XIV Commissione - Resoconto di mercoledì 26 luglio 2006

TESTO AGGIORNATO AL 27 LUGLIO 2006


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SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 26 luglio 2006. - Presidenza del presidente Franca BIMBI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'Economia e le Finanze, Massimo Tononi.

La seduta comincia alle 14.45.

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2005.
C. 1253 Governo.

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2006.
C. 1254 Governo.

Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006 (limitatamente alle parti di competenza).
(Relazione alla V Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dei provvedimenti in titolo.

Fabrizio MORRI (Ulivo), relatore, ricorda che nel Conto consuntivo del Ministero dell'Economia, nella Tabella allegata n. 3, sono esposti i flussi finanziari tra Italia e Unione europea per il 2005.
Si tratta di tematiche di estrema rilevanza per la Commissione XIV, come testimoniano sia l'intenzione di avviare un'indagine conoscitiva, insieme alla Commissione Bilancio, sulle tematiche


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concernenti l'Agenda 2000 e le prospettive finanziarie, con riferimento alle politiche di coesione e alle risorse proprie dell'Unione europea; sia l'emendamento al disegno di legge comunitaria proposto dal relatore con cui si chiede al Governo di presentare una relazione trimestrale sull'andamento dei flussi tra Italia e Unione europea, con indicazioni circa la distribuzione e lo stato di utilizzo delle risorse erogate in relazione agli enti competenti e alle aree geografiche destinatarie dei contributi.
Ricorda, quindi, che il sistema di finanziamento dell'Unione, previsto dall'articolo 269 del Trattato CE, stabilisce che il bilancio generale dell'Unione Europea sia integralmente finanziato dalle cosiddette «risorse proprie», ossia dai mezzi finanziari conferiti da ciascuno Stato membro per garantire il funzionamento dell'amministrazione comunitaria e la realizzazione delle relative politiche.
Tali risorse, attualmente disciplinate dalla decisione del Consiglio n. 597 del 29 settembre 2000, sono costituite dalle risorse proprie tradizionali (costituite dai dazi doganali riscossi dai Paesi membri negli scambi con paesi terzi, dai prelievi sulle importazioni di prodotti agricoli, derivanti da scambi con paesi terzi, nonché da contributi provenienti dall'imposizione di diritti alla produzione dello zucchero), dalla risorsa I.V.A. (costituita da un contributo a carico di ciascuno stato membro calcolato applicando un'aliquota uniforme all'imponibile nazionale dell'IVA), e dalla risorsa R.N.L. (Reddito Nazionale Lordo, già P.N.L.) definita «risorsa complementare» in quanto finalizzata a finanziare le spese di bilancio non coperte dalle prime due, che consiste in un contributo degli Stati membri commisurato alle quote parte dei RNL nazionali sul RNL comunitario. La risorsa I.V.A. e la risorsa R.N.L. rappresentano attualmente la maggior parte delle risorse del bilancio UE.
Nel 2005 la quota di contribuzione italiana all'UE relativa alle risorse proprie è risultata pari a 13.511 milioni di euro, corrispondente al 13,7 per cento del totale della contribuzione a livello UE.
Di questa, la parte maggiore è costituita dalla risorsa RNL pari a 9.408 milioni di euro (pari ad una quota del 13,6 per cento). La quota di contribuzione italiana sale invece al 19,5 per cento per la risorsa IVA (pari a 2.881 milioni di euro), scontando una parte della correzione dovuta al Regno Unito.
Rispetto alle previsioni definitive i versamenti effettuati dal Ministero dell'Economia risultano superiori (14.130 milioni di Euro), a causa principalmente del gettito effettivo delle R.P.T., dei conguagli e rimborsi su I.V.A., R.N.L., e sulla c.d. «Correzione Britannica» relativi ad anni precedenti. L'aumento dell'8,36 per cento, pari a 1.090 milioni di euro, rispetto al 2004 è dovuto principalmente all'aumento delle spese di bilancio da finanziare.
Per quanto riguarda l'anno in corso, il disegno di legge di assestamento 2006, con specifico riferimento alla voce di spesa corrente costituita dalle risorse proprie della Comunità (UPB 4.1.2.8/Economia), non apporta alcuna variazione rispetto alle previsioni iniziali, pari a 15.850 milioni di euro. Si tratta, come evidenziato nel Quadro riassuntivo per categoria contenuto nella tabella 2 allegata al bilancio, di una spesa classificata tra quelle vincolate in quanto giuridicamente obbligatoria.
Per quanto riguarda invece la contribuzione dell'Unione europea in favore dell'Italia, nell'esercizio 2005 sono stati accreditati contributi per 9.899 milioni di euro, con un aumento del 4,9 per cento rispetto al precedente anno.
La parte più importante (5.499 milioni di euro) attiene alle azioni cofinanziate dal FEOGA-Garanzia (interventi per la Politica Agricola Comune). Rispetto allo scorso anno la contribuzione risulta essere aumentata del 9,87 per cento; come pure risulta aumentata del 19,2 per cento quella relativa al FESR (pari nel 2005 a 2.666,241 milioni di euro) e quella relativa al FEOGA sez. Orientamento, che ammonta a 545,485 milioni di euro (+0,29 per cento).


