COMMISSIONE XIV
POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 25 ottobre 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCA BIMBI

La seduta comincia alle 8,40.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro delle comunicazioni, Paolo Gentiloni Silveri, nell'ambito dell'esame del nuovo testo del disegno di legge C. 1825 Governo, recante «Disposizioni per la disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale».

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro delle comunicazioni, Paolo Gentiloni Silveri, nell'ambito dell'esame del nuovo testo del disegno di legge C. 1825 Governo, recante «Disposizioni per la disciplina del settore televisivo nella fase di transizione alla tecnologia digitale».
Do la parola al Ministro Gentiloni.

PAOLO GENTILONI SILVERI, Ministro delle comunicazioni. Il disegno di legge n. 1825 si propone anche di risolvere i problemi messi in evidenza dalla procedura di infrazione in corso da parte dell'Unione europea nei confronti della legge n. 112 del 2004, la cosiddetta legge Gasparri, attualmente vigente.
Faccio un piccolo riepilogo, prima di entrare nel merito. Questa procedura di infrazione fu avviata nel 2005 con un questionario, cioè una richiesta di chiarimenti da parte della Commissione europea al Governo italiano, come è prassi in questi casi. Il precedente Governo rispose a tale richiesta di chiarimenti nel febbraio 2006, sostenendo la coerenza della legge n. 112 del 2004 con la normativa europea. Questa tesi fu giudicata insoddisfacente dalla Commissione, la quale, nel luglio 2006 (quindi già un mese dopo l'insediamento del nuovo esecutivo), inviò al Governo italiano la lettera di messa in mora - che è la sanzione ufficiale della procedura di infrazione - per la non conformità di alcuni aspetti fondamentali della citata legge n. 112 con le regole comunitarie in materia di gestione efficiente dello spettro e di accesso non discriminatorio alle frequenze.
In particolare, la Commissione europea sottolineava la perdurante esistenza di barriere all'ingresso di nuovi operatori, impossibilitati ad acquistare frequenze, e manifestava l'esigenza di rimuovere rapidamente questa situazione e le posizioni dominanti nelle frequenze attraverso opportune iniziative legislative.
Il Governo rispose nel settembre del 2006 (entro i due mesi di tempo previsti spesso da queste procedure), annunciando che avrebbe presentato un disegno di legge rispondente alle richieste della Commissione in merito alla coerenza della normativa italiana con quella comunitaria. Effettivamente, il disegno di legge in questione fu presentato il 16 ottobre 2006, circa un anno fa; nell'aprile 2007, la Commissione europea espresse una «valutazione complessivamente positiva delle


