COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 4 luglio 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARCO LION

La seduta comincia alle 14,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione dell' impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, sugli indirizzi e sulle linee programmatiche del Governo nelle materie di competenza del Ministero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, del ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, sugli indirizzi e sulle linee programmatiche del Governo nelle materie di competenza del Ministero.
Saluto il signor ministro e lo ringrazio per la sua disponibilità.
Avverto che, tra breve, avremo la possibilità di distribuire il testo della relazione che egli illustrerà ai componenti di questa Commissione.
Invito senz'altro il ministro De Castro ad intervenire.

PAOLO DE CASTRO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor presidente, onorevoli colleghi, questo è il mio primo incontro con tutti voi, membri della Commissione agricoltura. Ringrazio, in particolare, l'onorevole Alemanno, membro della Commissione bilancio, che ci onora della sua presenza.
Avrei voluto svolgere già da tempo questa audizione, inizialmente prevista dinanzi alle Commissioni riunite di Camera e Senato, ma la sovrapposizione di impegni nei due rami del Parlamento non lo hanno consentito.
Proprio come riferiva il presidente Lion, ho preparato un testo scritto che vi sarà distribuito. Considerato che si tratta del nostro primo incontro, e anche in vista del dibattito che si svolgerà nella seduta di domani, preferisco dare lettura di tale testo. In seguito, in funzione di ciò che il presidente Lion e la Commissione decideranno, potremo approfittare del tempo residuo per cominciare il dibattito oggi stesso, oppure potremo rinviarlo a domani.
L'agroalimentare è una risorsa per il paese. Vi illustrerò alcuni elementi generali, per inquadrare l'azione di Governo che ci accingiamo a presentare. In termini economici, per il valore aggiunto generato rappresenta il secondo comparto produttivo del paese. Il settore dell'agricoltura e della pesca offre un bacino occupazionale insostituibile, specie nel Mezzogiorno e nelle aree più marginali ma, al tempo stesso, assicura la gestione di oltre 14 milioni di ettari di terreni e il presidio di un territorio ben più ampio nei suoi aspetti ambientali, paesaggistici e culturali. La filiera agroalimentare, inoltre, ha il compito di assicurare garanzie sanitarie, di qualità, ai cittadini e ai consumatori di prodotti alimentari. Tuttavia, il settore viene da anni difficili; anni di grandi cambiamenti interni, nei rapporti di filiera e nelle politiche; anni di grandi cambiamenti


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dovuti anche a fattori esterni, legati alla concorrenza internazionale, di fronte ad un calo strutturale dei consumi alimentari interni.
È evidente che, a queste condizioni, la via dei mercati esteri risulta essere, oggi, una delle strade obbligate. Queste sfide, tuttavia, vengono affrontate partendo da gravi ritardi competitivi, presenti nella fase agricola, in quella cooperativa e in quella industriale, sottoposte spesso alla concorrenza di grandi imprese, molte delle quali multinazionali, capaci di produrre a costi assai più bassi rispetto alle nostre. Tale concorrenza è dovuta anche ad una crescita notevole, soprattutto in questi ultimi anni, della grande distribuzione moderna che, oramai, come noto, è sovrastata da catene estere nel nostro paese. Le prospettive del settore risultano difficili di fronte a questa competizione e, quindi, occorre uno sforzo generalizzato per affrontare la sfida.
La potenzialità di sviluppo dell'agroalimentare, specie in chiave internazionale, ha preso corpo dopo le riforme europee, partendo da quella di Agenda 2000, nel 1999, e da quelle successive (2003 e via elencando). Tuttavia, queste riforme non si sono ancora trasformate tutte in opportunità concrete di sviluppo.
I dati medi degli ultimi anni parlano chiaro sulle difficoltà esistenti, che sintetizzo molto velocemente. Il valore aggiunto italiano è diminuito dello 0,1 per cento in agricoltura, e dello 0,8 per cento nell'industria alimentare, contro un aumento dell'1 per cento del PIL nazionale, che è già comunque poco soddisfacente. Il valore aggiunto agricolo italiano di segno negativo si confronta con un segno positivo dell'Unione europea a 15, che registra un aumento dello 0,1 per cento quindi, sostanzialmente stabile - e si confronta, altresì, con un aumento del 2 per cento di alcuni paesi nostri concorrenti, come la Spagna e il Regno Unito.
L'occupazione nell'agroalimentare è in calo di quasi il 2 per cento annuo, contro un aumento dello 0,4 per cento dell'occupazione a livello nazionale.
L'industria alimentare e la distribuzione moderna a capitale italiano perdono terreno e dimensione rispetto ai concorrenti europei ed internazionali. Basti pensare al fatto che i primi quattro gruppi alimentari dell'Unione europea fatturano 110 miliardi di euro, un valore pari al totale del fatturato dell'intera industria alimentare italiana che, come sapete, nel 2005 ha realizzato 107 miliardi di euro.
Nella distribuzione moderna, come ricordavo, i primi tre gruppi dell'Unione europea fatturano oltre 200 miliardi di euro mentre, nel 1995, ne fatturavano 90. Dico questo, per renderci conto di come in questi ultimi dieci anni si sia verificata una enorme concentrazione della distribuzione nelle mani di pochi grandi gruppi europei. Il leader indiscusso è la francese Carrefour, con oltre 80 miliardi di euro di fatturato, più della metà del quale è realizzato al di fuori della Francia; questo è un dato importante. Le «insegne» estere, cioè i grandi gruppi distributivi di proprietà straniera, detengono direttamente il 24 per cento del consumo. Tuttavia, se le consideriamo come centrali di acquisto, possiamo tranquillamente affermare che il 50 o 60 per cento del consumo alimentare italiano passa attraverso alcuni gruppi della grande distribuzione che hanno capitale non italiano, ma straniero.
Nel rapporto con i mercati internazionali, il settore ha consolidato un pesante saldo passivo che, oggi, ammonta a circa 9 miliardi di euro (bilancia commerciale agroalimentare). Ciò è avvenuto nonostante il fatto che il ruolo del made in Italy sia forte - si è infatti rafforzato a livello internazionale - e che si siano conseguiti alcuni successi significativi in alcuni settori. Si pensi al settore vitivinicolo, solo per fare un esempio, vista l'attualità dell'argomento. In questo grande comparto, i prodotti di qualità hanno ottenuto alcuni interessanti risultati, come quello che citavo in precedenza. Allo stesso tempo, però, si è assistito all'esplosione di un fenomeno di imitazione e contraffazione a danno dei nostri marchi. Come è noto, a livello internazionale non godiamo di alcuna protezione dei nostri marchi DOP,


