II Commissione - Resoconto di mercoledì 20 settembre 2006


Pag. 12

SEDE REFERENTE

Mercoledì 20 settembre 2006. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti e Luigi Manconi.

La seduta comincia alle 14.10.

Sui lavori della Commissione.

Manlio CONTENTO (AN) lamenta che, nell'esame del disegno di legge comunitaria relativa al 2006, ha avuto luogo una distorsione regolamentare, in quanto è stato introdotto, a seguito dell'approvazione di un emendamento trasmesso alla Commissione Politiche dell'Unione europea dalla Commissione Affari costituzionali, l'articolo 8-ter che detta ulteriori criteri e principi direttivi per l'attuazione della direttiva 2005/71/CE del Consiglio in materia di rifugiati, senza che la Commissione Giustizia abbia avuto modo di pronunciarsi. Si prevede in particolare che il ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento con il quale viene adottata la decisione sulla domanda di asilo consenta al richiedente di rimanere nel territorio nazionale e si rinvia alla delegazione legislativa l'individuazione del tipo di decisione giurisdizionale cui ricollegare tale effetto. Si tratta, a suo avviso, di profili di diretta competenza della Commissione Giustizia per l'immediata loro interferenza nell'organizzazione giudiziaria. Fa peraltro rilevare in proposito l'accrescimento dei carichi di lavoro sui giudici monocratici che ne deriverebbe. Riservandosi di investirne anche il Presidente della Camera, invita a rivendicare la competenza della Commissione Giustizia, per non affermare il precedente che si possa prescinderne con interventi emendativi dell'ultima ora.
Segnala, altresì, con preoccupazione le notizie di stampa divulgate da «Il Sole 24 Ore» circa gli intendimenti del Governo per la razionalizzazione degli uffici giudiziari e quindi la chiusura di numerosi tribunali. Avendo ricevuto oltre venti delibere di protesta da parte dei Consigli di comuni eventualmente interessati, invita il Ministro della giustizia a fare chiarezza e


Pag. 13

ad informare compiutamente la Commissione, ove esistesse già un piano in tal senso.

Pino PISICCHIO, presidente, rassicura il collega Contento sulla possibilità di interessare direttamente il Ministro della giustizia in relazione alla ventilata chiusura di taluni tribunali anche nel corso dell'audizione che si terrà nel prosieguo del pomeriggio, rammentando peraltro l'autorevole presenza dei sottosegretari di Stato Li Gotti e Manconi. Quanto al rilievo formulato riguardo alla legge comunitaria, pur apprezzando il richiamo all'oggettivo interesse della Commissione Giustizia in termini di contenuto, ricorda che l'esame in sede consultiva è regolato - ai sensi dell'articolo 126-ter - da una disciplina speciale rispetto a quella generale prevista per gli altri progetti di legge. Solo per questi ultimi è necessario che sul testo trasmesso dalla Commissione di merito all'Assemblea sia espresso il parere delle Commissioni filtro e delle Commissioni il cui parere è rinforzato, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis. Nel caso dell'esame in sede consultiva del disegno di legge comunitaria, il parere è espresso dalle Commissioni di settore, per le parti di competenza, sul testo originario del disegno di legge e, in un secondo momento, sugli emendamenti, rientranti nel proprio ambito di competenza, presentati in seno alla Commissione XIV.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) condivide l'esigenza che la Commissione non si disinteressi della questione dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari e raccomanda la ricostituzione dell'apposito comitato per l'organizzazione giudiziaria, nonché di quello per i minori, in aggiunta agli altri due già deliberati dall'Ufficio di presidenza per le carceri e per i pareri.

Pino PISICCHIO, presidente, ringrazia della segnalazione il collega Buemi e precisa che il tema sarà riproposto all'Ufficio di presidenza, cogliendo peraltro l'occasione di sollecitare i gruppi che non hanno ancora indicato i propri rappresentanti nei due comitati già approvati.

Paolo GAMBESCIA (Ulivo) richiama l'attenzione della Commissione sulle notizie di agenzia relative all'inchiesta avviata dalla Procura di Milano sull'uso illecito delle intercettazioni, che profilerebbe l'esistenza di una struttura parallela in cui pubblici ufficiali colluderebbero con dipendenti dell'azienda tecnicamente attrezzata all'effettuazione delle intercettazioni stesse. Riferendosi alla discussione svoltasi nella seduta precedente, che mostra la lungimirante sensibilità della Commissione Giustizia, propone che si proceda in parallelo da un lato alla riforma della disciplina codicistica delle intercettazioni, dall'altro ad un'inchiesta parlamentare concentrata sul loro uso illecito. Ritiene che in tal modo si favorirebbe sia la comprensione che la soluzione del fenomeno. Comunque, ritiene non procrastinabile la costituzione di una commissione d'inchiesta perché il Parlamento non può fare finta di niente rispetto a quanto sembra emergere dalle indagini milanesi.

