II Commissione - Resoconto di mercoledì 14 giugno 2006


Pag. 47


UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Mercoledì 14 giugno 2006.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 16 alle 17.30.

SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 14 giugno 2006. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO.

La seduta comincia alle 17.30.

Sui lavori della Commissione.

Sandro BONDI (FI) comunica di aver ricevuto - nella sua qualità di componente della Commissione Giustizia - un appello da parte di cittadini in cui si esprime sconcerto e turbamento per la nomina dell'onorevole Daniele Farina alla carica di vicepresidente della Commissione stessa e lamenta la mancanza di senso delle istituzioni.

Pino PISICCHIO, presidente, invita l'onorevole Bondi a chiarire le finalità del suo intervento in relazione ai lavori della Commissione.

Francesco FORGIONE (RC-SE) chiede di intervenire.

Gaetano PECORELLA (FI), rilevata la portata dell'intervento iniziato dall'onorevole Bondi, ne propone lo svolgimento al termine della trattazione dell'ordine del giorno.


Pag. 48

Pino PISICCHIO, presidente, concorda con l'onorevole Pecorella e, acquisito il consenso dell'onorevole Bondi, ritiene che la Commissione possa procedere con il primo punto all'ordine del giorno, anche in considerazione dell'attesa dei pareri da parte delle Commissioni di merito.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e su altre associazioni criminali.
C. 40 Boato ed abb.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Alessandro MARAN (Ulivo), relatore, osserva che il testo in esame è diretto ad istituire, per la durata della XV legislatura, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso di cui all'articolo 416 bis del codice penale nonché sulle similari associazioni criminali, anche di matrice straniera, che siano comunque di estremo pericolo per il sistema sociale, economico e istituzionale.
Il testo unificato, composto da 8 articoli, riproduce largamente l'impianto della legge n. 386 del 2001 istitutiva della Commissione d'inchiesta per la XIV legislatura, dalla quale si differenzia sotto alcuni profili inerenti alla sfera di competenza nonché alla previsione della consultazione di realtà associative che operano contro le attività delle organizzazioni criminali di tipo mafioso e similari, alla composizione della Commissione, all'applicabilità di ulteriori disposizioni del codice penale in caso di audizioni e testimonianze, alla previsione di un quorum qualificato per l'adozione di provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti ed alla introduzione di un tetto di spesa annuale per l'attività della Commissione.
L'articolo 1 istituisce la Commissione e ne delimita la sfera di competenza, confermando ed integrando quella prevista dalla legge n. 386 del 2001.
Nell'individuare i compiti della Commissione (comma 1), si tiene conto che i fenomeni criminali di tipo mafioso si sono modificati profondamente in estensione e forme d'azione, anche per effetto del processo di globalizzazione e delle innovazioni tecnologiche. Sono, pertanto, individuati diversi filoni di indagine, che vanno dalla verifica della attuazione e della congruità delle principali leggi che costituiscono la c.d. legislazione antimafia all'accertamento e valutazione della natura e delle caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di tutte le sue connessioni, comprese quelle istituzionali, con particolare riguardo agli insediamenti stabilmente esistenti nelle regioni diverse da quelle di tradizionale inserimento e comunque caratterizzate da forte sviluppo dell'economia produttiva. Tra i compiti che verrebbero affidati alla Commissione si segnala anche quello di accertare le modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi individuando le diverse forme di inquinamento mafioso e le specifiche modalità di interferenza illecita in ordine al complessivo sistema normativo che regola gli appalti e le opere pubbliche. Ulteriori compiti riguarderebbero la verifica dell'attuazione del regime carcerario delle persone imputate o condannate per delitti di mafia, l'accertamento dell'impatto negativo dell'attività delle associazioni mafiose sul sistema produttivo, la valutazione dell'adeguatezza delle strutture preposte al controllo del territorio, nonché il monitoraggio dei tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali, anche con riferimento alle ipotesi di scioglimento dei relativi consigli. Il mandato della Commissione sarà anche di natura propositiva, in quanto si prevede che la Commissione promuova iniziative legislative e amministrative necessarie per rafforzare l'efficacia della legislazione vigente in materia di criminalità organizzata di tipo mafioso.


