I Commissione - Mercoledì 14 febbraio 2007


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ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-00021 Foti: Vertenza giudiziaria nel comune di Ziano Piacentino.

Interrogazione n. 5-00401 Foti: Vertenza giudiziaria nel comune di Ziano Piacentino.

TESTO DELLA RISPOSTA

Vengo ora a rispondere alle interrogazioni dell'Onorevole Foti concernenti le vertenze relative alla via denominata «Strada della Chiesa» sita in frazione Vicobarone del Comune di Ziano Piacentino.
Debbo innanzi tutto precisare che la situazione segnalata dall'onorevole Foti si è andata sempre più complicando nel tempo, motivo per il quale partirò da una ricostruzione meticolosa dei fatti, scusandomi per l'eccessiva lunghezza dell'intervento.
La Prefettura di Piacenza ha comunicato che la via che conduce alla locale parrocchia, citata dalla S.V. onorevole, risulta inclusa nell'elenco delle strade comunali e di quelle private soggette a servitù pubblica.
Tuttavia l'uso pubblico della strada è stato contestato nel 1993 dai nuovi proprietari del castello adiacente alla chiesa, sottoposto alle disposizioni di tutela del decreto legislativo numero 42 del 2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio.
La destinazione d'uso della strada è quindi attualmente oggetto di un contenzioso civile promosso nel novembre 2002 innanzi al Tribunale di Piacenza da un Comitato di cittadini di Vicobarone contro i proprietari del castello, al quale ha aderito ad adiuvandum anche il Comune di Ziano Piacentino.
Sempre secondo quanto riferito dalla Prefettura di Piacenza, i Vigili del fuoco il 27 aprile 2006, procedevano ad una verifica di stabilità del castello accertando che l'immobile presentava parti di intonaco pericolante sulla facciata prospiciente il sagrato della Chiesa nonché una fratturazione nello sperone di base.
Per tali ragioni, gli stessi Vigili procedevano ad un transennamento provvisorio della «Strada della Chiesa» e, contestualmente; invitavano il sindaco a diffidare i proprietari ad eseguire le dovute indagini e le eventuali idonee «opere provvisionali» dirette a ridurre la pericolosità del sito.
Il Tribunale di Piacenza, dal canto suo, disponeva con ordinanza del successivo 4 maggio l'apertura al passaggio pedonale della suddetta strada. Per consentire l'esecuzione del provvedimento, il Comune, anche su invito della Prefettura, sollecitava più volte i proprietari dell'immobile ad adottare con urgenza le opere provvisionali necessarie alla messa in sicurezza del luogo. Ciò anche per definire l'area transennata in modo da riservare una zona destinata al passaggio per gli aventi titolo.
A seguito dell'inerzia dei proprietari, il Comune formalizzava le precedenti richieste nell'ordinanza contingibile ed urgente del 7 agosto 2006, ragion per cui gli stessi proprietari si attivavano per chiedere alla competente Soprintendenza informazioni sulle procedure di autorizzazione previste per l'esecuzione delle opere di messa in sicurezza.


