XI Commissione - Mercoledì 19 luglio 2006


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ALLEGATO 1

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011 (Doc. LVII, n. 1).

PROPOSTA DI PARERE FORMULATA DAL RELATORE

La XI Commissione (Lavoro pubblico e privato),
esaminato il Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011,
considerato che:
il Dpef quest'anno è quinquennale, è un programma economico di legislatura;
le politiche delineate sono quelle necessarie per il rilancio del nostro sistema-paese. Sono fissati gli obiettivi di medio periodo non solo economici, ma anche di qualità sociale ed ambientale. Il Dpef individua le strategie per tornare a crescere, per riposizionare il nostro paese nel mutato quadro europeo e globale;
la portata riformatrice del Dpef 2007-2011 è ambiziosa. Il Governo intende operare lungo tre direttrici: crescita, risanamento dei conti, equità sociale e territoriale, che sono tra di loro sinergiche;
la politica dei due tempi (prima i sacrifici e poi le riforme) è superata, risanamento ed equità devono camminare insieme, non solo per creare il necessario consenso ma anche per la stessa efficacia del programma economico del governo;
tutte le misure descritte sono di natura strutturale: i problemi non si possono più rinviare. Esse si ispirano all'impianto dell'Agenda di Lisbona;
l'Italia, come fu per l'adesione alla moneta unica europea, possiede le energie e le risorse umane per poter affrontare e vincere questa sfida ripristinando la coesione nazionale sulla base della giustizia sociale e valorizzando, in particolare, le potenzialità dei giovani e delle donne a cui sono dedicati molti dei provvedimenti in programma;
si ritorna alla concertazione con le parti sociali ed i territori;
il Documento di programmazione rileva gli elementi di criticità del nostro sistema-paese:
calo della produttività e della competitività;
difficoltà dei nostri conti pubblici;
aumento delle disparità sociali;
perdita del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni;
e si propone di agire per rimuoverli;
l'Italia continua a perdere competitività, la quota delle nostre esportazioni sul commercio mondiale si è ridotta ed è adesso di circa un punto più bassa che un decennio fa. Anche la crescita dell'occupazione sembra entrare in una fase di decelerazione. Il Mezzogiorno è tornato dopo 7 anni a crescere meno del resto del paese. A determinare tale rallentamento anche la forte riduzione del tasso di crescita dei consumi interni dovuta al decremento dei redditi delle classi popolari;
negli ultimi cinque anni la produttività in Germania è aumentata del 10 per cento, in Francia del 12 per cento; in Italia è diminuita di quasi un punto e mezzo.


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L'euro non è dunque la ragione del nostro declino. Anzi, l'adozione dell'euro ha eliminato alcuni fattori distorti di crescita, come le svalutazioni;
la condizione dei conti pubblici è considerata, per alcuni aspetti, peggiore rispetto a quella del 1992, l'anno più drammatico dell'evoluzione dell'economia italiana e dei conti pubblici. Infatti: nel 1992 l'avanzo primario era pari all'1,8 per cento del Pil, nel 2006 sarà pari allo 0,5 per cento del Pil; il rapporto debito/Pil era più basso (105,2 per cento) di quanto sarà alla fine del 2006 (107,7 per cento);
è sulla base dei dati relativi al 2005 che sono stati assunti gli impegni europei nel quadro della procedura di deficit eccessivi che si è aperta l'estate scorsa. Per effetto di quella procedura l'Italia ha negoziato con l'Unione europea un piano di rientro i cui elementi essenziali sono: un indebitamento netto al di sotto del 4 per cento nel 2006 e del 3 per cento nel 2007; una correzione dei conti strutturale di almeno 1,6 punti percentuali di Pil nel biennio 2006-2007; un rapporto debito/Pil in diminuzione in modo sufficiente, e in avvicinamento al livello di riferimento (60 per cento del Pil) ad una velocità soddisfacente;
non si può non sottolineare il peso delle rendite e l'enorme redistribuzione alla rovescia del reddito e della ricchezza realizzatasi nell'ultimo ventennio a detrimento del lavoro dipendente. La nostra è diventata 'una Repubblica basata sul patrimonio', più che sul lavoro. La quota di reddito nazionale che va al lavoro si è ridotta negli ultimi 20 anni dal 50 al 40 per cento e quella della rendita è aumentata dal 20 al 30 per cento, con i profitti oscillanti in maniera pressoché costante intorno al 30 per cento;
rispetto alla metà degli anni '90 la manovra correttiva è più difficile in quanto il Paese è più povero e perché i tassi di interesse - sia pure lentamente - stanno risalendo. Indispensabile, dunque, intervenire strutturalmente, ma con equità, sulla spesa;
valutato che:
il documento di programmazione economico-finanziaria prende le mosse da questa consapevolezza;
il quadro programmatico mantiene gli impegni presi con l'Unione Europea. Prevede perciò un rientro del rapporto indebitamento netto su PIL al di sotto del 3 per cento nel 2007;
il Governo si riserva però di valutare con più precisione il percorso di rientro in relazione al profilo temporale degli effetti strutturali delle misure che verranno effettivamente adottate; infatti, il recupero di maggiori entrate che possono derivare dalla lotta all'evasione/elusione e da una maggior equità fiscale distribuendo meglio la pressione tributaria tra rendite, profitti e redditi da lavoro dipendente, può determinare un diverso equilibrio della manovra tra entrate e riduzioni di spese;
la Legge Finanziaria per il 2007 disporrà interventi il cui importo complessivo viene quantificato in circa 20 miliardi di euro (1,3 per cento del PIL), al netto di nuove spese volte a obiettivi di sviluppo e di equità, che si stimano in circa 15 miliardi di euro (1,0 per cento del Pil).
l'ammontare «lordo» di risorse da reperire è dunque dell'ordine di 35 miliardi di euro e del 2,3 per cento del Pil (alle quali si aggiungono le risorse della manovra correttiva 2006);
il livello del saldo netto da finanziare, al netto delle regolazioni contabili e debitorie, non sarà superiore a 29,5 miliardi di euro per il 2007, 19,5 per il 2008 e 10,5 per il 2009;
nello stesso tempo, la manovra comprenderà misure per accrescere la competitività attraverso il rafforzamento dei mercati, la riduzione del cuneo fiscale, l'aumento dell'efficienza della spesa pubblica. Infine, e contemporaneamente, destinerà risorse a creare condizioni di maggiore equità, anche attraverso una redistribuzione del carico fiscale;


