Seduta del 7/3/2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 14,15.

Elezione contestata del deputato Sebastiano Neri proclamato nella XXV circoscrizione Sicilia 2.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 13 del regolamento della Giunta delle elezioni, l'udienza per la discussione pubblica del ricorso proposto dal candidato Angelo Paffumi avverso l'eleggibilità del deputato Sebastiano Neri, proclamato nella XXV circoscrizione Sicilia 2.
Le parti si sono costituite: il ricorrente Paffumi è assistito dall'avvocato Mario Foti, il deputato Neri è assistito dal professor avvocato Agatino Cariola.
Ricordo ai colleghi che, a norma dell'articolo 13, comma 7, del regolamento della Giunta, alla riunione in camera di consiglio partecipano i componenti della Giunta che sono stati presenti all'udienza pubblica per tutta la sua durata. Pertanto, i deputati che dovessero sopraggiungere nell'aula a seduta pubblica già iniziata ovvero allontanarsene prima della sospensione non potranno partecipare alla riunione della camera di consiglio. Sarà cura della presidenza registrare i deputati presenti sin dall'inizio della seduta pubblica.
Ricordo, inoltre, che, in base alla costante prassi, i componenti della Giunta potranno rivolgere le loro domande alle parti, su specifiche questioni, solo per il tramite del presidente, al quale, a norma dell'articolo 13, comma 3, del regolamento della Giunta, spetta la direzione della discussione e la disciplina dell'udienza, ai fini di garanzia di un corretto contraddittorio tra le parti.
Avverto che, al termine della relazione introduttiva del relatore, onorevole Nespoli, prenderanno la parola, come da prassi, dapprima il ricorrente Paffumi o il suo rappresentante e, quindi, il deputato eletto Neri o il suo rappresentante. Gli stessi, a norma dell'articolo 13, comma 4, del regolamento della Giunta, potranno poi replicare per una volta.
Invito, pertanto, il relatore Nespoli a svolgere la relazione introduttiva, limitandosi ad esporre i fatti e le questioni, senza esprimere giudizi.

VINCENZO NESPOLI, Relatore. La ringrazio, presidente, dell'ultimo inciso. Infatti, la mia relazione è solo descrittiva delle questioni fin qui affrontate, non entrando nel merito del problema né tanto meno fornendo indicazioni.
Il Comitato permanente per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze ha avviato, nella riunione del 25 luglio 2006, l'esame di un ricorso avverso l'eleggibilità del deputato Sebastiano Neri, proclamato dal Presidente della Camera nella seduta del 19 luglio 2006, in subentro al dimissionario deputato Leanza.
Il ricorso in oggetto, pervenuto in data 24 luglio 2006, e quindi nei termini stabiliti dall'articolo 9, comma 2, del regolamento della Giunta delle elezioni, è stato presentato da Angelo Paffumi (candidato primo dei non eletti nella lista Lega Nord-Movimento per l'Autonomia nella XXV circoscrizione Sicilia 2) ed è volto a contestare l'eleggibilità del deputato Neri, in relazione all'asserita violazione dell'articolo 7, primo comma, lettera c) del testo unico n. 361 del 1957 e dell'articolo 3-bis del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1,


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convertito dalla legge 27 gennaio 2006 n. 22, lamentando che lo stesso non si sarebbe dimesso dalla carica di sindaco del comune di Lentini entro il termine previsto dal citato articolo 3-bis del decreto-legge n. 1 del 2006 (ossia entro i sette giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione di tale ultimo decreto-legge, che scadevano il 5 febbraio 2006).
Al ricorso il ricorrente ha allegato, tra l'altro, copia della sentenza n. 200 del 24 febbraio 2006 con la quale il tribunale civile di Siracusa ha dichiarato la decadenza di Sebastiano Neri dalla carica di sindaco di Lentini per sopravvenuta incompatibilità con la carica di deputato regionale siciliano, nonché documentazione, rilasciata in copia conforme dal comune di Lentini, attestante che Sebastiano Neri avrebbe continuato a compiere atti nell'esercizio delle sue funzioni di sindaco anche in epoca successiva alla data entro cui avrebbe dovuto cessare da tali funzioni, per rimuovere la causa di ineleggibilità. Tale ricorso era stato preceduto da una comunicazione, depositata il 19 luglio 2006, con la quale Angelo Paffumi chiedeva la sua diretta proclamazione in subentro al dimissionario deputato Leanza, in ragione dei motivi sopraindicati. Il Comitato per le ineleggibilità ha svolto l'istruttoria in contraddittorio, acquisendo le controdeduzioni del deputato Neri ed ascoltandolo nella riunione del 12 ottobre 2006.
Il principale argomento utilizzato dal deputato Neri per argomentare la non riconducibilità della propria posizione alla fattispecie di ineleggibilità che gli viene contestata è quello relativo alla decorrenza degli effetti di una sentenza del tribunale civile di Siracusa, che in data 24 febbraio 2006 ne ha dichiarato la decadenza dalla carica di sindaco di Lentini per incompatibilità con la carica di deputato all'assemblea regionale siciliana.
Ad avviso del deputato Neri, infatti, si sarebbe trattato di una sentenza di mero accertamento della sua decadenza che, pur emessa in data 24 febbraio 2006 (ossia in un momento posteriore a quello entro cui avrebbe dovuto dimettersi da sindaco ai sensi dell'articolo 3-bis del decreto-legge n. 1 del 2006), avrebbe fatto retroagire i propri effetti a far data dal 25 novembre 2005, ossia alla scadenza del decimo giorno successivo alla notifica dell'azione popolare contro di lui intentata, ai sensi degli articoli 69 e 70 del testo unico n. 267 del 2000. In quanto sentenza, appunto, di mero accertamento (cioè dichiarativa) di uno status e non costitutiva, la pronuncia del tribunale di Siracusa avrebbe, dunque, comportato, secondo il deputato Neri, la sua decadenza da sindaco in tempo utile per considerare rimossa la situazione di ineleggibilità, restando gli atti da lui posti in essere medio tempore (e successivamente al 5 febbraio 2006) riconducibili alla figura del funzionario di fatto.
Conclusa l'istruttoria in Comitato, nella seduta della Giunta del 26 ottobre 2006 il deputato Burchiellaro, coordinatore del Comitato per i profili attinenti alle ineleggibilità e alle decadenze, ha svolto la propria relazione, riferendo sugli esiti dell'istruttoria. In particolare, l'asserito carattere dichiarativo, e non costitutivo, della sentenza del tribunale civile di Siracusa non è stato ritenuto dal Comitato argomento sufficiente al fine di ritenere rimossa la situazione di ineleggibilità in cui il deputato Neri è venuto a trovarsi. In tal senso, il Comitato ha ritenuto problematica la possibilità di ammettere che una sentenza di mero accertamento produca una decadenza ex tunc da una carica elettiva ed ha, inoltre, ritenuto che, in ogni caso, pur ammettendo che la sentenza del tribunale di Siracusa abbia prodotto la decadenza ex tunc del deputato Neri dalla carica di sindaco di Lentini, rilievo decisivo assume, al fine di considerare non utilmente rimossa la situazione di ineleggibilità, la circostanza che lo stesso deputato Neri non si è comunque astenuto dall'esercizio delle funzioni di sindaco e non ha provveduto alla formale presentazione delle dimissioni, così come imponeva l'articolo 7, quarto comma, del testo unico n. 361 del 1957.
Secondo il comitato per le ineleggibilità, la rimozione della causa di ineleggibilità


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era un onere che gravava interamente a carico dell'interessato, il quale avrebbe dovuto materialmente, e non solo formalmente, cessare dalle funzioni per scelta spontanea - attraverso, cioè, l'effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito, preceduta dalla formale presentazione delle dimissioni - e non attendere che la decadenza gli fosse imposta in forza di un provvedimento dell'autorità giudiziaria.
Nella citata seduta del 26 ottobre 2006, sulla base dei predetti motivi, il Comitato ha, quindi, proposto alla Giunta di accertare l'ineleggibilità del deputato Sebastiano Neri e di deliberarne, pertanto, la contestazione dell'elezione. Nella seduta del 31 gennaio 2007, la Giunta ha approvato la proposta del Comitato di accertamento dell'ineleggibilità del deputato Sebastiano Neri e la conseguente contestazione della sua elezione. Con successiva comunicazione le parti sono state avvisate della fissazione dell'udienza pubblica per oggi.
Il ricorrente Paffumi si è avvalso della facoltà di prendere visione dei documenti presentati dalla controparte, secondo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 13 del regolamento della Giunta, ed ha presentato, in data 2 marzo 2007, dunque entro i termini prescritti, nuovi documenti e deduzioni.