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La Soprintendenza di Parma e Piacenza - con nota del 16 dicembre 2006 indirizzata ai proprietari, al Comune ed al Comando provinciale dei Vigili del Fuoco - rispondeva precisando che l'esecuzione di opere e lavori su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del Soprintendente, salvi i casi di assoluta urgenza nei quali, per l'esecuzione degli interventi provvisori e reversibili, è sufficiente la previa comunicazione alla Soprintendenza stessa.
La medesima Soprintendenza invitava, quindi, i proprietari a trasmettere il progetto definitivo delle opere di restauro per la necessaria autorizzazione.
Nel frattempo, le «opere provvisionali» non venivano eseguite dai proprietari del Castello poiché i legali del parroco di Vicobarone, con nota del 19 dicembre 2006, comunicavano che la parrocchia non intendeva concedere l'accesso al sagrato della Chiesa, sostenendo che i lavori avrebbero potuto trovare una più agevole esecuzione transitando dalla «Strada della Chiesa». Questi i fatti che hanno portato alla situazione di stallo rappresentata dall'onorevole interrogante.
Desidero aggiungere che la Prefettura di Piacenza continua a seguire gli eventi e che il Comune di Ziano, in data 18 gennaio, ha comunicato l'intenzione di procedere d'ufficio all'esecuzione delle opere necessarie nell'eventualità in cui perduri la situazione così determinatasi. Il Ministero dell'Interno, dal canto suo, ritiene di dover sensibilizzare il Prefetto di Piacenza al fine di avviare un confronto con le parti interessate per arrivare ad una definizione rapida della questione.
La Soprintendenza di Parma e Piacenza, con nota pervenuta alla Prefettura di Piacenza il 12 febbraio 2007, ha precisato di ritenere indispensabile un aggiornamento della progettazione delle opere provvisionali.
Per quanto concerne gli eventuali interventi prefettizi in materia di rovina di fabbricati e muri, vorrei precisare che l'articolo 30 del Codice della Strada, com'è noto, attribuisce al Prefetto il potere di disporre l'esecuzione delle misure necessarie ai fini della tutela della pubblica incolumità, facendo salvi «i provvedimenti che nei casi contingibili ed urgenti possono essere adottati dal Sindaco».
Allo stato, come già detto, l'Amministrazione comunale si è già attivata in tal senso.
Il Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco ha ribadito, con nota del 28 novembre scorso che non sono emersi aspetti sanzionatori di competenza del Comando stesso.
La Prefettura di Piacenza riferisce inoltre che risultano pendenti, nei confronti dei proprietari del castello, innanzi alla Procura della Repubblica di Piacenza, due procedimenti in ordine alla violazione, rispettivamente, dell'articolo 388, secondo comma, del codice penale che punisce la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice e del successivo articolo 650 che sanziona l'inosservanza dei provvedimenti dell'autorità.
Presso la locale Procura della Repubblica, per i fatti rappresentati dall'Onorevole interrogante, è iscritto anche un procedimento penale finalizzato a verificare l'eventuale sussistenza di pericoli per l'incolumità pubblica, in particolare, per coloro che si avvicinino al fabbricato interessato ai lavori di restauro. A tale scopo sono in corso di svolgimento accertamenti delegati ai Carabinieri.


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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-00253 Aurisicchio: Sulle dimissioni di alcuni consiglieri comunali di Lauro (AV).

TESTO DELLA RISPOSTA

L'istituto dello scioglimento dei consigli comunali per riduzione ultra dimidium indotta da dimissioni collettive ha già, in passato, richiesto un intervento chiarificatore del legislatore volto ad introdurre elementi di maggiore certezza in ordine ai presupposti di tale ipotesi dissolutoria.
L'attuale formulazione degli articoli 38 e 141, n. 3, lettera b) del testo unico 267/2000, così come risultanti dopo l'intervento di modifica di cui al decreto-legge 80 del 2004, convertito con legge n. 140 del 2004, ha in effetti ridotto le controversie interpretative; tuttavia, come evidenziato dai casi di Limatola e Lauro citati dall'onorevole Aurisicchio, permangono tuttora dei punti problematici, in particolare per quanto concerne gli effetti da riconoscere alla manifestazione di volontà recessiva dei singoli consiglieri in presenza di vizi procedurali o formali tali da rendere invalido l'atto collettivo di dimissioni.
La questione riguarda essenzialmente il caso di dimissioni contestuali presentate personalmente da uno o più consiglieri in difetto di delega.
Il punto in discussione è se, acclarata l'insussistenza dei presupposti richiesti dalla norma per ritenere valide e produttive di effetti le dimissioni collettive, possano essere considerate valide come dimissioni individuali le manifestazioni di volontà espresse personalmente dai singoli presentatori.
Sulla base degli orientamenti giurisprudenziali (TAR Basilicata n. 241 del 20 maggio 2003, TAR Campania n. 1011 del 20 febbraio 2003), l'Amministrazione dell'Interno ha espresso il suo avviso qualificando l'atto tipico di dimissioni dei consiglieri a fini dissolutori come un atto di natura collettiva, caratterizzato dall'essenziale perseguimento dei disegno unitario di provocare lo scioglimento del consiglio comunale.
Ed infatti la contestualità ed unitarietà dell'obiettivo impediscono di valutare le manifestazioni di volontà dei dimissionari alla stregua della disciplina dettata per le dimissioni individuali dall'articolo 38 del testo unico. L'invalidità di taluna di esse, che ne riduca il numero determinando il mancato raggiungimento della consistenza numerica ultra dimidium, non ha altra conseguenza che il mancato effetto dissolutorio. Ne consegue, altresì, che non si dovrebbe procedere alla surroga, considerato che l'istituto è previsto per l'ipotesi di semplice rinuncia alla carica e non certo per il caso in cui il consigliere abbia inteso, attraverso le dimissioni congiunte con altri consiglieri, determinare la fattispecie dissolutoria.
Ad avviso del Ministero dell'Interno, ogni altra soluzione si pone in contrasto con l'impianto legislativo vigente e porterebbe all'aberrante conseguenza, come nel caso in esame del Comune di Lauro, di porre a carico dei consiglieri, validamente dimessisi a fini dissolutori ma non per rinunciare al munus, una conseguenza non voluta: la surroga.
Le fattispecie richiamate nell'interrogazione sono in parte diverse. Nel caso di Limatola, in un primo momento erano state assunte al protocollo le dimissioni contestuali di nove consiglieri, presentate personalmente da uno dei firmatari, non