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per quanto concerne la crescita, il rilancio dell'economia italiana passa attraverso l'aumento dell'occupazione e della produttività, cause della bassa crescita;
per l'occupazione, si progetta un piano straordinario per i diritti e l'occupazione delle donne, dei giovani ed in genere della famiglia;
per la produttività e la competitività, l'azione del sarà articolata lungo tre linee di intervento:
di contesto - attraverso infrastrutture materiali e immateriali (chiarezza del diritto societario e di quello fallimentare) ed eliminazione dei vincoli alla concorrenza;
di innovazione e ricerca - attraverso una maggiore complementarietà tra pubbliche amministrazioni ma anche partnership pubblico-privato, sostegno alle attività di ricerca e sviluppo, alla collaborazione tra imprese e università e centri di ricerca;
sulla fiscalità - tramite automatismi per la riduzione dei costi di produzione, in particolare del lavoro (cuneo fiscale);
la riduzione del cuneo fiscale e previdenziale, di cui beneficeranno sia il datore di lavoro che il lavoratore (quindi: meno costo del lavoro più competitività; più reddito disponibile più domanda) non agirà sulle aliquote pensionistiche e sarà selettivo e destinato al lavoro subordinato a tempo indeterminato, al fine di favorire l'occupazione in forme di lavoro standard e premiare le imprese che stabilizzano i rapporti di lavoro. L'intervento sul cuneo fiscale e previdenziale, sarà accompagnato da misure di rilancio del tasso di crescita della produttività per avere effetti duraturi sulla competitività;
più in generale, in materia di lavoro e occupazione, l'azione sarà centrata su tre direttrici:
1. la promozione delle forme di lavoro a tempo indeterminato e la riduzione dell'area di precarietà, intervenendo sugli aspetti più critici (es. lavoro a chiamata e staff leasing);
2. l'intensificazione del contrasto al lavoro nero e irregolare;
3. il miglioramento della tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
sulla politica fiscale il Dpef indica tre obiettivi principali: equità, sviluppo e semplificazione. La loro realizzazione deve avvenire in un contesto di riduzione della pressione fiscale e di aggiustamento dei conti pubblici anche se sussistono difficoltà di raggiungimento degli obiettivi determinate dalla caduta di gettito tributario riconducibile all'ampliamento dell'area evasione/elusione fiscale registrata nel periodo 2001-2005 (in particolare dell'IVA) più che alla realizzazione di politiche di riduzione di imposte;
in tale materia gli interventi programmati sono finalizzati: a contrastare l'evasione/elusione di base imponibile; ad adottare misure di minimizzazione degli adempimenti di famiglie e imprese; a recuperare progressività; a ridurre il costo del lavoro; a riformare la tassazione del reddito d'impresa; a riformare il catasto e ridurre le aliquote ICI;
per le politiche di equità sociale il DPEF afferma che coniugare la crescita economica con il risanamento delle finanze pubbliche e la giustizia sociale è la base per assicurare uno sviluppo sostenibile e duraturo. Politiche che devono essere avviate al più presto: dopo un periodo di sostanziale stabilità, infatti, l'incidenza della povertà relativa sul totale delle famiglie italiane è aumentata sensibilmente nel 2004, in particolare nelle aree del Mezzogiorno;
le azioni scelte dal Governo per favorire la crescita, l'impegno che assume per il miglioramento dell'istruzione, il rilievo dato alle azioni per l'inclusione sociale nell'intervento aggiuntivo per il Mezzogiorno, denotano la scelta di favorire


