Commissioni Riunite VI e XIII - Resoconto di mercoledì 21 marzo 2007


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SEDE REFERENTE

Mercoledì 21 marzo 2007. - Presidenza del vicepresidente della XIII Commissione Giuseppina SERVODIO. - Intervengono i sottosegretari di Stato per le politiche agricole alimentari e forestali Stefano Boco e per l'economia e le finanze Alfiero Grandi.

La seduta comincia alle 9.10.

DL 10/2007: Disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari ed internazionali.
C. 2374 Governo, approvato dal Senato.
(Esame e rinvio).

Le Commissioni riunite iniziano l'esame del disegno di legge in titolo.

Nicola CRISCI (Ulivo), relatore per la VI Commissione, rileva come il decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10 sia stato adottato dal Governo, in ragione della straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni al fine di adempiere ad obblighi comunitari derivanti da sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee e da procedure di infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano, nonché di ottemperare agli impegni assunti in ambito internazionale in merito alla candidatura della città di Milano per l'Esposizione universale 2015.
Le disposizioni che riguardano più strettamente la competenza della Commissione Finanze sono contenute negli articoli 1 e 3 del decreto.
L'articolo 1 reca disposizioni in materia di recupero di aiuti di Stato in forma di esenzioni fiscali e prestiti agevolati.
Nel dettaglio, il comma 1 dà attuazione alla decisione 2003/193/CE della Commissione europea del 5 giugno 2002, con l'intento di porre fine al contenzioso pendente tra la Repubblica italiana e la Commissione europea in materia di agevolazioni fiscali e prestiti agevolati concessi alle cosiddette ex aziende municipalizzate. Infatti, con la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, resa in data 1o giugno 2006 nella causa C-207/2005, il giudice comunitario ha condannato l'Italia per non aver proceduto al recupero delle agevolazioni dichiarate illegittime dalla sopra menzionata decisione della Commissione. Si tratta della decisione della Commissione riguardante «l'aiuto di Stato relativo alle esenzioni fiscali e prestiti agevolati concessi dall'Italia in favore di imprese di servizi pubblici


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a prevalente capitale pubblico - C 27/99». Con tale provvedimento, la Commissione europea aveva riconosciuto come aiuto di Stato - ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del Trattato CE - l'esenzione triennale dall'imposta sul reddito (ex IRPEG, ora IRES) concessa a favore di società per azioni a partecipazione totale o maggioritaria degli enti locali (cosiddette ex municipalizzate), nonché la possibilità per queste di stipulare prestiti a tassi agevolati con la Cassa Depositi e Prestiti.
Il Governo italiano non ha però finora provveduto a dare esecuzione alla pronuncia della Corte di Giustizia, con conseguente avvio, da parte della Commissione, della procedura d'infrazione n. 2006/2456, promossa ai sensi dell'articolo 228 del Trattato CE.
Rileva pertanto come la norma intenda chiudere il contenzioso con la Commissione europea, riscrivendo ex novo le procedure per procedere al recupero degli aiuti illegittimi in questione, procedure che erano state oggetto di vari interventi normativi nel 2005, i quali ne avevano compromesso fortemente lo svolgimento rendendone i tempi, come anche evidenziato nella relazione governativa al provvedimento in esame, «del tutto incompatibili con l'accelerazione impressa dalla Commissione europea».
Per effetto del comma 1 dell'articolo 1, viene attribuito nuovamente all'Agenzia delle entrate il compito di recuperare gli aiuti concretizzatisi nella mancata corresponsione di imposte, nonché i relativi interessi - calcolati ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della menzionata decisione della Commissione - in relazione a ciascun periodo di imposta nel quale l'aiuto è stato fruito. L'articolo 3, comma 3, della decisione della Commissione stabilisce che l'aiuto da recuperare è produttivo di interessi, decorrenti dalla data in cui l'aiuto è stato posto a disposizione dei beneficiari fino alla data di effettivo recupero, calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell'equivalente sovvenzione nell'ambito degli aiuti a finalità regionale.
Il comma 2 dell'articolo 1 autorizza l'Agenzia delle entrate a liquidare gli importi (le imposte con i relativi interessi) da restituire all'Amministrazione finanziaria. La liquidazione avverrà sulla base delle comunicazioni trasmesse dagli enti locali e delle dichiarazioni dei redditi presentate dalle società beneficiarie delle esenzioni fiscali accordate.
Il comma 2 stabilisce anche che - in caso di mancata presentazione delle dichiarazioni dei redditi da parte delle società beneficiarie - l'Agenzia delle entrate liquidi le somme dovute sulla base degli elementi direttamente acquisiti. L'Agenzia provvede al recupero degli aiuti, nella misura della loro effettiva fruizione mediante apposita comunicazione - da notificarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, decorrenti pertanto dal 16 febbraio 2007, in base all'articolo 6 - recante l'ingiunzione di pagamento delle somme dovute in relazione a ciascuna annualità interessata dal regime agevolativo.
L'ingiunzione è accompagnata dall'intimazione che - in caso di mancato versamento entro trenta giorni dalla data di notifica - si procederà ad iscrizione a ruolo, a titolo definitivo, delle somme non versate e degli ulteriori interessi dovuti. A tale riguardo, viene richiamato genericamente il decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, che disciplina anche la riscossione mediante ruoli.
In ogni caso, viene esclusa l'applicazione di sanzioni per violazioni di natura tributaria e di ogni altra specie comunque connesse alla procedure disciplinate dalle presenti disposizioni. Il comma 2 prevede altresì che non siano applicabili gli istituti della dilazione dei pagamenti e della sospensione in sede amministrativa, e stabilisce altresì che la comunicazione dell'Agenzia delle entrate recante l'ingiunzione al pagamento delle somme dovute a titolo di restituzione dell'aiuto costituisce atto impugnabile davanti alle Commissioni tributarie, ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 546 del 1992.
Il comma 2 limita peraltro fortemente la possibilità delle Commissioni tributarie


