Seduta antimeridiana del 4/5/2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 9,55.

Elezione contestata del deputato Sebastiano Neri, proclamato nella XXV circoscrizione Sicilia 2.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 13, comma 9, del regolamento della Giunta delle elezioni, il seguito dell'udienza per la discussione pubblica del ricorso proposto dal candidato Angelo Paffumi, avverso l'eleggibilità del deputato Sebastiano Neri, proclamato nella XXV circoscrizione Sicilia 2.
L'odierna seduta pubblica è stata convocata in esito alla deliberazione non definitiva adottata dalla Giunta riunita in camera di consiglio in occasione della seduta pubblica del 7 marzo 2007, allorquando la Giunta medesima deliberò di affidare al Comitato per le ineleggibilità lo svolgimento di un supplemento di attività istruttoria «per accertare l'effettiva data di decorrenza della decadenza del deputato Neri dalla carica di sindaco di Lentini».
Il Comitato permanente per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze, riunitosi il 28 marzo 2007, ha accertato - come comunicato dallo stesso Comitato alla Giunta plenaria nella seduta svoltasi in pari data - che il momento temporale in cui si è prodotta la decadenza del deputato Neri dalla carica di sindaco di Lentini «sia - in conformità alle conclusioni cui lo stesso Comitato era già pervenuto in precedenza - da individuarsi nella data di emissione della sentenza con cui il tribunale civile di Siracusa ha dichiarato tale decadenza, ossia nella data del 24 febbraio 2006», e ciò sulla base delle considerazioni che, in sostituzione del relatore Nespoli, impossibilitato ad intervenire, illustrerò di qui a breve.
Comunico che le parti si sono costituite nella persona del ricorrente Angelo Paffumi, assistito dall'avvocato Mario Foti, e nella persona del resistente Sebastiano Neri, assistito dal professor avvocato Agatino Cariola.
Ricordo ai colleghi che, a norma dell'articolo 13, comma 9, del regolamento della Giunta, alla riunione in camera di consiglio dell'odierna seduta pubblica non potranno partecipare i componenti della Giunta che non siano stati presenti alla prima seduta pubblica. Inoltre, alla odierna riunione della camera di consiglio potranno partecipare, ai sensi dell'articolo 13, comma 7, del regolamento della Giunta, i soli componenti della Giunta che saranno stati presenti all'odierna udienza pubblica per tutta la sua durata. Pertanto, i deputati che, pur presenti alla seduta pubblica del 7 marzo, dovessero oggi sopraggiungere nell'aula a seduta pubblica già iniziata ovvero allontanarsene prima della sospensione non potranno partecipare alla riunione della camera di consiglio. Sarà cura della presidenza tenere conto dei deputati che sono stati presenti alla prima seduta pubblica e registrare i deputati presenti fin dall'inizio della odierna seduta pubblica.
Ricordo inoltre che, in base alla costante prassi, i componenti la Giunta potranno rivolgere le loro domande alle parti, esclusivamente sulla questione oggetto del supplemento istruttorio deliberato nella seduta pubblica del 7 marzo, solo per il tramite del presidente, al quale, a norma del comma 3 dell'articolo 13 del


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regolamento della Giunta, spetta la direzione della discussione e la disciplina dell'udienza, a fini di garanzia di un corretto contraddittorio tra le parti.
Avverto, poi, che al termine della relazione introduttiva prenderanno la parola, come da prassi, dapprima il ricorrente Paffumi o il suo rappresentante, quindi il deputato eletto Neri o il suo rappresentante. Gli stessi, a norma del comma 4 dell'articolo 13 del regolamento della Giunta, potranno poi replicare per una volta.
Ricordo che il ricorrente Paffumi e il resistente Neri hanno presentato, in data 30 aprile 2007, dunque entro i termini prescritti, nuovi documenti e deduzioni.
In sostituzione del relatore, onorevole Nespoli, impossibilitato ad essere presente per causa di forza maggiore, svolgo la relazione introduttiva in merito all'approfondimento istruttorio svolto dal Comitato per le ineleggibilità.
A seguito di quanto deliberato dalla Giunta riunita in camera di consiglio nella seduta pubblica del 7 marzo 2007, il Comitato permanente per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze si è riunito il 28 marzo 2007, convenendo che il momento temporale in cui si è prodotta la decadenza del deputato Neri dalla carica di sindaco di Lentini sia - in conformità alle conclusioni a cui lo stesso Comitato era già pervenuto in precedenza - da individuarsi nella data di emissione della sentenza con cui il tribunale civile di Siracusa ha dichiarato tale decadenza, ossia nella data del 24 febbraio 2006.
Come sottolineato dal Comitato, delle cui conclusioni la Giunta ha preso atto nella seduta svoltasi sempre il 28 marzo, alla scadenza del termine di dieci giorni di cui all'articolo 69 del testo unico n. 267 del 2000 non si è prodotto - a differenza di quanto sostiene il deputato Neri - alcun effetto di decadenza automatica, posto che la legge affida al consiglio comunale il potere di dichiarare la decadenza dell'amministratore locale che non abbia spontaneamente rimosso la situazione di incompatibilità. Nel caso di specie, non avendo il consiglio comunale di Lentini adottato alcuna pronuncia di decadenza a carico del sindaco Neri, si è resa necessaria, sulla base dell'azione popolare promossa dai signori Magnano, la dichiarazione di decadenza da parte del tribunale di Siracusa. Diversamente da quanto argomentato nell'udienza pubblica del 7 marzo dal rappresentante del deputato Neri, professor avvocato Agatino Cariola, nessun elemento sembra potersi trarre, nel senso della asserita retroattività della decadenza, dalla giurisprudenza relativa alla immodificabilità ad opera degli attori del processo dello spatium deliberandi di dieci giorni previsto dal testo unico sugli enti locali per la spontanea rimozione della situazione di incompatibilità da parte dell'interessato, poiché quella giurisprudenza si limita ad affermare il principio della perentorietà del predetto termine e non anche a sostenere la necessità che l'effetto della decadenza debba considerarsi comunque verificatosi entro lo spirare del medesimo termine.
Il Comitato ha inoltre confermato la valutazione secondo cui per aversi ineleggibilità è sufficiente che l'interessato rivesta formalmente la carica di sindaco, non rilevando che egli si astenga dal porre in essere atti di esercizio della stessa (cosa che peraltro, sulla base degli atti, non risulta essere avvenuta) poiché il solo fatto della permanenza in carica può generare quel metus publicae potestatis, che rappresenta la ratio giustificatrice della causa di ineleggibilità di cui all'articolo 7, primo comma, lett. c), del testo unico n. 361 del 1957.
Do ora la parola al rappresentante del ricorrente Paffumi, avvocato Foti.