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forme di crescita e di sviluppo che, valorizzando le competenze di tutti i cittadini, assicurino in sé requisiti di equità;
il Governo prevede di migliorare ed integrare la legge quadro di riforma dell'assistenza (legge n. 328/2000), agendo anche sui punti critici che la sua applicazione ha evidenziato;
nel quadro delle responsabilità istituzionali stabilito dal nuovo Titolo V della Costituzione, secondo il Dpef, spetta al Governo nazionale: a) definire i livelli essenziali di assistenza; b) realizzare un sistema coerente di sostegno dei redditi e delle responsabilità familiari; c) predisporre forme di finanziamento che premino l'iniziativa delle autonomie locali, riorganizzando e potenziando il Fondo nazionale per le politiche sociali e prevedendo un Fondo per le politiche familiari, finalizzati alla promozione di una rete integrata di servizi;
nel Dpef si afferma che negli ultimi anni (confronto 2001-2005 su 1995-2000) la dinamica della spesa non è aumentata e che invece è cambiato il rapporto della spesa in relazione al Pil, in quanto lo stesso Pil è decresciuto e che quindi il nostro problema prioritario è la crescita del paese da cui possono venire le risorse per finanziare adeguatamente il nostro sistema sociale;
per le politiche di equità sociale il Governo intende realizzare nel corso della Legislatura le seguenti azioni:
1) rafforzare gli strumenti per la conciliazione tra vita lavorativa e vita personale e familiare;
2) sostenere i redditi di quanti vivono rapporti di lavoro discontinui e/o con basse retribuzioni, con trasferimenti monetari per coloro che hanno redditi inferiori al minimo (i cosiddetti incapienti);
3) unificare gli attuali strumenti monetari di sostegno alle famiglie - assegni al nucleo familiare e deduzioni Irpef per figli a carico - in un Assegno per i minori;
4) reintrodurre un rinnovato «Reddito minimo di inserimento» (RMI);
5) rafforzare e migliorare la rete dei servizi, in particolare per l'infanzia e per i non-autosufficienti, con tariffe differenziate in funzione delle condizioni economiche (ISEE);
6) potenziare gli asili-nido;
7) realizzare un piano di intervento sulle non autosufficienze e definire una legge quadro sugli «Assistenti familiari», i cosiddetti «badanti»;
8) potenziare la tutela dell'infanzia sia nell'ambito della Giustizia che delle adozioni, nazionali e internazionali;
9) rilanciare le politiche abitative con la definizione di un nuovo quadro normativo per favorire e sostenere interventi di edilizia residenziale pubblica offrendo una locazione agevolata e selettiva;
10) potenziare gli strumenti e delle norme relative ai diritti e alle pari opportunità, in linea con gli indirizzi comunitari per rendere sempre più stabile l'occupazione, inclusa quella femminile, ed estendere la tutela della maternità a tutte le forme di lavoro non a tempo indeterminato, assicurando l'ampliamento dei servizi per la conciliazione tra il lavoro e le responsabilità femminili (ad esempio gli asili-nido) e il rilancio dell'imprenditoria femminile attraverso il rafforzamento degli strumenti di incentivazione alla creazione di nuove imprese;
11) contrastare tutte le forme di discriminazione, nell'ambito di una rafforzata attenzione alla tutela dei diritti umani;
sottolineato che:
a partire dal 2004, la crescita del Mezzogiorno si è arrestata: se si esclude il 2000, erano sette anni che la dinamica di crescita del Mezzogiorno non era inferiore a quella del resto del Paese;