Pag. 49

Sull'attività svolta la Commissione riferisce al Parlamento al termine dei suoi lavori, nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente.
Con riferimento alla previsione che la Commissione consulti anche le realtà associative, a carattere nazionale o locale, che operano contro le attività delle organizzazioni criminali di tipo mafioso e similari (comma 4), rileva che tale disposizione in realtà ha un valore più che altro simbolico, in quanto si limita ad attribuire una facoltà che alla Commissione è implicitamente riconosciuta quale strumento diretto a realizzare i compiti affidati dalla legge. Anche in assenza di una espressa previsione normativa, i rappresentanti delle predette associazioni possono essere sentiti dalla Commissione, come, infatti, è avvenuto per le Commissioni che hanno operato nelle precedenti legislature.
Il comma 2 dell'articolo 1, riprendendo quanto espressamente sancito dal secondo comma dell'articolo 82 della Costituzione, stabilisce che la Commissione proceda alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Ciò significa, ad esempio, che la Commissione può utilizzare i medesimi mezzi di ricerca della prova (ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni) previsti dal codice di procedura penale per le indagini giudiziarie. A tale proposito, richiama una delle novità più rilevanti introdotte dal testo unificato in esame. Si tratta dell'articolo 4 che definisce dettagliatamente il procedimento volto alla emanazione di provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti, tra i quali rientrano, ad esempio, le intercettazioni e tutti i provvedimenti limitativi della libertà personale. Dichiara di condividere la scelta di ispirazione garantista effettuata dalla Commissione Affari costituzionali, sottolineando che gli atti dell'autorità giudiziaria che incidono sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti sono adottati non direttamente dall'organo che procede nelle indagini (il pubblico ministero), bensì da un organo terzo (il giudice per le indagini preliminari) che verifica la sussistenza in concreto dei requisiti previsti dalla legge per l'adozione del provvedimento. Tutto ciò non avviene, anzi non può avvenire, per le Commissioni d'inchiesta, poiché la previsione dell'autorizzazione di un organo terzo per lo svolgimento di attività della Commissione sarebbe da considerare lesiva dell'autonomia costituzionale della Commissione stessa ed inoltre si tradurrebbe nell'attribuzione di poteri dell'autorità giudiziaria che eccezionalmente la Costituzione conferisce solamente alle Commissioni d'inchiesta. Ciò significa che, diversamente da quanto avviene in seno alla magistratura, nel caso di intercettazioni disposte dalla Commissione d'inchiesta, è lo stesso organo che procede alle indagini che dispone della loro effettuazione. Per evitare il rischio di un abuso nella utilizzazione dei poteri dell'autorità giudiziaria da parte della Commissione d'inchiesta, l'unica via che è apparsa percorribile è quella di prevedere una procedura aggravata per la deliberazione di provvedimenti che incidono su diritti di libertà costituzionalmente garantiti. Rammentando che una scelta in tal senso è stata sinora effettuata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, che nel proprio regolamento interno ha previsto il quorum qualificato della unanimità dei presenti per le deliberazioni incidenti sulle libertà costituzionalmente garantite, precisa che la novità del testo in esame risiede nella circostanza che per la prima volta si inserisce una procedura aggravata nella legge istitutiva. L'articolo 4, infatti, prevede al comma 1 che «la Commissione adotta le deliberazioni aventi ad oggetto i provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti a maggioranza dei due terzi dei componenti, con atto motivato e nei soli casi e modi previsti dalla legge» e, al comma 2, che «in caso di necessità e di urgenza le deliberazioni di cui al comma 1 possono essere adottate dall'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppo, con il consenso dei rappresentanti di gruppi la cui consistenza numerica sia complessivamente pari almeno