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di sospendere le ingiunzioni di pagamento, stabilendo che l'autorità giudiziaria (in questo caso le Commissioni tributarie adite) - dopo aver previamente accertato la gravità e l'irreparabilità del pregiudizio allegato dal richiedente e pertanto limitatamente a tali casi - potrà disporre la sospensione cautelativa delle ingiunzioni di pagamento comunicate al contribuente dall'Agenzia delle entrate, nelle sole ipotesi di errore di persona, errore materiale del contribuente o evidente errore di calcolo.
Nel disporre la sospensione, l'autorità giudiziaria dovrà in ogni caso tenere conto del preminente interesse nazionale connesso alle condanne irrogabili verso la Repubblica italiana - ai sensi e per gli effetti dell'articolo 228, paragrafo 2, Trattato CE - nonché dell'effetto negativo delle determinazioni della Commissione europea sugli interventi in favore di imprese nazionali.
Il comma 3 dell'articolo 1 prevede un meccanismo particolare per la determinazione degli interessi sugli aiuti illegittimi. In base a tale norma, gli interessi sulle somme da restituire all'Agenzia delle entrate vanno determinati in base alle disposizioni di cui al capo V del regolamento (CE) n. 794 del 2004, il quale stabilisce, al Capo V (articoli da 9 a 11), le modalità di determinazione dei tassi di interesse per il recupero degli aiuti illegittimi.
A tale proposito rileva come, quanto ai criteri per la determinazione degli interessi da applicare sugli aiuti illegittimi da recuperare, il comma 3 dell'articolo 1 debba essere letto in combinato disposto con il comma 1 dello stesso articolo, in quanto il rinvio operato ai criteri del regolamento n. 794/2004 sembrerebbe operare per quanto riguarda i criteri generali fissati nel Capo V (ad esempio per l'applicazione dell'interesse composto), mentre per il calcolo del tasso di interesse concretamente applicabile opererebbe il rinvio, fatto dal comma 1 dell'articolo 1 in commento, ai criteri dell'articolo 3, terzo comma, della decisione 2003/193/CE, la quale prevede l'applicazione dei tassi di interesse utilizzati per gli aiuti a finalità regionale.
Peraltro, un secondo rinvio viene fatto dal comma 3, sempre per i criteri di calcolo da utilizzarsi per la determinazione dei tassi di interesse, ai criteri già approvati dalla Commissione europea, in occasione del recupero di un altro aiuto di stato dichiarato illegittimo e precisamente dell'aiuto classificato nel registro degli aiuti come CR 57/03. Si tratta delle norme che avevano prorogato l'applicazione dei benefici fiscali previsti dalla legge cosiddetta «Tremonti-bis», il cui recupero è stato disciplinato dall'articolo 24 della legge n. 29 del 2006 (legge comunitaria 2005).
Rileva a tale riguardo come il rinvio, operato dal comma 3, ai criteri di calcolo per la determinazione degli interessi disciplinati dall'articolo 24 della legge comunitaria 2005, risulti superfluo, in quanto tale articolo 24, al comma 5, rinvia a sua volta, per il calcolo degli interessi, alle disposizioni di cui al capo V del regolamento (CE) n. 794/2004, maturati dalla data in cui le imposte non versate sono state messe a disposizione dei beneficiari fino alla data del loro recupero. Medesimo rinvio ha operato la Decisione n. 2005/315/CE, con la quale l'Italia è stata condannata alla restituzione dell'aiuto CR 57/03 in questione.
Un'ulteriore norma che individua il tasso di interesse da applicare è quella dell'ultimo periodo del comma 3, la quale individua, in modo non coordinato con le altre disposizioni del comma 3 sullo stesso oggetto e con la disposizione generale del comma 1, come tasso di interesse da applicare quello vigente alla data di scadenza prevista in via ordinaria per il versamento del saldo delle imposte non corrisposte, con riferimento al primo periodo di imposta interessato dal recupero dell'aiuto.
Tale disposizione dell'ultimo periodo del comma 3 appare pertanto in contrasto con il comma 1 e con il primo periodo del comma 3 stesso.
Le società interessate dall'obbligo di restituzione dell'aiuto illegittimo dovranno corrispondere, oltre all'equivalente dell'aiuto ricevuto, anche gli interessi. Questi