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IGP, STG e, spesso, sono coinvolti anche i marchi industriali. È una strategia che va avanti da molto tempo. Speriamo che nei prossimi anni, a livello di WTO, si possa arrivare, finalmente, all'ottenimento di quel famoso registro multinazionale obbligatorio, anche se in quest'ultimo negoziato non sembrano esserci particolari novità positive in questo senso.
Comunque, nonostante le difficoltà legate all'andamento congiunturale dell'economia e al perdurare delle situazioni di crisi, il settore agroalimentare potrà rappresentare uno dei motori di rilancio economico e di sviluppo della società italiana nel prossimo futuro. Questa convinzione affonda le sue radici nella valutazione degli elementi distintivi del nostro sistema produttivo, nel patrimonio di competenze e di conoscenze detenuto nonché nelle evoluzioni, comunque in atto, nei mercati agroalimentari.
Per cogliere appieno queste opportunità non bisogna sbagliare nell'individuare le priorità di intervento, prima, e gli strumenti, dopo. Seguendo questa linea, mi soffermerò su tre grandi opportunità della filiera agroalimentare. La prima è quella di crescere rapidamente nei mercati internazionali. La cosiddetta via internazionale dello sviluppo agroalimentare più che un'opzione, a nostro avviso, appare oggi come un percorso obbligato. I consumi interni italiani, come quelli comunitari, sono complessivamente stazionari e, in termini di quantità, sono persino in calo. Emblematici a questo riguardo sono alcuni crolli che si sono verificati, in particolare quello del settore ortofrutticolo. Pensate che il volume del consumo dei prodotti ortofrutticoli italiani è calato del 15 per cento negli ultimi quattro anni. Come è evidente, il perdurare di crisi di mercato ed il calo dei consumi interni, in un momento in cui la nostra offerta agroalimentare non trova spazi di collocazione all'estero, hanno come unico risultato un fortissimo calo dei prezzi. Contemporaneamente, la dinamica dell'economia è difficile. Il PIL ha tassi di crescita molto bassi e da diversi anni è costantemente inferiore all'inflazione; dato che segnala la riduzione dei redditi reali. Di conseguenza, si è modificato anche l'atteggiamento degli italiani rispetto alla spesa alimentare. Questi ultimi, infatti, privilegiano la ricerca dei prezzi più bassi, che non sempre sono offerti dalle imprese italiane, essendo oggi molto forte la concorrenza internazionale, soprattutto da parte di paesi che producono a costi significativamente più bassi di quelli italiani.
In queste condizioni generali, nel mercato nazionale l'obiettivo deve essere il consolidamento, almeno, delle posizioni raggiunte. Già questo sarà un compito difficile, se si considera il peso crescente delle catene estere della distribuzione. In ogni caso, non è pensabile trovare spazi di sviluppo dei volumi di vendita e del fatturato complessivo nel mercato interno, salvo alcune nicchie o alcuni mercati particolari. Viceversa - questo è il dato positivo -, il mercato globale dell'agroalimentare propone indicatori nuovi e positivi. Il PIL mondiale, infatti, cresce da oltre quattro anni a un tasso medio del 4 per cento e, secondo i principali istituti, questo trend continuerà nei prossimi tre anni. Ciò significa maggiore ricchezza e, seppure in aree differenti, anche l'affermazione di ampie fasce di neo consumatori crescenti in termini di disponibilità di spesa e, quindi, di consumi alimentari. La domanda globale di prodotti alimentari, a differenza di quanto accade in Europa, è in forte espansione. Solo per darvi alcuni dati, ricordo che nei prossimi cinque anni si prevede che il volume di consumo mondiale crescerà del 13 per cento per le carni avicole, del 12 per cento per le oleaginose e fino al 10 per cento per la carne bovina, suina e per i formaggi. Si tratta di opportunità importanti di crescita e di domanda alimentare in varie parti del mondo, con particolare riferimento alle nuove aree di sviluppo, come la Cina, l'India e in parte anche l'America latina. Da questi sintetici, ma emblematici, raffronti si capisce quanto sia rilevante l'opportunità internazionale. In questo senso, l'azione politica dovrà agire a tutti i livelli, per consentire al nostro settore di coglierla appieno.