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disposizioni del disegno di legge volte ad ovviare alle riserve avanzate nei confronti della legge n. 112 del 2004».
Successivamente, nello scorso mese di giugno, la Commissione chiese notizie al Governo, per le vie brevi, in modo informale, sullo stato di avanzamento parlamentare del disegno di legge n. 1825, il cui contenuto serviva, tra l'altro, a ridare coerenza comunitaria alla normativa italiana.
Il 20 giugno, il Ministero inviò una nota alla Commissione sullo stato di avanzamento dei lavori parlamentari, naturalmente mantenendo sempre una certa genericità negli impegni e nelle descrizioni di scadenze e di date, genericità che, talvolta, non viene del tutto compresa a Bruxelles, essendo una prerogativa esclusiva della nostra procedura parlamentare. Evidentemente, non essendo la Commissione soddisfatta dei propositi illustrati dal nostro Governo circa la possibile evoluzione temporale dell'approvazione del disegno di legge n. 1825, il 18 luglio 2007, ovvero esattamente un anno dopo la lettera di messa in mora (che è del 19 luglio del 2006; si noti anche una certa rigidità nelle date), è arrivato il parere motivato della Commissione.
Nella motivazione si sottolineava come l'Italia mantenga ancora in vigore quelle disposizioni di legge, disciplinanti i servizi di trasmissione tecnica in digitale, che comportano una serie di problemi: riservano agli operatori analogici già esistenti la possibilità di avviare la sperimentazione in digitale; stabiliscono che il cosiddetto trading delle frequenze è consentito soltanto tra emittenti che trasmettono già in tecnica analogica; prevedono che la sperimentazione digitale possa essere effettuata unicamente dagli impianti che già diffondono il segnale analogico, e via dicendo.
In seguito al parere motivato della Commissione europea, il Governo ha sensibilizzato il Presidente della Camera in merito alla calendarizzazione dei lavori parlamentari e, contemporaneamente, ha chiesto alla Commissione europea una proroga rispetto ai 60 giorni dalla stessa concessi, per consentire l'approvazione del disegno di legge almeno in uno dei due rami del Parlamento. Tale proroga non è stata concessa e, per quanto riguarda l'evoluzione dei calendari parlamentari italiani, ne sapete, ovviamente, più di me.
Pertanto, in considerazione dello stato attuale di avanzamento della procedura, sono probabili le seguenti ipotesi: il deferimento alla Corte di giustizia europea (che, in base ai normali tempi di prassi in questi casi, si prevede possa avvenire entro la fine dell'anno), con conseguente giudizio dinanzi alla stessa Corte, e successivamente, in esito ad un eventuale giudizio negativo, l'accertamento della responsabilità dello Stato italiano e l'avvio di una procedura di esecuzione in base all'articolo 228 del Trattato, con le conseguenti condanne pecuniarie.
Di tali condanne si è anche parlato sui giornali, perché hanno la particolare caratteristica di prevedere, oltre ad una sanzione una tantum (ad esempio, nel 2005, la Francia ha pagato una sanzione una tantum di 20 milioni per una infrazione ambientale), delle sanzioni pecuniarie di circa 300 mila euro al giorno, che quindi sollecitano il lavoro di adeguamento della normativa, poiché più tempo passa senza che la normativa venga adeguata, maggiori sono le sanzioni.
Come riconosciuto apertamente dalla stessa Commissione europea, il disegno di legge n. 1825 che stiamo esaminando si propone, tra l'altro (non essendo questa, ovviamente, la sua unica finalità), di adeguare la nostra normativa a quella comunitaria. Ciò avviene, in particolare, attraverso diversi commi dell'articolo 3 che, per comodità, raggrupperò nell'illustrarli in un primo blocco, riguardante il complesso dei commi 3, 4, 5, 6 e 7. Tale blocco risponde in modo abbastanza organico ad alcuni degli obiettivi richiamati espressamente dalla Commissione nella lettera di messa in mora e nei successivi carteggi.
Gli obiettivi dei commi da 3 a 7 dell'articolo 3 consistono, in primo luogo, come chiesto dalla Commissione, nel limitare i diritti speciali concessi agli operatori esistenti unicamente a quanto necessario a


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sostituire i programmi in tecnica analogica con programmi in tecnica digitale, quindi nel non dare agli operatori esistenti alcun vantaggio, ma solo la possibilità di convertire i loro programmi in digitale; in secondo luogo, nel creare le condizioni in base alle quali gli operatori analogici siano tenuti a restituire allo Stato le frequenze da essi attualmente utilizzate per le trasmissioni in tecnica analogica che verranno a liberarsi dopo lo switch off, garantendo in tal modo un dividendo o un «tesoretto» digitale, da ridistribuire sia ai nuovi entranti che alle televisioni locali, o da utilizzare per il completamento delle reti che oggi non lo sono.
Un altro obiettivo richiesto dalla Commissione europea riguarda le disposizioni dell'articolo 25, comma 11, della cosiddetta legge Gasparri, che prorogano fino allo switch off la durata dell'autorizzazione a trasmettere di emittenti prive di concessione. La lettera di messa in mora sostiene in merito: «(...) scongiurare che tali disposizioni accordino un evidente vantaggio a taluni operatori che non hanno una concessione ma solo un'autorizzazione, a danno di altre aziende, segnatamente aziende come Europa 7 ed altre che, pur essendo titolari di una concessione televisiva analogica, non sono in grado di fornire servizi di radiodiffusione terrestre in tecnica analogica in tutto il territorio per mancanza di frequenza».
Pertanto, un ulteriore obiettivo è quello di evitare che si prolunghino le autorizzazioni di fatto, non consentendo, in questo modo, di lavorare a chi ha delle concessioni ma non ha una copertura sufficiente o non ha affatto una copertura.
Per rispondere a questo complesso di esigenze indicate dalla Commissione europea, i commi da 3 a 7 stabiliscono l'obbligo, per le emittenti con più di due concessioni analogiche, di presentare un progetto di trasferimento. I tempi di questo progetto di trasferimento sono stati anticipati nel testo finale redatto dalle Commissioni trasporti e cultura della Camera al termine dell'esame del disegno di legge, laddove si parla del «trasferimento su frequenze digitali terrestri, ovvero su altra piattaforma trasmissiva digitale, dei palinsesti delle emittenti eccedenti la seconda».
Tale progetto, previa approvazione dell'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni, dovrà essere realizzato con l'effettivo trasferimento delle reti al più tardi entro nove mesi dall'entrata in vigore della legge, e dovrà assicurare un dividendo digitale inteso, in primis, ad attenuare problemi di squilibrio del mercato televisivo analogico (quindi, gli editori che hanno concessioni ma non frequenze), nonché assicurare sia la reimmissione sul mercato delle frequenze eccedenti già acquisite tramite compravendita, sia la restituzione allo Stato delle altre frequenze eccedenti (ovvero quelle non acquisite tramite acquisto), per la successiva riassegnazione agli operatori interessati, attraverso procedure competitive pubbliche ispirate a criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità. Queste disposizioni fanno sempre salvo il diritto a quote di riserva di capacità trasmissiva da parte delle emittenti locali.
Pertanto, attraverso l'insieme dei commi da 3 a 7 dell'articolo 3, si viene incontro al problema principale, evitando, da un lato, che si protraggano alcuni privilegi a danno di altri e creando, dall'altro, un «tesoretto», un dividendo digitale da distribuire, in primo luogo, a chi ha delle concessioni ma non dispone di frequenze o non ne ha a sufficienza, e, in secondo luogo, a nuovi operatori entranti, per aprire il mercato e garantire un tasso di concorrenza maggiore.
Sono da segnalare altre singole misure, che hanno meno rilevanza per il mercato televisivo italiano ma sono rilevanti per la compatibilità della normativa italiana con quella europea. In particolare, il comma 8 blocca il trading delle frequenze in capo ai soggetti titolari di più di due emittenti televisive in ambito nazionale via etere terrestre e, contestualmente, apre la possibilità del trading ai nuovi soggetti entranti, circostanza finora impedita dalla legge Gasparri; ovvero, come richiesto dalla Commissione europea, viene assolutamente capovolta la logica attuale, secondo