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munito della prescritta delega autenticata; dimissioni irrituali, quindi, non produttive dell'effetto dissolutorio. L'indomani, una nuova nota di dimissioni contestuali dei medesimi consiglieri veniva poi presentata dalla stessa persona, questa volta munita della delega alla presentazione da parte degli altri firmatari, ritualmente autenticata. Sulla base di questo secondo documento, formalmente corretto, si è proceduto allo scioglimento dei Consiglio e, nelle more, alla sua sospensione.
Nel caso di Lauro, in un primo momento, il 23 dicembre 2005, è stata assunta al protocollo una nota contestuale di dimissioni a firma di nove consiglieri, ma presentata personalmente solo da due di essi non muniti di atto autenticato di delega. Sulla base di questo atto, è stato immediatamente riunito il Consiglio, che in seconda convocazione, il 25 dicembre, ha deliberato la surroga dei due consiglieri presentatori e la decadenza, con contestuale surroga, di altri due per cumulo di assenze. Alla riapertura degli uffici comunali, il 27 dicembre, gli stessi nove consiglieri firmatari del primo documento, compresi i quattro surrogati, hanno ripresentato un nuovo atto contestuale di dimissioni attraverso uno di loro, stavolta munito di regolare delega.
Nella fattispecie, la tempestiva convocazione del consiglio da parte del Sindaco ha consentito un utilizzo strumentale, e non in linea con la corretta interpretazione normativa, delle dimissioni presentate personalmente solo da due dei nove consiglieri firmatari.
Preciso, peraltro, che in questo caso l'amministrazione dell'Interno non ha potuto che prendere atto delle delibere di surroga adottate, le quali, ove non ne venga sospesa l'efficacia in sede giurisdizionale, producono i loro effetti, una volta divenute esecutive. Non si poteva dar corso, infatti, al provvedimento di scioglimento né al momento delle prime dimissioni presentate il 23 dicembre 2005, in quanto mancanti della delega autentica alla presentazione da parte dei consiglieri non presenti; né al momento delle dimissioni successivamente reiterate al protocollo il 27 dicembre, in quanto presentate solo da cinque consiglieri in carica su sedici, essendo già stati surrogati, come detto, gli altri quattro firmatari (i due che avevano presentato personalmente le dimissioni del 23 dicembre e gli altri due dichiarati decaduti per cumulo di assenze).
Per quanto riguarda gli sviluppi della vicenda in sede giurisdizionale, dalle notizie riferite dalla Prefettura di Avellino risulta che la delibera di surroga dei due consiglieri presentatori è stata impugnata dagli interessati, ma né il TAR né il Consiglio di Stato hanno concesso la sospensiva invocata, mentre nel merito non vi è stata ancora pronuncia.
Sull'attenzione posta dalla Prefettura di Avellino, e, attraverso di essa, dal Ministero dell'Interno, alle vicende riguardanti la gestione amministrativa del Comune di Lauro, rinvio alle considerazioni che svolgerò a proposito dell'altra interrogazione dell'onorevole Aurisicchio all'ordine del giorno. Anche questa specifica vicenda, evidentemente, verrà valutata in un più ampio contesto di problematicità.
In conclusione, il tema posto nei quesiti dell'interrogante sull'applicazione dell'articolo 141, comma 1, lettera b) n. 3 del testo unico ha una sua effettiva consistenza, benché il Ministero dell'Interno abbia avuto più volte modo di occuparsene con circolari, pareri e risposte a quesiti, così come la stessa giurisprudenza amministrativa. Ferme restando le valutazioni del Parlamento sull'eventuale necessità di ulteriori interventi correttivi, il Ministero dell'Interno ha intenzione di intervenire in sede di disegno di legge-delega per la riforma del testo unico degli enti locali, con un articolo autonomo o con emendamento da apportare alla disposizione esistente, per chiarire ulteriormente la norma in modo da favorirne un'applicazione più univoca e coerente.


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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-00272 Aurisicchio: Questioni concernenti la gestione amministrativa del comune di Lauro (AV).