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Vi è poi una seconda opportunità legata alla capacità di consolidare la distintività delle produzioni made in Italy. L'Italia detiene grandi vocazioni nelle produzioni ad elevato valore aggiunto e contenuto di qualità. Queste vocazioni hanno trovato nei decenni nuova solidità nel rapporto con l'industria e nella costruzione delle filiere, con politiche di settore tese a qualificare queste specificità. Ne emerge un modello in larga parte coerente con l'impianto regolamentare comunitario, che oggi rappresenta un valore percepito dai nostri consumatori e offre garanzie e livelli di qualità assoluti. Gli standard raggiunti in termini di salubrità e sicurezza alimentare, la varietà di offerta e la cultura alimentare che a questo sistema si associa sono la principale arma su cui lavorare per difendere il mercato interno dalla concorrenza, spesso sleale, delle nostre importazioni. Non possiamo, evidentemente, bloccare le importazioni dei paesi terzi ma, certamente, è sleale trasformare importazioni in prodotti italiani. Questo modello può trovare nuovi spazi e nuovi consumatori e, quindi, può essere esportato come riferimento, a supporto dell'export fisico del singolo prodotto.
Non meno importante è l'opportunità della multifunzionalità e, quindi, dei nuovi servizi e delle nuove funzioni delegate, o delegabili, all'agricoltura.
Nonostante le difficoltà economiche generali e l'attenzione ai costi, l'ultimo decennio ha reso evidente la maturazione della consapevolezza dei cittadini europei delle esigenze in termini di sostenibilità. L'agricoltura, che sempre più spesso è attaccata quale settore assistito, legato alla politica agricola comune, trova nuove rilevanti occasioni di riscatto e nuove affermazioni della propria legittimità. Si pensi ai bisogni espliciti, in termini di sostenibilità ambientale, di inquinamento, di sicurezza alimentare e, più di recente, di attenzione alle fonti energetiche rinnovabili. L'agricoltura può trovare grandi opportunità in questi ambiti e nei prossimi anni avremo, tutti noi, la responsabilità di trasformare tali occasioni in fatti concreti ed effettivamente sostenibili, anche in termini economici.
In questo quadro, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con gli altri ministeri, assieme alle regioni e, naturalmente, con l'apporto delle Commissioni parlamentari competenti, potrà assicurare all'azione di Governo la capacità di invertire le tendenze indicate e - speriamo - di offrire un importante contributo per conseguire l'obiettivo di rigore e di sviluppo delineato per i prossimi anni. Tale azione troverà concreta applicazione agendo su tre livelli. Il primo è quello di un intervento deciso e responsabile per la soluzione delle emergenze, per dare un contributo al risanamento del paese (sul capitolo emergenze mi soffermerò più avanti, parlando dei contributi agricoli per il Mezzogiorno, dell'influenza aviaria e delle altre emergenze esistenti). Il secondo è quello di una politica per lo sviluppo e la competitività innovativa e integrata. Infine, il terzo consiste in un'amministrazione più efficiente e più efficace nell'azione quotidiana di sostegno allo sviluppo e alla competitività delle imprese, nuovo ostacolo burocratico.
Ho consultato gli atti della vostra seduta, signor presidente; mi spiace di non aver potuto precedere la discussione ma ciò è dipeso da questioni non dovute alla mia volontà. L'azione del Ministero si è concentrata, in queste prime settimane, sulla soluzione di problemi emergenziali, che rischiano di compromettere importanti segmenti di imprese, filiere, distretti, prima ancora di affrontare la sfida dello sviluppo richiamata in precedenza. Quanto al problema dei contributi agricoli arretrati abbiamo ottenuto una proroga. È stato un mio obiettivo quello di riuscire a ottenerla fino al 31 dicembre 2006, ma ragioni legate alla copertura finanziaria non mi hanno consentito di arrivare a tale data, come tra l'altro il sottosegretario Mongiello - che ringrazio - aveva sottolineato nel suo intervento. Quindi, la proroga è limitata al mese di ottobre 2006. Speriamo per quella data di riuscire a realizzare e a completare questo provvedimento