MARIO FOTI, Rappresentante del ricorrente Angelo Paffuti. Signor presidente, l'onorevole Paffumi intende rendere una breve dichiarazione.

PRESIDENTE. Do quindi la parola al ricorrente, Angelo Paffumi.

ANGELO PAFFUMI. Onorevole presidente, onorevoli componenti la Giunta delle elezioni, desidero chiarire alcuni pas


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saggi, che secondo me sono importanti ai fini della definizione di un procedimento che si prolunga da dieci mesi.
Vorrei far notare alla Giunta che i documenti, che ho richiesto al comune di Lentini e che ho consegnato al dottor Mencarelli dimostrano che l'onorevole Neri, sindaco di Lentini, ha firmato moltissime delibere in qualità di presidente della giunta comunale. Dal giorno in cui il ricorso è stato presentato al tribunale ordinario civile da parte di due cittadini di Siracusa, precisamente dal 15 novembre 2005, l'onorevole Neri sostiene di non aver più firmato provvedimenti come sindaco. Egli sostiene ciò anche con riferimento al periodo successivo al 5 febbraio, che era l'ultimo giorno utile per la presentazione delle sue dimissioni. In realtà dal 15 novembre egli ha firmato moltissime delibere - era presidente della giunta ed era presente - e tantissime determinazioni sindacali di suo pugno. Egli non può assolutamente sostenere di essere stato un funzionario di fatto. Ciò non è possibile! Chi gli avrebbe dato questo potere, il prefetto o forse l'assessorato agli enti locali e regionali? Come si può arrogare il diritto di dire che è stato un funzionario di fatto? Nessuna legge lo prevede e ne prevede l'accertamento.
Secondo la legge e secondo i fatti egli ha continuato a fare il sindaco di Lentini sino al 24 febbraio 2006, firmando le carte in qualità di sindaco. Ribadisco che dal 15 di novembre 2005 al 24 febbraio 2006 egli, essendo stato presente, ha continuato a firmare le delibere come sindaco - ha firmato 34 delibere emanate nel 2005 - quindi non si può assolutamente affermare che fosse un funzionario di fatto! Posso capire che la difesa stia tentando di arrampicarsi sugli specchi, ma non c'è una legge che possa dare sostegno alla loro tesi, che rimarrà tale.
Il giorno 24 di febbraio - quando l'onorevole Neri è stato deposto - in una riunione svoltasi nel palazzo comunale, alcuni suoi amici e impiegati comunali a Lentini gli hanno chiesto il motivo per il quale non si era dimesso entro il 5 di febbraio, onde evitare di incorrere in questa causa di ineleggibilità. Egli ha risposto - ci sono testimoni che possono confermarlo - in questo modo: «Sapevo che avrei dovuto dimettermi entro il 5 febbraio, comunque non importa, tanto poi a Roma me la vedrò io!». La prima parte della sua frase è quella più interessante ai fini della vostra decisione, mentre sulla seconda lascio a voi le considerazioni del caso. L'onorevole Neri sapeva che esisteva una legge, che molti di voi hanno votato, in base alla quale dal 28 gennaio 2006 sarebbero decorsi cinque giorni per presentare le dimissioni da sindaco e per non incorrere nella causa di ineleggibilità. Egli non lo ha fatto, nonostante lo sapesse. Quello dell'onorevole Neri è stato un discorso scientifico: egli non si è dimesso perché intendeva fare il sindaco di Lentini! Lo ha fatto apposta! Lo sapeva, come dimostrano le frasi che ha pronunciato! Capisco che le cose in queste vicende possono andare per le lunghe, ma è andata così.
Sono in grande imbarazzo nel dirvi certe cose, ma vi chiedo il rispetto del diritto e mi aspetto sinceramente che venga fatta giustizia. È importante che in un organo come il Parlamento vengano fatti rispettare i diritti delle persona. Vi ringrazio e mi scuso per il tempo che vi ho rubato.

PRESIDENTE. Do quindi la parola al rappresentante del ricorrente Paffumi, avvocato Foti.

MARIO FOTI, Rappresentante del ricorrente Angelo Paffumi. Credo che dalla dichiarazione passionale - ed è giusto che sia stata così - dell'onorevole Paffumi emerga in tutta la sua evidenza la sintesi di questa vicenda. Il punto importante e focale, che è stato messo a fuoco anche dal Comitato per le ineleggibilità, è il seguente: l'onorevole Neri sapeva che avrebbe dovuto dimettersi, ma non ha compiuto questo atto formale previsto dall'articolo 7, lettera c) del testo unico n. 361 del 1957. Lo ha ribadito anche in questa sede, all'udienza del 7 marzo 2007: risulta agli atti di questa Giunta la sua volontà di fare


