II Commissione - Resoconto di marted́ 13 febbraio 2007


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SEDE CONSULTIVA

Martedì 13 febbraio 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti e Luigi Scotti.

La seduta comincia alle 13.10.

Decreto-legge: Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese.
C. 2201 Governo.
(Parere alla X Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Pierluigi MANTINI (Ulivo), relatore, rileva come il disegno di legge in esame intende convertire il decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, composto da due capi e 14 articoli, il quale reca misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese.
Con specifico riferimento agli ambiti di competenza della Commissione giustizia, segnala gli articoli 1, 6, 7 e 8.
L'articolo 1, comma 1, del decreto-legge interviene in materia di servizi telefonici mobili, con esplicito riferimento alla finalità di tutelare la concorrenza e la trasparenza delle tariffe, e di consentire ai consumatori la conoscenza del costo effettivo dei servizi stessi. Viene pertanto disposto, per gli operatori del settore, il divieto di applicare contributi aggiuntivi, rispetto al costo effettivo del traffico telefonico, per la ricarica di carte prepagate, nonché di prevedere limiti temporali massimi per l'utilizzo del traffico acquistato. Si dispone che le clausole difformi da tali


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disposizioni sono nulle, ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile, e si precisa che «Gli operatori adeguano propria offerta commerciale alle predette disposizioni entro il termine di trenta giorni dall'entrata in vigore» del decreto legge.
Osserva che, al fine di evitare dubbi interpretativi, potrebbe essere opportuno chiarire se la sanzione della nullità operi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, in tal caso configurandosi come indebito oggettivo il pagamento del costo delle ricariche eseguito anche nel periodo di trenta giorni concesso agli operatori per adeguare la propria offerta commerciale; ovvero se la sanzione della nullità operi dopo un certo termine dall'entrata in vigore del decreto-legge, proprio al fine di consentire agli operatori di adeguare la propria offerta commerciale.
Il comma 2 completa il disposto del comma 1, prevedendo che l'offerta delle tariffe da parte degli operatori di telefonia mobile debba evidenziare le voci che compongono il costo effettivo del traffico telefonico, per consentire agli utenti di confrontare le diverse ipotesi e quindi operare le proprie scelte sulla base di informazioni precise e attendibili.
Il comma 3 introduce misure in tema di contratti per adesione, stipulati con operatori di reti televisive, telefonia e comunicazione elettronica, devono prevedere la facoltà del contraente di recedere dal contratto o di trasferirlo presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati da esigenze tecniche e senza spese non giustificati da costi dell'operatore e non possono imporre un obbligo di preavviso superiore a trenta giorni. È disposta la nullità delle clausole difformi, facendo «salva» la facoltà degli operatori di adeguare alle predette disposizioni i contratti già stipulati alla data di entrata in vigore della legge.
Al comma 4, si prevede che l'Autorità per le garanzia nelle comunicazioni stabilisce le modalità attuative delle disposizioni di cui al comma 2 e applica le relative sanzioni.
Con riferimento al comma 3, osserva che la previsione della facoltà per gli operatori di adeguare, entro un determinato periodo di tempo, i contratti già stipulati alla nuova disciplina, potrebbe far sorgere dubbi interpretativi circa l'operatività della sanzione della nullità dal momento dell'entrata in vigore del decreto legge, ovvero dalla decorrenza del termine concesso agli operatori per adeguare il contratto.
Inoltre, per rendere concretamente efficace la disposizione di cui al comma 3, potrebbe essere opportuno attribuire all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni un'apposita competenza anche sui ricorsi per violazione delle disposizioni di cui al medesimo comma e, in particolare, di quelle che vietano ritardi o spese in assenza di giustificazione tecnica o di costi a carico dell'operatore.
L'articolo 6 prevede che, una volta estinta l'obbligazione derivante da un contratto di mutuo, spetti all'istituto di credito, entro 30 giorni, darne comunicazione alla conservatoria dei registri immobiliari che procederà d'ufficio all'annotazione a margine dell'originaria iscrizione di ipoteca.
Senza che debba intervenire alcuna autentica notarile, l'ipoteca iscritta a garanzia dell'obbligazione si estinguerà così, automaticamente, entro 30 giorni dal completo adempimento dell'obbligo.
In particolare, il comma 1 della disposizione prevede che l'ipoteca iscritta a garanzia di obbligazioni derivanti da contratto di mutuo si estingue trascorsi 30 giorni dall'estinzione dell'obbligazione in presenza delle seguenti condizioni:
il creditore sia soggetto esercente attività bancaria;
sia decorso l'eventuale termine a cui l'ipoteca è stata limitata o si verifichi l'eventuale condizione risolutiva (articolo 2878, n. 6, del codice civile);
il creditore non dichiari alla conservatoria, in presenza di un giustificato motivo, che l'ipoteca permane.

Osserva come la formulazione del comma 1 possa destare talune perplessità, atteso che prevede l'automatismo della


