COMMISSIONE XIV
POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 31 luglio 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCA BIMBI

La seduta comincia alle 14.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee, Emma Bonino, in relazione all'esame della «Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Strategia politica annuale per il 2008 (COM(2007)65 def.)».

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 126-bis del Regolamento, l'audizione del Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee, Emma Bonino, in relazione all'esame della «Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Strategia politica annuale per il 2008 (COM(2007)65 def.)».
Questo è un momento molto importante, nel quale si sta ridiscutendo il Trattato costituzionale e, ovviamente, la Strategia politica annuale - che non è semplicemente un'agenda, ma anche una prospettiva - ne risente. Su tale argomento, il Ministro Bonino avrà certamente delle notizie molto interessanti da comunicarci.
Rispetto alla Strategia politica annuale, questo è l'inizio della programmazione dell'attività della Commissione, che prosegue con il programma legislativo e termina, a consuntivo, con la presentazione delle Comunicazioni sulle realizzazioni politiche, in cui dà conto dell'attuazione data al proprio programma legislativo.
È dal 2000 che la Camera ha avviato l'esame del programma legislativo della Commissione europea, con un procedimento complesso che coinvolge tutte le Commissioni, secondo un modulo analogo a quello relativo alla legge comunitaria. Quest'anno, per la prima volta, abbiamo deciso di seguire l'intero svolgimento dell'attività programmatoria della Commissione europea: strategia politica ed esame del programma legislativo.
Dopo la relazione dell'onorevole Tondo e il dibattito in Commissione, quest'anno abbiamo svolto alcune audizioni particolarmente interessanti, focalizzando alcuni dei temi cruciali della strategia annuale. Abbiamo ascoltato i professori Alleva ed Ichino sul tema dell'occupazione, ossia sulle diverse opzioni sul tappeto europeo, ma anche dell'Italia in Europa; inoltre, abbiamo ascoltato il Vicepresidente della Commissione europea responsabile in materia di libertà, sicurezza e giustizia, Franco Frattini, ovviamente sui temi di sua competenza.
Oggi ascolteremo il Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee, che riferirà il punto di vista del Governo, con riferimento alle sue competenze specifiche.
Do la parola al Ministro Bonino.


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EMMA BONINO, Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee. Signor presidente, proprio perché questa Commissione, come lei ricordava, ha già incontrato il Vicepresidente Frattini e gli altri esperti sui temi della sicurezza interna e dell'immigrazione, ma anche sull'occupazione e la flexsecurity, mi dilungherò su altri temi che sono compresi nel programma politico e legislativo del 2008.
Innanzitutto, permettetemi di fare qualche breve premessa. In primo luogo, l'Unione europea ribadisce che le quattro parole d'ordine della produzione legislativa e politica del 2008 sono: prosperità, solidarietà, sicurezza e ruolo dell'Europa nel mondo. Questi sono i pilastri a partire dai quali la Commissione intende muoversi. Rimane inteso che il documento della Commissione anticipa la produzione legislativa, ma è chiaro che esso tiene conto dello svilupparsi di tutte e tre le Presidenze, quella tedesca, quella portoghese, appena iniziata, e quella slovena. Nel rapporto interistituzionale, è chiaro che la Presidenza ha una capacità di indirizzo e di «prioritarizzazione» nelle attività della Commissione.
La Presidenza tedesca, ad esempio, ha scelto di dare impulso a due particolari temi. Uno è un tema «dovuto», in termini istituzionali, dopo la pausa cosiddetta di riflessione: la Presidenza tedesca si è molto caratterizzata per l'impegno sulla questione del Trattato istituzionale - argomento sul quale tornerò per illustrare alla Commissione i prossimi passi da compiere, dal punto di vista del Governo italiano - e per una grande accelerazione sul tema dell'energia e dell'ambiente. Questo non limita i poteri di iniziativa della Commissione, ma stabilisce delle priorità di cui la Commissione non può non tenere conto. Ciò si riverbera poi nel rapporto delle istituzioni, ivi compreso il Parlamento europeo.
Se allunghiamo lo sguardo, notiamo che tutte e tre le Presidenze avevano stabilito, peraltro insieme con la Commissione, i punti cardine: il Trattato istituzionale, il tentativo di sblocco, di cui parlerò successivamente, il rilancio della strategia di Lisbona e - elemento importante su cui si sta focalizzando la Presidenza portoghese - i rapporti internazionali e il ruolo dell'Europa nel mondo.
Forse, non è il caso di tornare sulle conclusioni del vertice per quanto riguarda l'esito dei trattati. Credo che il Parlamento e il Governo abbiano espresso un certo tipo di insoddisfazione. È chiaro che non era quello per cui il Governo italiano si era battuto, ma l'esito ha avuto certamente il merito di sbloccare una situazione, aprendo formalmente la Conferenza intergovernativa, lo scorso lunedì.
L'insoddisfazione che abbiamo manifestato riguarda, intanto, l'esclusione di elementi non propriamente simbolici, ma politicamente significativi, a cominciare dall'inno alla bandiera, definiti da altri «elementi superflui». Il nostro Paese, come è noto, ha sostenuto una posizione diversa rispetto alla mediazione fatta dalla Presidenza tedesca. Altri elementi che hanno determinato la nostra insoddisfazione sono la rinuncia della dimensione costituzionale e l'indebolimento dell'efficacia per alcuni Stati membri. D'altra parte, va anche ricordato che ci saranno due trattati, uno sull'Unione europea e uno sul funzionamento dell'Unione, che avranno identico valore giuridico. Il termine «Comunità» verrà sostituito dal termine «Unione».
Tra gli elementi caratterizzanti di questo nuovo trattato, mi piace sottolineare soprattutto l'attribuzione di valore giuridico vincolante alla Carta dei diritti fondamentali, l'affermazione del principio della gerarchia delle fonti, la fissazione a nove della soglia minima di Stati per realizzare una cooperazione rafforzata (uno degli elementi su cui il Governo italiano, soprattutto il Ministro degli esteri e il Presidente del Consiglio, si è più speso) e l'estensione della procedura ordinaria di approvazione degli atti, che vuol dire sostanzialmente un ampliamento dei poteri del Parlamento europeo e un ricorso a maggioranza qualificata in molti settori ancora esclusi.
Inoltre, un elemento foriero di possibili sviluppi importanti è l'integrazione della


