V Commissione - Marted́ 17 ottobre 2006


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ALLEGATO

AUDIZIONE DEL VICEMINISTRO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE - ONOREVOLE PROFESSOR VINCENZO VISCO

Signor Presidente, onorevoli colleghi,
ringrazio la Commissione per l'opportunità che mi viene offerta di illustrare le linee generali cui si è ispirata la manovra di finanza pubblica del Governo con riferimento nello specifico alla politica fiscale.
Prima di passare a descrivere le principali linee di intervento previste nella manovra di finanza pubblica sul versante delle entrate è utile qualche chiarimento riguardo l'andamento del gettito erariale (Tabella 1). Il gettito erariale, al netto delle entrate una tantum, è stato rivisto verso l'alto rispetto al DPEF per riflettere il positivo andamento nei primi otto mesi dell'anno, andamento che non era possibile anticipare nelle previsioni del DPEF perché i versamenti di acconto delle imposte dirette non erano ancora completamente disponibili. In particolare, occorre notare che nel periodo gennaio-agosto 2006, l'Irpef ha registrato una crescita del 6,4 per cento rispetto allo stesso periodo del 2005, per effetto soprattutto del buon andamento delle ritenute sui redditi da lavoro dipendente. L'IRES è aumentata del 20,2 per cento, anche per effetto di misure con carattere una tantum. L'IVA è cresciuta del 9,3 per cento grazie al contributo della componente relativa alle importazioni e a una dinamica della componente interna più accentuata rispetto all'andamento dei consumi registrati nel primo semestre del 2006. Alla luce di questi andamenti, le stime di preconsuntivo per il 2006, in termini di contabilità nazionale, sono state riviste al rialzo, di 5,9 miliardi rispetto al DPEF (non considerando gli effetti della sentenza IVA del 15 settembre 2006) con una crescita del 7,4 per cento rispetto al 2005. Per il 2007, le previsioni delle entrate tributarie riflettono un approccio prudenziale. La base di calcolo esclude le misure one-off e le entrate di natura straordinaria registrate nel 2006 e si assume, per prudenza, un elasticità al PIL in linea con quella realizzata nel 2005.
L'insieme degli interventi contenuti nella manovra per il 2007 riflettono e chiariscono le priorità dell'azione di governo in campo fiscale. La lotta all'evasione e all'elusione è tra queste. In base alle rilevazioni demoscopiche, tre persone su quattro ritengono l'evasione un problema grave o gravissimo. Allo stesso tempo, però, la spiegazione del fenomeno che i cittadini ritengono più convincente - in una percentuale perfino maggiore dei tre quarti - è che le tasse non si pagano perché si sa che non tutti le pagano. C'è una sorta di circolo vizioso per cui l'alta evasione percepita come fenomeno sociale diventa causa del comportamento individuale di frode al fisco, contribuendo così ad alimentare quella stessa percezione. È questo il meccanismo che deve essere spezzato, in maniera che i contribuenti onesti non si considerino discriminati per essere tali e siano quindi rassicurati sul fatto che tutti pagheranno le tasse. Man mano che l'evasione verrà riportata a livelli fisiologici, sarà possibile una riduzione sostanziale del prelievo fiscale.
Le stime più recenti dell'economia sommersa e che derivano dal confronto con le statistiche ufficiali di contabilità nazionale fanno riferimento al 2003 e indicano (Figura 5) il valore aggiunto del sommerso in un ordine di grandezza compreso tra il 14,8 e il 16,7 per cento dell'intero prodotto interno lordo: in altri termini, più di 200 miliardi di euro di valore aggiunto sfuggono al fisco. Di tale


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ammontare, circa 100 miliardi derivano dall'utilizzo di lavoro non regolare e più di 93 miliardi da sottodichiarazione di fatturato ottenuto con occupazione regolare. Nell'ultimo anno considerato si osserva una preoccupante inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti, con una crescita complessiva del sommerso stimabile fino a circa 0,5 punti percentuali di PIL, nonostante la notevole riduzione di lavoro irregolare dovuta alla sanatoria di quasi 700 mila immigrati clandestini. I sintesi, al netto dell'economia sommersa, la pressione tributaria e contributiva raggiunge livelli estremamente elevati: circa 7 punti percentuali in più rispetto a quanto calcolato in riferimento al Pil ufficiale che, come noto, include anche la stima dell'economia sommersa.