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cancellazione dell'ipoteca per i casi di estinzione previsti dall'articolo 2878, n. 6), del codice civile, e non nella più generale ipotesi di estinzione dell'obbligazione di cui all'articolo 2878, n. 3), del codice civile.
La procedura delineata dal decreto legge prevede che spetti al creditore comunicare alla conservatoria che l'obbligazione è estinta; la conservatoria dei registri immobiliari procederà entro un giorno all'annotazione a margine dell'iscrizione di ipoteca.
L'ultimo periodo del comma 1 esclude, inoltre, la necessità dell'autentica notarile.
Con riferimento a tale ultima disposizione, osserva come l'esclusione della necessità dell'autentica notarile della dichiarazione, specie in relazione alla comunicazione della banca di avvenuta estinzione dell'obbligazione garantita, possa prestarsi ad atti fraudolenti da parte di un soggetto diverso dal creditore bancario che, sulla base di una dichiarazione falsa, potrebbe determinate il venir meno della garanzia ipotecaria. Tale circostanza appare idonea a creare incertezze nel mercato immobiliare (quanto all'esistenza o meno del vincolo ipotecario), con riflessi anche sull'attività dei conservatori, per le implicazioni risarcitorie derivanti dall'accettazione di dichiarazioni la cui riferibilità ai creditori non sia comprovata con certezza.
Per queste ragioni, e con particolare riferimento alle esigenze di tutela della certezza nelle transazioni nel mercato immobiliare, potrebbe destare perplessità la scelta di escludere la necessità dell'autentica notarile della dichiarazione. Inoltre, potrebbe essere valutata l'opportunità di perseguire l'obiettivo della semplificazione del procedimento prevedendo la possibilità che soggetti pubblici possano svolgere le funzioni attualmente attribuite al notaio.
Il comma 2 prevede che le clausole contrattuali incompatibili con le previsioni del decreto legge siano nulle ai sensi dell'articolo 1418 (per violazione di norme di legge), ma a decorrere dal sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore del decreto. A decorrere dal medesimo termine sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari in contrasto con il comma 1.
Rileva come il comma 2, nello stabilire che le clausole in contrasto con la nuova disciplina in materia di cancellazione dell'ipoteca siano nulle ai sensi dell'articolo 1418 codice civile, possa ingenerare dubbi sull'estensione all'intero contratto della nullità prevista. Per evitare equivoci interpretativi, sarebbe quindi opportuno prevedere (alla stregua di quanto disposto dall'articolo 7, comma 2, in tema di estinzione anticipata dei mutui immobiliari), che le clausole in parola sono nulle di diritto e non comportano la nullità del contratto.
Rileva altresì come l'attuale disciplina del codice civile preveda che la cancellazione d'ipoteca da parte della Conservatoria sia eseguita dietro presentazione di atto notarile contenente il consenso del creditore.
Tale disciplina, ai sensi del comma 2 dell'articolo in commento, rimane in vigore per i sessanta giorni successivi alla vigenza del decreto-legge.
Dalla disposizione di cui al comma 2 sembrerebbe pertanto desumersi che il comma 1 acquisti efficacia a decorrere dal sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore del provvedimento, cioè dal momento in cui acquista efficacia l'abrogazione delle disposizioni con esso incompatibili.
L'articolo 7, comma 1, con riferimento ai contratti di mutuo stipulati dopo l'entrata in vigore del provvedimento, stabilisce la nullità di qualunque patto, ivi incluse le clausole penali, con cui si convenga che il mutuatario, il quale richieda l'estinzione anticipata o parziale di un contratto di mutuo per l'acquisto della prima casa, sia tenuto a una determinata prestazione a favore della banca mutuante.
Il rinvio operato dalla disposizione in commento alle «clausole penali» non sembra far riferimento all'omonimo istituto disciplinato dal codice civile (secondo cui la clausola penale rientra, come strumento convenzionale di autotutela, consentita


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dall'ordinamento all'autonomia privata, nel novero di quelli volti a garantire al creditore il conseguimento della prestazione che gli è dovuta), bensì alle clausole che nella prassi bancaria vengono apposte a titolo di «penale» nel caso di estinzione del contratto.
Ai sensi del comma 2, le clausole apposte in violazione del divieto previsto dal comma 1 sono nulle di diritto, pur non comportando la nullità dell'intero contratto.
Il comma 3 precisa che le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai contratti di mutuo stipulati dopo l'entrata in vigore del provvedimento, e non hanno pertanto effetto retroattivo.
Il comma 4 definisce la nozione di «acquisto della prima casa», rilevante ai fini del presente provvedimento, qualificandola come acquisto, effettuato da parte di una persona fisica, della casa dove intende stabilire la propria residenza.
Al riguardo, potrebbe apparire generico il riferimento alla mera «intenzione» del soggetto di stabilire la propria residenza, poiché in tal modo il riconoscimento dei benefici previsti dalla norma sarebbe subordinato ad una mera dichiarazione di intenti del soggetto medesimo.
I commi da 5 a 7, per quanto concerne i contratti di mutuo in essere al momento dell'entrata in vigore del decreto-legge, introducono meccanismi volti ad una sostanziale riconduzione a equità mediante, in particolare, la determinazione della misura massima dell'importo della penale dovuta per il caso di estinzione anticipata o parziale del mutuo.
In particolare, il comma 5 demanda all'Associazione bancaria italiana (ABI) e alle associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale, di cui all'articolo 137 del Codice del consumo, la definizione, entro tre mesi dalla entrata in vigore del presente provvedimento, delle regole generali di riconduzione a equità dei contratti di mutuo in essere.
La riconduzione ad equità dovrà avvenire, in particolare, mediante la determinazione della misura massima dell'importo della penale dovuta per il caso di estinzione anticipata o parziale del mutuo.
Il comma 6, nel caso non fosse possibile raggiungere l'accordo tra l'ABI e le associazioni dei consumatori, demanda alla Banca d'Italia il compito di stabilire la misura della penale idonea alla riconduzione a equità.
Al riguardo, rileva che non viene indicato alcun parametro in ordine all'esercizio del potere amministrativo della Banca d'Italia di stabilire la misura della penale idonea alla riconduzione ad equità. In tale contesto, potrebbe essere opportuno un esplicito riferimento ai criteri di cui all'articolo 1384 del codice civile.
Sempre secondo il comma 6, la determinazione della Banca d'Italia in ordine alla misura della penale «costituisce norma imperativa ai sensi dell'articolo 1419, secondo comma, del codice civile ai fini della rinegoziazione dei contratti di mutuo in essere».
Ricorda come il richiamato articolo 1419, comma 2, c.c. stabilisca che la nullità di singole clausole non importi la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative.
Il comma 7, a chiusura del sistema, qualora il debitore proponga la riduzione dell'importo della penale entro i limiti stabiliti ai sensi dei precedenti commi 5 e 6, fa divieto alle banche di rifiutare la rinegoziazione dei contratti di mutuo stipulati prima della entrata in vigore del decreto-legge.
Al riguardo, rileva come la disposizione in esame, per quanto priva di oneri fiscali, ponga a carico del mutuatario l'onere di chiedere la rinegoziazione prima di procedere all'estinzione anticipata con la penale ridotta. Non fissa un termine per procedere alla rinegoziazione, che quindi può essere richiesta in qualsiasi momento.
L'articolo 8 disciplina la cosiddetta «portabilità del finanziamento bancario», facoltizzando il debitore-mutuatario della banca a surrogare un nuovo mutuante nei diritti del creditore originario, anche senza il consenso di questo. Si precisa che l'esercizio


