II Commissione - Resoconto di marted́ 16 gennaio 2007


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SEDE CONSULTIVA

Martedì 16 gennaio 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti.

La seduta comincia alle 15.45.

Ratifica Convenzione consolare Italia-Cuba.
C. 1874 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Alessandro MARAN (Ulivo), relatore, osserva che il disegno di legge in esame è diretto ad autorizzare il Capo dello Stato a ratificare la Convenzione consolare stipulata tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Cuba nel marzo del 2001. Si segnala che un provvedimento di identico tenore era stato già approvato del Senato nella scorsa legislatura, (atto Senato n. 2668), ma che, a seguito delle critiche emerse nei confronti dell'ondata repressiva condotta dal regime castrista nel marzo del 2003, subì una battuta di arresto, che ne impedì l'approvazione finale. In quella occasione l'Unione Europea adottò la posizione comune del 5 giugno 2003 con la quale si stabiliva, tra l'altro, di limitare le visite governative bilaterali ad alto livello.
In realtà quei problemi non stati del tutto risolti, come dimostra il fatto che continuano a rimanere in carcere molti degli arrestati del 2003 e che sul piano dei diritti umani e della democrazia la situazione non ha conosciuto sviluppi sostanzialmente positivi rispetto a quel periodo. Tuttavia, al fine di accelerare l'auspicata


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normalizzazione dei rapporti con Cuba, nel gennaio 2005 l'Unione europea, su iniziativa spagnola, ha deciso di sospendere le sanzioni adottate nel giugno 2003. È anche in questo quadro - e nel nuovo scenario che potrebbe essere determinato da possibili cambiamenti al vertice dello Stato cubano e dalle nuove dinamiche che potrebbero aprirsi - che «di fatto» riprende l'esame del disegno di legge in titolo. In effetti, il miglioramento delle relazioni diplomatiche, delle loro strutture e delle norme che le disciplinano possono anche essere un modo per incoraggiare un processo di transizione democratica.
La Convenzione consolare con Cuba si inserisce nel quadro del rafforzamento delle relazioni tra i due Stati. Essa definisce e regola nel dettaglio l'esercizio delle funzioni consolari nei due Stati, che non sono disciplinate nella Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963, in vigore tra i due Stati. Lo sviluppo dei rapporti reciproci tra Italia e Cuba ha determinato negli ultimi anni un'apprezzabile incremento di operatori economici italiani a Cuba, nonché un notevole movimento turistico italiano verso quello Stato e un sensibile aumento dei matrimoni misti: da ciò l'esigenza di predisporre gli strumenti di tutela e protezione delle persone fisiche e giuridiche, quale necessaria premessa per migliori rapporti sul piano sociale ed economico.
I primi tre capitoli della Convenzione hanno carattere istituzionale, regolando lo status degli organi consolari, in conformità ai princìpi generali contenuti nella Convenzione di Vienna del 1963, di cui sono Parte ambedue gli Stati.
Il capitolo IV precisa le funzioni riconosciute ai Consoli e le modalità del loro esercizio: esse coinvolgono vari settori, come lo stato civile e la cittadinanza; le funzioni notarili; il rilascio di passaporti, visti ed altri documenti; la notifica di atti giudiziari, la registrazione dei cittadini, la protezione dei minori e degli indigenti, le competenze in materia marittima.
In base al capitolo V, le funzioni consolari possono essere attribuite anche a Consoli onorari, il cui status è oggetto di apposita normativa.
Per quanto attiene alle disposizioni rientranti nell'ambito di competenza della Commissione Giustizia, si segnalano quelle che attribuiscono ai funzionari consolari il diritto di notificare atti giudiziari (articolo 41), il potere di formare atti notarili (articolo 46), il potere di compiere una serie di atti dello stato civile, tra i quali anche quelli di celebrare matrimoni (articolo 47), il diritto di assistenza ai cittadini detenuti (articolo 50) nonché alla protezione dei minori e degli incapaci (articolo 51). In un Paese come Cuba, nel quale ancora sussistono problemi di tutela dei diritti umani, particolare rilevanza acquista proprio la disposizione relativa all'assistenza dei detenuti. In base all'articolo 50 della Convenzione, l'Ufficio consolare dello Stato d'invio deve essere informato dalle autorità dello Stato di residenza se un cittadino dello Stato di invio è arrestato, detenuto in prigione o sottoposto a detenzione preventiva o a qualunque altra forma di detenzione. La comunicazione, da effettuare entro due giorni lavorativi a partire dal giorno in cui il cittadino è stato privato della libertà personale, deve riguardare anche la natura dei fatti che giustificano l'adozione dei provvedimenti limitativi della libertà. I funzionari consolari hanno il diritto di recarsi presso il cittadino posto in stato limitazione della propria libertà e di intrattenersi con lui nella lingua da lui scelta e corrispondere con lo stesso. Il diritto di visitare e di comunicare con il cittadino è accordato ai funzionari consolari nel termine massimo di cinque giorni lavorativi a partire dal giorno in cui il cittadino è stato privato della libertà personale e i funzionari consolari hanno altresì il diritto di visitare qualsiasi cittadino dello Stato di invio detenuto nello Stato di residenza in esecuzione di una sentenza.
Propone, pertanto, di esprimere parere favorevole.