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il sindaco di Lentini. Lo ha detto anche durante lo svolgimento della sua difesa nella causa di incompatibilità conclusasi con la sentenza n. 200 del tribunale di Siracusa, che è stata prodotta agli atti, così come ha rilevato la stessa Commissione nella relazione del 28 marzo 2007.
C'è un passaggio molto chiaro che risulta anche dalla relazione letta da lei, signor presidente. Che la decadenza non si sia prodotta al momento della scadenza del termine dei dieci giorni dalla notifica dell'azione popolare sembra peraltro implicitamente riconosciuto dalla stessa difesa del deputato Neri nell'ambito del procedimento dinanzi al tribunale di Siracusa. L'avvocato Nella Nigroli, firmataria del controricorso presentato a nome del comune di Lentini, in persona del sindaco Neri, avverso il ricorso dei signori Magnano, presentatori dell'azione popolare, afferma - ciò risulta dal documento che abbiamo prodotto - quanto segue: «Quanto ai termini di eliminazione della incompatibilità tra la carica di sindaco e quella di deputato regionale siciliano, vi è da rilevare che ragionevolmente essi non possono decorrere dal momento della proposizione dell'azione popolare, in quanto sarebbe chiaro che, se non vi è accertamento giudiziario circa la sussistenza dell'incompatibilità, non vi è del pari causa a che il soggetto chiamato in giudizio compia una scelta tra le due cariche ricoperte». In buona sostanza in quel giudizio di incompatibilità l'onorevole Neri non si è dimesso dalla carica di sindaco e ha mantenuto questa sua doppia funzione. Egli ha anche comunicato al presidente - è un altro documento che abbiamo prodotto - del Parlamento siciliano la sua volontà di mantenere anche la carica di sindaco. C'è da fare una piccola chiosa a proposito di quel procedimento, come abbiamo anche detto nella seconda memoria difensiva, perché si è verificato un fatto alquanto strano: nel giudizio di incompatibilità, instaurato a seguito di azione popolare, nel quale l'onorevole Neri avrebbe potuto optare di dimettersi entro dieci giorni (cosa che non ha fatto) si è costituito in giudizio - secondo me impropriamente, illegittimamente e irritualmente - il comune di Lentini, dietro l'input dell'onorevole Neri. Stiamo parlando di una causa che aveva per oggetto una situazione di decadenza dalla carica, quindi si trattava di una questione che avrebbe dovuto essere affrontata solo dall'onorevole Neri, che avrebbe dovuto difendersi rispetto all'azione popolare che era stata esercitata! Invece, il comune di Lentini si è costituito impropriamente, a seguito di una determinazione sindacale, con la quale è stato nominato l'avvocato Carmela Nella Nigroli, che era contemporaneamente anche segretario comunale reggente e che, quindi, ha svolto una difesa ad adiuvandum, nell'interesse dell'onorevole Neri.
Noi abbiamo già evidenziato questo punto nelle seconde deduzioni istruttorie, ma vi è di più: con una successiva determinazione sindacale, la n. 16 del 23 febbraio 2006, quindi il giorno prima in cui avrebbe dovuto essere dichiarato decaduto dalla carica e 17 giorni dopo quello in cui avrebbe dovuto dimettersi (il termine ultimo era il 5 febbraio 2006) egli con determina sindacale e con tanto di emolumenti economici conferma la stessa Nella Carmela Nigroli, avvocato difensore in quella causa, alla carica di segretario reggente del comune di Lentini. Qui siamo allo stravolgimento di ogni norma giuridica e del principio di imparzialità della pubblica amministrazione: siamo in presenza di un soggetto che ricopre la carica di parlamentare regionale incompatibile con la carica di sindaco di un comune superiore a ventimila abitanti e che, contemporaneamente, si candida - non dimettendosi dalla carica di sindaco - ad essere eletto nel Parlamento della Repubblica. Ci sono molteplici incompatibilità e ineleggibilità, che rappresentano qualcosa di strano e di singolare e che portano allo stravolgimento del criterio di imparzialità della pubblica amministrazione.
Il punto, a mio parere, è il seguente. Credo che la questione in esame - sulla quale la volta scorsa si è voluto fare un po' di filosofia del diritto, perché dal punto di vista delle norme ritengo che ci sia poco da dire in merito alla dedotta vicenda -


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venga anche smentita in modo chiaro, lapalissiano, oggettivo, inconfutabile da alcune recentissime sentenze che noi abbiamo prodotto, la n. 98 e la n. 97 del TAR Sardegna, entrambe dell'8 febbraio 2007. La tesi paradossale alla quale vuole ricorrere la difesa dell'onorevole Neri sarebbe che la sentenza n. 200 del 2006 emessa dal tribunale di Siracusa sarebbe dichiarativa, produrrebbe cioè degli effetti ex tunc, quindi gli atti posti in essere sarebbero nulli: sarebbe pertanto tutto cancellato, tabula rasa.
Non è così. Faccio appello alla funzione giurisdizionale di questa Giunta che, più che essere un organo politico, ha esclusivamente una funzione giurisdizionale ed è un organo del Parlamento della Repubblica il quale, per definizione e per la tripartizione dei poteri dello Stato, ha anche una funzione legislativa. Praticamente si viene a sostenere che questa sentenza avrebbe una efficacia ex tunc, che quindi tutti gli atti posti in essere dal sindaco Neri sarebbero nulli. Non esiste alcuna norma giuridica nel nostro ordinamento che stabilisca una nullità di atti in casi siffatti, al contrario vale il principio della conservazione degli atti, quindi tutti gli atti prodotti a firma di un sindaco dichiarato decaduto mantengono immutata la loro validità ed efficacia giuridica. Questo è sostenuto non soltanto da me, ma anche da un tribunale amministrativo regionale.
Abbiamo prodotto, come dicevo, le sentenze n. 97 e n. 98 del 2007 del TAR Sardegna a proposito di una vicenda relativa a dei sindaci ineleggibili perché si sono riproposti per il terzo mandato; si tratta di una casistica complicata, sono intervenuti dei TAR, che hanno emesso delle sentenze sull'argomento. Tra le righe di queste sentenze, che abbiamo prodotto in atti, si vede anche l'orientamento del TAR, nella cui sentenza n. 98, facendo riferimento a un sindaco dichiarato decaduto per l'impossibilità di svolgere il terzo mandato, si legge che «l'esercizio del potere di scioglimento di un consiglio, che ha ritenuto di dovere comunque convalidare la nomina del sindaco, nonostante la prescrizione normativa cogente che ne precludeva l'eleggibilità, si giustifica inoltre [sostiene il TAR, perché nel caso di specie il consiglio aveva convalidato il sindaco eletto per il terzo mandato] con l'esigenza di evitare che tale organo potesse continuare ad agire e a gestire la cosa pubblica sotto la guida di un sindaco comunque destinato ad essere dichiarato decaduto, ma solo con effetto ex nunc in sede giudiziaria ordinaria, con conseguente validità degli atti nel frattempo adottati». Quanto ho letto significa che un TAR di questa Repubblica afferma con sentenze recenti che quando c'è una sentenza dichiarativa della decadenza di un sindaco, tutti gli atti prodotti, per il principio di conservazione degli stessi, hanno valore e validità e quindi la sentenza decorre con efficacia ex nunc, dal momento dell'emissione.
Ritengo quindi che tutte le argomentazioni, che sono state già svolte o che saranno sviluppate a breve dalla difesa dell'onorevole Neri, lascino il tempo che trovano, con molto rispetto per la posizione processuale dello stesso.

PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Neri.

SEBASTIANO NERI. Intervengo solo per una precisazione di fatto perché finora avevo preso parte ad uno svolgimento di questa vicenda, anche da parte delle parti interessate, in termini processualmente corretti, quale che sia l'esito che potrà avere secondo la decisione della Giunta.
Sono più che leggermente rimasto turbato dagli ultimi passaggi, in primo luogo dalla nota fatta pervenire dal ricorrente Paffumi, il quale ipotizza 'traccheggi' e intrallazzi di non so quale tipo a margine di questa procedura: da parlamentare e da convinto uomo delle istituzioni - ripeto, quale che possa essere l'esito di questa vicenda - non ho visto con serenità questa presa di posizione, che sembrava quasi in qualche modo voler introdurre elementi di disturbo nella serenità e nella imparzialità dei componenti della Giunta. Credo che lasci il tempo che trova però, ripeto, è un atto sgradevole.