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la quale le frequenze possono essere scambiate soltanto fra operatori già esistenti ma non acquisite da nuovi operatori entranti.
Questo disegno di legge abolisce il divieto di trading ai nuovi entranti, perché tale divieto viola i princìpi di non discriminazione, proporzionalità e via dicendo.
Il comma 10 intende limitare il complesso delle frequenze controllabili da un medesimo soggetto. Il parametro è declinato in termini di capacità trasmissiva complessiva; il comma in oggetto si fa carico del rilievo, contenuto nella lettera di messa in mora, in cui si afferma che «la possibilità per gli operatori esistenti di convertire tutte le loro reti analogiche in digitale rappresenta un vantaggio particolarmente importante per quegli operatori, RAI e Mediaset, che controllano già circa l'80 per cento delle frequenze in tecnica analogica».
Prosegue, poi, la Commissione: «In considerazione del forte squilibrio tra il numero delle frequenze in analogico utilizzate da RAI e Mediaset e quelle di altri operatori, la suddetta disposizione concede a RAI e Mediaset un evidente vantaggio rispetto ai loro concorrenti nell'affermarsi sul mercato dei servizi digitali».
Il comma 8, ponendo questo limite, si situa anche nel solco della consolidata giurisprudenza costituzionale in materia di tutela del pluralismo informativo e di limiti alla concentrazione, non di risorse pubblicitarie, in questo caso, ma di risorse tecniche.
Infine, il comma 11 applica una precisa indicazione contenuta nella lettera di messa in mora e nel successivo carteggio con la Direzione concorrenza, laddove quest'ultima rileva che l'obbligo di cedere capacità trasmissiva eccedente debba essere espressamente disciplinato.
Il comma 11, quindi, spiega in che modo avviene la redistribuzione di frequenze: «L'obiettivo della Commissione è quello di evitare la concessione di ulteriori vantaggi agli operatori dominanti nell'avvio dei servizi in tecnica digitale e di assicurare, anche attraverso l'apposizione di un limite al regime di concentrazione delle risorse tecniche, misure di restituzione di frequenze da parte degli operatori di rete dominanti».
Sul piano tecnico, quindi, la rispondenza ai rilievi fatti dalla Commissione è coerente con l'obiettivo politico, di ispirazione generale, del disegno di legge n. 1825, ovvero quello di superare, nella fase di transizione alla tecnologia digitale dei prossimi 4 o 5 anni, alcuni «colli di bottiglia», alcune strozzature del mercato attuale, aumentandone il tasso di apertura e di concorrenza, sia nelle risorse tecniche e frequenziali - che sono l'oggetto della procedura di infrazione comunitaria -, sia nelle risorse economiche e pubblicitarie. Questo tenuto conto che, nel settore di cui ci stiamo occupando, cioè il settore televisivo, l'esistenza di eccessi di concentrazione di posizioni dominanti non è soltanto un fattore distorsivo del mercato ma può costituire anche una minaccia a valori costituzionalmente protetti, come quello del pluralismo informativo, che è, naturalmente, il motivo ispiratore fondamentale del disegno di legge sulla transizione dalla televisione analogica alla televisione digitale.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Gentiloni.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANTONIO RAZZI. Vorrei porre al Ministro alcune domande.
Gli italiani residenti in Europa hanno un'esigenza: chiedono di poter vedere RAI International, visto che attualmente si vede solo RAI Uno, in analogico. In particolare, per quanto riguarda la Svizzera, un accordo con il Ministro Leuenberger prevede che tutti i Paesi confinanti hanno diritto a trasmettere un'emittente nazionale, ma non emittenti private. Prima di questo accordo era possibile vedere anche Canale 5, Rete 4, Italia 1, RAI Due e RAI Tre; adesso si vede solo RAI Uno, mentre tutti gli altri canali sono visibili a pagamento.
Pertanto, le chiedo se sia possibile dare una risposta alla richiesta dei nostri emigrati