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Gaetano PECORELLA (FI) osserva che il comma 1 dell'articolo 21 della Convenzione in esame stabilisce il principio in base al quale i funzionari e gli impiegati consolari non sono soggetti alla giurisdizione delle autorità giudiziarie ed amministrative dello Stato di residenza per gli atti da essi compiuti nell'esercizio delle funzioni consolari. Il successivo comma 2 del medesimo articolo 21 stabilisce, invece, alcune deroghe al citato comma 1 in quanto prevede che le disposizioni in esso contenute non si applicano nel caso di procedimento civile conseguente alla stipula di un contratto da parte di un funzionario o di un impiegato consolare che non abbiano agito espressamente o implicitamente per conto dello Stato d'invio, ovvero nel caso di procedimento civile intentato da un terzo per danni derivanti da un incidente causato nella Stato di residenza da un veicolo, una nave, un aeromobile, o da ogni altro mezzo di trasporto. A tale proposito sottolinea l'esigenza che le convenzioni internazionali prevedano espressamente l'inapplicabilità dell'istituto dell'immunità dalla giurisdizione nel caso di compimento di reati con finalità di terrorismo.

Alessandro MARAN (Ulivo), relatore, dichiara di condividere l'osservazione dell'onorevole Pecorella, la quale tuttavia non può essere tradotta in una osservazione o condizione volta a modificare la Convenzione in esame, in quanto al Parlamento spetta unicamente la scelta di autorizzare o meno la ratifica della medesima da parte del Presidente della Repubblica. Ritiene comunque opportuno inserire nella parte motiva del parere un riferimento alla questione sollevata dal deputato Pecorella circa l'opportunità che nelle convenzioni internazionali siano disposte deroghe al principio della immunità diplomatica in riferimento ai reati con finalità di terrorismo.
Formula pertanto una proposta di parere favorevole nel senso appena descritto (vedi allegato).

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica Convenzione Italia-Svizzera per il rinnovo della concessione del collegamento della rete ferroviaria.
C. 1878 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Alessandro MARAN (Ulivo), relatore, osserva che la Convenzione in esame, stipulata a Torino il 28 marzo 2006con il Consiglio federale svizzero, ha lo scopo di rinnovare la concessione relativa all'esercizio del tratto ferroviario che va, attraverso il Sempione, dalla frontiera svizzera fino ad Iselle. La concessione, istituita dalla Convenzione del 22 febbraio 1896, aveva la durata di 99 anni a partire dalla data di attivazione della linea (1o giugno 1906) ed è di conseguenza scaduta il 31 maggio 2005.
La costruzione e la gestione della ferrovia attraverso il Sempione da Briga a Domodossola è stata decisa da un apposito Trattato stipulato da Italia e Svizzera il 25 novembre 1985. Ad esso hanno fatto seguito altre tre Convenzioni governative (quella già citata del 22 febbraio 1986; la Convenzione del 2 dicembre 1899 per l'esercizio del tratto Iselle-Domodossola e la Convenzione del 16 maggio 1903, tutte abrogate dalla Convenzione in esame.
Il rinnovo della concessione, necessario a garantire la continuità nell'esercizio del traffico ferroviario sulla linea in questione, è stato curato da un gruppo di lavoro che, come affermato dalla relazione introduttiva al disegno di legge in esame (che dà conto del lavoro istruttorio compiuto dal gruppo di lavoro stesso), ha riscritto la Convenzione del 1896 per adeguarla alla nuova normativa comunitaria in materia, e ha convenuto sulla necessità di sottoporre la nuova Convenzione all'esame parlamentare dei due Paesi.
La Convenzione consta di 14 articoli, oltre che di un breve Preambolo. In particolare, il Capitolo primo (articoli da 1 a 4) riguarda la concessione del Sempione, il