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Trovo poi assolutamente allucinante il riferimento fatto oggi da parte del ricorrente Paffumi a frasi che io non ho mai detto a nessuno, per il semplice motivo che non le ho mai pensate, perché la mia posizione è stata sempre quella rassegnata negli atti, a cui non ho nulla da aggiungere. Egli ha cercato di suggestionare con la proposizione di questi fatti, affermando che avrei detto: »Sapevo di doverlo fare, ma non mi interessa niente, praticamente poi me la vedo a Roma « e sostenendo che ci sono testimoni. Correttezza avrebbe voluto che avesse precisato la data in cui ciò sarebbe avvenuto e la persona a cui avrei rivolto queste frasi. Non può farlo per il semplicissimo motivo che è una circostanza di fatto assolutamente inventata, ma in questa sede, per gli argomenti di cui si sta discutendo, avrebbe rischiato di suggestionare se io non avessi effettuato questa precisazione. La circostanza riferita dal ricorrente Paffumi è semplicemente falsa, inventata ad adiuvandum delle sue argomentazioni. Ho voluto dirlo perché restasse agli atti e la Giunta sapesse che parliamo di altro e magari torniamo ad occuparci delle questioni giuridiche, rispetto alle quali le decisioni saranno quelle che la Giunta medesima riterrà di prendere in assoluta serenità.

PRESIDENTE. Do ora la parola al professor Cariola.

AGATINO CARIOLA, Rappresentante del deputato Sebastiano Neri. Signor Presidente e onorevoli deputati, anch'io per tanti profili sono rimasto molto turbato dagli interventi dell'onorevole Paffumi e dell'avvocato Foti, innanzitutto perché hanno .alluso all'ipotesi che questa difesa si arrampicasse sugli specchi e che avesse una posizione poco corretta sotto il profilo dei rapporti professionali, ma soprattutto perché hanno offeso il mio assistito attribuendogli un fatto inesistente con delle illazioni assolutamente gratuite. Permettetemi di affermare che hanno offeso voi, perché in un'aula del Parlamento italiano, organo sovrano, non si può sostenere che la Giunta per le elezioni deve applicare il diritto: cos'altro dovrebbe fare, altrimenti? Questo, mi permetta, va segnalato per la correttezza dei rapporti che devono esserci tra di noi e ovviamente anche per il rispetto dovuto a questo organo, che è espressione della sovranità popolare.
Devo ora effettuare alcune precisazioni in fatto e in diritto. La difesa dell'onorevole Paffumi ha infatti affastellato una serie di circostanze e di episodi in questa vicenda che va dal novembre del 2005 al marzo del 2006, andando avanti e indietro, unendo episodi e fattispecie, colorando la personalità del mio assistito.
Sotto il profilo processuale faccio notare che un ricorso elettorale deve necessariamente essere notificato all'ente locale di cui si tratta. Il ricorso per incompatibilità davanti al tribunale di Siracusa proposto dai signori Magnano correttamente doveva essere notificato al comune di Lentini e altrettanto correttamente quest'ultimo doveva costituirsi a mezzo del suo avvocato interno: l'avvocato Nigroli è infatti pubblico dipendente del comune di Lentini, di cui è l'avvocato interno.
Tale comune non ha dunque sostenuto spese aggiuntive per questa difesa, che è un atto dovuto per un comune, ogniqualvolta venga coinvolto in un giudizio.
Non si citino, pertanto, fatti che non hanno assolutamente nulla a che vedere con la vicenda della ineleggibilità di cui deve discutere questa Giunta e servono soltanto per colorare faziosamente la vicenda in esame. Capita spesso inoltre che l'avvocato del Comune svolga anche le funzioni di vice segretario generale. È un'esperienza diffusissima in tutti gli ottomila comuni italiani. Non c'è assolutamente nessun fenomeno che possa incrinare la rispettabilità, l'onore, l'imparzialità e il senso di attaccamento alle istituzioni dell'onorevole Neri: ci mancherebbe pure che si facessero illazioni di questo tipo in un'aula come questa! Mi dispiace che siamo costretti a replicare su tali fatti, ma d'altra parte, signor Presidente e onorevoli deputati, capite bene che non possiamo lasciare queste affermazioni senza seguito.


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Per quanto riguarda gli istituti giuridici che qui vengono in rilievo, il ricorso della onorevole Paffumi e molte delle posizioni espresse all'interno del Comitato per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze di questa Giunta hanno fatto riferimento all'articolo 7 del testo unico n. 361 del 1957 per l'elezione della Camera dei deputati. In questa vicenda si innesta anche quella dell'incompatibilità a carico dell'onorevole Neri, a suo tempo dichiarata dal tribunale di Siracusa per la supposta incompatibilità tra l'ufficio di sindaco in un comune superiore a ventimila abitanti, ma inferiore a quarantamila, e il mandato di deputato regionale. Depositando gli atti, abbiamo chiarito che quella fattispecie di incompatibilità rappresenta lo sviluppo di una vicenda che si svolse in quei mesi dinanzi al tribunale civile di Catania, in cui fu coinvolto anche l'onorevole Mancuso, sindaco di Adrano. Tale pronuncia fu rovesciata dalla I sezione civile della Corte di cassazione con la sentenza del 24 luglio 2006, n. 16550, in cui venne peraltro confermato il principio della perfetta compatibilità, nell'ambito dell'ordinamento della regione siciliana, che gode di potestà esclusiva in materia di enti locali, tra il mandato di sindaco di un comune inferiore a quarantamila abitanti e il mandato di deputato regionale.
L'onorevole Neri ha quindi agito correttamente applicando il diritto e non accettando l'alternativa secca e infondata - ovvero il «ricatto politico» - postagli da alcuni attori popolari («O accetti di dimetterti oppure ti facciamo dichiarare decaduto!») nei mesi di incertezza successivi alla sentenza del tribunale di Catania sull'analogo caso Mancuso. Sul problema concernente l'articolo 7 del testo unico n. 361 del 1957 recante norme per l'elezione della Camera dei deputati, in questa vicenda del tutto particolare si innesta la questione della disciplina per far valere le ipotesi di ineleggibilità e di incompatibilità degli amministratori locali. Tale disciplina risulta dall'articolo 9-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, confluito poi negli articoli 69 e 70 del testo unico degli enti locali n. 267 del 2000.
Con riferimento alla relazione che il Comitato ha preparato, tale spatium deliberandi dei dieci giorni nacque originariamente - lo ricordo soltanto - nel procedimento amministrativo, perché originariamente queste ipotesi di ineleggibilità e di incompatibilità prevedevano come obbligatorio l'intervento del consiglio comunale che dichiarasse la decadenza, avverso la quale si ricorreva al giudice. Una sentenza della Corte costituzionale del 1997 ha sancito da un lato che il procedimento amministrativo che comporta la decisione del consiglio comunale è alternativo e concorrenziale al vero e proprio procedimento giurisdizionale, non essendo possibile sottrarre ai cittadini la facoltà di ricorrere direttamente al giudice; dall'altro che tale spatium deliberandi, previsto dall'articolo 9-bis per il procedimento amministrativo, vale anche nel procedimento giurisdizionale. Infatti, la sentenza del 1997 della Corte costituzionale si conclude con l'affermazione che l'articolo 9-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960 è incostituzionale nella parte in cui non prevede questo termine di dieci giorni anche nel procedimento giurisdizionale. La Corte, con la citata sentenza additiva, prendeva atto della lacunosità della disciplina, invocando l'intervento del legislatore.
Tale normativa (la difesa ha sostenuto questo in tutte le sedi) presenta evidenti dubbi di costituzionalità, perché sottopone l'interessato ad una scelta al buio. L'amministratore locale anche davanti al ricorso più infondato deve fare questa scommessa, ma - se mi permettete la citazione dotta - si scommette in senso «pascaliano» su vicende molto più importanti ed esistenziali, che impegnano la visione della vita che ognuno di noi ha. Nelle fattispecie di questo tipo, l'accertamento giurisdizionale è assolutamente condizione dello Stato di diritto. Questa difesa - e tutte le altre: quando ha avuto l'onore di difendere l'onorevole Neri, l'avvocato