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politica estera di sicurezza comune, cioè della PESC, in un sistema tendenzialmente unitario. Da una parte, viene mantenuto l'Alto rappresentante, ma esso diventa anche Vicepresidente della Commissione, quindi in qualche modo il carattere puramente intergovernativo si affievolisce: in quanto Vicepresidente della Commissione, l'Alto rappresentante dovrà anche rispondere al Parlamento, compito che non spetta, invece, ad una carica puramente intergovernativa.
In ogni caso, il Governo, in particolare il Ministero degli esteri, ha intenzione di giocare un ruolo di primo piano nei prossimi mesi di Conferenza intergovernativa, per vigilare che non venga ulteriormente sminuito il carattere comunitario e, quindi, contestualmente rafforzato il carattere intergovernativo. È chiaro che le tensioni e i nervosismi - non solo polacchi, per la verità - sono piuttosto alti e fanno sì che questa Conferenza intergovernativa non sarà, perlomeno a nostro avviso, il puro adempimento di un «taglia e cuci» rispetto ai paletti posti dal vertice dei Capi di governo, ma richiederà una vigilanza importante, per evitare ulteriori strappi di vario tipo.
Ho già parlato delle priorità: prosperità, solidarietà, sicurezza e libertà. Il contesto vi è già stato illustrato, credo, sia dal Vicepresidente Frattini che dagli altri esperti. In particolare, ciò che la Presidenza portoghese intende valorizzare sono gli aspetti sociali e quelli della ricerca e conoscenza della strategia di Lisbona. Questo non significa che gli altri aspetti non siano importanti, ma, dovendo focalizzare l'attenzione su alcuni capisaldi, questi sono quelli sui quali la Presidenza portoghese intende insistere e spingere la Commissione a formulare delle proposte in questo senso.
Per quanto riguarda il Governo italiano, noi presenteremo il rapporto entro ottobre, come previsto, ma vorremmo aggiungere, insieme al Ministro Pollastrini, una vera e propria nota aggiuntiva al documento di Lisbona per quanto riguarda la questione femminile - ingresso nel lavoro, potenzialità lavorative, supporti sociali, e via dicendo - nel nostro Paese. Ciò al fine, anzitutto, di evitare interventi troppo spezzettati, ma anche per cercare di sottoporre alle Commissioni parlamentari un dato di dibattito e di riflessione su tali importanti questioni. Noi crediamo che sia importante proporre un documento unico e non interventi spezzettati. Ci siamo accorti, infatti, che attraverso gli interventi spezzettati rischiamo di non avere una visione bilanciata e serena della situazione. Ci auguriamo che anche la reazione delle Commissioni parlamentari ci aiuti a stabilire degli elementi normativi, se necessari, o comunque di tipo prioritario.
Sulla sicurezza, quindi su immigrazione e rapporti bilaterali, tengo a dire che il Governo italiano, in particolare tramite il Ministro Amato, sta facendo particolare pressione perché, quando si parla di immigrazione, il tutto non venga unicamente focalizzato sul problema dell'immigrazione illegale. L'immigrazione, nel nostro Paese in particolare, ma anche in altri, è ovviamente caratterizzata dall'aspetto dell'illegalità, ma comporta anche alcune problematiche che riguardano gli immigrati legali in Italia, sia in termini di integrazione sia in termini di produzione vera e propria di ricchezza. Tale ricchezza può essere quantificata non solo in termini generali di prodotto interno lordo; se, infatti, si considera il numero delle piccole imprese - in particolare al nord, ma adesso si stanno sviluppando anche al sud - che sono dirette o sono di proprietà di immigrati legali, questo comincia a essere piuttosto consistente.
Riguardo a ciò, non solamente dal punto di vista dell'immigrazione, un interesse particolare vorremmo porlo, nell'Agenda di Lisbona, alla valorizzazione delle piccole e medie imprese nel nostro Paese. Con alcuni Paesi membri e, per il momento, con una certa resistenza della Commissione, stiamo avviando un'iniziativa per modificare il regolamento esistente, che esclude le piccole e medie imprese dagli appalti pubblici comunitari. Noi riteniamo che questa esclusione non abbia molto senso, dunque debba essere


