COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 5 luglio 2006


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARCO LION

La seduta comincia alle 9,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Paolo De Castro, sugli indirizzi e sulle linee programmatiche del Governo nelle materie di competenza del Ministero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, del ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, onorevole Paolo De Castro, sugli indirizzi e le linee programmatiche del Governo nelle materie di competenza del Ministero.
Ricordo che nella seduta di ieri il ministro De Castro ha svolto la propria relazione. Nel ringraziare nuovamente il ministro, do la parola ai deputati che richiedano di intervenire.

FILIPPO MISURACA. Grazie, presidente. Signor ministro, intervengo per primo in questa audizione e lo faccio con piacere per augurare buon lavoro a lei, ai suoi collaboratori, al sottosegretario Mongiello, di cui abbiamo già avuto modo di apprezzare la moderazione e le competenze in Commissione, e agli altri sottosegretari.
L'augurio è a titolo personale, ma anche a nome del gruppo di Forza Italia: abbiamo avuto modo di apprezzarla nei Governi precedenti, quando nel 1998 ha avuto la responsabilità del Ministero delle politiche agricole. Quello fu un periodo in cui era molto acceso lo scontro tra le varie forze politiche, che poi si è ulteriormente accentuato nel Governo successivo. Resta però agli atti l'intensa collaborazione che c'era tra maggioranza e opposizione. In quel momento voi eravate la maggioranza, noi la minoranza.
Per quanto riguarda il tema dell'agricoltura, questa collaborazione c'è sempre stata e noi vorremmo continuare a mantenerla; mi sembra che il presidente Lion possa testimoniare che in queste prime sedute di Commissione la collaborazione, da parte nostra, è stata senz'altro costruttiva e propositiva. Ciò non significa appiattimento: su alcune problematiche vogliamo mantenere una nostra posizione e, su alcuni temi importanti che riguardano l'agricoltura, vogliamo essere uniti.
Nel 1998 lei era espressione del mondo dei tecnici, testimonianza della preparazione e della cultura vicine al mondo dell'agricoltura; oggi si presenta in questo Parlamento con la carica di ministro dell'agricoltura, da politico. Sicuramente ha partecipato alla stesura del programma della sua coalizione che si delinea ricco di prospettive di crescita del mondo agricolo; però nella relazione di ieri sono stati affrontati temi diversi rispetto a quelli prospettati agli elettori italiani.
La prima parte della relazione era per lo più rivolta alla collaborazione con la grande distribuzione, tema estremamente


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importante e che anche noi condividiamo, ma è come se lei avesse assolto al compito dello spacchettamento dei ministeri nella nuova denominazione di Ministero delle politiche agricole e Ministero delle politiche alimentari. Intendo dire che mi aspettavo che parlasse di altri temi importanti, e so che lei in cuor suo vorrebbe farlo: ma una cosa è il programma, altra l'operatività del Governo. Non so se in questo momento lei sia vincolato dalla politica del Governo Prodi, che indubbiamente si sta rivelando diversa rispetto a quella delineata nel programma.
Ieri parlava di quadro certo per quanto riguarda il fisco in agricoltura. La settimana scorsa nell'aula di Montecitorio - si parlava di IRAP - qualcuno ci ha accusato di fare ostruzionismo. Noi, in particolare i componenti della Commissione agricoltura, nei nostri interventi abbiamo chiesto se l'IRAP in agricoltura resti agevolata come lo era con il Governo Berlusconi o meno, data la persistente incertezza del ministro Padoa-Schioppa e del viceministro Visco, a suo tempo inventore dell'IRAP. Le chiedo se in effetti ci sia o meno questa certezza sul tema fiscale.
Mi aspettavo da parte sua, signor ministro, qualche accenno ad altri temi. Nello specifico, mi sarei aspettato qualcosa sul tema del libero scambio nel 2010. Da deputato meridionale e siciliano mi ha fatto piacere che lei lo abbia trattato. La Sicilia è al centro del Mediterraneo e mi auguro che sarà anche al centro del libero scambio, ma da parte sua non ho sentito una proposta per quanto riguarda, ad esempio - mi permetta questo riferimento campanilistico -, l'ipotesi della Sicilia come centro di un mercato internazionale dei prodotti alimentari, per il rilancio di quest'area del Mezzogiorno.
Nel 1998, signor ministro, abbiamo discusso con lei al Governo di costi di produzione in agricoltura e nei trasporti, in modo particolare di quello su gomma, che penalizzavano l'agricoltura siciliana. Ricordo che lei fu uno dei fautori dell'accelerazione del risparmio attraverso l'utilizzo delle ferrovie, pagando ai produttori anche una parte dei costi di trasporto.
Sono convinto che vorrebbe fare ancora tutto questo e le chiedo pertanto se non creda - se vuole può anche non rispondere, trattandosi di un tema politico - che l'eventuale realizzazione del ponte sullo stretto di Messina, oltre a rilanciare il turismo e a favorire l'aggancio all'Europa, non aiuterebbe la Sicilia nel settore trainante della sua economia, l'agricoltura. Penso a Vittoria, Catania, Ribera, Sciacca, alla Sicilia intera che potrebbe giovarsi di costi inferiori.
Nella relazione di ieri non l'ho sentita parlare neanche di turismo rurale. Abbiamo approvato una legge sull'agriturismo, ma oggi abbiamo il turismo rurale. A tale proposito, le vorrei porre qualche domanda. Mancano pochi mesi all'avvio della programmazione 2007-2013 e si registra un forte ritardo nell'approvazione dei piani di sviluppo rurale da parte delle regioni, anche a causa di un ritardo della pubblicazione dei regolamenti attuativi e del regolamento n. 1698 del 2005. Le chiedo quali iniziative intenda intraprendere per superare tali problemi, che per gli agricoltori si rifletteranno nel mancato utilizzo delle risorse assegnate allo Stato italiano. Glielo chiedo perché è importante capire la sua posizione. Lei si ritrova in una compagine politica in cui, a mio avviso, sul tema dello sviluppo rurale vi sono alcuni partiti - chiedo scusa al presidente Lion - che le saranno da ostacolo: gli ambientalisti, i Verdi, fanno parte della vostra coalizione. Su questo tema vogliamo sentire la sua posizione, così come vorremmo sentire quella sulla caccia, un tema estremamente importante, da non sottovalutare e sul quale nella precedente legislatura siamo andati tutti cauti, centrodestra e centrosinistra, facendo politica con la collaborazione di tutti. Abbiamo forse illuso i nostri elettori sulla modifica della legge n. 157 del 1992? Considerando che era inserita anche nel vostro programma, le chiedo: qual è la posizione del suo Ministero sulla caccia? I Verdi saranno disponibili ad un' eventuale riforma della legge n. 157 del 1992? Che posizione assumerà il vostro Governo?


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Stiamo parlando di politica ed è ovvio che vorremmo mettere a nudo le promesse di campagna elettorale e capire se possano essere mantenute.
Veniamo alle opportunità di sviluppo della filiera agroalimentare. Come si intende far crescere l'Italia nei mercati agroalimentari internazionali, dato che le politiche commerciali sono di competenza comunitaria? Ieri, signor ministro, ha parlato a lungo - e io ho condiviso - sul tema della grande distribuzione. Cosa si intende fare per consolidare la distintività delle produzioni agroalimentari italiane? È sufficiente il made in Italy? Si tratta di un tema estremamente importante. Ricordo i titoli dei giornali quando, non appena nominato ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, lei venne in Sicilia a tenere una conferenza al Cerisdi. L'indomani i giornali titolarono - e fui perfettamente d'accordo - che la sua era stata una relazione brillante. Tuttavia, potrà mantenere gli impegni annunciati in quella sede? La sua compagine governativa glielo consentirà?
Concordo con lei ministro: non possiamo parlare di condono previdenziale, ma dobbiamo educare i nostri agricoltori, quelli meridionali in modo particolare, a pagare. Questa è stata la filosofia del Governo Berlusconi. Io sono stato il relatore dell'ultimo provvedimento su quello che impropriamente fu denominato «condono previdenziale». Abbiamo parlato di rateizzazione, lo stesso linguaggio da lei usato: far pagare gli agricoltori, rateizzando nel tempo. Ci siamo arenati, non certamente per colpa del Ministero delle politiche agricole, così come credo che ci bloccheremo non per colpa sua - non voglio essere una Cassandra - ma per colpa di poteri forti, che provengono dal Ministero dell'economia, dalla lobby della cartolarizzazione, che non abbiamo voluto noi, ma che ci siamo ritrovati.
Per tale motivo, nel dibattito in Commissione sul decreto cosiddetto «mille proroghe», chiesi personalmente di metterci nelle condizioni di studiare meglio il problema. Ora alla presenza del ministro sto spiegando meglio il mio concetto, facendo nomi e cognomi. Visto che siamo in diretta televisiva, faccio presente che in tema di condoni previdenziali i poteri sono molto forti e forse nemmeno il Parlamento riuscirà a smontarli.
Allora mi chiedo: il 15 ottobre saremo a cavallo della legge finanziaria e non vorrei che proprio in quella data si arenasse il lavoro fatto nella precedente legislatura. Riconosco il suo impegno, ma forse dobbiamo fare lo sforzo di trovare i quattrini necessari a coprire il periodo che va dal 15 ottobre al 31 dicembre. Poi, laddove il Ministero dell'economia dovesse bloccarci, tutto il Parlamento dovrà lavorare e studiare per una giusta legge, non per il condono, ma per la rateizzazione.
Sulla riforma previdenziale, mi permetta di ricordare ai colleghi della maggioranza l'ottimo lavoro svolto nel mondo dell'agricoltura dal Governo Berlusconi, riconosciuto da lei ieri alla presenza dell'ex ministro Alemanno, il quale ha avuto la capacità di coinvolgere anche i colleghi della minoranza di quel periodo. Perché non cercare di lavorare tutti insieme anche per questo aspetto, attivandosi per portare al 31 dicembre l'operatività di questa Commissione?
Affronto altri due temi e concludo l'intervento per rimanere entro i tempi assegnati.
In primo luogo, vorrei conoscere la sua opinione, signor ministro, sul tema degli OGM e delle biodiversità. Non mi pare che vi abbia accennato nella sua relazione di ieri, ma so che anche questo è un tema molto delicato, sul quale il Governo di cui lei fa parte deve uscire dall'equivoco. Anche in questo caso, vi sono alcune forze politiche - cito ad esempio, il politico De Castro, espressione della Margherita - che hanno un'opinione diversa sugli OGM rispetto ad altri esponenti politici in seno al Consiglio dei ministri.
Il futuro dell'agricoltura italiana è nelle biomasse. Ebbene, nel nostro ultimo decreto abbiamo dato la possibilità di utilizzo dell'1 per cento per quanto riguarda il biodiesel. Anche in questo settore, signor ministro, credo che lei avrà bisogno di noi: dovrà trattare molto in sede comunitaria.