I dati di contabilità nazionale permettono di identificare i tassi di irregolarità nell'utilizzo del lavoro nero con sufficiente dettaglio - al livello provinciale per i diversi settori dell'economia - in maniera da indirizzare puntualmente l'attività di accertamento. Allo stesso livello di dettaglio si possono confrontare i dati di contabilità nazionale con quelli di natura fiscale individuando l'entità di base imponibile sottratta al fisco. Vi sono province e settori in cui i tassi di irregolarità superano il 50 per cento e l'entità dell'evasione è perfino superiore alla base imponibile dichiarata!
I primi segnali di impegno nella direzione indicata sono contenuti nel decreto-legge n. 223 del luglio scorso. Il decreto vara la soppressione della cosiddetta «Programmazione fiscale», a indicare una ferma volontà di bandire dall'orizzonte delle politiche fiscali qualunque forma di condono, e numerose altre misure volte a rafforzare la credibilità dell'Amministrazione finanziaria, operando su diversi fronti e in particolare su quello dell'Iva, imposta che in Italia, nonostante un'aliquota base tra le più alte rispetto agli altri paesi europei, ha un rendimento assai minore in termini di gettito effettivo a causa proprio di massicci fenomeni di evasione ed elusione.
A quelli di luglio, si aggiungono i provvedimenti varati con la manovra per il 2007: in particolare, l'introduzione del reverse charge per il versamento dell'Iva (a carico del cessionario e non del cedente), già prevista a luglio nel settore dell'edilizia nei rapporti tra impresa appaltatrice e subappaltante, è ora estesa ai settori della telefonia, dell'informatica e di altre prestazioni di servizi, nonché per le attività estrattive. Si prevede anche un rafforzamento dei poteri dell'Agenzia delle Dogane per l'accertamento delle violazioni negli scambi intracomunitari e per il controllo sulle accise. Nel campo delle frodi sull'Iva intracomunitaria, si modificano le regole che consentono l'importazione cd. parallela di autoveicoli (attraverso, cioè, intermediari e non direttamente attraverso i rappresentanti delle case produttrici) in quanto oggi si prestano ad essere facilmente aggirate. Il decreto-legge del 3 ottobre provvede ad alcune correzioni e precisazioni delle norma già varate con il DL 223/2006. Tra queste assumono particolare rilievo le norme che non fu possibile introdurre a Luglio. Tali norme allargano anche al caso del leasing immobiliare lo scorporo dal valore del canone relativo al fabbricato quello imputabile al terreno: ai fini dell'ammortamento in bilancio potrà essere portato in deduzione solo la parte rimanente. Viene infine aumentata l'aliquota dell'imposta sostitutiva da applicare alle plusvalenze realizzate tramite cessioni a titolo oneroso di immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, portandola dal 12,5 per cento al 20 per cento in linea con l'aliquota dell'imposta sostitutiva applicata alle rendite di tipo finanziario.
Più in generale, con le disposizioni presenti nel decreto del 3 ottobre viene impressa un'accelerazione all'attività di controllo, accertamento e recupero di base imponibile in modo specifico contro l'impiego del lavoro non regolare, il gioco illegale, le frodi negli scambi intracomunitari e con paesi esterni al mercato comune europeo, cui vengono affiancati interventi di razionalizzazione delle risorse


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umane e strumentali e di potenziamento e riordino dell'amministrazione finanziaria.
Il contrasto all'evasione comporta la messa in atto di una strategia generale dei controlli. L'obiettivo è il recupero di correttezza fiscale, nella consapevolezza che l'importanza dell'azione di accertamento non consiste tanto nelle maggiori entrate direttamente prodotte, quanto nei suoi effetti sull'adempimento spontaneo. L'attività di controllo tenderà a rendere sistematico e ordinario il controllo fiscale analitico per le società di dimensione grandi e medie: per le grandi, si tratta di effettuare la revisione fiscale ogni anno per tutti i tributi (meno di diecimila soggetti con ricavi sopra i 25 milioni di euro); per le medie, gli accertamenti saranno tendenzialmente fatti ogni due anni (circa 25.000 soggetti con ricavi da 7,5 a 25 milioni). Per svolgere tali attività occorrono risorse ad elevata professionalità, ma in numero ragionevolmente contenuto; senza particolari aggiustamenti normativi, ma con la necessità piuttosto di mettere a punto specifiche metodologie di controllo.