Pag. 50

ai quattro quinti dei componenti della Commissione e devono essere convalidate dalla Commissione, con la maggioranza di cui al comma 1, entro le 48 ore successive.» A suo giudizio, in proposito, qualche dubbio suscita il comma 2 non tanto per il merito, quanto piuttosto per la sua compatibilità con il dettato costituzionale, considerato che si prevede la possibilità che i provvedimenti limitativi delle libertà costituzionalmente garantite siano adottati in prima battuta da un organo diverso dalla Commissione d'inchiesta, sia pure interno ad essa, quale è l'Ufficio di presidenza. Pur apprezzando l'esigenza condivisibile di prevedere uno strumento agile nel caso di urgenza, ritiene tuttavia che, da una lettura rigorosa dell'articolo 82 della Costituzione, sembrerebbe derivare che i poteri dell'autorità giudiziaria siano attribuiti esclusivamente alla Commissione d'inchiesta nella sua composizione plenaria. La circostanza che la procedura d'urgenza prevista dal comma 2 stabilisca che la deliberazione dell'Ufficio di presidenza sia soggetta alla convalida della Commissione riduce - a suo avviso - sensibilmente il rischio di un contrasto con l'articolo 82 della Costituzione, ma non lo elimina del tutto, in quanto, nelle more della convalida, i provvedimenti dell'ufficio di presidenza produrrebbero effetti direttamente incidenti sui diritti costituzionalmente garantiti dei destinatari.
Riprendendo l'esame analitico del provvedimento, con riferimento all'articolo 2 recante disposizioni in materia di composizione e presidenza della Commissione, osserva che - rispetto alla normativa previgente - si registra una novità rilevante che, sotto il profilo della legittimità costituzionale, suscita alcuni dubbi. In particolare, si prevede che il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati nominino i componenti la Commissione tenendo conto della specificità dei compiti assegnati alla stessa. Pur condividendo la preoccupazione della Commissione Affari costituzionali affinché la commissione d'inchiesta sia composta da parlamentari che abbiano una specifica competenza nelle delicate materie ad essa assegnate, manifesta la propria perplessità sia sulla previsione per legge ordinaria di parametri a cui i Presidenti delle Camere debbano attenersi nella nomina dei componenti di organi costituzionali (tali sono state definite le Commissioni d'inchiesta dalla Corte costituzionale), sia sulla conseguente configurazione di una sorta di status di componente di commissione d'inchiesta, che non trova alcun fondamento nella Costituzione. Al riguardo, sottolinea che ogni parlamentare in quanto tale è legittimato ad essere componente di qualunque organo parlamentare e quindi ad esservi nominato dai Presidenti delle Camere. Per questa ragione, precisa che anche la previsione di eventuali incompatibilità o decadenze dovrebbe essere considerata non conforme al dettato costituzionale.
L'articolo 3 stabilisce che, ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applichino le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale. Viene altresì previsto che per i segreti professionale e bancario si applichino le norme vigenti. In nessun caso per i fatti di mafia, costituendo essi fatti eversivi dell'ordine costituzionale, può essere opposto il segreto di Stato o il segreto di ufficio, mentre è sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato. Gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria non sono tenuti a rivelare alla Commissione i nomi di chi ha loro fornito informazioni. Ritiene che le predette disposizioni siano sicuramente condivisibili
Rimandando a quanto già riferito in ordine all'articolo 4, osserva che l'articolo 5 dispone che la Commissione possa ottenere, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. L'autorità giudiziaria può trasmettere le copie e i documenti anche di propria iniziativa. L'autorità giudiziaria provvede


