I Commissione - Resoconto di giovedì 12 aprile 2007


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SEDE REFERENTE

Giovedì 12 aprile 2007. - Presidenza del presidente Luciano VIOLANTE. - Intervengono i sottosegretari di Stato per i rapporti con il Parlamento Giampaolo D'Andrea e Paolo Naccarato.

La seduta comincia alle 10.

Sulla pubblicità dei lavori.

Luciano VIOLANTE, presidente, avverte che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Istituzione del Giorno della memoria delle vittime del terrorismo.
C. 1071 Ascierto, C. 1361 Angela Napoli, C. 1995 Zanella, C. 2007 Zanotti e C. 2489, approvata dalla 1a Commissione permanente del Senato.
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Luciano VIOLANTE, presidente, ricorda che il provvedimento in oggetto è stato approvato dalla 1a Commissione permanente del Senato in sede deliberante. Al riguardo osserva che, essendo stata prevista nel testo approvato dal Senato la data del 9 maggio quale giornata della memoria di tutte le vittime del terrorismo, il provvedimento potrebbe essere esaminato in sede legislativa al fine di consentirne l'entrata in vigore prima di tale giorno.


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Angelo PIAZZA (RosanelPugno), relatore, illustra il contenuto della proposta di legge C. 2489, approvata dalla 1a Commissione permanente del Senato, che è composta da due articoli.
L'articolo 1, al comma 1, prevede il riconoscimento del 9 maggio, anniversario dell'uccisione di Aldo Moro, quale «Giorno della memoria», al fine di ricordare tutte le vittime del terrorismo, interno e internazionale, e delle stragi di tale matrice. Il successivo comma 2 prevede che in occasione della ricorrenza possano svolgersi cerimonie commemorative e momenti di ricordo e riflessione, anche nelle scuole, «al fine di conservare, rinnovare e costruire una memoria storica condivisa in difesa delle istituzioni democratiche». Il comma precisa che da tali iniziative non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. L'articolo 2 dispone che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
Si sofferma quindi sulle proposte di legge abbinate, che si distinguono per alcune differenze relative all'oggetto specifico della celebrazione ed alla relativa data. Conclude auspicando una celere approvazione del provvedimento in esame.

Maurizio RONCONI (UDC), relatore, osserva che la proposta di legge C. 2489, approvata dal Senato, rappresenta una sintesi dei diversi disegni di legge volti ad individuare una data per ricordare le vittime delle stragi del terrorismo interno ed internazionale. L'approfondito e serrato dibattito svoltosi presso l'altro ramo del Parlamento ha condotto all'individuazione della data del 9 maggio, anniversario dell'uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate rosse, quale giornata della memoria, in quanto essa rappresenta un momento simbolico nel quale tutti gli italiani e tutti i partiti politici si sono ritrovati uniti nel condannare l'atto terroristico. Rispetto a quegli anni, peraltro, il fenomeno terroristico si è esteso su scala internazionale con l'affermarsi, anche di recente, di nuovi gruppi e movimenti. Osserva, in conclusione, che il provvedimento in esame assume una particolare rilevanza anche in quanto la lotta al terrorismo, sia sul piano interno che sul piano internazionale, non può purtroppo considerarsi conclusa.

Olga D'ANTONA (Ulivo) dichiara di condividere ed apprezzare la scelta di dedicare una giornata al ricordo delle vittime del terrorismo. Si sofferma sulla scelta della data di tale celebrazione, facendo presente come da parte di alcune associazioni sia stata suggerita l'opportunità di prevedere al riguardo una data diversa e in particolare quella del il 12 dicembre, anniversario della strage di Piazza Fontana a Milano. In tal senso vanno le due proposte di legge di cui è cofirmataria (C.1995 e C. 2007). A tal proposito osserva come l'opzione del 9 maggio potrebbe comportare il rischio di trascurare una parte della storia del nostro Paese caratterizzata da altri significativi casi di stragi terroristiche per le quali i colpevoli sono rimasti impuniti. Ritiene, peraltro, comprensibili le ragioni che hanno portato la 1a Commissione permanente del Senato a scegliere la data dell'anniversario dell'uccisione di Aldo Moro, che rappresentò la punta massima di aggressività delle Brigate Rosse, ma che allo stesso tempo segnò l'inizio del loro declino in quanto rese più forte e coeso il Paese nella lotta contro il fenomeno del terrorismo. Ritiene infine che dedicare una giornata alla memoria delle vittime del terrorismo possa rappresentare non solo un modo per non dimenticare, ma anche una occasione preziosa di formazione storica e civile delle giovani generazioni. Auspica quindi una celere conclusione dell'esame del provvedimento in titolo.

Marco BOATO (Verdi) preannuncia, a nome del proprio gruppo, il voto favorevole sulla proposta di legge in esame nel testo approvato dalla 1a Commissione permanente del Senato, e la disponibilità ad esaminare il provvedimento in sede legislativa al fine di consentire che esso entri in vigore prima del prossimo 9 maggio,


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data prescelta per la celebrazione della giornata della memoria delle vittime del terrorismo. Dichiara di condividere le osservazioni svolte dal deputato D'Antona con la quale è cofirmatario delle proposte di legge C. 1995 e C. 2007, che tuttavia prevedono come data di riferimento quella del 12 dicembre, anniversario della strage di Piazza Fontana a Milano, avvenuta nel 1969. Si tratta di una data che ha segnato l'inizio di uno dei periodi più difficili e dolorosi della storia del nostro Paese. Al riguardo fa presente che avrebbe proposto senz'altro la scelta di tale data qualora l'esame del provvedimento fosse iniziato presso questo ramo del Parlamento. Nutre, infatti, qualche perplessità sulla scelta del 9 maggio, giorno dell'uccisione di Aldo Moro, in occasione del cui rapimento furono uccisi i cinque agenti della scorta. Con tale data si dà risalto al ricordo dell'assassinio di un uomo politico, con il rischio di lasciare in ombra le tante vittime civili delle stragi terroristiche. In ogni caso, ribadisce la posizione favorevole del proprio gruppo sul provvedimento in esame.

Nicola TRANFAGLIA (Com.It) dichiara di condividere le osservazioni del deputato Boato dichiarando tuttavia di condividere la scelta dell'anniversario dell'uccisione di Aldo Moro quale giorno della memoria delle vittime del terrorismo in quanto essa rappresenta un momento particolarmente significativo nella storia d'Italia. Dichiara quindi il proprio orientamento favorevole sulla proposta in esame.

Gabriele BOSCETTO (FI) dichiara a nome del proprio gruppo il voto favorevole sulla proposta di legge in esame nel testo approvato dalla 1a Commissione permanente del Senato.

Graziella MASCIA (RC-SE) esprime a nome del proprio gruppo perplessità relative sia alle modalità di esame del provvedimento che alla scelta della data per celebrare la memoria delle vittime del terrorismo. Sotto il primo profilo osserva che sarebbe opportuno dedicare a tale provvedimento un maggiore spazio di esame, evitando di costringere la Commissione a deliberare su un tema di estrema rilevanza politica in tempi eccessivamente brevi. Per quanto concerne poi la scelta della data, che ritiene abbia un valore altamente impegnativo, si chiede per quale ragione non possa essere presa in considerazione la data del 12 dicembre, anniversario della strage di Piazza Fontana a Milano. Si sofferma poi sui contenuti del provvedimento, criticando il riferimento, contenuto nel testo approvato dal Senato, alla conservazione e al rinnovamento di una memoria condivisa sul fenomeno terroristico. A suo giudizio, infatti, non esiste una memoria condivisa su questo tema, come dimostrano il dibattito anche recente sull'argomento e l'assenza di un ragionamento serio e approfondito sul fenomeno del terrorismo nel nostro paese. Conclude ribadendo l'opportunità di approfondire maggiormente l'esame del provvedimento in esame, anche in considerazione della delicatezza del suo contenuto.