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ispirato, ovviamente, al rigore e alla sostenibilità. Dovrà trattarsi di un provvedimento che, da un lato, assicuri il pagamento da parte degli agricoltori e, dall'altro, consenta a questi ultimi di non essere messi nelle condizioni di farlo senza compromettere la tenuta dell'impresa stessa. In sostanza, si sta studiando una rateizzazione. Nella giornata di dopodomani, parteciperemo ad una riunione al Tesoro - tra l'altro, con il presidente della Commissione, Azzolini - per cercare di stabilire le ragioni con cui arrivare ad una soluzione.
Più in generale, l'obiettivo prioritario è quello di definire con il prossimo DPEF - che, come sapete, sarà presentato in occasione del prossimo Consiglio dei ministri di venerdì 7 luglio - un quadro stabile e certo per l'IRAP e per le altre agevolazioni storicamente prorogate per il settore agricolo e della pesca, confermando il regime speciale IVA. Questo, ovviamente, noi ci proponiamo come obiettivo, consapevoli delle difficoltà che il Governo, nella sua interezza, ha nella manovra dei conti pubblici. Quest'ultima sarà affrontata in dettaglio nella legge finanziaria, ma, ovviamente, i problemi esistono e il settore agroalimentare dovrà fare la sua parte.
Tra le emergenze bisogna considerare anche quella del settore avicolo, che è stato colpito da una vera crisi. Sottolineo che si tratta di una crisi reale. Spesso, infatti, siamo abituati a parlare di crisi, in agricoltura, quando in realtà si tratta più che altro di disorganizzazione commerciale. Quella del settore avicolo, invece, è stata una crisi vera, una tegola che è caduta sulla testa degli imprenditori. A tal proposito - accanto al pacchetto di interventi predisposto dal collega Alemanno, che sta seguendo il suo corso e per il quale stiamo lavorando al fine di cercare di portarlo a termine così come era stato costruito -, abbiamo proposto un pacchetto di misure. Una parte di esse è già stata autorizzata mentre un'altra parte sarà autorizzata domani, 5 luglio, data in cui è previsto un comitato speciale per il settore avicolo. Si tratta di un pacchetto di misure di circa 40 milioni di euro che si affiancano alle misure che attendono l'approvazione da parte della Commissione.
Sono stati, inoltre, approvati provvedimenti nel settore della pesca, che prevedono la risoluzione di contenziosi da molto tempo lasciati in sospeso. Mi riferisco ai tre anni di fermo biologico, dal momento che, di fatto, non erano state ancora avviate procedure di infrazione, ma messe in mora, da parte dell'Unione europea. Con l'approvazione del Fondo europeo della pesca proposto dalla Commissione, da parte del Consiglio, abbiamo regolarizzato tutto il tema del fermo pesca con un cofinanziamento comunitario.
Sul fronte internazionale di Bruxelles, sono stati definiti il piano di distillazione del settore vitivinicolo e il nuovo Fondo europeo per la pesca come ricordavo, ed è stato avviato il dibattito per le OCM del vino e dell'ortofrutta. In particolare, per il vino, il 22 giugno la Commissione ha presentato le comunicazioni. Sottolineo che si tratta di comunicazioni e non di proposte giuridiche, le quali arriveranno solo a fine anno, forse per il mese di dicembre, per poi chiudere, probabilmente, in un Consiglio di gennaio o febbraio 2007. Questo è l'iter che prospettiamo per quanto riguarda il settore del vino. Non a caso, abbiamo convocato per il 20 luglio gli «stati generali» della vitivinicoltura, un giorno di dibattito in cui ci confronteremo con esperti del settore, enologi, produttori, rappresentanti delle cantine sociali e del mondo della cooperazione in genere. Ci confronteremo su queste comunicazioni della Commissione, per poi arrivare ad un dibattito serrato in autunno che determini l'agenda italiana, ovvero quelle che noi consideriamo come le priorità nell'OCM vitivinicolo.
Lo stesso percorso sarà seguito per l'ortofrutta, anche se è slittato di qualche settimana. A settembre si riuniranno gli «stati generali» dell'ortofrutta che riguardano sia il prodotto fresco sia quello trasformato. A tal proposito, bisogna tener presente un capitolo particolarmente delicato per l'Italia, quello del pomodoro e