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di vedere anche RAI International, le partite di calcio (soprattutto quelle della Nazionale, che sono criptate; l'anno scorso ho presentato un question time al riguardo), le trasmissioni Report (anch'essa sempre criptata) e, possibilmente, Anno Zero, nonché altre trasmissioni di questo tipo (non solo Porta a porta, che ha un orientamento politico quasi di destra).

ARNOLD CASSOLA. Sulle richieste degli italiani all'estero non pongo domande perché ormai sono stanco di farlo. Da un anno e mezzo chiedo che venga risolta la questione dei diritti sportivi e di altri programmi, quindi, aspetto e spero; tuttavia, sono ormai abbastanza deluso dalla lentezza di questa procedura, per cui l'Italia è l'unico Paese con emigranti in Europa che oscura i programmi all'estero. Non si capisce come mai tutti gli altri Paesi - Turchia, Portogallo, Spagna, Grecia, e via dicendo - non facciano altrettanto; ma non credo sia questo l'argomento dell'audizione di oggi.
Vorrei formulare una piccola domanda. Visto che bisogna evitare l'eccesso di concentrazione di posizioni dominanti, le chiedo se questo vale sia per i canali privati sia per i canali di Stato. Vorrei sapere, cioè, se anche la RAI deve dismettere qualcuno dei suoi tre canali (anzi, più di tre, perché ha anche RAI International, RAI News 24), o se solo le televisioni private dovranno cedere qualche canale in questa fase di transizione.

ANTONELLO FALOMI. Condivido le considerazioni del Ministro in merito al problema della discussione in Assemblea di questo disegno di legge.
Ritengo che la nostra Commissione, magari con una presa di posizione in tal senso, debba sollecitare il Presidente della Camera a calendarizzare in tempi brevi l'esame in Assemblea del disegno di legge n. 1825, in ragione delle questioni che il Ministro ha illustrato circa il contenzioso in corso tra il nostro Paese e le autorità di Bruxelles.
La nostra Commissione ha una competenza specifica al riguardo, avendo attivato un iter procedurale a seguito della presentazione del disegno di legge di cui si parla. A mio avviso, non sapere con precisione quando tale provvedimento verrà iscritto all'ordine del giorno dell'Assemblea della Camera dei deputati è un problema; credo che la Commissione debba, in qualche modo, dall'alto delle sue competenze, far valere il suo punto di vista, sottolineando l'urgenza di questa necessità.
Vorrei fare una seconda considerazione. Sono convinto che il testo del disegno di legge che il Ministro Gentiloni ha presentato dia una risposta alle contestazioni, piuttosto pesanti, mosse dalle autorità europee alla cosiddetta legge Gasparri e al conseguente codice delle comunicazioni, nonché alle obiezioni sollevate in sede europea.
Il disegno di legge in questione rivede tutta la materia riguardante i meccanismi di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale, ritenuti non rispondenti ai princìpi delle direttive quadro in materia di comunicazione elettronica; in particolare, esso pone attenzione al principio dell'assegnazione delle frequenze per l'attivazione del sistema del digitale terrestre in modo non discriminatorio e trasparente, attraverso una gara. Questa è una risposta.
Il Ministro ha fatto riferimento ad una valutazione complessiva della Commissione europea sul testo del disegno di legge, in merito al quale ha mosso qualche rilievo relativamente ad alcuni articoli. Ad esempio, nel punto riguardante i limiti posti ai fornitori di contenuti, laddove si afferma che tutti i fornitori di contenuti che superano il 20 per cento hanno l'obbligo di cedere la quantità eccedente tale limite, la Commissione ha osservato che questo obbligo deve essere riferito, più che ai fornitori di contenuti, ai fornitori di rete.
Occorre capire, dunque, quale è stata la risposta del Governo italiano su questo punto e se nel testo approvato dalle Commissioni riunite VII e IX si è posto in qualche modo rimedio a tale problema.
Per quanto riguarda il riutilizzo della quota eccedente il 20 per cento, vorrei