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Risultano invece diminuite del 36,51 per cento quelle relative allo SFOP (20,957 milioni di euro nel 2005) per il settore della pesca e, del 40,08 per cento, le contribuzioni al Fondo Sociale Europeo per il cofinanziamento delle iniziative di formazione professionale (la contribuzione nel 2005 è stata pari a 1.051,701 milioni di euro).
Riguardo alla riduzione delle risorse del FSE, valuta negativamente una contrazione così accentuata delle risorse destinate alla formazione, che pure rappresenta un elemento chiave per la competitività nell'ambito della Strategia di Lisbona. È, a suo avviso, opportuno un approfondimento sulla ripartizione dei cofinanziamenti tra le varie finalità, che potrà essere svolto in occasione dell'indagine conoscitiva prima richiamata.
Per quanto riguarda in particolare i fondi strutturali, i dati del rendiconto evidenziano anche la ripartizione delle somme accreditate dall'UE all'Italia disaggregate in relazione ai singoli Obiettivi dei Fondi stessi. Si tratta di somme corrisposte sia in base alla programmazione 1994-1999 sia in base ai finanziamenti previsti nella programmazione 2000-2006.
In particolare, nel 2005 l'Unione europea ha accreditato all'Italia per interventi localizzati nelle regioni del Mezzogiorno (Obiettivo 1), complessivamente 2.954 milioni di euro, a fronte di 488 milioni di euro per le aree Obiettivo 2 (aree in declino industriale), e 559 milioni di euro per l'Obiettivo 3, relativo a finanziamenti legati al fenomeno della disoccupazione.
Per quanto riguarda l'attuazione degli interventi cofinanziati dall'Unione europea, questa si può desumere dai dati relativi al Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (istituito dall'articolo 5 della legge n. 183/1987). Dotato di amministrazione autonoma e di gestione fuori bilancio, il Fondo si avvale di due conti correnti infruttiferi presso la Tesoreria centrale dello Stato, cui affluiscono disponibilità provenienti sia dal bilancio comunitario che quelle provenienti dal bilancio nazionale.
Nell'anno 2005 ai conti correnti suindicati sono affluite le seguenti risorse: 4.399 milioni di euro come finanziamenti UE) e 4.666 milioni di euro come finanziamenti nazionali.
A fronte di queste risorse, integrate dalle giacenze all'inizio dell'esercizio, nel corso del 2005 sono state effettuate erogazioni da parte del Fondo di rotazione (riportate nell'ambito del Conto consuntivo del Ministero dell'Economia) per finanziare interventi, sia a valere sulla quota nazionale (per 4.219 milioni di euro), che su quella comunitaria (per 4.008 milioni di euro). Si tratta di interventi relativi alle finalità individuate in sede comunitaria (per gli Obiettivi 1, 2, 3, 5a e 5b), nonché a specifici progetti ad hoc, sempre definiti in sede comunitaria.
Per quanto riguarda l'anno in corso, il disegno di legge di assestamento 2006 registra l'accertamento nelle previsioni assestate 2006, relative al Fondo di rotazione per le politiche comunitarie (UPB 4.2.3.8/Economia - Cap. 7493), di residui pari a 1.575,8 milioni di euro rispetto alle previsioni iniziali.
Il disegno di legge di assestamento non apporta alcuna modifica allo stanziamento complessivo a carico del Fondo. Pertanto esso risulta invariato rispetto alle previsioni iniziali di bilancio 2006 e pari a 2.050 milioni di euro di spesa.
Ricorda quindi che in seguito all'approvazione del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, è stata attribuita un'ampia autonomia finanziaria ed organizzativa alla Presidenza del Consiglio, che presenta pertanto annualmente un autonomo bilancio che viene approvato con DPCM e nel quale si possono trovare i dati di spesa relativi al Dipartimento per le politiche comunitarie.
Pertanto, a partire dall'anno 2000, le spese relative al Dipartimento per le politiche comunitarie fanno parte del complesso di spese stanziate nella UPB 3.1.5.2