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degli agrumi da industria, accanto al tema più chiaro, ma non di per sé più facile, dell'ortofrutta fresca.
Oltre a ciò, dobbiamo considerare l'ambito WTO. Come sapete, in questi giorni si è svolto il vertice ministeriale a Ginevra che si è concluso giovedì scorso con un sostanziale nulla di fatto. Infatti, si è delegato a Pascal Lamy, direttore generale del WTO, di trovare tutti gli spazi possibili affinché una prossima riunione ministeriale di fine luglio possa effettivamente concludersi con un passo in avanti, anche minimo. L'unico elemento di nota che vi segnalo è che c'è stata una presa di posizione, da parte del commissario Mandelson - che, come sappiamo, non è un grande amico del sistema delle denominazioni di origine -, in sede di Consiglio affari generali. In quell'occasione, egli ha affermato, sostanzialmente, che non tornerà indietro, sul tavolo del Consiglio affari generali, senza un significativo passo in avanti sul tema delle indicazioni geografiche, quelle che a noi, come vi è ben noto, stanno a cuore. Ciò non toglie che non bisogna limitarsi solo a questo.
Sul fronte nazionale, l'attenzione è rivolta, prima di tutto, alla definizione del prossimo documento di programmazione economico finanziaria. In questa prospettiva, riteniamo opportuno dare un deciso segnale di contrasto al sommerso in agricoltura, attraverso comportamenti visibili e coerenti. L'impegno è quello di attivare, entro il 2006, tutte le misure antielusive previste dalla legge n. 81 del 2006, legge approvata nella scorsa legislatura. Si tratta di misure «robuste», a cominciare dalle dichiarazioni telematiche INPS, per arrivare agli accertamenti di ufficio, con incroci con le dichiarazioni PAC, catastali e con quelle INPS. Pensiamo, inoltre, che un aggiornamento catastale più efficiente e tempestivo possa costituire un ulteriore contributo per un'efficace lotta all'evasione e all'elusione. È intenzione del Ministero mettere a disposizione delle altre amministrazioni dello Stato le banche dati di cui dispone. Ciò consentirebbe, senza oneri per il bilancio, di migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione. Inoltre, si ritiene che il settore abbia necessità, da una parte, di semplificare le procedure, di ridurre il carico burocratico che grava sulle imprese e, dall'altra, di concentrare le agevolazioni sulle imprese che contribuiscono allo sviluppo, che si confrontano quotidianamente con il mercato. Da questo punto di vista, siamo impegnati ad attuare tutte le azioni di semplificazione, in ordine agli adempimenti fiscali, lavorando anche sulle fasce di esonero. A tal proposito, venerdì scorso è stato approvato un provvedimento che prevede l'esonero, al di sotto della soglia dei settemila euro, per tutte le ditte individuali, comprese quelle agricole, che eliminino ogni forma di contabilità e di gestione IVA. Questa norma semplifica e al tempo stesso evita il rischio di fatturazioni false che erano possibili proprio in virtù di questa procedura. Contemporaneamente, si rende necessaria la determinazione di una soglia minima relativa all'ammontare dei contributi comunitari erogati da AGEA. In merito, è in vigore un provvedimento - che limitava l'intervento ai 3 mila metri quadri - volto a ridurre il carico, il costo complessivo della macchina amministrativa. Noi vogliamo estenderlo su quella stessa linea, se ci riusciremo, legandolo al costo amministrativo del pagamento. In pratica, pensiamo che laddove il costo amministrativo del pagamento si avvicini all'entità del beneficio tanto vale semplificare. Stiamo parlando di cifre che si aggirano intorno ai 100-150 euro per azienda. Certo, sono cifre che non cambiano la competitività delle imprese ma che rappresentano un aggravio burocratico enorme per la AGEA, come l'onorevole Buonfiglio ben sa. Stiamo dunque facendo dei tentativi in questo senso. Come è noto, tuttavia, si tratta non di un percorso che può essere deciso e realizzato dal ministro ma di una concertazione che deve essere avviata con gli organismi comunitari.
Le linee di politica economica del Governo Prodi, ispirate al rigore e alla competitività, hanno poi trovato un ulteriore esempio concreto nell'intervento sui consorzi agrari - di cui tra l'altro discuterete presto - approvato di concerto con il


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ministro dello sviluppo economico. Tale provvedimento elimina situazioni recenti e passate non sostenibili e proietta nel mercato i consorzi agrari quali imprese cooperative a tutti gli effetti. In questa prospettiva, è determinante il senso di rigore associato all'intervento. Allo stesso tempo, abbiamo tenuto conto del dibattito che al riguardo si è svolto presso la Commissione del Senato, ed ha avuto ad oggetto anche ulteriori elementi quali la salvaguardia del marchio, il diritto di prelazione e altri aspetti su cui non mi soffermo.
A proposito del tema delle emergenze, inoltre, non minore importanza deve attribuirsi alle funzioni del Corpo forestale dello Stato, che trovano sempre maggiore legittimazione e importanza nel quadro istituzionale (si pensi alla lotta agli incendi) ma, al tempo stesso, emergono problematiche rilevanti in merito alle risorse finanziarie disponibili per assicurare tali funzioni e interventi. È ben noto che, purtroppo, il Corpo forestale dello Stato ha subito un taglio di risorse importante negli ultimi tre anni, per cui è necessario recuperarle. Chiedo, quindi, davvero, un aiuto a tutti voi, colleghi dell'opposizione e della maggioranza. Attualmente, con la riduzione delle risorse dai 60 milioni di euro del 2003 a poco più di 20 milioni di euro, il Corpo vive una situazione difficile. Se in sede di approvazione della prossima legge finanziaria non riusciamo a rimpinguare i fondi ad esso destinati, non dico che corriamo il rischio di non far decollare gli elicotteri ma, sicuramente, andiamo incontro ad un problema molto serio.
Passiamo alle politiche per lo sviluppo e la competitività. Operare una politica di sviluppo significa scardinare con tenacia e decisione i vincoli che frenano la competitività. Occorre liberare risorse economiche a favore di strumenti diretti alle imprese, anche di natura fiscale, per promuovere comportamenti virtuosi, tesi a investire nell'innovazione, nella promozione all'estero, nella valorizzazione delle produzioni agricole di origine italiana. In questo perimetro, vi sono le condizioni per trovare la sintesi che possa legare definitivamente agricoltura, pesca, cooperazione e industria alimentare in un patto per lo sviluppo, che sappia perfettamente valorizzare l'intero patrimonio del made in Italy, superando la ricerca di una supremazia da una parte e dall'altra.
In questo senso, ho accolto molto positivamente le dichiarazioni del nuovo presidente della Federalimentare, degli industriali alimentari italiani, Giandomenico Auricchio, eletto pochi giorni fa. Nel suo intervento si è ispirato ad una forte cooperazione col mondo agricolo; pertanto, speriamo di superare gli scontri che si sono verificati negli anni passati.
In particolare, per il settore della pesca è necessario inserire appieno le produzioni ittiche italiane nelle politiche per il Mediterraneo attraverso il miglioramento del settore produttivo, tramite il rafforzamento delle filiere e il recupero della competitività dell'impresa ittica. Questa strategia di sviluppo deve basarsi su politiche di pesca responsabile verso l'ambiente e i consumatori.
Se la produzione di qualità per il mercato globale dovrà essere la priorità dell'Italia agroalimentare, nel settore dell'energia rinnovabile occorre rapidamente superare la fase pionieristica degli ultimi anni e iniziare una seria e decisa azione di Governo, tesa promuovere il ruolo dell'agricoltura come fonte di energia rinnovabile del paese. In merito, è importante la citata legge n. 81 del 2006. Dobbiamo applicarla e rendere ancora più cogenti quei rapporti di filiera che erano stati molto opportunamente inseriti nella precedente legge e che, adesso, vorremmo in qualche modo promuovere, anche con la delega recentemente richiesta dal ministro Bersani. Vorremmo portare il sistema a utilizzare maggiormente il prodotto agricolo europeo. Questo, ovviamente, è l'aspetto difficile della questione. Infatti, non possiamo tacere che esiste una serie di produzioni importate (mi riferisco all'olio di palma e all'olio di cocco), che vengono trasformate in combustibile. Certamente, ciò non genera alcun beneficio all'agricoltura italiana ed europea. Abbiamo invece bisogno di legare l'opportunità