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di tale facoltà non fa venire meno i benefici fiscali previsti per l'acquisto della prima casa.
Segnatamente, si individua nell'istituto della surrogazione per volontà del debitore di cui all'articolo 1202 del codice civile lo strumento attraverso il quale il mutuatario estingue il primo mutuo trasferendo a favore del nuovo mutuante le garanzie accessorie al credito.
Nel dettaglio, il comma 1 stabilisce che, in caso di mutuo bancario, apertura di credito od altri contratti di finanziamento bancario, l'esercizio della facoltà di cui all'articolo 1202 del codice civile non sia preclusa al debitore dalla non esigibilità del credito o dalla pattuizione di un termine a favore del creditore.
Il comma 2 prevede che nell'ipotesi di surrogazione il mutuante surrogato subentri nelle garanzie accessorie, personali e reali, al credito surrogato. Si precisa inoltre che l'annotazione della surrogazione può essere richiesta al conservatore senza formalità, allegando copia autentica dell'atto di surrogazione stipulato per atto pubblico o scrittura privata.
Il comma 3 stabilisce la nullità di ogni patto con il quale si impedisca o si renda oneroso per il debitore l'esercizio della prevista facoltà di surrogazione. Il patto è nullo anche se risulta posteriore alla stipulazione del contratto.
Ai sensi del comma 4 la surrogazione per volontà del debitore non comporta il venir meno dei benefici fiscali previsti dall'ordinamento tributario per l'acquisto della prima casa.
Si sofferma, inoltre, sulle seguenti ulteriori disposizioni del provvedimento in esame.
L'articolo 10 introduce misure volte alla liberalizzazione di alcune attività economiche attualmente sottoposte a vincoli normativi di vario tipo. A tal fine, in particolare, per lo svolgimento di talune attività diventa sufficiente la sola dichiarazione di inizio attività (DIA).
Il comma 4, in particolare, stabilisce che le attività di guida turistica e accompagnatore turistico, come disciplinate dall'articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 135, e successive modificazioni, non possono essere subordinate all'obbligo di autorizzazioni preventive, al rispetto di parametri numerici e a requisiti di residenza, fermo restando il possesso dei requisiti di qualificazione professionale secondo la normativa di cui alla citata legge n. 135 del 2001. Ai soggetti titolari di laurea o titolo equipollente, l'esercizio dell'attività di guida turistica o accompagnatore turistico non può essere negato, né subordinato allo svolgimento dell'esame abilitante di cui alla citata legge n. 135 del 2001 o di altre prove selettive, restando consentita la verifica delle conoscenze linguistiche soltanto quando le stesse non siano state oggetto del corso di studi.
Con riferimento a tale disposizione, ritiene opportuno meglio precisare il concetto di «titolo equipollente» alla laurea in lettere con indirizzo in storia dell'arte o in archeologia. Appare altresì opportuno che sia richiesto il possesso, da parte dei soggetti in questione, di conoscenze specialistiche in ordine ai beni culturali appartenenti al territorio regionale nel quale si esercita l'attività.
Il comma 8, inoltre, esclude che i cittadini comunitari che, in base all'ordinamento di appartenenza, sono abilitati a svolgere attività strumentali come quelle di calcolo, elaborazione e stampa di buste paga, siano obbligati all'iscrizione all'albo italiano dei consulenti del lavoro.
In merito a tale previsione, ritiene opportuno che il Ministero competente eserciti un potere di vigilanza sull'attività dei soggetti, non iscritti all'Albo italiano dei consulenti del lavoro.
L'articolo 12 dispone, al comma 1, la revoca di alcune concessioni rilasciate dall'Ente ferrovie dello Stato alla società TAV Spa, allo scopo di garantire, nella realizzazione del sistema «Alta velocità», che i criteri e gli affidamenti dei lavori risultino competitivi, secondo la normativa vigente, e che i tempi e le spese risultino compatibili con priorità e programmi di investimento delle infrastrutture ferroviarie, nel rispetto dei vincoli dettati al gestore delle infrastrutture ferroviarie dal decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, e degli impegni


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assunti con l'Unione europea in tema di riduzione del disavanzo e del debito pubblico.
Il comma 2 precisa che la revoca si estende a tutti i rapporti convenzionali derivanti o collegati, stipulati da TAV Spa. con i general contractors nelle date del 15 ottobre 1991 e 16 marzo 1992.
Il comma 3 disciplina i criteri e la procedura per i rimborsi dovuti dalla Società Ferrovie dello Stato, prevedendo che questa, anche in deroga alla normativa vigente, provveda direttamente all'accertamento ed al rimborso degli oneri connessi alle attività progettuali e preliminari condotte per le opere oggetto della revoca di cui al comma 1; il rimborso è dovuto nei limiti dei costi effettivamente sostenuti e non ancora rimborsati alla data di entrata in vigore del decreto legge.
Il comma 4 integra della legge n. 241 del 1990, che disciplina l'istituto della revoca del provvedimento amministrativo, definendo i criteri per la determinazione dell'indennizzo nell'ipotesi in cui la revoca incida su rapporti negoziali con privati.
Fa quindi presente come la modifica del predetto articolo 21-quinquies incida sulla materia, estremamente delicata, dei diritti soggettivi dei privati connessi al principio di affidamento, nonché al principio dell'indennizzabilità degli interessi privati pregiudicati da atti legittimi della pubblica amministrazione. Ritiene, pertanto, necessario che la questione sia oggetto di particolare attenzione e approfondimento.
Si riserva quindi di formulare una proposta di parere all'esito del dibattito.