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superata. Abbiamo forti resistenze, devo dire, soprattutto da parte di Paesi che non hanno piccole e medie imprese e che, obiettivamente, difendono una loro struttura produttiva.
Dal punto di vista giuridico, è chiaro che abbiamo ragione; il problema rimane dal punto di vista politico. Peraltro, questo tema deve essere affrontato in ambito WTO (World Trade Organization), e non solo in ambito europeo. Nel perseguire questa iniziativa, comunque, abbiamo un'alleanza abbastanza forte con gli spagnoli, i francesi e i nuovi Paesi membri, ma si tratta di vincere una resistenza che in questo momento viene soprattutto dalla Commissione. Vedremo se, durante la Presidenza portoghese, che si è dimostrata più sensibile a questo tipo di problematiche, riusciremo ad averne una traduzione in termini normativi.
Infine, cito due questioni che marcheranno molto tutto l'aspetto normativo europeo e quindi, eventualmente, quello italiano: l'energia e l'ambiente e le relazioni internazionali.
Sulla prima questione, si tratta di capire come arrivare ai target stabiliti dal vertice e che cosa questo implica, ad esempio, per il nostro Paese. Da tale punto di vista, il CIACE - con la consultazione di tutti i ministeri, da quello dall'ambiente a quello delle attività produttive, e delle parti sociali - ha predisposto, ed è quasi in chiusura, un position paper da parte del Governo italiano. Si dovrebbe convocare un CIACE per l'approvazione finale agli inizi di settembre, per poi trasferirlo a Bruxelles, in modo da poter influire, se possibile, anche nella fase ascendente, cioè senza aspettare che la Commissione produca delle direttive o dei dati normativi senza un preventivo dialogo. In realtà, avremmo voluto pensare anche a un passaggio CIACE prima della chiusura, sebbene non avrebbe cambiato particolarmente le cose, considerata la chiusura dei lavori anche a Bruxelles. Tuttavia, una consultazione con le parti sociali è in corso e il documento necessita ancora di qualche passaggio.
Infine, sulle relazioni internazionali, oltre alle questioni note, vorrei informarvi che la Presidenza portoghese sta molto puntando sul vertice Unione europea-Africa, che non si riunisce dal 2000. Come sapete, c'è da affrontare la questione dello Zimbabwe, tra le altre, quindi sarà un vertice piuttosto problematico; tuttavia, è confermato che si terrà, dopo sette anni, il primo vertice Unione europea-Africa.
La Presidenza portoghese ha stabilito già cinque incontri ministeriali a livello di Euromed sui temi della sicurezza, migrazione, energia, commercio e Ecofin (questo dimostra che esiste certamente una valorizzazione e un impegno maggiore sul Mediterraneo), e si terrà anche un incontro ministeriale con i Paesi dell'Asia centrale. Questi gli impegni assunti, al di là dei vertici «normali», quelli che considero scontati, con Russia, Stati Uniti, e così via, che sono peraltro semestrali.
Tra le novità della Presidenza portoghese, ho segnalato i cinque incontri ministeriali sui temi richiamati a livello di Euromed, il vertice Unione europea-Africa e un'apertura alla possibilità di organizzare un incontro ministeriale con i Paesi dell'Asia centrale. È chiaro che la Presidenza slovena avrà una vocazione, oltre che una necessità vera, sulla questione della soluzione del problema Kosovo e, in generale, dei Balcani, che si presenta abbastanza spinoso.
Tralascio l'argomento della delegificazione, già previsto nell'Agenda di Lisbona, sul quale si sta andando avanti.
Permettetemi una considerazione sulle risorse umane italiane all'interno della Commissione. Come ricorderete, nella decisione di gennaio scorso, il Governo ebbe modo di rendere pubblica la propria insoddisfazione circa la scelta di funzionari destinati a ricoprire posti di responsabilità, che ci pareva fosse poco rispettosa delle qualifiche professionali in generale e della presenza di personale italiano molto qualificato.
È chiaro che la Commissione, in termini di equilibrio, deve «far posto» a funzionari dei nuovi Stati membri - questo possiamo comprenderlo tutti -, ma il


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problema è che posti apicali furono scelti, a nostro avviso, non tenendo conto della presenza di qualifiche professionali italiane assolutamente adeguate, con una prevalenza di nomine franco-tedesche.
Ci sono state diverse iniziative e, in parte, abbiamo recuperato. Abbiamo avuto la nomina recente di due direttrici generali aggiunte, una per l'agricoltura e una per la tutela dei consumatori, e la nomina di una direttrice, la signora Pavan, a Strasburgo. Non siamo ancora soddisfatti, ma mi premeva segnalare un'inversione di tendenza che stiamo cercando di spingere, pur con qualche difficoltà.
Per quanto riguarda le procedure di infrazione, da 273 siamo scesi a 210, con qualche sforzo. Credo che a settembre riusciremo a scendere sotto 200. Uno dei modi per ridurre il numero di infrazioni è non permettere che si aprano nuove procedure, per quanto possa apparire lapalissiano.
Al Consiglio dei ministri di venerdì scorso, con un grande lavoro di tutti i ministeri, abbiamo portato ventitre decreti legislativi riguardanti deleghe che scadevano il 23 agosto. Non lasceremo scadere nessuna delega: questo è anche un modo per evitare di aprire nuove infrazioni, mentre stiamo tentando di chiudere quelle già aperte.
Mi spiace dover dire che, probabilmente, non riusciremo, al Senato, a concludere l'esame della legge comunitaria entro questa settimana. Nella nuova legge comunitaria, come vedrete, c'è un diverso adeguamento dei termini di delega e di recepimento delle direttive, in linea e in rafforzamento di quanto avevate già votato lo scorso anno, come il Parlamento mi aveva chiesto. Questo dovrebbe aiutarci a ridurre in modo strutturale l'apertura delle infrazioni.
Su altre questioni potrò rispondere in modo più esaustivo in sede di replica.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro non solo per le informazioni, ma anche per gli elementi di conoscenza aggiuntivi rispetto alla strategia 2008 e per l'impegno con cui sta seguendo molti dei temi di cui ha parlato. Mi riferisco al ruolo dell'Europa nel mondo e alla proposta di una nota aggiuntiva sull'occupazione femminile, che rappresenta uno dei «fuochi» della strategia di Lisbona. Su questo tema, che è legato anche a ricerca, conoscenza e competitività, vi è grandissima disponibilità alla collaborazione.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