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dello sviluppo agroenergetico allo spirito della legge n. 81 del 2006, proprio perché anche l'agricoltura tragga benefici da questo processo.
Altro tema centrale sarà il ruolo della comunicazione dell'agroalimentare. Questo tema deve essere associato agli sforzi importanti compiuti, e da compiere, nel senso della sicurezza alimentare. Occorre, infatti, migliorare le regole e gli strumenti della comunicazione e dell'informazione, per dare certezze e messaggi corretti ai consumatori, evitando situazioni di confusione, caratterizzate dalla diffusione di notizie incontrollate e non coordinate. Tali situazioni, infatti, il più delle volte, negli ultimi anni, facendo leva sull'emotività, hanno determinato significativi e ingiustificati crolli dei consumi, con danni irreparabili a intere filiere e distretti. Ricordo i casi dell'influenza aviaria e della BSE che, tuttavia, non sono stati gli unici. Occorre, dunque, uno sforzo collegiale delle istituzioni in questa direzione, anche se non è sempre facile collaborare. Quando la macchina dei media si avvia non è sempre semplice riuscire a governare i messaggi che essa invia.
Centrale, infine, è il ruolo dell'impresa e intendo sottolinearlo. L'impresa agroalimentare cooperativa e industriale, deve rapidamente e senza ripensamenti crescere nella competitività, una competitività legata all'innovazione, al trasferimento tecnologico, alla crescita dimensionale e ai nuovi orientamenti produttivi. In questo quadro, un richiamo particolare deve essere rivolto alle crisi di mercato. Negli ultimi mesi, oltre all'influenza aviaria, sono scoppiate le crisi delle pesche, dell'uva da tavola e degli agrumi. Si tratta di problemi che nascono in casa nostra, perché sono ancora troppo poco efficaci gli strumenti di programmazione dell'offerta nelle varietà, nelle quantità e qualità.
Come ho detto la scorsa settimana agli assessori all'agricoltura, non possiamo paragonare la crisi dell'influenza aviaria - che è una crisi vera, ingenerata da fatti non prevedibili, ahimè - alle continue crisi di mercato dovute ad una mancata programmazione produttiva. Quest'ultima costituisce un problema sul quale dobbiamo intervenire in maniera strutturale, cercando di stimolare i nostri agricoltori a organizzarsi. Tuttavia, non possiamo certamente pensare che si tratterà dello stesso tipo di crisi se quest'anno, come già si annuncia, l'uva da tavola registrerà un aumento di produzione di circa il 15 o 20 per cento. Nulla è stato fatto sul versante delle esportazioni - parlo dal punto di vista delle imprese - ed è chiaro che, tra non molto, si verificheranno crisi e, magari, qualche problema sociale. La mia intenzione è quella di lavorare da subito per migliorare i rapporti con la grande distribuzione. Abbiamo convocato un tavolo della GDO, che speriamo possa essere un'occasione di confronto reale con gli attori della distribuzione moderna, per cercare strumenti e approcci utili a governare meglio e, se possibile, ad anticipare le crisi di mercato. Ciò che vorremmo, dunque, sarebbe stabilire fin da oggi un produttivo pacchetto di interventi, che possa essere condiviso dalla grande distribuzione. In questo modo, quando ci sarà il picco di produzione, sapremo come intervenire. Penso in particolare al Mezzogiorno, considerato che per l'ortofrutta in Romagna c'è una stima di produzione inferiore agli anni passati - è paradossale, ma dobbiamo esserne contenti - e, di conseguenza, non ci si aspettano crisi particolari nel settore delle pesche. Evidentemente, sarà determinante coinvolgere l'industria della distribuzione e riuscire a dare una mano anche alla crescita dimensionale e strategica degli operatori nazionali del settore: non solo le cooperative, ma anche i privati.
L'obiettivo, richiamato in precedenza, di dare stabilità al sistema fiscale e previdenziale in agricoltura e nella pesca si inserisce a completamento degli interventi per la competitività, in quanto elemento che definisce il necessario quadro di certezze di lungo periodo necessario per gli operatori al fine di affrontare con successo le sfide già rilevanti che abbiamo richiamato. Si tratta di misure strutturali che devono essere messe a regime.