Pag. 51

senza ritardo e può rigettare la richiesta con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. Viene altresì stabilito che la Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia siano coperti da segreto.
L'articolo 6 reca disposizioni in materia di segreto, disponendo che i componenti la Commissione, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa nonché ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti d'inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio, sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 5, commi 2 e 4. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale. Le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto, o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.
L'articolo 7 detta norme in materia di organizzazione interna, prevedendo altresì che la Commissione possa avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie. Ai fini dell'opportuno coordinamento con le strutture giudiziarie e di polizia, la Commissione può avvalersi anche dell'apporto di almeno un magistrato e un dirigente dell'Amministrazione dell'interno, designati, con il loro consenso, rispettivamente dal Consiglio Superiore della Magistratura e dal Ministro dell'Interno, su richiesta del presidente della Commissione.
Evidenzia come un'altra novità rilevante del testo sia l'introduzione per legge di un tetto di spesa per il funzionamento della Commissione. Le spese stabilite nel limite massimo di euro 150.000 per l'anno 2006, e di euro 300.000 per ciascuno degli anni successivi, sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, con propria determinazione adottata d'intesa, possono autorizzare annualmente un incremento delle spese, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta. A parte le considerazioni di carattere generale che potrebbero farsi sulla opportunità di prevedere dei limiti di spesa per le Commissioni d'inchiesta, osserva che tale questione non rientra nell'ambito di competenza della Commissione Giustizia.
Ritiene, pertanto, che la Commissione possa esprimere un parere favorevole sul testo in esame, apponendovi due osservazioni volte rispettivamente ad invitare la Commissione di merito a valutare l'opportunità di sopprimere all'articolo 2, comma 1, l'ultimo periodo relativo al riferimento alla specificità dei compiti della Commissione di inchiesta quale criterio di nomina dei suoi componenti ed a individuare, all'articolo 4, comma 2, una procedura speciale per l'adozione - in caso di necessità ed urgenza - dei provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti, salvaguardando comunque la competenza esclusiva della Commissione di inchiesta nella sua composizione plenaria.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) condivide l'opinione del relatore contraria all'inserzione di un criterio discriminante circa la composizione della Commissione di inchiesta, ritenendola lesiva del mandato parlamentare. Propone che la relativa osservazione sia trasformata in condizione.

Manlio CONTENTO (AN) esprime il consenso del suo gruppo alla relazione dell'onorevole Maran, sottolineando l'indubbio risvolto costituzionale delle considerazioni ivi formulate.

Pino PISICCHIO, presidente, invita il relatore a valutare l'opportunità di trasformare


Pag. 52

in condizioni le osservazioni espresse, stante la loro rilevanza sotto il profilo della legittimità costituzionale.

Alessandro MARAN (Ulivo), relatore, alla luce degli interventi svolti, formula una proposta di parere favorevole con condizioni (vedi allegato 1).

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Decreto-legge 206/06: disposizioni urgenti in materia di IRAP e dei canoni demaniali marittimi.
C. 1005 Governo.
(Parere alla VI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Enrico BUEMI (RosanelPugno), relatore, illustra il disegno di legge in oggetto recante la conversione in legge del decreto-legge 7 giugno 2006 n. 206, che introduce disposizioni urgenti in materia di versamenti IRAP e di canoni demaniali marittimi.
L'articolo 1 esclude l'applicazione del cosiddetto «ravvedimento operoso» per i versamenti IRAP relativi al 2006 sia a saldo che in acconto. È altresì esclusa la riduzione della sanzione per omesso versamento nel caso di effettuazione del medesimo entro 30 giorni dal ricevimento dell'avviso dell'amministrazione finanziaria.
Al riguardo, rileva che la finalità della nuova disposizione - e quindi la ragione della sua urgenza - sta nel ripristino della regolarità dei versamenti da parte dei contribuenti, a fronte dell'incertezza determinatasi a causa dell'attesa della pronuncia definitiva della Corte di giustizia delle Comunità europee circa la compatibilità comunitaria dell'IRAP stessa.
Ritiene, pertanto, evidente e motivata, anche alla luce della limitazione all'anno fiscale in corso, la straordinarietà ed urgenza del provvedimento in relazione alla tutela del gettito tributario, sottolineando come l'esclusione di alcuni benefici, e la conseguente disapplicazione del complessivo regime sanzionatorio, sia pertanto da ritenersi temporanea ed eccezionale.
Quanto all'articolo 2 - che non riguarda tuttavia la competenza della Commissione Giustizia - rileva che consiste in un mero rinvio della scadenza della rideterminazione dei canoni demaniali marittimi, motivato dall'imminenza della stagione estiva, così da venire incontro alle richieste degli operatori del settore che altrimenti - in forza di una norma inserita nella legge finanziaria 2004 - si sarebbero visti applicare un incremento del 300 per cento dei canoni stessi. Al riguardo, rappresenta comunque l'esigenza che - prima che inizi l'esame del provvedimento da parte dell'Assemblea - il Governo fornisca alla Camera l'elenco dei suddetti canoni e la relativa quantificazione, anche in considerazione della generale situazione delle entrate finanziarie. Conclusivamente, propone di esprimere parere favorevole.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.
C. 17 Realacci ed abb.
(Parere alla VIII Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con condizioni).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Gaetano PECORELLA (FI), relatore, illustra la proposta di legge in esame che prevede l'istituzione, per la durata della XV legislatura, di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse. Rammenta che analoghe commissioni sono state istituite sia nella XIII che nella XIV legislatura, rilevando come obiettivo dell'iniziativa legislativa sia dunque la garanzia