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a frenare lo sviluppo e la produttività del Mezzogiorno sono fattori quali lo scarso livello delle competenze acquisite nella scuola, il livello insufficiente della ricerca e dell'innovazione, l'inefficienza e la scarsa concorrenza nel mercato dei servizi anche pubblici, l'esclusione sociale; fenomeni pure presenti nel resto del Paese, ma in misura significativa concentrati nelle aree meridionali, che soffrono anche di una situazione precaria anche dal punto di vista della legalità e della sicurezza;
con l'adozione delle misure annunciate nel DPEF, il Governo prevede che già nel 2007 e poi negli anni successivi, il Pil del Mezzogiorno potrebbe tornare ad accelerare e superare a fine periodo quello medio europeo;
il DPEF stabilisce che i flussi di spesa in conto capitale per il Sud dovranno essere certi e dovranno essere concentrati in impieghi ad alto rendimento economico e sociale, con meno trasferimenti a imprese e più investimenti pubblici di qualità; da un punto di vista quantitativo, il Governo intende favorire una riallocazione territoriale della spesa tesa ad aumentarne la quota del Mezzogiorno sul totale;
entro l'estate 2006 sarà completata la definizione del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013. Il Governo intende perseguire una «strategia dell'offerta», che attraverso la realizzazione di infrastrutture materiali e immateriali e il miglioramento dei servizi collettivi conferisca redditività agli investimenti privati nel nostro Mezzogiorno;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:
1. riaffermando il valore della legge 335 del 1995, essendo necessario verificare prioritariamente l'effettiva sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico nell'ambito degli interventi relativi alla previdenza pubblica, si sottolinea in particolare il positivo impegno per il superamento della discontinuità (il cosiddetto scalone, che avrebbe provocato gravi disuguaglianze tra i lavoratori in procinto di andare in pensione) della riforma del 2004, nonché quello volto ad attuare la verifica dei coefficienti di trasformazione, relativi al sistema di calcolo contributivo del trattamento pensionistico (o di una quota del trattamento medesimo) in modo tale da non comportare una diminuzione del montante contributivo individuale. Si ricorda, infatti, che la verifica è prevista dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, con cadenza decennale e che la prima verifica non è stata ancora attuata, mentre tale procedura costituisce un meccanismo indispensabile per l'equilibrio del nuovo sistema previdenziale; una particolare attenzione dovrà essere inoltre rivolta alle fasce più deboli, al fine di creare un sistema più equo e di rafforzare la solidarietà intergenerazionale, intervenendo sia sui trattamenti minimi, sia per assicurare livelli pensionistici adeguati agli attuali lavoratori precari, così come è necessario, per una giusta valutazione procedere ad una netta separazione tra previdenza ed assistenza;
2. occorre inoltre un impegno specifico volto a far decollare il sistema della previdenza complementare apportando le opportune integrazione al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 (e valutando anche la possibilità di anticiparne l'entrata in vigore) ed estendendolo al settore pubblico, dove l'avvio di tale tipologia di pensioni si limita al comparto della scuola;
3. è necessario procedere alla riforma degli ammortizzatori sociali che preveda sia l'incremento e l'estensione dell'indennità di disoccupazione a tutti i lavoratori (anche discontinui ed economicamente dipendenti), sia la costituzione di una rete di sicurezza universale, garantendo ai lavoratori atipici, a fronte anche di un incremento della loro contribuzione previdenziale, un aumento delle tutele;
4. occorre provvedere alla restituzione del fiscal drag;


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5. condividendo l'obiettivo del DPEF di incentivare la stabilizzazione dei rapporti di lavoro attraverso una riduzione selettiva del cuneo fiscale, nonché l'intervento sugli istituti più critici della legge n. 30 del 2003, a partire dallo staff leasing e il lavoro a chiamata, sono anche da rivedere le normative sui contratti a tempo determinato, a tempo parziale e quelle dei portatori di handicap e dei soggetti svantaggiati;
6. è necessario intervenire inoltre per ridurre le eccessive forme di precariato presenti nella pubblica amministrazione;
7. è necessario favorire la conciliazione tra la vita lavorativa e la vita familiare, dando piena applicazione a quanto previsto dalla normativa vigente e prevedendo nuovi strumenti di sostegno delle lavoratrici madri;
8. occorre procedere nell'azione volta a migliorare la tutela della salute e della sicurezza anche nelle abitazioni civili;
9. come da risoluzione già approvata dalla XI Commissione, si sottolinea l'esigenza di assumere come impegno prioritario l'adozione di un Testo unico delle norme sulla sicurezza del lavoro, ai fini di una razionalizzazione, un migliore coordinamento e una più agevole applicabilità delle relative norme, nonché come strumento essenziale per l'attuazione di interventi mirati alla prevenzione degli infortuni e al contrasto al lavoro nero ed alle elusioni, contrasto che deve essere condotto sia attraverso il rafforzamento dell'attività ispettiva, sia attraverso misure di regolazione che incentivino l'emersione.