PRESIDENTE. Ringrazio il relatore per la sintetica esposizione.
Do quindi la parola al rappresentante del ricorrente Paffumi, avvocato Foti.

MARIO FOTI, Rappresentante del ricorrente Angelo Paffumi. Onorevole presidente, onorevoli deputati componenti della Giunta delle elezioni, il ricorso dell'onorevole Paffumi - già deputato dell'assemblea regionale siciliana, e mio assistito - mi sembra ampiamente documentato e fondato sulla scorta delle argomentazioni usate da questa difesa e soprattutto, sulla scorta dell'ampia documentazione a corredo depositata, sia nel ricorso introduttivo sia nella fase successiva a seguito della difesa dell'onorevole Neri. Mi rifarei, pertanto, pedissequamente alle deduzioni difensive depositate in data 2 marzo e ai relativi documenti prodotti. È giusto, però, che in sintesi comunque riepiloghi la situazione.
Come è a voi noto, il fondamento costituzionale delle cause di ineleggibilità alla carica in una funzione pubblica, anche di parlamentare, è previsto dagli articoli 48 e 51 della Costituzione. Quest'ultimo recita: «Tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive, in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge». In sostanza, dunque, l'elettorato passivo è un diritto attribuito a tutti i cittadini della Repubblica, sebbene - comprensibilmente - il suo esercizio venga a subire, in certi casi, talune limitazioni.
Il caso che ci occupa rappresenta, appunto, una limitazione di questo elettorato passivo. Il combinato disposto dell'articolo 7, primo comma, lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 e dell'articolo 3-bis del decreto-legge n. 1 del 2006 impone che chiunque si candidi alla Camera dei deputati debba rimuovere delle cause ostative che altrimenti lo porrebbero in una posizione privilegiata rispetto ad ogni altro cittadino. Quindi, nella fattispecie, per i sindaci dei comuni con popolazione superiore a ventimila abitanti, la legge impone che, in determinati termini, sui quali ora non è il caso di discettare - centottanta giorni prima della data di scadenza del quinquennio di durata della Camera dei deputati, oppure entro i sette giorni successivi all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 1 del 2006 (che ha costituito una sorta di paracadute, per riprendere anche le dimissioni che andavano fatte entro i centottanta giorni prima) -, devono intervenire le dimissioni. Alla luce di ciò, l'onorevole Neri si sarebbe dovuto dimettere entro il 5 febbraio del 2006, ma così non è stato.
Sostiene, nella sua difesa, l'onorevole Neri che egli avrebbe rispettato questo termine perché, in effetti, in forza di una sentenza, la n. 200, del tribunale di Siracusa, era stato dichiarato decaduto dalla


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carica di sindaco del comune di Lentini, avendo questo comune una popolazione superiore a ventimila abitanti. Essendo questa sentenza dichiarativa di uno status, in buona sostanza, essa avrebbe retroagito a far data dal 25 novembre 2005, giorno in cui era stato presentato il ricorso da un cittadino elettore. Rileva ancora l'onorevole Neri, nella sua difesa, che nessun atto di governo riferibile alle sue funzioni di sindaco sarebbe dallo stesso stato compiuto comunque, a prescindere da questa tesi difensiva, successivamente al 30 gennaio 2006, anche sulla scorta della documentazione prodotta. Gli atti prodotti nella sua qualità di sindaco, nell'arco temporale compreso tra il 25 novembre 2005 ed il 5 marzo 2006, sarebbero perciò riconducibili alla figura del funzionario di fatto.
Questa interpretazione si accompagna ad un'ulteriore considerazione: il tribunale di Siracusa, che avrebbe dovuto decidere per tabulas la posizione di incompatibilità con la carica di deputato regionale, a seguito di vari rinvii, avrebbe pregiudicato la possibilità dell'onorevole Neri di essere dichiarato decaduto prima, circostanza che gli avrebbe evitato di incorrere nella violazione di legge. Infine, l'onorevole Neri conclude, in tutte le sue difese, di aver preso atto della sentenza del tribunale di Siracusa e ha formalmente e sostanzialmente rispettato la legge, perché si sarebbe astenuto da tutti gli atti in questione successivamente alla data del 30 gennaio 2006.
Purtroppo, questa tesi non appare condivisibile, né è stata accolta dal Comitato della Giunta; la Giunta ha fatta propria la valutazione del Comitato e ha dichiarato accertata la situazione di ineleggibilità dell'onorevole Neri.
Questa difesa non può che essere sostanzialmente d'accordo con la tesi sostenuta dalla Giunta delle elezioni e dal Comitato, in tutte le argomentazioni che ha svolto e che il relatore ha letto. Non sembra che l'onorevole Neri abbia utilmente rimosso la situazione di ineleggibilità e, comunque, non risulta essersi astenuto dagli atti di governo della sua città, tra i quali - circostanza menzionata dal comitato - vi è un importante atto amministrativo, volto a disporre un'istruttoria - cito testualmente la relazione del Comitato - ai fini dell'approvazione, da parte del consiglio comunale, di una richiesta di variante al piano regolatore generale.
Il Comitato e la Giunta, che ha fatto propria la tesi, sostengono che presentare le proprie dimissioni fosse un onere interamente gravante a carico dell'interessato, il quale non solo materialmente, ma anche formalmente avrebbe dovuto cessare dalle funzioni per una scelta spontanea. Purtroppo, così non è stato. D'altronde, la legge sul punto è pacifica. È una legge che regola diritti costituzionalmente garantiti, una legge elettorale che stabilisce, in modo chiaro e senza alcun dubbio di sorta, che «le cause di ineleggibilità [...]» - cito l'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica del 1957 - «non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza del quinquennio di durata della Camera dei deputati».
Ancora all'articolo 7 la legge specifica poi cosa debba intendersi per «cessazione dalle funzioni», cioè l'effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio investito, preceduta (nei casi previsti alle lettere a), b) e c) del primo comma e nei corrispondenti casi disciplinati dal secondo comma), dalla formale presentazione delle dimissioni.
In buona sostanza, quel che stabilisce la legge in modo chiaro e ineccepibile è che l'onorevole Neri, alla data del 5 febbraio 2006, avrebbe dovuto presentare le sue formali dimissioni dalla carica di sindaco, ma così non è stato. Né vale - questo è un punto importante - argomentare che gli atti posti in essere sarebbero, comunque, privi di efficacia in quanto la sentenza è retroattiva. Al di là delle considerazioni che farò da qui a breve, come faceva l'onorevole Neri a prevedere l'esito della sentenza di decadenza, pronunciata il 5 marzo 2006, già alla data del 5 febbraio 2006? Non poteva conoscere l'esito di questa sentenza del tribunale di Siracusa, che è del mese successivo.