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sapere se queste frequenze debbono essere cedute e poi rassegnate, oppure se è lo stesso operatore che dispone di questa eccedenza e la mette a disposizione di soggetti terzi. Mi pare anche questo punto sia stato oggetto della contestazione della Commissione sul nuovo testo; vorrei pertanto sapere se la questione è stata risolta e in che modo (se non erro, uno degli articoli è stato modificato in maniera da corrispondere alle obiezioni che sono state mosse).
Vorrei porre, infine, un'ultima domanda al Ministro. È stata pubblicata la requisitoria (non so come definirla in termini tecnico-giuridici) del procuratore generale presso la Corte di giustizia europea a proposito del caso Europa 7, che è un documento di forte contestazione della legislazione passata. Poiché tale documento contiene una serie di considerazioni (sulle quali non entro nel merito), vorrei sapere se potrebbero sorgere problemi anche rispetto all'attuale testo, qualora l'impianto del procuratore generale venisse recepito dalla Corte di giustizia europea, ovvero si trasformasse in sentenza. Se non ho capito male, questa sentenza dovrebbe essere emessa entro la fine dell'anno, quindi in tempi abbastanza brevi.
Vorrei sapere, quindi, se il testo del disegno di legge non sia in contraddizione con le considerazioni svolte in sede di Corte di giustizia europea.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Ringrazio il Ministro Gentiloni per i chiarimenti che ha già cominciato a dare riguardo ad un provvedimento che ritengo particolarmente importante perché (come dirò, naturalmente, anche in sede consultiva, oltre che nell'ambito di questa audizione), anzitutto, rimette in ordine i pezzi, ovvero restituisce un quadro di certezza di regole in una fase, molto complicata, di transizione di modelli tecnologici.
Si tratta di un'operazione molto consistente, che tiene assieme un ragionamento che riguarda la democrazia, la libertà di informazione, ma anche la democrazia di accesso ovvero la possibilità, finalmente, di avere nel nostro Paese un mercato libero del sistema radiotelevisivo, in un'epoca, quella della convergenza, che pone problemi del tutto inediti rispetto al passato.
L'Italia, da questo punto di vista ma anche sul piano legislativo e della libertà di concorrenza, è molto arretrata. A mio avviso, la legge Gasparri attualmente vigente è, a tutt'oggi, sia profondamente inadeguata a rispondere alle nuove esigenze poste dai nuovi soggetti che intendono entrare nello scenario della comunicazione, sia molto arretrata dal punto di vista del sistema delle regole, anche rispetto all'Europa.
Sono d'accordo con quanto affermato anche dal collega Falomi: tutto il lavoro svolto nelle Commissioni riunite in sede referente, molto complesso e anche molto duro (è una considerazione di carattere personale sul lavoro parlamentare), risponde, ovviamente, non solo alle attese degli operatori del settore, ma anche a quelle dell'opinione pubblica. Pertanto, anche per questo motivo, credo sia importante sollecitare una discussione del disegno di legge nelle sedi proprie delle aule parlamentari e una sua rapida approvazione.
Di questo sono molto convinta, anche perché si tratta di un'urgenza normativa ma, secondo me, anche di un'urgenza di regolazione del mercato e, in qualche modo, di regolazione democratica.
Riguardo alle considerazioni e ai rilievi mossi dall'Unione europea, il collega Falomi ha già parlato della separazione tra gestori di rete e fornitori di contenuti, che è una grande scelta, di straordinaria importanza. Gradirei anch'io che il Ministro chiarisse se il rilievo comunitario è puramente terminologico o se ha a che fare con un contenuto specifico.
Vorrei porre l'attenzione su un'altra questione, molto discussa, presente nei rilievi comunitari, quella relativa alla posizione dominante. Mi riferisco, cioè, all'articolo 2, che riguarda il tetto pubblicitario, le risorse pubblicitarie e la definizione di «posizione dominante», elemento su cui, come il Ministro sa, è nata una