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«Presidenza del Consiglio dei ministri», dello stato di previsione del Ministero dell'economia (Tabella 2).
Per quanto riguarda il 2005, con DPCM 11 maggio 2006 è stato approvato il Conto finanziario della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le previsioni finali di spesa relativamente al Dipartimento per le politiche comunitarie ammontano a 6,717 milioni di euro, di cui 6,715 riguardano le spese correnti.
I pagamenti effettuati nel 2005 sono stati pari a 4,783 milioni di euro e sono state impegnate somme, rimaste da pagare, per altri 0,8 milioni di euro, per un totale di somme impegnate per il 2005 di 5,571 milioni di euro. Risultano quindi in economia, rispetto alle previsioni di spesa, 1,146 milioni di euro.
Dalla relazione al conto finanziario 2005 risulta che i complessivi 5,571 milioni di euro relativi ad impegni assunti nel medesimo anno dal Dipartimento per le politiche comunitarie sono comprensivi dell'importo di 825,46 milioni di euro per progetti cofinanziati dall'Unione Europea.
Una quota di risorse finanziarie - pari a 0,363 milioni di euro - è stata poi impegnata nel programma di comunicazione istituzionale, ex lege n. 150/2000, per la realizzazione di campagne di informazione sui temi dell'allargamento dell'Europa, del ruolo dell'UE nel mondo, del futuro dell'Europa, spazio di libertà, giustizia e sicurezza.
Per quanto riguarda l'anno 2006, il bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio per il 2006 è stato approvato con D.P.C.M. 12 dicembre 2005. La nota preliminare al bilancio di previsione 2006 evidenzia che al Centro di responsabilità del Dipartimento per le politiche comunitarie (CR 4) sono destinati fondi per 4,834 milioni di euro.
La Nota allegata al bilancio di previsione evidenzia come il Dipartimento sia coinvolto in numerose iniziative volte ad incoraggiare il dibattito pubblico sul futuro dell'Europa e della Strategia di Lisbona. Nel corso del 2006 proseguirà poi l'attuazione, avviata nel 2005, dell'Accordo di programma in atto con il MIUR denominato «Formazione per dirigenti e docenti delle scuole superiori sul tema della cittadinanza europea» nonché, nell'ambito della formazione comunitaria per i Paesi in via di adesione, l'attività relativa alle iniziative CARDS, TACIS e MEDA. Risorse per circa 1,2 milioni di euro sono inoltre destinate alla nuova Struttura di missione, istituita con DPCM 30 settembre 2004, cui è affidato il compito di monitorare, rappresentare e valutare l'efficacia delle azioni di sistema per elaborare nuove strategie che possano promuovere e favorire la mobilità dei cittadini europei e l'integrazione professionale, la comparazione della legislazione dei paesi membri in tema di diritti civili, l'armonizzazione della normativa in materia di procedure di acquisto di beni e servizi. In particolare, nel corso del 2006, l'impegno di tale Struttura sarà focalizzato sul rilancio della Strategia di Lisbona mediante una intensa attività di consultazione con gli Stati membri e con la Commissione.
Concludendo, preannuncia la presentazione di una proposta di relazione favorevole sui disegni di legge C. 1253 e C. 1254.

Sandro GOZI (Ulivo), con riferimento alla tematica dei flussi finanziari tra Italia e Unione europea, chiede al Governo un approfondimento circa gli effetti che potrebbero derivare dalle trattative in corso sulle spese amministrative e sul personale delle istituzioni comunitarie: si prevede, infatti, una riduzione di ben duemila unità di personale. Chiede pertanto quali siano le valutazioni del Governo sia per quanto concerne il personale italiano, che, più in generale, sugli effetti di indebolimento delle strutture che potrebbero derivarne, certo non auspicabili.

Franca BIMBI, presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame congiunto alla seduta di domani, giovedì 27 luglio, alle ore 8.30.


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D.L. 223/06: Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale.
C. 1475 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni V e VI).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Franca BIMBI, presidente e relatore, ricorda che il decreto legge n. 223 del 2006 riguarda misure per l'estensione della concorrenza, il risanamento dei conti pubblici, la razionalizzazione della spesa pubblica, il contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale. Le misure adottate realizzano nel loro complesso un intervento di ampio respiro in svariati settori dell'ordinamento, finalizzato ad introdurre disposizioni per il rilancio dell'economia, nella prospettiva della ripresa di una crescita più che necessaria per allontanare i rischi di declino del Paese, volendo stimolare il funzionamento del sistema produttivo. Gli interventi si orientano, nella loro configurazione sistemica, ai criteri di efficienza, stabilità ed equità, già prefigurati nel DPEF, che vanno nella direzione di migliorare l'avanzo primario, intervenendo su alcune distorsioni della finanza pubblica con un'ottica di tipo strutturale.
In particolare, rileva che il provvedimento si compone di due titoli: il primo reca misure urgenti per lo sviluppo, la crescita e la promozione della concorrenza e della competitività, per la tutela dei consumatori e per la liberalizzazione di settori produttivi, mentre il secondo riguarda la ripresa degli interventi infrastrutturali, prevedendo altresì misure per il sostegno della famiglia e di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica.
Per quanto riguarda i profili di interesse della XIV Commissione, ricorda sinteticamente che esso può portare all'archiviazione di quattro procedure di infrazione aperte dalla CE nei confronti dell'Italia. Infatti, l'articolo 2 «Disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali» bloccherà la procedura n. 2005/2198, che in particolare contestava la fissazione di tariffe per gli avvocati e la procedura n. 2005/4216 relativa alle tariffe degli ingegneri e degli architetti. Le disposizioni dell'articolo del decreto vanno ad eliminare l'inderogabilità dei minimi tariffari previsti per queste categorie, dando spazio anche alla libera contrattazione tra professionisti ed utenti e dando anche la possibilità di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi pattuiti.
Passa quindi all'articolo 5, che regola la vendita dei farmaci da banco negli esercizi commerciali e potrebbe portare all'archiviazione di altre due infrazioni: la procedura n. 2004/4928, che fra l'altro è in dirittura d'arrivo e vede l'Italia deferita alla Corte di giustizia europea per le norme dirette a vietare la titolarità dell'esercizio di farmacie alle persone fisiche non in possesso di laurea di farmacia e alle persone giuridiche non composte da farmacisti (disposizioni che secondo il Commissario europeo limitano fortemente la concorrenza) e la procedura n. 2002/5113 sulla spesa farmaceutica che contesta all'Italia la violazione dell'articolo 28 del Trattato CE, «essendo state adottate dall'Italia misure dirette al controllo dei prezzi dei medicinali che hanno l'effetto di impedire e rendere più difficile la commercializzazione dei prodotti importati». Rileva che tale articolo fa inoltre decadere anche l'istruttoria avviata dall'Antitrust nei confronti dei veterinari per accertare «l'esistenza di un'intesa restrittiva della concorrenza».
Segnala poi che le procedure d'infrazione aperte a Bruxelles nei confronti del nostro Paese sono complessivamente ben 239, collocando l'Italia al secondo posto tra i Paesi europei destinatari del numero più elevato di procedura. Ritiene impensabile perdere decine di milioni per infrazioni al diritto comunitario. Infine, osserva come l'adeguamento interno a