RENZO TONDO. Anch'io ringrazio il Ministro per il quadro che ci ha illustrato e per lo sforzo che sta portando avanti. Peraltro, come opposizione, riponiamo molte speranze nel fatto che riesca ad indirizzare le scelte politiche che il Parlamento e, in particolare, il Governo dovranno compiere nei prossimi mesi, in una linea direttrice che non sia quella che purtroppo abbiamo conosciuto. Al riguardo, mi pare di aver colto, nell'atteggiamento del Ministro Bonino, un certo disagio, manifestato anche pubblicamente.
Ho voluto rappresentare, nella relazione alla Commissione, un apprezzamento sostanziale, da parte della mia forza politica, rispetto al documento che ci è stato presentato. È evidente che noi ci aspettiamo che quel documento diventi un elemento di coesione e, soprattutto, venga trasformato in fatti concreti. Ci troviamo molto spesso a rappresentare, nei confronti dei nostri cittadini, non dico belle intenzioni, ma strategie che poi non riusciamo a trasferire sul piano della operatività concreta, o comunque, anche se ci riusciamo, non siamo in grado di trasmetterne il risultato ai nostri cittadini. Questo, a mio avviso, è uno degli elementi di maggiore difficoltà.
Non posso esimermi dal rivolgere due critiche non alla strategia dell'Unione europea, ma alla posizione del nostro Governo al riguardo: da un lato, c'è una mancanza di coerenza nelle politiche del Governo italiano rispetto alle strategie europee (credo che questa discrasia sia evidente a chiunque guardi con attenzione a ciò che accade), dall'altro, c'è un'assenza di forza propositiva da parte del nostro


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Governo. Penso alla politica estera: come abbiamo avuto modo di rappresentare al Vicepresidente Frattini la settimana scorsa, la posizione del Ministro degli esteri, ad esempio, rispetto ad Hamas non credo sia condivisa dal resto dell'Europa e neanche da molte delle forze politiche del Parlamento, in particolare dell'opposizione.
Vi è, dunque, un'assenza di coerenza e di forza propositiva da parte nostra, in particolare su alcuni temi, come quello del welfare e del lavoro, sui quali lei ha già cercato in qualche modo di incidere. Noi abbiamo svolto importanti audizioni in Commissione - e ringrazio il presidente per le opportunità che ci sono state date -, ma non cogliamo con chiarezza la posizione del Governo su alcuni temi. Ad esempio, riguardo alle leggi in materia di lavoro (parlo della legge Biagi), che hanno rappresentato elementi di grande novità rispetto al passato, non comprendiamo se il Governo ritenga di portare avanti queste politiche anche come elemento di sviluppo della strategia di Lisbona.
Mi limito a rilevare come l'attuale Ministro dell'economia e delle finanze, Tommaso Padoa-Schioppa, fino all'altro giorno banchiere europeo, oggi accusi l'Europa di fare il suo mestiere - che poi è quello che faceva lui fino all'altro giorno -, cioè di essere troppo fiscale, troppo attenta ai conti ragionieristici. Insomma, le stesse accuse che il Ministro riceveva fino a pochi mesi fa oggi le ribalta verso altri.
Sui temi del lavoro, del welfare, della politica estera e dell'energia, tanto per citarne alcuni, mi sarei aspettato - anche dopo l'audizione del Commissario europeo, nei mesi scorsi - che da parte del Governo italiano vi fossero delle proposte costruttive. Registro che, a parole, noi siamo ovviamente molto aperti a incamminarci verso la strategia comune dell'Europa, ma di fatto le scelte politiche compiute quotidianamente dal Governo si muovono in direzione opposta.
Ribadisco, a conclusione di questo intervento, un apprezzamento da parte nostra rispetto alle strategie, ma, se queste vanno misurate con un impegno del Governo - che non è un impegno suo personale, signor Ministro, ma della coalizione, soggetta a diversi condizionamenti -, è evidente che il nostro giudizio rimane assolutamente negativo.

GIANLUCA PINI. Signor presidente, non ripeterò le considerazioni del collega Tondo, che sottoscrivo quasi totalmente; dico «quasi» perché sulla strategia non sono totalmente allineato con il suo pensiero. Comunque, devo ammettere che obiettivamente qualche sforzo in senso positivo è stato fatto.
Rimango, invece, molto perplesso - dopo aver ascoltato il ministro e, prima, il Vicepresidente Frattini - sulle politiche legate alla sicurezza e all'immigrazione, che noi in questa fase consideriamo assolutamente inscindibili.
Vediamo che sono in atto nuove politiche legate all'inserimento dei nuovi migranti all'interno degli Stati membri dell'Unione europea, ma poco o niente si fa in maniera unitaria per il contrasto all'immigrazione clandestina. Questa è un'assurdità, come è un'assurdità anche un'eccessiva attenzione alle politiche di integrazione. Assistiamo al paradosso che la Commissione europea sta compiendo sforzi enormi per le politiche di coesione sociale fra gli Stati membri, ma sta completamente dimenticando un problema che sta nascendo all'interno degli stessi Stati membri: la stratificazione sociale, che non riguarda soltanto gli immigrati ma anche i cittadini autoctoni, per una differenza enorme tra i redditi, sta creando nuove classi povere.
È paradossale che esportiamo il benessere, ma non ci curiamo di salvaguardarne il livello all'interno del nostro Paese.