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Avrebbe, invece, dovuto esercitare questa sua facoltà un mese prima; cosa che non ha fatto, non presentando le sue formali dimissioni. In ogni caso, ritengo che non possa essere accettata la figura del funzionario di fatto per il periodo intermedio che va dal 25 novembre 2005 fino alla data in cui l'onorevole Neri è stato dichiarato decaduto. Gli articoli 50 e 54 del testo unico dell'ordinamento degli enti locali n. 267 del 2000 (che io - per agevolazione esegetica - ho riportato integralmente) prevedono tutti i poteri del sindaco: egli non si limita soltanto a presiedere la giunta, o a chiedere al presidente di convocare il consiglio comunale, ma ha tutta una serie di altre attribuzioni (dalla tenuta, negli uffici, dei registri dello stato civile, all'emanazione - conformemente a quanto stabilito da leggi e regolamenti vigenti - di atti in materia di ordine pubblico e sicurezza, alla vigilanza nella stessa materia). Si prevede, dunque, tutta una serie di casi in cui il sindaco esercita il suo potere a prescindere dalla sua partecipazione alla giunta.
Mi sembra, perciò, alquanto riduttivo e modesto sostenere di avere svolto una funzione di mero funzionario di fatto, a prescindere dalla circostanza che, per quanto riguarda il sindaco, la figura del funzionario di fatto non è prevista nel nostro ordinamento.
Per mero scrupolo esegetico, vi leggerò una sentenza del TAR del Veneto del 17 febbraio 2007, la n. 466. Questa sentenza, a proposito di un sindaco dichiarato decaduto per una questione di incompatibilità, ragiona in questi termini: «Se si opinasse nel senso voluto dalla difesa del ricorrente (decadenza automatica alla data di proclamazione degli eletti del consiglio regionale)» - si trattava, appunto, di un'ipotesi diversa - «si perverrebbe all'assurdo che, nel cosiddetto periodo di »interregno« (così viene definito dalla difesa del ricorrente ), da un lato, il sindaco [...]» - di cui non farò il nome - «non avrebbe potuto esercitare nemmeno i poteri sindacali inerenti a emergenze sanitarie, di salute e di pubblica igiene e, dall'altro, la retroattività della cessazione della carica fino al giorno di proclamazione degli eletti avrebbe comportato il travolgimento di tutti gli atti adottati medio tempore dal sindaco».
«È evidente» - prosegue il TAR del Veneto - «che una retroattività, cui sono ricollegate così gravi conseguenze, doveva essere necessariamente ed espressamente prevista dal legislatore».
È pacifico che in un caso come questo, in cui il sindaco viene dichiarato decaduto, non si può sostenere che egli abbia svolto la funzione del funzionario di fatto: è pacifico in quanto il concetto stesso di decadenza comporta che tutti gli atti posti in essere precedentemente restino validi ed efficaci. La decadenza opera per il futuro, non può produrre un effetto retroattivo; cosa diversa, invece, si deve dire per la nullità.
Al riguardo, abbiamo volutamente prodotto tutta una serie di atti deliberativi per mostrare la mole dell'attività svolta dall'onorevole Neri, quale il sindaco in carica del comune di Lentini, in quel periodo. Sostenere che tutti gli atti - determinazioni del sindaco, delibere di giunta, delibere di consiglio comunale - ai quali egli ha partecipato e tutti gli atti posti in essere nella sua veste pubblica debbano essere ritenuti tamquam non essent, onestamente, è un giudizio talmente paradossale che non può essere preso in considerazione.
Un altro elemento importante sul quale l'onorevole Neri ha voluto discettare riguarda la discrezionalità del rinvio da parte del tribunale di Siracusa: l'onorevole Neri sostiene che se il tribunale di Siracusa, che poteva decidere la sua situazione di decadenza per incompatibilità, non avesse rinviato più volte la seduta, a quest'ora sarebbe stato dichiarato decaduto. Questo ragionamento lo definirei non apprezzabile dal punto di vista giuridico, con tutto il rispetto per la persona, in quanto il problema è semmai al contrario: è l'onorevole Neri che avrebbe dovuto dimettersi, quindi non può imputare alla lungaggine del tribunale di Siracusa un rinvio che gli ha procurato la permanenza nella carica di sindaco fino a quella data.


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A parte questo, all'onorevole Neri sfugge un'altra considerazione: noi abbiamo prodotto gli atti del tribunale di Siracusa, dai quali si evince - la sua difesa, l'avvocato che anche oggi lo assiste, lo potrà confermare - che durante l'ultima udienza, del 24 febbraio 2006 mi pare, in seguito alla quale, poi, è stata emessa la sentenza, è stato chiesto che il giudizio venisse rinviato alla Corte costituzionale e, quindi, sospeso ex articolo 295 del codice di procedura civile.
In buona sostanza, la tesi difensiva mi sembra confliggere con questa richiesta, perché se il tribunale di Siracusa avesse accolto l'istanza, a quest'ora gli atti sarebbero stati inviati alla Corte costituzionale e l'onorevole Neri sarebbe stato sindaco in carica del comune di Lentini e contemporaneamente deputato.
Magari aggiungerò qualche altro elemento nella mia breve e successiva replica, tuttavia una cosa è comunque certa: l'ipotesi di ineleggibilità è talmente chiara, talmente evidente, palmare che ritengo che questa Giunta, mantenendo il suo giudizio sulla ineleggibilità, non farà altro che applicare correttamente la legge.

PRESIDENTE. Do ora la parola al rappresentante dell'onorevole Neri, professor avvocato Agatino Cariola.

AGATINO CARIOLA, Rappresentante del deputato Neri. Grazie, signor presidente. Innanzitutto, sento il dovere di salutare il signor presidente e tutti voi, onorevoli componenti di questa Giunta.
Non sta a me ripercorrere punto per punto i passaggi normativi relativi alla vicenda delle ineleggibilità e delle incompatibilità parlamentari. Non sta a me svolgere questo compito, ma sta a me, nell'esercizio del dovere di difesa a favore dell'onorevole Neri, presentare alcune osservazioni che riguardano questa vicenda, assolutamente singolare, unica e irripetibile.
Si tratta di una fattispecie di fatto che non è contemplata dall'articolo 7 del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, la quale richiede a codesta onorevole Giunta di applicare tutti i principi presenti in materia, a cominciare da quelli che richiamano l'esigenza di prestare attenzione al diritto all'elettorato passivo del mio assistito.
Vorrei far notare una cosa: la legislazione attuale (dal testo unico per le elezioni dei consigli comunali n. 570 del 1960 in avanti) prevede che l'elettore, il cittadino che propone l'azione popolare, che propone il ricorso elettorale, dia una sorta di tempo, di spatium deliberandi all'eletto per poter decidere se rimanere in carica, accettare il rischio del giudizio oppure dimettersi.
Questa soluzione è stata ritenuta pressoché costituzionalmente obbligatoria da una nota sentenza della Corte costituzionale, la n. 160 del 1997, in cui si stabilisce che, «ferma la concorrenza dei due meccanismi» (quello previsto dall'articolo 7 della legge n. 154 del 1981 e l'azione diretta al tribunale, contemplata dall'articolo 9-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960) «gli articoli 3 e 51 della Costituzione impongono di temperare l'eccessiva severità del sistema attuale, quale risulta definito dalla giurisprudenza, assicurando la proporzione tra fini perseguiti e mezzi prescelti. Bisogna dunque consentire di rimuovere la causa di incompatibilità entro un termine ragionevolmente breve, dopo la notifica del ricorso, per assicurare un equilibrio tra la ratio giustificativa dell'incompatibilità e la salvaguardia del diritto di elettorato passivo, senza pregiudizio di un futuro intervento del Parlamento e di una evoluzione giurisprudenziale che diano compiuta razionalità al sistema».
Già allora - vorrei sottolinearlo - la Corte invocava l'intervento del Parlamento, ma anche l'evoluzione della giurisprudenza, ordinaria e parlamentare, affinché fosse data razionalità al sistema. In questo contesto, qual è l'efficacia delle sentenze dei tribunali civili che accertano la situazione di ineleggibilità oppure di incompatibilità e che, di conseguenza, dichiarano la decadenza? La giurisprudenza è copiosissima, però, vorrei citare solamente due pronunce. La prima è quella