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Spero che non ci siano novità particolari a causa della situazione dei conti pubblici. Auspico, infatti, di riuscire a confermare gli importanti passi in avanti che sono stati compiuti nella scorsa legislatura. Penso, ad esempio, al regime di stabilizzazione dell'IVA, fortemente voluto dagli agricoltori e dalle cooperative. In ogni caso, non abbiamo certo compiuto passi all'indietro sotto il profilo dell'aiuto che il settore deve dare nei confronti del risanamento. Mi riferisco a quanto ricordato prima sul catasto, sulle norme per ridurre i costi amministrativi e via dicendo.
In definitiva, per ridare slancio alla competitività del sistema agroalimentare, gli interventi che abbiamo sintetizzato sono diversi. Innanzitutto, è necessaria l'affermazione del made in Italy agroalimentare all'estero, prevedendo anche un pacchetto di incentivi per la produzione riguardo agli investimenti promo-pubblicitari. In merito, abbiamo già avviato, con la collega Bonino, un tavolo di confronto e stiamo studiando formule per cercare di andare incontro a quelle imprese italiane che promuovono il marchio e il made in Italy e, magari, utilizzano anche il prodotto agricolo italiano. Quindi, si può dare loro un aiuto volto a sostenere, in parte, i loro sforzi di natura commerciale.
Altri interventi che abbiamo previsto sono la promozione dell'innovazione e del trasferimento tecnologico e la riduzione dei fattori di costo per le imprese. Mi riferisco agli input tecnici, alla burocrazia, al cuneo contributivo, per quanto si potrà realizzare, all'inefficienza nelle filiere, laddove, soprattutto nel settore ortofrutticolo, ci sono ancora gravi problemi. Alcuni passi in avanti significativi sono stati compiuti, soprattutto in alcune filiere forti. Si pensi all'industria dei formaggi stagionati, laddove i piani produttivi autorizzati dall'antitrust sono l'esempio, a mio avviso, che deve essere seguito e riprodotto in altre filiere produttive. Non si tratta di quote di produzione ma di strumenti di governo dell'offerta, né più né meno di quanto accade in altri paesi europei. Oggi, il parmigiano reggiano, il grana padano, l'asiago e i principali formaggi a pasta dura italiani possono godere di queste norme che aiutano in modo significativo la programmazione dell'immissione del prodotto sul mercato, facendo pagare di fatto ai produttori un quid, laddove si superi una soglia legata alle aspettative di mercato. Tale importo, spesso, è commisurato alle spese promozionali. Queste forme di programmazione dell'offerta devono essere incentivate anche in altri settori.
Per le agroenergie, come ho già affermato, si procede nell'applicazione della legge n. 81 del 2006 per definire un piano nazionale ad esse dedicato. In questo senso, sarà necessario prevedere qualche forma di incentivo o di disincentivo nell'utilizzo di prodotti agricoli non originati dal territorio comunitario.
Altre forme di intervento sono: l'inserimento dell'agroalimentare nella definizione di piani infrastrutturali nazionali, la gestione efficace dei rapporti con il consumatore, l'attivazione dello strumento di regia per coordinare la comunicazione alimentare, specie nelle situazioni di crisi (in questo campo sono state maturate diverse esperienze che si possono potenziare), e la semplificazione burocratica e amministrativa nella gestione delle politiche nazionali e comunitarie, con l'obiettivo di evitare sprechi di risorse.
A proposito della previsione contenuta nell'articolo 69 del regolamento comunitario n. 1782 del 2003, mi riprometto - anche se si tratta soltanto di un'idea - di incontrare, nei prossimi giorni, gli assessori per capire se riusciamo a definire meglio la questione, in quanto si sta trasformando in un modesto aiuto, di 25 o 30 euro, a pioggia, per tutte le imprese agricole italiane. Non è questo che ci aspettavamo quando lo abbiamo proposto a livello europeo. Credo che ci siano i margini per lavorare, sebbene siamo ormai ai limiti temporali con cui l'Unione europea ci può autorizzare. Dicendo questo, mi rivolgo ai sottosegretari di Stato presenti, Tampieri, Boco e Mongiello, i quali mi stanno offrendo un valido aiuto. È davvero uno spreco. Da una parte, stiamo andando nella direzione di tagliare il costo amministrativo;