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quello comunitario, per bloccare una condanna imminente da parte di Bruxelles, secondo il parere di autorevoli costituzionalisti, è da considerare ragione sufficiente anche per la decretazione d'urgenza.
Entrando nello specifico dei Titoli del provvedimento in esame, osserva come particolarmente rilevante appaia il Titolo I, che avviando la liberalizzazione in una pluralità di settori quali, ad esempio, i servizi professionali, la distribuzione commerciale, la produzione del pane, la distribuzione dei farmaci, il servizio dei taxi, l'assicurazione contro la responsabilità civile auto ed i conti correnti bancari, si propone di eliminare diversi ostacoli al corretto funzionamento del mercato e della libera concorrenza, in linea con i principi e la normativa europea.
Evidenzia come ciò appaia inoltre pienamente conforme agli obiettivi della Strategia di Lisbona, che include tra le misure prioritarie ai fini del rilancio della competitività e della crescita dell'economia europea la liberalizzazione del mercato dei servizi intesa come strumento volto ad assicurare agli utenti un'effettiva opportunità di scelta nell'esercizio dei propri diritti, di miglioramento delle prestazioni ottenibili sulla base della loro realistica comparazione, di tutela dei consumatori e del tendenziale superamento delle loro condizioni di asimmetria economica, di incentivo all'allargamento della base occupazionale del Paese.
Ricorda, in particolare, che nell'ambito della revisione intermedia della strategia, il Consiglio europeo del marzo 2005 ha invitato gli Stati membri a verificare la compatibilità delle normative nazionali con la normativa comunitaria al fine di aprire maggiormente il mercato interno. Al tempo stesso, le misure recate dal provvedimento sono ispirate dall'obiettivo di coordinare le liberalizzazioni con la salvaguardia e la promozione più decisa dei diritti e degli interessi generali di carattere sociale ed economico, quali riconosciuti dalla Carta europea dei diritti fondamentali. Infatti, anche per effetto delle modifiche apportate al Senato, gli interventi intesi all'apertura dei mercati dei servizi non rispondono ad un modello di deregolazione economica, bensì indicano la scelta di un approccio proprio dell'economia sociale di mercato che ritiene l'interpretazione più consona ad un'impostazione coesiva dei trattati istitutivi delle Comunità europee.
Osserva quindi che le disposizioni del decreto, complessivamente considerate, combinano, secondo una logica di sussidiarietà e proporzionalità, da un lato, la tutela degli interessi degli utenti e dei consumatori e, dall'altro, la tutela di standard sociali elevati. Anche questo approccio appare pienamente coerente con i principi ispiratori della Strategia di Lisbona come rivista dal Consiglio europeo di marzo 2005 che abbina agli interventi intesi al rilancio della competitività e dell'occupazione misure generali e settoriali di natura sociale.
Fa notare che, in coerenza con questo orientamento, l'articolo 1, nel definire le finalità e l'ambito di intervento del titolo I, chiarisce che esso detta le misure necessarie per garantire il rispetto dei principi comunitari in materia di libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, di cui agli articoli 43 e 49 del Trattato istitutivo della Comunità europea, nonché del principio di concorrenza (artt. 81, 82 e 86 TCE). In particolare, l'articolo 43 TCE vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro, mentre l'articolo 49 vieta le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno della Comunità nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità, che non sia quello del destinatario della prestazione. Osserva che quest'ultima norma, così come interpretata dalla Corte di Giustizia, si é rivelata suscettibile di fornire una copertura a una serie di differenti fattispecie. Infatti, secondo una giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, l'articolo 49 prescrive non solo l'eliminazione di qualsiasi discriminazione