Per le piccole imprese e il lavoro autonomo, dato l'elevato numero di soggetti interessati (oltre quattro milioni), l'accertamento deve per forza di cose essere principalmente strumento di deterrenza piuttosto che di recupero delle imposte evase, inducendo i contribuenti allo spontaneo adempimento degli obblighi tributari. A questo fine è necessario rafforzare gli strumenti indiretti di definizione delle basi imponibili, e quindi particolare rilevanza e significatività dovranno avere gli studi di settore.
Gli studi di settore hanno grandi potenzialità fino ad ora non pienamente colte: ad esempio, della platea interessata, solo una piccola parte è stata in questi anni esposta concretamente al rischio di accertamento in base agli studi. Infatti, per la maggior parte dei casi, l'accertamento in base agli studi è stato possibile solo in presenza di scostamenti ripetuti (due anni su tre). Sulle regole di accertamento siamo intervenuti con il decreto del 4 luglio, uniformandole per tutti i soggetti sottoposti agli studi ed eliminando conseguentemente la possibilità di accertamento secondo la regola del due anni su tre. Si tratta di un importante intervento in linea con quella che è la natura fondamentale degli studi, i quali non devono assolutamente essere una forma di catastizzazione del reddito, ma uno strumento di indirizzo degli accertamenti. In altri termini, gli studi non servono ad «inquadrare» le diverse attività economiche in griglie di imposta da pagare, non sono una forma mascherata di minimum tax: quello che fanno è identificare in maniera sofisticata - sulla base delle caratteristiche dell'attività, delle dotazioni strumentali, dell'occupazione impiegata, della localizzazione territoriale e così via - le situazioni che sembrano non corrispondere a normalità economica. I contribuenti non congrui e non coerenti, quindi, proprio perché si trovano in una situazione «fuori linea» rispetto ai dati dichiarati dai contribuenti stessi a loro più simili, devono essere sottoposti ad accertamento con una probabilità più alta degli altri. Ciò non vuol dire necessariamente che l'eventuale anormalità segnalata dagli studi sia l'effetto di comportamenti evasivi/elusivi. L'anormalità può, infatti, anche dipendere da accadimenti accidentali e sfortunati caratteristici del singolo contribuente, il quale in questo caso non avrà nulla da temere dall'amministrazione tributaria se ha proceduto regolarmente agli adempimenti che gli competono. L'amministrazione finanziaria sarà tenuta a valutare attentamente tali circostanze.
Affinché gli studi svolgano efficacemente la funzione sopra descritta devono però essere in grado di rappresentare coerentemente la realtà economica a cui si riferiscono. L'entità macroeconomica dell'evasione non deve essere ricondotta nella sua totalità alle attività oggetto degli studi di settore. Altre attività concorrono all'evasione, ad esempio, le attività delle società di capitali al di sopra della soglia di fatturato prevista per l'applicazione degli studi, il «doppio lavoro» di lavoratori dipendenti, il lavoro dei «giovani» pensionati. Tuttavia, lo scarto tra il valore


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aggiunto dichiarato dalle imprese sottoposte agli studi di settore e quello riferibile in misura prudenziale agli stessi soggetti a partire dai dati di contabilità nazionale portano inevitabilmente a riferire una quota consistente dell'imponibile evaso alle attività oggetto degli studi di settore. Così, con il disegno di legge finanziaria per il 2007, si interviene su diversi aspetti degli studi in modo da recuperare nel medio periodo il divario esistente tra realtà economica e sua rappresentazione attraverso gli studi. A tal fine, va innanzitutto evitata la progressiva obsolescenza degli studi, l'obiettivo essendo la revisione degli stessi come processo naturale e non eccezionale: si è così deciso di ridurre da quattro a tre anni il termine previsto per la revisione, di norma, dei singoli studi, puntando comunque ad aggiornamenti più rapidi laddove le circostanze tipiche dei singoli studi lo consentano.