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della Corte di cassazione di alcuni mesi fa, del 24 luglio 2006, la n. 16.889, che riguardava il caso di un consigliere regionale della Sardegna, a sua volta presidente di un ente controllato o vigilato dalla regione, e che per questo versava in una situazione di incompatibilità.
La Corte di cassazione, in questa sentenza del luglio dell'anno scorso, quindi solamente di alcuni mesi addietro, ebbe a giudicare dell'ipotesi di incompatibilità di un consigliere regionale della Sardegna, a cui si applica la legge n. 154 del 1981, abbastanza simile, nella sua disciplina, agli articoli 69 e 70 dell'attuale testo unico sugli enti locali. Ebbene, la Corte precisò, in quell'occasione, che la mancata rimozione della situazione di incompatibilità, nel termine di dieci giorni dalla ricevuta notifica del ricorso introduttivo del giudizio elettorale, comporta - per l'appunto - la decadenza di quel consigliere. «Giurisprudenza pacifica» - voi mi direte - «non afferma niente altro che quanto è già disciplinato dalla legge». La Corte di cassazione, però, in quell'occasione fece una precisazione importante.
Era successo, infatti, che l'azione popolare inizialmente era stata esercitata, ma poi era stata abbandonata. La Cassazione, allora, rilevò che «i profili pubblicistici e di ordine pubblico della materia - ineleggibilità e incompatibilità - certamente prevalenti sull'interesse particolare del singolo elettore ricorrente e sullo stesso principio dispositivo tipico del procedimento civile, comportano che il decorso del termine [...]» - i dieci giorni dalla notifica del ricorso -, «stabilito per soddisfare esigenze di natura pubblica, sia insensibile ad eventi o scelte processuali del ricorrente». È subito da aggiungere che il termine dei dieci giorni come è insensibile alle scelte processuali del ricorrente lo è anche alle scelte processuali degli altri soggetti, a cominciare dalle scelte dell'attore del processo che è rappresentato dal giudice.
C'è un'altra sentenza, un po' più vecchia, della Cassazione, la n. 3.508 del 1993, che riguardava consiglieri e sindaco di un comune della provincia di Bologna, all'epoca amministratori di una società comunale. Anche in quell'occasione, la Corte di cassazione ebbe a dire che «non è irragionevole ritenere che il vano decorso del termine stesso renda non più rimuovibile tale causa e determini la decadenza a carico dell'inadempiente». Cosa si vuol dire? Si vuol dire che nel sistema della legislazione, quale inteso dalla giurisprudenza e, soprattutto, quale voluto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, le date della notifica del ricorso e del successivo spatium deliberandi dei dieci giorni fotografano la situazione, la fissano, la pietrificano: è a quel momento, e solo a quel momento, che si deve fare riferimento.
Tutte le attività successive, tutti i fatti, gli eventi che in seguito possono intervenire non hanno, da questo punto di vista, efficacia alcuna, sia che questi fatti siano addebitabili al ricorrente, sia che siano addebitabili all'eletto, sia che siano imputabili agli altri soggetti del processo.
Allora, non è assolutamente uno scandalo giuridico, anzi, al contrario, è lo svolgimento di principi giuridici pienamente affermati e riconosciuti dalla giurisprudenza, dire che le sentenze che intervengono in materia di ineleggibilità e di incompatibilità, appunto in quanto sentenze dichiarative, non fanno altro che riconoscere, fotografare quanto è già avvenuto. Intervengono su uno status, e la sentenza, per definizione, da questo punto di vista, non crea lo status, semmai lo accerta.
Non è che una sentenza del tribunale può dire se un individuo sia cittadino italiano o meno, se sia celibe oppure sposato: può accertarlo in caso di contestazione, ma il fatto che quel soggetto sia cittadino italiano, celibe oppure coniugato, dipende da altre circostanze, e sono tali circostanze a conferire quello status. La sentenza successiva ha necessariamente effetti ricognitivi; è quella che si chiama sentenza di «mero accertamento».
Se si pensasse diversamente, se si ritenesse che le sentenze in materia elettorale abbiano diversa natura, abbiano efficacia costitutiva, si attribuirebbe al giudice,


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paradossalmente, il potere di prorogare la durata in carica di un sindaco, di un consigliere comunale o di un consigliere regionale; le vicende processuali sarebbero, perciò, determinanti sotto il profilo amministrativo e politico, in spregio al principio di prevalenza degli interessi pubblici che caratterizzano il processo elettorale.
Da quanto ho detto possono essere tratte alcune conseguenze. Il ricorso dei signori Magnano per fare accertare l'incompatibilità delle cariche di sindaco del comune di Lentini e di deputato regionale all'assemblea regionale siciliana dell'onorevole Neri è stato depositato il 7 novembre, e subito dopo notificato all'interessato. È da questa data che inizia a decorrere lo spatium deliberandi concesso all'onorevole Neri per decidere; ed è a quella data, 25 novembre 2005, che tutte le sentenze, di primo, di secondo grado, in Cassazione, dovevano fare riferimento.
L'articolo 82 del testo unico per le elezioni dei consigli comunali e provinciali n. 570 del 1960, prevede che le cause in materia elettorale si svolgano in una sola udienza: il tribunale di Siracusa avrebbe potuto decidere già il 16 dicembre. Ha rinviato dapprima al 3 febbraio, poi al 24 febbraio. Poco fa, il collega Foti ha addebitato a questa difesa le ragioni del rinvio, però dagli atti depositati al vostro giudizio sia da parte dell'onorevole Neri sia da parte dell'onorevole Paffumi, risulta ben altro. Risulta che una cosa è chiedere che il giudice sollevi la questione di legittimità costituzionale, a tutela degli interessi pubblici coinvolti, e a tutela dei diritti dell'eletto, altra, ben diversa, è che il giudice non lo faccia e disponga, in maniera assolutamente discrezionale, un rinvio di cui non c'è assoluto bisogno. È quello che è avvenuto in questa fattispecie: il verbale dell'udienza del 3 febbraio 2006, caro avvocato Foti, questo dice. Questa difesa ha chiesto la sospensione del processo per la definizione di questioni di legittimità costituzionale: se il giudice avesse rinviato dinanzi alla Corte costituzionale, si sarebbe potuto ritenere dilatorio l'atteggiamento assunto da questa difesa, ma così non è stato: il rinvio del 3 febbraio 2006 è stato un rinvio assolutamente ingiustificato, che allora non può gravare sull'onorevole Neri.
Sotto il profilo del merito, visto che ci stiamo riferendo a quella vicenda, devo semplicemente, far constatare, che la decisione del tribunale di Siracusa è stata, qualche mese dopo, rovesciata da una sentenza della Corte di cassazione, perché su una vicenda del tutto analoga a quella dell'onorevole Neri, la Cassazione, con la sentenza n. 16.650, ha affermato che non c'era alcuna ragione di incompatibilità. Questa decisione sarebbe chiaramente stata applicata anche nella vicenda che vede coinvolto oggi il mio assistito.
Quando il 24 febbraio 2006 interveniva il dispositivo di decadenza del tribunale di Siracusa - con motivazione resa nota solo successivamente - l'onorevole Neri era già decaduto dalla carica di sindaco. Di fatto, poi, dal gennaio 2006, egli non esercitava più le funzioni correlate a tale ruolo.
Quando l'onorevole Neri si candidava alle elezioni per la Camera dei deputati, alla stregua dell'articolo 3-bis del decreto-legge n. 1 del 2006, poi convertito dalla legge n. 22 del 2006, era perfettamente eleggibile; non aveva bisogno di presentare nessun atto di formale dimissione perché questo avrebbe significato, duplicare l'ipotesi per cui si decade, e non si esercitano più le funzioni di sindaco. Quante volte lo doveva fare? Con le dimissioni, con la decadenza, con altre dichiarazioni ad opera del consiglio comunale? Basta un solo atto.
Dirò ancora, tra breve, che questa fattispecie della decadenza, in virtù di una sentenza giudiziaria accertata, non è contemplata nell'articolo 7 del testo unico delle leggi per le elezioni della Camera dei deputati.
L'onorevole Paffumi, nel suo ricorso, ha contestato all'onorevole Neri l'adozione di taluni atti. Ricordo a me stesso che nell'ordinamento degli enti locali della regione siciliana il sindaco ha una competenza residuale in tutti gli atti che non siano di competenza del consiglio o della giunta. Allora, permettetemi una domanda