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sono dovuti a partire dal momento della fruizione dell'aiuto, quindi dal primo periodo d'imposta per il quale si è usufruito dell'esenzione IRPEG, ovvero si è avuto a disposizione il credito agevolato, fino al momento in cui avverrà il rimborso effettivo, presumibilmente nell'anno 2007. I tassi da applicare sono quelli utilizzati per gli aiuti a finalità regionale, con applicazione inoltre, in base al regolamento n. 794 del 2004, dell'interesse composto.
I commi da 4 a 10 dell'articolo 1 disciplinano l'unica ipotesi in cui è consentito alle imprese che hanno beneficiato degli aiuti di non restituirli. Si tratta dell'ipotesi in cui le società rientrino nei limiti di applicazione della cosiddetta regola «de minimis».
Il comma 4 dell'articolo 1 stabilisce infatti che - conformemente alla disciplina comunitaria applicabile e alla decisione 2003/193/CE della Commissione europea - gli aiuti rientranti nell'ambito di applicabilità della regola «de minimis» costituiscono deroghe al divieto di aiuti di Stato previsto dall'articolo 87, paragrafo 1, del Trattato CE, e pertanto non sono oggetto di iscrizione a ruolo a titolo definitivo.
Il comma 4 esclude peraltro dalla possibilità di fruire della non iscrizione a ruolo gli aiuti relativi ai settori disciplinati da speciali norme comunitarie sugli aiuti di Stato - adottate in base al Trattato CEE (oggi Trattato CE) o al trattato CECA (oggi non più produttivo di effetti giuridici) - vigenti nel periodo di riferimento.
Ai sensi del comma 5, per individuare gli aiuti «de minimis» nel periodo di riferimento, cioè nel periodo nel quale la società hanno usufruito delle agevolazioni, occorre basarsi sulle norme all'epoca in vigore, cioè sulla comunicazione della Commissione 92/C 213/02 del 20 maggio 1992, che considerava tali gli aiuti non eccedenti l'importo complessivo di 50.000 Ecu - elevato a 100.000 con la comunicazione della Commissione 96/C 68/06 del 6 marzo 1996 - calcolato su un periodo di tre anni decorrente dal primo aiuto «de minimis». Tale massimale - che dovrà essere convertito in euro sulla base dei tassi vigenti per ciascun periodo in cui gli aiuti sono stati concessi - si applica a prescindere dalla forma degli aiuti o dall'obiettivo perseguito attraverso i medesimi.
Secondo il comma 6, per gli aiuti concessi sotto le norme previgenti che regolavano gli aiuti «de minimis», il triennio di riferimento per il calcolo del limite massimo di cui al comma 5 ha carattere fisso, per cui, una volta esaurito un triennio, ne inizia a decorrere uno nuovo. Per la verifica del limite, si sommano tutti gli importi di aiuti «de minimis» di qualsiasi tipologia erogati, nel triennio considerato, a favore del medesimo soggetto. Ai fini dell'applicazione della regola «de minimis» nei confronti delle società beneficiarie, occorre comunque che il risparmio di imposta goduto - dato dalla somma dell'esenzione fiscale fruita per ogni periodo di imposta - sia inferiore al massimale indicato nel comma 5.
Il comma 7 individua i tassi di conversione per gli aiuti erogati in forma diversa dalla sovvenzione diretta in denaro, quali quelli costituiti dalle agevolazioni fiscali in questione. La norma prevede che - conformemente alle indicazioni fornite dalla Commissione europea con la Comunicazione 96/C 68/06 del 1996 - l'importo massimo di aiuto corrisposto nel periodo triennale di riferimento venga espresso sotto forma di sovvenzione diretta di denaro. Pertanto, gli aiuti erogati in forma diversa dalle sovvenzioni dirette, quali le agevolazioni fiscali, devono essere convertiti - ai fini dell'applicazione del criterio «de minimis» - in un'equivalente sovvenzione, calcolata al lordo dell'imposta eventualmente gravante sull'aiuto.
Il comma 8 esclude dal cumulo per il computo dell'importo massimo fissato per l'applicazione della regola «de minimis», gli aiuti autorizzati dalla Commissione o rientranti in un regolamento di esenzione per categoria, a meno che la normativa ad hoc non preveda diversamente.
A tale proposito segnala come tra i regolamenti di esenzione per categoria, assuma particolare rilevanza il Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione,


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del 12 dicembre 2002, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione, che si applica ai regimi che costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato e che prevedono aiuti alla creazione di posti di lavoro, aiuti all'assunzione di lavoratori svantaggiati e disabili o aiuti volti a coprire i costi supplementari legati all'assunzione di lavoratori disabili. Tali aiuti, i quali nell'ordinamento italiano si concretano, ad esempio, nelle previsioni di cui all'articolo 63 della legge n. 289 del 2002, sono considerati compatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, del trattato e sono esentati dall'obbligo di notificazione di cui all'articolo 88, paragrafo 3, del trattato.
Rileva inoltre come tale tematica sia stata oggetto di specifica attenzione della Camera, anche in considerazione delle incertezze interpretative insorte in materia a seguito dell'emanazione della circolare 11/E/2003 dell'Agenzia delle entrate, con la quale si sostiene che gli incentivi in favore dei lavoratori svantaggiati previsti dal citato articolo 63 della legge n. 289 del 2002 devono essere ricompresi tra gli aiuti cosiddetti «de minimis». A tale proposito ricorda che, da ultimo, nel corso della discussione della legge finanziaria per il 2007 il Governo ha accolto un ordine del giorno, da lui stesso presentato, con il quale si impegna l'Esecutivo ad assicurare che gli incentivi di cui all'articolo 63 della legge n. 289 non siano sottoposti alla regola comunitaria sugli aiuti «de minimis», in conformità al disposto del regolamento 2004/2002/CE.
Il comma 9 stabilisce che le società beneficiarie - che intendano avvalersi della più favorevole procedura prevista dalla regola del «de minimis» di cui al comma 4 - debbano presentare una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, ai sensi dell'articolo 47 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, contenente tutte le informazioni relative agli aiuti ricevuti a titolo «de minimis» nel periodo di godimento dell'esenzione fiscale dichiarata aiuto di Stato illegittimo dalla decisione della Commissione 2003/193/CE del 5 giugno 2002, conformemente alla disciplina in quel momento vigente.
Il comma 10 prevede che la documentazione indicata dal comma 9 debba essere consegnata a mano, o inviata a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, all'ufficio locale dell'Agenzia delle entrate che ha emanato la comunicazione-ingiunzione di pagamento delle somme dovute a titolo di restituzione dell'aiuto. Tale adempimento deve essere compiuto entro quindici giorni dalla notifica della suddetta comunicazione-ingiunzione di pagamento.
Il comma 11 abroga infine i commi da 2 a 6 dell'articolo 27 della legge n. 62 del 2005 (legge comunitaria 2004), che contenevano una diversa procedura, mai utilizzata, per il recupero degli aiuti di Stato dichiarati illegittimi dalla decisione 2003/193/CE del 5 giugno 2002 della Commissione. Tale abrogazione è consequenziale alla nuova procedura di recupero introdotta dal presente articolo 1 del decreto.
L'articolo 2 definisce, all'interno del Governo, le competenze relative alla promozione della candidatura della città di Milano come sede dell'Esposizione universale del 2015. A tal fine sono altresì determinate le modalità d'intervento dell'Ente Comitato di candidatura Expo-Milano 2015 e sono individuati appositi finanziamenti per l'importo di 220 mila euro nel 2007 e 180 mila euro nel 2008.
L'articolo 3 del provvedimento recepisce alcuni rilievi espressi dalle istituzioni europee nei confronti di disposizioni del nostro ordinamento in materia di diritto societario (nomina di organi societari da parte dello Stato e di enti pubblici in società per azioni non a partecipazione pubblica, comma 1) e diritto tributario (esenzione fiscale dei pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi, commi da 2 a 7, e tassa di concessione governativa per iscrizione di atti nel registro delle imprese, comma 7-bis).