Pino PISICCHIO, presidente, ricorda che l'esame delle proposte di legge per la costituzione di una commissione di inchiesta sulle intercettazioni è al secondo punto dell'ordine del giorno.

Federico PALOMBA (IdV) sottolinea la pregiudizialità dell'attività conoscitiva rispetto a quella legislativa, proponendo di invertire l'ordine del giorno. Condivide l'inquietudine derivante dalle notizie richiamate dal collega Gambescia, sentendosi tuttavia rassicurato dall'operato della magistratura. Anticipa comunque di essere contrario all'istituzione della commissione di inchiesta, che rallenterebbe l'urgente riforma della disciplina delle intercettazioni. Sarebbe a suo avviso sufficiente procedere ad un'indagine conoscitiva.

Gaetano PECORELLA (FI) precisa che la commissione di inchiesta non presenta una necessaria connessione con l'iter legislativo. La commissione dovrebbe infatti


Pag. 14

concentrarsi sulle eventuali deviazioni. Per l'istruttoria legislativa, basterebbe infatti rifarsi all'indagine conoscitiva in corso presso il Senato ed eventualmente integrarla con poche altre audizioni. Esprime meraviglia per quella che gli sembra essere una forma di ostruzionismo della maggioranza nei confronti di un disegno di legge di iniziativa governativa.

Daniele FARINA (RC-SE) sottolinea l'esigenza di procedere speditamente ad un intervento normativo sulle intercettazioni ed invita ad accelerane i tempi, anche sulla base delle ultime notizie. Ritiene che l'eventuale commissione di inchiesta non dovrebbe rallentare l'esame del provvedimento. Ricorda che già nella precedente legislatura un disegno di legge del Governo sulla stessa materia si arenò per motivi incomprensibili.

Alessandro MARAN (Ulivo) si richiama all'intervento svolto nella precedente seduta in cui auspicava di mettere a frutto il lavoro conoscitivo svolto dal Senato, se del caso integrandolo. Propone che la Commissione proceda sul filone principale della revisione legislativa ed in parallelo esamini l'eventualità di istituire la commissione di inchiesta.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) rammenta di aver presentato una delle proposte di legge per la commissione di inchiesta. Precisa che non vi sarebbe sovrapposizione all'attività dell'autorità giudiziaria, perché si tratta di ricostruire un quadro di responsabilità che è anche e soprattutto a carattere politico ed economico-finanziario. Condivide pertanto che si proceda parallelamente su entrambi i punti all'ordine del giorno.

Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche.
C. 1164 Migliore, C. 1165 Fabris, C. 1170 Craxi, C. 1344 Mazzoni, C. 1688 Governo.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame.

Lanfranco TENAGLIA (Ulivo), relatore, osserva che i progetti di legge all'esame della Commissione sono diretti a conferire, secondo una ratio garantista, sistematicità alla disciplina delle intercettazioni. Da un lato, sono circoscritti i margini di utilizzazione di tale mezzo di ricerca della prova e, dall'altro, si introducono nuove fattispecie penali e si aggravano le sanzioni già previste in caso di indebita utilizzazione dei risultati delle intercettazioni. Il tema delle intercettazioni telefoniche risulta essere estremamente delicato in quanto coinvolge interessi di rilevanza costituzionale non convergenti. Spetta, quindi, al legislatore trovare il loro giusto contemperamento. All'interesse dell'amministrazione della giustizia di acquisire mezzi processuali di prova si accompagna l'esigenze di pubblica informazione delle vicende giudiziarie di pubblico interesse e si contrappone il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza, specie nel caso in cui siano estranei alle indagini giudiziarie. Rileva inoltre che la materia delle intercettazioni coinvolge anche i principi dell'effettività della giurisdizione e del controllo di legalità.
Dopo aver sottolineato come lo strumento della intercettazione di conversazioni e comunicazioni costituisca uno dei cardini dell'attività investigativa, del quale non si può fare a meno, evidenzia, in ragione della rilevanza costituzionale degli interessi coinvolti nel fenomeno della intercettazione, la necessità che il legislatore ponga dei paletti che delimitino in maniera certa e precisa l'ambito di applicabilità dello strumento investigativo. A tale proposito, segnala che la normativa vigente stabilisce che, in relazione a determinati reati elencati tassativamente dalla legge il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, possa autorizzare l'intercettazione con decreto motivato solo se sussistano «gravi indizi di reato» e quando sia «assolutamente indispensabile» per la prosecuzione delle indagini ovvero, in forza dell'articolo 295 del codice di procedura penale (Verbale di vane ricerche), sia necessaria per «agevolare la ricerca del latitante». Salvo che