Il sottosegretario Giampaolo D'ANDREA osserva che il provvedimento in esame, di iniziativa parlamentare, è stato approvato dalla 1a Commissione permanente del Senato dopo un lungo e approfondito esame in sede deliberante su diverse iniziative legislative. Nel corso del relativo esame il Governo, pur dichiarandosi favorevole a ricordare in un'unica data tutte le vittime del terrorismo interno ed internazionale, non è entrato nel merito del dibattito, al termine del quale è stato deciso di stabilire il 9 maggio, giorno dell'anniversario dell'uccisione di Aldo Moro, quale data unificante e condivisa in quanto essa rappresenta il punto di massima aggressività del terrorismo nel nostro paese.
In ordine alla possibilità di ricordare anche la strage di Piazza Fontana, il Governo ha accolto un ordine del giorno presentato nel corso dell'esame presso la 1a Commissione permanente del Senato con cui assume l'impegno di individuare e promuovere occasioni di ricordo sistematico


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di quella vicenda, che ha colpito e ferito il tessuto democratico del nostro paese.
Condividendo le considerazioni espresse dal deputato Boato, e fermo restando il diritto della Commissione di prevedere opzioni diverse, auspica, qualora si ritenesse di mantenere la data del 9 maggio, che il provvedimento sia approvato in tempo utile per dare corso alla relativa celebrazione nell'anno in corso.

Angelo PIAZZA (RosanelPugno), relatore, e Maurizio RONCONI (UDC), relatore, propongono di adottare come testo base la proposta di legge C. 2489, approvata dalla 1a Commissione permanente del Senato.

La Commissione delibera di adottare come testo base per il seguito dell'esame la proposta di legge C. 2489, approvata dalla 1a Commissione permanente del Senato.

Luciano VIOLANTE, presidente, fissa il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 16 di lunedì 16 aprile 2007. Quindi, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Conflitto di interessi.
Testo base C. 1318 Franceschini.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 3 aprile 2007.

Donato BRUNO (FI), intervenendo sull'ordine dei lavori, osserva che l'esame dei numerosi emendamenti presentati al testo base evidenzia la presenza di quattro distinte impostazioni sul provvedimento in esame. La prima, ascrivibile alla linea dei gruppi dell'Italia dei valori e dei Comunisti italiani, si fonda sulla fattispecie della ineleggibilità. La seconda, che si evince dai numerosi emendamenti presentati dal Governo, si incentra sulla questione dei soggetti passivi, ricordando che su questo specifico tema il presidente Violante aveva preannunciato lo svolgimento di apposite audizioni. In proposito ritiene necessario che il Governo illustri la propria reale posizione circa l'opportunità di prevedere che anche sindaci e presidenti di provincia possano essere destinatari del provvedimento. La terza impostazione è contenuta nel testo base predisposto dal presidente Violante ed adottato dalla Commissione. La quarta impostazione è rappresentata dalla posizione del gruppo di Forza Italia, che ha presentato tre distinte serie di emendamenti: una prima, costituita da emendamenti soppressivi, volta a mantenere la legge vigente in materia di conflitto di interessi; una seconda serie, tesa a prefigurare un testo alternativo mediante la sostituzione dei singoli articoli; infine, una terza serie volta ad incidere con appositi emendamenti sui singoli articoli del testo base adottato dalla Commissione.
Di fronte a una tale situazione, chiede di sapere se il presidente Violante ritenga di avviare comunque già nella giornata odierna la votazione degli emendamenti o se non valuti più opportuno lasciare ancora qualche giornata di riflessione prima che la Commissione inizi a votare. Propone che alla ripresa della seduta, prevista alle ore 14,30, il Governo esprima la propria posizione sul punto e, alla luce di questo, si valuti l'opportunità di procedere alla votazione degli emendamenti.

Roberto ZACCARIA (Ulivo) ritiene che il testo base adottato dalla Commissione rappresenti comunque l'ossatura del provvedimento in esame, che possiede caratteri di rilevante novità rispetto alla disciplina in vigore. Ricorda quindi che si è svolto un approfondito ciclo di audizioni che ha affrontato anche la problematica relativa ai soggetti passivi del provvedimento in esame, rendendo pertanto superfluo l'eventuale svolgimento di ulteriori audizioni.

Luciano VIOLANTE, presidente e relatore, dopo avere ribadito che è stato già svolto un ampio ed esauriente ciclo di


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audizioni sulle principali problematiche in materia di conflitti di interesse, ricorda che il provvedimento in titolo è iscritto nel programma dei lavori dell'Assemblea del mese di maggio. Pur comprendendo la portata della richiesta formulata dal deputato Bruno, ricorda che il provvedimento in oggetto, dopo l'adozione del testo base, è rimasto costantemente iscritto all'ordine del giorno dei lavori della I Commissione al fine di consentire ai deputati di intervenire per precisare le rispettive posizioni, anche se sovente non si sono registrati interventi. Avverte pertanto che svolgerà un intervento volto ad evidenziare i principali aspetti che emergono dalla lettura degli emendamenti presentati. Alla ripresa della seduta, prevista dopo la riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti di gruppo, convocata alle ore 14.30, potranno essere svolti interventi sugli emendamenti presentati al fine di chiarire le posizioni dei diversi gruppi e si procederà quindi all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 1.

Gabriele BOSCETTO (FI) fa presente che la lettura degli emendamenti presentati all'articolo 1 rende evidente la rilevanza che assume tale articolo nel complessivo contesto del provvedimento. Esso, infatti, si configura come norma strutturale, destinata a condizionare tutto il resto del testo. Ritiene pertanto opportuno rinviare l'inizio della votazione sui pochi emendamenti riferiti all'articolo 1 alla prossima settimana, riservando l'odierna seduta pomeridiana alla illustrazione delle diverse posizioni dei gruppi sulle complessive proposte emendative. Tale illustrazione potrebbe agevolare il compito del relatore nella eventuale predisposizione di emendamenti di sintesi. Ribadisce che gli emendamenti presentati dal proprio gruppo si caratterizzano per una triplice finalizzazione. In proposito fa presente che è stata presentata una serie di emendamenti che, sopprimendo i singoli articoli del testo base, sono finalizzati al mantenimento della vigente disciplina recata dalla cosiddetta legge Frattini. Un'altra serie di emendamenti, invece, è volta a sostituire i singoli articoli del testo base con una disciplina alternativa che, nel loro complesso, rappresentano un vero e proprio testo alternativo a quello adottato dalla Commissione. Infine, un'ultima serie di emendamenti propone alcune specifiche modifiche allo stesso testo base.