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grandissima polemica sulla stampa e in altre sedi, più o meno proprie, di discussione.
Vorrei sottolineare che, a mio avviso, la riformulazione, dopo il dibattito, del testo del disegno di legge specifica in modo più chiaro che cosa si intenda per posizione dominante, perché analizza più nel dettaglio i singoli casi e riconosce un ruolo particolare e specifico all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Tuttavia, vorrei fare un rilievo che riguarda la stessa Unione europea. Si «fanno le pulci» all'Italia su questo punto, ma la recente sentenza nei confronti di Microsoft apre, a mio avviso, uno scenario nuovo circa la definizione del concetto di «posizione dominante», fino ad oggi considerato dall'Unione europea improprio, perché lesivo della libertà di concorrenza.
La sentenza riguardante Microsoft - mi piace dirlo in questa sede perché ne abbiamo discusso a lungo - fa sì che uno dei soggetti più importanti (probabilmente il più importante) al mondo nel settore delle comunicazioni accetti la possibilità di una interoperatività rispetto al suo sistema e, quindi, accetti di essere in una posizione dominante.
Tra l'altro, si tratta di una procedura iniziata quando quella funzione era svolta da Mario Monti, e mi piace sottolinearlo perché questo ci obbliga anche ad una coerenza rispetto al sistema italiano.
Mi pare che questo dibattito, che continua ad essere attuale e che, nell'ambito dell'esame degli articoli successivi del disegno di legge che stiamo esaminando, è stato ripreso anche in merito al profilo sanzionatorio, tenda in qualche modo a dissolversi automaticamente proprio grazie al fatto che la sentenza su Microsoft può «fare giurisprudenza», riguardando il più grande colosso nel settore della comunicazione.
Pertanto, signor Ministro, la mia considerazione è anche una domanda, perché ritengo comunque che sia corretta la formulazione adottata negli articoli 1 e 2 con riferimento al concetto di posizione dominante.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole De Biasi. Noi apprezziamo molto la sua doppia presenza, in Commissione di merito e nella Commissione per le politiche dell'Unione europea, perché ci offre degli elementi in più su cui riflettere.

ANTONIO RAZZI. Vorrei solo ringraziare il Ministro Gentiloni per l'eccellente lavoro svolto, grazie al quale adesso l'Italia, in Europa, è all'altezza della situazione, mentre in precedenza era quasi l'ultima ruota del carro.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per la replica.

PAOLO GENTILONI SILVERI, Ministro delle comunicazioni. Sul tema posto dall'onorevole Razzi, al quale mi pare si fosse associato anche l'onorevole Cassola, è un po' complicato rispondere con due battute; tra l'altro (lo dico anche ad alcuni dei componenti della vostra Commissione che fanno parte della Commissione trasporti), questo potrebbe essere un tipico oggetto di indagine, magari da parte di più Commissioni, perché la materia è complicatissima.
Il regime dei diversi Paesi è molto differenziato; non possiamo decidere cosa trasmettere perché, purtroppo, la situazione normativa e i diritti televisivi del Canada e della Francia sono completamente diversi. Bisognerebbe, a mio avviso, contribuire alla formazione di una politica unitaria europea - di cui potrebbe essere soggetto un organismo che si chiama EBU (European Broadcasting Union), il quale riunisce le televisioni pubbliche europee - sia per poter lavorare in condizioni di reciprocità tra le televisioni pubbliche degli Stati membri dell'Unione, sia per lo sviluppo di una posizione negoziale dell'Europa nei confronti di altri Paesi.
Di questo ho parlato spesso, tra l'altro, con i responsabili della European Broadcasting Union. Vorrei sottolineare che queste non possono essere, chiaramente, decisioni politiche, ma devono essere frutto di intese, negoziati sui diritti, percorsi di reciprocità. Tuttavia, quando noi andiamo all'estero - soprattutto chi ha un