Pag. 53

della continuità, sulla base dell'esperienza maturata, dello svolgimento di tale attività, anche in vista della proposizione delle più idonee soluzioni.
Richiamando come la Commissione venga istituita «ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione», che fonda la competenza di ciascuna Camera a disporre inchieste parlamentari su materie di pubblico interesse, osserva preliminarmente che il testo riproduce sostanzialmente quello della legge 31 ottobre 2001 n. 399, legge che ha disciplinato la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti della XIV legislatura. Segnala, tuttavia, che la Commissione di merito ha ritenuto di inserire due novità di rilievo, l'una relativa all'adozione di provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti, l'altra relativa alla quantificazione delle spese a carico del bilancio interno delle due Camere.
Il comma 1 dell'articolo 1 elenca gli specifici compiti dell'istituenda Commissione, le cui funzioni principali sono identificate nello svolgimento di indagini per verificare i rapporti fra la gestione del ciclo dei rifiuti e le organizzazioni criminali, le cosiddette «ecomafie», nonché per individuare connessioni più in generale con attività illecite, soprattutto per quanto attiene al traffico dei rifiuti; nel controllo dell'attuazione della normativa vigente e di eventuali inadempienze da parte dei soggetti pubblici e privati; nella verifica dell'operato delle Amministrazioni centrali e periferiche e delle modalità di gestione dei servizi di smaltimento dei rifiuti da parte degli enti locali. La Commissione avrà anche il compito di proporre nuove soluzioni legislative ed amministrative al fine di promuovere un'azione più efficace ed incisiva della pubblica amministrazione e per rimuovere le disfunzioni accertate.
Compito della Commissione, indicato al comma 2 della norma in esame, è inoltre quello di riferire al Parlamento annualmente con singole relazioni o con relazioni generali nonché ogniqualvolta ne ravvisi la necessità e comunque al termine dei suoi lavori. Per quanto concerne i poteri della Commissione, l'articolo 1, comma 3, prevede che «la Commissione opera con gli stessi poteri e limitazioni dell'autorità giudiziaria».
L'articolo 2 regola la composizione della Commissione, disponendo che essa venga composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. Dispone, inoltre, che essa elegga, nella prima seduta, il presidente, due vicepresidenti e due segretari. La durata prevista coincide con quella della legislatura.
Gli articoli 3, 4 e 5 del testo in esame disciplinano l'acquisizione delle testimonianze, degli atti e dei documenti da parte della Commissione e l'obbligo del segreto per determinati soggetti. L'articolo 3 stabilisce l'osservanza delle disposizioni del codice penale per le testimonianze davanti alla Commissione, da 366 a 384. A tale proposito segnala l'esigenza di prevedere l'applicabilità anche dell'articolo 384-bis del codice penale, secondo cui i delitti previsti dagli articoli 366, 367, 368, 369, 371-bis, 372 e 373, commessi in occasione di un collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria all'estero, si considerano commessi nel territorio dello Stato e sono puniti secondo la legge italiana. Ricorda, infatti, che anche le Commissioni d'inchiesta possono svolgere rogatorie.
L'articolo 3-bis prescrive l'adozione a maggioranza dei 2/3 dei componenti dei provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti. In caso di urgenza, sarà sufficiente una deliberazione dell'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, da assumersi tuttavia con il consenso dei 3/4 e fatta salva la ratifica in sede plenaria entro le successive 48 ore.
Apprezza l'inserimento di tale norma, che appare ispirata ad una più efficace tutela delle posizioni soggettive, ferma restando l'integrità dei poteri dell'autorità giudiziaria riconosciuta dalla Costituzione


