VII Commissione - Resoconto di mercoledì 13 settembre 2006

TESTO AGGIORNATO AL 28 SETTEMBRE 2006


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COMITATO RISTRETTO

Mercoledì 13 settembre 2006.

Equipollenza del diploma di laurea in scienze motorie al diploma di laurea in fisioterapia.
C. 28 e C. 522 De Simone.

Il Comitato ristretto si è riunito dalle 13.40 alle 14.10.

SEDE REFERENTE

Mercoledì 13 settembre 2006. - Presidenza del presidente Pietro FOLENA. - Interviene il Ministro per le politiche giovanili e per le attività sportive, Giovanna Melandri ed il Ministro delle comunicazioni, Paolo Gentiloni Silveri.

La seduta comincia alle 14.10.

Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti televisivi.
C. 1496 Governo, C. 587 Ciocchetti e C. 1195 Ronchi.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Pietro FOLENA, presidente e relatore, dopo aver ringraziato i Ministri delle comunicazioni e per le politiche giovanili e le


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attività sportive per la partecipazione alla seduta odierna, osserva che il disegno di legge delega presentato dal Governo in materia di diritti di trasmissione del campionato di calcio arriva tempestivamente all'esame della Commissione che, prendendo atto dei fatti avvenuti nel mondo del calcio in questi mesi, ha avviato un'indagine conoscitiva, ancora in corso, il cui scopo non è - evidentemente - quello di costituire un ulteriore ed improprio grado di giudizio sportivo (non sarebbe nelle sue competenze, né tanto meno sarebbe opportuno violare l'autonomia dell'ordinamento sportivo), quanto quello di individuare le cause e i processi che hanno portato alla corruzione del campionato di calcio. Al riguardo, ricorda che nella precedente legislatura è stato votato dalla Commissione un documento conclusivo di un'indagine conoscitiva sul calcio, le cui indicazioni purtroppo sono state disattese. Nel segnalare che la giustizia sportiva ha svolto il proprio compito individuando i responsabili e comminando loro delle sanzioni, sulle quali ovviamente si può o meno essere d'accordo, fa presente che la giustizia sportiva non può rimuovere le cause all'origine dei recenti fenomeni che hanno caratterizzato il mondo del calcio, trattandosi di un compito che spetta, in prima battuta, all'organizzazione del calcio, e al legislatore.
Osserva che uno dei fattori che hanno determinato i fatti accertati dalla magistratura ordinaria e da quella sportiva è lo squilibrio - enorme - tra le grandi squadre e quelle «minori», atteso che le tre grandi squadre del Nord, alle quali si possono aggiungere anche le due della Capitale, in sede di contrattazione individuale dei diritti televisivi, hanno potuto incassare cifre che superavano anche di dieci volte quelle ottenute da squadre come l'Empoli o il Cagliari. In un sistema calcistico in cui i «diritti tv» rappresentano il grosso delle entrate delle società, considerato che il rapporto tra introiti diretti e indiretti si è sostanzialmente rovesciato, è evidente come tale squilibrio non poteva che ripercuotersi sul campo, attraverso l'acquisto di giocatori più quotati e quindi - solitamente - con risultati sportivi migliori. Sottolinea che ne è risultato un circolo vizioso per il quale le squadre più forti (economicamente e sportivamente) potevano diventare sempre più forti, ma soprattutto questo ha indotto ad una stortura in una attività che dovrebbe essere segnata soprattutto dalla competizione sportiva e non dalla ricerca di maggiori profitti. Si è creata così una competizione parallela a quella sul campo, una competizione sull'etere e a Piazza Affari, che con il passar del tempo è divenuta la «vera» competizione, perché era quella che poteva in qualche modo dare maggiori risultati anche economici a società che - si sottolinea - sono società a fini di lucro. Ricorda che per tali società, negli anni passati, si è persino arrivati a prevedere misure eccezionali e di favore (ad esempio il cosiddetto decreto «spalmadebiti») che hanno trovato ostacoli in Europa, ma che soprattutto hanno trasmesso l'idea del calcio in massima parte come un business. Pur non volendo in questa sede esprimere un giudizio di merito su tale provvedimento, ricorda che tale approccio, di tipo economicistico, al calcio non appartiene solo al precedente Governo, ma ha influenzato anche l'azione del Governo nella XIII legislatura, alla quale peraltro risale la riforma che, con la presente legge delega, verrà rivista e la trasformazione delle squadre di calcio in società a fini di lucro. Nel rilevare che va quindi condotta una critica complessiva all'equazione «sport uguale profitto», fondata sull'analisi di ciò che il «mercatismo» ha generato nel calcio, e quindi non una critica di tipo ideologico che non deve essere fraintesa, segnala che il «mercatismo» è stato peraltro associato ad una ideologia «securitaria», che ha emanato il decreto - legge sulla violenza negli stadi, che ha criminalizzato le tifoserie, mentre ha nei fatti assolto le società, affrontando solo parzialmente il tema della loro responsabilità, limitata alla vendita nominativa dei biglietti. Ritiene che attraverso la critica a questa impostazione passa la necessaria riforma