Luciano VIOLANTE, presidente e relatore, dopo avere ricordato di avere sempre accolto le reiterate richieste di rinvio del termine per la presentazione degli emendamenti pervenute da parte dei gruppi di opposizione, conferma le modalità di svolgimento della seduta odierna appena illustrate. Si sofferma pertanto sulle principali problematiche che emergono dalla lettura degli emendamenti presentati.
Sotto un primo profilo, assume rilievo il tema relativo alla estensione soggettiva della disciplina sul conflitto di interessi: in particolare si tratta di stabilire se ricomprendere anche regioni, province e comuni, determinando la soglia del numero di abitanti. In proposito osserva che il Governo propone di intervenire, mediante apposita delega, anche per le regioni, riservando la materia delle incompatibilità alla legislazione regionale. Da parte dello stesso Governo si propone di estendere la normativa alle Autorità di garanzia: in proposito ritiene che una tale previsione potrebbe comportare il rischio di conferire eccessivi poteri all'Autorità che dovrà vigilare sulle situazioni di conflitto di interesse.
Si sofferma quindi sugli istituti dell'incompatibilità, dell'obbligo di astensione e del blind trust. Osserva che parte degli emendamenti presentati hanno posto il problema della ineleggibilità, mentre altri hanno posto la questione dell'incompatibilità per i parlamentari. In proposito ritiene opportuno affrontare alla fine dell'esame del testo questo tipo di problemi, come anche quello relativo al sostegno privilegiato. Per quanto concerne la situazione di incompatibilità in caso di mancata opzione, osserva che il testo base prevede la decadenza dalla carica di governo; alcuni emendamenti tuttavia propongono


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la decadenza dall'altra carica incompatibile con le funzioni di governo. Da parte del gruppo di Forza Italia, inoltre, sono state presentate proposte volte a prevedere un'informativa ai presidenti delle Camere ai fini di una eventuale mozione di sfiducia. Al riguardo osserva che, poichè la decadenza opera automaticamente, andrebbero precisate meglio le cause della decadenza. In tale quadro la previsione, all'articolo 5 del testo base, secondo cui le cariche di cui all'articolo 3 sono incompatibili con «qualunque carica o ufficio pubblico non inerente alla funzione svolta» potrebbe risultare incerta. Ritiene pertanto opportuno sostituirla con un riferimento a «qualunque incarico o ufficio pubblico non attribuiti in ragione della funzione di governo». Per lo stesso motivo non sembra accoglibile la proposta del Governo secondo la quale rileverebbe «la possibile incompatibilità» e non l'incompatibilità effettiva. Da parte del gruppo della Rosa nel pugno è stato proposto correttamente che l'incompatibilità sia estesa ai dodici mesi successivi alla cessazione dall'incarico.
Per quanto concerne l'obbligo di astensione, osserva che da parte del gruppo dell'Italia dei valori è stata proposta l'abrogazione dell'articolo, in quanto da parte dello stesso gruppo sono state presentate specifiche proposte in materia di eleggibilità. Fa quindi presente che sono stati presentati emendamenti, da parte del gruppo della Rosa nel pugno, volti ad estendere l'obbligo di astensione anche ai casi di vantaggio per il coniuge, i parenti ed affini entro il secondo grado ed alle persone conviventi non a scopo di lavoro domestico.
Si sofferma poi sulla disciplina del trust. Sulla base degli emendamenti presentati e sulla base delle osservazioni contenute nella relazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato relativa al secondo semestre dell'anno scorso, appare necessario apportare modifiche e chiarimenti al testo base. In particolare, si tratta di soffermarsi sulla individuazione dei beni che rientrano nel trust. Secondo il testo base vi rientrano solo le partecipazioni azionarie che comportino il potere di controllo di imprese di qualsiasi tipo. Il Governo propone che rientri l'intero patrimonio ed anche quello del coniuge, degli affini, dei parenti entro il secondo grado e dei conviventi per ragioni diverse dal lavoro domestico. Da parte del gruppo dei Comunisti italiani viene proposta l'adozione di misure specifiche nel caso in cui il titolare della carica di governo abbia partecipazioni in imprese che operino in regime di autorizzazione o concessione dello Stato, a cui il gruppo dell'UDEUR aggiunge i casi di imprese con sovvenzioni pubbliche. Nel testo base acquistano rilievo solo le partecipazioni di valore superiore ai 15 milioni di euro; alcuni emendamenti portano tale tetto a 30 milioni di euro, altri riducono drasticamente tale soglia. Al riguardo ritiene che potrebbe riflettersi in ordine alla eventuale indicazione del controllo senza l'indicazione di soglie patrimoniali. Un'altra questione problematica riguarda la decisione in ordine all'ipotesi di estendere l'obbligo del trust anche ai familiari.
Molti emendamenti hanno proposto l'obbligo del trust al caso di imprese che operino in settori «sensibili», quali quelli della difesa o delle telecomunicazioni. Al riguardo si riserva di presentare un proprio emendamento. In luogo poi dell'ipotesi del trust, fa presente che emendamenti del gruppo di Forza Italia propongono il mandato irrevocabile, mentre alcune proposte emendative del gruppo dell'UDC fanno riferimento al negozio fiduciario. In proposito tuttavia osserva che nessuna delle due soluzioni garantisce la «cecità» del trust.
Per quanto concerne l'indicazione dell'autorità preposta alla vigilanza sui conflitti di interesse, osserva che da parte del gruppo dell'Italia dei valori sono stati presentati emendamenti volti a proporre che queste competenze siano attribuite all'Alto commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione. In proposito ritiene che tale proposta possa essere suscettibile di un ripensamento, perché quell'Autorità è di carattere monocratico. Ritiene tuttavia utile tale suggerimento, in


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quanto potrebbero attribuirsi alla nuova autorità prevista all'articolo 11 del testo base anche le competenze dell'Alto commissario per la lotta contro la corruzione, come accade in molti ordinamenti stranieri. Da parte del gruppo di Forza Italia sono state proposte due soluzioni alternative. La prima consiste nella costituzione di un'apposita commissione parlamentare, che però sconterebbe il limite di rispecchiare al proprio interno la maggioranza di Governo, cosa che priverebbe forse di credibilità i suoi interventi. La seconda soluzione, coincidente con una proposta del gruppo dell'UDEUR, conserva le attuali competenze dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ma vi aggiunge le competenze dell'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni. In proposito ritiene che, sebbene l'Autorità garante della concorrenza e del mercato abbia lavorato con equilibrio, non ritiene opportuno prevedere l'attribuzione alla stessa autorità della funzione di regolare tanto il buon funzionamento del mercato quanto il corretto svolgimento della propria attività da parte delle cariche di governo della Repubblica.
Si sofferma poi sul tema dell'impugnazione degli atti dell'autorità, che il gruppo di Alleanza nazionale propone di riservare alla giurisdizione amministrativa. Trattandosi di atti che riguardano autorità di governo, ritiene opportuno mantenere la competenza della magistratura ordinaria.
Fa poi presente che l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella sua ultima relazione, relativa la secondo semestre 2006, suggerisce di intervenire sui casi di vantaggio specifico e preferenziale accordato da una carica di governo ad un'altra carica di governo. Essa propone inoltre di focalizzare l'attenzione sui temi relativi ai patrimoni di minore entità rispetto alla soglia indicata, ma concentrati su specifici settori di attività economica; alle imprese in regime di concessione; alle attività patrimoniali dei familiari; alla possibilità di chiedere informazioni a persone fisiche; alla necessità di definire sanzioni nei confronti di enti o uffici che rifiutino di dare le informazioni richieste e di disciplinare inopponibilità del segreto di ufficio; alla necessità di rivedere i poteri ispettivi e di prevedere l'obbligo per l'Autorità di presentare una relazione semestrale al Parlamento.
Propone infine di accantonare l'esame delle questioni relative al sostegno privilegiato, alla incandidabilità ed alla ineleggibilità per esaminarle quando il testo del provvedimento avrà assunto caratteristiche definite.
Avverte quindi che, essendo imminente l'inizio dell'informativa del Governo sulla vicenda del sequestro del giornalista Mastrogiacomo, il seguito dell'esame è rinviato alla seduta già convocata per questo pomeriggio, al termine della riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti di gruppo.

La seduta termina alle 11.30.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.30 alle 14.55.

SEDE REFERENTE

Giovedì 12 aprile 2007. - Presidenza del presidente Luciano VIOLANTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento Alessandro Naccarato.