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paradossale. Gli atti che ha adottato il Neri in quel periodo sono veramente ben pochi rispetto agli atti che normalmente un sindaco adotta. L'onorevole Paffumi ha riportato tutti gli atti che già dal luglio 2006 sono stati adottati dal Neri all'interno del comune di Lentini, però tra questi non c'è, alla fine, un atto deliberativo o un atto che impegni la responsabilità dell'ente, né tanto meno ve ne è uno che impegni la responsabilità politica dell'ente medesimo, un atto che possa essere fatto risalire alle sue competenze sindacali. L'avvocato Foti ricordava poco fa le competenze del sindaco che, però, è un organo di indirizzo politico. Non a caso il testo unico sugli enti locali, a proposito del sindaco, si apre con l'indicazione che questi è l'organo responsabile dell'amministrazione e del comune. E dove sono questi atti dell'onorevole Neri, relativi all'amministrazione del comune di Lentini nel periodo considerato?
Dal 20 gennaio 2006 l'onorevole Neri non ha più partecipato alle sedute di giunta; dal 30 gennaio 2006 non ha più preso parte alle sedute del consiglio comunale di Lentini. Abbiamo degli atti che sono alcune attestazioni, che sono atti confermativi oppure abbiamo degli atti dovuti.
Per quanto riguarda l'atto contestato, ancora poco fa, dall'avvocato Foti all'onorevole Neri, l'invito al funzionario comunale di istruire una pratica in ordine ad una variante, è quasi superfluo ricordare che il consiglio comunale, in base all'articolo 32 della legge n. 142 del 1990, gode di competenza assolutamente esclusiva a questo riguardo.
Debbo anche fare alcune riflessioni in ordine al tema del funzionario di fatto: perché l'onorevole Neri ha dovuto adottare questi atti? Perché, in una situazione di incertezza, la necessità di evitare che potesse prefigurarsi la sua personale responsabilità sia sotto il profilo civile sia sotto quello contabile, sia sotto quello penale, doveva indurlo ad adottare alcuni atti, i quali, ripeto, erano atti dal contenuto obbligato e dovuto, e non erano atti di indirizzo politico.
Per quanto riguarda la presenza del funzionario di fatto nel nostro ordinamento e anche a proposito delle funzioni che il sindaco esercita come ufficiale di stato civile, ricordo che la norma sul funzionario di fatto è contenuta proprio nel codice civile. Mi pare che sia, se ricordo bene, l'articolo 120 del codice civile quello che prevede che, se ci si sposa dinanzi ad un ufficiale dello stato civile che formalmente non è tale, il matrimonio è ciononostante valido. In tutte le trattazioni sul funzionario di fatto, questa norma del codice civile, a proposito dell'ordinamento dello stato civile, è quella che viene indicata per prima.
Nei lavori di Giunta si è posto il problema dell'articolo 7 del testo unico n. 361. L'articolo 7 di quella disciplina ha una storia che attraversa un po' la storia del nostro Parlamento e quella della legislazione elettorale del Parlamento medesimo. Quel testo è nato quando la legislazione elettorale presupponeva il voto di preferenza e allora correttamente si sanciva la cosiddetta «ineleggibilità a salire» dei sindaci dei comuni superiori a ventimila abitanti, per evitare captationes benevolentiae; però la legislazione elettorale è stata superata. Già nell'organizzazione comunale e nell'organizzazione amministrativa si è introdotta la separazione tra politica e amministrazione, prima con la legge n. 142 del 1990, poi con il decreto legislativo n. 29 del 1993, poi ancora con il testo unico del 2001, e soprattutto è stata modificata la legislazione elettorale, prima nel 1993 e poi nel 2005. Nel sistema delle liste bloccate, che non hanno più il voto di preferenza, la limitazione va ripensata; non a caso questa Giunta si è posta il problema e ha avvertito la necessità di reinterpretare questa medesima disposizione.
Tra l'altro, nel sistema delle liste bloccate senza voto di preferenza non può nemmeno sostenersi che il candidato sindaco avvantaggerebbe la lista, perché paradossalmente avvantaggerebbe proprio il ricorrente, avvantaggerebbe proprio colui che, primo dei non eletti, farebbe poi ricorso per far dichiarare l'ineleggibilità: è


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un po' tutto il sistema, probabilmente, che va reinterpretato, che va riconsiderato. L'articolo 7 non contempla la vicenda che riguarda l'onorevole Neri perché quella norma è frutto di una determinata legislazione elettorale. L'articolo 7, in altri termini, non contempla tutte le fattispecie possibili ed immaginabili.
Nella situazione che stiamo esaminando cosa troviamo? Troviamo da una parte l'onorevole Neri, che è «incastrato»: c'è una situazione di incertezza prodotta dal ricorso contro di lui dai signori Magnano, quando era sindaco di Lentini, situazione di incertezza aggravata dalla decisione giudiziaria che poi è stata sconfessata - ricordavo poco fa - dalla sentenza della Cassazione; ci sono poi i tempi del procedimento giudiziario a carico dell'onorevole Neri: sono tutte situazioni che incastrano il mio assistito. Dall'altra parte, però, c'è il diritto di elettorato passivo che ha la veste del diritto soggettivo pieno ed assoluto. L'articolo 7, proprio perché non contempla questa fattispecie, signor presidente e signori deputati di questa Giunta, non può essere interpretato così come vorrebbe l'onorevole Paffumi.
Poiché ho iniziato ricordando la sentenza della Corte costituzionale n. 160 del 1997, concluderò il mio intervento proprio con un passaggio di questa sentenza, perché la Corte, ripercorrendo un bel po' della sua giurisprudenza - la sentenza n. 571 del 1989, la n. 235 del 1988, la n. 476 del 1991, la n. 141 del 1996, ossia circa vent'anni di proprie elaborazioni giurisprudenziali - afferma: «Le limitazioni poste al diritto di elettorato passivo, che questa Corte ha ricondotto alla sfera dei diritti inviolabili [...], debbono essere necessarie e ragionevolmente proporzionate». È, ripeto, un passaggio della sentenza n. 160.
Allora, proprio perché codesta Giunta svolge in questa materia delle funzioni giurisdizionali - mi si permetterà di ricordare, a questo proposito, la lettura di Dworkin, del giudice che è il garante dei diritti - non può non essere affermata la prevalenza del diritto dell'onorevole Neri, del diritto di elettorato passivo dell'onorevole Neri e, quindi, l'insussistenza di qualsiasi ipotesi di ineleggibilità a suo carico. Grazie.

PRESIDENTE. Siamo noi a ringraziarla, professore.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire.

GIUSEPPE CONSOLO. Presidente, desidererei che lei chiedesse al resistente - in relazione ad un passo della relazione letta dall'onorevole Nespoli in cui si rileva come il deputato Neri abbia continuato a svolgere funzioni di sindaco (così si afferma nel documento esposto) - se quelle esercitate fossero funzioni realmente proprie di quella carica. La prego, inoltre, di domandare al resistente se egli abbia mai compiuto atti di straordinaria amministrazione; qualora, invece, gli atti adottati fossero riconducibili all'amministrazione ordinaria, vorrei sapere se la loro eventuale omissione da parte del resistente sarebbe stata sanzionabile. Questo è quanto desidererei, in fatto, sapere per le conseguenze di diritto che ne scaturiscono.

PRESIDENTE. Intende il resistente intervenire immediatamente o in sede di replica?

SEBASTIANO NERI. Presidente, mi rimetto alle valutazioni della Giunta, affinché sia garantita la migliore e più agevole organizzazione dei suoi lavori.

PRESIDENTE. Sta bene. Procediamo, dunque, con gli interventi dei colleghi, cui seguirà la replica del ricorrente e del resistente.

GABRIELE BOSCETTO. Chiedo che il resistente ci chiarisca meglio la decorrenza del termine di decadenza, come è stata pronunciata dal tribunale di Siracusa perché, nel testo della sentenza, non si fa richiamo alla data del 25 novembre (almeno non mi pare di aver letto in alcuna pagina questa data). Ritengo, invece, che ai fini del nostro giudizio sia necessario un chiarimento al riguardo.


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Vorrei infine sapere dal resistente come mai non si sia avvalso del termine di cui al decreto del gennaio 2006.

PRESIDENTE. Non essendovi altri interventi, do la parola al ricorrente o al suo rappresentante legale per la replica.