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Negroli in quell'occasione, qualsiasi altro legale in qualsiasi altra vicenda di questo tipo - deve evidenziare che gli articoli 69 e 70 del testo unico degli enti locali n. 267 del 2000 presentano profili di illegittimità costituzionale in violazione dell'articolo 24 della Costituzione (diritto la difesa) e dell'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
Ognuno ha diritto ad un processo: è possibile un'opzione che non passi attraverso la via giurisdizionale? Ciò hanno sostenuto questa difesa e l'avvocato Negroli davanti al tribunale civile di Siracusa. Chi, come qui dentro molti di voi, esercita la professione di legale, ovviamente sa bene come l'attaccamento al processo e al giusto processo faccia parte della cultura della giurisdizione. Dalle affermazioni dell'avvocato Negroli o di questa difesa non possono trarsi argomenti diversi ed ulteriori rispetto a quelli giuridici, che vi ho testé illustrato.
Abbiamo insistito per tanto tempo sull'efficacia di una sentenza che intervenga in materia di ineleggibilità ed incompatibilità. L'onorevole Neri sin dalle sue prime difese e io stesso nella seduta del 7 marzo scorso abbiamo sostenuto che si tratta di una sentenza dichiarativa avente effetti retroattivi. Se ne è occupato il Comitato giungendo ad una conclusione diversa, ritenendo che la sentenza abbia efficacia dal momento della lettura del dispositivo, 24 febbraio 2006, e non dal momento della scadenza dello spatium deliberandi, 25 novembre 2005, così come voluto dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 1997 che vi ho citato.
Ebbene, qui il fatto si incastona all'interno del sistema giuridico, costituito da principi, da istituti e anche da tradizioni giurisprudenziali. Ora, non ci siamo inventati noi che le sentenze hanno efficacia dichiarativa e retroattiva, non è un tentativo di arrampicarsi sugli specchi ma è, al contrario, un'affermazione sempre costantemente svolta all'interno dell'ordinamento processuale.
Se mi permette, signor presidente, leggerei alcuni passaggi sicuramente dottrinali, ma assolutamente significativi su questo punto. Il primo è un vecchio lavoro di Carnelutti pubblicato sulla «Rivista di diritto processuale civile» del 1940, diretta in quel tempo dallo stesso Carnelutti e da Pietro Calamandrei. Carnelutti scrive sull'accertamento negoziale nel 1940, durante la vigenza del vecchio codice: «Appartiene alle scoperte oramai consolidate della nostra scienza la distinzione tra il processo e, correlativamente, tra la sentenza dichiarativa e dispositiva». Aggiunge successivamente: «La retroattività degli effetti è un carattere naturale della sentenza, salvo che si tratti di sentenza dispositiva, come la irretroattività è un carattere della legge, salvo che si tratti di legge dichiarativa». Anche se questo saggio di Carnelutti risale al 1940, è però assolutamente fondamentale perché tra l'altro opera questa distinzione: la legge normalmente non è retroattiva, tranne che si tratti di legge dichiarativa o anche interpretativa. Aggiunge inoltre: «L'argomento della retroattività, prima di chiudere lo studio sull'accertamento, induce a qualche altra meditazione. Già si è visto che la retroattività della sentenza o del negozio è una conseguenza logica dell'accertamento, onde dov'è accertamento vero e proprio, cioè mero, è retroattività». Voi mi direte che questo è un saggio del 1940 sul vecchio codice di procedura civile e che non è l'ordinamento attuale.
La più recente dottrina in tema di accertamento è offerta da un libro di Michele Fornaciari: «Lineamenti di una teoria generale dell'accertamento giuridico», Torino, 2002, che tratta dell'effetto dichiarativo dell'accertamento delle sentenze e ritorna sul tema della retroattività: «In genere, la dichiaratività viene contrapposta alla costitutività per significare che qui la situazione sancita nell'atto non è il prodotto di questo, ma è invece preesistente e l'atto si limita per l'appunto a dichiararne la sussistenza o l'insussistenza. Di dichiaratività si parla talvolta come sinonimo di retroattività». Lo stesso Fornaciari riprende la riflessione che sul punto è fatta da Falzea, grande civilista di