La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

Luciano VIOLANTE, presidente, avverte che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.


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Conflitto di interessi.
Testo base C. 1318 Franceschini.

(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta antimeridiana di oggi.

Franco RUSSO (RC-SE) sottolinea come il proprio gruppo non abbia presentato emendamenti in materia di ineleggibilità, preannunciando peraltro la presentazione di un'apposita proposta di legge che incida sul decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957.
Ribadisce la condivisione dell'impianto del testo in esame, con particolare riferimento alla configurazione dell'istituto del blind trust, precisando come la presentazione di taluni emendamenti da parte del proprio gruppo abbia lo scopo di rendere maggiormente autonomo il gestore rispetto ad eventuali ingerenze del titolare.
Rileva peraltro la necessità di approfondire il rapporto tra esercizio di imprese individuali e conflitto di interesse, non essendo stata prevista una specifica disciplina sul punto, ed esprime talune perplessità in ordine alla possibilità, attribuita per la prima volta ad un'Autorità, di incidere sullo status di un organo costituzionale. Ritiene inoltre che vada rafforzato l'istituto della decadenza dagli incarichi governativi, con particolare riferimento alla contemporanea assunzione di cariche di natura privata.
Conclusivamente, evidenzia come il provvedimento in esame abbia il pregio di affrontare in modo sostanzialmente adeguato il problema del conflitto di interessi, tipico delle democrazie contemporanee, che si caratterizzano anche per l'enorme influenza dei mass media sull'opinione pubblica.

Carlo COSTANTINI (IdV) chiarisce come molti degli emendamenti presentati dal proprio gruppo abbiano lo scopo di stimolare la riflessione su taluni punti qualificanti del provvedimento. Illustra quindi sinteticamente il complesso degli emendamenti presentati, soffermandosi in particolare sull'istituto del blind trust, sul quale, pur ricordando come lo stesso sia previsto dal programma dell'Unione, esprime perplessità. Considera, inoltre, di fondamentale importanza la questione dell'incandidabilità ed ineleggibilità dei soggetti che abbiano riportato condanne penali, ritenendo opportuna, in tale contesto, anche l'adozione di meccanismi preventivi.

Donato BRUNO (FI) invita il Governo ad esporre, ove lo ritenga, la ratio che ha ispirato il ponderoso complesso di emendamenti dallo stesso presentati.

Il sottosegretario Alessandro NACCARATO esprime un forte apprezzamento per il lavoro fino ad ora svolto dalla Commissione, per di più in un clima di collaborazione instauratosi fra le forze politiche, anche perché le proposte dell'opposizione non possono che arricchire la redazione di un testo coerente, chiaro, in grado di produrre effetti positivi sulla moralizzazione della vita pubblica italiana.
Rivolge un particolare ringraziamento al relatore, il presidente Violante, il quale si è fatto carico di formulare un testo base assai complesso. È proprio da questo testo che il Governo ha preso l'avvio, cercando peraltro di mantenersi all'interno della logica che lo anima e di suggerire alcune modifiche in senso rafforzativo di quella logica e, dunque, volte a richiamare l'attenzione su profili specifici in larga parte coerenti con l'impianto complessivo.
Gli emendamenti del Governo si sono mossi sui punti fondamentali già indicati dal presidente Violante nel corso del suo intervento di questa mattina. Non vogliono indicare soluzioni rigide ma sollevare punti di discussione o evidenziare difficoltà cui si andrebbe incontro seguendo la strada di formulazioni o troppo generiche o talora troppo dettagliate.
Innanzitutto, sull'ambito di applicazione della disciplina del conflitto di interessi, esprime una posizione favorevole a che il testo in esame non si rivolga soltanto ai titolari di cariche nel Governo


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nazionale, ma anche ad altri soggetti, la cui posizione è suscettibile di essere offuscata dalla sussistenza di potenziali conflitti di interessi. Pertanto, pur sottolineando alla Commissione l'esigenza generale di prevenzione dei conflitti di interesse, fa presente che il Governo non assume posizioni rigide attraverso una elencazione più o meno esaustiva delle cariche pubbliche cui la disciplina deve essere applicata, ma si rimette al lavoro della Commissione nella determinazione di tali incarichi.
Come sottolineato dal presidente Violante, e dai molti interventi anche di deputati dell'opposizione, il conflitto di interessi non riguarda soltanto situazioni patrimoniali o attività imprenditoriali facenti capo alla sola persona del titolare di cariche di Governo, ma attiene anche ad interessi che possono far capo ai suoi più stretti consanguinei o alle persone più strettamente a lui legate. In quest'ottica fa presente che il Governo ha presentato alcuni emendamenti sui quali, peraltro, non intende prendere una posizione rigida, ma vuole solo evitare che si possa dar luogo a meccanismi elusivi della disciplina. È condividibile l'osservazione del presidente Violante, secondo il quale occorre evitare generalizzazioni, ma la Commissione dovrà pur considerare che non si può escludere che le scelte prese dai titolari di cariche pubbliche possano essere influenzate anche dagli interessi dei propri più diretti familiari. Del resto il titolare di una carica pubblica, che cessi di esercitare una impresa perché l'ha trasferita al proprio coniuge, potrà anche disinteressarsi dell'andamento dell'impresa ma continuerà pur sempre a considerare gli interessi di quella impresa come propri.
Passando ad un altro punto chiave degli emendamenti governativi, che ritiene possa forse avere indotto l'impressione di una eccessiva rigidità, precisa come il Governo sia partito dalla considerazione che al giorno d'oggi il conflitto di interessi non nasce esclusivamente dal fatto dell'esercizio dell'attività di impresa, ma dal fatto che l'esercizio di una carica pubblica può essere influenzato da interessi meramente patrimoniali. Sottolinea quindi come sia a tutti noto che la proprietà di una impresa è scissa per lo più dalla gestione e dall'esercizio della stessa. Il proprietario di un pacchetto di maggioranza di un'impresa non è colui che esercita l'attività imprenditoriale, ma è certamente colui che ha un interesse specifico al volume d'affari dell'impresa stessa. Analogamente, colui che abbia investito tutto il patrimonio in beni immobili può trovarsi in conflitto di interessi rispetto a decisioni attinenti alla regolamentazione delle locazioni degli immobili urbani. Partendo, perciò, da questo presupposto fa presente che il Governo non intende irrigidirsi sulla formulazione dei testi proposti ma è ampiamente disponibile a trovare una formulazione che tenga conto delle esigenze precedentemente prospettate.
Osserva che su un altro punto il Governo ha focalizzato la propria attenzione, e cioè sulla disciplina del trust. Gli emendamenti governativi si preoccupano di assicurare, per un verso, un adeguato controllo da parte dell'apposita autorità sulle modalità di svolgimento del trust e, per altro verso, di garantire la cecità del trust stesso. Naturalmente sussiste negli emendamenti governativi la preoccupazione di garantire colui che conferisce i propri beni nel trust di fronte ad ipotesi di cattiva gestione dello stesso.
Altri emendamenti, infine, sono diretti a perseguire finalità che non assumono un rilievo preminente: così il rafforzamento delle sanzioni, le norme sull'organizzazione dell'apposita Autorità, così le norme sulle istituzioni che possono affiancare l'Autorità nella sua attività istruttoria.
Quanto, poi, all'articolo 17 fa presente che il Governo ritiene di dover restare estraneo alla materia che esso intende disciplinare e di lasciare alla piena e libera decisione del Parlamento l'inserimento o no di tale articolo nel testo in esame. In ragione di questa posizione il Governo non ha presentato e non intende presentare emendamenti soppressivi, modificativi o aggiuntivi, ma intende dare al Parlamento piena libertà di affrontare le questioni disciplinate dall'articolo 17.