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Dobbiamo anche capire come lavorare a fronte di una burocrazia e di una lobby dei petrolieri molto forti - mi assumo la responsabilità di quello che dico - e come procedere nella strada dell'obbligo dell'impiego di biocarburanti in percentuali crescenti: la nostra battaglia è proprio lì. Oppure, si intende procedere sulla strada della defiscalizzazione di determinati quantitativi? O in entrambe le direzioni? Qual è la politica che intende portare avanti questo Ministero?
Infine, vengo al tema dello sviluppo agricolo nel Mezzogiorno. Immaginate cosa sarebbe successo se il Governo Berlusconi si fosse comportato come ha fatto in questi giorni (stiamo assistendo allo sciopero dei tassisti) il Governo Prodi, in modo particolare il ministro per lo sviluppo economico, Bersani, in materia di liberalizzazione. Se la politica del Governo Prodi è quella della liberalizzazione e se venisse applicata anche al mondo dell'agricoltura, sarebbe un disastro. Mi permetta di fare riferimento, ancora una volta da siciliano, ai «miei» agricoltori che coltivano grano. Glielo dice un rappresentate di un partito liberale: su alcuni temi dobbiamo discutere tutti insieme in un confronto bipartisan e capire che, forse, per alcuni prodotti è arrivato il momento di parlare non di liberalizzazione, ma di protezionismo.
Concludo, signor ministro, augurandole buon lavoro e rinnovandole la massima collaborazione nello spirito critico e propositivo del gruppo di Forza Italia. Ci consideri a disposizione per il bene dell'agricoltura.

BRUNO MELLANO. In merito all'ordine dei lavori, le chiedo come intenda procedere questa mattina: vorrei sapere quanto tempo abbiamo a disposizione.

PRESIDENTE. Al di là della buona volontà, l'onorevole Misuraca ha parlato per 18 minuti. Tendenzialmente, propongo di rimanere sui 10 minuti per intervento, considerato che si sono iscritti a parlare 13 colleghi. Se vogliamo ascoltare anche la replica del ministro, dobbiamo cercare di essere stretti con i tempi.

LUCIANO D'ULIZIA. Grazie presidente, buongiorno ministro. Farò risparmiare molto tempo ai lavori della Commissione: il mio sarà un intervento tecnico e sintetico, non raccogliendo gli spunti politici venuti dal precedente intervento.
Trovo la sua relazione, onorevole ministro, completa e stimolante. Sottolineo come siano stati messi al centro l'impresa, l'agricoltore, il mercato e la competitività.
Per essere competitivi lei ha anche accennato alla questione dimensionale, che interpreto come frammentazione dell'impresa agricola e che, secondo me, è il tallone d'Achille dell'agricoltura italiana, o almeno di una certa agricoltura italiana, quella che io prevalentemente rappresento. Credo che sia necessaria una spinta, magari una legge quadro - dobbiamo rispettare le prerogative regionali - a fronte di dimensioni risibili (siamo intorno a 6-7 ettari) ove, salvo produzioni di nicchia molto limitate, non è possibile fare alcun investimento.
La dimensione dell'impresa si coniuga molto bene con la funzione cooperativa. Badate, non è mia intenzione rifarmi a modelli realizzati trent'anni fa e che sono sul mercato, i quali mettevano insieme 30 coltivatori diretti con un unico parco macchine, un'unica direzione tecnico-agronomica, un'unica capacità di presenza sui mercati e un'unica capacità di programmare, ma che furono boicottati. Non sto qui a spiegare il perché: ognuno se ne può rendere conto (si trovano a Matelica, Fabriano e Jesi, nella patria del nostro presidente Lion). Come dicevo alla collega Servodio, sono disponibile a ospitare tutta la Commissione per far vedere che questi modelli sono un successo sul mercato da trent'anni.
Perché, allora, non fare una legge quadro che indirizzi le regioni verso un recupero di competitività, anche su base dimensionale? Faccio notare che ove non è possibile investire in nuove tecnologie o introdurre una razionalità, è difficile che le nostre imprese diventino competitive.
L'altra questione che volevo sottolineare è la funzione anticiclica della cooperazione. Signor ministro, sicuramente


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saprà che il nostro paese nel 2005 ha avuto crescita zero. Però in questa crescita zero c'è chi ha fatto di meno e chi ha fatto di più. Io sostengo da tempo che il movimento cooperativo ha salvato il nostro paese dalla recessione: l'insieme delle imprese cooperative ha prodotto più del 5 per cento. C'è chi dice che se non ci fossero state altre imprese ciò non sarebbe stato possibile. È vero, ma le imprese cooperative hanno una natura diversa, non hanno fini di lucro.
La funzione anticiclica della cooperazione ha avuto luogo anche in agricoltura. Ieri, signor ministro, ci diceva che 2-3 delle più grandi imprese europee agroalimentari sono cooperative. Questa funzione anticiclica, che potrebbe essere da sprone, sarebbe da prendere come modello. Dobbiamo indicare un modello di crescita e di sviluppo e, secondo me, il metodo, l'impresa e il movimento cooperativo sono il modello di sviluppo che può aiutarci, che ci ha aiutato e ha dimostrato tutta la sua capacità.
La ringrazio ancora, signor ministro, per l'impegno che sta profondendo e che continuerà a profondere per lo sviluppo della nostra agricoltura in un contesto comunitario e mondiale. Soprattutto la ringrazio perché credo che aiuterà i nostri agricoltori e la nostra cooperazione.

GIOVANNI ALEMANNO. Signor ministro, presidente, colleghi, chiedo scusa dell'irruzione in questa Commissione di cui non faccio parte, ma ritenevo giusto onorare la relazione di apertura dei lavori da parte del ministro De Castro intervenendo in questo dibattito.
Non è solo una questione formale; ieri, fra diversi gruppi di opposizione, ci siamo consultati rispetto all'atteggiamento politico da tenere in questa sede e, per il bene dell'agricoltura e per il rispetto delle qualità tecniche, professionali e per il senso istituzionale del ministro, riteniamo tutti di dover impostare un'opposizione al massimo grado costruttiva e attenta alle necessità del settore.
Lo facciamo soprattutto avendo esperienza diretta - mia personale, ma non dimentichiamo tutto il lavoro fatto dai membri anziani della Commissione - della difficoltà di comunicare i problemi, i contesti e le situazioni dell'agricoltura agli altri settori produttivi e al resto della società italiana ed europea.
Lei, ministro, si trova alla guida di una barca un po' piccola, qual è quella del Ministero delle politiche agricole e forestali, adesso diventato anche delle politiche alimentari, che percorre un mare in tempesta. Ne siamo consapevoli e non vogliamo dimenticarcene nel momento in cui si invertono i ruoli tra Governo e opposizione. Si tratta di un mare in tempesta nel WTO, nelle riforme dell'Unione Europea, e anche con una difficoltà istituzionale molto forte. Nella riforma definita «della devolution» avevamo cercato di introdurre alcune modifiche alle competenze statali, che ridessero al Governo e al Parlamento un ruolo centrale, indispensabile per governare l'economia nazionale. Sappiamo quale sia stato l'esito del referendum e oggi lei si ritrova con una situazione di rapporti con le regioni molto difficile, al di là delle persone, delle situazioni e degli schieramenti politici. Si tratta di difficoltà che ho trovato sia quando il coordinatore degli assessori regionali era di centrodestra sia quando è stato di centrosinistra. È difficile mettere insieme l'adesività al territorio di una politica regionale con un contesto internazionale che chiama a grandi scelte.
Inoltre, dal punto di vista politico debbo aggiungere che occorre comprendere quale sarà il ruolo e l'indirizzo complessivo del Governo rispetto alle realtà dell'agricoltura. Sappiamo che l'agricoltura, in particolare il Ministero per le politiche agricole, ha molte competenze ma pochi poteri. Altri poteri non solo sono regionali ed europei, ma anche di altri ministeri. Riuscirà, pertanto, questo Governo a comprendere il dato specifico dell'agricoltura? C'è già stato un segnale negativo rispetto ai consorzi agrari.
Così com'è stata definita, la riforma dei consorzi agrari rischia di far perdere prerogative importanti a questo strumento prezioso, logorato e bistrattato negli anni