Gli studi finora si sono basati solo ed esclusivamente sulle dichiarazioni dei contribuenti stessi. Se in alcuni settori i ricavi e i compensi dichiarati sono sistematicamente al di sotto di valori verosimili per la corrispondente attività, sarà difficile per lo studio relativo essere realistico. In altri termini, come i dati diffusi in questi giorni evidenziano, gli studi non hanno la capacità di cogliere con la medesima efficacia la realtà economica espressa dai diversi settori: ad esempio, sembrerebbe che in alcuni settori del commercio o delle attività di ristorazione, la distanza tra i valori dichiarati ed i valori veri sia sistematicamente maggiore che per il settore dell'artigianato che opera su commissione. Bisogna quindi procedere necessariamente, in consultazione con le categorie e sempre al fine di una maggiore rappresentatività degli studi, verso una maggiore integrazione con i dati e le statistiche ufficiali, in particolare con quelli di contabilità nazionale. Si deve, inoltre, rendere lo strumento degli studi di settore più sofisticato e selettivo, in maniera da sfruttare appieno la sua capacità di individuare situazioni di anormalità economica: viene quindi dato maggior rilievo agli indicatori di coerenza, che attualmente non hanno alcuno specifico ruolo nell'individuare i ricavi o i compensi del contribuente congruo, mentre permetteranno a regime di meglio segnalare anomalie nel quadro complessivo dei dati dichiarati dal contribuente anche al fine della determinazione dei suoi ricavi presunti e comunque tenendo conto delle specificità economiche e territoriali in cui opera.
L'analisi della coerenza, in versione semplificata e per indicatori di carattere generale, comincerà ad operare già dal prossimo anno per poi essere implementata in maniera mirata ai singoli studi con l'accordo delle categorie ogni volta che uno studio è sottoposto ad evoluzione. Inoltre, si prevede la definizione di specifici indicatori di coerenza e di normalità economica anche per soggetti a cui non si applicano gli studi, come le società al primo anno di attività, quelle con ricavi sopra la soglia massima di definizione dell'universo degli studi, quelle che cessano l'attività o in non normale svolgimento della stessa, quelle in liquidazione ordinaria: in questo caso le anomalie risultanti dall'utilizzo degli indicatori indirizzeranno una specifica attività di accertamento, pur restando le situazioni suddette fuori dal mondo degli studi. Cade invece la causa di esclusione per quei soggetti che chiudono e riaprono un attività oppure per quelle situazioni in cui la chiusura e l'avvio di una nuova attività possono essere ricondotte nella sostanza alla continuazione della stessa attività - riconducendo quindi a pieno titolo nel mondo degli studi situazioni che potevano dar luogo in alcuni casi a comportamenti di evasione ed elusione dell'imposta. Va infine segnalato l'allargamento della platea dei contribuenti sottoposti agli studi - mediante un aggiornamento a 7,5 milioni di euro del vecchio limite superiore per i ricavi dichiarati, posto quasi dieci anni fa a 10 miliardi delle vecchie lire - e l'inasprimento delle sanzioni per l'infedeltà dei dati dichiarati rilevanti ai fini degli studi di settore - ad esempio, l'indicazione di una causa di inapplicabilità non vera o di un codice di attività non corretto.


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È nostro obiettivo anche ricondurre ad una maggiore omogeneità la disciplina dell'accertamento per le diverse imposte con riferimento soprattutto ai termini e alle procedure, al fine di semplificare e razionalizzare la materia a beneficio sia dei contribuenti che delle Agenzie fiscali. A tal fine, si prevede l'esercizio di una delega. Inoltre, l'Amministrazione provvederà a riorganizzare l'anagrafe tributaria assumendo come unità di riferimento il contribuente e i suoi familiari e non le singole imposte.
Sul fenomeno dell'evasione-elusione, tuttavia, non si deve fare demagogia, né semplificare. Una corretta analisi del fenomeno è indispensabile per articolare un ventaglio di misure per riportarla a livelli «normali», ossia quelli caratteristici degli altri paesi sviluppati. È, infatti, un fenomeno complesso dove, accanto alle diffuse patologie etiche e carenza di spirito civico, si trovano anche sacche di evasione-elusione che alcuni definisco «necessaria», radicatasi come risposta compensativa alle inefficienze di contesto. Il nostro paese si è progressivamente integrato nel mercato europeo e globale senza realizzare le riforme strutturali necessarie. Tale carenza è stata per un ventennio in parte compensata da evasione fiscale, spesa pubblica improduttiva e svalutazione della Lira. Conclusasi l'insostenibile fase della svalutazione competitiva, sull'evasione si sono almeno parzialmente scaricati i costi dei ritardi nelle riforme. Per alcune imprese - le più piccole - l'integrazione senza riforme ha reso irresistibile la spinta all'evasione-elusione. Per questo, gli accertamenti saranno prioritariamente indirizzati verso i contribuenti forniti di maggiore capacità contributiva potenziale. Reprimere è necessario anche se sgradevole, ma non sufficiente. È anche necessario accompagnare l'eliminazione degli spazi normativi per l'elusione, il potenziamento dei controlli e l'innalzamento della quota di riscossione effettiva, con l'abbassamento delle aliquote e, soprattutto, con le riforme strutturali che consentano alle imprese di competere nella legalità. Non a caso, il Decreto del 4 Luglio contiene un'ampia gamma di interventi per la concorrenza in mercati fondamentali alla competitività delle imprese. Non a caso, il governo riforma anche le pubbliche amministrazioni.