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nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, allorché essa sia tale da vietare, da ostacolare o da rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisca legittimamente servizi analoghi (cfr. Sentenza 13 febbraio 2003, in causa C-131/01).
Per quanto riguarda, invece, il principio comunitario di concorrenza, precisa che esso può desumersi dal combinato disposto degli articoli 3, paragrafo 1, lett. c) e g), e 4, paragrafo 1, del TCE. Tale principio postula che l'azione della Comunità comporti un mercato interno caratterizzato dall'eliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali nonché un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno. La liberalizzazione dei servizi va contestualizzata nella promozione ed implementazione dei diritti sociali e nella salvaguardia del valore delle differenze culturali. Occorre che l'impulso alle scelte di libertà economica venga a prodursi entro un quadro di tutela e promozione della dignità e dei diritti della persona, del bene comune, delle definizioni di indisponibilità dei beni pubblici fondamentali. Comunque, in questo quadro, ritiene importante che l'azione degli Stati membri e della Comunità sia sempre più volta all'adozione di una politica economica, fondata sullo stretto coordinamento delle politiche degli Stati membri, sull'apertura del mercato interno e sulla definizione di obiettivi comuni, e condotta conformemente ai principi di un'economia di mercato aperta e competitiva.
Evidenzia che tali principi si inverano poi in alcune norme puntuali del Trattato, che vietano le intese idonee a pregiudicare il commercio tra gli Stati con l'effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune (articolo 81), lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante (articolo 82) e che assoggettano, infine, anche le imprese pubbliche alla disciplina concorrenziale (articolo 86). Specifico rilievo, ai fini del rispetto degli indicati principi, assume l'articolo 2, che interviene nel settore dei servizi professionali. In particolare, la norma elimina l'obbligatoria fissazione, nell'ambito delle attività libero professionali e intellettuali, di tariffe minime obbligatorie, il divieto di pubblicizzare i titoli professionali, le caratteristiche del servizio offerto e il prezzo delle prestazioni, nonché il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti. Inoltre, l'articolo 7 elimina la riserva di attività a favore dei notai per l'autenticazione degli atti e delle dichiarazioni in merito all'alienazione di beni mobili registrati.
Osserva che tali interventi rispondono all'esigenza di liberalizzazione del settore, senza disconoscere il ruolo dagli ordini professionali. La stessa Commissione europea, nella Relazione sulla concorrenza nei servizi professionali del febbraio 2004, ha sostenuto che i servizi professionali hanno un ruolo importante da svolgere ai fini del miglioramento della competitività dell'economia europea in quanto rappresentano input per l'economia e le imprese e la loro qualità e competitività hanno importanti ricadute.
Ricorda che in una successiva comunicazione dal titolo «I servizi professionali proseguire la riforma», presentata il 5 settembre 2005, la Commissione ha poi ribadito la necessità di liberalizzare i mercati e di eliminare la regolamentazione non necessaria per promuovere una maggiore concorrenza. In particolare, la comunicazione sostiene la necessità che gli Stati membri promuovano un processo di riforma sistematico del settore delle professioni a livello nazionale, a partire dai programmi nazionali per l'applicazione della strategia di Lisbona. Gli Stati membri dovrebbero avviare un processo analitico di revisione delle restrizioni