TESTO DELLA RISPOSTA

La situazione del Comune di Lauro è da tempo all'attenzione della Prefettura di Avellino. Quest'ultima; nell'ambito delle proprie competenze in materia di controllo sugli organi degli enti locali, ha avviato specifiche attività di verifica e monitoraggio sia dirette, attraverso proprie ispezioni sui servizi d'interesse statale, sia indirette, mediante richieste di accertamenti ricadenti nella competenza di altri enti.
In quest'ottica si colloca, in particolare, la verifica amministrativo-contabile ad ampio spettro cui si riferisce l'interrogante, disposta, su input del Prefetto, dal Ministero dell'Economia e Finanze. Da tale verifica, effettuata nel 2003 da un funzionario della, Ragioneria Generale dello Stato, sono emerse irregolarità e anomalie che sono state portate a conoscenza delle magistrature ordinaria e contabile, oltre che del Ministero dell'Interno.
I rilievi riguardavano, più specificatamente, le reiterate modifiche apportate alla dotazione organica dell'ente, non coerenti con la programmazione triennale del fabbisogno; la collocazione in disponibilità e messa in mobilità di dipendenti dichiarati eccedenti rispetto ai profili previsti nella dotazione organica, in assenza di presupposti ed in violazione della procedura normativamente prevista; l'assunzione di funzionari direttivi mediante contratto a tempo determinato, al di fuori della dotazione organica, pur in presenza di analoghe professionalità interne; l'illegittima assunzione di personale, oltre il numero autorizzato dalle ordinanze dei Dipartimento della Protezione Civile, con conseguente formazione di oneri a carico del bilancio comunale per il mancato rimborso delle spese anticipate da parte del Commissario di Governo per l'emergenza idrogeologica in Campania; l'attribuzione delle funzioni di segretario comunale ad un professionista esterno assunto mediante contratto a tempo determinato extra dotazione organica; l'irregolare costituzione di una società mista a prevalente capitale del Comune, peraltro avvenuta in assenza di gara ad evidenza pubblica per la scelta del socio privato; l'assegnazione di alloggi di edilizia residenza pubblica prima della formazione della graduatoria definitiva; e, infine, alcune irregolarità nel settore dei lavori pubblici riguardo alle procedure di pubblicità dei bandi gara, all'artificioso frazionamento di lavori, all'aggiudicazione di un appalto contro il parere negativo del responsabile del procedimento ed all'affidamento ad una società di vari lavori a trattativa diretta in assenza di controlli del tecnico comunale.
Le situazioni rilevate, pur gravi e preoccupanti, non sono state valutate, peraltro, di per sé idonee e sufficienti a giustificare un intervento dissolutore dello Stato nei confronti degli organi elettivi di quel Comune, che, sottolineo, andranno a rinnovo nella consultazione amministrativa della prossima primavera. Infatti, è stato osservato che, anche se dalla relazione sono emerse numerose violazioni, il consolidamento degli effetti di alcune di esse, ad esempio in materia di lavori pubblici già eseguiti, e la rimozione di altre irregolarità, come nel caso della