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rapporto continuo con i nostri emigrati, ma anche ogni rappresentante del Governo - siamo spesso oggetto delle giuste rimostranze e rivendicazioni degli italiani che vivono all'estero, i quali, soprattutto in occasione delle grandi manifestazioni sportive, protestano per la situazione. Purtroppo, il problema non si risolve con una decisione politica di qualche natura, perché se la RAI ha acquistato i diritti per certe partite o certi eventi sportivi per l'Italia, ma non li ha per la Francia, è molto complicato mandarli in chiaro in Francia; così come sarebbe complicato per la televisione francese, se avesse i diritti per la Francia e non per l'Italia, mandarli in chiaro nel nostro Paese, perché farebbe concorrenza alla RAI e a Mediaset, che in Italia hanno acquistato quei diritti pagandoli fior di quattrini. Tuttavia, se si stabilissero dei meccanismi di reciprocità tra Paesi europei, questo problema in parte si risolverebbe.
La materia è molto complessa; me ne sono occupato un po' insieme al Ministro D'Alema nel periodo dei campionati mondiali di calcio, per capire se sarebbe stato possibile, almeno in alcuni Paesi, ottenere dei risultati rapidi. Ma non era così facile.
A mio parere, tuttavia, un contributo conoscitivo potrebbe essere molto interessante, fermo restando che, chiaramente, per cambiare le condizioni bisogna lavorare senza fare strappi in tema di diritti. In ogni caso, non è possibile che l'Italia sia trattata peggio di altri Paesi europei, su questo avete totalmente ragione; quindi, qualora ciò si verifichi, sarebbe utile accertarlo.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Cassola rispetto alla simmetria o meno tra RAI e Mediaset, dal punto di vista comunitario, la simmetria è totale; ovvero, quando la Commissione parla di posizioni dominanti, di rischi, di privilegi ingiustificati per gli operatori attuali, la simmetria è totale.
Diverso sarebbe il discorso - ma ne parleremo in un'altra occasione - per quel che riguarda, invece, la giurisprudenza costituzionale italiana. Da questo punto di vista, il disegno di legge n. 1825 prevede una redistribuzione di frequenze a carico di RAI e Mediaset, trattate sostanzialmente alla pari.
In merito ai temi posti dall'onorevole De Biasi e dall'onorevole Falomi, condivido, innanzitutto, la sollecitazione che entrambi ponevano al fatto che i tempi sono importanti. È difficile tipizzare queste procedure europee, perché è molto rara l'applicazione dell'articolo 228 del Trattato; per arrivare alla sanzione, occorre veramente una forte applicazione da parte degli Stati nazionali. Tuttavia, in questo caso, considerata la lentezza del nostro processo legislativo, è difficile escluderlo, perché, se nel corso dei prossimi mesi la situazione non si modifica, il rischio diventa molto consistente. Penso, quindi, che sia doveroso - anche per altri motivi ma, in questa Commissione, certamente per il motivo di compatibilità con la normativa comunitaria - sollecitare l'esame parlamentare.
Sul tema degli adeguamenti alle richieste di chiarimento formulate da alcuni uffici della Commissione (a cui, se non erro, sia l'onorevole Falomi che l'onorevole De Biasi hanno accennato), immagino che si faccia riferimento a una lettera di un ufficio della Commissione che, il 12 aprile, nell'ambito di questa procedura, esprimeva sostanzialmente una valutazione positiva sul provvedimento, chiedeva notizie sul timing, sulla tempistica di approvazione e, in tal merito, formulava alcuni interrogativi (alcune richieste di chiarimento che nemmeno definirei rilievi) su taluni aspetti del provvedimento stesso. Bisogna tenere conto, naturalmente, che la Commissione non interviene direttamente, se non in maniera informale attraverso contatti tra uffici, nel processo di formazione delle norme.
A queste richieste di chiarimento noi abbiamo risposto in diversi incontri; i miei uffici hanno avuto vari incontri con gli uffici della Direzione generale concorrenza (soprattutto sui temi in merito ai quali chiedeva lumi l'onorevole Falomi), nel corso dei quali le richieste di chiarimento