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Capitolo secondo l'esercizio del tratto tra Iselle e Domodossola (articolo 5), mentre gli articoli successivi contengono disposizioni comuni. Tra queste, rientrano nell'ambito di competenza della Commissione Giustizia l'articolo 9, avente ad oggetto l'individuazione, in capo al soggetto al quale è demandata l'esecuzione della prestazione che ha provocato il danno, delle responsabilità per i danni causati a terzi o al personale di servizio a seguito di incidenti avvenuti durante l'esercizio ferroviario nel tratto compreso fra la stazione di Domodossola e il confine italo-svizzero, nonché l'articolo 11, riguardante la risoluzione delle controversie. Tale articolo prevede, in particolare, che le vertenze di natura tecnica, amministrativa e finanziaria insorte nell'esecuzione della concessione debbano essere risolte dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Le vertenze di carattere civile insorte sempre nell'esecuzione della Convenzione sono deferite ad un tribunale arbitrale da costituire in ogni caso particolare. Ciascuna delle parti designerà un arbitro, mentre un terzo arbitro, cui sarà data la presidenza, dovrà essere scelto dai primi due. Il presidente del collegio arbitrale dovrà essere cittadino di uno Stato terzo e, in mancanza di accordo, sarà richiesta la designazione al Presidente della Corte internazionale di giustizia.
Formula, pertanto, una proposta di parere favorevole.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 16.

SEDE REFERENTE

Martedì 16 gennaio 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Interviene il sottosegretario per la giustizia Luigi Li Gotti.

La seduta comincia alle 16.

Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche.
C. 1638 Governo, C. 1164 Migliore, C. 1165 Fabris, C. 1170 Craxi, C. 1344 Mazzoni, C. 1257 Nan, C. 1587 Brancher e C. 1594 Balducci.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 20 dicembre 2006.

Giuseppe CONSOLO (AN) constata con disappunto che la Commissione si riunisce nuovamente in sede referente dopo avere costituito un Comitato ristretto che in realtà non ha esaminato in maniera approfondita né il testo presentato dal Governo né le proposte di legge di iniziativa parlamentare in esame ad esso abbinati. Il Comitato ristretto avrebbe dovuto svolgere un lavoro istruttorio finalizzato sia alla formulazione di una proposta di testo base che alla successiva presentazione di emendamenti.

Pino PISICCHIO, presidente, replicando all'onorevole Consolo, ricorda che il Comitato ristretto si è riunito nelle sedute del 28 novembre, 6 e 19 dicembre, elaborando una proposta di testo base che è stata sottoposta alla Commissione nella seduta del 20 dicembre scorso ed adottata dalla medesima come testo base (vedi allegato al Bollettino delle Giunte e delle Commissioni permanenti del 20 dicembre 2006). Ricorda altresì che nella seduta del 20 dicembre scorso è stato già fissato alle ore 12 di martedì 23 gennaio prossimo il termine per la presentazione degli emendamenti al testo base.