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del calcio che serve a salvare lo spirito sportivo e il valore sociale dello sport - certamente - ma anche una corretta ed equilibrata concorrenza tra soggetti che, almeno per ora, rimangono società che devono generare un profitto. Pur essendo un dato acquisito il fatto che il calcio sia anche mercato, se a un certo momento le regole del gioco vengono stravolte possono derivare fenomeni degenerativi, come ad esempio le vicende legate al doping, oltre, ovviamente, allo scandalo di «calciopoli». Rilevato che la redistribuzione dei profitti diviene un passo obbligato verso un calcio più sano, ritiene che la legge delega in esame si muova in questa direzione.
Fa presente che la prima questione da esaminare risiede nelle ragioni per le quali il legislatore deve intervenire in un rapporto tra soggetti privati quali sono i club di calcio. Al riguardo, non si può dimenticare che lo sport, e il calcio per l'Italia in modo particolare, non è solo «affare privato» tra società, ma assume un valore sociale e culturale essendo segnatamente lo «sport nazionale» del Paese. Il legislatore non può e non deve essere estraneo a quanto avviene nel calcio, neppure quando si tratti di «calcio virtualizzato» - quello cioè trasmesso attraverso i mezzi di comunicazione - che in ogni caso trova origine in competizioni reali, svolte sul campo e viste da decine di migliaia di spettatori negli stadi. Così come il legislatore non può non intervenire quando - all'interno di un mercato - si determinino condizioni di oligopolio tali da escludere permanentemente - almeno a livello potenziale - altri concorrenti. Atteso che la visione «sociale» e la visione «liberale» in questo caso si sostengono a vicenda, fa presente che tale calcio bicefalo (il calcio dei mercati e quello dei campi sportivi), se non regolato in modo differente, genera una stortura anche nel tessuto della società. Un esempio positivo è invece quello del campione Rino Gattuso, che è promotore di una fondazione che aiuta i ragazzi in condizione disagiata ad avvicinarsi al gioco del calcio. Alla luce di quanto detto, rileva che il legislatore ha il dovere, a questo punto, di fare il possibile per riequilibrare il sistema, poiché il valore sociale del calcio è, in ogni caso, superiore a quello del mercato ma anche perché il mercato dei diritti tv va in ogni caso regolato, al fine di riequilibrare le potenzialità dei vari competitori.
In secondo luogo, reputa opportuno lo strumento della delega al Governo, in quanto un provvedimento del Parlamento difficilmente potrebbe tenere conto di tutte le esigenze in campo in una fase peraltro ancora segnata da mutamenti. Occorre invece un processo di concertazione tra i vari attori (i club, la Lega, gli operatori di comunicazione), che può essere svolto efficacemente solo dall'esecutivo rispondendo alle esigenze presentate dai diversi soggetti.
Per quanto attiene il merito del provvedimento, fa presente che il disegno di legge reintroduce la contrattazione centralizzata dei diritti di trasmissione (non solo televisiva, ma su qualsiasi piattaforma tecnologica di trasmissione), stabilendo la contitolarità dei diritti da parte dei singoli club e della Lega professionisti di serie A e B, che è il soggetto delegato dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio all'organizzazione dei suddetti campionati nonché una associazione privata tra le stesse società calcistiche. Si viene così a sanare la stortura che il precedente quadro normativo - segnatamente il decreto-legge n. 15 del 1999 - ha introdotto per rispondere alle indicazioni comunitarie in materia di disciplina antitrust, peraltro successivamente riviste nel senso della possibilità della contrattazione centralizzata dei diritti di trasmissione. Osserva che il regime ancora vigente, infatti, prevedendo la titolarità esclusiva dei diritti da parte dei singoli club per ogni singola competizione, non tiene conto dell'evidenza che le competizioni di campionato, oggetto principale della delega in esame, si svolgono per l'appunto all'interno di un torneo, senza il quale esse perderebbero tanto di significato sportivo quanto di rilevanza economica. Non tiene inoltre conto del fatto che esiste un soggetto terzo, per quanto formato dalle stesse società, che organizza il