MARIO FOTI, Rappresentante del ricorrente Angelo Paffumi. Onorevole presidente, onorevoli componenti della Giunta, sarò brevissimo, perché ritengo che, con tutto il rispetto, la difesa dell'onorevole Neri si muova, sostanzialmente, in base alle stesse argomentazioni su cui si è prodigata nelle memorie e in tutti gli atti difensivi. Dico questo cercando di pormi anche dal punto di vista del collega avversario, perché talvolta non è facile difendere tesi che hanno punti notevolmente deboli.
Il punto non è l'interpretazione, la sentenza della Corte costituzionale o la disamina che fa la Corte di cassazione sull'incompatibilità in funzione della carica pubblica: stiamo valutando un'ipotesi diversa. Il problema è che c'è una legge dello Stato - che fino a prova contraria non è stata modificata e che, quindi, va applicata -, la quale stabilisce, con un preciso formalismo e con il rispetto di regole puntuali, che chi si candida alla Camera dei deputati deve esercitare le funzioni entro un termine e l'effettiva astensione da ogni atto dell'ufficio rivestito deve essere compiuta con una formale presentazione delle dimissioni. Tutto il resto fa parte di considerazioni che - scusatemi - lasciano il tempo che trovano.
Il punto è questo. L'onorevole Neri, a quella data, doveva rispettare la legge. Poi, che si tratti di una legge superata, di una legge del 1956 o del 1951 non importa: è una legge dello Stato. Chiunque svolga una funzione giurisdizionale, quindi sia codesta onorevole Giunta sia, soprattutto, l'onorevole Neri, nella qualità di magistrato, deve rispettare quella legge, per un principio di gerarchia delle fonti, che tutti abbiamo studiato, per un problema di vigenza del nostro diritto positivo. Il nostro diritto positivo imponeva all'onorevole Neri - così come determinava l'incompatibilità tra la posizione di deputato regionale e la carica di sindaco di un comune con una popolazione superiore ai ventimila abitanti (tant'è che l'interessato è stato dichiarato decaduto) - di dimettersi prima di candidarsi alla Camera dei deputati. Tutto il resto, lo ripeto, non ci riguarda.
Gli altri punti su cui si è soffermata l'attenzione del collega avversario riguardano le considerazioni sugli atti posti in essere dal sindaco. Andiamo, allora, sul pratico e usciamo fuori dalla situazione del funzionario di fatto. Tale figura risale al diritto romano: Barbarius Philippus servus fugitivus rivestì le funzioni di pretore, all'epoca. Quindi, gli atti compiuti dal funzionario di fatto furono validi ed efficaci, così come gli atti posti in essere dal sindaco Neri sono validi. Anche perché, come ho detto, si tratta di una sentenza di decadenza a far data dal 5 marzo 2006, in epoca successiva ai fatti considerati, restando, come tali, validi gli atti compiuti nel periodo antecedente. Anche se è una sentenza dichiarativa, come giustamente ha riconosciuto questa Giunta, ha svolto le sue funzioni.
La funzione di sindaco, ripeto, non è solo quella di compiere gli atti del consiglio, di partecipare alle giunte, di chiedere al presidente del consiglio comunale che vengano inseriti dei punti all'ordine del giorno, ma è anche una funzione politica. Il consiglio comunale svolge un ruolo di indirizzo politico però, di fatto, il sindaco ha un potere amministrativo notevole nel nostro ordinamento, anche con l'introduzione delle nuove norme. Chi vi parla è stato presidente del consiglio comunale e sa benissimo che, in quella sede, si esaminano le proposte avanzate dal sindaco, anche se su alcune materie, tipo quelle urbanistiche, la competenza del consiglio comunale rimane esclusiva. Gli atti di impulso attraverso i quali, in base ad una scelta politica, il sindaco di un comune sollecita il consiglio comunale a porre in essere determinati atti amministrativi non sono atti di gestione, non sono atti di responsabilità - con questo rispondo anche


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alla domanda poc'anzi sollevata - ma sono atti di indirizzo politico. Adesso vi darò una breve dimostrazione di questo.
Ad esempio, se guardiamo alla legge elettorale, qual è il ruolo che può svolgere un sindaco nella sua posizione? In un comune, il sindaco tiene i registri dello stato civile, quindi è ufficiale dello stato civile. Gli accertamenti delle residenze, che influiscono - anche sotto il profilo elettorale - in un comune possono essere disposti o tramite i vigili urbani, con delle verifiche, o d'ufficio dal sindaco. Questo è solo un piccolo esempio del ruolo che può svolgere un sindaco, per il mero fatto di rivestire quella carica in un determinato momento.
Al di là di ogni altra considerazione, non si può dire che ci sia stato un colpo di spugna in grado di operare retroattivamente al punto da far ritenere che, in quel momento, l'onorevole Neri non fosse sindaco in carica.
L'ultima considerazione sulla quale vorrei intervenire è la seguente: il funzionario di fatto è previsto dal codice civile, ma noi siamo nell'ambito del diritto amministrativo. Perciò, non è consentito fare delle analogie in termini di funzionario di fatto. Abbiamo dimostrato una cosa nel primo ricorso, con il quale si chiedeva di accertare la sussistenza della causa di ineleggibilità: abbiamo prodotto un documento importante, sul quale richiamo la vostra attenzione, che è stato preso in considerazione dal Comitato che ha svolto l'istruttoria e anche da questa Giunta. Il documento riguarda la richiesta di variante allo strumento urbanistico presentata al comune di Lentini e porta la data del 17 febbraio 2006 (allegato n. 3 del ricorso introduttivo).
Questo documento, recante la firma del sindaco ed inviato al coordinatore del IV settore, che credo sia il settore urbanistico, ha per oggetto un «Complesso insediativo chiuso ad uso collettivo, ex articolo 15 della legge regionale n. 71 del 1978, destinato all'esclusiva residenza temporanea dei militari americani nella base di Sigonella - Richiesta di variante al PRG». Esaminandone il contenuto, si legge: «Vista la richiesta, protocollo 3565 del 3 febbraio 2006, con la quale il dottor Mauro De Paoli, in qualità di presidente della società Scirumi srl, proprietaria di alcuni terreni siti nel territorio del comune di Lentini, ha proposto all'amministrazione comunale una variante allo strumento urbanistico generale, finalizzata allo scambio di destinazione d'uso dei citati terreni, per realizzare un complesso insediativo chiuso, ad uso collettivo, destinato all'esclusiva residenza temporanea dei militari americani della base di Sigonella; vista la nota protocollo 5463 del 9 febbraio 2006 del coordinatore del IV settore; considerato che la proposta ha un'importante rilevanza sociale, economica e occupazionale per la città di Lentini, si dispone che il progetto di variante in oggetto venga istruito con urgenza, acquisendosi tutti i pareri previsti per legge, perché lo stesso venga portato in consiglio comunale per la relativa approvazione»; firmato: il sindaco, onorevole Sebastiano Neri, in data 17 febbraio 2006.
Che cos'è questo? È un atto politico o è un atto di gestione? È un atto in cui c'è stata una volontà politica oppure no? Questo è un atto politico, con il quale il sindaco del comune di Lentini, nell'interesse della sua città, ha ritenuto opportuno acquisire i pareri perché questo intervento di natura urbanistica aveva un'importante rilevanza sociale, economica e occupazionale per il suo comune. Il sindaco ha sollecitato gli uffici a predisporre questi atti e gli uffici sono stati molto solerti. Questa variante allo strumento urbanistico, che ha trasformato una zona adibita ad uso agricolo in una zona edificatoria nel comune di Lentini, per una superficie di circa 760 mila metri cubi, di 91 ettari, di circa 914.983 metri quadri, è stata, poi, approvata dal consiglio comunale, in data 19 aprile 2006.
Certo, è stata approvata dal consiglio comunale, che aveva competenza esclusiva in materia, ma è chiaro che, in questo periodo, il sindaco ha dato un input, nell'interesse della sua comunità, intendiamoci! A seguito di ciò, sono stati effettuati degli investimenti e si è operata una trasformazione