Pag. 15

dalla proposta di legge n. 1344 Mazzoni, i presupposti sono stati ritenuti sufficientemente rigorosi dai presentatori delle altre proposte di legge.
Si sofferma quindi sul contenuto dei progetti di legge in esame. In relazione alla proposta di legge alla proposta di legge n. 1164 Migliore, osserva che l'articolo 1 inserisce alcune modifiche all'articolo 267 del codice di procedura penale, che tuttavia non innovano sostanziale quelli che sono gli attuali presupposti e forme del provvedimento di intercettazione. La novità più importate riguarda la proroga della durata delle intercettazioni ambientali, per la quale la lettera c) dell'articolo in esame introduce il limite massimo di due proroghe, salvo che siano emersi nuovi elementi che rendano l'intercettazione assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini (articolo 267, comma 3-bis). L'articolo 2 sostituisce il quarto comma dell'articolo 268 del codice di procedura penale relativo alla trasmissione e deposito presso il pubblico ministero (da parte della polizia giudiziaria) dei verbali delle intercettazioni, integrando la vigente formulazione con la precisazione che la trasmissione debba comunque avvenire non oltre la scadenza del termine di ciascun periodo di intercettazione. Spetterà al PM la custodia dei citati atti nell'apposito archivio riservato costituito presso di sé, di cui al primo comma dell'articolo 269. Le successive abrogazioni dei commi 5, 6, 7 e 8 dell'articolo 268 sono conseguenza dell'introduzione - ad opera del successivo articolo 3 della proposta in esame - dei nuovi articoli da 268-bis a 268-quinquies nel codice di rito, che riguardano una nuova disciplina in tema di trasmissione e deposito dei verbali presso il GIP, di acquisizione delle conversazioni, di trascrizione delle registrazioni, uso delle intercettazioni nelle indagini preliminari ed ascolto delle intercettazioni al termine delle stesse. La finalità delle nuove disposizioni appare, in particolare, quella di garantire i diritti della difesa nella fase di acquisizione delle intercettazioni, di meglio definire ed individuare gli adempimenti da parte di polizia giudiziaria, PM e GIP ed, in generale, la sequenza procedimentale successiva all'esecuzione delle intercettazioni. L'articolo 4 novella l'articolo 269 del codice di procedura penale, relativo alle modalità di conservazione della documentazione ovvero dei verbali e delle registrazioni delle intercettazioni. Il nuovo comma 1 dell'articolo 269 prevede la conservazione integrale della citata documentazione in uno speciale archivio riservato presso gli uffici del pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione; la norma vigente prevede, invece, genericamente, la conservazione presso il PM dei verbali e delle registrazioni. Una ulteriore modifica prevede la sostituzione del secondo e terzo periodo del secondo comma dell'articolo 269: le nuove disposizioni stabiliscono che la documentazione non necessaria (la formulazione sembra riferirsi al quella non rilevante) sia segretata fino alla definizione del procedimento; successivamente, il PM o la parte interessata possono chiederne la distruzione al GIP che decide con decreto all'esito di apposita udienza camerale. Connesso all'articolo 4 è l'articolo 7, che introduce un nuovo articolo 89-bis nelle norme di attuazione al codice di rito specificando che detto archivio è tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del PM con modalità tali da assicurare la riservatezza del loro contenuto. La norma precisa che i titolari del diritto di accesso ai materiali probatori contenuti nell'archivio; oltre, ovviamente, al PM, sono gli ausiliari dello stesso procuratore e, nei casi previsti dalla legge, il giudice ed i difensori. Un apposito registro dovrà veder annotato ogni accesso alla documentazione, con l'indicazione della persona interessata, della data dell'ora iniziale e finale della consultazione e degli atti dell'archivio di cui si è preso conoscenza. È ammesso l'ascolto delle intercettazioni da parte del difensore ma non la possibilità per quest'ultimo di ottenerne copia. L'articolo 5 modifica l'articolo 270 del codice di procedura penale, riguardante l'utilizzazione delle intercettazioni in altri procedimenti. La nuova disposizione prevede che copia della documentazione relativa