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ALLEGATO 2

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011 (Doc. LVII, n. 1).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La XI Commissione (Lavoro pubblico e privato),
esaminato il Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011,
considerato che:
il Dpef quest'anno è quinquennale, è un programma economico di legislatura;
le politiche delineate sono quelle necessarie per il rilancio del nostro sistema-paese. Sono fissati gli obiettivi di medio periodo non solo economici, ma anche di qualità sociale ed ambientale. Il Dpef individua le strategie per tornare a crescere, per riposizionare il nostro paese nel mutato quadro europeo e globale;
la portata riformatrice del Dpef 2007-2011 è ambiziosa. Il Governo intende operare lungo tre direttrici: crescita, risanamento dei conti, equità sociale e territoriale, che sono tra di loro sinergiche;
la politica dei due tempi (prima i sacrifici e poi le riforme) è superata, risanamento ed equità devono camminare insieme, non solo per creare il necessario consenso ma anche per la stessa efficacia del programma economico del governo;
tutte le misure descritte sono di natura strutturale: i problemi non si possono più rinviare. Esse si ispirano all'impianto dell'Agenda di Lisbona;
l'Italia, come fu per l'adesione alla moneta unica europea, possiede le energie e le risorse umane per poter affrontare e vincere questa sfida ripristinando la coesione nazionale sulla base della giustizia sociale e valorizzando, in particolare, le potenzialità dei giovani e delle donne a cui sono dedicati molti dei provvedimenti in programma;
si ritorna alla concertazione con le parti sociali ed i territori;
il Documento di programmazione rileva gli elementi di criticità del nostro sistema-paese:
calo della produttività e della competitività;
difficoltà dei nostri conti pubblici;
aumento delle disparità sociali;
perdita del potere d'acquisto delle retribuzioni e delle pensioni;
e si propone di agire per rimuoverli;
l'Italia continua a perdere competitività, la quota delle nostre esportazioni sul commercio mondiale si è ridotta ed è adesso di circa un punto più bassa che un decennio fa. Anche la crescita dell'occupazione sembra entrare in una fase di decelerazione. Il Mezzogiorno è tornato dopo 7 anni a crescere meno del resto del paese. A determinare tale rallentamento anche la forte riduzione del tasso di crescita dei consumi interni dovuta al decremento dei redditi delle classi popolari;
negli ultimi cinque anni la produttività in Germania è aumentata del 10 per cento, in Francia del 12 per cento; in Italia è diminuita di quasi un punto e mezzo.


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L'euro non è dunque la ragione del nostro declino. Anzi, l'adozione dell'euro ha eliminato alcuni fattori distorti di crescita, come le svalutazioni;
la condizione dei conti pubblici è considerata, per alcuni aspetti, peggiore rispetto a quella del 1992, l'anno più drammatico dell'evoluzione dell'economia italiana e dei conti pubblici. Infatti: nel 1992 l'avanzo primario era pari all'1,8 per cento del Pil, nel 2006 sarà pari allo 0,5 per cento del Pil; il rapporto debito/Pil era più basso (105,2 per cento) di quanto sarà alla fine del 2006 (107,7 per cento);
è sulla base dei dati relativi al 2005 che sono stati assunti gli impegni europei nel quadro della procedura di deficit eccessivi che si è aperta l'estate scorsa. Per effetto di quella procedura l'Italia ha negoziato con l'Unione europea un piano di rientro i cui elementi essenziali sono: un indebitamento netto al di sotto del 4 per cento nel 2006 e del 3 per cento nel 2007; una correzione dei conti strutturale di almeno 1,6 punti percentuali di Pil nel biennio 2006-2007; un rapporto debito/Pil in diminuzione in modo sufficiente, e in avvicinamento al livello di riferimento (60 per cento del Pil) ad una velocità soddisfacente;
non si può non sottolineare il peso delle rendite e l'enorme redistribuzione alla rovescia del reddito e della ricchezza realizzatasi nell'ultimo ventennio a detrimento del lavoro dipendente. La nostra è diventata 'una Repubblica basata sul patrimonio', più che sul lavoro. La quota di reddito nazionale che va al lavoro si è ridotta negli ultimi 20 anni dal 50 al 40 per cento e quella della rendita è aumentata dal 20 al 30 per cento, con i profitti oscillanti in maniera pressoché costante intorno al 30 per cento;
rispetto alla metà degli anni '90 la manovra correttiva è più difficile in quanto il Paese è più povero e perché i tassi di interesse - sia pure lentamente - stanno risalendo. Indispensabile, dunque, intervenire strutturalmente, ma con equità, sulla spesa;
valutato che:
il documento di programmazione economico-finanziaria prende le mosse da questa consapevolezza;
il quadro programmatico mantiene gli impegni presi con l'Unione Europea. Prevede perciò un rientro del rapporto indebitamento netto su PIL al di sotto del 3 per cento nel 2007;
il Governo si riserva però di valutare con più precisione il percorso di rientro in relazione al profilo temporale degli effetti strutturali delle misure che verranno effettivamente adottate; infatti, il recupero di maggiori entrate che possono derivare dalla lotta all'evasione/elusione e da una maggior equità fiscale distribuendo meglio la pressione tributaria tra rendite, profitti e redditi da lavoro dipendente, può determinare un diverso equilibrio della manovra tra entrate e riduzioni di spese;
la Legge Finanziaria per il 2007 disporrà interventi il cui importo complessivo viene quantificato in circa 20 miliardi di euro (1,3 per cento del PIL), al netto di nuove spese volte a obiettivi di sviluppo e di equità, che si stimano in circa 15 miliardi di euro (1,0 per cento del Pil).
l'ammontare 'lordo' di risorse da reperire è dunque dell'ordine di 35 miliardi di euro e del 2,3 per cento del Pil (alle quali si aggiungono le risorse della manovra correttiva 2006);
il livello del saldo netto da finanziare, al netto delle regolazioni contabili e debitorie, non sarà superiore a 29,5 miliardi di euro per il 2007, 19,5 per il 2008 e 10,5 per il 2009;
nello stesso tempo, la manovra comprenderà misure per accrescere la competitività attraverso il rafforzamento dei mercati, la riduzione del cuneo fiscale, l'aumento dell'efficienza della spesa pubblica. Infine, e contemporaneamente, destinerà risorse a creare condizioni di maggiore equità, anche attraverso una redistribuzione del carico fiscale;