L'obiettivo dell'equità non viene perseguito solo con la lotta all'evasione: prioritari sono anche gli interventi sulle imposte dirette, al fine di migliorare la progressività del sistema fiscale nel suo complesso. Ciò significa, in particolare, intervenire consapevolmente sulle imposte sui redditi e sui trasferimenti, con particolare attenzione alle posizioni economiche più deboli. L'intervento del governo su Irpef e assegni familiari corregge in particolare il cosiddetto secondo modulo di riforma varata nella passata legislatura, con l'obiettivo di rendere l'imposta più equa, riducendo il carico fiscale sui redditi medi e sui redditi bassi e, soprattutto, recuperando risorse per sostenere i redditi delle famiglie, specie di quelle con figli.
Innanzitutto vi è un aumento dell'area di esenzione per dipendenti, pensionati e autonomi: infatti, con la trasformazione delle deduzioni da lavoro e pensione in detrazioni d'imposta si eleva il minimo imponibile per i lavoratori dipendenti e parasubordinati da 7.500 a 8.000 euro e per i pensionati da 7.000 a 7.500 euro; anche il minimo imponibile dei lavoratori autonomi viene aumentato da 4.500 a 4.800 euro. Nel caso di familiari a carico l'area esente da imposta aumenta ulteriormente: per esempio, per un lavoratore dipendente, l'area esente sale da 9.775 a 10.310 se coniugato, da 11.885 a 12.540 se con coniuge e un figlio a carico, da 14.035 a 14.755 se con coniuge e due figli a carico. Il ridisegno di aliquote e scaglioni riduce l'imposta per la grande maggioranza dei contribuenti italiani: infatti, ordinando i contribuenti in base al reddito e dividendo la popolazione in dieci parti uguali, i primi nove decili guadagnano rispetto al regime vigente. La prima aliquota per il momento rimane al 23 per cento, la seconda e la terza si collocano sotto le attuali pari al 33 e al 39 per cento, portandosi rispettivamente a 27 e 38 per cento; viene introdotta una quarta aliquota


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al 41 per cento e viene lasciata al 43 per cento l'aliquota massima; gli scaglioni vengono ridefiniti di conseguenza.
Il sostegno ai redditi delle famiglie con figli avviene sia con la riduzione dell'incidenza dell'imposta che con aumento dei trasferimenti: in particolare sono state trasformate le deduzioni per carichi familiari in detrazioni d'imposta e aumentate in misura consistente; gli assegni al nucleo familiare per i dipendenti e i parasubordinati vengono aumentati e riformati in modo da eliminare gli attuali scaglioni che oggi determinano drastiche riduzioni dell'assegno all'aumentare della retribuzione («trappola della povertà»). Per i lavoratori dipendenti e parasubordinati, si avrà così rispetto a oggi un aumento di 250 euro all'anno in media per ogni figlio minore a carico; l'assegno, combinato con la detrazione, raggiungerà per i redditi bassi (14.000 euro) i 2.400 euro annui per i minori di 3 anni e i 2.300 euro per i figli tra 3 e 18 anni; l'assegno è modulato in funzione del reddito familiare Grazie alla detrazione d'imposta, anche il lavoratore autonomo avrà un aumento del sostegno al reddito pari a 140 euro in media per ogni figlio minore.
Sempre al fine di migliorare l'equità del sistema fiscale, si è provveduto a modificare il regime dei trasferimenti tra vivi e mortis causa. Nel decreto-legge del 3 ottobre si era inizialmente pensato di non reintrodurre formalmente l'imposta di successione nell'ordinamento, ma piuttosto di rimodulare le imposte sui trasferimenti immobiliari che hanno la stessa natura e funzione e che erano rimaste in vita dopo la sua abrogazione nel 2001. L'effetto di tale intervento sarebbe quello di ripristinare, nella sostanza, la situazione esistente dopo la riforma del 2000. Da subito, però, il governo si è detto disponibile a rivedere l'impianto descritto per riprendere quello introdotto nel 2000 con l'innalzamento della franchigia qualora questa fosse stata l'indicazione parlamentare. La decisione sarà assunta nelle prossime ore.