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questo Paese. Quest'ultimo, secondo la ricostruzione che ne propone Fornaciari, «nell'ambito di una più generale rimeditazione del tema dell'effetto, distingue tra effetto costitutivo, effetto dichiarativo ed effetto preclusivo dove l'effetto dichiarativo si distinguerebbe in ragione del fatto che esso darebbe pur sempre vita ad una novità giuridica, che però rimane interna alla situazione di riferimento; mentre la novità determinata dai fatti costitutivi consisterebbe in una trasformazione esterna, quella prodotta dai fatti ad effetto dichiarativo si risolverebbe in uno spostamento interno, che non determinerebbe alcun mutamento nell'eredità strutturale, sostanziale della situazione, solo conducendo la stessa ad ulteriore sviluppo».
So bene che vi ho annoiato con queste citazioni abbastanza lunghe e dottrinarie, però quando parliamo di questi fatti dobbiamo inquadrarli necessariamente nel sistema, nelle linee portanti e ricostruttive del nostro ordinamento, perché, come poco fa ci ricordava l'avvocato Foti, questo significa fare e applicare il diritto. Dunque quando l'onorevole Neri, fin dalle prime battute, ha sostenuto che la sentenza del 24 febbraio 2006 del tribunale civile di Siracusa ha effetti dichiarativi, che sono per definizione effetti retroattivi, non si è inventato una nozione che non sussiste nel nostro ordinamento, ma, al contrario, ha fatto applicazione degli studi giuridici, che a suo tempo ha condotto e della pratica giuridica che ha esercitato come magistrato in questo Paese.
Infatti questo è lo stato dell'arte, dei fatti nel nostro ordinamento. Permettetemi di dire che del resto questo effetto retroattivo dipende anche da un'altra circostanza, nella materia al nostro esame, cioè da una corretta interpretazione del principio di divisione dei poteri e dalla necessità di garantire l'indipendenza della magistratura. Si pensi a cosa accadrebbe se un giudice potesse gestire i tempi del processo allungando la permanenza in carica di un amministratore locale ineleggibile o incompatibile. In astratto sarebbe possibile presentare il ricorso per far dichiarare la decadenza dell'amministratore locale e trovare un tribunale più o meno compiacente che allungasse i tempi del processo o, al contrario, li restringesse, in violazione del principio di separazione dei poteri, che impedisce al giudice di farsi amministratore, e di quello, fondamentale dello stato di diritto, di garanzia dell'indipendenza della magistratura. Ebbene, si può garantire l'indipendenza della magistratura neutralizzando gli effetti delle decisioni. La decisione del giudice ha necessariamente un effetto retroattivo a quei dieci giorni dalla notifica del ricorso che ha indicato la Corte costituzionale con la sentenza del 1997. Queste considerazioni sono le conseguenze, il portato dei principi dello stato di diritto sui quali si fonda il nostro ordinamento, altrimenti, ripeto, verrebbero violati principi ancora più fondamentali.
L'onorevole Neri sin dalle sue prime battute ha sostenuto che la sentenza del tribunale civile di Siracusa ha effetti retroattivi. Il 5 marzo del 2006, giorno in cui ha firmato l'accettazione della candidatura ai sensi dell'articolo 20 del testo unico n. 361 del 1957, egli non era più sindaco e da molto tempo. L'onorevole Neri ha inoltre sostenuto che questa fattispecie non è contemplata nell'articolo n. 7 del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati.
Ancora poco fa l'avvocato Foti ha ribadito che l'onorevole Neri non si è dimesso: da cosa avrebbe dovuto dimettersi se era stato dichiarato decaduto? Quante volte un soggetto deve dimettersi o essere dichiarato decaduto o quante volte deve dimostrare un fatto?
Se mi permettete, veniamo alla giurisprudenza di questa Giunta per le ineleggibilità e le decadenze.
L'articolo 7, relativamente al problema dell'ineleggibilità a deputato di sindaci, ha dato luogo ad una giurisprudenza abbastanza copiosa. Ricordo le vicende che sono intervenute nei primi anni sessanta a proposito degli onorevoli Corrao e Marras: era allora presidente di questa Giunta l'onorevole Oscar Luigi Scalfaro. Nello


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svolgere la relazione sull'articolo 7, Oscar Luigi Scalfaro, proprio sul punto riguardante i sindaci, affermava che la legge, ad avviso di tutti i componenti la Giunta,» presenta lacune considerevoli che sarebbe opportuno e saggio colmare».
Ho estrapolato questo passaggio del futuro Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, dall'intervento dell'onorevole Boato alla Camera dei deputati nella seduta del 9 novembre 2000.
Anche nella seduta della Giunta per le incompatibilità e le ineleggibilità del 18 aprile 2002, svoltasi nella precedente legislatura, si trattò di alcuni sindaci eletti deputati. Presiedeva il presidente Antonello Soro, che svolse la relazione proponendo l'archiviazione dei ricorsi a carico di tutti (dall'intervento di Scalfaro nel 1964 all'intervento di Soro nel 2002 sono passati quaranta anni, eppure l'articolo 7 è ancora lì) e ripeté che in ogni caso l'incertezza applicativa delle disposizioni richiamate rendeva opportuno un intervento legislativo per chiarire, in modo non controvertibile, l'operatività del termine di 180 giorni nel caso di elezioni anticipate e così via.
Questa seduta del 18 aprile 2002 è interessante anche perché riguardava la vicenda dell'onorevole Marone, vicesindaco di Napoli, che, a causa delle dimissioni del titolare, esercitava le funzioni di sindaco. In ogni caso, l'onorevole Soro affermò che, poiché il soggetto in questione era vicesindaco, a stretto rigore la sua posizione non era riconducibile alla fattispecie dell'articolo 7.
Permettetemi, se volessimo svolgere ragionamenti di carattere sostanziale, un vicesindaco che esercitasse le funzioni di sindaco, altro che metus nei confronti dell'elettorato potrebbe esercitare! In ogni caso, la costante giurisprudenza di questa Giunta è stata sempre nel senso di far valere la lettera della legge, interpretata alla luce del suo spirito: littera occidit, spiritus autem vivificat; cioè, lo spirito della legge è quello di valorizzare il diritto dell'elettorato passivo e di non prevedere ipotesi diverse ed ulteriori rispetto a quelle che sono previste dalla legge.
L'articolo 7 del testo unico n. 361 del 1957 non contempla l'ipotesi che è davanti a voi; tant'è vero che se si ritenesse di risolvere diversamente la vicenda riguardante l'onorevole Neri, applicando solo in maniera formalistica l'articolo 7, sorgerebbero - a mio modo di vedere - dubbi di costituzionalità ad ogni pie' sospinto. Vi sarebbe una violazione del principio di uguaglianza, dell'articolo 51 in materia di accesso alle cariche elettive, dell'articolo 24 riferito al diritto di difesa e dell'articolo 97 in tema di buon andamento di tutta l'organizzazione pubblica.
Ricordo semplicemente che più volte davanti a questa Giunta si è posto il problema di considerare la stessa giudice a quo legittimato a sollevare questioni di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale; non vi sono precedenti, ma l'ipotesi non può escludersi, anzi al contrario va ammessa per tanti motivi, in primo luogo perché si porterebbe a compimento il processo di giurisdizionalizzazione di questo procedimento, poi perché davanti alla Giunta si svolge l'istruttoria in contraddittorio, infine perché lo stesso organo ha poteri decisori che possono definire la controversia e così via. In ogni caso, sono sicuro che a queste ipotesi non si arriverà.
Mi pare che sia stato chiarito che per il nostro diritto, per tutto intero l'ordinamento e per le linee ricostruttive del sistema, l'onorevole Neri, al momento di accettazione della candidatura, non era più sindaco già da tanto tempo, cioè dal 25 novembre; comunque, stiamo parlando di una data antecedente a quanto risultava, in occasione delle ultime elezioni, dall'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 1 del 2006, convertito nella legge n. 22. Queste sono le ragioni per le quali confidiamo che il ricorso dell'onorevole Paffumi sia dichiarato infondato.