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campionato di calcio, il quale è privato di ogni influenza sui prodotti derivati dall'insieme degli eventi sportivi che essa organizza. Si viene quindi a creare un paradosso: le partite si svolgono perché esiste un campionato, ma esso sparisce nel momento in cui queste partite vanno nell'etere, sul satellite, su Internet, nei telefoni cellulari.
Sottolinea che il disegno di legge si pone così in linea con i recenti orientamenti europei in materia di sport, da ultimo espressi nel Rapporto indipendente sul calcio europeo 2006, realizzato con l'obiettivo di fornire alcune raccomandazioni alle autorità europee e nazionali affinché intervengano con norme trasparenti nell'ambito delle quali gli organi di autogoverno dello sport siano in grado di risolvere le questioni che interessano il settore. Tra le misure volte garantire l'equilibrio tra le squadre partecipanti ad una stessa competizione, necessario per assicurare l'attrattiva del calcio, il Rapporto individua la redistribuzione delle risorse mediante la vendita collettiva dei diritti commerciali, che viene definita, nello stesso tempo, necessaria e compatibile con il diritto comunitario. Il Rapporto propone poi l'adozione da parte della Commissione europea di linee guida relative all'applicazione allo sport delle regole sulla concorrenza, in cui si precisino, tra l'altro, le regole sportive che non rientrano nell'applicazione degli articoli 81 e 82 del Trattato, le misure che meritano deroghe al divieto di accordi tra imprese nonché la disciplina giuridica di specifiche tematiche quali la vendita collettiva dei diritti, la valorizzazione dei vivai, la partecipazione degli atleti alle rappresentative nazionali, le limitazioni agli stipendi, la concessione delle licenze ai club.
Sottolinea che la contitolarità stabilita all'articolo 1, comma 2, lettera c), rende possibile la contrattazione centralizzata. Tale contrattazione, tuttavia, non è fine a se stessa, ma propedeutica a quanto stabilito alle lettere f) e g) del medesimo comma, vale a dire l'equa ripartizione delle risorse ottenute dalla commercializzazione dei diritti e la mutualità generale del sistema sportivo, come anche l'indicazione contenuta nella lettera e) tesa alla realizzazione di un sistema equilibrato di trasmissione che assicuri la concorrenza tra operatori e la salvaguardia dell'emittenza locale, indicazioni richiamate poi nella lettera c) del comma 3 dell'articolo 1.
Con riferimento all'articolo 1, comma 2, lettera h), ritiene che vada modificata la denominazione di «consumatori» nel testo, riferita a coloro che fruiscono degli eventi sportivi trasmessi, atteso che lo sport non può essere considerato - per i principi richiamati nella stessa legge delega - un «prodotto» che va «consumato»: sarebbe quindi opportuno sostituire la parola «consumatori» con «utenti» o altra meno connotata commercialmente.
Rileva quindi che l'articolo 1, comma 3, definisce i criteri dell'esercizio della delega: la forma centralizzata di commercializzazione, con l'indicazione della libertà di iniziativa individuale dei singoli club, derivante dalla contitolarità dei diritti di trasmissione; la salvaguardia dell'autonomia commerciale dei club nonché la titolarità esclusiva dei diritti di archivio; la garanzia della parità di accesso e di trattamento di tutti gli operatori in possesso dei titoli abilitativi; il divieto di acquisizione dei diritti su una determinata piattaforma se l'operatore non è in possesso dei titoli per la trasmissione e il divieto di sublicenziare i diritti. Tale divieto contribuisce ad assicurare una maggiore concorrenza sulle diverse piattaforme e in particolare su quelle emergenti (Internet, Umts) impedendo che un network televisivo, ad esempio, acquisisca diritti che non può esercitare realmente per poi rivenderli o peggio per impedire alle nuove piattaforme di emergere, falsando così la concorrenza. Segnala che il principio di «ragionevole durata dei contratti» garantisce, altresì, una effettiva concorrenza.
Rappresenta inoltre che l'articolo 1, comma 2, lettera g), stabilisce i criteri per l'equa ripartizione delle risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti di trasmissione: almeno una metà in parti uguali tra le diverse squadre, l'altra metà