Infine, sempre a fini equitativi, si prevede l'esercizio della delega per il riordino della tassazione dei redditi da capitale, con la quale si ricondurrà ad aliquota unica, al 20 per cento, il ventaglio di aliquote oggi in vigore per le diverse tipologie di investimento. È intenzione del Governo applicare l'aliquota unica con riferimento a tutti e soli i redditi maturati successivamente alla data di entrata in vigore della nuova disciplina. In caso contrario si riconoscerebbero guadagni e perdite ingiustificati, in relazione alle posizioni in essere al momento della sua entrata in vigore e si potrebbero determinare segmentazioni dei mercati. Riguardo al principio da applicare per la tassazione dei redditi in oggetto, vorrei sottolineare che non si è escluso per il momento il riferimento al rendimento o alla plusvalenza realizzata invece che maturata. Ovviamente, la scelta del principio da seguire si rifletterà sul regime di deduzione delle minusvalenze. In sostanza, sia il gettito che l'incidenza rimarrebbero pressoché invariati nelle due ipotesi.
Ma accanto all'obiettivo dell'equità, lo sviluppo e la semplificazione sono al centro delle politiche che proponiamo con la manovra. Il primo grande segnale, ampiamente annunciato in campagna elettorale, consiste nella riduzione del cuneo fiscale e contributivo sul lavoro. Come noto, il cuneo è la differenza tra il costo del lavoro che l'impresa sostiene e l'importo che il lavoratore riceve in busta paga. Dal punto di vista delle imprese, l'intervento consiste in una deduzione di parte del costo del lavoro dalla base imponibile Irap. In particolare, vengono dedotti tutti gli oneri sociali - contribuzione a carico del datore e del lavoratore - corrispondenti ai soli lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e per ciascuno di questi lavoratori è dedotta anche una somma fissa di 5.000 euro in tutto il territorio nazionale, ai quali si aggiungono altri 5.000 euro nelle regioni del Mezzogiorno. La misura comporta una riduzione di tre punti del costo del lavoro. In realtà, l'intervento è ancora più consistente per i lavoratori con retribuzione inferiore alla media (che sono molto più della metà dei lavoratori), dato che una parte della misura è concessa in somma fissa ed è quindi proporzionalmente


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più favorevole per le retribuzioni più basse. Inoltre, rispetto ad una analoga riduzione dei contributi sociali, una riduzione di 3 punti via Irap è equivalente ad una riduzione di 4,5 punti di contribuzione sociale, poiché mentre l'Irap non ha effetti sul reddito d'impresa, una riduzione dei contributi, coeteris paribus, avrebbe effetti sulla base imponibile Ires, aumentando l'imposta dovuta. Dal punto di vista dei lavoratori, gli interventi prima descritti in riduzione dell'Irpef e in aumento degli assegni familiari (i quali ultimi riguardano nello specifico i lavoratori dipendenti) comportano un incremento della busta paga di due punti in percentuale della retribuzione lorda per un lavoratore tipo con retribuzione media e ponderando per le diverse situazioni familiari (l'incremento è maggiore al crescere del numero dei figli). (Tabella 2).
Ma gli interventi a favore dello sviluppo non si limitano alla riduzione del cuneo. Il Mezzogiorno è al centro di una nuova iniziativa di rilancio degli investimenti e dell'occupazione. Si è già detto della differenziazione territoriale nella riduzione del cuneo: il costo del lavoro nelle aree meridionali diventa quindi per le imprese relativamente più basso che nelle altre aree del paese senza effetti sulla busta paga del lavoratore. Un ulteriore incentivo è previsto - sempre in deduzione dalla base imponibile Irap - per l'assunzione di lavoratrici, dal momento che il Mezzogiorno presenta tassi di occupazione femminile tra i più bassi d'Europa. Per ogni lavoratrice assunta nelle aree più svantaggiate, l'impresa potrà risparmiare fino a 6.000 euro di Irap l'anno, 1.700 euro in più della corrispondente deduzione prevista per i lavoratori maschi nelle stesse aree.