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Nel dettaglio, il comma 1 dell'articolo 3 abroga l'articolo 2450 del codice civile, il quale prevede che lo Stato o gli enti pubblici, anche in mancanza di una partecipazione azionaria, possano nominare uno o più amministratori o sindaci ovvero componenti il consiglio di sorveglianza di una società per azioni. Tale prerogativa deve fondarsi su una disposizione di legge o dello statuto della società. Nella fattispecie così delineata, qualora uno o più sindaci siano nominati dallo Stato, il presidente del collegio sindacale deve essere scelto tra essi.
Con tale abrogazione si recepisce l'indicazione della Commissione europea, che aveva avviato una procedura d'infrazione (2006/2104), mettendo in mora l'Italia per violazione degli articoli 43 e 56 del Trattato CE sul diritto di stabilimento e sulla libera circolazione dei capitali. Come si legge nella relazione illustrativa del Governo, l'articolo 2450 del codice civile risulta attualmente privo di concreta attuazione nel sistema societario; per di più, a fronte di tale sostanziale inutilità, esso appare in palese contrasto con la normativa comunitaria, essendo caratterizzato dall'attribuzione a soggetti pubblici della possibilità di ingerirsi nella gestione e nel controllo di società di cui non sono neppure soci.
I commi 2 e 3 sono finalizzati a recepire le indicazioni fornite dalla Commissione europea in merito alla corretta trasposizione della direttiva 2003/49/CE («Direttiva del Consiglio concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate di Stati membri diversi» - cosiddetta direttiva interessi e royalties).
Il decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 143, recante il recepimento della menzionata direttiva, prevedeva - al comma 1 dell'articolo 3 - che le proprie disposizioni si applicassero soltanto agli interessi e ai canoni maturati a decorrere dal 1o gennaio 2004, con esclusione degli importi maturati precedentemente e corrisposti a partire dalla stessa data, sebbene la direttiva 2003/49/CE si riferisca al momento del pagamento degli interessi e dei canoni.
La scelta del Governo italiano di ancorare la decorrenza agli interessi e ai canoni «maturati» dal 1o gennaio 2004, anziché a quelli «pagati», aveva trovato una giustificazione nella necessità, esplicitata ad esempio nella circolare 47/E del 2005 dell'Agenzia delle entrate, di «impedire il ricorso da parte della società estera a pratiche dilatorie volte a ritardare la percezione degli interessi e dei canoni maturati anteriormente alla predetta data allo scopo di beneficiare dell'esenzione».
La Commissione europea aveva pertanto avviato una procedura d'infrazione nei confronti della Repubblica italiana - procedura n. 2006/4136, che è giunta alla fase di emissione del parere motivato n. C 6020 del 12 dicembre 2006 - ritenendo che la scelta operata con il decreto legislativo n. 143 del 2005 avesse ridotto l'ambito applicativo delle norme comunitarie e fosse sproporzionata rispetto alla finalità di prevenire eventuali abusi.
Il comma 2 dell'articolo 3 in esame corregge il menzionato articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 143 del 2005, in modo da fare riferimento agli interessi e ai canoni pagati a partire dal 1o gennaio 2004: pertanto, viene riconosciuta retroattivamente la vigenza del principio di cassa, anziché quello di competenza. Di conseguenza, il comma 3 stabilisce che le ritenute sugli interessi e sui canoni maturati fino al 31 dicembre 2003 e pagati dal 1o gennaio 2004 ai soggetti non residenti di cui all'articolo 26-quater, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, sono restituite dai soggetti indicati nel citato articolo 26-quater, comma 1, lettere a) e b), i quali potranno a loro volta recuperare le ritenute restituite, avvalendosi dello strumento della compensazione, disciplinato dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.
Per effetto delle novelle apportate dai commi 2 e 3, sono dunque esentati da ritenute alla fonte i pagamenti di interessi e canoni effettuati da società italiane a consociate comunitarie, anche se maturati anteriormente al 1o gennaio 2004, purché pagati successivamente a tale data. Si prevede, altresì, che le ritenute già versate


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vengano restituite alle società (o alle stabili organizzazioni) interessate direttamente dalle società pagatrici residenti; queste ultime avranno diritto a recuperare, mediante compensazione, le ritenute restituite.
In base al comma 4 dell'articolo 3, i compiti assegnati all'Agenzia delle entrate ai sensi del decreto-legge devono essere svolti con le risorse umane e finanziarie assegnate a legislazione vigente.
I commi 5 e 6 dell'articolo 3 provvedono alla copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni di cui ai commi 2 e 3, mediante utilizzo di parte delle maggiori entrate derivanti dall'applicazione dell'articolo 1. I suddetti oneri sono valutati in 26 milioni di euro per l'anno 2007. Tali maggiori entrate affluiscono in un'apposita contabilità speciale, intestata al Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze; una parte delle suddette entrate, pari a 26 milioni di euro, è riversata, nell'anno 2007, all'entrata del bilancio dello Stato. Il predetto conto speciale intestato al Dipartimento per le politiche fiscali non è pignorabile.
Il comma 6 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le necessarie variazioni di bilancio.
Il comma 7 dell'articolo 3 introduce una clausola di salvaguardia finanziaria, prevedendo il monitoraggio da parte del Ministro dell'economia e finanze degli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni dei precedenti commi 2 e 3, ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi previsti dall'articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468 del 1978. È inoltre prevista, sempre a fini di salvaguardia, la trasmissione alle Camere degli eventuali decreti adottati dal Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, punto 2), della medesima legge n. 468.
Il comma 7-bis dell'articolo 3, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, interviene in materia di tassa di concessione governativa per le iscrizioni nel registro delle imprese, al fine di recepire i rilievi espressi dalla Corte di giustizia delle comunità europee con la sentenza 11 maggio 2006, nella causa C-197/03.
Ricorda che la Corte di giustizia delle comunità europee ha ritenuto incompatibile con il diritto comunitario l'imposizione di un onere fiscale annuale per il mantenimento dell'iscrizione della società nel registro delle imprese. Con la sentenza del 20 aprile 1993, nelle cause riunite C-71/91 e C-178/91, la Corte ha infatti dichiarato che gli articoli 10 e 12, lettera e), della direttiva n. 69/335/CEE, che disciplina l'imposizione indiretta sulla raccolta di capitali, vietano l'esistenza di tributi annuali dovuti in ragione dell'iscrizione delle società di capitali, consentendo invece la riscossione di diritti di carattere remunerativo come corrispettivo di operazioni imposte dalle legge per uno scopo di interesse generale, come, ad esempio, l'iscrizione delle società di capitali. L'entità di tali diritti, che può variare a seconda della forma giuridica della società, deve essere calcolata in base al costo dell'operazione, che può essere determinato forfettariamente.
La tassa di concessione governativa è stata poi definitivamente soppressa, a decorrere dal 1o gennaio 1998, dall'articolo 3, comma 138, della legge n. 549 del 1995.
In conseguenza della sentenza della Corte di giustizia del 20 aprile 1993 si è instaurato un contenzioso in merito alla ripetibilità delle tasse riscosse in violazione della normativa comunitaria, con particolare riferimento al termine di decadenza per la richiesta di rimborso.
In relazione alla problematica relativa alla restituzione delle tasse indebitamente versate, è stato emanato l'articolo 11 della legge n. 448 del 1998, il quale ha dettato disposizioni per il rimborso della tassa di concessione governativa in esame, prevedendo contemporaneamente la rideterminazione in via retroattiva della misura della tassa per gli anni dal 1985 al 1992, attraverso l'interpretazione autentica dell'articolo 61 del decreto - legge n. 331 del 1993.
In conseguenza di questo intervento legislativo, la Commissione delle comunità