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Avverte, quindi, che il Governo, in considerazione del dibattito svolto e al fine di rendere più agevole e spedito il confronto in Commissione, ritiene opportuno ritirare alcuni degli emendamenti presentati.
In particolare, ritira l'emendamento 1.11, ritenendo opportuno chiarire due punti: che le disposizioni della legge si applicano anche alle situazioni di conflitto di interessi derivanti dagli interessi economici dei congiunti del titolare della carica pubblica e che quest'ultimo è tenuto ad astenersi anche nelle ipotesi in cui le sue decisioni possano incidere sulla situazione patrimoniale e sugli interessi dei congiunti.
Analogamente ritira l'emendamento 2.13. Fa peraltro presente che la definizione di «conflitto di interessi» dovrebbe essere tale da comprendere anche le situazioni che possono nascere dagli interessi patrimoniali dei congiunti, sempre con i limiti precedentemente indicati nella esposizione degli intendimenti del Governo.
Ritira, quindi, gli emendamenti 3.8 e 4.25, mentre per quanto riguarda l'emendamento 4.26, invita la Commissione a riflettere sul fatto che gli interessi patrimoniali detenuti all'estero, così come possono determinare conflitto di interessi se facenti capo direttamente al titolare della carica di Governo, possono determinare conflitto di interessi anche se fanno capo ai suoi congiunti.
Ritira inoltre gli emendamenti 4.27 e 6.20, pur sottolineando l'esigenza di un rafforzamento delle sanzioni.
Ritira, altresì, l'emendamento 4.29, anche se in tal modo resta scoperta la regolamentazione dell'ipotesi del rifiuto del congiunto a rendere la dichiarazione. Va anche considerato che il rifiuto può essere strumentale al desiderio di eludere la normativa sul conflitto di interessi.
Si riserva di valutare la opportunità di riformulare l'emendamento 4.30, nel senso di eliminare il riferimento al Capo dello Stato per ragioni di correttezza istituzionale, in quanto si coinvolgerebbe la responsabilità del Presidente della Repubblica in una materia alla quale egli è estraneo.
Ritira l'emendamento 5.13, mentre si riserva di riformulare l'emendamento 5.16, mantenendo soltanto il comma 6-bis.
Si riserva, altresì, di riformulare l'emendamento 6.17, eliminando il comma 2-ter, e specificando al comma 2-bis che l'obbligo di astensione permane anche in presenza di interessi economici dei congiunti.
Ritira, altresì, gli emendamenti 6.21 e 6.22.
Si riserva di riformulare l'emendamento 7.25, in modo da evitarne l'eccessiva ampiezza.
Ritira l'emendamento 7.26, mentre si riserva di valutare l'opportunità di ritirare l'emendamento 7.27, anche se prevedere che l'atto costitutivo del trust è valido appare non appropriato dal punto di vista tecnico, considerato che la validità è concetto prettamente giuridico.
Ritira, altresì, l'emendamento 8.11, così come l'emendamento 8.14, rispetto al quale, però, il Governo richiama l'attenzione della Commissione in ordine alla genericità della disposizione del testo base.
Quanto all'emendamento 8.21, il Governo si rimette alla Commissione, sottolineando peraltro come lo stesso rafforzi la garanzia di cecità del trust.
L'emendamento 10.5 appare consequenziale alla formulazione che il Governo propone all'articolo 6.
Per lasciare maggiore spazio alla Commissione e per evitare che i membri della Commissione possano ritenere che il Governo voglia irrigidirsi su un proprio testo, ritira gli emendamenti 11.18, 11.24, 11.25, 11.26 e 12.7.
Il Governo, infine, si rimette alla Commissione sull'emendamento 15.4, senza mancare di sottolineare come molto spesso gravi casi di conflitti di interesse di verifichino nei comuni.

Donato BRUNO (FI) ringrazia il rappresentante del Governo per i chiarimenti forniti, riservandosi eventualmente di fare


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propri alcuni degli emendamenti testé ritirati.
Ricorda come il gruppo di Forza Italia si astenne nella deliberazione in ordine all'adozione del testo base, considerando quest'ultimo migliorativo rispetto all'originaria proposta di legge Franceschini. Si dichiara quindi contrario alla scelta di prevedere che nella seduta odierna si svolgano votazioni di emendamenti, in considerazione dell'elevato numero di deputati impossibilitati a partecipare alla seduta stessa. Fermo restando che l'esame del provvedimento in Commissione si concluderà nei tempi previsti, anche con la collaborazione del gruppo di Forza Italia, insiste perché le votazioni siano rinviate ad una successiva seduta, preannunciando altrimenti che il proprio gruppo non parteciperà ai lavori della Commissione.
Passando ai profili di merito, sottolinea come il testo base, per quanto notevolmente migliorativo rispetto alla proposta di legge Franceschini, non tenga adeguatamente conto del fatto che la nostra Costituzione è di natura rigida. Ritiene quindi che varie disposizioni siano in grado di produrre un gravissimo impatto di incostituzionalità e che, in particolare, vi sia stata una certa superficialità nel valutare le effettive conseguenze dell'introduzione di un blind trust obbligatorio. Tale istituto, infatti, non appare compatibile con il nostro ordinamento costituzionale.
Più in generale rileva come la coerenza dell'attività di Governo con gli interessi pubblici, cui l'Esecutivo e ciascuno dei suoi componenti sono preposti, renda necessaria la previsione di un apparato di norme dirette ad evitare lo sviamento degli atti del Governo derivante dall'influenza di interessi privati. Tali norme dovrebbero essere imperniate sul principio fondamentale per cui chi riveste incarichi di Governo deve dedicarsi esclusivamente alla cura degli interessi pubblici, evitando situazioni in cui la salvaguardia o la promozione del proprio interesse particolare potrebbe condurre al pregiudizio per l'interesse pubblico.
Il conflitto d'interessi si caratterizza per due elementi fondamentali: la sussistenza di un interesse privato del titolare di cariche di Governo ed il pregiudizio, o il pericolo di pregiudizio, per l'interesse pubblico. Si ha conflitto d'interessi quando un provvedimento è tale da attribuire al titolare di cariche governative un vantaggio rilevante e differenziato rispetto alla generalità dei consociati, od all'insieme dei destinatari del provvedimento, con danno per l'interesse pubblico.
Il quadro costituzionale impone di contemperare il principio di esclusività della cura dell'interesse pubblico da parte dei titolari di cariche di Governo con il principio di eguaglianza, che riguarda naturalmente anche la parità di opportunità di accesso di tutti i cittadini alle cariche pubbliche, comprese le più alte cariche di Governo, a prescindere dall'entità del loro patrimonio, con le prerogative costituzionali del Parlamento, ed indirettamente del corpo elettorale, derivanti dal rapporto fiduciario, nonché con i poteri del Presidente della Repubblica.
Discriminazioni tra i cittadini, relativamente alla possibilità di accedere a cariche di Governo, collegate alla consistenza del loro patrimonio, risulterebbero in stridente contrasto con il principio di eguaglianza, e particolarmente odiose. Esse presupporrebbero, infatti, che il censo costituisca elemento rivelatore dell'idoneità o non idoneità di un cittadino a svolgere alcune tra le più importanti funzioni dello Stato, curando l'interesse pubblico con fedeltà ed equanimità.
Per questo motivo ritiene che vada evitata ogni definizione di conflitto d'interessi «preventivo», che potrebbe costituire fonte di incompatibilità rispetto all'assunzione di cariche di Governo, basata su meri elementi di natura patrimoniale, quale ad esempio la proprietà. L'incompatibilità rispetto all'assunzione di cariche di Governo dovrebbe derivare esclusivamente da prestazioni o attività svolte dal titolare di cariche di Governo, la cui natura sia tale da fondare una presunzione