Nel Mezzogiorno viene poi reintrodotto un credito d'imposta automatico per gli investimenti. Dal periodo d'imposta 2007 gli investimenti in macchinari, impianti, attrezzature, brevetti e programmi informatici per le piccole e medie imprese, per la parte eccedente l'ammortamento relativo agli stessi beni e nelle intensità consentite dalla disciplina comunitaria, torneranno a dar luogo a crediti d'imposta automatici da indicare in dichiarazione l'anno successivo. Le imprese possono così di nuovo avere certezza della relativa agevolazione nella definizione dei propri investimenti. Infine, per quanto riguarda le misure a favore delle regioni meridionali, viene istituito un Fondo a sostegno delle cd. Zone franche urbane, che cofinanzierà interventi basati su programmi regionali a favore dello sviluppo economico e sociale nelle aree urbane degradate del Mezzogiorno.
Generalizzati a tutto il territorio nazionale sono invece i crediti d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo. L'ammontare del credito è fissato nel 10 per cento dei costi sostenuti per le attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo (fino ad un massimo di tali costi pari a 15 milioni di euro), incrementato al 15 per cento nel caso di contratti stipulati con le università e gli enti pubblici di ricerca. Questo intervento si cumula con quello già previsto nel decreto-legge 223/06, laddove si introduceva una maggiore deducibilità delle quote di ammortamento sul costo dei brevetti industriali, del know how e dell'utilizzazione delle opere dell'ingegno. Si vuole in questo modo cambiare passo nell'incentivare realmente attività fondamentali per lo sviluppo futuro del paese e sulle quali il ritardo rispetto agli altri partner comunitari comincia a farsi pesante.
Le misure delle manovra per il 2007 includono anche interventi per la sostenibilità ambientale. Si tratta in particolare, della ristrutturazione delle tasse automobilistiche in funzione dell'impatto ambientale dei veicoli, di incentivi per la promozione di veicoli ed elettrodomestici a minore impatto ambientale e di una serie di misure per il sostegno alle fonti rinnovabili di energia.
Infine, per quanto riguarda la tassazione delle imprese, area di intervento non di minore rilievo rispetto alle precedenti, il governo intende arrivare ad una stabilizzazione della normativa IRES. A tal fine, è stata costituita una Commissione apposita presieduta dal prof. Biasco, con il


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compito di effettuare un'ampia e pubblica ricognizione tra le categorie e gli esperti per verificare criticità, dubbi e proposte. Gli eventuali interventi normativi saranno proposti successivamente.
Il governo intende completare il federalismo fiscale in un quadro di coerenza tra decentramento delle funzioni e responsabilità finanziarie. A tal fine, occorrerà disegnare un percorso condiviso di definizione dell'ammontare complessivo di risorse destinabili alla spesa per le prestazioni di responsabilità di Regioni ed Enti locali, alla luce del vincolo di bilancio dell'intero settore pubblico. In tal modo, le Autonomie locali avranno, su un orizzonte pluriennale, la garanzia di un quadro stabile, certo e coerente con gli equilibri di finanza pubblica. La realizzazione di tale obiettivo richiede il rafforzamento delle sedi di confronto tra governo centrale e governi locali, in modo che questi ultimi siano inseriti a pieno titolo nel processo di formazione della politica di bilancio. L'assetto definitivo delle relazioni finanziarie tra livelli di governo dovrà prevedere meccanismi di perequazione tali da consentire il finanziamento integrale delle prestazioni essenziali per tutti i governi locali. Gli spazi di effettiva autonomia tributaria a livello locale dovranno garantire margini di manovra sufficienti a far fronte ad eventuali eccedenze di spesa per le prestazioni essenziali e a consentire, esercitando un congruo sforzo fiscale aggiuntivo, il finanziamento di eventuali prestazioni addizionali. Tale percorso è già iniziato con il nuovo Patto di stabilità interno, che è disegnato in modo coerente con il Patto di stabilità e crescita della UME e contiene meccanismi attuativi che impongono alle autonomie in caso di violazione delle regole del patto un aumento automatico delle imposte che i cittadini pagano localmente. A tal fine, è apparso utile e giusto abbandonare il metodo dei tetti di spesa su specifiche categorie di bilancio e introdurre vincoli per il saldo di bilancio e la dinamica del debito. Agli enti locali è stata data