Giancarlo LAURINI (FI) rileva come l'articolo 6 preveda che l'estinzione dell'ipoteca a garanzia di mutui concessi da soggetti esercenti attività bancaria avvenga automaticamente, senza bisogno di autentica notarile, con il verificarsi dell'estinzione dell'obbligazione garantita e senza alcun annotamento nei registri fondiari. La semplificazione, in sé condivisibile, crea tuttavia un problema di grave incertezza per i terzi che non possono rilevare, ispezionando i registri dell'Agenzia per il Territorio, l'avvenuta estinzione dell'ipoteca, con conseguente enorme intralcio alla contrattazione immobiliare.
La finalità, in sé condivisibile, perseguita dal legislatore può essere conseguita collegando invece l'estinzione ipso iure dell'ipoteca non all'estinzione, evento incerto nell'an e nel quando, ma alla scadenza dell'obbligazione, che è evento certo e rilevabile dalla nota di iscrizione originaria.
La dichiarazione del creditore di permanenza dell'ipoteca in caso di mancata puntuale estinzione, sarà invece annotata con la procedura di cui all'articolo 2850 del codice civile per la rinnovazione.
In tal modo si salva, con la voluta semplificazione, la sicurezza della pubblicità legale.
Si sofferma, quindi, sugli articoli 1, comma 1, e 6, comma 2, evidenziando la necessità di eliminare il riferimento all'articolo 1418 del codice civile, in quanto le clausole in questione, per quanto invalide, non sono essenziali e, come tali, non possono determinare la nullità dell'intero contratto: sanzione che potrebbe provocare danni irreparabili alle parti. Ritiene opportuno, pertanto, utilizzare anche nei predetti articoli la formulazione, tecnicamente più corretta, di cui all'articolo 7, comma 2. Analoghe considerazioni valgono per l'articolo 8, comma 3.
Ritiene, infine, opportuno sostituire il concetto di «prima casa», ove ricorra, con quello di «abitazione principale», al fine di uniformare la terminologia civilistica a quella, ormai cristallizzata, della normativa fiscale.

Maria Grazia SILIQUINI (AN), intervenendo sull'ordine dei lavori, ricorda che alle ore 13 era stata convocata la seduta in sede referente. Chiede pertanto di sospendere l'esame in sede consultiva per passare all'esame in sede referente della proposta di legge C. 615 Mazzoni, in ordine alla quale ha presentato un emendamento che si dovrebbe votare nella seduta di oggi.

Pino PISICCHIO, presidente, ritenendo che possa essere accolta la richiesta dell'onorevole


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Siliquini e concordando la Commissione, sospende la seduta.

La seduta, sospesa alle 13.40, riprende alle 14.10.

Il Sottosegretario Luigi SCOTTI, condivide sostanzialmente le osservazione del relatore e dell'onorevole Laurini, sottolineando come il provvedimento in esame contenga norme particolarmente incisive le quali, tuttavia, richiedono taluni interventi correttivi sotto il profilo della formulazione tecnica. Tali interventi dovrebbero riguardare, a titolo esemplificativo, la configurazione dell'istituto civilistico della nullità, la previsione di norme secondarie sanzionatorie laddove le norme primarie ne siano sprovviste, nonché l'eliminazione di talune contraddizioni logiche o improprietà terminologiche che potrebbero dare adito ad incertezze interpretative.
Sottolinea, quindi, come i predetti interventi abbiano natura meramente tecnica e siano volti a prevenire che dalle norme in esame possa derivare un rilevante contenzioso giudiziario.

Pino PISICCHIO, presidente, in considerazione degli articolati rilievi testé formulati dal Sottosegretario Scotti, che, peraltro, sembrerebbero creare punti di convergenza tra gruppi di maggioranza e di opposizione, evidenzia come il provvedimento in esame sia di iniziativa governativa e che, come tale, dovrebbe essere stato formulato anche secondo le indicazioni provenienti dal Ministero della giustizia.

Il Sottosegretario Luigi SCOTTI rileva che, per la presentazione del provvedimento in esame, non è stata prevista una forma di concertazione con il Ministro della giustizia. Ciò non ha consentito agli uffici del ministero di prendere visione anticipatamente del testo del decreto-legge.

Gaetano PECORELLA (FI) condivide i rilievi del Sottosegretario Scotti, ritenendo che essi debbano assumere la forma di specifiche condizioni da apporre al parere che la Commissione è chiamata a rendere.

Manlio CONTENTO (AN), dopo aver preso atto della precisazione del rappresentante del Governo, chiede a questi se il Ministro della giustizia abbia partecipato alla seduta del Consiglio dei ministri che ha adottato il decreto-legge in esame.

Il Sottosegretario Luigi SCOTTI, dopo avere ribadito la natura meramente tecnica del proprio intervento, precisa di non contestare affatto l'impianto del provvedimento e le scelte di politica legislativa che ne sono alla base, che anche il Ministro della giustizia ha condiviso. Sottolinea, d'altra parte, come il Ministro della giustizia, al pari dei i suoi predecessori, non abbia competenze tecnico-giuridiche, spettando a costui le valutazioni di carattere politico.

Manlio CONTENTO (AN), ribadendo la propria richiesta circa la presenza del Ministro della giustizia nella seduta del Consiglio dei ministri che ha adottato il provvedimento in esame, sottolinea come generalmente a tali sedute i Ministri partecipino con l'assistenza dei cosiddetti tecnici, ai quali sono preventivamente trasmessi gli atti in discussione.

Pino PISICCHIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.45.

SEDE REFERENTE

Martedì 13 febbraio 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti e Luigi Scotti.

La seduta comincia alle 13.40.

Disposizioni in materia di incompatibilità dell'esercizio della professione di avvocato per i dipendenti pubblici.
C. 615 Mazzoni.
(Seguito esame e rinvio).


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La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 6 febbraio 2007.

Pino PISICCHIO, presidente, dopo avere ricordato che il relatore ed il rappresentante del Governo hanno espresso il parere di competenza sugli emendamenti presentati, avverte che il relatore ha presentato un articolo aggiuntivo (vedi allegato) e che l'onorevole Betta ha ritirato i propri emendamenti.

Erminia MAZZONI (UDC), relatore, illustrando l'articolo aggiuntivo presentato, sottolinea come questo riprenda sostanzialmente il contenuto dell'emendamento 1.5, presentato dall'onorevole Palomba, sul quale aveva espresso parere favorevole. Da tale emendamento si differenzia in quanto non è volto a sopprimere il comma 2 della proposta di legge in esame, che è diretto ad abrogare l'articolo 2 della legge n. 339 del 2003. Ricorda come quest'ultima disposizione preveda la disciplina transitoria da applicare ai dipendenti pubblici part time iscritti all'albo degli avvocati alla data di entrata in vigore della legge 339, il cui articolo 1 sancisce il divieto di esercizio della professione forense da parte dei dipendenti pubblici. Ritiene che il predetto articolo 2 debba essere abrogato una volta che si preveda l'inapplicabilità di tale divieto nei confronti dei dipendenti pubblici iscritti all'albo degli avvocati alla data di entrata in vigore della legge 339. A tale proposito, rileva che il mantenimento di una norma transitoria relativa all'articolo 1 della legge n. 339, sarebbe giustificato unicamente nel caso in cui la disposizione transitoria non fosse più in grado di produrre effetti giuridici. In sostanza, l'articolo 2 della legge n. 339 non è conforme a quanto previsto dal comma 1-bis, che il comma 1 della proposta in esame intende aggiungere all'articolo 1 della legge n. 339 del 2003.