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esistenti, sia di quelle che possono essere eliminate velocemente come i prezzi fissi o le limitazioni alla pubblicità, sia delle strutture regolamentari per valutare la necessità di più ampie riforme al fine di realizzare progressi entro il 2010.
In quest'ottica, giudica particolarmente positiva la liberalizzazione del prezzo della prestazione, che favorisce la concorrenza tra i professionisti, restituendo loro un'importante variabile del proprio comportamento economico e costituendo un incentivo ad offrire servizi qualitativamente migliori di quelli offerti dai concorrenti, come evidenziato anche dal Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nell'audizione svolta presso la Commissione bilancio del Senato l'11 luglio scorso. Del resto, anche la Commissione europea, nell'ambito della citata Relazione, ha affermato che l'esistenza di prezzi fissi o minimi ha effetti dannosi sulla concorrenza, quando essi riducono seriamente i vantaggi che ai consumatori possono derivare dai mercati concorrenziali senza peraltro garantire prezzi inferiori né impedire l'offerta di servizi di qualità scadente. Inoltre, nella maggior parte degli Stati membri le professioni di avvocato, notaio, contabile, ingegnere e architetto vengono esercitate senza tariffe regolamentate, sintomo evidente del fatto che i controlli dei prezzi non sono uno strumento normativo essenziale per l'esercizio di tali professioni.
Sottolinea che la Commissione europea ha segnalato più volte la necessità di operare per la convergenza della legislazione degli Stati membri in alcuni settori di rilievo, quale ad esempio il mercato dei servizi, posto che la circolazione dei servizi è ancora ostacolata da importanti differenze esistenti tra le normative dei Paesi membri, che pongono ostacoli al funzionamento del mercato interno operando difese di tipo corporativo a tutto svantaggio degli utenti e consumatori finali. Per questi risulta particolarmente importante che si realizzi anche una convergenza (pur nel rispetto delle differenze culturali) nell'allargamento dei diritti, nell'accesso alle opportunità e negli sforzi di contrasto dei processi di impoverimento. In questa direzione la corretta informazione sul costo e sulla qualità dei servizi risulta particolarmente cruciale.
Osserva che, perciò, l'eliminazione dei vincoli relativi alla pubblicità dei servizi professionali, non svolge solo una funzione pro-concorrenziale, dal momento che la pubblicità diviene un elemento fondamentale per assicurare la corretta informazione degli utenti, riducendo le asimmetrie informative dei consumatori. Inoltre, la Commissione si é espressa anche in merito alle regolamentazioni inerenti alla struttura aziendale, ritenendole giustificabili nei mercati in cui vi é la forte necessità di assicurare l'indipendenza o la responsabilità personale dei professionisti, anche se potrebbero essere adottati meccanismi alternativi che restringono in misura minore la concorrenza.
Sottolinea come in quest'ottica molte delle misure previste dal decreto in esame appaiono non solo coerenti con gli indirizzi definiti a livello europeo ma addirittura necessarie a prevenire possibili procedure di infrazione o procedimenti per violazione delle regole di concorrenza nei confronti dell'Italia o di associazioni professionali italiane. In effetti sono già pendenti, in alcuni dei settori su cui interviene il decreto-legge in esame, procedure di infrazione nei confronti del nostro Paese.
Ricorda, in particolare, che nel dicembre 2005 la Commissione ha inviato all'Italia una lettera di messa in mora complementare con cui rileva l'incompatibilità con i citati articoli 43 e 49 del Trattato CE delle norme nazionali in materia di tariffe di onorari minimi e massimi per le attività degli avvocati. Sempre nel dicembre 2005 la Commissione ha inviato all'Italia un parere motivato con il quale constata l'incompatibilità con gli articoli 43 e 49 del Trattato CE delle norme nazionali in materia di tariffe minime per le prestazioni di architetti ed ingegneri.


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Rileva poi che, sempre nella direzione della liberalizzazione e funzionali a garantire una piena attuazione del principio comunitario di concorrenza, si pongono ulteriori norme del decreto, quali, ad esempio, gli articoli 6 e 8. In particolare, il primo, relativo alle licenze per i taxi, consente ai comuni di prevedere turnazioni integrative in aggiunta a quelle ordinarie; bandire concorsi straordinari in conformità alla vigente disciplina numerica, ovvero in deroga ad essa, rilasciare titoli autorizzatori temporanei o stagionali, non cedibili, per fronteggiare particolari eventi straordinari; prevedere la possibilità di utilizzare veicoli sostitutivi ed aggiuntivi per l'espletamento di servizi diretti a specifiche categorie di utenti; prevedere in via sperimentale forme innovative di servizio agli utenti; prevedere la possibilità per gli utenti di avvalersi di tariffe predeterminate dal comune per percorsi prestabiliti.
L'articolo 8, invece, vieta alle compagnie di assicurazione e ai loro agenti di vendita operanti nel settore dell'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto di stipulare nuove clausole contrattuali di distribuzione esclusiva e di imposizione di prezzi minimi ovvero di sconti massimi praticabili nei riguardi dei consumatori contraenti.
Segnala, inoltre, l'articolo 5 che detta disposizioni in materia di vendita di farmaci e titolarità di farmacie. In particolare, la norma autorizza la vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione negli esercizi commerciali, con l'assistenza di uno o più farmacisti laureati e iscritti all'Ordine. Si consente inoltre la titolarità dell'esercizio della farmacia privata anche a società di persone e a società cooperative a responsabilità limitata, che possono operare anche in più province; i farmacisti possono essere soci anche di più società. Infine, sono abrogate le disposizioni che consentivano agli eredi di detenere temporaneamente la partecipazione a tali società anche in mancanza dei necessari titoli. A quest'ultimo proposito, ritiene opportuno ricordare che l'Italia é stata deferita dalla Commissione europea alla Corte di giustizia per la disciplina restrittiva in tema di assunzione di partecipazioni e di proprietà delle farmacie. Secondo la Commissione, la normativa italiana é in contrasto con gli articoli 43 e 56 del trattato CE, riguardanti la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei capitali nella UE. Infatti, il divieto per le persone fisiche che non possiedono un diploma di laurea in farmacia (o per le persone giuridiche non composte da farmacisti) di assumere la titolarità di farmacie private impedisce l'acquisto di partecipazioni o lo stabilimento di farmacie a tutti gli operatori, in particolare quelli di altri Stati membri, che non sono in possesso del diploma di farmacista. L'obiettivo di tutela della sanità pubblica, che la legge italiana intende in tal modo perseguire, ad avviso della Commissione non appare sufficiente a giustificare simili restrizioni. Tale scopo, infatti, potrebbe essere analogamente raggiunto esigendo la presenza di un farmacista per consegnare i medicinali ai pazienti. La Commissione ha rilevato altresì che la legislazione italiana, prevedendo che gli eredi di un farmacista deceduto possano essere titolari della sua farmacia, per periodi che vanno fino a dieci anni, riconosce che il requisito della qualificazione professionale non é assolutamente indispensabile e prioritario ai fini della proprietà di una farmacia.
Passa quindi a descrivere il Titolo II, che contiene invece misure di sostegno nonché di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica, in linea con la strategia di risanamento dei conti pubblici, delineata nel documento di programmazione economico finanziaria 2007-2011. L'obiettivo é quello di raggiungere nel 2007 un rapporto deficit/PIL inferiore al 3 per cento, secondo l'impegno derivante dalla raccomandazione del Consiglio UE nell'ambito della procedura di disavanzo eccessivo, avviata nei confronti dell'Italia nel luglio 2005.
A quest'ultimo riguardo, ricorda che il Consiglio UE ha ritenuto il programma di stabilità presentato dall'Italia compatibile