Pag. 16

alle intercettazioni depositata presso l'archivio riservato del PM che ha disposto l'intercettazione venga trasmessa in copia al PM competente per il procedimento diverso, che provvede alla conservazione presso analogo archivio istituito presso i propri uffici. L'articolo 6 della proposta di legge è finalizzato ad introdurre nel codice penale il nuovo articolo 617-septies avente ad oggetto il delitto di rivelazione del contenuto di conversazioni e comunicazioni intercettate nel procedimento penale. La norma incriminatrice, nel tutelare l'interesse alla segretezza delle conversazioni o comunicazioni intercettate, prevede che la condotta criminosa possa consistere tanto nell'indebita rivelazione del contenuto di tali conversazioni o comunicazioni, quanto nell'agevolazione in qualsiasi modo di tale conoscenza. Per quanto riguarda il soggetto attivo del reato, la disposizione prevede che la condotta delittuosa possa essere commessa da chiunque abbia acquisito conoscenza delle predette conversazioni o comunicazioni, in ragione del proprio ufficio, servizio o qualità in un procedimento penale. La pena prevista per la commissione del reato è la reclusione da sei mesi a quattro anni. Il secondo comma prevede, tuttavia, una riduzione della pena edittale ove l'agevolazione sia soltanto colposa. In tale circostanza, è comminata la reclusione fino ad un anno. Il terzo comma disciplina, infine, l'ipotesi in cui il fatto sia commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio. In tal caso, trattandosi di un'ipotesi aggravata, la norma prevede che il delitto sia sanzionato con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi previsti dal primo comma (fatto doloso), e con la reclusione da due mesi a due anni, nei casi previsti dal secondo comma (agevolazione colposa del reato). L'articolo 8 della proposta di legge è diretto a riformulare l'articolo 684 del codice penale relativo alla contravvenzione concernente la pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, trasformandolo in illecito amministrativo punito con una sanzione pecuniaria sensibilmente più elevata di quella prevista attualmente: si passa dall'ammenda da 51 a 258 euro alla sanzione amministrativa pecuniaria (erroneamente definita come multa) da 20.000 a 100.000 euro. Conseguentemente è stata eliminata la sanzione penale dell'arresto fino a 30 giorni, prevista attualmente in alternativa a quella della multa. A differenza del testo vigente, che configura un reato comune (realizzabile da «chiunque»), la nuova norma prevede quale soggetto attivo della fattispecie l'editore responsabile della pubblicazione. Si segnala, inoltre, che, mentre il testo vigente dell'articolo 684 prevede che la pubblicazione arbitraria abbia ad oggetto atti o documenti di un procedimento penale, la nuova formulazione specifica che oggetto della pubblicazione sono gli atti di indagine di un procedimento penale. Il progetto di legge prevede altresì che l'Autorità competente ad irrogare la sanzione sia il Garante per la protezione dei dati personali, il quale quantifica la sanzione stessa sulla base della gravità del fatto e della diffusione del mezzo di comunicazione (secondo periodo).
Passa quindi all'esame della proposta di legge n. 1165 Fabris, che si compone di 11 articoli. L'articolo 1 modifica l'articolo 329 del codice di rito penale, relativo all'obbligo del segreto d'indagine, che diventa più stringente, coprendo tutti gli atti di indagine compiuti nel corso delle indagini preliminari nonché ogni altro atto presupposto (ad esempio, l'informazione di garanzia di cui all'articolo 369 del codice di procedura penale). Ricadrebbero, in particolare, nel segreto anche gli atti di cui la persona sottoposta alle indagini è già a conoscenza. L'articolo 2 interviene sul secondo e settimo comma dell'articolo 114 del codice di procedura penale (Divieto di pubblicazione di atti e di immagini). Interventi di diversa natura sono stati apportati allo stesso articolo da parte, rispettivamente, dell'articolo 9 della proposta n. 1164 e dell'articolo 1 della proposta n. 1170. Mentre l'attuale articolo 114, settimo comma, consente sempre la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto, la nuova norma include nel divieto di pubblicazione: le intercettazioni di cui sia stata ordinata la


Pag. 17

distruzione da parte del GIP (ovvero quelle che non siano più necessarie al procedimento); le intercettazioni che non rispondano ad una utilità sociale dell'informazione ovvero ad un reale interesse pubblico ovvero che riguardino la sfera privata di persone estranee al procedimento penale. L'articolo 3 modifica gli articoli 326 e 684 del codice penale in materia, rispettivamente, di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio e di pubblicazione arbitrata di atti di un procedimento penale. Il comma 1 dell'articolo 3 della proposta di legge novella l'articolo 326 del codice penale. Con una prima modifica, è introdotto dopo il comma 1 un comma aggiuntivo con cui è sanzionata più severamente la violazione del segreto d'ufficio da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio quando l'illecito abbia ad oggetto intercettazioni o il loro contenuto; la pena prevista è, in tal caso, la reclusione da uno a quattro anni. Con l'introduzione di un ultimo comma nello stesso articolo 326 si precisa, poi, che quando il fatto di cui al terzo comma «riguarda le ipotesi previste dal secondo comma» (ovvero la violazione del segreto sulle intercettazioni) si applica la pena della reclusione fino a due anni. In tal caso, la pena è, invece, invariata rispetto a quella prevista attualmente per il reato previsto dall'articolo 326 terzo comma. Il comma 2 dell'articolo 3 novella l'articolo 684 del codice penale che sanziona attualmente a titolo di contravvenzione la pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, prevedendo, in sostituzione dell'ammenda, la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 20.000 euro, senza eliminare la sanzione penale dell'arresto attualmente prevista in alternativa a quella della multa. È evidente che - forse per una svista - la formulazione dell'illecito non appare corretta, in quanto si prevedono in alternativa per lo stesso fatto una sanzione di natura penale ed una di natura amministrativa. Si tratta certamente di una svista. L'articolo 4 aggiunge un articolo 25-septies al decreto legislativo n. 231 del 2001 (sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche) che prevede la sanzionabilità della persona giuridica, proprietaria di mezzi di informazione che pubblichi arbitrariamente atti di un procedimento penale (articolo 684 del codice penale); la pena prevista è quella amministrativa pecuniaria da cento a cinquecento quote. L'articolo 5 della proposta di legge integra con un comma aggiuntivo il contenuto dell'articolo 266-bis del codice di rito, norma che consente l'intercettazione di comunicazioni che avvengano attraverso sistemi informatici e telematici. L'articolo 6 interviene sulla disciplina delle cosiddette intercettazioni ambientali ovvero le intercettazioni tra presenti. A differenza delle intercettazioni «ordinarie», quelle tra presenti non potranno, infatti, eccedere i quarantacinque giorni (in tal senso, la norma precisa un massimo di due sole proroghe del periodo iniziale di quindici giorni). Il comma 3-bis introduce, inoltre, ulteriori limiti alla richiesta del PM di una nuova intercettazione ambientale nello stesso luogo. Sarà, infatti, necessario (e la valutazione in tal senso spetta al GIP): che vi siano nuovi elementi che rendano assolutamente indispensabile l'intercettazione ai fini del proseguimento dell'indagine; che il decreto di autorizzazione sia emesso dal GIP per effettive e gravi esigenze di giustizia. L'articolo 7 della proposta in esame, che sostituisce il quarto comma dell'articolo 268 del codice di procedura penale, è di contenuto identico a quello dell'articolo 2 della proposta di legge n. 1164, alla cui illustrazione si fa rinvio. L'articolo 8 inserisce cinque nuovi articoli aggiuntivi dopo l'articolo 268 del codice di procedura penale, relativi alla trasmissione ed il deposito presso il GIP dei verbali delle intercettazioni, alla udienza di acquisizione delle conversazioni, alle trascrizioni delle registrazioni, all'ipotesi in cui il PM voglia utilizzare il risultato delle intercettazioni durante le indagini ed all'ascolto e acquisizione di conversazioni disposti dal giudice. Il contenuto di tali disposizioni risulta identico a quello dell'articolo 268-quinquies introdotto dall'articolo 3 della proposta di legge n. 1164, cui si fa rinvio. L'articolo 9 novella