Gaetano PECORELLA (FI) preliminarmente osserva che il disegno di legge del Governo non migliora nella sostanza la disciplina vigente in materia di intercettazioni telefoniche, in quanto non consente di realizzare i principali obiettivi che devono essere assunti da una riforma di tale disciplina. In particolare le disposizioni del disegno di legge del Governo non consentono né di limitare l'uso strumentale


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delle intercettazioni telefoniche né di garantire la segretezza delle stesse. Per quanto attiene alla prima questione, ritiene che sia necessario prevedere degli strumenti che consentano al giudice per le indagini preliminari di valutare le imputazioni in base alle quali il pubblico ministero può chiedere l'autorizzazione per le intercettazioni. Troppo spesso accade che tra le imputazioni sia inserita quella relativa a determinati reati, come ad esempio il reato di associazione per delinquere, non tanto perché il fatto sia giuridicamente qualificabile in tal senso e ricorrano gravi indizi di colpevolezza, quanto piuttosto per la circostanza che per tali reati sia prevista la possibilità di disporre le intercettazioni. Nel corso delle indagini tali imputazioni vengono meno, tuttavia le intercettazioni nel frattempo hanno consentito di cercare prove su reati per i quali le intercettazioni non potrebbero essere svolte. Circa la disciplina del segreto, osserva che il testo del Governo non apporta alcuna modifica sostanziale a quella attualmente prevista dal codice di rito.
In relazione alle singole disposizioni del testo base, dichiara di non condividere la scelta di cui all'articolo 1, che, modificando il comma 2 dell'articolo 114 del codice di procedura penale, vieta la pubblicazione degli atti di indagine contenuti nel fascicolo del pubblico ministero o delle investigazioni difensive. Ritiene, infatti, che il divieto di pubblicazione degli atti di indagine sia una scelta troppo restrittiva, in quanto porterebbe a vietare unicamente le pubblicazioni delle intercettazioni, delle testimonianze e, qualora siano considerate come meri atti di indagine, delle perizie. Invita, pertanto, la Commissione a valutare l'opportunità di ampliare ulteriormente l'ambito di operatività di tale divieto. Non condivide il divieto di pubblicazione degli atti contenuti nel fascicolo delle investigazioni difensive, in quanto altrimenti si finirebbe per parificare il ruolo del difensore a quello del pubblico ufficiale, come avveniva in passato in alcuni paesi dell'Est, ove il processo penale si ispirava al principio secondo cui il difensore deve perseguire il bene dello Stato, anziché dell'assistito.
Ritiene che debba essere modificato anche il comma 3-ter dell'articolo 114 nella parte in cui prevede che i provvedimenti emessi in materia di misure cautelari possono essere pubblicati dopo che la persona sottoposta ad indagini ovvero il suo difensore ne abbiano avuto conoscenza. Osserva inoltre che la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare mette in serio pericolo la segretezza di una serie di atti di indagine, in quanto spesso il magistrato inserisce in tali provvedimenti anche atti non connessi al provvedimento di custodia cautelare. Si sofferma sul comma 3 dell'articolo 114, evidenziando come sarebbe più corretto consentire la pubblicazione non degli atti utilizzati per le contestazioni, bensì solamente di quegli atti resi pubblici in udienza.
Sottolinea che per evitare l'abuso delle intercettazioni telefoniche potrebbero essere assunte due diverse soluzioni: la prima diretta a conferire al giudice per le indagini preliminari gli strumenti adeguati per poter valutare la fondatezza, sotto il profilo degli indizi e della qualificazione giuridica del fatto, della imputazione; la seconda, di maggior rigore, volta a non consentire l'utilizzazione delle intercettazioni qualora l'imputazione per il reato che ha legittimato l'autorizzazione sia stata successivamente archiviata.
Circa le modifiche apportate dall'articolo 2 del testo base all'articolo 267 del codice di procedura penale, critica la scelta di modificare la normativa vigente prevedendo che la sussistenza dei gravi indizi di reato e la considerazione che l'intercettazione sia assolutamente indispensabile per la prosecuzione delle indagini siano compiute dal pubblico ministero che richiede al giudice per le indagini preliminari l'autorizzazione a disporre le intercettazioni. Osserva, a tale proposito, che il pubblico ministero nel momento in cui richiede la predetta autorizzazione implicitamente ritiene sussistenti i requisiti relativi agli indizi di reato ed alla indispensabilità delle indagini.