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sono state risolte già nella fase emendativa nelle Commissioni riunite VII e IX della Camera.
Il tema più spinoso, sul quale in Italia è nata una grossa discussione, è la famosa soglia del 45 per cento, di cui parlava l'onorevole De Biasi. Credo che l'argomento meriti un approfondimento tecnico nei prossimi mesi.
Nella richiesta di chiarimento della Commissione (la sintetizzo, ma immagino che possiate facilmente consultarla), gli uffici sostanzialmente non discutono né la percentuale stabilita, né la legittimità della misura adottata, bensì discutono che tale misura, nella formulazione del disegno di legge del Governo, sia tipizzata agganciandola ad una procedura comunitaria, dal momento che, così facendo, alcune definizioni giuridiche potrebbero (la lettera degli uffici della Commissione usa il condizionale) presupporre un rinvio ad una procedura comunitaria riguardo alle posizioni dominanti, che essi considererebbero impropria.
In sostanza, gli uffici affermano che, se noi riteniamo (per ragioni che hanno a che fare, ad esempio, con la tutela del pluralismo) che sia corretto introdurre una soglia ex ante sulla raccolta pubblicitaria che definisca una posizione dominante, possiamo farlo, ma senza inserirla in una procedura tipizzata tipica dell'Unione europea, perché questo creerebbe loro dei problemi. Stiamo discutendo questo aspetto con gli uffici della Commissione, e credo si possa risolvere molto facilmente.
Infine, l'onorevole Falomi poneva una domanda rispetto ad un'altra vicenda che sta andando avanti in parallelo, ovvero la questione Corte europea-Europa 7.
Questo caso, come è noto, riguarda il fatto che, ad un certo punto, il Consiglio di Stato italiano rinviò alla Corte europea un quesito, che gli era giunto da una procedura di un tribunale amministrativo, circa le richieste di ripristino dei propri diritti e/o di risarcimento avanzate da Europa 7 rispetto all'esistenza (di cui abbiamo parlato più volte), in capo a questa emittente, di una concessione e alla non esistenza, tuttavia, delle frequenze con le quali poterla sviluppare.
Ovviamente, bisogna aspettare la sentenza che, con tempistiche normali, potrebbe giungere entro la fine di quest'anno o l'inizio dell'anno prossimo - come è normale sviluppo di queste vicende - e sarà indirizzata al Consiglio di Stato, che è il soggetto che ha rinviato alla Corte europea.
Il dispositivo della requisitoria (non so se si chiama così nella giurisdizione europea, comunque il dispositivo del documento del procuratore generale, dell'accusa), che è uscito poco più di un mese fa, si rivolge sostanzialmente al Consiglio di Stato, sollecitandolo, se lo ritiene opportuno (usando quindi con una formulazione un po' ambigua che noi, in tutte queste vicende, siamo abituati a distinguere), a porre in essere provvedimenti tali da sanare la violazione di diritti che il procuratore - portoghese - ha riscontrato. Pertanto, si rivolge al Consiglio di Stato segnalandogli l'eventualità, se lo ritiene, di ripristinare i diritti del soggetto Europa 7, che sono stati, a suo avviso, violati.
Qualora la sentenza riflettesse questa tesi della procura - cosa non improbabile, credo, nella giurisprudenza comunitaria, in cui frequentemente le sentenze riprendono, in tutto o in parte sostanziale, le tesi della procura -, il Consiglio di Stato si troverebbe a dover di nuovo decidere e deliberare, dopo aver rinviato la questione alla Corte europea e avuto questa opinione in materia.
Nel frattempo, mi auguro che noi, per vie legislative, riusciamo a dare una soluzione al problema, secondo la linea che abbiamo individuato - anche in parte precisandola rispetto al testo stesso dal Consiglio dei ministri - nel dibattito nelle Commissioni riunite VII e IX. Come ricorderete, abbiamo in un certo senso stabilito, tra i diritti esistenti, una sorta di gerarchia nell'ambito dell'utilizzazione delle frequenze che si libereranno con il meccanismo previsto dalla legge, stabilendo che queste frequenze debbano andare in primo luogo a certi soggetti, in


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secondo luogo ad altri, in terzo luogo ad altri ancora, perché è chiaro che di diritti negati, in Italia, nel campo della frequenza, ce ne sono tanti.
È stato importante, a mio avviso, che il Parlamento, nell'esame in Commissione, abbia stabilito tra questi molteplici diritti una giusta gerarchia. Pertanto, mi auguro che la nostra soluzione del problema arrivi in tempi utili; qualora si giungesse ad una soluzione del problema per via giudiziaria, ovviamente il Governo la applicherà.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Gentiloni, anche per la chiarezza e la trasparenza della sua esposizione. Mi dispiace che non sia presente l'opposizione, dal momento che la puntualità delle argomentazioni e delle risposte è una qualità che la Commissione sottolinea molto volentieri, poiché ci dà anche la possibilità di lavorare sul tema delle infrazioni o sull'importante suggerimento dato dal Ministro sulle reciprocità e gli scambi tra emittenti televisive, in merito al problema sollevato dagli onorevoli Cassola e Razzi.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,35.