Pag. 18

l'articolo 269 del codice di procedura penale, relativo alle modalità di conservazione della documentazione ovvero dei verbali e delle registrazioni delle intercettazioni. Tale norma risulta di formulazione identica a quella del comma 1 dell'articolo 269, come riformulato dall'articolo 4 della proposta di legge n. 1164. Un'ulteriore novità riguarda il secondo comma dell'articolo 269, nella parte relativa alla possibile distruzione della documentazione che, oltre che su impulso degli interessati, può essere richiesta anche dal PM; è, inoltre, stabilito che la relativa decisione del giudice sia assunta con procedimento in camera di consiglio anche quando la distruzione è chiesta contestualmente alla richiesta di archiviazione del procedimento. La novità del rito camerale risponde all'esigenza di garantire il contraddittorio, così recependo anche le indicazioni della Corte costituzionale.
Il contenuto dell'articolo 10 in esame, relativo a modifiche dell'articolo 270 del codice di procedura penale in tema di utilizzazione delle intercettazioni in altri procedimenti, è di contenuto identico a quello dell'articolo 5 dell'illustrata proposta di legge n. 1164. Analogamente, l'articolo 11 riproduce il contenuto dell'articolo 7 della proposta di legge n. 1164, relativo alla introduzione nelle norme di attuazione al codice di rito di un nuovo articolo 89-bis, in materia di disciplina dell'archivio riservato del PM.
Illustra, quindi, la proposta di legge n. 1170 Craxi, che si compone di dieci articoli. L'articolo 1 prevede l'inserimento di un comma 7-bis all'articolo 114 del codice di procedura penale, in materia di divieto di pubblicazione di atti ed immagini. In particolare, esso stabilisce che, anche dopo la scadenza dei termini indicati nell'articolo 114, è comunque vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione e dei dati relativi alle conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui è stata ordinato lo stralcio o la distruzione. L'articolo 2 della proposta di legge è costituito da un unico comma, che modifica il testo del terzo comma dell'articolo 268 del codice di procedura penale. Innovando il testo attualmente in vigore, la disposizione prevede la sanzione della nullità dei provvedimenti adottati, nell'ipotesi in cui le operazioni relative alle intercettazioni siano state effettuate mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria, in assenza di un provvedimento motivato del pubblico ministero. L'articolo 3 del progetto di legge è diretto ad introdurre il comma 4-bis, all'articolo 268 del codice di procedura penale. In particolare, ai sensi del nuovo comma 4-bis, sono depositati in segreteria esclusivamente i verbali e le registrazioni delle comunicazioni citate nei decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione. La disposizione appare finalizzata a limitare il deposito in segreteria ai verbali ed alle registrazioni delle comunicazioni citate nei decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano l'intercettazione. L'articolo 4 della proposta di legge riformula il comma 6 del citato articolo 268 del codice di procedura penale, che disciplina l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazione informatiche o telematiche, nonché lo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata la divulgazione. Le novità introdotte dal nuovo testo del predetto comma 6 riguardano il termine di preavviso delle operazioni di stralcio ai difensori ed al pubblico ministero, nonché la conservazione e custodia degli atti non acquisiti relativi alle intercettazioni. Per quanto concerne il primo aspetto, il terzo periodo del nuovo comma 6 prevede che il pubblico ministero e i difensori siano avvisati delle operazioni di stralcio delle registrazioni e dei verbali dei quali è vietata l'utilizzazione almeno cinque giorni prima. Il testo vigente del medesimo comma 6 stabilisce, invece, che l'avviso sia dato almeno ventiquattro ore prima. La proposta n. 1170 introduce, inoltre, una peculiare disciplina in ordine alle modalità di conservazione e custodia degli atti non acquisiti. In particolare, secondo l'ultimo periodo del nuovo comma 6, il giudice dispone che la documentazione e gli atti relativi alle conversazioni