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insuperabile di idoneità a generare conflitti d'interessi, da cui sorge l'incompatibilità.
Le incompatibilità dovrebbero quindi riguardare le sole ipotesi di prestazioni di lavoro subordinato pubblico o privato; titolarità di imprese individuali; cariche che comportino attribuzioni di natura gestionale o di controllo in società od enti di qualsiasi tipo, inclusi gli enti pubblici; esercizio di attività professionali.
Per regola generale, il titolare di cariche di Governo dovrebbe essere libero di valutare, sotto la propria responsabilità politica, l'opportunità di spogliarsi di interessi privati che, pur senza generare una situazione di incompatibilità strutturale con la cura esclusiva dell'interesse pubblico, potrebbero condizionarne oltre misura l'agire.
L'imposizione di generali obblighi di alienazione di beni, o di separazione patrimoniale genera serissime perplessità sotto il profilo costituzionale, per le medesime ragioni sopra esposte, oltre che in relazione alla tutela costituzionale della proprietà e dell'impresa.
Tuttavia, in alcune particolari situazioni, appare giustificata la previsione di regole dirette non a privare coattivamente il titolare di cariche di Governo di elementi importanti del suo patrimonio, bensi a conferire a terzi un mandato irrevocabile di gestione. Ciò dovrebbe accadere, in particolare, nel caso di titolarità, in capo al titolare di cariche di Governo, di partecipazioni di controllo, o comunque superiori ad una soglia minima da definirsi, in società quotate, oppure attive in settori economici sensibili, ove il rischio di interferenza con l'interesse pubblico è particolarmente elevato, quali, ad esempio, l'informazione, le comunicazioni, i trasporti, l'energia, la sanità.
Il mandatario dovrebbe agire nell'interesse del mandante, e nel rispetto delle indicazioni di massima fornite da questi all'atto del conferimento del mandato, nonché di eventuali analoghe indicazioni successive, che dovrebbero essere sempre comunicate ad una apposita Commissione parlamentare per la prevenzione dei conflitti d'interessi.
L'alienazione delle partecipazioni di controllo o qualificate appartenenti al titolare di cariche di Governo, da parte del mandatario, dovrebbe poter avere luogo soltanto in base a condizioni approvate, in via preventiva, dal titolare stesso, salvo il controllo della Commissione parlamentare. Questo consentirebbe di evitare la violazione della tutela costituzionale della proprietà privata, o comunque di realizzare alienazioni dannose per il titolare di cariche di Governo, contro la volontà dello stesso e senza alcun beneficio per l'interesse pubblico.
Il mandato irrevocabile potrà costituire oggetto di risoluzione soltanto giudiziale, per il caso di inadempimento del mandatario all'obbligo di agire nell'interesse del mandante, o di inosservanza delle istruzioni di questi. Il mandatario inadempiente è tenuto al risarcimento dei danni secondo le norme generali. Nel caso di domanda di risoluzione, il mandatario non potrà essere sostituito se non successivamente alla sentenza di primo grado che accerti l'inadempimento e disponga la risoluzione del contratto.
Il mandato potrà essere revocato nel solo caso di cessazione della carica di Governo o di alienazione delle partecipazioni tali da far scendere l'entità delle stesse al di sotto della soglia qualificata.
La giurisdizione sul rapporto di mandato appartiene al giudice ordinario, secondo i criteri consueti di competenza per territorio, evitando l'introduzione di giurisdizioni speciali.
Il ricorso all'istituto del mandato irrevocabile con rappresentanza, ben noto al nostro diritto privato, evita i palesi inconvenienti che deriverebbero dal ricorso ad istituti quali il cosiddetto «trust interno» previsto dalla legge 16 ottobre 1989, n. 364, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Aja sulla legge applicabile ai trust ed il loro riconoscimento. Il «trust interno», infatti, presuppone l'applicazione


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di una legge straniera, eventualmente derogabile mediante norme di ordine pubblico interno.
Rapporti di rilevante importanza per la vita istituzionale del Paese sarebbero cosi disciplinati da un ibrido giuridico, da autorevole dottrina definito «amorfo», derivante dall'intersezione tra norme straniere, anche di tradizioni molto lontane rispetto al nostro ordinamento, ed una disciplina speciale di ordine pubblico interno. Ciò comporterebbe, in modo inevitabile, la compromissione del funzionamento dell'istituto straniero, senza tuttavia al tempo stesso dare adeguata garanzia agli importantissimi interessi pubblici che le norme interne dovrebbero tutelare.
Negli emendamenti proposti dal proprio gruppo le deroghe rispetto alla disciplina generale del mandato irrevocabile con rappresentanza sono contenute al minimo, a beneficio della chiarezza applicativa ed a migliore tutela degli interessi pubblici e privati coinvolti.
Il conferimento del mandato non esime comunque il titolare di cariche di Governo dall'obbligo di astensione, né dal divieto di adozione di atti viziati da conflitti d'interesse.
In ogni caso, nonostante il conferimento del mandato irrevocabile, il titolare di cariche di Governo non potrà partecipare a deliberazioni relative a settori ove siano attive imprese da lui partecipate, né più in generale adottare, o partecipare all'adozione di atti che gli conferiscano un vantaggio rilevante e differenziato rispetto alla generalità dei cittadini od all'insieme dei destinatari del provvedimento, con pregiudizio o pericolo di pregiudizio per l'interesse pubblico.
Dunque, il sistema di tutela dell'interesse pubblico proposto dal proprio gruppo si articola attraverso quattro strumenti: presunzione insuperabile di conflitto d'interessi, con conseguente incompatibilità; obbligo preventivo di conferimento di mandato irrevocabile nel caso di partecipazioni di controllo o qualificate - oltre il 5 per cento - al capitale di società, quotate od esercenti imprese «sensibili»; obbligo generale di astenersi da deliberazioni che interessino imprese partecipate dal titolare di cariche di Governo; divieto generale di adozione di atti in conflitto d'interesse.
Ritiene indispensabile, per ragioni di coerenza con il quadro costituzionale, che la funzione di prevenzione dei conflitti d'interessi sia svolta nell'ambito parlamentare, e che la conseguenza della violazione delle norme sul tema sia l'attivazione dei meccanismi di responsabilità politica, a partire dalla mozione di sfiducia avverso l'Esecutivo od avverso singoli titolari di cariche di Governo.
La prevenzione dei conflitti d'interessi comporta un sindacato preventivo, derivante dall'applicazione dell'obbligo di astensione, ed uno successivo, inerente alla verifica dell'esistenza del conflitto e delle sue conseguenze dannose per l'interesse pubblico in relazione a provvedimenti adottati, sull'operato del Governo, tali da condizionare in modo rilevante l'attività dell'Esecutivo.
Inoltre, la prevenzione dei conflitti d'interessi comporta assai sovente valutazioni di opportunità, più che di legittimità, degli atti del Governo.
Per queste ragioni ritiene che la funzione di prevenzione dei conflitti d'interessi non può essere affidata ad un'autorità amministrativa indipendente, né ad altro soggetto estraneo al circuito della responsabilità politica, come la giurisdizione ordinaria o quella amministrativa. Tale funzione dovrebbe essere svolta, dunque, all'interno del Parlamento, mediante una Commissione parlamentare che, tra l'altro, verifichi l'esistenza di situazioni di incompatibilità; assicuri l'osservanza dell'obbligo di astensione o segnali situazioni di opportunità istituzionale dell'astensione; accerti che non siano adottati atti viziati da conflitto d'interessi; vigili sull'osservanza dell'obbligo di conferimento di mandato, nonché sull'esecuzione e sulle vicende modificative del medesimo mandato, segnalando inoltre situazioni di opportunità istituzionale del conferimento di mandato anche in casi ove non si applichi il relativo obbligo.