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passati, ma per il quale - visto che c'è stato un voto di fiducia che ha bloccato il dibattito - credo che un intervento correttivo vada fatto, altrimenti si perderebbe il riferimento al territorio.
In questo contesto, ritengo che tutte le forze politiche, al di là delle diversità, delle impostazioni e dei ruoli, siano obbligate a fare un grande sforzo comune per continuare a comunicare le necessità specifiche dell'agricoltura e il suo grande valore. Qui si tratta non di difendere un settore protetto, ma di comprendere che l'agricoltura ha un ruolo determinante nell'economia, non solo di questo paese ma anche di altri, per garantire un modello di sviluppo equilibrato, diffuso nel territorio e che non risenta degli scompensi di carattere industrialista e finanziario che, purtroppo, si registrano sia nelle aree sviluppate sia in quelle in via di sviluppo.
Questo sforzo deve avvenire in termini culturali molto precisi; bisogna fare in modo che la delegazione italiana al WTO, nella fase finale del Doha Round, abbia le idee molto chiare e cerchi quanto più possibile di condizionare il commissario Mandelson nel non considerare l'agricoltura un elemento di baratto per chiudere il negoziato, affinché le denominazioni di origine e di indicazione geografica vengano mantenute come un elemento fondamentale nel pacchetto negoziale.
È necessario, altresì, che l'Unione Europea completi i risarcimenti rispetto a scelte volte all'agricoltura continentale con le riforme di due settori, tipicamente mediterranei, quali il vitivinicolo e l'ortofrutta. Dobbiamo ottenere alcuni risarcimenti: sappiamo, ad esempio, che, nonostante gli sforzi fatti, sul campo dello zucchero abbiamo dovuto pagare un prezzo molto pesante. Lei, che conosce molto bene il contesto europeo, è anche al corrente delle difficoltà e delle problematiche che vi sono nel creare un'alleanza per difendere i valori, i diritti e gli spazi economici dell'agricoltura mediterranea.
Infine, con riferimento alle regioni altro tema - che le giunge irrisolto, ma non per colpa del precedente Governo - riguarda il coordinamento dello sviluppo rurale. Un tesoro importante di risorse, decisivo per orientare il meccanismo riformista dei prossimi anni è dentro lo sviluppo rurale. All'epoca abbiamo cercato di convincere le regioni ad adottare un quadro e strumenti unitari anche per non perdere le risorse, ma questa proposta è stata respinta in quanto vista come una scelta di carattere centralista. Così, oggi rimane soltanto l'arma della politica per convincere le regioni ad utilizzare lo sviluppo rurale non per politiche di tipo meramente localistico, ma per portare queste risorse in un progetto complessivo di riforma e di ristrutturazione delle filiere agroalimentari.
Nella sua relazione non ho visto un elemento che la invito a considerare con molta attenzione. Mi riferisco al decreto sulla regolazione dei mercati e sui relativi tavoli di filiera che abbiamo cercato di istituire nello scorcio finale della passata legislatura. Quel tipo di meccanismo, entrando con un metodo concertativo e di coinvolgimento nelle dinamiche delle filiere, a mio avviso, è decisivo. Soltanto coinvolgendo regioni, parti sociali e realtà produttive si riesce ad avere un governo forte di questi settori, senza cadere nell'errore del dirigismo.
Credo che i tavoli di filiera, i meccanismi di regolazione di mercato e la possibilità di creare veri e propri piani di ristrutturazione, filiera per filiera, e un insieme di regole che in qualche modo dia equilibrio ai diversi settori della filiera, siano la grande battaglia che lei ha di fronte per fare in modo che l'agricoltura sia competitiva e non viva in una logica protezionistica, assistenzialista, ma abbia regole di equilibrio che non finiscano per farle scontare le contraddizioni insite nel corso delle filiere.
Ha richiamato l'attenzione al nuovo vertice di Federalimentari. Ci auguriamo che da parte di quest'ultima vi siano grande attenzione e rispetto nei confronti dell'agricoltura italiana. Fino ad oggi, però, si sono avuti a fasi alterne: spesso ci si dimentica che la fonte principale di legittimazione dell'industria alimentare


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nasce proprio dalla realtà, dalla forza, dalla credibilità e dalla qualità della nostra agricoltura.
È stato richiamato dall'onorevole Misuraca il tema degli OGM, un argomento simbolo, sicuramente ideologizzato, ma purtroppo ancora aperto. Le ricordo che nell'Unione Europea non si sono ancora dette parole chiare sul tema della coesistenza, non sono state stabilite le soglie relative alla questione del biologico - tra l'altro, non dovrebbe neanche esserci la soglia, ma una tolleranza zero - e, soprattutto, delle sementi.
Si tratta di un tema molto importante e delicato. Lei sa bene che importanti distretti agroalimentari di qualità italiani rifiutano gli OGM, tanto che c'è un vasto movimento di regioni OGM free. L'Europa deve dimostrare maggiore comprensione rispetto al modello italiano, senza che esso appaia - mi rendo conto che è difficile, ma questa è la sfida che abbiamo di fronte - un rifiuto alla ricerca scientifica, all'innovazione, al grande sforzo di importare innovazione nel valore tradizionale della qualità dell'agroalimentare italiano.
In sintesi, sono molti i temi sui quali avremo da discutere e da gestire posizioni differenziate. Tuttavia, c'è un grande tema sul quale ci dobbiamo sfidare reciprocamente in senso positivo: traghettare definitivamente la nostra agricoltura e l'agroalimentare italiano fuori da vecchi schemi, vecchie impostazioni e vecchi linguaggi, per portarli in una dimensione nuova.
Purtroppo ancora oggi, leggendo le pagine de Il Sole 24Ore e di noti editorialisti economici, sfugge quali siano la dimensione, il valore e il significato dell'agricoltura. Da questo punto di vista, soltanto se si crea una positiva alleanza agricola e si continua su questa strada credo si potrà riuscire a fare in modo che la società e l'economia italiane non commettano il grave errore di distruggere una parte fondamentale della nostra stessa economia e società, in quanto caratteristica del modello italiano.

BRUNO MELLANO. Grazie presidente, grazie signor ministro. Come altri, ma più di altri, sono nuovo a questi lavori e all'attività di questa Commissione. Quindi, ho forse atteso questa audizione con troppa speranza e fiducia in un intervento di ampio respiro sulle politiche di cinque anni di Governo, avendo un giudizio pregiudizialmente positivo rispetto al ministro per quello che ha fatto in passato e per le sue capacità tecniche.
Faccio questa premessa, e lo dico con tutta la cortesia dovuta, perché credo che, così come sono stati organizzati, i lavori finiscano per comprimere un dibattito che avrei voluto molto più ampio e di legislatura. Il ministro, nel voler tenere assieme due aspetti innovativi delle deleghe, a mio avviso, ha finito per schiacciare la relazione introduttiva più sull'agroalimentare che sulle visioni di politica generale del territorio e dell'agricoltura.
Il mio intervento sarà dunque in negativo per una serie di indicazioni, ma lo faccio nella fiducia e nell'attesa di ricevere risposte sulle quali impostare una attività che vuole essere propositiva e feconda.
Già in Commissione avevo citato quello degli OGM come necessario tema di discussione, confronto e prospettiva: è un nodo da dirimere - condivido quanto ha detto l'onorevole Alemanno, anche se in senso opposto - per governare un settore che attorno a tale questione avrà uno svincolo importante.
Sottolineo la mancanza della citazione di un problema che ritengo epocale: quello del governo, della qualità e della gestione dell'acqua, che unisce agricoltura e territorio.
Sottolineo, altresì, la mancanza di una citazione rispetto ai fitofarmaci, alla gestione della chimica in agricoltura e al rapporto fra l'intervento dell'uomo in agricoltura e il territorio.
Evidenzio anch'io la mancanza di citazione del tema della caccia, argomento sensibile e di vasta discussione e polemica politica.
Come elemento critico, faccio anche una veloce citazione della PAC, delle nuove politiche e delle ricadute che la politica europea avrà sul settore agricolo.