Il Sottosegretario Luigi LI GOTTI si rimette alla Commissione sull'articolo aggiuntivo 1.010 del relatore.

Gaetano PECORELLA (FI) osserva che la disposizione prevista dal comma 3 dell'articolo aggiuntivo 1.010 necessita di un'adeguata copertura finanziaria, in quanto consente la riammissione in servizio di soggetti che, al momento dell'entrata in vigore della legge, hanno cessato il rapporto di impiego presso la pubblica amministrazione.

Erminia MAZZONI (UDC), relatore, osserva che quanto previsto dal comma 3 del proprio articolo aggiuntivo è già sancito dal comma 4 dell'articolo 2 della legge n. 339 del 2003, per il quale non è stata prevista alcuna copertura finanziaria.

Pino PISICCHIO, presidente, in relazione a quanto affermato dall'onorevole Mazzoni, osserva che il citato comma 4 prevede delle clausole di salvaguardia, quale, ad esempio, il divieto di riammissione in sovrannumero, che hanno lo scopo di evitare oneri aggiuntivi.

Erminia MAZZONI (UDC), relatore, preso atto dei rilievi dell'onorevole Pecorella e del presidente, preannuncia che riformulerà il proprio articolo aggiuntivo nel senso di renderlo conforme a quanto previsto dall'articolo 2, comma 4, della legge n. 339 del 2003.

Pierluigi MANTINI (Ulivo) rileva come alla base della proposta di legge vi sia una logica di «sanatoria» che non è condivisa dal proprio gruppo, in quanto non consente di affrontare il tema nella sua realtà ed in modo organico. Ritiene, infatti, che sarebbe assolutamente opportuno affrontare la questione posta dalla proposta di legge in esame nell'ambito della riforma delle professioni, all'ordine del giorno delle Commissioni riunite II e X.
Non condivide, d'altra parte, la scelta politica di impedire in via normativa al cittadino di lavorare nel tempo libero, come viene impedito ai lavoratori pubblici part time, sia pure solo in relazione solo all'esercizio della professione forense, In tale contesto, sottolinea come sia innegabile che chi esercita una professione, acquisisca


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delle conoscenze che possono essere utili anche alla pubblica amministrazione. L'unico vero limite deve essere rappresentato dal concreto conflitto d'interessi tra l'esercizio della professione ed i doveri d'ufficio del dipendente pubblico, funzionali al buon andamento della pubblica amministrazione.

Maria Grazia SILIQUINI (AN) ritiene che l'onorevole Mantini abbia impropriamente ricondotto la discussione sul provvedimento in esame a logiche politiche, sottolineando come, al contrario, debba considerarsi preminente la necessità di riconoscere l'esistenza di diritti e di sanare violazioni di diritti. Esprime quindi una valutazione positiva sulla proposta di legge.

Federico PALOMBA (IdV) nel replicare all'onorevole Siliquini, osserva come l'onorevole Mantini abbia svolto considerazioni di ordine tecnico e non politico. Accogliendo l'invito formulato dal relatore nella precedente seduta, ritira i propri emendamenti. Alla luce dell'articolo aggiuntivo 1.010 del relatore, ritira anche l'emendamento 1.5, sul quale il relatore aveva espresso parere favorevole.

Paolo GAMBESCIA (Ulivo) concorda con le osservazioni dell'onorevole Pecorella in ordine alla copertura finanziaria, sottolineando come le modifiche preannunciate dal relatore al comma 3 dell'articolo aggiuntivo 1.010 non risolvano il problema determinato dal voler condizionare il rientro in servizio alla concreta circostanza, casuale, della disponibilità di posti vacanti in specifici uffici della pubblica amministrazione. Invita, quindi, la Commissione, a stabilire idonea copertura finanziaria e criteri certi per il rientro.

Gaetano PECORELLA (FI), in considerazione delle questioni emerse nel corso della seduta e della complessità del tema trattato, che coinvolge interessi contrastanti ma tutti meritevoli di adeguata tutela, ritiene opportuno rinviare il seguito dell'esame alla seduta di domani, così da consentire ai gruppi un'ulteriore riflessione sulla proposta di legge.

Erminia MAZZONI (UDC), relatore, nel sottolineare come la proposta di legge risolva adeguatamente il conflitto degli interessi coinvolti, ritiene che la richiesta dell'onorevole Pecorella possa essere accolta, pur ricordando la ristrettezza dei tempi a disposizione perché la proposta di legge possa essere approvata definitivamente al fine di produrre effetti utili.

Pino PISICCHIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta. Sospende la seduta per riprendere l'esame in sede consultiva del disegno di legge C. 2201.

La seduta, sospesa alle 14.10, riprende alle 14.45.

Riforma del codice di procedura penale.
C. 323 Pecorella e C. 1568 Mazzoni.
(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 30 gennaio 2007.

Gaetano PECORELLA (FI), relatore, richiamandosi al proprio intervento svolto nella seduta del 20 dicembre 2006, si sofferma sul libro I ed, in particolare, sulle caratteristiche del pubblico ministero. A tale proposito, evidenzia come siano state riordinate, dal punto di vista sistematico, le disposizioni relative alla funzione di pubblico ministero, sia dal punto di vista dei rapporti tra uffici diversi, sia dal punto di vista di una maggiore autonomia in udienza.
Per quanto attiene alla polizia giudiziaria, rileva come si intenda abolire le «sezioni» e concentrare le attività investigative in capo ai «servizi».
Sul rapporto tra indagato ed imputato, vengono riviste le disposizioni sulle dichiarazioni indizianti così da evitare che sia aggirata la garanzia di «non autoincriminazione».