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Ritiene che le conseguenze delle violazioni non possano consistere in sanzioni amministrative, per loro natura difficilmente applicabili con funzione repressiva di aspetti dell'attività dell'organo apicale della pubblica amministrazione; a maggior ragione, non reputa ipotizzabili, dal punto di vista costituzionale, casi di decadenza da cariche di Governo al di fuori delle vicende del rapporto di fiducia.
Compito precipuo della Commissione parlamentare dovrebbe dunque essere di informare le Camere sul rispetto delle norme in tema di conflitti d'interessi e, in generale, sul comportamento del Governo e dei suoi componenti rispetto a questo tema, affinché queste possano promuovere iniziative politiche, comprese le mozioni di sfiducia, avverso l'Esecutivo nel suo insieme o singoli membri dello stesso. La Commissione dovrebbe, in sostanza, fornire alle Camere gli elementi per un giudizio politico sull'operato del Governo, nella sua collegialità e/o in relazione all'operato di singoli componenti, sotto lo specifico e qualificato profilo della salvaguardia preventiva e successiva dell'interesse pubblico avverso i conflitti d'interessi. La Commissione potrebbe altresi segnalare casi in cui, nonostante il soggetto in conflitto d'interessi si sia astenuto, il Governo, od altro membro dello stesso, abbia adottato un provvedimento che avvantaggia un titolare di cariche di Governo, con danno per l'interesse pubblico. La critica politica parlamentare, o la sfiducia, in questo caso, potrebbero colpire sia chi ha partecipato all'adozione dell'atto, sia chi ne ha beneficiato in maniera consapevole, pur astenendosi formalmente dalla deliberazione.
La Commissione parlamentare dovrebbe avere carattere permanente e poteri specifici di natura istruttoria, quali la facoltà di richiedere informazioni a titolari di cariche di Governo, loro mandatari o terzi, nonché altri organi dello Stato, incluse le Autorità amministrative indipendenti, o delle amministrazioni locali. La medesima Commissione dovrebbe avere altresi il potere di richiedere a chi ne abbia la detenzione la consegna di documenti necessari per lo svolgimento delle sue funzioni, o di svolgere ulteriori attività di natura istruttoria, quali l'ispezione di luoghi, oltre che di avvalersi dell'apporto di esperti terzi.
Il complesso degli emendamenti presentati dal gruppo di Forza Italia costituisce un articolato che appare idoneo ad ovviare a molti inconvenienti applicativi emersi in relazione all'attuale disciplina, contenuta nella legge 20 luglio 2004, n. 215. In primo luogo, i predetti emendamenti sono imperniati sul ruolo del Parlamento, di vigilanza della correttezza istituzionale del Governo; le autorità di settore possono svolgere una funzione conoscitiva e consultiva a favore della Commissione parlamentare, ma non sono ulteriormente gravati da compiti in sostanza estranei alle loro funzioni, quali quelli attribuiti dalla legge n. 215 del 2004. Inoltre, si prevedono strumenti di prevenzione del conflitto d'interessi, come l'obbligo di conferimento di mandato irrevocabile, oggi non previsti. Fa inoltre presente di avere presentato taluni emendamenti che ricollegano espressamente alla responsabilità politica dei titolari di cariche di Governo le conseguenze sanzionatorie delle violazioni, colmando una lacuna che aveva generato forti dubbi sull'effettività della disciplina attuale. Un'ulteriore serie di emendamenti è poi volta ad eliminare una serie di superfetazioni e ridondanze dell'attuale disciplina, come ad esempio il divieto di sostegno privilegiato di cui all'articolo 7, della legge n. 215 del 2004. L'esperienza applicativa, irta di difficoltà di natura procedimentale, ha mostrato che questo costituisce un mero ed inutile duplicato di discipline già contenute in altre sedi, ed in particolare nella legge 10 febbraio 2000, n. 28, di garanzia della parità di accesso dei soggetti politici ai mezzi di comunicazione di massa e nel testo unico della radiotelevisione.

Maurizio RONCONI (UDC) si sofferma su alcuni punti del provvedimento in esame, ritenuti più significativi e meritevoli di approfondimento.


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Nel ricordare che anche l'UDC si astenne nella deliberazione relativa all'adozione del testo base, rileva tuttavia che le proposte emendative presentate rappresentano un passo indietro rispetto ai progressi compiuti dal testo base. Esprime quindi apprezzamento per il ritiro di alcuni emendamenti da parte del Governo, ma ritiene opportuno chiarire alcune questioni.
In particolare, ritiene che le norme sul conflitto debbano essere estese ai presidenti delle giunte regionali, agli assessori, ai presidenti delle province ed ai sindaci dei comuni con popolazione pari o superiore ai 15 mila abitanti, che esercitano delicate funzioni pubbliche di controllo. Si dichiara contrario alla proliferazione delle Autorità e, quindi, all'istituzione di una apposita Autorità di vigilanza sui conflitti di interesse, i cui compiti potrebbero essere svolti dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, pur con i necessari adattamenti della relativa disciplina. Esprime, inoltre, forti perplessità sulla fattispecie della ineleggibilità, che potrebbe presentare profili di incostituzionalità, ritenendo preferibile il ricorso ad altri istituti.
Si sofferma, conclusivamente, sulla disciplina del blind trust rispetto alla quale si dichiara contrario, ritenendo preferibile una diversa soluzione, rappresentata dalla figura di fiduciario autonomo e indipendente, privo di poteri di alienazione del patrimonio.

Luciano VIOLANTE, presidente e relatore, ricorda come la CONSOB possa imporre la vendita di pacchetti azionari per evitare che l'impresa assuma una posizione dominante.

Donato BRUNO (FI) nel replicare al presidente Violante, sottolinea come i predetti poteri di alienazione del patrimonio, dei quali la CONSOB è titolare, abbiano natura sanzionatoria.

Maurizio RONCONI (UDC) proseguendo il proprio intervento, si sofferma sui compiti del fiduciario, ritenendo opportuno che questi possa interloquire in alcuni casi con lo stipulante, come avviene nel modello canadese. Ribadisce come lo schema del blind trust non appaia applicabile nel sistema italiano, risultando pertanto preferibile il ricorso al negozio fiduciario. Dichiara quindi che l'UDC sarà presente allo svolgimento dei lavori della Commissione, anche se considera opportuno accogliere la richiesta avanzata dal gruppo di Forza Italia di non procedere alla votazione degli emendamenti nella seduta odierna, al fine consentire, a partire dalla prossima seduta, una presenza più ampia e consapevole dei componenti della Commissione su un tema di particolare delicatezza. Avanza, infine, la richiesta di non svolgere seduta nel giorno del 26 aprile prossimo.

Roberto ZACCARIA (Ulivo) si sofferma sull'istituto del trust cieco, che risulta uno strumento nuovo nel nostro ordinamento così come configurato nel testo base. Si tratta di una soluzione volta a distinguere la gestione di interessi pubblici da quella di interessi privati, muovendo da una concezione del principio di uguaglianza e del principio di parità nell'accesso alle cariche pubbliche fondata su una lettura sistematica e non meccanica delle disposizioni della Costituzione e in particolare degli articoli 51 e 3.
Più in generale, non ritiene che sussistano elementi di incostituzionalità nel testo base.
Quanto al tema della ineleggibilità, ritiene opportuno verificare se tale materia sia da affrontare nello stesso contesto di esame della disciplina del conflitto di interessi, o se non sia meglio farne oggetto di separata trattazione, mediante specifiche proposte di legge.
Con riferimento all'intervento del deputato Bruno, ritiene che la legge Frattini non tenga sufficientemente conto sugli aspetti pratici relativi al tema del conflitto di interessi, come del resto si evince dalle relazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.