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Osserva che la nuova formulazione del comma 3 dell'articolo 267 potrebbe creare dubbi interpretativi, in quanto non è chiaro se il requisito relativo alla emersione di nuovi elementi investigativi si riferisca anche alla proroga del periodo di intercettazioni oltre i quindici giorni ma entro i tre mesi o se, invece, si riferisca solamente al caso di proroga per un periodo superiore a tre mesi. Osserva inoltre che nel nuovo testo del disegno di legge adottato come testo base non viene eliminata la possibilità di desumere i nuovi elementi investigativi anche dai contenuti delle conversazioni intercettate qualora si tratti di intercettazioni tra presenti.
Infine dichiara di non condividere la scelta operata nel testo del Governo secondo cui sia il pubblico ministero, per cui una parte processuale, anziché il giudice a tenere il registro nel quale sono annotati una serie di dati relativi alle operazioni delle intercettazioni.

Manlio CONTENTO (AN) ringrazia il relatore per il prezioso e complesso lavoro svolto, manifestando peraltro perplessità sull'adeguatezza di talune soluzioni normative adottate. In tale contesto, concorda sostanzialmente con le osservazioni appena svolte dal deputato Pecorella, invitando la Commissione a non perdere di vista le ragioni di fondo che hanno fatto avvertire l'esigenza di modificare la disciplina delle intercettazioni telefoniche. Precisa, infatti, che se l'obiettivo principale è limitare l'abuso dello strumento delle intercettazioni telefoniche, occorre allora rendere più severe le norme che ne definiscono i limiti di ammissibilità.
Esprime un giudizio negativo sulla norma che attribuisce al pubblico ministero il potere di apprezzare i requisiti di ammissibilità delle intercettazioni, ravvisandovi la causa della tendenza di taluni giudici per le indagini preliminari a motivare i propri provvedimenti per relationem. Ritiene quindi che, sul punto, la normativa dovrebbe rimettere la valutazione dei presupposti di cui all'articolo 267, comma 1, del codice di procedura penale al GIP.
Sottolinea inoltre la delicatezza della problematica relativa all'indebita pubblicazione degli atti di indagine e della conseguente spettacolarizzazione del procedimento penale, ritenendo, a tale proposito, che sarebbe opportuna l'introduzione di un divieto assoluto di pubblicazione di tutti i documenti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero fino al termine delle indagini preliminari, salvo trovare la soluzione tecnica più idonea a non limitare eccessivamente il diritto di cronaca.
Con specifico riferimento all'articolo 1, comma 1, lettera b) del testo in esame, sottolinea come la conoscenza da parte dell'imputato o del suo difensore dei provvedimenti emessi in materia di misure cautelari non possa costituire un valido e condivisibile presupposto per consentire la pubblicazione del relativo contenuto.
Con riferimento alla fase dibattimentale, ritiene invece che la pubblicazione possa essere consentita, sempre che la disciplina in questione risulti effettivamente idonea a garantire che in tale fase processuale risulti perfezionata l'operazione di stralcio della documentazione irrilevante o lesiva dei diritti dei terzi.
Quanto alla durata delle intercettazioni, sottolinea come, nel caso in cui gli indizi di reato siano realmente gravi, pochi mesi siano più che sufficienti per condurre un indagine completa ed esaustiva. Sollecita quindi la Commissione a compiere la scelta, coraggiosa, di introdurre una norma generale che fissi un termine massimo per l'esecuzione delle intercettazione, ferme restando le dovute eccezioni per i reati di terrorismo.
Ritiene poi che l'identificazione del soggetto detentore del registro delle intercettazioni sia particolarmente problematica, poiché se è vero che la condivisa esigenza di limitare le fughe di notizie potrebbe essere soddisfatta affidando il registro al giudice per le indagini preliminari, è anche vero che il trasferimento materiale degli atti d'indagine dall'ufficio del pubblico ministero all'ufficio del giudice per le indagini preliminari potrebbe accrescere il predetto rischio.


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La nuova disciplina delle intercettazioni inoltre dovrebbe prevedere un termine certo di entrata in vigore, tale non potendosi considerare quello indicato dall'articolo 14.
Conclusivamente, considera indispensabile l'identificazione di un responsabile delle operazioni di intercettazione e stabilire pesanti sanzioni pecuniarie nei confronti dei soggetti ai quali spetta la decisione circa la pubblicazione degli atti e contenuti relativi alle intercettazioni.