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europee ha proposto ricorso contro la Repubblica italiana in data 12 maggio 2003 per i seguenti motivi (causa C-197/03):
a) incompatibilità con il diritto comunitario della tassa forfetaria retroattiva di cui all'articolo 11 della legge n. 448 del 1998. Tale censura è stata considerata fondata dalla Corte di giustizia (sentenza 11 maggio 2006) in quanto la tassa forfetaria non ha carattere remunerativo del servizio svolto, avendo le autorità italiane già riscosso, in occasione dell'iscrizione di atti diversi dall'atto costitutivo, tasse analoghe, che si considerano aver remunerato il servizio reso. La Corte osserva inoltre che tali tasse non possono a fortiori avere carattere remunerativo qualora si riferiscano ad anni in cui non si è proceduto all'iscrizione di atti diversi dall'atto costitutivo;
b) incompatibilità con il diritto comunitario delle modalità di calcolo degli interessi applicabili ai rimborsi. La Commissione ritiene che la misura legale degli interessi, stabilita dal citato articolo 11, comma 3, sia inferiore agli interessi che sarebbero spettati in mancanza di tale espressa previsione. Anche tale censura è stata considerata fondata dalla Corte di giustizia nella stessa sentenza 11 maggio 2006, come violazione del principio di equivalenza, elaborato dalla giurisprudenza comunitaria;
c) incompatibilità con il diritto comunitario delle modalità di rimborso della tassa di concessione governativa in esame. Ad avviso della Commissione, le prescrizioni di cui ai commi 4 e 5 dall'articolo 11 e della circolare applicativa n. 32/E del 1999, prevedendo una data d'avvio delle procedure di rimborso, introducendo un plafond annuale di somme destinate ai rimborsi e sospendendo i rimborsi stessi nei casi in cui sia ancora pendente un giudizio di primo grado, determinano, o sono suscettibili di determinare, dei ritardi nella restituzione della tassa. Tale censura è stata considerata non fondata dalla Corte di giustizia nella citata sentenza, in quanto le modalità di rimborso previste non sono state giudicate meno favorevoli di quelle che si sarebbero applicate in mancanza di specifiche previsioni, né tali da rendere impossibile o eccessivamente difficile qualsiasi domanda di rimborso.

Il comma 7-bis dell'articolo 3 novella quindi l'articolo 11 della legge n. 448 del 1998, al fine di adeguare la normativa nazionale alle prescrizioni della sentenza della Corte di giustizia dell'11 maggio 2006 (causa C-197/03).
Innanzitutto, la lettera a) provvede ad abrogare il comma 1 dell'articolo 11, sopprimendo in tal modo la tassa forfetaria retroattiva dovuta per il periodo 1985-1992, dichiarata incompatibile con il diritto comunitario dalla citata sentenza della Corte di giustizia.
La lettera b), oltre ad una modifica di carattere formale, prevede che il rimborso si riferisce a tutte le somme versate nel periodo 1985-1992 in dipendenza di disposizioni censurate dalla Corte di giustizia e non soltanto alla differenza tra quanto versato e quanto dovuto a titolo di tassa forfetaria retroattiva, ai sensi del comma 1 dell'articolo 11, del quale si dispone l'abrogazione.
La lettera c) infine stabilisce che la misura del tasso di interesse da riconoscere sulle somme da rimborsare è quello di cui all'articolo 1 della legge 26 gennaio 1961, n. 29, anziché il tasso di interesse legale vigente alla data del 1o gennaio 1999, considerato dalla Corte di giustizia incompatibile con il diritto comunitario.
Con riguardo alle altre disposizioni recate dal provvedimento in esame, ad esclusione di quelle afferenti alla competenza della Commissione Agricoltura, l'articolo 2 contiene disposizioni volte ad assicurare la prosecuzione delle attività promozionali per la candidatura di Milano quale sede dell'Expo universale del 2015, dando seguito a quanto previsto dal comma 950 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007.
L'articolo 4, comma 1, abroga l'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo n. 300 del 2004, di attuazione della direttiva 2003/33/CE in materia di pubblicità e