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nomina del segretario comunale, rendevano ardua la possibilità di praticare la via della diffida a rimuovere, le irregolarità, presupposto per configurarne la reiterazione e quindi, a pieno titolo, la persistenza.
Si tratta, oltretutto, di situazioni ormai risalenti nel tempo, che quindi, oggi, a maggior ragione ben difficilmente potrebbero rivestire un carattere d'attualità tale da potere essere assunte a motivazione di un intervento di scioglimento.
Nell'ottica di un monitoraggio continuo sul divenire della situazione amministrativa di quel Comune, successivamente si è quindi soffermata l'attenzione, in particolare, sull'evolversi di alcune vicende.
Per quanto riguarda, più in particolare, le modificazioni apportate alla pianta organica, risulta che una relazione del revisore dei conti del Comune di Lauro allegata alla delibera di Consiglio del 27 settembre 2005, avente ad oggetto la salvaguardia degli equilibri di bilancio, aveva segnalato un'eccessiva spesa per il personale dipendente, suggerendo l'adozione di misure idonee a ridurre i relativi costi.
Sulla base del parere dell'organo di revisione, l'amministrazione comunale ha ritenuto di avviare la procedura volta alla ridefinizione della propria pianta organica, promuovendo una serie di incontri con le stesse organizzazioni sindacali per illustrare i contenuti della proposta dell'ente.
Essa prevedeva la riduzione temporanea dell'orario di lavoro per sedici degli ottantuno dipendenti comunali, i quali sarebbero stati impegnati in progetti speciali finanziati dalla Regione Campania e dalla Comunità Europea, intesi a consentire loro il recupero della quota di retribuzione mancante.
Pur in assenza di un accordo con la parte sindacale, con delibera n. 40 del 23 febbraio 2006 il Comune ha approvato la nuova pianta organica, successivamente entrata in vigore il 1o aprile scorso, dando così concreta attuazione alla proposta precedentemente sottoposta al vaglio dei sindacati.
Avverso la delibera undici dipendenti hanno presentato ricorso al TAR, mentre le organizzazioni sindacali hanno fatto ricorso al giudice del lavoro per condotta antisindacale ex articolo 28 dello statuto dei lavoratori, accusando l'ente di essersi sottratto agli obblighi di consultazione e concertazione su di esso gravanti. Con sentenza n. 9358 del 30 novembre scorso il giudice ha dichiarato cessata la materia del contendere, in quanto i lavoratori sono stati reintegrati a tempo pieno nel posto di lavoro.
Sono state poi segnalate, quali indizi di anomalia o patologia amministrativa, altre due vicende, l'una riguardante la sostituzione di alcuni dipendenti collocati in part-time con lavoratori con contratto coordinato e continuato, l'altra riguardante la cosiddetta stabilizzazione dei dipendenti di una società mista a prevalente capitale comunale.
Riguardo al primo problema, gli amministratori comunali di Lauro ritengono di essersi avvalsi legittimamente della facoltà di utilizzare l'8 per cento dei fondi annualmente assegnati ai comuni campani ai sensi della legge regionale 31 ottobre 1978, n. 51, al fine di potenziare l'attività del locale ufficio tecnico.
Sulla base di tale presupposto, nel mese di maggio, del 2006 è stata adottata una delibera di Giunta Comunale con la quale si autorizzava la stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, di durata triennale, con cinque tecnici (due architetti, un ingegnere e due geometri) selezionati, intuitu personae, fra quanti avevano presentato istanza corredata da curriculum.
Ad un sommario esame della delibera, potrebbero emergere elementi di perplessità, quali l'utilizzazione, per finalità di potenziamento dell'Ufficio Tecnico Comunale, di fondi che la normativa regionale destina alla progettazione e direzione dei lavori per la realizzazione di opere pubbliche; l'inserimento nella struttura tecnica municipale - sia pure a tempo determinato - di soggetti selezionati con procedurà fiduciaria diretta; il mancato rispetto di alcuni dei limiti che la legge


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pone al ricorso all'istituto della collaborazione coordinata e continuativa (finalizzazione a progetti e programmi di lavoro specifici, esclusione delle professioni intellettuali).
Al riguardo, ribadisco peraltro che, pur ritenendo condivisibili i dubbi in merito a tale atto, non è nella disponibilità del Ministero dell'Interno eccepirne la legittimità, che potrà essere fatta valere nelle competenti sedi giurisdizionali.
Ciò non toglie, ovviamente, la possibilità per il Ministero dell'Interno, nell'esercizio delle proprie attribuzioni di legge, di valutare tale atto quale elemento sintomatico di una patologia amministrativa di più ampia portata.
Relativamente invece alla posizione dei dipendenti della società mista a prevalente capitale comunale «Server srl», incaricata dello svolgimento dell'attività di raccolta di rifiuti solidi urbani, la loro «stabilizzazione» risulta essere stata finanziata al 90 per cento con la voce di bilancio «rifiuti solidi urbani» e per il restante 10 per cento con altri fondi consolidati del Comune. Secondo quanto sostenuto dall'amministrazione comunale, la spesa relativa ai dipendenti stabilizzati è coperta dai proventi della tassa per lo smaltimento dei rifiuti che, per legge, copre tutte le spese riguardanti il servizio, comprese quelle destinate alla retribuzione del personale addetto.
Tuttavia soggiungo che, in merito alle modalità di assunzione dei predetti lavoratori, la Direzione Provinciale del Lavoro di Avellino, sulla base dei propri accertamenti, ha provveduto ad inviare alla locale Procura della Repubblica apposita informativa redatta da un funzionario della stessa Direzione.
Anche di tale vicenda il Ministero segue l'evolversi della situazione al fine di valutare l'eventuale sussistenza dei presupposti per un'iniziativa di rigore nei confronti degli organi comunali, valutazione che, peraltro, non potrà non tenere conto dell'ormai prossima scadenza naturale del loro mandato.