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notevole del territorio: alla fine, saranno realizzati circa 5-6 mila alloggi. Di questa faccenda si trovano anche dei riscontri su Internet.
Ora, mi appello al giudizio di questa Giunta: questo è un atto politico o un atto di gestione? È un atto con il quale è stata posta in essere una scelta politica oppure no, proprio nel momento in cui l'onorevole Neri aveva il problema di doversi dimettere? Non dimentichiamo che il sindaco Neri avrebbe dovuto dimettersi il 5 febbraio, o il 4 febbraio 2006, per rispettare i termini che la legge gli imponeva per le dimissioni. In atto c'era questa scelta urbanistica importante per il comune di Lentini, quindi credo che egli fosse occupato a portare avanti questo progetto, perché non si può credere che solo il 3 febbraio 2006 fosse venuto a conoscenza di questa possibilità di variare lo strumento urbanistico del suo comune.
Dunque, le cose non stanno nei termini che sono stati presentati con l'intento di minimizzare una situazione di fatto accaduta. L'onorevole Neri, a tutti gli effetti, è stato sindaco del suo comune; ha esercitato il suo ruolo di sindaco, si è ricandidato alle elezioni successive, è andato pure al ballottaggio; aveva in corso un progetto di legge presentato all'assemblea regionale siciliana che chiedeva - lo abbiamo prodotto - l'eliminazione della causa di incompatibilità, in modo che anche da questo punto di vista avrebbe potuto risolvere il problema dell'incompatibilità della carica di deputato regionale con quella di sindaco. Che si dica che in questo caso non sussistono le situazioni di ineleggibilità, di cui all'articolo 7 del provvedimento che si chiede di applicare, ce ne vuole!
In conclusione del mio intervento, mi appello alla serena valutazione di questa Giunta perché confermi l'accertamento della sussistenza della situazione di ineleggibilità.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Neri.

SEBASTIANO NERI. Presidente, mi limiterei a rispondere in punto di fatto alle domande che sono state poste e affiderei la replica al mio difensore.

PRESIDENTE. Sta bene. La prego, dunque, di esporre la sua posizione.

SEBASTIANO NERI. L'onorevole Consolo chiedeva se avessi compiuto atti discrezionali rientranti nella assoluta competenza sindacale o se, viceversa, avessi compiuto atti di mera attestazione e atti dovuti.
So per certo che la Giunta ha esaminato tutta la documentazione allegata agli atti presentati: a questa domanda dà confortevole e agevole risposta il riscontro della documentazione prodotta dalla controparte. In sede di replica, il difensore dell'onorevole Paffumi si è richiamato al potere di indicare l'inserimento di argomenti all'ordine del giorno (l'ho sentito un attimo fa): non esiste nessuna mia attività indirizzata in questa direzione, né di presidenza di Giunta, né di formazione dell'ordine del giorno dei consigli comunali come richiesta di inserimento al presidente del consiglio, perché dal 26 o 29 gennaio - il giorno preciso mi sfugge, ma le date sono documentate - mi sono rigorosamente astenuto, anche fisicamente, dal partecipare alle riunioni, non perché non ve ne siano state - abbiamo documentato che le riunioni di consiglio e di giunta hanno avuto luogo -, ma perché io non vi ho mai preso parte.

PRESIDENTE. La sua assenza risulta dai documenti prodotti?

SEBASTIANO NERI. Certo. La giunta è regolarmente presieduta dal vicesindaco ed io risulto assente. Le convocazioni della giunta sono sottoscritte dal vicesindaco, le convocazioni del consiglio comunale, ovviamente, dal presidente del consiglio comunale: neppure il consiglio comunale mi ha mai visto presente dalla fine di gennaio in poi.
È stato introdotto, presidente, un argomento suggestivo; se non si ha conoscenza completa degli atti, è un argomento che può indurre qualche condizionamento:


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mi riferisco alla variante al piano regolatore generale che riguarda questo ipotetico insediamento.
Quella lettera è un atto assolutamente interno: se ci fosse stato un sindacato di ammissibilità della documentazione, sarebbe stato rilevato che quella lettera non concorre neanche incidentalmente alla formazione del procedimento amministrativo. Su questa cosa con l'onorevole Burchiellaro abbiamo già avuto una divergenza di vedute, ma con assoluta serenità voglio dire che la competenza esclusiva del consiglio comunale è nei fatti: quella procedura è stata istruita, deliberata, comunque successivamente alla mia decadenza.
La parte essenziale di quella procedura è stata effettuata nel corso della nuova amministrazione; qui non entra in gioco il colore delle amministrazioni, ma siccome si parla di un organo anche a composizione politica, vorrei dire che si tratta di un'amministrazione di centrosinistra, con un sindaco che è espressione della Margherita, che ha portato in consiglio comunale la richiesta di variante, per il completamento e l'approvazione dell'iter amministrativo della procedura, a dimostrazione che poco aveva a che fare con il procedimento amministrativo di quella variante medesima, e comunque poco incideva sul profilo discrezionale. Trattasi di atto assolutamente funzionale a mandare avanti una procedura della quale si sarebbero occupati altri.
Nel pieno rispetto di quelle che saranno le determinazioni della Giunta e, successivamente, dell'Assemblea, ho voluto ricondurre alla verità dei fatti la vicenda che, così com'è stata prospettata, rischiava di essere suggestiva.
Per quanto riguarda la domanda sull'indicazione della decorrenza dei termini, a parte la sentenza del tribunale di Siracusa circa l'ipotesi di incompatibilità tra la carica di sindaco di comune con popolazione superiore a ventimila abitanti e quella di deputato regionale, che la Cassazione ha detto non esistere, in quella sentenza del tribunale di Siracusa - ora agli atti -, di cui in una delle mie memorie ho richiamato il passaggio letterale, è fatto riferimento all'intervento della decadenza al decimo giorno successivo alla notifica del ricorso per mancata presentazione di una valida opzione. Quindi, la sentenza, pur non indicando, probabilmente - adesso non lo ricordo -, nel numero, la data precisa, facendo riferimento alla data di notifica del ricorso e al decorso di dieci giorni, fissa immancabilmente al 25 novembre, nel suo corpo, la dichiarazione.

GABRIELE BOSCETTO. Per quale ragione lei non si è giovato della nuova norma?

SEBASTIANO NERI. Desidero spiegarmi, per una moralizzazione completa di questa vicenda, nel pieno rispetto delle decisioni che saranno assunte.
Non mi sono dimesso perché, se la sentenza non mi avesse dichiarato decaduto, semplicemente non mi sarei candidato a deputato; così come, se il tribunale avesse accolto la richiesta di sospensione e di rimessione degli atti alla Corte costituzionale, lasciando in pendenza la situazione, semplicemente non mi sarei candidato, giacché, se fosse stata affidata soltanto alla mia libera scelta l'opzione tra la candidatura a deputato e il continuare a fare il sindaco di Lentini, avrei deciso di continuare a fare il sindaco della città di Lentini. Desidero che ciò rimanga serenamente agli atti della Giunta.
Do comunque atto al difensore della controparte di essere stato bravo, nella sua dialettica, a introdurre suggestioni. Però, partire dall'assunto «Neri era incompatibile» ed erigerlo a regola è scorretto, perché da deputato regionale ero compatibile: l'ha detto la Cassazione. Che Neri ci «riprovi», che Neri voglia fare tutto quello che gli pare, stravolgendo la legge, non è assolutamente vero... Posso aver commesso degli errori, ma nel pieno rispetto della normativa: ritengo, come ha detto il professore Cariola, a cui cedo subito la parola, di non aver approfittato di nulla; ho cercato soltanto di far valere i miei diritti in termini di elettorato passivo


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senza calpestare nessuna norma. Ero, comunque, irreversibilmente decaduto, per mia spontanea adesione e per esecuzione di quella sentenza, dalla carica di sindaco quando mi sono candidato: il mancato rispetto dei termini per le dimissioni era legato solo a questo. Se fosse dipeso solamente da me, avrei scelto di continuare a fare il sindaco della città di Lentini.