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Vengono altresì rettificate le regole dell'interrogatorio, in sintonia con la nuova figura del dichiarante, stabilendosi il principio che chi rende dichiarazioni erga alios non può più sottrarsi alle domande. Si prevede quindi l'assoluta inutilizzabilità delle dichiarazioni di chi non abbia ancora assunto la qualità di indagato e di chi non sia stato iscritto tempestivamente, ovvero entro 48 ore, nel registro notizie di reato. Il contumace, inoltre, viene rimesso in termini non se prova che non ha avuto conoscenza del procedimento, ma se risulta che non ne ha avuto conoscenza.
Per quanto riguarda la questione del rapporto tra persona offesa e persona danneggiata dal reato, osserva come la nuova disciplina, rispondendo all'esigenza di snellimento del processo, identifica la persona danneggiata con la persona offesa dal reato, ai fini della possibile costituzione di parte civile.
Le norme sul difensore sono state ritoccate per rendere più effettive le garanzie e scongiurare strategie dilatorie.
Si sofferma quindi sul libro II.
Il verbale deve essere, di regola, redatto in forma compiuta, quando l'attività che si svolge richieda una puntuale trascrizione. Le parti devono concordare sulla scelta della verbalizzazione in forma riassuntiva. Le notificazioni Sono state notevolmente semplificate, mediante il ricorso anche a sistemi di comunicazione telematica. Si prevede, comunque, che l'interessato debba avere effettiva conoscenza almeno dell'atto introduttivo del giudizio.
Osserva quindi che si prevede una sola nullità insanabile, conseguente alla mancata citazione a giudizio dell'imputato. Per le altre nullità sono stati introdotti sbarramenti, tesi ad impedire la gestione strumentale del vizio dell'atto.
Di particolare rilievo ritiene che sia la disciplina della cosiddetta dissenting opinion del giudice, che deve essere resa pubblica. Tale istituto in altri ordinamenti è stato uno strumento che ha concorso alla evoluzione giurisprudenziale, attraverso l'esposizione di tesi contrastanti con quelle dominanti.
Il provvedimento inoltre prevede delle forme si semplificazione delle procedure come, ad esempio, quelle relative alla correzione dell'errore materiale.
In riferimento ai libri III e VII, tra loro strettamente connessi, riguardando, rispettivamente, le prove ed il giudizio, osserva come la nuova disciplina si proponga di rafforzare la struttura accusatoria del processo. In particolare, si limita il materiale probatorio a quello acquisito in dibattimento o nell'incidente probatorio, si introduce la nuova categoria delle «misure cautelati della prova» e si prevedono rilevanti novità in materia di valutazione della prova.
Rispetto alla prova, si prevede che questa debba essere formata in contraddittorio; che le dichiarazioni di chi ha interesse non possono costituire fondamento esclusivo della colpevolezza; che abbia limitata valenza probatoria contra reum le dichiarazioni dei coimputati, le quali debbono essere valutate unitariamente ad «elementi di prova documentale, testimoniale o reale».
Nella disciplina dei singoli mezzi di prova, la riforma tocca la testimonianza, l'esame delle parti, la perizia, la prova documentale, la ricognizione, l'esperimento giudiziale.
La disciplina del dibattimento è stata radicalmente ristrutturata. Particolarmente rilevante è l'istituzione di un'udienza di smistamento in camera di consiglio, in cui si decide sulla regolare costituzione delle parti, sulle questioni preliminari, si definisce il processo con giudizio abbreviato o patteggiamento, e si fissa l'udienza per assunzione prove. Le parti devono indicare l'ordine dell'assunzione dei mezzi di prova così da programmare tutte le udienze.
Vi è poi una migliore regolamentazione dell'assunzione del testimone. L'opposizione di parte non va motivata, così come la decisione di rigetto della medesima. Con l'opposizione, l'opponente si limita ad indicare la ritenuta causa di inammissibilità. La decisione del presidente è presa nell'immediatezza e senza motivazione. La decisione che rigetta l'opposizione non può


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essere oggetto di successiva questione incidentale. La decisione che, accogliendo l'opposizione, dichiara inammissibile una domanda può essere oggetto, in via incidentale e a istanza della parte interessata, di una nuova valutazione da parte del giudice, dopo che si è conclusa l'acquisizione di tutti i mezzi di prova nel cui ambito l'opposizione è stata proposta. Il giudice decide, sentite le parti, in camera di consiglio.
È stata altresì definita la figura del «testimone ostile». Nell'esame diretto sono vietate le domande generiche, suggestive, o orientative. Il controesame di svolge nei limiti dell'esame. Per valutarne la credibilità si possono utilizzare le precedenti dichiarazioni rese al pubblico ministero. Il presidente non può intervenire se non per ammettere o respingere una domanda.
Si riserva di proseguire il proprio intervento in una prossima seduta.