ARNOLD CASSOLA. Ringrazio il Ministro per la sua esposizione molto chiara ed efficace. Intervengo per chiedere un chiarimento per quanto riguarda la CIG (Conferenza intergovernativa).
Lei ha parlato del valore giuridico della Carta dei diritti fondamentali. Mi sembra che, oltre alla Gran Bretagna, anche l'Irlanda e la Polonia si siano riservate di non


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applicare la Carta dei diritti fondamentali. Vorrei sapere, dunque, in che direzione ci si sta muovendo con riferimento a questi due Paesi.
Per quanto riguarda la cooperazione rafforzata, come si è detto, il numero minimo di Paesi è nove. Vorrei sapere se, in realtà, si tratta del 33 per cento, per cui dopo l'ampliamento dell'Unione europea il numero passerà a dieci.

ANGELO PICANO. Signor presidente, vorrei ricordare che, quando si è trattato di ratificare il Trattato costituzionale, alcuni Paesi lo hanno fatto attraverso i Parlamenti, altri hanno fatto ricorso ad un referendum popolare. A mio parere, sarebbe opportuno, la prossima volta, scegliere una strada uniforme per misurare il consenso.
In secondo luogo, in molti ci siamo chiesti come mai i popoli abbiano rigettato la Costituzione. Probabilmente, l'Europa fino ad oggi è riuscita a dare l'impressione di essere un continente che vuole liberalizzare, piuttosto che un continente che vuole consolidare lo Stato sociale. Pertanto, sarebbe opportuno che, nelle politiche che si portano avanti, si desse maggiore rilievo a questo aspetto di garanzia dello Stato sociale, anziché dare l'idea che un individuo si trova di fronte ad una spinta liberalizzatrice a cui non riesce a dare risposta.
Per quanto riguarda l'energia, siccome l'Europa è uno dei continenti più frastagliati ed è circondata interamente dal mare, probabilmente, una rete eolica a distanza di cento chilometri dalla riva, in grado di creare una sorta di integrazione tra tutti i Paesi europei, potrebbe dare un apporto eccezionale alla produzione di energia pulita ed indurre tutti i Paesi a muoversi in maniera uniforme, educando anche le popolazioni a questo tipo di attività.
Sottolineo che ormai, negli scambi internazionali tra Medio Oriente e, soprattutto, Estremo Oriente ed Europa, i canali privilegiati saranno quelli che, dal punto di vista delle infrastrutture, offriranno un supporto più moderno e più funzionale.
Credo che la politica relativa al Mezzogiorno si debba saldare direttamente ad una politica europea che, da una parte, modernizzi il Paese, ma, dall'altra, faccia sì che esso diventi uno dei canali più efficaci per il trasporto di merci e persone nel continente.

ANTONELLO FALOMI. Ringrazio il Ministro per la sua esposizione sugli indirizzi sulla base dei quali il Governo sta approntando le sue iniziative attorno al tema della Strategia politica annuale per il 2008.
Dati i tempi ristretti, mi limito ad alcune rapidissime osservazioni, che riguardano innanzitutto un certo divario, una certa discrasia tra le ambizioni del programma indicato nella cosiddetta Strategia politica annuale per il 2008 e gli strumenti per poterla realizzare.
In particolare, due temi mi sembrano rilevanti. Il primo è il tema dell'assetto istituzionale. La vicenda relativa al Trattato costituzionale, con la sua conclusione deludente, mantiene aperta la questione dell'efficacia dell'assetto istituzionale, cioè della sua capacità di produrre effettivamente decisioni. Normalmente, la mia valutazione parte da un giudizio critico sul metodo intergovernativo come metodo dominante per la formazione di questi atti fondamentali che riguardano il futuro dell'Europa. Tuttavia, non voglio entrare nel merito, avremo altre occasioni per farlo; è già in programma un'audizione, assieme ai colleghi del Senato, proprio sulla vicenda del Trattato costituzionale.
Il secondo tema riguarda le risorse finanziarie disponibili. Su questo punto, tra le questioni che debbono essere viste nell'ambito della Strategia annuale del 2008, vi è quella del riesame strategico dell'Unione monetaria europea: credo che uno dei nodi da mettere sotto la lente di ingrandimento sia proprio questo. Ho l'impressione, infatti, che, in seguito alle tensioni determinatesi all'interno della zona dell'euro attorno al patto di stabilità e al rispetto dei vincoli che esso impone, con la Germania, con la Francia e con la stessa Italia, qualche riflessione, qualche ripensamento


