreti delegati, infatti, si aprirà una discussione vera sul modo in cui attuare la copertura finanziaria. A quel punto, la discussione sarà stringente. Il dibattito che non abbiamo affrontato ora in questa sede, lo dovremo svolgere all'interno del Governo, tra 6 o 8 mesi.
Quindi, o si avrà un incremento programmato certo, che riguarda almeno tre anni, secondo le vie normali (a quel punto, infatti, dovremo predisporre il piano, e quindi sarà necessario avere le risorse per poterlo fare), oppure si deciderà di creare una tassa di scopo, o quant'altro, per garantire quell'incremento. In ogni caso, tale discussione andrà svolta dopo l'approvazione della delega e prima della predisposizione del piano.
La delega prevede nove mesi di tempo per realizzare i decreti delegati. La mia opinione è che, se si riesce a fare un buon lavoro, si potrebbe approvare la delega in tempi rapidi, arrivando ad avere i decreti delegati pronti entro il 2008. Quindi, prima della prossima legge finanziaria, bisognerà svolgere una discussione cogente per individuare le risorse perlomeno per il primo piano di tre anni.
Spero di aver risposto all'onorevole Gardini dicendo che, ad oggi, l'aspetto da lei sollevato non è affrontato. A mio parere, infatti, se trattassimo la questione oggi, rischieremmo di non ottenere nulla. Mi sembra opportuno, in primo luogo, adottare la legge che stabilisce i LEA e, una volta varati i decreti delegati relativi, aprire una discussione seria a proposito del modo in cui finanziare il primo piano triennale in crescita.
Nella legge è scritto molto chiaramente che, dal momento in cui questa legge viene varata, nessuno può ridurre le risorse relative al piano triennale. Questo non deve essere possibile per il Fondo sanitario nazionale, né per le regioni e i comuni.
In sostanza, dobbiamo evitare assolutamente che si crei un meccanismo tale per cui, da un lato, si immettono risorse attraverso il fondo e, dall'altro, si riducono le risorse già stanziate. Pertanto, per forza di cose, il fondo andrà a incrementare le risorse. La discussione sulle risorse, quindi, è concretamente posticipata a una fase successiva.
Alla domanda dell'onorevole Cancrini, intervenuto nelle seduta precedente, rispondo che non è ancora definita la questione relativa alla collocazione del punto di acceso unico. Si tratta di svolgere una discussione seria, con il Ministero della salute e con le regioni, per ragionare sulle modalità d'azione. Al momento, sono fissati i criteri generali. Tuttavia, a mio parere, occorre effettuare una verifica di fattibilità, quella che nelle imprese viene definita «l'industrializzazione del prodotto», vale a dire che, una volta deciso cosa fare, si verificano concretamente le possibilità. A mio avviso, è bene non stabilirlo nella legge, anche perché le competenze sono tali che può anche essere opportuno non avere un unico modello identico su tutto il territorio nazionale.
Credo, quindi, che quella fase debba risolversi attraverso delle intese tra regioni e ministeri, in modo da definire uno schema di funzionamento che garantisca il punto centrale, ovvero il fatto che deve esserci un unico punto di presa in carico della persona, per riuscire a gestire il tutto.
Non abbiamo affrontato tale aspetto nella legge perché sarebbe sbagliato renderlo rigido attraverso di essa, e anche perché, giustamente, le regioni e i comuni potrebbero obiettare che la questione non ci riguarda, visto che, come sapete, le competenze in materia sono di loro pertinenza.

ELISABETTA GARDINI. Rileggendo gli atti relativi alla precedente seduta - alla quale purtroppo ero assente -, ho notato che, rispondendo all'onorevole Poretti, il


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Ministro ha parlato di un ulteriore tema non definito dalla delega, che deve essere studiato. Mi riferisco alla compartecipazione al costo delle famiglie delle persone beneficiarie di una donazione. Non so se questo tema è stato affrontato o se è uno dei temi ancora da approfondire.

PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. La norma stabilisce che è possibile rivalersi su chi ha avuto una donazione da parte del soggetto interessato, per quanto riguarda le donazioni avvenute nei cinque anni precedenti. Questo è stabilito dalla delega. Io lascerei invariato tale punto.
L'onorevole Poretti segnalava l'esigenza di evitare di introdurre dei meccanismi che costino allo Stato più di quanto rendono. Credo che questa verifica debba essere fatta successivamente, perché penso che sia opportuno fissare innanzitutto il principio, per evitare, nel momento in cui si interviene, che vengano attuate troppe «furbate». Occorre, cioè, una clausola di salvaguardia. Poi, la relativa modalità di applicazione andrà vista concretamente.
Allo stesso modo, in termini più generali, la compartecipazione è prevista non più per i tre gradi di parentela - come, secondo talune interpretazioni, oggi è possibile -, ma viene ristretta a un solo grado verso il basso e verso l'alto, quindi figli e genitori, ed è prevista per il ricovero in residenze assistite nella fase transitoria. Poi, vedremo.
I casi che si sono verificati, soprattutto per quanto riguarda le persone anziane, di comuni che si rivalgono per gli alimenti su fratelli di ottanta anni di età, che magari non vedono il fratello da quaranta anni, lasciano francamente un po' perplessi. A me pare che si possa dire, invece, che esiste una responsabilità per quanto concerne i figli e anche per i genitori, nel caso di persone di età più bassa; tendiamo invece ad escludere la clausola relativa ai fratelli, proprio perché le forme in cui si presenta, in particolare per gli anziani, sono molto discutibili.

PRESIDENTE. Ritengo che possiamo concludere la discussione su questo tema in via preliminare. Infatti, quando ci troveremo di fronte ad un testo formalmente approvato dal Consiglio dei ministri, torneremo sul merito e, a quel punto, non solo svolgeremo una discussione di carattere generale, ma ognuno darà anche il suo contributo sull'articolato in fase di presentazione degli emendamenti.
Ringrazio il Ministro Ferrero, in particolare perché ha tenuto fede all'impegno di svolgere una discussione ed un confronto preventivi con la Commissione affari sociali prima dell'approvazione formale di un testo in sede di Consiglio dei ministri. Spero che il Ministro abbia tratto qualche utile indicazione per un'eventuale integrazione, se lo ritiene necessario, del testo stesso. Credo di poter dire che il nostro incontro sia risultato, comunque, di una qualche rilevanza.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,40.