Il Sottosegretario Luigi LI GOTTI si sofferma specificamente sul Libro I del nuovo codice.
Quanto al tema della giurisdizione, rileva come il richiamo all'articolo 1, sia della giurisdizione del tribunale per i minorenni, sia della giurisdizione di pace, rappresenti la predisposizione di clausole generali, che però non colgono i nuovi indirizzi della giurisdizione sui quali, più volte, l'Italia è stata richiamata all'attuazione da parte del Consiglio d'Europa. In particolare, secondo la decisione quadro del Consiglio dell'Unione europea del 15 marzo 2001, n. 220, un moderno processo penale dovrebbe dotarsi di «alternative alla giurisdizione», con specifico riferimento alle ipotesi di mediazione, quale strumento operativo di deflazione della giurisdizione.
La complessità dell'argomento e le interferenze con il processo penale richiedono specifici approfondimenti in sede propria. Però, proprio in ragione della sua funzione, essa non può non essere prevista nel Titolo I, Capo I, del Libro I. Peraltro, la generica indicazione del ruolo conciliativo del giudice di pace, senza una preventiva ricognizione dell'apparato sanzionatorio che il codice penale lascia residuare per questo giudice, appare mera clausola di stile priva di effettività anche in presenza dell'inciso «per quanto possibile». Peraltro, la individuazione delle materie che l'articolo 11 attribuisce al giudice di pace lascia trasparire un ridottissimo campo di azione di tale giudice in controtendenza rispetto alle esigenze di mantenere in vita questa giurisdizione. Peraltro, i continui riferimenti a direttive CEE con la indicazione del solo articolo di riferimento non consente una immediata percezione della fattispecie che si attribuisce alla competenza del giudice di pace, soprattutto in quelle situazioni in cui la disposizione richiamata prevede più ipotesi di reato.
L'articolo 5 (Regole per la determinazione della competenza per funzione), pur contenendo il lodevole sforzo di definire le «attribuzioni del giudice funzionalmente delegato all'atto e/o al procedimento», proprio per la collocazione sistematica e, quindi, proprio per il riconoscimento della stessa attribuzione funzionale come regola di competenza, comporta che anche per tale categoria debbano valere le regole sulla incompetenza e sui conflitti di competenza, che, viceversa, per unanime riconoscimento della dottrina e della giurisprudenza non si interessano di questa specifica materia.
La condivisibile previsione stabilita nella relazione di accompagnamento al punto 6 del Libro 1 è tradotta in farraginose disposizioni negli articoli 15 e 16, ove, peraltro, la distinzione per reati inerenti o meno all'esercizio delle funzioni appare di dubbia razionalità, in ragione del principio di tutela del magistrato indagato e/o imputato. Appare estremamente più semplice e più determinata la previsione normativa dell'attuale codice di rito. Sicché appare revocabile in dubbio la stessa necessità dell'intervento normativo.
Quanto alla incompetenza (articolo 28) risulta estremamente contraddittoria la differenza fra rilevabilità di ufficio in ogni stato e grado del procedimento ed eccepibilità delle parti «non appena emerge».


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Al di là della inconsistenza di tale ultima clausola, il primo comma dell'articolo 28 ripropone un tema circa la natura del vizio di incompetenza che ha prodotto e produce notevoli disagi giurisprudenziali ove, talvolta, si reputa che la formula utilizzata evochi una nullità assoluta di ordine generale rilevabile in ogni stato e grado del processo; talaltra, si ritiene che il vizio possa essere eccepito solo entro lo stato e/o il grado successivo del procedimento, con notevole nocumento circa la affidabilità dei prodotti giurisprudenziali e circa la eguaglianza di trattamento fra imputati che versano nella stessa situazione. Peraltro, nei successivi articoli 30 e 31 risulta poco economica la trasmissione degli atti all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente, lasciandosi preferire la trasmissione degli atti al giudice competente. Ancora a proposito degli articoli 31 e 32 risulta incomprensibile la clausola di deducibilità, potendo il soggetto sollecitare i poteri di ufficio che, come si è detto, può rilevare il difetto in ogni stato e grado del procedimento. Entrambe le considerazioni dimostrano la non compatibilità tra queste disposizioni normative ed il progetto di recupero dell'efficienza manifestato nella lettera b) della relazione di accompagnamento della proposta di legge dell'onorevole Mazzoni.
Eccessiva e contraria alla giurisprudenza costituzionale che più volte si è pronunciata sul tema è la previsione di inefficacia delle misure cautelari «disposte dal giudice che in base agli atti già acquisiti risulta incompetente». La drastica previsione di inefficacia presuppone un comportamento «colposo» del giudice che non si è accorto del vizio di incompetenza, con effetti devastanti quanto alle esigenze che hanno legittimato l'adozione di quel provvedimento. Anche in questa materia risulta certamente più rispondente ai bisogni di «tutela della prova», «pericolo di fuga» e/o «pericolo per la ripetizione del reato», la disciplina codicistica attualmente in vigore che, quindi, andrebbe ripetuta.
Nella stessa chiave «garantista» e di tutela dei tempi del processo risulta più coerente l'attuale disposizione dell'articolo 26 in materia di prove acquisite dal giudice incompetente.
Il bisogno reale di una messa a punto dell'attuale articolo 33 c.p.p. si è tradotto nel progetto che si esamina in una disposizione (articolo 41) che, ai commi 2 e 3, recepisce istanze difensive sempre ritenute inaccoglibili dalla giurisprudenza, anche di legittimità, facendo trasmigrare l'eventuale vizio gabellare in una disposizione codicistica accompagnata da sanzione di nullità che, senza garantire la precostituzione del giudice, fa correre il rischio di un aumento a dismisura dei tempi del processo. Certo, il tema dei rapporti tra precostituzione e sistema tabellare è tema che merita di essere messo a punto, ma che chiama in causa, anche, competenze e tempi del Consiglio superiore della magistratura, che non possono inferire direttamente in regole codicistiche.
Il sistema della incompatibilità, scritto nel Capo VII del Libro I, se, per un verso, conferma la osservazione già presentata a proposito dell'articolo 5 del progetto che si esamina, per altro verso, ignora totalmente una produzione giurisprudenziale della Corte costituzionale che, in molteplici occasioni, è dovuta intervenire proprio per la determinazione delle situazioni di incompatibilità genericamente raccolte in una clausola di ordine generale, clausola sostanzialmente ripetuta nell'articolo 42 del progetto che, quindi, si manifesta foriera di eguali questioni dal punto di vista della individuazione delle concrete situazioni di incompatibilità del giudice.
Sul Titolo I, pur prescindendo da poche opportune specificazioni linguistiche, l'articolo 59, nel suo primo comma, appare di carattere ordinamentale ed è peraltro incompleto, essendo le funzioni di pubblico ministero nel processo anche quelle relative alla esecuzione ed alla magistratura di sorveglianza. La stessa annotazione può essere fatta a proposito dell'articolo 59, comma IV, ove, peraltro, è previsto «che le funzioni di pubblico ministero per il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato dal procuratore della Repubblica presso il giudice competente».