Paola BALDUCCI (Verdi) nell'esprimere il proprio apprezzamento per il lavoro svolto dal relatore, sottolinea la necessità che il Parlamento riesca finalmente a varare una disciplina moderna, adeguata e sufficientemente garantista in tema di intercettazioni telefoniche.
A tale proposito ritiene che al testo in esame dovrebbero essere apportate ulteriori modifiche, sottolineando in particolare l'opportunità di estendere il divieto di pubblicazione fino alla conclusione delle indagini preliminari, anche ai tabulati telefonici, che contengono anch'essi dati sensibili; di chiarire che il divieto di pubblicazione di cui all'articolo 114, comma 2-bis, del codice di procedura penale si applica anche nel caso di provvedimenti emessi in tema di misure cautelari; di introdurre norme che riconoscano e potenzino il ruolo di garante del giudice per le indagini preliminari; di precisare, come accade nel testo vigente, la necessità della permanenza, in sede di proroga delle intercettazioni, delle condizioni che hanno legittimato ab initio l'autorizzazione delle intercettazioni medesime; di chiarire che il ricorso alle strutture di ascolto installate presso l'Autorità giudiziaria sia possibile solo qualora gli impianti ordinari risultino insufficienti o inidonei, ed esistano eccezionali ragioni di urgenza; di prevedere che i difensori possano estrarre copia delle trascrizioni e delle stampe anche su supporto informatico e fare eseguire la trasposizione delle registrazioni su nastro magnetico; nonché inasprire le sanzioni previste per il reato di pubblicazione arbitraria di atti o notizie di un procedimento penale.
Ritiene, infine, che occorra una maggiore soggettivizzazione del concetto di gravi indizi di reato e sottolinea l'esigenza di appositi interventi volti al contenimento dei costi della giustizia.

Giuseppe CONSOLO (AN) concorda con le osservazioni svolte dal deputato Pecorella, ritenendole meritevoli di attenta ponderazione, oltre che naturalmente con quelle espresse dall'onorevole Contento.
Sottolinea quindi la necessità di tenere sempre presente la distinzione tra il ruolo dell'accusa e della difesa, che sono parti processuali, da quella del giudice e, a tale riguardo, considera inaccettabile che sia una parte processuale, il pubblico ministero, a detenere il registro delle intercettazioni.
Evidenzia altresì l'inadeguatezza e l'inefficacia dell'inserimento, nell'articolo 114 del codice di procedura penale, del comma 2-ter, il quale consente la pubblicazione dei provvedimenti emessi in materia di misure cautelari dopo che l'indagato, o il suo difensore, ne abbiano avuto conoscenza, ritenendo preferibile consentire unicamente la pubblicazione degli atti che fanno parte del fascicolo dibattimentale.
Conclusivamente, evidenzia la necessità di definire una nuova disciplina delle intercettazioni che impedisca alla stampa di informare in modo indebito e discutibile l'opinione pubblica, inducendo quest'ultima ad emettere condanne anticipate ed auspica che su temi di tale rilevanza si possa raggiungere un accordo ampiamente condiviso. Preannuncia la presentazione di un emendamento che equipari le intercettazioni inutili e quelle illecite.

Paolo GAMBESCIA (Ulivo) precisa di essere uno dei molti giornalisti che hanno, sin dall'inizio, stigmatizzato le scelte ed il comportamento di una parte della stampa in ordine alla pubblicazione della documentazione relativa alle intercettazioni telefoniche e ambientali.


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Ritiene quindi che la Commissione, procedendo ad un esame analitico del testo unificato e valutando attentamente le delicate questioni che esso si propone di risolvere, debba definire una disciplina in grado di contemperare il diritto alla riservatezza, degli individui indagati o dei terzi, con il diritto di cronaca.
A tal fine, sottolinea la necessità di porre un severo limite alle cosiddette intercettazioni a rete, di identificare un soggetto responsabile della custodia degli atti istruttori e di chiarire quando l'opinione pubblica possa venire a conoscenza degli del procedimento penale.
Ritiene, infine, che attribuire all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni appositi poteri di vigilanza e sanzionatori, potrebbe contribuire a ridurre i fenomeni di abuso della pubblicazione di atti istruttori del procedimento penale.

Pino PISICCHIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 17.20.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 17.20 alle 17.25.