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Come elemento interessante, fecondo di ulteriori analisi e approfondimenti, indico la comunicazione dell'informazione - un aspetto nuovo che occorre governare - rispetto alle grandi crisi di cui tutti abbiamo avuto notizia e di cui abbiamo dovuto affrontare gli esiti e le ricadute, ma anche rispetto alla qualità e alla sicurezza alimentare e ad aspetti che finiscono per cadere in un cono d'ombra. Cito su tutti l'aspetto delle aflatossine: soltanto grazie ad alcuni interventi, considerati provocatori, dell'ex ministro Veronesi, è stato affrontato sui giornali, seppur in via residuale, un problema di sicurezza alimentare che esiste, ma che finisce con l'essere trascurato.
Allo stesso modo, finisce in un cono d'ombra il rapporto fra le produzioni intensive e le produzioni di qualità e di nicchia. Sembra quasi che l'Italia sia diventata un paese di soli prodotti di nicchia di grandissima qualità, quando invece abbiamo ancora percentuali altissime di produzioni di massa e di attività intensiva su un territorio che forse non regge più quel tipo di intervento.
Ho sentito un collega stigmatizzare la liberalizzazione nel campo dell'agricoltura, richiedendo addirittura interventi di protezionismo. Si tratta di un aspetto politico che il ministro e il Governo devono chiarire. Credo che l'agricoltura sia un settore in cui tante dichiarazioni politiche, tante impostazioni ideologiche finiscono per venire al pettine di una realtà e di una concretezza che non lasciano scampo alle ideologie o agli schematismi. Dal Governo e dal ministro mi aspetto risposte sagge, concrete, ma anche innovative.
Un altro elemento interessante tratto dalla relazione del ministro riguarda il rapporto con il commercio estero, con l'attività internazionale, con la globalizzazione di un territorio e di un mercato che, necessariamente, dovranno fare i conti con il resto del mondo e d'Europa. Su questo, più che un quadro, utile e interessante, mi sarei atteso anche qualche linea di azione per capire se dobbiamo solo essere spaventati dal rapporto internazionale, oppure se possiamo intravedere degli elementi utili di positività, di sfida innovativa, di capacità di adeguamento di un settore che, a mio giudizio, deve sapersi modificare per essere all'altezza di sfide, sicuramente non facili e di breve periodo, ma che occorrerà affrontare per dare risposte durature al settore agricolo e nuove politiche al settore alimentare.
Aspettavo queste risposte anche per capire come confrontarsi e come andare avanti su un lavoro che è già cominciato con il decreto sulle deleghe, che ha dato possibilità di manovra al Governo, prima ancora di sentire il ministro. Devo sottolineare questo aspetto per motivi puramente politici interni al mio gruppo: non ho partecipato al voto in Commissione, ma sicuramente sarei stato in imbarazzo nel votare il provvedimento.
In conclusione, resto in attesa di contribuire fattivamente al bene di un settore che, a mio giudizio di neofita, dovrà saper coniugare la politica delle dichiarazioni con quella della concretezza e dei progetti. Attendo ulteriori informazioni sul progetto del Governo e in particolare del ministro.

TERESIO DELFINO. Signor presidente, signor ministro, sottosegretario Mongiello, anche da parte dell'UDC esprimo un saluto cordiale in questo primo incontro formale in Commissione con il ministro.
Annuncio la piena adesione a quanto già espresso dai colleghi Alemanno e Misuraca in merito all'atteggiamento che vogliamo avere nella condivisione di quanto detto da lei, signor ministro, sul valore dell'agricoltura e del comparto agroalimentare. Condivido che siamo in una fase difficile, di cambiamenti, che abbiamo ancora ritardi strutturali e competitivi. Ritengo però di dover dire che non siamo all'anno zero e forse sarebbe stata necessaria una sua più organica valutazione delle importanti riforme che il Parlamento e il Governo hanno fatto nella precedente legislatura, al di là dello strumento surrettizio di una delega per decreto-legge, da noi stigmatizzato.
Prendiamo atto con soddisfazione, invece, che lei abbia confermato la volontà di avviare un profondo e largo confronto


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con la Commissione agricoltura e, se del caso, di arrivare anche a un disegno di legge delega. Non siamo mai stati contrari allo strumento della delega, e lo ribadiamo anche oggi. Però - mi pare che l'onorevole Mellano lo ricordasse - vogliamo che questa delega sia largamente discussa, condivisa e indicativa degli obiettivi che si pone, con parametri e proposte che trovino una loro alta e forte finalizzazione.
Nella sua relazione c'è una valutazione di un mercato interno saturo, o almeno io l'ho intesa così. In questi anni, non solo a partire dall'ultima legislatura, è stato fatto un grande sforzo per legare l'agricoltura al territorio, alla qualità e alla sicurezza alimentare. Non diamo per scontato che la ricerca del prezzo più basso da parte dei consumatori sia l'elemento che caratterizza i consumi agricoli e agroalimentari nel nostro paese. Certo, potrebbe anche essere così, ma credo che non dobbiamo darlo per scontato: sarebbe un atteggiamento un po' rinunciatario, perché il mercato interno italiano è grande sia per i cittadini italiani sia per il grande afflusso di turisti. Riteniamo che vi sia ancora un potenziale largamente inespresso che va assolutamente ricordato.
Sulle strategie che il ministro ci indica nella sua relazione (crescere rapidamente nei mercati internazionali, consolidare le posizioni raggiunte nei mercati a livello nazionale e sviluppare l'opportunità della multifunzionalità), vengono proposti tre livelli di interventi: anzitutto, emergenza e risanamento; in secondo luogo, politiche per lo sviluppo e la competitività; infine, amministrazione risanata ed efficiente. Vorrei svolgere alcune considerazioni su questi punti.
Anzitutto, è necessario contare di più nelle sedi internazionali. È una proposta che viene dal ministro e che condividiamo totalmente: ci siamo largamente spesi, come Italia, Governo e Parlamento, nella difesa del bilancio comunitario agricolo. Credo che questa sia una prima forte battaglia che va ribadita con grande decisione. Nella Presidenza Blair - per citare un periodo a noi vicino - abbiamo contrastato l'atteggiamento che tendeva a fare dell'agricoltura e del mondo agroalimentare un settore assistito. Su questo tema, come forza politica saremo vicini a qualsiasi iniziativa a sostegno della credibilità, che riteniamo di avere in qualche misura accresciuto.
L'Italia ha avuto certamente un grande peso nella definizione della riforma di medio termine del 2003 (ricordo quando eravamo nel nostro semestre di Presidenza a Taormina), e deve contare sempre di più - come ricordava prima il ministro Alemanno - nonostante la difficoltà di far riconoscere le ragioni dell'agricoltura mediterranea in Europa.
L'altro elemento che voglio sottolineare è la questione delle politiche strutturali. Anche su questo tema abbiamo creato un grande piano irriguo interministeriale (agricoltura, ambiente e infrastrutture). Dobbiamo però compiere ancora un passo avanti, perché l'acqua e l'irrigazione sono un bene assolutamente irrinunciabile: non dimentichiamo che anche la siccità di questi tempi conferma, in modo ricorrente, dalla Sicilia al Piemonte, che sul tema dell'acqua, per usi non solo irrigui, ma anche civili e produttivi, rischiamo di subire una grave arretratezza.
Altra emergenza riguarda la politica fiscale. Credo che il pacchetto di conferma, che è stato già richiamato, sia un elemento di cui condividiamo l'impostazione, ma su cui ci auguriamo che in questi anni si possa fare un passo in avanti, soprattutto con riferimento all'IRAP.
Ho notato la fiducia del ministro nelle misure anti-crisi varate a livello comunitario. Faccio un'osservazione, specificando che, se la sensazione era sbagliata, sono ben lieto che il ministro mi dica qualcosa di diverso. Va detto che, per esempio, nel caso dell'ortofrutta, le misure recate dall'OCM a sostegno delle situazioni di crisi sono notoriamente e unanimemente considerate limitate e insufficienti. Venendo da una provincia che ha vocazioni ortofrutticole, ritengo che negli anni, proprio su questo settore richiamato dal ministro, ci sia stata una grandissima ingiustizia.


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La stessa Commissione europea nella sua comunicazione 2005/74 ha di fatto scaricato sugli Stati membri la definizione dei parametri di crisi di mercato, al fine di attivare aiuti nazionali al di fuori dell'OCM.
Aggiungo un richiamo alla regolazione dei mercati, alle politiche necessarie per dare più valore ai nostri prodotti agricoli, elemento sul quale probabilmente le misure che abbiamo proposto nella passata legislatura non hanno avuto tutta l'efficacia, al di là delle buone intenzioni. Tuttavia, credo che con i contratti di filiera, con i contratti collettivi e con una fortissima mobilitazione per quanto riguarda il rapporto del prodotto con il territorio possiamo recuperare uno spazio maggiore.
Ribadisco che ci attendiamo dal ministro una chiarificazione sulle riforme varate dal precedente Governo, su cui ci fu sempre una larghissima condivisione delle organizzazioni professionali - cito per tutte la riforma delle quote latte - così come sui decreti legislativi. Credo che se vi sono esigenze di modifica dobbiamo discuterne ampiamente: mi pare che le organizzazioni professionali e il mondo della filiera agricola e agroalimentare nella presente legislatura abbiano richiesto soprattutto l'attuazione di queste riforme.