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con una correzione del disavanzo eccessivo entro il 2007, a condizione di un'attuazione completa ed effettiva della manovra di bilancio 2006 e dell'individuazione e attuazione di ulteriori e sostanziali misure correttive nel 2007.
Sottolinea che, per quanto riguarda le misure di sostegno, il decreto reca misure specificamente intese a favore delle famiglie, delle politiche giovanili, delle politiche sociali, delle pari opportunità. In particolare, oltre all'articolo 18 che aumenta la dotazione del Fondo per le politiche sociali, vi é un intero capo, il Capo II, recante interventi per le politiche della famiglia, per le politiche giovanili e per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Vengono infatti istituiti tre distinti fondi destinati a promuovere e finanziare interventi agevolativi volti al conseguimento di tali obiettivi.
Osserva che anche queste disposizioni, risultano coerenti con gli orientamenti dell'UE che promuovono, nell'ambito della strategia di Lisbona, accanto alla crescita economica e al rilancio della competitività, la protezione e l'inclusione sociale, le pari opportunità, la famiglia.
Ricorda, inoltre, che l'articolo 25 determina risparmi di spesa per il 2006 attraverso l'accantonamento di quote di risorse di numerose U.P.B. del bilancio dello Stato (ricomprese nell'elenco 1, allegato al decreto-legge), che vengono rese indisponibili. Sono altresì ridotte le corrispondenti dotazioni a legislazione vigente per gli anni 2007-2009. I risparmi di spesa sono pari a 680 milioni di euro per il 2006 e a quasi 800 milioni per ciascun anno del triennio 2007-2009; il 65 per cento delle riduzioni per il 2006 e il 52 per cento delle riduzioni per gli anni successivi é a carico del Ministero della difesa.
Quanto all'articolo 26, rileva che esso introduce sanzioni per il mancato rispetto della regola sul contenimento annuale delle spese (c.d. regola del 2 per cento) da parte degli enti pubblici non territoriali, disponendo una riduzione dei trasferimenti statali in misura pari alle spese eccedenti i limiti o, per gli enti che non ricevono contributi statali, l'obbligo di versare all'entrata dello Stato una somma pari alle spese eccedenti i limiti.
Segnala, infine, che anche le misure di contrasto all'evasione fiscale di cui all'articolo 35, oltre a rispondere ad evidenti ragioni di equità, legalità e perequazione, appaiono coerenti con gli orientamenti e le misure recentemente adottati a livello di UE. Nel maggio 2006, in particolare, la Commissione ha adottato una comunicazione sulla necessità di sviluppare una strategia coordinata dell'UE al fine di migliorare la lotta alle frodi fiscali su cui il Consiglio ECOFIN del 7 giugno 2006 si é espresso in termini positivi. Considera che, a questo proposito, va anche richiamata necessariamente, considerando la normativa europea ed i principi ispiratori del trattato, la tutela del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali che deve ispirare anche la raccolta dati utile al contrasto dell'evasione fiscale.

Gianluca PINI (LNP), pur non sottovalutando le infrazioni comunitarie che si andrebbero a sanare col provvedimento in esame, esprime forti perplessità sulla norma concernente gli introiti dei liberi professionisti, stabilendo che essi non potranno più essere corrisposti in contante, si pone in contrasto con il principio di libera circolazione della moneta.
Individua poi un altro problema nell'evasione dell'IVA infracomunitaria: in proposito, non ritiene che il decreto affronti in modo sostanziale il problema dei cosiddetti «caroselli fiscali», mentre si tratta di una questione da risolvere con la massima urgenza. Chiede quindi al rappresentante del Governo quale sia la quota IVA incassata dallo Stato italiano che va a finire nel bilancio dell'Unione europea e come il Governo intenda affrontare la questione da lui sollevata.

Arnold CASSOLA (Verdi) in merito alla questione dei farmacisti, chiede quali misure


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sono previste per garantire gli standard di sicurezza.