Pag. 54

alla Commissione di inchiesta. Manifesta tuttavia perplessità circa la costituzionalità del conferimento un potere d'urgenza all'Ufficio di presidenza - che è organo diverso dalla Commissione di inchiesta anche se ad essa interno - benché ciò possa essere attenuato dall'elevazione del quorum richiesto e dalla successiva ratifica, in quanto comunque effetti diretti avrebbero luogo in modo non reversibile.
L'articolo 4 prevede la facoltà della Commissione di acquisire copie di atti e documenti relativi a procedimenti in corso presso l'autorità giudiziaria e altri organismi inquirenti ovvero di atti e documenti in merito a inchieste e indagini parlamentari. Segnala la previsione secondo cui l'autorità giudiziaria, con decreto motivato, per motivi istruttori, possa negare alla Commissione la documentazione richiesta. Al venir meno delle indicate ragioni istruttorie consegue però l'obbligo della magistratura di trasmettere «senza ritardo» gli atti richiesti.
Il comma 2 dell'articolo 4 stabilisce che spetta alla Commissione, anche in relazione alle esigenze di riserbo istruttorio e ferma restando la segretezza di documenti attinenti a procedimenti ancora in fase di indagine preliminare, stabilire quali atti non dovranno essere divulgati.
Il comma 3 dell'articolo 4 stabilisce l'inopponibilità ad altre Commissioni d'inchiesta del citato segreto funzionale quando riguardi atti e documenti relativi a reati di associazione a delinquere e di associazione di tipo mafioso (articoli 416 e 416-bis c.p.). Ciò appare, a suo avviso, del resto in linea con la finalità istitutiva di cui alla lettera a) dell'articolo 1, comma 1, in cui si fa espresso riferimento al ruolo svolto dalla criminalità organizzata.
L'obbligo del segreto è contemplato dall'articolo 5 del provvedimento, a carico non solo dei componenti della Commissione, ma anche del personale addetto e di chiunque venga a conoscenza, per ragioni di ufficio o di servizio, degli atti dell'inchiesta. La violazione di tale obbligo è sanzionata a norma dell'articolo 326 del codice penale, che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che riveli notizie coperte da segreto d'ufficio o ne agevoli la conoscenza. La rivelazione colposa è invece punita con la reclusione fino ad un anno. L'ultimo comma dell'articolo 326 prevede infine l'ipotesi «aggravata» del reato stabilendo che quando gli stessi soggetti si avvalgano illegittimamente di notizie di ufficio destinate a rimanere segrete, al fine di procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si applica la reclusione da due a cinque anni.
L'articolo 6, comma 1, prevede che l'attività e il funzionamento della Commissione d'inchiesta siano disciplinati da un regolamento interno, approvato dalla Commissione stessa, prima dell'inizio dei lavori. Ciascun componente la Commissione può proporre la modifica di tali norme regolamentari. La Commissione può organizzare i propri lavori anche attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il regolamento di cui sopra e può riunirsi in seduta segreta tutte le volte che lo ritenga opportuno (comma 2). Sempre all'articolo 6, comma 4, è previsto che essa possa avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie. Come d'uso per le commissioni bicamerali, il comma 5 rinvia all'intesa tra i Presidenti delle Camere il supporto operativo da assicurare all'istituenda Commissione, mentre il comma 6 introduce per la prima volta un tetto di spesa, pari a 75.000 euro per i restanti mesi del 2006 ed a 150.000 euro per gli anni successivi, fatta salva una possibile integrazione del 30 per cento a giudizio dei Presidenti delle Camere.
Formula conclusivamente una proposta di parere favorevole, alla luce di quanto suesposto ed anche in considerazione della maggiore tutela inserita in ordine all'adozione di provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti, apponendovi due condizioni, la prima volta ad includere l'articolo 384-bis del codice penale tra le disposizioni applicabili nei confronti di chi rende testimonianza innanzi alla Commissione d'inchiesta, la seconda diretta a preservare la competenza