ANGELO ALBERTO ZUCCHI. Grazie presidente. A nome del gruppo de L'Ulivo auguro buon lavoro al ministro De Castro.
Riteniamo la relazione di ieri ampia, puntuale e largamente condivisibile. Ci sono piaciuti i riferimenti al rigore, alla competitività e alla necessità di recuperare un ruolo largamente diffuso in agricoltura, e quello al lavoro sommerso, che riteniamo un aspetto delicato e negativo.
Ci è piaciuta, altresì, l'indicazione di ridurre il carico burocratico per le imprese. Lo dico anche da lombardo: la riduzione del carico burocratico, che riguarda le imprese di questo paese in senso lato, interessa anche le imprese agricole ed è un tema reale perché determina costi aggiuntivi spesso insopportabili.
Abbiamo apprezzato anche il suo riferimento alla stabilizzazione delle agevolazioni fiscali, in modo tale da consentire alle imprese una certezza nel tempo, e l'individuazione da lei fatta del settore agroalimentare come uno dei motori del rilancio economico e dello sviluppo del nostro paese per i prossimi cinque anni. Ciò vuol dire mettere al centro delle nostre attenzioni le politiche agricole - raccolgo le preoccupazioni del collega Alemanno - e ritenerle importanti in chiave di sviluppo per il nostro paese. Lei lo fa individuando priorità sulle quali siamo d'accordo: la crescita dei mercati internazionali, che non è rinviabile e deve vedere la nostra presenza sempre più attrezzata e agguerrita, il consolidamento nei mercati nazionali, la difesa e il rilancio della produzione del made in Italy, con tutto quello che comporta per i nostri prodotti, per la loro difesa e qualità. Lo fa anche individuando il tema della multifunzionalità, nel quale ricorre, in modo sottolineato e che condividiamo, il tema del nuovo ruolo che l'agricoltura può giocare nel futuro, derivante anche dalle politiche comunitarie e dalla riforma della PAC, così come sono venute avanti negli ultimi mesi, e che rappresentano indubbiamente una vera opportunità per il settore dell'agricoltura.
Pensiamo che questa opportunità, che comporta anche un diverso approccio culturale nel modo di fare agricoltura, vada accompagnata, governata e incentivata. Pensare all'agricoltore e all'agricoltura come a un ruolo al quale affidare la cultura dell'ambiente e persino la sua salvaguardia, nonché la garanzia della sicurezza alimentare, sono temi su cui, a mio avviso, dobbiamo porre la nostra attenzione nei prossimi anni.
Allo stesso modo, occorre concentrarsi sul tema delle fonti energetiche rinnovabili, che possono costituire una straordinaria occasione di diversificazione nel settore dell'agricoltura. Per fare questo - e lei lo ha citato - bisogna prevedere un disegno organico. Nella sua relazione diceva che dobbiamo superare la fase pionieristica; penso che dobbiamo anche mettere in campo elementi di investimento infrastrutturale per riuscire ad accompagnare questo processo di diversificazione


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nell'ambito delle fonti energetiche rinnovabili. Insomma, dobbiamo evitare che questa politica sia figlia di situazioni emergenziali o di una scarsa programmazione.
Le voglio citare un esempio, che abbiamo vissuto in questi mesi, di grande difficoltà ed esplicativo di quello che dovremmo fare e di come dovremmo farlo. Mi riferisco alla questione del settore bieticolo-saccarifero e alla possibilità di riconversione ai fini della produzione di biocarburanti. Occorre comprendere però che non tutti i cambi di colture sono economici, competitivi, utili e sufficienti per la riconversione. Lo zuccherificio di Casei Gerola, che verrà chiuso, costituiva un elemento di filiera corta: c'era un settore agricolo che produceva barbabietole da zucchero che venivano vendute allo zuccherificio; la filiera, in qualche modo, si compiva e il cerchio si chiudeva. Parlare della riconversione dello zuccherificio di Casei Gerola - è un esempio - significa discutere non solo di modificare la coltivazione, trasformandola da barbabietola da zucchero a mais, ma anche inserire un elemento di filiera lunga, per cui il mais è un prodotto che si va ad acquistare sul mercato con costi che possono essere più competitivi altrove. Per la riconversione è necessario inoltre che si compiano profonde operazioni di investimento per migliorare la situazione irrigua, per elevare la produzione dei terreni e per evitare che il costo di quel mais sia superiore rispetto a quello del mais coltivato in una zona limitrofa.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIUSEPPINA SERVODIO

ANGELO ALBERTO ZUCCHI. Tutto ciò, secondo me, deve trovare collocazione in un disegno organico che ci veda presenti e responsabilmente attenti a questa vicenda.
Lei, ministro, ha toccato vari temi di emergenza. Io ne voglio sollevare solo uno e porre una questione. Lei ha citato la situazione del Corpo forestale, della decurtazione dei finanziamenti da 65 milioni di euro a 20 milioni di euro ed ha individuato nella prossima legge finanziaria l'ipotesi che si possa trovare una risposta a un problema vero, di emergenza e di gestione in queste settimane. Le chiedo se non sia possibile trovare una risposta all'interno della manovra correttiva che il Governo sta approntando in questi giorni.
Le faccio anche una richiesta, che la invito a non considerare irrituale, ma solo come una voglia di partecipazione e di contributo. Lei ha parlato degli «stati generali» per il settore vitivinicolo e per il settore ortofrutticolo che intende organizzare per la fine di luglio. Ebbene, le chiedo se possa prevedere in quegli stati generali la presenza dei parlamentari delle Commissioni come un segno di attenzione a queste tematiche.
Apprezzo l'intervento del collega Alemanno quando dice che l'opposizione vorrà essere costruttiva. Noi abbiamo una cultura di governo: siamo al governo in modo largamente diffuso nelle regioni, nelle province e nei comuni e siamo disponibili al confronto, ci fa perfino piacere poterci confrontare nel merito delle questioni per rilanciare insieme questo settore e dargli la dignità che merita.

ANGELA LOMBARDI. Grazie, presidente. Signor ministro, colleghi deputati e deputate, noi di Rifondazione comunista condividiamo in gran parte le proposte che ha presentato ieri il ministro, anche perché in linea con il programma dell'Unione.
Ci convince molto la funzione strategica che si assegna al sistema agricolo nazionale per la sua rilevanza economica, ambientale, sociale e culturale. Il settore, tuttavia, vive una profonda crisi, come pure ha sottolineato il ministro, determinata anche dai mercati globali sottoposti alla concorrenza delle multinazionali. L'apertura ai mercati e la lotta al protezionismo però, come pure sottolineato nel programma dell'Unione, devono procedere insieme a politiche che garantiscano la sostenibilità, la sicurezza alimentare dei


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cittadini, il rispetto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, il ruolo ambientale dell'agricoltura e la tutela delle biodiversità. Per questo siamo molto preoccupati dai negoziati in sede di Organizzazione mondiale del commercio.
Sono trascorsi ben 11 anni dalla firma dell'Uruguay Round e la stessa Banca mondiale, pioniera nelle liberalizzazioni, ha ridotto le proiezioni di crescita da 500 miliardi di dollari nel 2003 a 96 miliardi del 2005, di cui 80 a vantaggio dei paesi industrializzati e soltanto 16 dei paesi emergenti. Il negoziato agricolo si è focalizzato sull'espansione del mercato per pochi esportatori, al punto che si è messo in evidenza come un'eccessiva liberalizzazione degli scambi sarebbe utile alle grandi potenze agricole a tutto danno dei paesi più poveri.
Bisognerebbe rivedere l'accordo sull'agricoltura per affrontare una questione che, invece, interessa oltre 1 miliardo e 300 milioni di persone, che è quella della sovranità alimentare. Gli attuali negoziati, come denunciano i movimenti sociali e autorevoli esponenti della società civile, operano in senso totalmente opposto alla necessità di costruire un sistema commerciale multilaterale che garantisca i diritti umani, promuova progresso economico e un impiego dignitoso. Vogliamo sottolineare che continuare a negoziare in incontri ristretti, dove la maggior parte dei paesi membri non è rappresentata, è un grave colpo per la democrazia. Le chiediamo, pertanto, di obiettare sulla legittimità di tali incontri che non vedono la partecipazione di tutti gli Stati membri.
Condividiamo l'esigenza di affermare un ruolo per il nostro paese in Europa. Lì, infatti, l'Italia paga una debolezza prodotta dall'isolazionismo praticato dal Governo precedente. L'agricoltura italiana ha bisogno di più Europa; si deve lavorare affinché la prossima riforma della PAC, annunciata per il 2008, non contenga nuovi tagli all'agricoltura.
Nell'immediato, però, le chiediamo di prestare attenzione per le riforme dell'OCM vino e dell'ortofrutta che, come sa, interessano il 35 per cento delle produzioni italiane e centinaia di posti di lavoro. Non crediamo che su questi temi possiamo permetterci di incassare risultati come quelli sullo zucchero.
Come gruppo di Rifondazione comunista-Sinistra europea, esprimiamo la nostra contrarietà ad aiuti disaccoppiati per l'ortofrutta, perché volti a favorire la rendita e non il lavoro, il prodotto e la sua qualità.
Per quanto riguarda il vino, riteniamo importanti normative severe sulla qualità e sulla trasparenza, senza però cedere all'omologazione. Pertanto, non si può accettare, ad esempio, l'utilizzo dei trucioli per l'invecchiamento senza indicarlo in etichetta.
Condividiamo molto le sue preoccupazioni sulla forza della grande distribuzione sempre più in mano straniera, e siamo favorevoli a forme di aggregazione - attraverso la cooperazione - capaci di fare massa critica. Concordiamo nel lavorare ad una corretta tutela dei marchi DOP e IGP. Avvertiamo, tuttavia, che tutto questo non basta per rispondere alla grave crisi che attanaglia le imprese agricole e che vede diminuire le superfici destinate alle colture agricole, secondo i dati ISTAT, del 12 per cento negli ultimi 10 anni.
Bisogna lavorare per costruire un nuovo modello che valorizzi il territorio - come hanno detto altri che hanno parlato prima di me - anche a partire dall'utilizzo delle risorse naturali come l'acqua e che pensi alla filiera corta. Per questo, in coerenza con quanto stabilito nel programma dell'Unione, le chiediamo di istituire una direzione generale sulla filiera corta presso il suo dipartimento, una struttura che possa sperimentare percorsi di ciclo corto capaci di ridurre la molteplicità dei passaggi dalla produzione ai cittadini consumatori.
Un'agricoltura di qualità, inoltre, non può non fare i conti con il lavoro che è il grande assente della questione agricola e anche della sua relazione. Eppure, in agricoltura la precarietà è la condizione, soprattutto nel Mezzogiorno dove lei stesso ha sottolineato che l'agricoltura offre un bacino occupazionale insostituibile. In questo settore si registra - soprattutto nel