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Appare estremamente «discrezionale» il potere di designazione del Procuratore della Repubblica, essendo svincolato da qualsiasi criterio, come, peraltro, è già stato rilevato per l'attuale disciplina.
Quanto all'articolo 69 manca la disciplina relativa agli atti compiuti dal procuratore nazionale antimafia nel caso in cui il reclamo al procuratore presso la Corte di cassazione venga accolto.
Quanto alla polizia giudiziaria, la scelta operata dal codice del 1988 di creare, attraverso le sezioni di polizia giudiziaria, un forte vincolo fra autorità giudiziaria procedente e la polizia stessa - in attuazione dell'articolo 109 della Costituzione - vede oggi una scelta di carattere opposto essendo nel progetto di cui si discute prevista la soppressione di tali Sezioni e, quindi, di conseguenza, l'affidamento della attività di indagine, di iniziativa o disposte dall'autorità giudiziaria, esclusivamente ai servizi di polizia giudiziaria.
La scelta appare politicamente non condivisibile. Peraltro, ferme le specifiche competenze dei servizi, l'osservazione giudiziaria manifesta una indiscutibile opportunità di conservazione delle Sezioni, stante il diretto rapporto fra magistrato procedente e polizia giudiziaria.
Quanto alla figura dell'imputato, in particolare, risulta incomprensibile e contraria ad altre disposizioni che trattano la stessa materia in «altri luoghi codicistici» la inutilizzabilità delle «dichiarazioni indizianti nei confronti dei terzi» (articolo 79). La estensibilità ad altri delle dichiarazioni rese dall' «imputato» è pacifica in dottrina e giurisprudenza, ovviamente a condizione che tali dichiarazioni non vengano sottratte al contraddittorio con la persona che si accusa. Peraltro, la inutilizzabilità nella sede di cui all'articolo 79 del progetto in esame dell'accusa nei confronti di terzi elimina in radice eventuali piste investigative ai fini della individuazione della responsabilità di altri soggetti, creando, così, in modo irrazionale un vulnus alle indagini preliminari, peraltro, con una disposizione che non ha nessun contenuto di garanzia.
Quanto all'incertezza sull'età dell'imputato o dell'indagato, il comma 2 dell'articolo 83 impone al giudice di disporre perizia. Il collegamento con il successivo comma 3 lascia intendere che il giudice che dispone la perizia possa essere anche il giudice del tribunale, laddove una corretta impostazione dell'argomento - così come previsto nel primo comma della stessa norma - impone che, nel dubbio sull'età, provvedano solo e direttamente gli uffici del tribunale per i minorenni.

Gaetano PECORELLA (FI) ritiene che non sia logico prevedere che gli accertamenti sull'età debbano essere compiuti da un giudice diverso da quello da quello presso il quale pende il procedimento.

Il Sottosegretario Luigi LI GOTTI, replicando all'onorevole Pecorella, ritiene che sia opportuno che l'accertamento sull'età sia compiuto nel rispetto delle garanzie previste a favore del minore nel giudizio minorile e che, pertanto, debba essere prevista un'apposita fase incidentale che consenta di investire della questione il Tribunale dei minorenni.
In ordine al Titolo V del nuovo codice di procedura penale, osserva che, in mancanza di un indirizzo esplicativo della scelta operata, il progetto ripete quasi pedissequamente l'attuale assetto codicistico in tema di parte civile, responsabile civile e civilmente obbligato per la pena pecuniaria. Per la verità, anche in relazione all'indirizzo di legislazione europea, come, ad esempio, la Decisione quadro sulle vittime del reato, un nodo di fondo da sciogliere anche in chiave di recupero dei tempi processuali, oltre che in ragione dell'interesse di cui è portatore il danneggiato dal reato, impone la scelta se mantenere la parte civile nel processo penale e, quindi, anche gli altri soggetti collegati a quell'interesse. Sul punto perciò, il problema non è quello di annotare in maniera più o meno critica le singole disposizioni del progetto in materia, ma soprattutto quello di stabilire in via preliminare se nel processo penale possa essere o meno azionata la pretesa di natura civilistica. Peraltro,


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ove la si volesse mantenere, da più parti, ed in particolare da comuni, enti esponenziali ed associazioni, è fatta richiesta di consentire la costituzione di parte civile soprattutto in materia di determinati delitti che offendono la comunità, oltre la singola persona, tema sul quale il progetto non contiene alcuna disposizione, vincolando, ancora una volta, parte civile e danno patrimoniale. Viceversa, nell'ottica della tutela della vittima, andrebbero rinforzati i poteri di partecipazione diretta già nelle indagini preliminari della persona offesa dal reato, alla quale, secondo le linee di indirizzo comunitario, dovrebbero essere riconosciuti poteri di impulso più penetranti di quelli previsti nel progetto, poteri e facoltà direttamente spendibili dinanzi al giudice.
La quasi totale identità della disciplina sul «Difensore» (Titolo VII) comporta la condivisione delle linee del progetto «Pecorella» - tranne, ovviamente, ritocchi indispensabili - e però non può non sottolinearsi l'assoluta novità costituita dall'articolo 120 del progetto stesso che, in tema di colloqui del difensore con l'imputato in stato di custodia cautelare, comprendendo nel termine anche la persona arrestata, stabilisce al comma 3 il divieto per l'autorità giudiziaria di procedere all'interrogatorio prima che il soggetto abbia conferito con il difensore. È eliminato, anche, il potere di differimento del colloquio, oggi previsto dall'articolo 104 del codice di procedura penale, che risponde ad esigenze investigative idonee a consentire all'autorità giudiziaria un interrogatorio maggiormente informato sui fatti.

Pino PISICCHIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di utilizzazione delle denunce anonime.
C. 810 Consolo.
(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta dell'8 febbraio 2007.

Giuseppe CONSOLO (AN), relatore, ritiene che il provvedimento in esame, così come la sua proposta di legge C. 813, in materia di impedimento a comparire, il cui esame in sede referente sarà avviato il prossimo 15 febbraio, possano essere trasferiti in sede legislativa in ragione della loro piena con divisibilità.

Pino PISICCHIO, presidente, dopo avere ricordato che per il trasferimento in sede legislativa devono sussistere gli specifici requisiti prescritti dalla Costituzione, oltre che dal Regolamento, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.15.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Applicazione della pena su richiesta in relazione a reati per i quali è previsto l'indulto.
C. 1792 Balducci e C. 1877 Costa.

Disposizioni in materia di contrasto al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
C. 1857 Governo.

Modifiche al codice di procedura penale e al codice penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale.
C. 782 Contento, C. 809 Ascierto e C. 1967 Governo.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

COMITATO DEI NOVE

Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche.
C. 1638 ed abb./A.