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sponsorizzazione dei prodotti del tabacco. Tale comma, ponendo una deroga al divieto di sponsorizzazione degli eventi e delle attività praticate nell'ambito degli stessi, quando tali eventi o attività si svolgano esclusivamente nel territorio dello Stato italiano, risulta in contrasto con dall'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2003/33/CE».
Il comma 2 interviene in materia di calcolo dei costi per l'accesso e l'interconnessione modificando l'articolo 50 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003.
Il comma 3 novella il comma 34 dell'articolo 1 della legge n. 239 del 2004, di riordino del settore elettrico, al fine di consentire alle aziende operanti nei settori dell'energia elettrica e del gas naturale che hanno in concessione o in affidamento la gestione di servizi pubblici locali, di esercitare attività indiretta nel settore dei servizi post-contatore, attraverso società separate, partecipate o controllate, od operanti in affiliazione commerciale, fermo restando il divieto di applicare condizioni o concordare pratiche determinanti svantaggi ingiustificati per le imprese concorrenti, nonché di avvantaggiarsi della posizione di privilegio di cui godono nei mercati regolamentati, per assicurarsi posizioni di predominio anche in mercati soggetti alla libera concorrenza, collegati a quelli regolamentati.
Il comma 4 apporta alcune modifiche al Codice della proprietà industriale, approvato con il decreto legislativo n. 30 del 2005, finalizzate all'adeguamento dell'ordinamento interno alla normativa comunitaria. In particolare, viene allungata la durata dei diritti di utilizzazione economica post mortem dei disegni e dei modelli industriali che presentino di per sé carattere creativo ed artistico, (portandola dai 25 dalla morte dell'autore attualmente previsti, a 70 anni) e viene eliminato il termine di dieci anni dalla data del 19 aprile 2001 per quanto concerne l'esclusione della protezione giuridica dei disegni e dei modelli nei confronti di coloro che abbiano intrapreso la fabbricazione, l'offerta o la commercializzazione di prodotti realizzati in conformità con disegni o modelli che erano, oppure erano divenuti, di pubblico dominio.
L'articolo 5 apporta modifiche all'articolo 27 del testo unico in materia di immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, prevedendo, per i lavoratori stranieri che siano dipendenti da datori di lavoro residenti o aventi sede in uno Stato membro dell'Unione europea, che il nulla-osta al lavoro di cui all'articolo 22 del medesimo testo unico sia sostituito da una comunicazione effettuata dal committente, da presentare allo sportello unico della Prefettura - Ufficio territoriale del Governo, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno. La disposizione modifica conseguentemente anche la disciplina dell'espulsione amministrativa di cui all'articolo 13, comma 2, lettera b), del citato testo unico.
L'articolo 5-bis affida al Ministero della salute il compito di provvedere - di intesa con i Ministeri dell'ambiente, dello sviluppo economico e con il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri - agli adempimenti previsti dal regolamento (CE) n. 1907/2006 sulle sostanze chimiche e designa lo stesso Ministero quale «autorità competente» ai sensi dell'articolo 121 del regolamento.
Il comma 3 demanda ad un decreto interministeriale l'approvazione di un piano di attività riguardante i compiti di cui al comma 1 e l'utilizzo delle risorse di cui al comma 5.
Il comma 4 dispone che per l'esecuzione delle attività previste al comma 1, l'autorità competente si avvale del supporto tecnico-scientifico dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e dell'Istituto superiore di sanità (ISS).
L'articolo 5-ter reca modifiche alla disciplina inerente alla professione di consulente del lavoro di cui alla legge n. 12 del 1979. In primo luogo, con disposizioni volte ad adeguare l'ordinamento interno ai principi comunitari, si prevede che le operazioni di calcolo e stampa relative ai fogli paga dei lavoratori delle imprese


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artigiane e delle piccole imprese possa essere svolta da tutti i centri elaborazione dati purché assistiti da uno o più consulenti del lavoro e che tra le condizioni di iscrizioni all'albo dei consulenti del lavoro non sia più richiesto il certificato di residenza bensì la documentazione attestante l'elezione di domicilio professionale. Inoltre, con altra disposizione, si richiede, per l'ammissione all'esame di abilitazione all'esercizio della professione di consulente del lavoro, il possesso almeno di una laurea triennale nelle discipline riconducibili all'area giuridico-economica ritenendo non più sufficiente il possesso di un diploma di scuola secondaria superiore.

Fabio BARATELLA (Ulivo), relatore per la XIII Commissione, rileva che il decreto-legge all'esame delle Commissioni riunite finanze e agricoltura reca disposizioni che intervengono sui diversi settori dell'ordinamento con la finalità di provvedere in via di urgenza a dare adempimento ad obblighi comunitari e internazionali.
Rispetto al testo iniziale, nel corso dell'esame in prima lettura da parte del Senato, sono state inserite ulteriori disposizioni, relative, in particolare, al settore dell'agricoltura, sulle quali si sofferma in modo dettagliato.
L'articolo 2-bis introdotto dal Senato dispone l'istituzione di un apposito registro nazionale nel quale sono iscritte le «varietà da conservazione». L'iscrizione ha luogo su richiesta delle regioni e delle province autonome, gli enti pubblici, le istituzioni scientifiche, organizzazioni sociali, associazioni e singoli cittadini. La disciplina attualmente vigente, dettata dal decreto legislativo n. 212 del 2001, non prevedeva un apposito registro, ma faceva riferimento ai registri di varietà per ciascuna specie di coltura. Le disposizioni introdotte dall'articolo 2-bis, oltre prevedere un registro specifico, recano anche una analitica definizione delle «varietà da conservazione». Tali disposizioni sono dettate per dare attuazione agli obblighi derivanti dal Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, ratificato ai sensi della legge n. 101 del 2004. Finalità principale della disciplina è garantire la tutela del patrimonio agrario costituito dalle risorse genetiche delle «varietà da conservazione» e, al tempo stesso, permettere alle comunità locali che ne hanno curato la conservazione di partecipare ai benefici derivanti dalla loro riproduzione. L'iscrizione nel registro è gratuita. A vantaggio dei produttori agricoli che risiedono nei luoghi dove le «varietà da conservazione» hanno evoluto le loro proprietà caratteristiche o che si sono impegnati nel loro recupero e mantenimento, è previsto il diritto alla vendita diretta in ambito locale di modiche quantità di sementi relative a tali varietà se sono prodotte nell'azienda di proprietà. In ogni caso sono escluse dall'applicazione della disciplina dettata dall'articolo 2-bis le varietà geneticamente modificate. Ritiene che nel complesso si tratti di un intervento sicuramente condivisibile; segnala peraltro l'opportunità di un chiarimento in merito alla ripartizione delle competenze tra Stato e regioni, dal momento che la legge n. 101 del 2004 affida l'esecuzione del Trattato sopra richiamato alle regioni, riservando allo Stato il monitoraggio e la funzione di riferire sul piano internazionale in ordine allo stato di applicazione.
L'articolo 4-bis, anch'esso introdotto dal Senato, interviene sulla materia del pagamento dei contributi previdenziali agricoli, aggiungendo una ulteriore disposizione a quanto già era stato previsto dal decreto-legge n. 2 del 2006. In particolare, il comma 16 dell'articolo 01 del citato decreto-legge, come sostituito successivamente dal decreto-legge n. 173 del 2006, ha previsto l'applicazione della disciplina in materia di documento unico di regolarità contributiva limitatamente ai contributi dovuti a partire dal 1o gennaio 2006. L'ulteriore previsione introdotta dall'articolo 4-bis dispone, al fine di assicurare il pagamento dei contributi previdenziali, che gli organismi pagatori degli aiuti comunitari siano autorizzati a compensare tali aiuti con i contributi dovuti dall'impresa agricola beneficiaria. Al fine di dare attuazione a questa disposizione, si prospetta