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Mezzogiorno - la più alta percentuale di lavoratori flessibili e in nero, spesso migranti, in condizione di vera e propria nuova schiavitù, come dimostra l'inchiesta di Medici senza frontiere.
Quest'ultima ha stimolato la proposta formulata da Rifondazione comunista, e accettata dalla Commissione, di lavorare ad un'indagine a partire dalle prossime raccolte che dia conto delle condizioni di vita, per costruire insieme un'agricoltura di qualità che guardi anche agli uomini e alle donne che lavorano la terra.
Ci preoccupano, come hanno espresso anche altri, le dichiarazioni sugli OGM e ci pare importante che lei, ministro, ci dia qualche notizia in più rispetto ai consorzi agrari che tra mille contraddizioni hanno svolto un ruolo in agricoltura. Le chiediamo di sapere se la liberalizzazione vada nell'interesse di un modello agricolo a ciclo corto, quindi capace di valorizzare processi agricoli di qualità, e se sia capace di garantire l'occupazione degli addetti.
Le chiediamo, inoltre, di conoscere le conseguenze della liberalizzazione sul patrimonio immobiliare.
In ultimo, non per ordine di importanza, vorrei sottolineare la centralità della questione democratica. Non credo, lo abbiamo già detto nella nostra dichiarazione di voto al decreto, che si possa procedere a colpi di decreti-legge. Credo, invece, nella funzione del Parlamento e delle istituzioni democratiche che non solo si confrontano, ma si aprono ad audizioni importantissime con i soggetti sociali e con il mondo della società civile che, pure su questo tema, ha acquisito saperi e competenze. Abbiamo il dovere di metterli al centro dei nostri lavori.
Auguro buon lavoro a lei e a tutti noi.

ROSALBA CESINI. Grazie, vicepresidente. Signor ministro a nome del gruppo dei Comunisti italiani, di cui faccio parte, la ringrazio per la sua relazione largamente condivisibile.
Come si evince dalla stessa, le problematiche che assillano l'agricoltura sono molteplici in un contesto di concorrenza internazionale che ne rende difficilissima la competitività e, talvolta, la stessa sopravvivenza. Se, come è ovvio, in tale ambito si è costretti spesso a muoversi da posizioni difensive, c'è un dominio in cui lo Stato deve giocare un ruolo di attacco per ridare slancio a questo settore importantissimo per la nostra economia. Il dominio di cui parlo è quello della ricerca applicata, sempre più necessaria per riuscire a dare informazioni corrette agli agricoltori e per orientarne le scelte in direzione di un miglioramento della qualità dei prodotti, che credo sia una delle poche chances per riuscire a rivaleggiare in campo internazionale. Ricerca applicata basata su due assiomi, citati anche da lei: il perseguimento della multifunzionalità delle aziende e la tutela della biodiversità. Però, riteniamo ormai indifferibile l'allestimento di un programma scientifico coordinato a livello nazionale, con attività sperimentali diffuse capillarmente sul territorio.
Allo stesso modo, pensiamo sia necessario che il Governo si faccia promotore di opportune iniziative per incentivare ulteriormente l'ingresso, e la permanenza, delle giovani generazioni in agricoltura, per favorire l'ampliamento delle superfici aziendali coltivate e favorire il miglioramento produttivo con sistemi che tendano a scoraggiare l'abbandono. Quest'ultimo, come ben vediamo, contrariamente a quanto ritenuto, viene troppo spesso favorito dalla PAC. Su tutti valga l'esempio dell'OCM dello zucchero e del vino.
Desidero, signor ministro, sottoporle alcune questioni proprio a proposito di tali regimi, confidando in qualche sua risposta chiarificatrice. L'avvio della discussione sull'OCM del vino fa trasparire un'impostazione che, a nostro parere, va fortissimamente contrastata, fondandosi sulla ricerca del mantenimento dell'equilibrio domanda-offerta che poi finisce con il tradursi in sovvenzioni all'estirpazione dei vigneti e in premi all'abbandono della viticoltura. Non ritiene, signor ministro, che sarebbe più utile spingere per avere aiuti anche strutturali per favorire l'esportazione, così come sta facendo l'Australia?


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Parimenti, è stato prospettato il ruolo socio-assistenziale della viticoltura, cosa questa assai positiva, ma bisogna evitare che questo ruolo finisca per essere importante in paesi come la Germania o Malta e non nel nostro. Inoltre, la semplificazione delle attuali denominazioni, con e senza indicazione geografica, forse potrebbe portare qualche vantaggio all'esportazione, ma finirebbe - io credo - per penalizzare le politiche di qualità dei nostri prodotti migliori e complicherebbe enormemente la gestione interna del nostro mercato.
Appare scandalosa, come diceva la collega Lombardi, la possibilità di usare trucioli di legno per modificare il gusto del vino, così com'è stato previsto dal WTO. Le chiedo, signor ministro, se in sede comunitaria il nostro Governo intenda battersi almeno affinché in etichetta non sia semplicemente vietata l'indicazione di invecchiamento in barriques, ma venga esplicitato l'utilizzo del truciolato di rovere. Parimenti chiediamo che il Governo tenga ben salda la barra sull'eliminazione dello zuccheraggio nei paesi UE in cui ancora è consentito, come per esempio in Francia e in Germania.
Per quanto riguarda l'OCM dello zucchero, di cui ha parlato il collega Zucchi, si rischia di far scomparire un intero settore produttivo del nostro paese.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARCO LION

ROSALBA CESINI. Si tratta di una misura draconiana iniqua che, nonostante lo sforzo qui sottolineato dal precedente ministro Alemanno, ha finito per tradurre la riduzione imposta dal WTO di un terzo della produzione UE di zucchero in un dimezzamento della nostra produzione.
Il precedente Governo ha previsto deroghe finanziarie per coloro che continueranno a coltivare barbabietole per le prossime cinque campagne, cioè fino al 2010. Le chiedo, signor ministro, se anche l'attuale Governo condivida questa modalità dell'eterna negoziazione delle deroghe, o se non voglia - così come noi auspichiamo - impostare politiche tese all'incremento della produttività del settore bieticolo, favorendo la modernizzazione delle aziende e della loro strumentazione.
Per quanto riguarda la riconversione di ben 13 dei 19 zuccherifici esistenti sul nostro territorio, sappiamo che entro il corrente mese dovranno essere depositati i progetti di ristrutturazione. Noi siamo fermamente convinti della necessità che questi progetti risultino sostenibili non solo dal punto di vista ambientale e territoriale, ma anche - lo sottolineo - dal punto di vista sociale. Nel settore sono, infatti, a rischio migliaia di posti di lavoro ed è del tutto incomprensibile che alla recente riunione del tavolo della filiera non siano state invitate le organizzazioni sindacali, cioè la rappresentanza di quella parte sociale che in tutta la partita rischia di essere maggiormente penalizzata. Ebbene, auspichiamo, signor ministro, che tale rapporto venga al più presto recuperato, affinché vi sia una perfetta coerenza con le affermazioni del Presidente del Consiglio sulla capacità di dialogo di questo Governo con tutte le parti sociali.
La trasformazione degli zuccherifici dismessi, se ben integrata con le politiche energetiche ed ambientali, così come lei ha sottolineato nella sua relazione, può far compiere al nostro paese un vero e proprio salto di qualità nella produzione di biocarburanti utilizzabili sia per l'autotrazione che per la generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Tuttavia il finanziamento comunitario per la riconversione si giustifica esclusivamente se si riesce a legare indissolubilmente le future attività industriali sia con le produzioni agricole locali che con la salvaguardia dei livelli occupazionali preesistenti.
Chiediamo, pertanto, che il Governo ponga grande attenzione a questi due aspetti, facendosi carico di monitorarne costantemente l'applicazione. In ogni caso, quand'anche questo piano di ristrutturazione - quello delle 13 nuove industrie - fosse terminato e le stesse producessero a pieno ritmo i biocarburanti, ben difficilmente il nostro paese riuscirebbe a coprire