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divisa tra una quota residua destinata alla mutualità generale del sistema sportivo - ma qui occorre individuare il soggetto che l'acquisirà, che potrebbe essere il Coni - ed un'altra che la Lega dovrà ripartire tenendo conto del bacino di utenza e dei risultati sportivi. A tale proposito, reputa necessario che il Governo indichi alla Commissione un possibile schema di distribuzione oppure l'eventuale delega di tale potere ad altro soggetto (la stessa Lega ovvero la Figc); infatti da tale indicazione dipende parte della qualità della stessa nuova normativa. Se il risultato sportivo acquisisse una rilevanza eccessiva, parte degli intenti della delega stessa non verrebbero realizzati, riproducendo il meccanismo «più risultati, più soldi».
Segnala quindi che all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sono attribuite le funzioni di vigilanza e controllo sulla corretta applicazione della disciplina attuativa della legge. Concorda, inoltre, sulla necessità di una applicazione rapida - entro luglio 2007 - e di un periodo transitorio la cui normazione va evidentemente concordata tra le parti.
Ricorda, da ultimo, che al disegno di legge del Governo sono abbinate alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva dei campionati di calcio. Si tratta, in particolare, della proposta di legge n. 587 Ciocchetti recante «Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio» e della proposta di legge n. 1195 Ronchi di analogo titolo e contenuto. Osserva che tali proposte, in sostanza, attribuiscono - mediante la sostituzione del primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 del decreto - legge 30 gennaio 1999, n. 15 - la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata al soggetto organizzatore dei campionati nazionali di calcio di serie A e di serie B, vale a dire, la Lega Calcio. Quest'ultima provvede a definire annualmente i criteri di ripartizione degli utili della cessione di tali diritti tra le società di calcio partecipanti ai campionati, subordinatamente all'approvazione dei criteri stessi da parte del consiglio nazionale del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI). Quanto alla proposta di legge n. 711 Giancarlo Giorgetti recante «Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva dei campionati di calcio e di destinazione dei relativi proventi», segnala che la proposta, pur presentata, è in attesa di assegnazione.

Nicola BONO (AN) intende preliminarmente sollevare una questione di metodo invitando il Governo a sostituire il provvedimento in esame con un intervento normativo di carattere ordinario. Ritiene, infatti, che lo strumento della delega al Governo non sia confacente alle finalità che il Governo medesimo intende perseguire e che appaiono nel merito condivisibili. Osserva che sono state presentate proposte di legge di iniziativa parlamentare e che la Commissione, nel corso delle audizioni nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle recenti vicende del calcio, sta avendo modo di acquisire elementi di informazione e di approfondimento in ordine alla crisi che ha colpito il mondo del calcio. Per tale ragione, rilevato che appare preferibile la via del confronto parlamentare sul piano sostanziale, invita il Governo eventualmente ad intervenire con proposte emendative sul disegno di legge in esame, allo scopo di addivenire a un testo frutto di un confronto con le diverse parti politiche, anche in tempi più rapidi rispetto a quelli della delega. A suo avviso, un intervento normativo di carattere ordinario avrebbe, altresì, il pregio di affrontare anche altre questioni in aggiunta ai diritti televisivi, che comunque rivestono un'importanza prioritaria. È il caso, ad esempio, di interventi mirati nella direzione di una maggiore trasparenza,


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che rendano quindi il settore meno permeabile alle vicende degli ultimi tempi.

Pietro FOLENA, presidente, evidenzia come è nella facoltà del Governo decidere le forme, i modi e i tempi di iniziativa legislativa, valutando poi la Commissione quali siano nel merito le migliori soluzioni normative da adottare.

Guglielmo ROSITANI (AN) concorda con l'invito del deputato Bono, che rappresenta, di fatto, un invito alla riflessione rivolto a tutte le forze politiche.

Luciano CIOCCHETTI (UDC) ribadisce la necessità di una riflessione comune tra tutte le forze politiche, in linea con quanto rilevato dal deputato Bono, allo scopo di fornire una risposta al settore in tempi rapidi e certi. Reputa, inoltre, preferibile che il Parlamento si confronti su un provvedimento legislativo di merito e non di delega al Governo, in quanto la questione in esame è di tale rilevanza da richiedere necessariamente il coinvolgimento di tutte le forze politiche.