Pag. 55

della Commissione stessa in sede plenaria anche per l'adozione nei casi di urgenza di provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti, prevedendo per tali ipotesi la riduzione del quorum qualificato alla maggioranza assoluta dei componenti (vedi allegato 2). In relazione alla seconda condizione, fa presente di essere consapevole della diversa formulazione rispetto al parere appena espresso dalla Commissione, con riferimento ad analoga questione, sul testo unificato C. 40 Boato ed abbinate, recante l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari; tuttavia, ritiene che tale discrasia sia giustificata dalla diversità dei compiti assegnati alle due Commissione di inchiesta.

Edmondo CIRIELLI (AN) rammenta le conclusioni della relazione approvata all'unanimità nella scorsa legislatura dalla Commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, con particolare riguardo alla gestione dei fondi assegnati alla regione Campania ed alle relative responsabilità del Commissario straordinario Antonio Bassolino. Nell'ottica del rinnovo della Commissione stessa, lamenta che, nonostante il rinvio alla Procura della Repubblica ed alla Corte dei conti della relazione medesima, non si sia avuta notizia di alcuno sviluppo. A titolo personale, manifesta poi perplessità sulla proposta formulata dal relatore di ridurre il quorum qualificato per l'adozione di provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti da parte della Commissione d'inchiesta, benché in sede plenaria.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) condivide tale perplessità.

Gaetano PECORELLA (FI), relatore, richiama la necessità di individuare una procedura che comunque consenta di mantenere in capo alla Commissione in sede plenaria la competenza in questione.

Manlio CONTENTO (AN) invita il relatore a riformulare la seconda condizione uniformandola a quella apposta al parere espresso sull'istituzione della Commissione antimafia.

Alessandro MARAN (Ulivo) si associa a tale invito.

Gaetano PECORELLA (FI), relatore, riformula la proposta di parere nel senso suggeritogli (vedi allegato 3).

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Sui lavori della Commissione.

Pino PISICCHIO, presidente, ricorda che all'inizio della seduta è stato rinviato al termine della stessa lo svolgimento di un intervento sui lavori dell'onorevole Bondi.

Giuseppe CONSOLO (AN) propone un rinvio della questione ad altra seduta specificatamente convocata, in considerazione della serietà dell'argomento e della qualità del proponente.

Sandro BONDI (FI) manifesta la sua disponibilità alla proposta di rinvio.

Pino PISICCHIO, presidente, dichiarando di non voler ingenerare l'opinione di negare la parola ad alcun componente della Commissione, chiarisce che il solo titolo per intervenire consentito all'onorevole Bondi è l'ordine dei lavori della Commissione, in quanto una convocazione apposita su tale questione non è ammissibile.

Francesco FORGIONE (RC-SE) rileva che l'intervento dell'onorevole Bondi apre un dibattito politico che non può essere assolutamente ricondotto ai lavori della Commissione di ordine dei lavori.

Sandro BONDI (FI) ribadisce la mancanza di senso delle istituzioni che ha caratterizzato l'elezione a vicepresidente della Commissione dell'onorevole Daniele