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per il 2010 la produzione - pari al 5,75 per cento - prevista dall'apposita direttiva comunitaria, rispetto alla quale abbiamo già ricevuto notifica di infrazione per le inadempienze attuali. Pertanto, condividiamo fortemente la proposta di definizione di un piano nazionale per le agroenergie, all'interno del quale sia prevista una serie di strumenti per incentivare, o come lei stesso ha sostenuto, per disincentivare la produzione di biocarburanti a seconda della provenienza delle biomasse utilizzate.
La promozione di questo nuovo importante settore, in un quadro di programmazione certa e ben regolata, non mancherà di portare sicuri benefici al settore primario, in quanto un utilizzo redditizio di terreni indirizzati a coltivazioni energetiche potrà contribuire alla salvaguardia dell'occupazione agricola in vasti settori, il bieticolo in primo luogo.
Signor ministro, mi permetto di parlare di alcune questioni particolari che attengono al settore della pesca, da lei appena enunciato nella sua relazione. Al riguardo, riteniamo indispensabile l'attuazione immediata dei distretti in un quadro di riferimenti certi, come la determinazione dell'estensione del distretto, dell'ente gestore, la previsione delle restrizioni e, infine, un programma triennale di gestione delle risorse.
L'attuale bozza di decreto sul fermo pesca prevede 26 giorni di fermo. Tuttavia, per avere una valenza veramente biologica questo non dovrebbe durare meno di 45 giorni consecutivi e la sua obbligatorietà, inoltre, dovrebbe essere recepita nel nuovo piano triennale 2007-2009, da elaborare necessariamente nel prossimo mese di settembre per fare in modo che già dal 1o gennaio 2007 possa essere efficace. Ad oggi, inoltre, anche se previsto dall'ultima legge finanziaria, non sono stati ancora approvati i decreti attuativi che permettono alle imprese di pesca di ricevere gli incentivi derivanti dall'applicazione della compensazione dell'IVA, esattamente come nel sistema agricolo. In presenza del continuo rincaro dei prodotti petroliferi, diventa ormai inderogabile la definizione di un provvedimento che stabilisca le aliquote da applicare.
Per quanto riguarda la formazione dei consorzi di gestione della piccola pesca artigianale, questa appare di difficile applicazione in alcuni comparti e in alcune situazioni. Faccio l'esempio del compartimento di Ancona in cui vi sono gruppi di marinerie che lavorano in maniera molto diversificata tra loro sia per tipologia di attrezzatura, sia per periodo di pesca. Per sopperire a queste condizioni sarebbe necessario rendere più elastica la normativa, prevedendo la possibilità di formare consorzi distinti, ovviamente senza alcun aggravio di spesa per lo Stato, consentendo semplicemente un'equa ripartizione dei contributi già previsti per l'intero dipartimento.
Per quanto riguarda la pesca-turismo, riteniamo che si debbano semplificare le procedure, oltre che avere finanziamenti diretti all'adeguamento delle imbarcazioni. Una reale diminuzione dello sforzo di pesca si può ottenere se si coinvolge lo strascico e ciò è possibile solo se chi è autorizzato allo strascico può continuare ad esercitarlo anche con la pesca-turismo. Infatti, il minimo investimento per la messa in sicurezza delle imbarcazioni e l'entrata economica derivante da questa attività potrebbero davvero indurre gli armatori a ridurre al minimo le calate.
Infine, in assenza di dati certi sulle conseguenze nella catena alimentare della fauna marina, provocate da alcune tipologie di pesche speciali, occorre trovare al più presto soluzioni ecosostenibili. È il caso della pesca di novellame, di cui andrebbero contingentati i quantitativi catturabili per specie e per barca, stabilendo le varie tipologie, le dimensioni degli attrezzi, eccetera.
Voglio terminare facendo alcuni accenni alle problematiche del Corpo forestale dello Stato. Mi riferisco, in primo luogo, alla questione relativa ad un'ormai improrogabile e definitiva stabilizzazione dei lavoratori operai, ex LSU dell'ex Azienda di Stato per le foreste del demanio. Questo personale è da troppo tempo


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precario, ma da sempre è stabilmente impiegato senza alcuna garanzia sul futuro lavorativo ed è privo di tutti i fondamentali diritti. La situazione è tanto più inaccettabile se si pensa che la regolarizzazione non solo non costituirebbe un aggravio economico per lo Stato, ma anzi produrrebbe risparmi.
Un ultimo punto riguarda un'emergenza ambientale a cui lei stesso ha fatto riferimento nella sua relazione. Mi riferisco alla campagna antincendi boschivi per il 2006. Il Governo Berlusconi ha lasciato il Corpo forestale dello Stato con una situazione finanziaria a dir poco critica, tale che il Corpo, cito le parole utilizzate dal Corpo stesso, «si trova in una situazione di indisponibilità di risorse il cui ulteriore protrarsi potrebbe provocare il blocco delle attività operative». In questo senso, noi auspichiamo misure straordinarie ed urgenti, perché non credo sia possibile, come lei sostiene, attendere la finanziaria del 2007 vista la stagione estiva già iniziata.
Sarebbe opportuno, a nostro parere, che già nella manovra fiscale preannunciata dal Governo per il corrente mese fossero previste le risorse indispensabili affinché il Corpo forestale dello Stato sia posto nelle condizioni di adempiere a quei ruoli e a quei compiti che la legge gli ha affidato e che, a nostro parere, ha sempre svolto con grande professionalità ed abnegazione in una riconsolidata unitarietà, grazie alla legge n. 36 del 2004. La ringrazio signor ministro.

PRESIDENTE. Con l'onorevole Cesini sono terminati gli interventi dei presidenti di gruppo. Abbiamo un piccolo problema di tempi: alle ore 11 il ministro ci deve lasciare e ho ancora dieci iscritti a parlare. Tra l'altro, sarei voluto intervenire anch'io, risolvendo comunque il mio intervento in un minuto.
Annuncio una richiesta che poi rivolgerò anche all'ufficio di presidenza: domando la disponibilità del ministro a tornare domani; nel caso dovremmo rimandare le interrogazioni a risposta immediata. Le risoluzioni, invece, possono essere confermate, anche perché mi sembra che vi sia un sentire comune.
Ora passerei agli interventi degli iscritti a parlare, chiedendo brevità (circa tre minuti ad intervento), perché domani il ministro non potrà restare a lungo. Alle ore 11 sospenderemo l'audizione che riprenderà domani.

GIUSEPPE RUVOLO. Grazie, presidente. Signor ministro, ometto per brevità dell'intervento la parte politica che ha già illustrato il capogruppo, onorevole Delfino, tenuto conto che per un attimo - mi consenta questa battuta - mi sono trovato a non capire se ero ancora in maggioranza oppure all'opposizione. Di solito, quando si è in maggioranza è il caso di ascoltare l'opposizione. Peraltro, negli interventi dei colleghi Alemanno, Delfino e Misuraca, abbiamo manifestato un intendimento di collaborazione per perseguire un percorso che metta il comparto nelle migliori condizioni.
Per quanto riguarda la sua relazione, signor ministro, avrei iniziato con un percorso diverso: non direttamente sull'agroalimentare, ma dalla parte che ritengo più importante, ossia quella delle infrastrutture, con particolare riferimento a quelle relative ai sistemi irrigui e idrici, dove tanto è stato fatto dal precedente Governo anche se quel programma - in base ai dati fornitimi dall'ex Agensud - è stato realizzato solo al 25-30 per cento.
Siamo costantemente in crisi in questo comparto, con una serie di difficoltà croniche al sud relative alle infrastrutture dei sistemi idrici. A nessuno sfugge la carenza di acqua per uso irriguo, ma non vi è alcun accenno nella sua relazione in merito a questo dato drammatico.
Procedo per estrema sintesi, tentando di mettere a punto una serie di domande. Non vedo poi una politica per i giovani: nella sua relazione non è citata la parola «giovani», laddove l'imprenditoria giovanile, secondo noi, è il modello sul quale fare riferimento per un'agricoltura di avanguardia che parta dalle energie e dalle intelligenze dei giovani. Non ho avuto la possibilità di capire esattamente in quale