PRESIDENTE. Ci sono domande da parte dei colleghi?


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GIANFRANCO BURCHIELLARO. Rispetto al quadro proposto dall'avvocato vi è una precisazione da fare riguardo le dichiarazioni dell'ex presidente Soro. Si riferiva - è bene che questo rimanga agli atti - ad una...

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Che razza di intervento è questo?

PRESIDENTE. Non so ancora cosa voglia dire.

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Vorrei capire a quale titolo stia parlando.

GIANFRANCO BURCHIELLARO. Sto chiarendo un punto relativo alle dichiarazioni.

PRESIDENTE. Come sottolineato in precedenza, ognuno di voi formula una domanda...

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Sta facendo una dichiarazione!

PRESIDENTE. Un attimo solo, onorevole Gamba: sentiamo di cosa si tratta.

GIANFRANCO BURCHIELLARO. Avvocato, credo che le dichiarazioni relative ai verbali della Giunta delle elezioni del 2002 si riferiscano ad una legislatura interrotta prima dei termini: è così? Mi riferisco alla precedente legislatura che, ovviamente, è stata...

GIUSEPPE CONSOLO. Possiamo fare le puntualizzazioni in materia di fatto e di applicazione della norma in camera di consiglio, non le dobbiamo apprendere né da un difensore, né dall'altro.

PRESIDENTE. Vi sto chiedendo se ritenete che le esposizioni svolte dall'onorevole Paffumi e dall'onorevole Neri - assieme ai colleghi, sia in questa seduta, sia in quella precedente - abbiano dato un quadro totale comprensivo di tutti gli eventuali dubbi o aspetti, che servono alla Giunta al fine di poter deliberare in camera di consiglio. Quindi, se non vi sono domande darei la possibilità al rappresentante del ricorrente di replicare.

MARIO FOTI, Rappresentante del ricorrente Angelo Paffumi. Signor presidente, onorevoli signori componenti la Giunta, svolgerò una brevissima replica, anche perché siamo abbastanza sereni e non turbati dalla decisione di quest'organo; infatti, i termini della questione sono talmente chiari ed inconfutabili, che non sentiamo la necessità di ricorrere ad espressioni allucinanti e ad atti sgradevoli, come è stato detto, oppure di inventare espressioni non conformi al vero.
Noi ci siamo soltanto limitati ad esercitare il nostro diritto di difesa e abbiamo semplicemente riferito i termini di fatto, su cui si fondano la presente controversia e la precedente vicenda di incompatibilità tra sindaco e deputato regionale, che costituisce il fondamento su cui si è innestata quest'ultima vicenda.
Dal punto di vista professionale non riteniamo offensiva l'espressione, anche se colorita, sulla difficoltà della controparte a sostenere una tesi onestamente abbastanza difficile da difendere: di questa espressione assumo tutta la paternità. Allo stesso modo, non è ingiurioso sostenere che la Giunta delle elezioni debba applicare il diritto. È una situazione analoga a quella di un difensore, che nell'esercizio della sua funzione alleghi per mera agevolazione esegetica una sentenza della Corte di cassazione e la sottoponga al giudicante: ciò significa forse che quest'ultimo non conosce gli orientamenti giurisprudenziali? Si tratta semplicemente di un'agevolazione esegetica. In definitiva, sostenere che la Giunta delle elezioni deve applicare il diritto o svolgere una funzione giurisdizionale è anche un modo di porre il punto della situazione.
Non intendo replicare su altri aspetti e su altre questioni. In buona sostanza il collega avversario ha compiuto un excursus


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di quanto aveva precedentemente evidenziato sull'efficacia retroattiva della sentenza. Credo che ciò sia abbondantemente superato sia dall'accertamento - che condivido - della Giunta, ma anche e soprattutto dalle recenti sentenze del TAR, che abbiamo allegato e che sono chiarissime sul punto. Al di là di tutte le disquisizioni che sono state fatte scomodando il professore Carnelutti e quel grande giurista che fu Piero Calamandrei, ma anche il professore Falzea - di cui sono stato anch'io un discepolo, provenendo dall'università di Messina - sono state riportate alcune affermazioni sull'efficacia preclusiva, tema sul quale esiste uno studio molto importante del professor Falzea, però ritengo che la questione in discussione avesse aspetti esclusivamente civilistici.
L'efficacia degli atti posti in essere da un sindaco, quindi il principio della conservazione degli atti amministrativi di un sindaco, non possono certamente essere messi in discussione da costruzioni dottrinarie. La questione è pacifica: gli atti posti in essere dall'onorevole Neri, sindaco di Lentini, in data successiva al 5 febbraio 2006 sono là, sono stati prodotti e le determinazioni sindacali esistono, hanno svolto un'azione amministrativa, anche perché alcuni di essi hanno la natura di indirizzo politico, altri sono stati emessi non solo come sindaco, ma anche come ufficiale di Governo, quindi come organo dello Stato, in definitiva hanno mantenuto la loro efficacia.
Pertanto, sostenere che l'onorevole Neri non aveva la necessità di dimettersi perché la sentenza n. 200 del 2006 aveva fatto tabula rasa e retroagiva dal 24 novembre 2005 è una tesi poco pregevole. Gli atti sono efficaci e, sino a prova contraria, deve essere considerata la norma alla quale si appella il ricorrente, vale a dire l'articolo 7, primo comma, del testo unico n. 361 del 1957, che espressamente e formalmente impone a chi abbia intenzione di candidarsi alla carica di deputato del Parlamento di cessare formalmente dalle funzioni di sindaco di un comune superiore a ventimila abitanti. Peraltro, per quanto riguarda il termine, la disquisizione sui centottanta giorni è stata superata dal decreto-legge poi convertito in legge, quindi è stato addirittura reintrodotto un principio a favore dell'onorevole Neri, che non aveva la necessità di dimettersi entro i centottanta giorni precedenti.
In ogni caso la legge impone (legge dello Stato vigente sino a prova contraria, tutte le altre argomentazioni sono congetture) l'effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito, preceduta - come si legge - dalla formale presentazione delle dimissioni. Secondo noi la questione è chiusa e pacifica.