Emerenzio BARBIERI (UDC), nel dichiarare di condividere le considerazioni dei deputati Bono e Ciocchetti, ricorda che il Governo D'Alema nella XIII legislatura scelse la strada del decreto-legge, per emanare un provvedimento nelle medesime tematiche. Nel constatare che il decreto-legge consente comunque un confronto in Parlamento a differenza dello strumento della delega, che pregiudica le possibilità di un dibattito, invita i gruppi di maggioranza a una riflessione in tal senso. Esistono proposte di legge di iniziativa parlamentare sulle quali si può svolgere l'esame.

Antonio RUSCONI (Ulivo) reputa obbligatorio lo strumento della delega al Governo, stante il lungo tempo durante il quale sono state disattese le indicazioni della Commissione che già nel 2004, nel documento conclusivo sull'indagine conoscitiva del calcio, indicava l'opportunità dei diritti televisivi collettivi nel calcio. Nel ricordare che tutti i gruppi parlamentari, nella precedente legislatura, erano disponibili a votare la proposta di legge a firma del deputato Ronchi in materia di diritti collettivi, segnala che la mancata approvazione di tale proposta è addebitabile al partito di maggioranza relativa dell'allora maggioranza, ossia a Forza Italia. Ritiene, quindi, obbligatoria la strada della delega al Governo in attesa che la Commissione apporti contributi concreti all'esame del provvedimento.

Mario PESCANTE (FI), nel dichiararsi in linea di principio a favore dell'iniziativa del Governo, rileva la necessità di un intervento tempestivo in materia di diritti televisivi, considerato che su altre tematiche è opportuna una riflessione eventualmente lasciando la relativa disciplina all'autonomia del settore. Ritiene che il Governo debba fornire alla Commissione ulteriori elementi di informazione relativi alla mutualità del sistema sportivo, chiarendo, altresì, la propria posizione nei confronti dei contratti in corso con le società, che verranno in scadenza nel 2010.

Pietro FOLENA, presidente, nel ricordare che nel prosieguo dell'esame la Commissione potrà avviare la discussione sul disegno di legge, rappresenta che il Governo ha manifestato l'esigenza di procedere con urgenza all'esame del progetto di legge. In ogni caso l'Esecutivo potrà valutare le questioni poste nel corso dell'odierna seduta, eventualmente anche presentando appositi emendamenti nel seguito dell'esame.
Rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.55.

INDAGINE CONOSCITIVA

Mercoledì 13 settembre 2006. - Presidenza del presidente Pietro FOLENA.

La seduta comincia alle 15.05.


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Indagine conoscitiva sulle recenti vicende relative al calcio professionistico, con particolare riferimento al sistema delle regole e dei controlli.

Audizione del presidente dell'Associazione italiana calciatori, Sergio Campana.
(Svolgimento e conclusione).

Pietro FOLENA, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori sarà assicurata, oltre che mediante impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
Avverte che il presidente Campana è accompagnato dal Vice presidente dell'Associazione, Leonardo Grosso.
Introduce i temi oggetto dell'audizione.

Sergio CAMPANA, Presidente dell'Associazione italiana calciatori, svolge un intervento sull'oggetto dell'audizione.

Intervengono i deputati, Antonio RUSCONI (Ulivo), Mauro DEL BUE (DC-PS), Wladimiro GUADAGNO detto Vladimir Luxuria (RC-SE), Luciano CIOCCHETTI (UDC), Mario PESCANTE (FI), Guglielmo ROSITANI (AN), a più riprese e Vito LI CAUSI (Pop-Udeur).

Rispondono Sergio CAMPANA, Presidente dell'Associazione italiana calciatori, e Leonardo GROSSO, Vicepresidente dell'Associazione italiana calciatori.

Dopo un intervento del presidente Pietro FOLENA, risponde Sergio CAMPANA, Presidente dell'Associazione italiana calciatori, fornendo ulteriori elementi di valutazione.

Pietro FOLENA (RC-SE) ringrazia gli intervenuti e dichiara conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16.30.

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

AUDIZIONI INFORMALI

Audizione informale di rappresentanti delle associazioni rappresentantive degli operatori dello spettacolo dal vivo e del cinema in ordine alle tematiche connesse all'accesso al settore.

L'audizione informale è stata svolta dalle 16.45 alle 18.20.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 18.20 alle 18.35.