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per quanto concerne la crescita, il rilancio dell'economia italiana passa attraverso l'aumento dell'occupazione e della produttività, cause della bassa crescita;
per l'occupazione, si progetta un piano straordinario per i diritti e l'occupazione delle donne, dei giovani ed in genere della famiglia;
per la produttività e la competitività, l'azione del sarà articolata lungo tre linee di intervento:
di contesto - attraverso infrastrutture materiali e immateriali (chiarezza del diritto societario e di quello fallimentare) ed eliminazione dei vincoli alla concorrenza;
di innovazione e ricerca - attraverso una maggiore complementarietà tra pubbliche amministrazioni ma anche partnership pubblico-privato, sostegno alle attività di ricerca e sviluppo, alla collaborazione tra imprese e università e centri di ricerca;
sulla fiscalità - tramite automatismi per la riduzione dei costi di produzione, in particolare del lavoro (cuneo fiscale);
la riduzione del cuneo fiscale e previdenziale, di cui beneficeranno sia il datore di lavoro che il lavoratore (quindi: meno costo del lavoro più competitività; più reddito disponibile più domanda) non agirà sulle aliquote pensionistiche e sarà selettivo e destinato al lavoro subordinato a tempo indeterminato, al fine di favorire l'occupazione in forme di lavoro standard e premiare le imprese che stabilizzano i rapporti di lavoro. L'intervento sul cuneo fiscale e previdenziale, sarà accompagnato da misure di rilancio del tasso di crescita della produttività per avere effetti duraturi sulla competitività;
più in generale, in materia di lavoro e occupazione, l'azione sarà centrata su tre direttrici:
1. la promozione delle forme di lavoro a tempo indeterminato e la riduzione dell'area di precarietà, intervenendo sugli aspetti più critici (es. lavoro a chiamata e staff leasing);
2. l'intensificazione del contrasto al lavoro nero e irregolare;
3. il miglioramento della tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
sulla politica fiscale il Dpef indica tre obiettivi principali: equità, sviluppo e semplificazione. La loro realizzazione deve avvenire in un contesto di riduzione della pressione fiscale e di aggiustamento dei conti pubblici anche se sussistono difficoltà di raggiungimento degli obiettivi determinate dalla caduta di gettito tributario riconducibile all'ampliamento dell'area evasione/elusione fiscale registrata nel periodo 2001-2005 (in particolare dell'IVA) più che alla realizzazione di politiche di riduzione di imposte;
in tale materia gli interventi programmati sono finalizzati: a contrastare l'evasione/elusione di base imponibile; ad adottare misure di minimizzazione degli adempimenti di famiglie e imprese; a recuperare progressività; a ridurre il costo del lavoro; a riformare la tassazione del reddito d'impresa; a riformare il catasto e ridurre le aliquote ICI;
per le politiche di equità sociale il DPEF afferma che coniugare la crescita economica con il risanamento delle finanze pubbliche e la giustizia sociale è la base per assicurare uno sviluppo sostenibile e duraturo. Politiche che devono essere avviate al più presto: dopo un periodo di sostanziale stabilità, infatti, l'incidenza della povertà relativa sul totale delle famiglie italiane è aumentata sensibilmente nel 2004, in particolare nelle aree del Mezzogiorno;
le azioni scelte dal Governo per favorire la crescita, l'impegno che assume per il miglioramento dell'istruzione, il rilievo dato alle azioni per l'inclusione sociale nell'intervento aggiuntivo per il Mezzogiorno, denotano la scelta di favorire