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Sulla disciplina del sostegno privilegiato, apprezza la rinuncia del Governo a presentare proposte emendative, mentre osserva come la posizione del gruppo di Forza Italia sia favorevole ad una sua espunzione. In tale contesto sottolinea come la disciplina del sostegno privilegiato nasca proprio nella legge Frattini, sulla base dell'articolo 51 della Costituzione, senza tenere conto delle situazioni legate all'assunzione delle cariche di Governo. Ritiene quindi che l'articolo 17 del testo base, che disciplina le condizioni di uguaglianza nell'accesso alle cariche pubbliche, non debba essere stralciato, in quanto garantisce in modo rigoroso condizioni di parità di accesso alle cariche pubbliche.

Luciano VIOLANTE, presidente e relatore, evidenzia come la differenza tra il negozio fiduciario e il trust sia rappresentata dalla «cecità» di quest'ultimo, rilevando quindi come il problema di fondo sia di verificare le norme dell'ordinamento vigente volte a limitare il possesso di quote azionarie, mediante l'imposizione dell'obbligo di vendita. Con riferimento all'esame degli emendamenti previsto per la giornata odierna, nell'intento di andare incontro alla richiesta formulata da gruppi di opposizione, fa presente che la Commissione voterà solo gli emendamenti riferiti al comma 1 dell'articolo 1 del testo base. Invita quindi al ritiro degli emendamenti Bruno 1.1 e 1.2, Ossorio 1.10, Franco Russo 1.3 e Adenti 1.4, avvertendo che altrimenti il parere è contrario.

Il sottosegretario Paolo NACCARATO esprime parere conforme a quello del relatore.

Donato BRUNO (FI) chiede di conoscere le ragioni per le quali il relatore ha invitato al ritiro del proprio emendamento 1.2.

Luciano VIOLANTE, presidente e relatore, osserva che l'articolo 1 del testo base fa riferimento generico ai titolari di cariche pubbliche, mentre l'emendamento Bruno 1.2 ne circoscrive l'ambito ai titolari di cariche di Governo.

Donato BRUNO (FI) ritira il proprio emendamento 1.2, ritenendo comunque opportuno precisare che la cura degli interessi pubblici da parte dei soggetti interessati debba essere riferita all'esercizio delle rispettive funzioni.

La Commissione respinge l'emendamento Bruno 1.1.

Carlo COSTANTINI (IdV) sottoscrive l'emendamento Ossorio 1.10 e lo ritira.

Franco RUSSO (RC-SE), intervenendo sul proprio emendamento 1.3 osserva che esso, mediante la soppressione dell'aggettivo possessivo «loro» è volto a prevedere che i titolari di carica pubblica devono evitare che gli interessi privati, ancorché riferibili a soggetti diversi, possano condizionare le decisioni e le attività dei titolari stessi. In proposito osserva che l'emendamento del Governo 1.11, nella parte in cui sostituisce il comma 2 dell'articolo 1, potrebbe rappresentare una soluzione condivisibile al problema in esame.

Luciano VIOLANTE, presidente e relatore, ritiene che il problema sollevato dal deputato Russo potrebbe essere esaminato con riferimento all'articolo 7 del testo base.

Donato BRUNO (FI) non condivide la soluzione prospettata dal presidente Violante ritenendo opportuno eliminare l'aggettivo possessivo «loro».

Roberto ZACCARIA (Ulivo) ritiene che l'aggettivo in questione è volto a qualificare ed a circoscrivere l'interesse privato in questione.

Carlo COSTANTINI (IdV) osserva che un provvedimento in materia di conflitti di interessi deve tendere ad evitare la commistione di interessi di natura pubblica con quelli di natura privata dei titolari di cariche pubbliche. A tale fine, con riferimento


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al problema in discussione, ritiene opportuno mantenere l'aggettivo possessivo «loro» per evitare indefiniti riferimenti a situazioni di interesse.

Franco RUSSO (RC-SE) fa presente di aver predisposto l'emendamento 1.3 ispirandosi alla disciplina vigente in materia di diritto societario dove si prevede che l'amministratore si trova in conflitto di interessi quando è portatore di interessi privati anche non personali.

Roberto ZACCARIA (Ulivo) ritiene opportuno mantenere la disposizione come prevista dal testo base, in quanto l'emendamento Russo 1.3, se approvato, potrebbe estendere eccessivamente l'ambito di applicazione della disciplina.

Riccardo MARONE (Ulivo) ritiene opportuno distinguere tra interessi privati ed interessi personali. I primi infatti rappresentano una categoria legittima di interessi, mentre i secondi sono quelli che afferiscono alla problematica in esame.

Donato BRUNO (FI) ritiene che la finalità della disposizione in discussione è quella di impedire forme di favoritismo nei confronti di specifici beneficiari. A tale fine ritiene imprescindibile la soppressione dell'aggettivo «loro».

Riccardo MARONE (Ulivo) ritiene che, qualora si dovesse sopprimere l'aggettivo «loro», sarebbe poi necessario specificare dettagliatamente l'ambito di applicazione della disposizione.

Luciano VIOLANTE, presidente e relatore, propone di aggiungere all'emendamento del Governo 1.11, nella parte in cui sostituisce il comma 2 dell'articolo 1, un riferimento ai soggetti legati da rapporti di interesse con i titolari delle cariche pubbliche.

Donato BRUNO (FI) ritiene che tale formulazione potrebbe allargare eccessivamente l'ambito di applicazione della norma.

Luciano VIOLANTE, presidente e relatore, osserva che il problema è quello di stabilire un principio generale volto ad evitare che le decisioni e le attività dei titolari di cariche pubbliche possano essere condizionate da interessi propri o di soggetti a loro collegati.

Roberto ZACCARIA (Ulivo) ritiene che l'articolo 1, in quanto costituisce il perimetro dell'intero provvedimento, che non può essere allargato a dismisura, andrebbe mantenuto nella formulazione attuale.

Luciano VIOLANTE, presidente e relatore, ritiene che il comma 1 dell'articolo 1 potrebbe limitarsi a prevedere che i titolari di cariche pubbliche, nell'esercizio delle loro funzioni, sono tenuti ad operare esclusivamente per la cura degli interessi pubblici.

Donato BRUNO (FI), nel condividere la proposta del presidente Violante, propone di prevedere un espresso riferimento agli interessi pubblici che siano stati affidati ai titolari delle cariche pubbliche.

I deputati Riccardo MARONE (Ulivo) e Franco RUSSO (RC-SE) dichiarano di condividere la proposta.

Luciano VIOLANTE, presidente e relatore, presenta l'emendamento 1.100 volto a sostituire, al comma 1 dell'articolo 1, le parole da: « e ad evitare « fino alla fine del comma con le parole: «a loro affidati».

La Commissione approva l'emendamento del relatore 1.100 (vedi allegato).

Luciano VIOLANTE, presidente e relatore, avverte che, a seguito dell'approvazione del relatore 1.100, gli emendamenti Franco Russo 1.3 e Adenti 1.4 si intendono preclusi. Presenta quindi l'emendamento 1.101 (vedi allegato) volto a sostituire il comma 2 dell'articolo 1. Essendosi convenuto di esaminare soltanto gli emendamenti riferiti al comma 1 dell'articolo 1, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.30.