PRESIDENTE. Do ora la parola al professor Cariola.

AGATINO CARIOLA, Rappresentante del deputato Neri. Sono grato all'onorevole Burchiellaro per il problema che ha posto. In occasione della contestazione delle elezioni degli onorevoli Corrao e Marras - uno sindaco siciliano, l'altro sardo, nella legislatura che iniziò nel 1963 - la Giunta delle elezioni elaborò la distinzione tra scioglimento tecnico o formale e scioglimento sostanziale, a cui si riferì infatti il presidente Scalfaro nella sua comunicazione alla Camera dei deputati. Nel 2002 la medesima Giunta con il presidente Soro ripropose questa distinzione, facendo salva l'elezione a deputati di alcuni sindaci avvenuta nelle precedenti elezioni del 2001. Quindi, la vicenda che è stata giudicata dalla Giunta nella seduta del 18 aprile 2002 applicava questo vecchio principio in un caso di scioglimento che veniva ritenuto tecnico o formale. Pensavo di averlo chiarito in precedenza, sono grato della sua segnalazione.
Però, sia nel 1964, sia nel 2002, la Giunta delle elezioni si è accorta della incongruenza e della lacunosità dell'articolo 7, primo comma, del testo unico n. 361 del 1957. È per questo che ho riferito questi precedenti. Tutte e due le volte la Giunta ha adoperato criteri sostanziali e non meramente formali, facendo


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prevalere il diritto all'elettorato passivo, sia nel 1964 con Marras, sia nel 2002 con i sindaci allora coinvolti.
Addirittura ho citato il caso del vicesindaco di Napoli, l'onorevole Marone, che svolgeva le funzioni di sindaco; tuttavia il presidente Soro ha sostenuto che non si trattava del sindaco previsto dall'articolo 7, primo comma, lettera c) del testo unico n. 361 del 1957.
Per queste ragioni i riferimenti alla vostra giurisprudenza mi sono sembrati opportuni e vi chiedo di attenervi, ancora una volta, ad essi. Non a caso nell'intervento dell'onorevole Boato si legge che «l'Assemblea scelse la tesi più garantista per il diretto interessato». Il criterio adoperato dalla giurisprudenza parlamentare è sempre stato quello della tesi più garantista.
L'avvocato Foti ha riportato una serie di atti, facendo riferimento a delle sentenze del TAR per la Sardegna, che hanno ritenuto validi gli atti adottati da un amministratore locale, che nel frattempo era stato dichiarato decaduto.
Questo conferma quanto noi abbiamo sempre sostenuto, alla stregua dei principi che reggono lo svolgimento di una funzione pubblica, che è per definizione indisponibile dal punto di vista della cura di interessi pubblici, cioè che gli atti posti in essere dal funzionario, anche se non legittimamente e validamente costituito, sono fatti salvi alla luce dei criteri alla base della disciplina del funzionario di fatto.
Il punto fondamentale mi sembra ancora una volta questo. L'onorevole Neri viene dichiarato decaduto da una sentenza del tribunale civile di Siracusa, che poi la Cassazione dimostrerà essere stata emanata su un presupposto fallace e assolutamente infondato in punto di fatto e di diritto: si è trattato di una presa di posizione del giudice siracusano, diciamolo pure, sbagliata.
Questo avviene il 24 febbraio 2006. Il 5 marzo 2006 scade il termine di presentazione delle candidature, ai sensi dell'articolo 20 del testo unico n. 361 del 1957. Insomma, l'onorevole Neri, anche se dichiarato decaduto dal mandato di sindaco sulla base - lo ripeto - di una sentenza sbagliata, non può candidarsi alle elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati. È, quindi, l'unico cittadino italiano per il quale l'articolo 20 del testo unico n. 361 del 1957 non si applica. Rimane incastrato e messo all'angolo, non avendo possibilità alcuna di esercitare il diritto di elettorato passivo. Non riscontrate una violazione dell'articolo 51 immediata, concreta e diretta a suo carico? Questo è il punto che noi chiediamo che la Giunta sciolga e crediamo vivamente che lo scioglierà nel senso favorevole all'onorevole Neri, perché non può fare a meno, a nostro modo di vedere, di affermare il diritto di elettorato passivo, che è tra quelli fondamentali della personalità.

PRESIDENTE. Non essendovi altre richieste di intervento, sospendo la seduta pubblica per riunire immediatamente la Giunta in camera di Consiglio. Invito il pubblico e le parti ad uscire dall'aula.

La seduta, sospesa alle 11,10, è ripresa alle 12,20.

PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta pubblica.
Invito le parti e chi vi abbia interesse a rientrare in aula.
Comunico che la Giunta, riunita in camera di consiglio, ha assunto la seguente deliberazione:
«La Giunta delle elezioni,
in udienza pubblica, udita l'esposizione del relatore e gli interventi delle parti, riunitasi in camera di consiglio;
visti l'articolo 7, primo comma, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, recante il testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, e l'articolo 3-bis del decreto-legge 3 gennaio 2006, n. 1, convertito dalla legge 27 gennaio 2006, n. 22;


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considerato anche il supplemento di attività istruttoria svolto dal Comitato permanente per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze nella riunione del 28 marzo 2007 a seguito di quanto deliberato dalla Giunta riunita in camera di consiglio nella precedente seduta pubblica del 7 marzo 2007,
accoglie
il ricorso presentato dal candidato Angelo Paffumi e, respinto ogni contrario avviso in procedendo e nel merito,
delibera
di proporre all'Assemblea l'annullamento per motivi di ineleggibilità dell'elezione per la XXV circoscrizione Sicilia 2 del deputato Sebastiano Neri e la proclamazione in suo luogo del candidato Angelo Paffumi per la lista Lega nord-MPA.
Così deciso in Roma, in questa sede, alle ore 12,20».

La seduta termina alle 12,25.