Pag. 19

o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche non acquisiti siano conservati in un fascicolo sigillato e custodito in un apposito ufficio presso la procura della Repubblica. L'articolo 5 si articola in due commi diretti ad apportare alcune modifiche all'articolo 269 del codice di procedura penale che disciplina la conservazione della documentazione relativa alle intercettazioni. La ratio di tali disposizioni è chiarita dalla relazione illustrativa, secondo la quale la disciplina dettata dal progetto di legge n. 1170 consentirebbe «la distruzione del materiale manifestamente inconferente ai fini del procedimento, con la conseguente riduzione del rischio di illegittima diffusione dei loro contenuti». L'articolo 6 è diretto ad introdurre il comma 2-quater all'articolo 292 del codice di procedura penale che definisce il contenuto ed i requisiti dell'ordinanza con la quale il giudice dispone le misure cautelari. Il nuovo comma stabilisce limiti alla riproduzione delle comunicazioni intercettate nelle ordinanze che dispongono misure cautelari. In particolare, tali ordinanze non possono riprodurre il contenuto di intercettazioni telefoniche e, qualora le intercettazioni costituiscano indizi gravi, il giudice ne indica soltanto la rilevanza unitamente agli elementi necessari per la loro individuazione negli atti del processo. L'articolo 7 aggiunge un nuovo periodo, dopo il primo, al comma 3 dell'articolo 293 del codice di procedura penale, che disciplina gli adempimenti esecutivi concernenti le ordinanze che dispongono misure cautelari. Il nuovo periodo, inserito dalla proposta di legge, prevede che siano depositati presso la cancelleria esclusivamente i verbali delle intercettazioni espressamente indicate nella richiesta del pubblico ministero. L'articolo 8 della proposta di legge inserisce, dopo il comma 1 dell'articolo 329 del codice di procedura penale, il comma 1-bis, finalizzato a disciplinare il segreto sull'intercettazione di conversazioni o di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. Il nuovo comma 1-bis dell'articolo 329 precisa che gli atti relativi all'intercettazione di conversazioni o di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche sono coperti dal segreto fino alla conclusione dell'udienza di cui all'articolo 268, comma 6. La finalità della disposizione è chiarita, ancora una volta, dalla relazione illustrativa, secondo la quale «fino a tale momento (ossia l'udienza di cui all'articolo 268, comma 6), anche se successivo alla conclusione delle indagini preliminari, tali atti resterebbero non pubblicabili ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 329 del codice di procedura penale e, al contempo, permarrebbe, in caso di illegittima divulgazione, la responsabilità dell'ufficio tenuto alla conservazione e al mantenimento del segreto». L'articolo 9 è volto a modificare il primo comma dell'articolo 326 del codice penale relativo al delitto di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio commesso dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio, incrementando il minimo edittale della pena da sei mesi ad un anno. L'articolo 10 del progetto di legge è diretto a modificare l'articolo 684 del codice penale, elevando le pene stabilite per l'ipotesi di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale (l'ammenda da 51 a 258 euro è sostituita con quella da 125 a 375 euro) ed introducendo una sanzione amministrativa pecuniaria da 100.000 a 1.000.000 di euro per l'editore responsabile della pubblicazione di atti o documenti di cui per legge è vietata la pubblicazione. Al riguardo, si segnala che, poiché tale disposizione è finalizzata a comminare solo una sanzione amministrativa, apparirebbe più opportuno non includerla nell'ambito del codice penale.
Passa quindi all'esame della proposta di legge n. 1344 Mazzoni, che si compone di 11 articoli. L'articolo 1 novella l'articolo 114 del codice di procedura penale, in materia di divieto di pubblicazione di atti di indagine, includendo nel divieto di pubblicazione non solo gli atti ma anche il loro contenuto (ovvero i riassunti degli stessi). L'articolo 2 della proposta di legge aggiunge un comma 1-bis all'articolo 266 del codice di procedura penale, estendendo la novellata disciplina sulle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni