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dall'altra, con l'articolo 69 citato, introduciamo un «aiutino» di 30 euro. Tra l'altro, dopo che aver offerto tale aiuto, bisogna considerare anche la beffa, perché gli agricoltori sono i primi a protestare, a mio avviso giustamente.
Passando agli interventi per stimolare la crescita dimensionale per le imprese del settore, agricole, cooperative, industriali e di distribuzione, a mio avviso sarebbe necessario riflettere su alcuni strumenti incentivanti, automatici e semplici, che potrebbero spingere alle fusioni. Non dimentichiamo che le imprese agroalimentari italiane sono le più piccole del mondo. Spesso ci soffermiamo sull'ipotesi - il collega Alemanno più volte se n'è occupato - dell'acquisto di Parmalat da parte di Granarolo. Riporto tale esempio solo ed esclusivamente a livello di esercizio. Se mai accadesse e se noi avessimo l'idea di creare una megacentrale di oltre 5 miliardi di euro di fatturato, per dimensioni sarebbe - se non erro - la quinta a livello europeo. Ciò che fa ancora più impressione è che due di queste quattro o cinque più grandi sono cooperative. Quindi, non vi sono solo le grandi multinazionali ma anche le grandi cooperative agroalimentari in Europa, che hanno ben altra dimensione e ben altra efficienza organizzativa.
Quanto alla necessità di avere un'amministrazione più efficiente, speriamo di lavorare, soprattutto, a livello europeo, cercando di promuovere un'azione più incisiva in tutte le sedi internazionali, ma prevalentemente a livello europeo. Mi riferisco, in generale, all'area «agromediterranea». Lo sguardo all'area di libero scambio che entrerà in vigore nel 2010 ci impone una riflessione. A tale riguardo è stata avviata la strategia dei Green Corridor. Credo che si possa lavorare molto in questo senso. Aspettiamo la riunione che si svolgerà a dicembre a Il Cairo, alla quale parteciperanno tutti i ministri dell'agricoltura e della pesca dei paesi del nord e del sud del Mediterraneo. In quell'occasione si discuterà molto di una strategia di cooperazione e non solo di competitività.
Ho già citato le politiche che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali cercherà di promuovere come semplificazione e snellimento delle procedure amministrative. Naturalmente, di questo pacchetto di provvedimenti non possiamo non citarne alcuni, che sono di ordine prioritario. Come abbiamo riferito, noi abbiamo proposto un disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei ministri del 1o giugno, che è all'esame della Commissione. Eventualmente, l'utilizzo dei decreti correttivi ci permetterebbe di intervenire sin da ora, come l'onorevole Servodio, nella sua relazione, aveva indicato. Ciò non toglie - lo voglio dire con molta chiarezza e senso istituzionale nei confronti degli onorevoli colleghi dell'opposizione e della maggioranza - che mai sarà intenzione di questo Governo e di chi vi parla scavalcare i dibattiti in sede di Commissione agricoltura, che rimarranno per me l'elemento base dell'azione di Governo. Anche da questo punto di vista, dunque, vorrei tranquillizzare i colleghi, rispetto al dibattito che si è svolto in questa Commissione. Il provvedimento citato permetterà al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di emanare un decreto regolamentare che, di fatto, non cambierà sostanzialmente l'impianto esistente. Inoltre, ci darà la possibilità di rendere più efficace il ruolo di coordinamento e di indirizzo a livello nazionale, concentrando la gestione delle competenze specifiche verso i settori, in modo da poter essere più efficaci nei rapporti soprattutto con l'Europa.
Infine, sarà importante rilanciare il «tavolo agroalimentare». Annuncio anche in questa sede, come già questa mattina al Senato, che ho chiesto al Presidente del Consiglio di convocare il «tavolo agroalimentare» entro luglio. Nelle more di questo incontro, ho avviato le riunioni bilaterali con i rappresentanti del mondo dell'agricoltura e della cooperazione. Oggi stesso, al termine di questa audizione, procederò allo stesso modo con i rappresentanti del mondo del lavoro e del sindacato, per poi concludere con riunioni


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con le altre componenti della filiera e, quindi, predisporre l'incontro finale, entro luglio, a Palazzo Chigi.

PRESIDENTE. Ringrazio il signor ministro per la sua relazione.
Abbiamo ancora circa mezz'ora di tempo a disposizione. Da parte di alcuni colleghi, anche presidenti di gruppo, è stata avanzata la richiesta, più che legittima, di rinviare il dibattito a domani mattina. Altri parlamentari, invece, hanno chiesto di poter iniziare a illustrare il proprio intervento già questo pomeriggio. Il ministro De Castro, da parte sua, è disponibile in tal senso, pur ritenendo più opportuno rinviare a domani il confronto. Se qualche componente della Commissione intende intervenire adesso, vi è la possibilità di proseguire la seduta fino alle 15,30.
Se nessuno intende farlo, possiamo rimandare il dibattito a domani mattina, a partire dalle 9,00.

FILIPPO MISURACA. Intervengo sull'ordine dei lavori, signor presidente. Come già le ho informalmente anticipato questa mattina, se il signor ministro è d'accordo, noi vorremmo rinviare gli interventi a domani - credo di parlare a nome di tutti i presidenti di gruppo della Casa delle libertà - poiché dovremmo svolgere alcune valutazioni politiche. Naturalmente, se c'è qualcuno della maggioranza che desidera intervenire, non abbiamo obiezioni.

PRESIDENTE. A questo punto, possiamo distribuire il testo della relazione del ministro, in modo da poterla approfondire, e proseguire il dibattito domani.
Il seguito dell'audizione è rinviato ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.