PRESIDENTE. Prego il rappresentante dell'onorevole Neri di integrare la replica del resistente. Nel farlo, mi permetto di far presente a tutti noi l'esigenza di esaurire in tempi congrui il dibattito: in questo modo potremo prontamente riunirci in camera di consiglio e quindi concludere il procedimento prima della ripresa dei lavori assembleari. Rivolgo a tutti noi questa sollecitazione, non già per togliere al resistente argomenti utili alla sua causa - argomenti che, anzi, è nostra esigenza conoscere - ma per ragioni di sintesi legate all'organizzazione dell'attività parlamentare.

AGATINO CARIOLA, Rappresentante del deputato Neri. Terrò conto di questo invito, presidente, sebbene mi fossi già ripromesso di essere, in ogni caso, conciso.
Su una cosa mi pare doveroso da parte mia reagire: all'affermazione dell'avvocato Foti secondo la quale io sosterrei una tesi debole, una causa debole, rispondo che questo non è vero. Al contrario, laddove si parla di diritti, e l'elettorato passivo - voi me lo insegnate - è un diritto, la voce si fa forte e chiara: qui si tratta di affermare il diritto dell'onorevole Neri a ricoprire la carica di parlamentare.
Codesta Giunta ha a che fare con problemi di fatto, e ha a che fare con problemi di diritto. La narrazione in fatto è stata ampiamente dibattuta. Da ultimo, l'onorevole Neri ha chiarito che il termine del 25 novembre 2005 discendeva dalla legge e dalla notifica del primo ricorso che era stato fatto a lui il 15 novembre 2005; entro dieci giorni da questa data, cioè entro il 25 novembre 2005, egli avrebbe dovuto esercitare l'opzione.
Vi è però un problema di diritto, a mio modo di vedere, che la Giunta deve affrontare: il problema della sfasatura temporale che esiste nei vari termini del procedimento elettorale così come fissato dal testo unico. L'articolo 7, più volte citato dalla controparte, richiedeva ai sindaci dei comuni con popolazione superiore a ventimila abitanti di dimettersi 180 giorni prima della data di scadenza della legislatura, per evitare la captatio benevolentiae, per evitare qualsiasi ipotesi di metus reverenziale, per evitare qualsiasi ipotesi di distorsione della campagna elettorale e, conseguentemente, per assicurare la libera espressione della volontà degli elettori. Questo nella normalità, perché poi, a seguito della successiva stratificazione normativa intervenuta sulla legge elettorale, molte volte questi tempi sono saltati: non a caso, è dovuto intervenire più volte il legislatore dell'emergenza, il Governo, con decreti-legge, per prevedere una serie di deroghe, di sistemazioni.
Ad esempio, è abbastanza recente la modifica dell'articolo 7 a proposito dei magistrati, della loro candidabilità all'interno del distretto in cui avevano esercitato le funzioni in caso di elezioni anticipate della Camera. Si è ritenuto necessario l'intervento del legislatore che, qualche legislatura fa, lo ha chiarito. Da ultimo è intervenuto, anche a seguito dell'intervenuta modifica della legge elettorale, il decreto-legge n. 1 del 2006, convertito nella legge n. 22, che ha derogato a questi termini.
Permettetemi: una cosa è la filosofia originaria dell'articolo 7 (centottanta giorni prima della scadenza della legislatura), altra è la filosofia del decreto-legge n. 1 del 2006 (otto giorni dal momento di indizione). Si tratta chiaramente di rationes, di filosofie che stanno in contrasto per una disciplina che avrebbe bisogno, e la Giunta lo ha notato nei suoi lavori, di essere ripensata.
E il termine di presentazione delle candidature? L'articolo 20 dello stesso


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decreto n. 361 dice che possono essere presentate le liste dei candidati tra il trentaquattresimo e il trentacinquesimo giorno prima della data fissata per le elezioni: il sindaco si deve dimettere sei mesi prima, ma la candidatura si presenta 35 giorni prima. Si riscontra, dunque, una forte sfasatura temporale, che, forse, si poteva giustificare un tempo, oggi non più.
Nella vicenda di fatto, che voi state affrontando e che tra poco deciderete, è successo che, in questa sfasatura temporale, nel febbraio 2006, è stato detto all'onorevole Neri: tu non eri più sindaco. Non è stato detto «non sei più sindaco», è stato detto «non eri più sindaco». Anche se fosse stato detto «non sei più sindaco», sarebbe stata la stessa cosa, causando i medesimi interrogativi all'interessato: «Come mi dimetto ora? Ho il diritto di candidarmi oppure no? Si applica per me l'elettorato passivo? Oppure si applica per 56 milioni di italiani tranne che per Sebastiano Neri?». Guardate che qui si tratta di una questione di diritti, ecco perché, ripeto, l'articolo 7 questa situazione non la contempla: è una situazione nuova, irripetibile.
Sarete voi a formare il precedente rispetto a questa ipotesi, giacché non ne abbiamo alcun altro nella giurisprudenza parlamentare. E il precedente non può non essere nel senso di far valere il diritto; non può non essere nel senso di far valere l'articolo 51 - il diritto ad acquisire le cariche elettive -, non può non essere nel senso di far valere il principio di uguaglianza, perché altrimenti significa che tutti si possono candidare alle Camere tranne l'onorevole Sebastiano Neri, l'unico italiano vittima di questa situazione; per giunta, proprio perché vittima, aggraviamo il suo stato, in quanto per lui non c'è nemmeno la possibilità di candidarsi.
Si è candidato, ma questo direi che, prima ancora di dirlo la legge, lo affermano le norme costituzionali, e se mi permettete, lo dice anche il buonsenso, il fondamentale, naturale principio di eguaglianza che sta nell'ordinamento e in ciascuno di noi.
Ecco perché l'obbligo a carico dell'onorevole Neri non poteva, in ogni caso,retroagire. Ecco perché, evocando un passo letterario, - contenuto, mi sembra, in un'opera di Calvino, Il cavaliere inesistente - quando il tribunale di Siracusa dice all'onorevole Neri «Tu non sei più sindaco», giustamente il mio assistito risponde «Va bene! Allora, mi «riscommetto» ancora, non è che per questo muoio o scompaio, mi «riscommetto» ancora, lotto ancora, entro in competizione elettorale, me lo sta dicendo un tribunale della Repubblica».
L'avvocato Foti parlava di una legge dello Stato con la «s» maiuscola. Eppure, se un tribunale della Repubblica ha dichiarato l'onorevole Neri decaduto dalla carica di sindaco, per quale ragione costui non avrebbe dovuto ricandidarsi? Perché non partecipare alla competizione? Perché non poter essere eletto?
Ecco perché, signor presidente, signori onorevoli della Giunta, a mio modo di vedere, a mio sommesso avviso, qualunque decisione venisse da voi assunta - naturalmente, con queste mie parole non intendo in alcun modo ledere l'onorabilità di nessuno -, sulla base del fondamentale principio di uguaglianza, della tutela delle situazioni giuridiche soggettive, del riconoscimento da dare al diritto di elettorato passivo, essa non potrebbe non essere a favore dell'onorevole Neri.

PRESIDENTE. Nel ringraziare le parti per la loro esposizione, sospendo la seduta pubblica per riunire immediatamente la Giunta in camera di consiglio. Prego il pubblico e le parti di uscire dall'aula.

La seduta, sospesa alle 15,50, è ripresa alle 16,35.

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica.
Comunico che la Giunta delle elezioni, riunita in camera di consiglio, ha assunto, ai sensi dell'articolo 13, comma 9, del


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proprio regolamento, la seguente deliberazione:
«La Giunta delle elezioni,
in udienza pubblica, udita l'esposizione del relatore e gli interventi delle parti, riunitasi in camera di consiglio

delibera
di affidare al Comitato per le ineleggibilità lo svolgimento di un supplemento di attività istruttoria, per accertare l'effettiva data di decorrenza della decadenza del deputato Neri dalla carica di sindaco di Lentini e di convocare, ai sensi dell'articolo 13, comma 9, del proprio regolamento, una nuova seduta pubblica non prima di venti giorni dalla data odierna, la cui fissazione sarà successivamente comunicata alle parti».

La seduta termina alle 16,40.