la possibilità di poter far fronte alle nuove regole secondo l'autonomia che compete loro, cioè razionalizzando le spese o aumentando le entrate, e a tal proposito sono stati rafforzati i poteri di autonomia impositiva: i comuni, in particolare, potranno adottare una variazione dell'addizionale all'Irpef fino allo 0,8 per cento e avranno la possibilità di istituire imposte di scopo per la realizzazione di opere pubbliche - ad esempio, per il trasporto pubblico urbano, la realizzazione di parcheggi, la risistemazione di parchi - e un contributo comunale di ingresso e di soggiorno a carico dei turisti per interventi di manutenzione urbana e valorizzazione dei centri storici. Va, inoltre, sottolineato che per il finanziamento dei comuni viene istituita la compartecipazione dinamica all'Irpef, misura che permetterà di poter contare su un gettito che cresce nel tempo in attesa del riassetto complessivo del finanziamento delle autonomie a seguito dell'attuazione del federalismo fiscale. La compartecipazione è fissata inizialmente pari ad un aliquota del 2 per cento a partire dal 2008; la ripartizione degli incrementi del gettito destinato ai comuni avverrà secondo criteri da definire in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali tenendo conto soprattutto di finalità perequative e di sviluppo. In tale contesto, infine, è stato presentato un disegno di legge delega per la riforma del catasto per arrivare ad un sistema catastale integrato, collegando sistemi informativi locali e nazionali, ed integrando il sistema delle conservatorie con il catasto, in modo da costruire di fatto in tutto il Paese un sistema catastale tavolare.
Al fine di semplificare il sistema, il governo intende procedere ad una razionalizzazione della normativa attraverso la predisposizione di Testi Unici di riordino e revisione delle disposizioni legislative vigenti, sostanziali, processuali e procedimentali, in materia di tributi statali. Inoltre, si interverrà anche a migliorare l'assetto organizzativo del Ministero dell'Economia e delle Finanze per la parte relativa alla politica e all'amministrazione delle entrate a partire da una valutazione positiva del funzionamento del modello delle agenzie. In tale contesto, gli adempimenti richiesti a famiglie ed imprese saranno


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ridotti al minimo e l'amministrazione tributaria qualificata e riorganizzata per essere posta al servizio dei contribuenti. Per raggiungere tali obiettivi, il governo, oltre ad intervenire sul piano normativo, doterà le agenzie fiscali delle risorse umane e tecnologiche necessarie a cogliere le enormi possibilità offerte dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Si è già cominciato ad intervenire in questa direzione e si continuerà a procedere in questa direzione con determinazione. L'obiettivo finale del processo di semplificazione è rendere l'adempimento fiscale una facile routine per la stragrande maggioranza delle famiglie e delle imprese.
Concludendo, vorrei sottolineare come la parte fiscale della manovra prevista dal governo comporta un aggravio della pressione tributaria di 0,2 punti percentuali di Pil. Infatti, la manovra sull'Irpef presenta un saldo negativo per 700 milioni. Le risorse recuperate dalle modifiche al bollo auto vengono dedicate agli incentivi per le auto a minor impatto ambientale. Le misure di recupero dell'evasione/elusione sono in parte significativa compensate dalla riduzione dell'Irap (circa 5 miliardi a regime attraverso l'abbattimento del cuneo fiscale). In tale quadro, si deve ricordare che l'aumento dei contributi per i lavoratori (dipendenti, autonomi e parasubordinati) va considerato come pagamento a fronte di una prestazione pensionistica futura, piuttosto che come «tassa».
Vi ringrazio

Tabella 1


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Tabella 2: Lavoratore tipo:
con retribuzione media (OCSE 2005, aggiornata per l'inflazione);
in famiglia media (secondo la distribuzione delle famiglie con e senza figli);
media delle agevolazioni territoriali

 
Prima della riduzione
Dopo la riduzione
Variazione assoluta
Variaz. in %
retribuzione lorda
Retribuzione lorda lavoratore23.669     
Imposte (1) 2.945 2.837 -107 -0,5
Contributi (lavoratore) (2) 2.175    
Assegni per il nucleo familiare (3)922  1.282 +361 +1,5
Retribuzione netta + assegni19.471  19.939 +468 +2,0
Contributi (datore di lavoro) (4) 7593    
IRAP (5) 1329 626 -703 -3,0
Costo del lavoro 32.591  31.888 -703 -3,0
Cuneo sul lavoro = (1+2+4+5-3) 13.120 11.949 -1.171 -5,0