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in merito al funzionamento della zona euro e alla politica monetaria oggi si imponga. Così come credo si imponga sul tema delle risorse finanziarie. Anche in questo caso, le decisioni che sono state adottate in merito alle risorse finanziarie a disposizione dell'Unione europea sono molto deludenti, rappresentano sostanzialmente lo status quo; anzi, il sistema della definizione e dell'attribuzione delle risorse è diventato ancora più macchinoso e barocco.
Questi elementi, dunque, andrebbero riconsiderati nel momento in cui si affronta il tema della strategia delle politiche annuali per il 2008, come elementi generali, ovviamente, al di là delle singole scelte.
Credo, inoltre, che esista una questione di metodo. Infatti, sebbene il Parlamento si esprima e si sia espresso con votazioni su risoluzioni, ordini del giorno, e quant'altro, la mia impressione è che il Governo italiano - il CIACE non so poi quanto funzioni come organismo - tenga pochissimo conto di questo. Cito il caso del dibattito che si è sviluppato sulla questione del Trattato costituzionale. Vi era una risoluzione del Parlamento, tuttavia, la mia impressione è che, a Bruxelles, non solo tutto è andato in una direzione diversa da quella da noi auspicata, ma non ci si è nemmeno sforzati di recepire le indicazioni provenienti dal Parlamento.
Mi premeva sottolineare, dunque, una questione di carattere generale, che attiene al ruolo e alle funzioni degli organi parlamentari italiani nel processo di formazione delle decisioni. La mia impressione, infatti, è che spesso le nostre decisioni non hanno una capacità effettiva di incidere ma restano puramente platoniche.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Sarò brevissima. Ringraziando molto il Ministro per la sua esposizione davvero molto chiara, vorrei svolgere tre considerazioni.
La prima è che condivido fino in fondo le preoccupazioni espresse sull'Europa politica, perché ritengo che senza un'Europa politica sia molto difficile riuscire a dare concretezza, poi, alle scelte e agli indirizzi. Una dimensione puramente intergovernativa, come è noto, in un'Europa a ventisette a maggior ragione, rischierà di portare non solo a un'Europa a due velocità ma, io credo, a un risultato molto diverso da quello auspicato.
Fra le ricadute concrete della prima questione, vi è quella che riguarda lo spazio europeo della ricerca, di cui molto discutiamo, che lei ha indicato come una delle priorità anche della Presidenza portoghese. Io sono molto d'accordo su questo. È indubbio, però, che il Libro verde abbia un limite molto grande nella dimensione puramente nazionale dello spazio della ricerca. Infatti, fino a quando non vi sarà una certa uniformità, non solo dal punto di vista delle risorse, ma anche sotto il profilo dell'armonizzazione delle procedure, sarà molto difficile, da una parte, riuscire ad avere uno spazio comune dei ricercatori (oltre che, naturalmente, della ricerca) e, dall'altra, individuare delle strade per le imprese, affinché la ricerca applicata possa effettivamente diventare un motore di competitività per l'intera Europa.
La seconda considerazione riguarda la comunicazione. Ho visto che vengono indicati alcuni elementi relativi alla comunicazione elettronica e quant'altro. Io saluto con grande favore l'intimazione di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia con riferimento alla legislazione in materia, perché questo dovrebbe accelerare la definizione di sistema di cui abbiamo bisogno. Tuttavia, penso che vi sia un problema di rapporto fra la legislazione italiana e l'impianto europeo, ma, più in generale, un problema che riguarda il rapporto tra l'Europa e gli altri grandi colossi del mondo. Questo è uno dei temi più complessi, anche perché il punto relativo alla barriera protezionista sulle tecnologie europee rischia di diventare un ostacolo insormontabile per lo sviluppo.
Vengo alla terza e ultima osservazione. Accolgo con grandissimo favore - e la ringrazio molto per questo - l'idea di scrivere un rapporto a parte sulla strategia di Lisbona, non solo e non tanto per un


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problema riguardante le donne (che poi è un problema reale), ma per una questione che concerne la strategia di Lisbona rispetto a un Paese in cui gli elementi sperequativi fra le diverse aree geografiche rendono estremamente difficile dare una definizione reale dei risultati. Questo è il punto. Infatti, parlare di occupazione femminile in generale, senza verificare l'elemento peculiare relativo alla qualità e quantità dell'occupazione femminile al sud rispetto al nord del Paese, ovviamente determina nuovi assi di intervento.

GABRIELE FRIGATO. Signor presidente, interverrò molto brevemente, perché già chi mi ha preceduto ha toccato aspetti interessanti. Mi limito ad una sola osservazione.
A me pare che, anche quando si parla del ruolo dell'Europa nel mondo, alla fine si ritorni sempre al Trattato; probabilmente, potrei dire che questo accade su ogni obiettivo che ci poniamo, perché alla fine il Trattato può rappresentare il motore e il freno al tempo stesso. Purtroppo, mi sembra che in questa fase siamo costretti a parlare più di freno che di motore, anche se la mia e, credo, la nostra volontà è ben diversa.
In tale quadro, ogni tanto emerge l'idea - mi pare che anche il Presidente Prodi ne abbia parlato più volte - che sia necessario mettere insieme i «coraggiosi» attorno a un obiettivo più ambizioso (uso una parola abbastanza di moda, ultimamente, nella politica italiana). In altre parole, sul tema dell'Europa, se ci accontentiamo della mediazione, ci accorgiamo che si tratta di una mediazione generalmente al ribasso, più che al rialzo.
Le domando, dunque, se, al di là di ciò che si dichiara sui giornali, non ci sia davvero la necessità di verificare se qualche Paese - non necessariamente «coraggioso» - voglia porsi al traino in imprese più ambiziose. L'Italia, ad esempio, si inserisce in tale quadro oppure no?