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forme di crescita e di sviluppo che, valorizzando le competenze di tutti i cittadini, assicurino in sé requisiti di equità;
il Governo prevede di migliorare ed integrare la legge quadro di riforma dell'assistenza (legge n. 328/2000), agendo anche sui punti critici che la sua applicazione ha evidenziato;
nel quadro delle responsabilità istituzionali stabilito dal nuovo Titolo V della Costituzione, secondo il Dpef, spetta al Governo nazionale: a) definire i livelli essenziali di assistenza; b) realizzare un sistema coerente di sostegno dei redditi e delle responsabilità familiari; c) predisporre forme di finanziamento che premino l'iniziativa delle autonomie locali, riorganizzando e potenziando il Fondo nazionale per le politiche sociali e prevedendo un Fondo per le politiche familiari, finalizzati alla promozione di una rete integrata di servizi;
nel Dpef si afferma che negli ultimi anni (confronto 2001-2005 su 1995-2000) la dinamica della spesa non è aumentata e che invece è cambiato il rapporto della spesa in relazione al Pil, in quanto lo stesso Pil è decresciuto e che quindi il nostro problema prioritario è la crescita del paese da cui possono venire le risorse per finanziare adeguatamente il nostro sistema sociale;
per le politiche di equità sociale il Governo intende realizzare nel corso della Legislatura le seguenti azioni:
1) rafforzare gli strumenti per la conciliazione tra vita lavorativa e vita personale e familiare;
2) sostenere i redditi di quanti vivono rapporti di lavoro discontinui e/o con basse retribuzioni, con trasferimenti monetari per coloro che hanno redditi inferiori al minimo (i cosiddetti incapienti);
3) unificare gli attuali strumenti monetari di sostegno alle famiglie - assegni al nucleo familiare e deduzioni Irpef per figli a carico - in un Assegno per i minori;
4) reintrodurre un rinnovato «Reddito minimo di inserimento» (RMI);
5) rafforzare e migliorare la rete dei servizi, in particolare per l'infanzia e per i non-autosufficienti, con tariffe differenziate in funzione delle condizioni economiche (ISEE);
6) potenziare gli asili-nido;
7) realizzare un piano di intervento sulle non autosufficienze e definire una legge quadro sugli «Assistenti familiari», i cosiddetti «badanti»;
8) potenziare la tutela dell'infanzia sia nell'ambito della Giustizia che delle adozioni, nazionali e internazionali;
9) rilanciare le politiche abitative con la definizione di un nuovo quadro normativo per favorire e sostenere interventi di edilizia residenziale pubblica offrendo una locazione agevolata e selettiva;
10) potenziare gli strumenti e delle norme relative ai diritti e alle pari opportunità, in linea con gli indirizzi comunitari per rendere sempre più stabile l'occupazione, inclusa quella femminile, ed estendere la tutela della maternità a tutte le forme di lavoro non a tempo indeterminato, assicurando l'ampliamento dei servizi per la conciliazione tra il lavoro e le responsabilità femminili (ad esempio gli asili-nido) e il rilancio dell'imprenditoria femminile attraverso il rafforzamento degli strumenti di incentivazione alla creazione di nuove imprese;
11) contrastare tutte le forme di discriminazione, nell'ambito di una rafforzata attenzione alla tutela dei diritti umani;
sottolineato che:
a partire dal 2004, la crescita del Mezzogiorno si è arrestata: se si esclude il 2000, erano sette anni che la dinamica di crescita del Mezzogiorno non era inferiore a quella del resto del Paese;