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modello di impresa ci si muova, su quale dimensione, per attuare una impresa agricola che parta proprio da lì. C'è una polverizzazione che non sfugge a nessuno, tutti l'abbiamo presente, ma nella sua relazione non viene data una risposta circa la dimensione di impresa e il modello che questo Governo vuole adottare per intraprendere una strada nuova e diversa.
Noto nella sua relazione una predisposizione a mettere in piedi gli strumenti necessari per dare corpo a una vera politica di commercializzazione, coniugandola alle vocazioni del territorio che ritengo siano una grande risorsa, come puntualizzato nella sua relazione, aspetto su cui sono perfettamente d'accordo. Tuttavia, dobbiamo capire con quali strumenti farle emergere.
Signor ministro, è stata costituita la società BuonItalia. Vorrei capire qual è la sua idea nei confronti di questa struttura che doveva, comunque, accompagnare le imprese attraverso una promopubblicità non solo nel tessuto del paese Italia, ma soprattutto con una politica di commercializzazione internazionale.
Non possiamo nasconderci che c'è una perenne crisi di mercato. Si vuole ancora conoscere da parte degli imprenditori agricoli qual è il punto di partenza, quali sono il prezzo di produzione e il prezzo di arrivo finale. Mi chiedo se non sia il caso davvero di attivare finalmente un meccanismo che metta assieme i due momenti della produzione e della distribuzione, ma non vediamo nulla di ciò in questa relazione.
Infine, la sicurezza alimentare. Tenterò di essere il più breve possibile citando qualche esempio. Ho presentato qualche mese fa - fine dicembre 2005 - un'interrogazione in cui mettevo in grande evidenza l'esistenza dell'entrata di prodotti soprattutto agrumicoli dall'Australia, dal Nord America, da paesi estranei al contesto europeo, che invadevano il mercato italiano senza un controllo effettivo sulla sicurezza alimentare. Guarda caso, dopo qualche giorno, è stata sequestrata una nave a Civitavecchia contenente tonnellate di agrumi che non avevano alcuna tutela né alcuna sicurezza alimentare. Non ritiene che occorra perseverare nell'utilizzo dell'istituto della repressione delle frodi, che dobbiamo incentivare?
Nella sua relazione ho sentito molto poco anche per quanto riguarda la pesca, che invece ritengo sia un argomento da approfondire.
Per quanto riguarda il condono previdenziale, è stata richiesta una proroga che non ho condiviso, e ne chiedo il motivo - mi piacerebbe sentirlo dalla sua viva voce - avendo il Governo precedente, la maggioranza e anche larghissima parte dell'opposizione di allora condiviso tutto il percorso, in maniera tale che dal 1o agosto questa normativa potesse essere messa in funzione. Ma così non è stato. Al riguardo c'è grande attesa da parte dell'imprenditoria agricola. Soprattutto vi è la necessità di sistemi certamente diversi da quelli dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, che va ancora avanti con procedure di recupero, mettendo in grande difficoltà le imprese agricole. Su questo argomento la prego di dare una risposta molto chiara.
Per quanto riguarda il credito agrario, siamo ancora al punto di partenza. Le banche fanno tutto quello che vogliono, aggrediscono le proprietà delle nostre imprese agricole e dei nostri contadini. Quotidianamente trovo dichiarazioni di un istituto di credito a livello nazionale che aggredisce aziende agricole senza dare una precisa indicazione. Vorremmo sentire meglio da parte del ministro cosa ha da dire su tutto questo.
Signor ministro, con grande spirito di collaborazione, le ribadiamo la nostra intenzione di condividere con lei un percorso per il bene dell'agricoltura italiana. Ancora una volta, buon lavoro.

GIUSEPPE FINI. Presidente, signor ministro, colleghi, sarò sicuramente breve, perché di maxisistemi e di tanti problemi hanno parlato tutti, dalla maggioranza all'opposizione. Vorrei portare alla sua attenzione una piccola pillola.
So che lei, per ufficio, vive e lavora vicino al territorio dal quale provengo: il


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delta del Po. Quando era ministro è venuto a trovarci e sa che ci sono problemi veramente gravi, quale l'inquinamento, che interessano le lagune e le acque interne. Si tratta di un miscuglio di competenze: sue, del Ministero delle infrastrutture e del Ministero dell'ambiente. Il nostro è un territorio giovanissimo, creatosi con il taglio del Po di Porto Viro: le lagune sono un bene dell'Europa intera, un vanto per la nostra nazione e una fonte di lavoro. Ricordo che vi lavorano oltre 2 mila famiglie. Il problema, comunque, si allarga a Venezia con Sottomarina di Chioggia e interessa anche Manfredonia; probabilmente anche in Sardegna c'è un problema di questo tipo.
Sono state presentate molte interrogazioni a tale riguardo, anche recentemente al ministro suo predecessore. Le fornirò memoria di quanto è stato fatto e le chiederei vivamente di istituire un tavolo per cui si arrivi a dirimere questi problemi di demanialità, di concessioni di pesca, di proprietà.
Per quanto riguarda il primo, quando l'acqua del mare entra nelle lagune almeno una volta all'anno, le stesse devono essere considerate demaniali. Tuttavia, vi sono delle proprietà accertate in giudicato. Nello stesso tempo ci sono 30 cooperative, 2 consorzi e oltre 2 mila addetti che soffrono moltissimo, soprattutto in questo momento di siccità e di inquinamento del Po.
Come preannunciato, termino qui. Ringrazio il signor ministro, a cui auguro buon lavoro.

CLAUDIO MADERLONI. Il decreto legislativo n. 228 del 2001, più noto come legge sull'orientamento in agricoltura, all'articolo 13 ha introdotto le fattispecie dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari di qualità.
In particolare, per distretti rurali debbono intendersi quei «sistemi produttivi locali caratterizzati da un'identità storica e territoriale omogenea derivante dall'integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali». La norma, infine, demanda alle regioni «il compito di provvedere alla individuazione dei distretti rurali».
Il tema ha suscitato molto interesse, in particolare da parte dei 130 GAL (gruppi di azione locale), tanto che di recente la Rete nazionale leader e l'INEA (Istituto nazionale di economia agraria), di intesa con il Ministero per le politiche agricole e forestali, hanno promosso uno specifico corso di formazione sul tema: «Promuovere lo sviluppo locale attraverso il marketing territoriale e i marchi d'area» (Montecarotto, provincia di Ancona, dal 20 al 22 giugno 2006), così partecipato da prevedere una replica dello stesso nel prossimo mese di settembre.
D'altro canto, il tema del distretto rurale (e la connessa sperimentazione sulla «distrettualizzazione» dei territori rurali) è all'attenzione di diverse regioni impegnate nella messa a punto dei quadri strategici regionali sullo sviluppo rurale, in vista delle scelte da compiere in relazione al nuovo periodo di programmazione 2007-2013.
Infatti, il distretto rurale può diventare la nuova dimensione operativa dei futuri modelli di «sviluppo locale integrato» che, basandosi sul protagonismo della nuova azienda agricola multifunzionale definita dalla nuova PAC (politica agraria comunitaria), in sinergia con il sistema delle autonomie locali e dell'associazionismo agricolo professionale e di prodotto, consenta la «messa a sistema» delle risorse locali e dei sistemi produttivi infrastrutturali e costituisca, in concreto, una strategia di rafforzamento della identità e della riconoscibilità dei territori stessi attraverso, principalmente, la valorizzazione delle produzioni agroalimentari dell'eccellenza locale.
In questa visione appare, dunque, importante che l'azione del Governo nazionale e del Parlamento non si limiti all'emanazione di normative come quella del decreto legislativo n. 228 del 2001, ma garantisca anche un'azione di monitoraggio e soprattutto di sostegno - attraverso una politica di concreti incentivi economici -


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alle esperienze di «distretti rurali» già avviate e che potenzialmente potrebbero avere avvio in diverse aree del paese che, per il loro carattere innovativo, sono in grado di migliorare la coesione della governance locale, la competitività dei territori e quella dell'intero «sistema paese».
Infatti, i governi regionali non sembrano aver attuato pienamente la norma nazionale ricordata visto che, a tutt'oggi, non tutte le regioni hanno adottato provvedimenti legislativi o di tipo amministrativo idonei non solo a «individuare» (come prescrive la legge), ma anche a sostenere e a incentivare la costituzione di distretti rurali di qualità e constatato inoltre che, com'era prevedibile, alcune regioni (Toscana) hanno sposato in pieno la filosofia del bottom up, mentre altre (ad esempio la regione Piemonte) sembrano aver ispirato la loro azione ai criteri burocratici-dirigistici della top down.
Con questo intervento, dunque, sollecito il ministro per sapere se il Governo intenda dare coerente corso e sostegno alla normativa più volte richiamata dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 228 del 2001, sia per realizzare un'azione di monitoraggio e di stimolo sull'attuazione della norma in questione da parte delle regioni sia - ancora di più - per sostenere in concreto la sua attuazione attraverso misure di incentivazione economica che vedano come beneficiarie proprio quelle esperienze già faticosamente avviate con un indubbio e benefico «effetto emulatore e moltiplicatore», in considerazione del fatto che il cosiddetto approccio «leader», con la nuova programmazione 2007-2013, potrebbe utilmente estendersi non solo ai territori montani e alto-collinari in cui risulta operativa l'iniziativa comunitaria «leader», ma anche in altri territori di pianura e costieri che sino ad oggi non hanno sperimentato i benefici di tale programmazione dal basso.

PRESIDENTE. Domani alle ore 13,30 continueremo l'audizione seguendo l'ordine degli interventi. Chiaramente se i lavori dell'Assemblea dovessero finire leggermente più tardi, cominceremo più tardi anche la nostra audizione.
Rammento che sono previsti ancora i seguenti interventi, nell'ordine: Servodio, Bellotti, Marinello, Cosenza, Sperandio, Bonfiglio e Brandolini. Cercherò di far rispettare tempi stretti, altrimenti rischiamo di non sentire la replica del ministro, che ringrazio.
Dichiaro conclusa l'odierna audizione.

La seduta termina alle 11.