Pag. 56

Farina, nei cui confronti sono state mosse accuse gravissime per reati che vanno - come ha riportato il quotidiano «Libero» - dall'oltraggio a pubblico ufficiale alle lesioni personali, dalla produzione e traffico illecito di stupefacenti al porto abusivo di armi, dalla produzione e detenzione di esplosivi a reati contro la pubblica amministrazione sino ad approdare a reati contro lo Stato. Ricollega altresì tale scelta compiuta dalla maggioranza con le polemiche suscitate dall'elezione a segretario della Camera dei deputati dell'onorevole Sergio D'Elia e dalla candidatura, sventata dall'opposizione, della senatrice Lidia Menapace a presidente della Commissione Difesa del Senato. Ritiene tuttavia ancor più grave l'elezione dell'onorevole Farina a vicepresidente della Commissione che si occupa dell'amministrazione della giustizia, a fronte dei reati ascrittigli e delle condanne impressionanti ricevute. Nel raccogliere l'appello rivoltogli dalla società civile, chiede le dimissioni dell'onorevole Farina dalla carica di vicepresidente, in nome del buon senso e del rispetto delle istituzioni. Denunziando il comportamento della maggioranza che sta distribuendo incarichi istituzionali al solo fine di soddisfare le aspirazioni delle sue varie componenti, richiama al rispetto dei limiti della decenza e del decoro.

Pino PISICCHIO, presidente, invita l'onorevole Bondi a concludere il suo intervento.

Sandro BONDI (FI) nel considerare abnorme il fatto che un deputato possa trovarsi nella condizione di giudicare i magistrati da cui è egli stesso stato inquisito, rinnova conclusivamente all'onorevole Farina la richiesta di dimettersi, compiendo un atto di responsabilità.

Francesco FORGIONE (RC-SE) denunzia la gravità dell'intervento dell'onorevole Bondi richiamandone la contraddittorietà rispetto all'atteggiamento tenuto oggi stesso dal suo gruppo politico in Commissione Affari costituzionali nel difendere le prerogative di ciascun parlamentare in relazione ai criteri di nomina dei componenti della Commissione antimafia. Dichiara che le accuse all'onorevole Farina riportate dal quotidiano «Libero» non rispondono a verità e che pertanto lo stesso quotidiano verrà querelato. Nel precisare che a carico dell'onorevole Farina risultano soltanto segnalazioni all'autorità giudiziaria risolte con assoluzioni o archiviazioni, rammenta che le condanne intervenute sono state a titolo collettivo e rinviano a fenomeni storico-sociali di carattere generale. Precisa peraltro che al momento nessun procedimento è in corso nei confronti dell'onorevole Farina e che pertanto non risulterebbe alcun suo interesse diretto all'amnistia ovvero all'indulto. Rammenta poi che, neanche in presenza di inchieste per reati di stampo mafioso, è stata messa in discussione la posizione di precedenti vicepresidenti della Commissione Giustizia. Appellandosi in particolare all'onorevole Pecorella, richiama i valori del garantismo e ne contesta l'uso strumentale e fazioso. Considera infine come un processo alle idee e alle opinioni l'intervento svolto dall'onorevole Bondi che si configura come un'aggressione verbale e non come una questione inerente i lavori della Commissione. Invitando infine a considerare chiusa la discussione, si dichiara tuttavia disponibile a proseguirla con serenità invocando il rispetto della civiltà politica e personale.

Pino PISICCHIO, presidente, condivide l'opportunità di chiudere la discussione, giudicando peraltro surrettizio il modo adoperato dall'onorevole Bondi per introdurla.

Elio VITO (FI) ritiene che l'intervento dell'onorevole Bondi possa eventualmente essere considerato irrituale, ma non surrettizio.

Pino PISICCHIO, presidente, nel richiamare l'auspicio di una fattiva collaborazione e di un rispettoso dialogo tra i gruppi politici, ricorda che ciascun parlamentare è espressione della sovranità popolare. Rammenta che alla medesima logica


Pag. 57

la Commissione si è ispirata nell'odierna espressione del parere relativo alla nomina dei componenti della Commissione antimafia. Conclude affermando che il mandato parlamentare conferisce all'onorevole Farina una condizione di totale dignità che gli va riconosciuta, così come ad ogni altro deputato, e che gli consente di esercitare le funzioni di vicepresidente della Commissione Giustizia.

Sandro BONDI (FI) con riferimento alle dichiarazioni svolte dall'onorevole Forgione circa la falsità delle accuse da lui formulate nei confronti dell'onorevole Farina, preannuncia che chiederà al Presidente della Camera di nominare un «giurì d'onore», riservandosi comunque di riproporre la questione in Assemblea.

La seduta termina alle 18.30.