Renzo TONDO (FI) rileva che il taglio del 40 per cento del FSE, indicato nella Tabella allegata al Conto consuntivo del Ministero dell'Economia, sia in parte attribuibile al fatto che una parte dei fondi comunitari è stata «trasferita» ai Paesi appena entrati nell'Unione europea, favorendo questi ultimi nel recupero di competitività, ma finendo di fatto col peggiorare la situazione dei paesi in ritardo che avrebbero, viceversa, necessità di destinare maggiori risorse a tali finalità, e i cui lavoratori si trovano già in situazione di difficoltà. Chiede infine un chiarimento sulla questione concernente la retroattività dell'IVA sugli immobili.

Massimo ROMAGNOLI (FI) fa notare che si parla tanto di liberalizzazioni per tutelare i consumatori, ma non si accenna mai a provvedimenti che aiutino i veri produttori di reddito, cioè i datori di lavoro.
Quando alla vicenda dei taxi, ammette che nelle grandi città vi sono problemi di scarsa disponibilità di macchine in servizio, ma questo è vero solo nell'ora di punta e sinceramente non crede che costituisca un vero problema, lo dimostra il fatto che in tutte le città europee si fanno le file per i taxi.

Franca BIMBI, presidente e relatore, rinvia quindi il seguito dell'esame congiunto alla seduta di domani, giovedì 27 luglio, alle ore 8.30.

La seduta termina alle 15.25.

ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 26 luglio 2006. - Presidenza del presidente Franca BIMBI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'Economia e le Finanze, Massimo Tononi.

La seduta comincia alle 15.25.

Schema di decreto legislativo concernente disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.
Atto n. 12.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in titolo.

Giovanni CUPERLO (Ulivo), relatore, ricorda che la Commissione deve esprimere un parere sullo schema di decreto legislativo che contiene disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006.
Il decreto 152, come è noto, in attuazione della delega conferita dal Parlamento con la legge 308 del 2004, ha riscritto la normativa relativa alla valutazione di impatto ambientale, difesa del suolo e tutela delle acque, gestione dei rifiuti, riduzione dell'inquinamento atmosferico e risarcimento dei danni ambientali.
Tenuto conto dell'ampiezza delle tematiche affrontate, il decreto 152 ha prodotto effetti molteplici: per un verso, adeguando almeno formalmente l'ordinamento italiano al diritto comunitario, ma anche introducendo modifiche alla normativa sostanziale di tutela dell'ambiente non coerenti con il diritto comunitario che, proprio in materia ambientale, prevede un quadro regolatorio molto avanzato e non facilmente eludibile. Questa carenza è particolarmente evidente nella materia dei rifiuti.
Per affrontare questi problemi il Governo era già intervenuto con il decreto-legge n. 173 del 12 maggio 2006 (che ha prorogato il termine di entrata in vigore della seconda parte del decreto in materia di VIA-VAS-IPPC).
Lo schema di decreto sottoposto al nostro esame, in linea con la relazione presentata al Parlamento dal Ministro dell'ambiente nello scorso mese di giugno,


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interviene sulla materia. Il testo si compone di due articoli. I primi due commi dell'articolo 1 rinviano a successivi decreti correttivi da adottare entro termini specificamente indicati. Su questi due commi non vi è alcun rilievo da sollevare.
Il comma 3 dell'articolo 1 introduce una disposizione transitoria volta a prorogare fino al 31/12/2006 le autorità di bacino istituite dalla legge n. 183 del 1989, in previsione della costituzione dei distretti idrografici previsti dallo stesso decreto 152.
Preannuncia quindi una proposta di parere favorevole con una osservazione riferita al comma 3 dell'articolo 1: poiché la istituzione e la piena operatività dei distretti idrografici rappresenta un elemento non secondario del recepimento nel nostro ordinamento della direttiva europea 2000/60/CE, si invita il Governo a valutare l'opportunità di inserire nella disposizione transitoria un riferimento chiaro alla necessità di adeguare pienamente, entro il più breve termine, l'assetto istituzionale dei bacini idrografici alle disposizioni comunitarie.

Arnold CASSOLA (Verdi) rileva come il passaggio dalle autorità di bacino ai distretti idrografici sia richiesto dalla normativa comunitaria. Non prevedere un termine per la istituzione degli stessi potrebbe comportare un indebito allungamento dei tempi.

Franca BIMBI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire rinvia l'esame del provvedimento alla seduta già convocata per giovedì 27 luglio, alle ore 8.30.

La seduta termina alle 15.35.

ERRATA CORRIGE

Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari n. 27 del 18 luglio 2006,
a pagina 161, seconda colonna, quarta riga, la parola «lo slancio» è soppressa.
a pagina 162, prima colonna, tredicesima riga, la parola «delle» è sostituita dalle seguenti «circa la»
a pagina 162, seconda colonna, sedicesima riga, le parole «nella relazione annuale» sono soppresse
a pagina 162, seconda colonna, diciottesima riga, le parole «di continuare con determinazione nell'impegno già profuso» sono sostituite dalle seguenti «di impegnarsi»
a pagina 164, prima colonna, venticinquesima riga, le parole «Schaunione europeable» devono leggersi «Schaueble»
a pagina 171, seconda colonna, quindicesima riga, deve leggersi «sentenze» in luogo di «scadenze».