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un collegamento informatico tra l'INPS e l'AGEA, con il quale verrà comunicata la situazione relativa al pagamento dei contributi previdenziali da parte delle singole imprese.
L'articolo 4-ter al comma 1 contiene una disposizione che permette di procedere all'erogazione del pagamento unico relativo all'allevamento di bestiame svolto con il contratto di soccida. Anche su questo profilo era intervenuto il decreto-legge n. 2 del 2006 che, al comma 6 dell'articolo 1-bis, aveva previsto che, in mancanza di accordo tra le parti, gli aiuti comunitari fossero assegnati dall'AGEA per il 50 per cento al soccidario (colui che conferisce il lavoro e il bestiame) e per il 50 per cento al soccidante (colui che conferisce il terreno per il pascolo e, a seconda della tipologia di soccida, anche il bestiame). Il comma 1 dell'articolo 4-ter stabilisce che, con riferimento al pagamento degli aiuti relativi all'anno 2005, se la domanda di aiuto è priva dell'assenso dei soccidari, la ripartizione del contributo ha luogo secondo le percentuali indicate dall'articolo 1-bis del decreto-legge n. 2 del 2006.
Il comma 2 del medesimo articolo 4-ter dispone l'istituzione, a cura dell'AGEA, del registro pubblico informatico dei diritti di reimpianto del settore vitivinicolo. Si tratta di uno strumento previsto dalla normativa comunitaria, anche al fine di contrastare gli impianti illegali. Le regioni e le province autonome hanno il compito di comunicare all'AGEA i dati concernenti i diritti di reimpianto e i relativi aggiornamenti, avvalendosi del sistema informativo agricolo nazionale.
In conclusione auspica una tempestiva conversione del decreto-legge, osservando che eventuali proposte di intervento sui temi oggetto del provvedimento o su temi affini potranno trovare espressione mediante lo strumento degli ordini del giorno di indirizzo al Governo.

Gioacchino ALFANO (FI), nell'esprimere la disponibilità dei gruppi di opposizione a ridurre il numero delle proposte emendative, rileva tuttavia che è gravemente lesivo delle prerogative del Parlamento presentare fin dall'inizio il testo del provvedimento in esame come inemendabile. Ritiene che vi siano aspetti su cui è importante impegnarsi per migliorare il testo; in proposito fa riferimento, in particolare, alle proposte formulate dall'ANCI relativamente all'articolo 1 del decreto-legge, che solo in parte sono state recepite nel corso dell'esame da parte del Senato.

Il sottosegretario Alfiero GRANDI osserva che il termine per la conversione del decreto-legge viene a cadere il 16 aprile e, anche in considerazione del calendario del Senato, che dovrà affrontare l'esame dei decreti-legge sulle missioni internazionali e sulle liberalizzazioni, appare problematica una terza lettura del provvedimento in esame. Al riguardo rileva che l'eventuale mancata conversione del decreto-legge implicherebbe il rischio di sanzioni pecuniarie assai rilevanti a carico dell'Italia e, proprio in relazione alla disciplina delle cosiddette municipalizzate, determinerebbe un grave vuoto legislativo. Ricorda che al Senato il Governo ha mostrato una larga disponibilità a modificare il provvedimento in modo ampiamente condiviso, come attesta la rinuncia ad inserire un emendamento concernente i CIP6. Ricorda altresì che è in fase di esame presso il Senato un disegno di legge di disciplina delle società di servizi di proprietà degli enti locali, nel quale potranno essere presi in considerazione aspetti ed esigenze che non dovessero trovare risposta nel provvedimento in esame.

Franco CECCUZZI (Ulivo) ringrazia i relatori ed il sottosegretario per i chiarimenti forniti in merito a numerosi aspetti del provvedimento; ritiene tuttavia opportuno approfondire ulteriormente le tematiche connesse all'articolo 1 del decreto-legge, procedendo alle audizioni informali dei rappresentanti dell'ANCI e della Confservizi. Sottolinea infatti, come, nonostante i numerosi miglioramenti apportati nel corso della discussione al Senato, sia necessario chiarire taluni aspetti della disciplina relativa al recupero degli aiuti concessi alle società municipalizzate.


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Giuseppina SERVODIO, presidente, ritiene che la proposta avanzata dal deputato Ceccuzzi potrà essere valutata nell'ambito della riunione congiunta degli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, già previsto alle ore 16 della giornata odierna.