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a frenare lo sviluppo e la produttività del Mezzogiorno sono fattori quali lo scarso livello delle competenze acquisite nella scuola, il livello insufficiente della ricerca e dell'innovazione, l'inefficienza e la scarsa concorrenza nel mercato dei servizi anche pubblici, l'esclusione sociale; fenomeni pure presenti nel resto del Paese, ma in misura significativa concentrati nelle aree meridionali, che soffrono anche di una situazione precaria anche dal punto di vista della legalità e della sicurezza;
con l'adozione delle misure annunciate nel DPEF, il Governo prevede che già nel 2007 e poi negli anni successivi, il Pil del Mezzogiorno potrebbe tornare ad accelerare e superare a fine periodo quello medio europeo;
il DPEF stabilisce che i flussi di spesa in conto capitale per il Sud dovranno essere certi e dovranno essere concentrati in impieghi ad alto rendimento economico e sociale, con meno trasferimenti a imprese e più investimenti pubblici di qualità; da un punto di vista quantitativo, il Governo intende favorire una riallocazione territoriale della spesa tesa ad aumentarne la quota del Mezzogiorno sul totale;
entro l'estate 2006 sarà completata la definizione del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013. Il Governo intende perseguire una «strategia dell'offerta», che attraverso la realizzazione di infrastrutture materiali e immateriali e il miglioramento dei servizi collettivi conferisca redditività agli investimenti privati nel nostro Mezzogiorno;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:
1. riaffermando il valore della legge 335 del 1995, essendo necessario verificare prioritariamente l'effettiva sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico nell'ambito degli interventi relativi alla previdenza pubblica, si sottolinea in particolare il positivo impegno per il superamento della discontinuità (il cosiddetto scalone, che avrebbe provocato gravi disuguaglianze tra i lavoratori in procinto di andare in pensione) della riforma del 2004, nonché quello volto ad attuare la verifica dei coefficienti di trasformazione, relativi al sistema di calcolo contributivo del trattamento pensionistico (o di una quota del trattamento medesimo) in modo tale da non comportare una diminuzione del montante contributivo individuale. Si ricorda, infatti, che la verifica è prevista dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, con cadenza decennale e che la prima verifica non è stata ancora attuata, mentre tale procedura costituisce un passaggio indispensabile preventivo alla individuazione delle misure utili all'equilibrio del nuovo sistema previdenziale; una particolare attenzione dovrà essere inoltre rivolta alle fasce più deboli, al fine di creare un sistema più equo e di rafforzare la solidarietà intergenerazionale, intervenendo sia sui trattamenti minimi, sia per assicurare livelli pensionistici adeguati agli attuali lavoratori precari, così come è necessario, per una giusta valutazione procedere ad una netta separazione tra previdenza ed assistenza;
2. occorre inoltre un impegno specifico volto a far decollare il sistema della previdenza complementare apportando le opportune integrazione al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 (e valutando anche la possibilità di anticiparne l'entrata in vigore) ed estendendolo al settore pubblico, dove l'avvio di tale tipologia di pensioni si limita al comparto della scuola;
3. è necessario procedere alla riforma degli ammortizzatori sociali che preveda sia l'incremento e l'estensione dell'indennità di disoccupazione a tutti i lavoratori (anche discontinui ed atipici), sia la costituzione di una rete di sicurezza universale, garantendo ai lavoratori atipici, a fronte anche di un incremento della loro contribuzione previdenziale, un aumento delle tutele;


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4. occorre provvedere alla restituzione del fiscal drag;
5. condividendo l'obiettivo del DPEF di incentivare la stabilizzazione dei rapporti di lavoro attraverso una riduzione selettiva del cuneo fiscale, nonché l'intervento sugli istituti più critici della legge n. 30 del 2003, a partire dallo staff leasing e il lavoro a chiamata, sono anche da rivedere le normative sui contratti a tempo determinato, a tempo parziale e quelle dei portatori di handicap e dei soggetti svantaggiati;
6. è necessario intervenire inoltre per ridurre le forme di precariato presenti nella pubblica amministrazione;
7. è necessario favorire la conciliazione tra la vita lavorativa e la vita familiare, dando piena applicazione a quanto previsto dalla normativa vigente, prevedendo nuovi strumenti di sostegno della paternità e della maternità e realizzando il potenziamento degli asili nido;
8. occorre procedere nell'azione volta a migliorare la tutela della salute e della sicurezza anche nelle abitazioni civili;
9. come da risoluzione già approvata dalla XI Commissione, si sottolinea l'esigenza di assumere come impegno prioritario l'adozione di un Testo unico delle norme sulla sicurezza del lavoro, ai fini di una razionalizzazione, un migliore coordinamento e una più agevole applicabilità delle relative norme, nonché come strumento essenziale per l'attuazione di interventi mirati alla prevenzione degli infortuni e al contrasto al lavoro nero ed alle elusioni, contrasto che deve essere condotto sia attraverso il rafforzamento dell'attività ispettiva, sia attraverso misure di regolazione che incentivino l'emersione.