MAURO PILI. Signor presidente, sarò rapidissimo, per consentire anche al Ministro di replicare. Intervengo perché credo che sia corretto riproporre all'attenzione della Commissione, e del Ministro, un aspetto che in questa sede, ripetutamente, poniamo al centro delle nostre riflessioni.
Stiamo oggi esaminando la Strategia politica annuale per il 2008 dell'Unione europea, quindi un atto compiuto, sostanzialmente chiuso e, direi, difficilmente modificabile rispetto a quello che si andrà a definire da qui a qualche mese. Se non erro, infatti, il 2008 inizia con il mese di gennaio e non credo che, alla ripresa dei lavori, si potrà approvare alcun tipo di indicazione da parte del Governo o dello stesso Parlamento. Pertanto, mi pongo il problema se la fase ascendente italiana, all'interno della Strategia politica annuale del 2008, esista effettivamente, se sia stata messa in campo e, se così fosse, su quali temi.
Il Ministro Bonino, ogni volta che parla di dati sulle infrazioni, mi angoscia; quando sento dire che le infrazione sono passate da 273 a 210, non sono felice, per un semplice motivo, ossia perché, relativamente a tali infrazioni, la soluzione per il Ministro è il decreto, che viene sottoposto puntualmente al Parlamento. Noi abbiamo accumulato tante procedure di infrazione perché non siamo riusciti, nella fase ascendente, a costruire un certo percorso; potrei citare l'energia, la continuità territoriale, le quote latte e decine di altri casi in cui l'Italia è diventata succube, anziché protagonista, delle azioni della fase ascendente, quindi della stessa strategia politica. Il nostro Paese si è esposto alle procedure di infrazione affinché le sue diversità, la sua articolazione della concezione dell'Europa aperta, capace di integrare e non di limitare, venissero valutate positivamente. Dico questo perché il collega Gozi ed io, nella discussione sull'ultima legge comunitaria, abbiamo avanzato un'ipotesi, da posizioni diverse. Abbiamo suggerito, finché si è in tempo, di proporre, come Parlamento nazionale e come Camera dei deputati in particolare, una sessione ascendente che ci consenta di valutare con più attenzione le infrazioni, quella ambientale innanzitutto. Infatti, se


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andiamo a vedere il numero di infrazioni sul tema ambientale - ce ne sono una enormità -, probabilmente potremo capire perché l'Europa vuole decidere in casa nostra elementi che non riguardano la coesione ambientale, o particolari che esulano dalla concezione dell'insieme europeo e che trasformano le direttive in regolamenti che entrano ancora di più nel dettaglio, imponendo regole che non si addicono...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Pili, le chiederei di sintetizzare.

MAURO PILI. Credo, dunque, che sia assolutamente indispensabile proporre questo tipo di passaggio. Aggiungo che non vi è un richiamo da parte del nostro Paese ad un passaggio, secondo me epocale, come quello dell'apertura dell'area di libero scambio del Mediterraneo. A questo riguardo, fino ad oggi, nessun elemento, nessun richiamo è stato proposto dal Governo, tanto meno nel DPEF. Credo che questo sia uno degli aspetti più importanti da sottoporre all'attenzione di questa Commissione e del Parlamento.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Bonino per la replica.

EMMA BONINO, Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee. Partendo da quest'ultimo intervento e andando poi a ritroso, vorrei dire all'onorevole Pili che sono più che d'accordo sulla sessione comunitaria. Spero, anzi, che il Parlamento decida, poiché troverà un pieno sostegno da parte del Governo. È chiaro che sono decisioni di strutturazione del lavoro che la Camera e il Senato devono assumere autonomamente, ma vi sarà certamente l'accordo non solo del Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee, ma dell'intero Governo.
Penso, inoltre, che questo sia uno strumento che porterebbe ad una discussione molto interessante; io, ad esempio, non ho affatto la percezione che la stragrande maggioranza delle infrazioni derivi da una mancata presenza in fase ascendente, in particolare quella ambientale e la stessa, in particolare, nell'applicazione regionale; ma questo è un discorso di analisi politica che riguarda il motivo per cui noi abbiamo questo tipo di infrazione, che poco ha a che fare con la presenza o meno in fase ascendente, un problema invece molto importante.
Occorre anche chiarire a che livello si debba essere presenti in fase ascendente. Ad esempio, abbiamo oggi definito le priorità dell'Unione europea. È chiaro che le hanno decise i Capi di Stato, i Capi di governo, e così via. Quello che ancora non è stato deciso dalla stessa Commissione europea, e su cui stiamo cercando di intervenire - ad esempio col position paper sull'energia, quindi in fase ascendente -, sono le norme. È proprio in questo frangente, fra la decisione politica e il momento in cui la Commissione produce la norma o la direttiva, che - credo - il Governo italiano, come tutti gli altri, dovrebbe intervenire.
Per questo motivo, il 5 settembre verrà definita una posizione del Governo italiano su energia e ambiente, che porteremo a Bruxelles, così come l'abbiamo definita su alcuni temi relativi all'Agenda di Lisbona e su altre materie ancora più delicate. Proprio per questo, spero che, quando verrà esaminata la legge comunitaria, anche questa Camera, riconoscendo la forza di questa posizione o di questa necessità di tipo ascendentale, voglia rafforzare, in termini normativi e di risorse umane, il CIACE stesso.
Pertanto, quando parliamo di fase ascendente, cerchiamo di capire a quale momento ci riferiamo: al momento in cui c'è la norma o alla fase del dibattito politico? Ora siamo in una fase di dibattito politico su energia e ambiente; portiamo il position paper di cui ho parlato, che credo sarà molto utile, anche se le Commissioni ne discuteranno in settembre. È chiaro che, poi, la Commissione produrrà una o più direttive e dovremo seguire tutto.
Insisto nel dire che, se tenessimo una sessione comunitaria, risolveremmo molti