Francesco TOLOTTI (Ulivo) ritiene che occorra valutare se far prevalere l'esigenza, evidenziata dal sottosegretario Grandi, di assicurare la rapidità dell'esame del provvedimento, al fine di garantire la conversione in legge del decreto-legge, oppure apportare ulteriori miglioramenti al testo.
Con riferimento a taluni aspetti specifici, evidenzia come la soluzione, adottata al Senato circa il comma 3 dell'articolo 4, relativa alla disciplina dei servizi di post-contatore, possa essere considerata positivamente, in quanto contempera l'esigenza di rispettare il dettato della normativa comunitaria con quella di evitare posizioni dominanti delle «utilities» nei confronti delle imprese, in particolare di quelle di piccole dimensioni.
In linea più generale, occorre riflettere sull'utilità di adottare provvedimenti multisettoriali, contenenti per loro natura esposizioni di carattere eterogeneo: a tale riguardo sottolinea ad esempio come l'articolo 2, recante disposizioni per la promozione della città di Milano all'Esposizione universale del 2015, sebbene risponda ad un'esigenza pienamente comprensibile, risulti del tutto estraneo al resto del decreto-legge. Invita pertanto il Governo ad assicurare la massima coerenza contenutistica dei provvedimenti d'urgenza di volta in volta adottati.

Ermanno VICHI (Ulivo) sottolinea, con riferimento all'articolo 1, come il recupero degli aiuti concessi in passato alle società municipalizzate comporterà in molti casi pesanti oneri finanziari per molti comuni, i quali, in molti casi, non dispongono delle risorse necessarie: in tale contesto domanda come mai non si sia valutata l'opportunità di prevedere la rateizzazione di tali somme, al fine di venire incontro alle difficoltà degli enti locali.

Il Sottosegretario Alfiero GRANDI, in riferimento alla questione sollevata dal deputato Vichi, sottolinea come la rateizzazione di somme dovute a titolo di restituzione di aiuti concessi in contrasto con la normativa comunitaria non sia ammessa dalla medesima disciplina; tuttavia, di fronte ad un giudizio in atto, ritiene che, qualora ci si trovasse di fronte alla necessità cogente di consentire la rateizzazione delle somme dovute, tale possibilità non potrebbe essere negata.

Ermanno VICHI (Ulivo), integrando le proprie considerazioni in merito all'articolo 1 del decreto-legge, sottolinea come l'incremento dei tassi relativi ai mutui accesi presso la Cassa Depositi e Prestiti renda ormai non più particolarmente conveniente il ricorso a tale forma di finanziamento da parte dei comuni, i quali rischiano pertanto di subire un duplice danno, essendo tenuti a far fronte, oltre che agli oneri derivanti dalla restituzione degli aiuti concessi alle aziende municipalizzate, anche al pagamento degli interessi sui mutui erogati dalla Cassa.

Maurizio FUGATTI (LNP) sottolinea come, nonostante i numerosi miglioramenti apportati nel corso dell'esame al Senato, sia necessario chiarire diversi aspetti del decreto-legge: in tale contesto il Gruppo della Lega Nord intende utilizzare tutti gli strumenti parlamentari a sua disposizione per incidere sul contenuto del provvedimento, pur comprendendo l'esigenza del Governo di assicurare la conversione del decreto-legge.

Filippo MISURACA (FI) rileva che anche su questo provvedimento si registra la mancanza di uno spazio adeguato per la discussione e per l'esame parlamentare. Evidenzia che nel corso dell'esame da parte del Senato sono state inserite nel decreto-legge disposizioni di grande rilevanza per il settore dell'agricoltura, senza che il Governo fornisse alcuna informazione


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nei lavori della Commissione agricoltura della Camera dei deputati. In proposito sottolinea l'impatto delle disposizioni contenute nell'articolo 4-bis, concernenti il documento unico di regolarità contributiva e la compensazione a valere sui finanziamenti comunitari dei contributi previdenziali dovuti dalle imprese agricole. Segnala altresì la rilevanza delle previsioni in materia di soccida e di registro dei diritti di reimpianto del settore vitivinicolo. Ritiene che si tratti di disposizioni che intervengono pesantemente su questioni essenziali per la definizione della politica agricola nazionale. Per questo, senza voler giudicare il lavoro svolto dal Senato, ritiene essenziale conoscere quali siano i margini per intervenire sul testo trasmesso alla Camera. Si domanda altresì se le questioni relative all'agricoltura che sono state affrontate nel provvedimento in oggetto abbiano carattere d'urgenza tale da giustificare il loro inserimento in un decreto-legge.

Il sottosegretario Stefano BOCO esprime un giudizio positivo sulle modifiche introdotte dal Senato. Precisa che le disposizioni recate dall'articolo 4-bis si riferiscono a contributi previdenziali per i quali è scaduto il termine di pagamento. Osserva infine che, da un lato le disposizioni contenute nel provvedimento in esame sono riconducibili a termini vincolanti derivanti da impegni internazionali e, dall'altro, che ulteriori interventi potranno essere attuati in altre sedi.

Luca BELLOTTI (AN) condivide le osservazioni del deputato Misuraca e giudica molto discutibili i metodi e i tempi di esame del provvedimento. Evidenzia l'esigenza di lasciare spazio al lavoro delle Commissioni e di non escludere la possibilità di migliorare il testo del provvedimento. Ricorda che nell'agosto del 2006 fu adottato il decreto-legge n. 251, sulla disciplina del prelievo venatorio, che fu giustificato dal Governo con l'esigenza di evitare il rischio che la Commissione europea bloccasse i contributi comunitari per l'agricoltura; successivamente tale decreto-legge non è stato convertito, senza che si verificassero gli effetti temuti di mancata erogazione dei finanziamenti comunitari. Ritiene pertanto che sia necessario verificare se effettivamente le disposizioni inserite nel decreto-legge corrisponda alla necessità di evitare sanzioni pecuniarie.

Giuseppina SERVODIO, presidente, dopo aver ricordato che per le ore 16 è prevista la convocazione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, al fine di stabilire i tempi di esame del provvedimento, rinvia il seguito dell'esame ad una successiva seduta.

La seduta termina alle 9.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 16.30 alle 16.40.