Pag. 20

alle intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche. L'articolo 3 novella profondamente la disciplina di cui all'articolo 267 del codice di procedura penale, relativa ai presupposti e forme del provvedimento del GIP che ammette l'intercettazione. In particolare, rispetto alla normativa vigente vanno segnalate le seguenti principali novità, tutte, in ogni caso, volte a rendere più stringenti i limiti di ammissibilità delle intercettazioni, di cui è ora stabilita una durata massima. Viene, anzitutto, precisata la contestualità, immodificabilità ed insostituibilità del decreto motivato di autorizzazione del giudice. Sono resi più rigidi i presupposti del decreto; oltre alla attuale necessità dei gravi indizi di reato e all'assoluta indispensabilità per la prosecuzione delle indagini, devono sussistere (ed essere specificate) inderogabili esigenze relative ai fatti per i quali si procede. Il decreto dovrà espressamente ed analiticamente indicare gli elementi su cui dette esigenze sono fondate; tali elementi non potranno essere limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nello stesso procedimento. Si stabilisce - fermo restando il periodo iniziale di autorizzazione pari a 15 giorni (prorogabile per pari periodo) - una durata complessiva massima delle operazioni di intercettazione pari a tre mesi. Fanno eccezione le indagini per i gravi delitti di criminalità organizzata, terrorismo e minaccia col mezzo del telefono, la cui durata è stabilita in quaranta giorni, prorogabili per periodi di venti giorni (in presenza dei presupposti previsti dal primo comma) per i quali non si prevede un limite temporale massimo e per i quali l'autorizzazione alle intercettazioni è data dal GIP in presenza di «sufficienti indizi» Il nuovo comma 3-bis riproduce parzialmente il contenuto del comma 13 del decreto legge n. 152 del 1991, disposizione che viene integralmente abrogata dal comma 2 dell'articolo 3 della proposta di legge in esame. All'abrogazione conseguirebbe, peraltro, l'impossibilità per il futuro - in relazione a procedimenti per i suddetti gravi reati - di autorizzare intercettazioni ambientali in luoghi di privata dimora «anche se non vi è motivo di ritenere che in tali luoghi si stia svolgendo l'attività criminosa» (ipotesi attualmente prevista dal comma 1, secondo periodo dell'articolo 13 del decreto legge citato). Infine, il riformulato comma 5 dell'articolo 267 rende più dettagliata la disciplina dell'archivio riservato, ove, si ricorda, devono essere annotati i decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni. Rispetto alla vigente disciplina dovrà annotarsi nel registro anche la data e l'ora di emissione nonché la data e l'ora del deposito in cancelleria o in segreteria dei decreti relativi alle intercettazioni. L'articolo 4 sostituisce l'articolo 268 del codice di rito introducendo una nuova disciplina dell'esecuzione delle operazioni di intercettazione. Rispetto alla normativa vigente, si prevede l'obbligo del deposito dei verbali - redatti ora in maniera più rigorosa (annotazione puntuale dei riferimenti temporali dell'intercettazione e delle persone che hanno annotato le comunicazioni intercettate) - in un archivio riservato presso l'ufficio del pubblico ministero (archivio previsto dal successivo articolo 6). È confermata la regola dell'uso degli impianti presso la Procura; tuttavia l'uso l'insufficienza o inidoneità degli stessi che permette, per le intercettazioni, l'uso di impianti di pubblico servizio, in dotazione alla polizia giudiziaria o privati, dovrà essere attestato da un funzionario responsabile del servizio di intercettazione, figura, questa, introdotta ex novo nel codice. Il nuovo articolo 268 modifica anche la procedura per la messa a disposizione degli interessati della notizia dell'avvenuta intercettazione o dei risultati della stessa e prevede un udienza camerale in contraddittorio per l'acquisizione delle intercettazioni indicate dalle parti che non appaiono manifestamente irrilevanti La trascrizione integrale delle registrazioni ovvero la stampa delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite, ad oggi obbligatoria, in base al nuovo comma 7 è disposta dal giudice solo quando lo ritenga necessario ai fini della decisione da assumere. Il