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problemi, affrontandoli in modo coordinato e non a spizzichi e bocconi; quindi, mi auguro che questa proposta vada avanti.
Torno indietro alla questione dell'Europa a due velocità. La mia paura è che un'Europa di questo genere già esista e che si realizzi con Paesi come Francia, Germania e Inghilterra. Questa è la verità. Pertanto, il problema è decidere se ci vogliamo inserire in questo contesto, oppure se preferiamo realizzare l'altra velocità con la Polonia, Malta o qualcun altro Paese. Non credo sia preferibile questa seconda ipotesi, quindi ho l'impressione che vi siano due problemi di fondo: uno teorico, che riguarda l'Europa a due velocità, e uno squisitamente pratico, che si sta consolidando e che riguarda l'Europa del triumvirato, su cui, credo, dovremmo assumere qualche iniziativa molto particolare.
Venendo al Trattato, esso è stato senz'altro deludente, ma il Governo italiano aveva due possibilità: interrompere l'intero processo ponendo il veto, oppure accettare questa fase. La scelta - più o meno criticabile - è stata di questo secondo tipo, anche perché al Governo erano chiarissime le conseguenze. Le due anime, quella comunitaria e quella governativa, sono sempre esistite a livello europeo, ma più o meno trovavano un equilibrio. Oggi, al contrario, è indubbio che la deriva intergovernativa si fa ogni giorno più pressante. Questa è la fase in cui politicamente ci troviamo.
Per quanto riguarda l'energia, mi auguro che il documento del Governo riceva un'attenzione importante in termini di dibattito da parte delle Commissioni. Sarà importante capire se, alla fine della Conferenza intergovernativa, l'energia diventerà una politica comunitaria o meno, perché, se dovesse rimanere una politica di coordinamento intergovernativo, dubito che riusciremmo ad ottenere risultati sia nell'approvvigionamento, sia nei progetti come quelli cui lei accennava. Questo, infatti, ci porta direttamente alla questione delle risorse disponibili.
La deriva intergovernativa oggi è tale che non si aumentano le risorse disponibili, non solo per i motivi che tutti conosciamo, ma perché c'è una pressione molto forte volta a non rafforzare l'Europa. E uno degli strumenti per evitare tale rafforzamento è il fatto che le prospettive finanziarie e le risorse disponibili per ventisette Paesi siano le stesse che esistevano quando i Paesi erano quindici. Noi possiamo sperare che aumentino se avremo un dato di crescita economica.

ANGELO PICANO. Essendo quello dell'energia un problema di politica internazionale, come è possibile che l'Unione dica agli Stati di arrangiarsi? Io credo che necessariamente vi debba essere una politica integrata.

EMMA BONINO, Ministro del commercio internazionale e per le politiche europee. Mi scusi, però, una cosa è se la Commissione ha poteri di iniziativa su problemi sui quali poi si vota a maggioranza qualificata, altra cosa è se essa dispone di un puro potere di coordinamento.
La Commissione europea, in effetti, riunisce i ministri dei ventisette Stati membri, ma una cosa è se ha un potere di iniziativa, per cui si litiga ma poi si vota a maggioranza qualificata e ciò è vincolante per tutti; altra cosa è se ci si limita a una politica intergovernativa, per cui si incontrano comunque i ventisette ministri, ma la Commissione ha un potere di coordinamento. Come accade per Lisbona, dove ci si coordina, ma alla fine, se non si raggiungono i risultati, non succede nulla.
Sull'immigrazione, è chiaro che abbiamo posizioni diverse. Si ripropone la questione già emersa in relazione all'energia. La Commissione europea, per volontà degli Stati membri, e in quanto tale l'Europa, non ha alcun potere sulle frontiere esterne; ogni Stato vuole fare da sé. In termini di immigrazione, la competenza della Commissione è sull'integrazione interna al territorio dei ventisette Stati membri, ma non c'è nessuna competenza europea sui confini esterni di ciascun Paese. Io, come federalista, penso che sia


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un errore; però, ad oggi, molti Stati membri (l'Italia meno) hanno chiaramente significato che le «frontiere» non sono frontiere dell'Unione, ma frontiere del singolo Paese e ognuno governa la sua. Questo pone un Paese come il nostro in una situazione piuttosto complicata.
Infine, condivido il fatto che il Mediterraneo debba trovare, anche nella nostra politica, uno spazio diverso, per poter realizzare la zona del libero scambio nel 2010; apriremo, comunque, un altro dibattito su come arrivarci e con chi arrivarci. Condivido, però, l'osservazione che dopo Barcellona non ci sia ancora sul tavolo l'articolato; guardiamo tutti con interesse i titoli relativi al Presidente Sarkozy, ma ci manca il sottotitolo, nel senso che manca l'articolato, ma questo manca anche a noi, quindi non è un modo per scaricare il barile. Ed è vero che quello del Mediterraneo è un grosso problema, almeno per quanto ci riguarda.
Ho risposto su tre o quattro punti; però mi auguro che questa Commissione, per esempio su temi quali energia, ambiente, competitività e crescita, assuma l'iniziativa di audire anche i ministri competenti, magari insieme alle Commissioni ambiente e attività produttive, perché questo sarà veramente il dossier dei prossimi anni e implicherà scelte anche piuttosto pesanti, non solo per il nostro Paese.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro, ricordo ai colleghi che domani, in sede di ufficio di presidenza, alcuni dei temi di cui abbiamo parlato oggi dovranno essere affrontati nuovamente in vista della ripresa dei lavori.
Come ricorderete, all'inizio della legislatura avevamo parlato della proposta di un comitato sulle risorse proprie. Un altro tema che è stato sollevato in diverse occasioni (oggi dal collega Pili, ma anche il collega Gozi ha scritto un pezzo sull'Europa) riguarda la ridefinizione del profilo della Commissione, avendo come obiettivo, per esempio, il tema di una sessione comunitaria. Vorrei che domani, in sede di ufficio di presidenza, definissimo alcune indicazioni minime, affinché alla ripresa dei lavori si possa procedere in queste direzioni, oltre a riprendere, sul tema della ricerca, il rapporto con la VII Commissione, come abbiamo sollecitato in vista di Lisbona.
Nel ringraziare nuovamente il Ministro Bonino, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.10.