Pag. 21

successivo articolo 5 introduce nel codice di procedura penale una norma di garanzia per i casi, assai frequenti nella pratica giudiziaria, di intercettazione di conversazioni di soggetti diversi (da quelli in relazione ai quali è aperto il procedimento penale) che non siano indagati in procedimenti connessi o collegati. Il nuovo articolo 268-bis del codice di procedura penale. (Avviso a persone non indagate) prevede l'obbligo di avvisare tali soggetti dell'avvenuto deposito e dell'eventuale stralcio di intercettazioni che li riguardino. L'articolo 6 novella i primi due commi dell'articolo 269 del codice di procedura penale. Il comma 1 prevede la conservazione integrale della documentazione (verbali e supporti informatici delle registrazioni) in un apposito archivio riservato ubicato presso l'ufficio del PM che ha disposto l'intercettazione. Degli stessi atti è, ora, vietata l'allegazione, anche parziale, al fascicolo del pubblico ministero. Il quid novi introdotto al comma 2 dell'articolo 269 consiste nell'obbligo di distruzione delle intercettazioni (verbalizzata e sotto il controllo del giudice) dopo che la sentenza sia divenuta definitiva. L'articolo 7 interviene sulla utilizzazione delle intercettazioni in altri procedimenti cioè in procedimenti diversi rispetto a quelli per cui sono state disposte. L'articolo 8 novella la disciplina relativa ai divieti di utilizzo delle intercettazioni di cui all'articolo 271 del codice di rito penale. Un nuovo comma 1-bis prevede, poi, detta inutilizzabilità anche quando la qualificazione giuridica del fatto-reato (quindi, il suo rientrare nei limiti di ammissibilità del citato articolo 266 del codice di procedura penale) muti nel corso del processo, sia quindi durante l'udienza preliminare (a giudizio del GUP) che nel corso del dibattimento (secondo il giudice competente).
L'articolo 9 completa - con l'introduzione di un nuovo articolo (89-bis) nelle norme di attuazione al codice di procedura penale - la disciplina dell'archivio riservato delle intercettazioni di cui all'articolo 269. L'articolo 10 introduce modifiche al codice penale che apportano novità nella disciplina sanzionatoria dei reati di rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio ed introducono ulteriori illeciti in materia di intercettazioni. Se la rivelazione del segreto d'ufficio da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio riguarda le intercettazioni è prevista la pena della reclusione da uno a quattro a anni; è stabilita, in particolare, la pena fino a due anni quando la rivelazione delle intercettazioni è motivata dalla volontà di procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale. È prevista la sanzionabilità penale del giudice o del PM che omettendo di distruggere le intercettazioni non utilizzabili (salvo che costituiscano corpo del reato), ne facciano uso nel processo; la pena prevista per tale reato è la reclusione da sei mesi a tre anni. Identica sanzione è prevista a carico del PM e di ogni altra parte che utilizzi, a qualunque titolo, o comunque diffonda la documentazione sulle intercettazioni Il comma 2 dell'articolo 10 della proposta di legge inserisce nel codice penale un articolo 617-septies che sanziona con la reclusione da sei mesi a quattro anni la rivelazione del contenuto di conversazioni e comunicazioni intercettate nel procedimento penale da parte di persone che non rivestano la qualità di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. Pena ridotta (reclusione fino ad un anno) in caso l'agevolazione alla conoscenza delle intercettazioni sia di natura colposa. La stessa pena della reclusione per chi rivela il contenuto delle intercettazioni (da sei mesi a quattro anni) sanziona anche coloro che prendano abusivamente diretta conoscenza delle intercettazioni coperte dal segreto. Il comma 3 dell'articolo 10, infine, incrementa l'entità dell'ammenda attualmente prevista per la contravvenzione prevista dall'articolo 684 del codice penale per la pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale, attualmente compresa tra 51 e 258 euro. L'ammenda passa al limite minimo di 1.000 e a quello massimo di 5.000 euro.
L'articolo 11 novella profondamente l'articolo 8 della cosiddetta legge sulla stampa n. 47 del 1948), in materia di


Pag. 22

dichiarazioni e diritto di rettifica, sostanzialmente ampliando l'accessibilità al diritto in questione.

Pino PISICCHIO, presidente, considerato che a breve la Commissione è convocata per lo svolgimento dell'audizione del Ministro della Giustizia, invita il relatore a concludere il proprio intervento.

Lanfranco TENAGLIA (Ulivo), relatore, dichiara di proseguire lo svolgimento della propria relazione nella prossima seduta.

Pino PISICCHIO, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.

AUDIZIONI

Mercoledì 20 settembre 2006. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Intervengono il Ministro della giustizia Clemente Mastella ed i sottosegretari di Stato Daniela Melchiorre e Luigi Scotti.

La seduta comincia alle 15.15.

Audizione del Ministro della giustizia sulle linee programmatiche del suo dicastero.
(Seguito dello svolgimento, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, e rinvio).

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
Comunica, quindi, che è prevista oggi la prosecuzione dell'audizione del Ministro della Giustizia sulle linee programmatiche del suo dicastero, iniziata il 28 giugno 2006, continuata il 5 luglio 2006 e proseguita il 13 luglio 2006.

Intervengono per formulare quesiti ed osservazioni i deputati Gino CAPOTOSTI (Pop-Udeur), Domenico BENEDETTI VALENTINI (AN), Lanfranco TENAGLIA (Ulivo), Rosa SUPPA (Ulivo), Marilena SAMPERI (Ulivo), Paola BALDUCCI (Verdi), Francesco FORGIONE (RC-SE), Luigi VITALI (FI), Erminia MAZZONI (UDC) e Carolina LUSSANA (LNP).

Pino PISICCHIO, presidente, nell'imminenza di votazioni in Assemblea, rinvia il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.20.

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle intercettazioni telefoniche, informatiche, telematiche o ambientali.
C. 706 Osvaldo Napoli, C. 1240 Cirino Pomicino e C. 1277 Buemi.

Tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori.
C. 528 Buemi.